CONSERVATORISMO, CONSERVAZIONISMO E “CULTURE DA DESTRA”

Abbiamo spesso avuto l’occasione di osservare, senza approfondirla, la distinzione fra “conservatorismo” e “conservazionismo”.  Oggi ci sembra il caso, di fronte ai dibattiti sempre più accesi sul conservatorismo e sulle “culture da destra” (cfr. Francesco Giubilei, Gli Intellettuali di destra), di ritornare su quelle definizioni.

Il conservatorismo è un fenomeno praticamente eterno, in quanto in tutte le epoche una parte della società si è volta con nostalgia ai tempi passati. Basti pensare a Platone, a Tacito, a Dante, a Balzac, a Gandhi…Tuttavia, a mano a mano che si procede nel corso dei secoli “storici”, nasce una forma più consapevole e profonda di conservazione: una riflessione sui caratteri “permanenti” dell’Umanità, minacciati, appunto, dal processo storico, che, in modo speculare all’ avanzamento delle tecniche, induce un depotenziamento dell’uomo rispetto all’ “Uomo Universale” dei primordi: dall’Età dell’ Oro, l’epoca eroica, la “Patrios Politeia”, il “Mos Maiorum”,i Primi Cristiani, l’Età Classica, il Rinascimento, il Risorgimento, lo Spirito Dionisiaco.

Questo  svuotamento dell’Umano  “classico” è stato denunziato in molte delle sue forme: indebolimento dei costumi, varie forme di tirannide, oblio della cultura alta, delle virtù civiche o dell’autenticità delle persone.

Nel 19° e, soprattutto nel 20° secolo, questa disumanizzazione veniva ascritta prioritariamente alla tecnica: l’”alienazione” di Marx, la “gabbia d’acciaio” di Weber,  l’”uomo in provetta” di Huxley. Il Mito del Progresso si rivela come un sostanziale regresso, effetto dell’Eterogenesi dei Fini. Lo riconoscono alla fine personaggi diversi, come Goethe, Freud, Heidegger, Peccei, Anders, Fukuyama… Un’opera che rende bene questo clima culturale è la “Waste Land” fu Th.S. Eliot:

«Where is the wisdom we have lost in knowledge?
Where is the knowledge we have lost in information?»
«Dov’è la saggezza che abbiamo perso nella conoscenza?
Dov’è la conoscenza che abbiamo perso nell’informazione?»
(T.S. Eliot, The Rock, 1934)

Fra il 20° e il 21° secolo, la disillusione per il mito del progresso è oramai generalizzata, anche fra personaggi provenienti da culture progressiste: Pacces, Barcellona,  Compagnon, Arpaia, Krastev.  Solo qualche ostinato nostalgico (p.es. Pinsker) continua a sostenere che l’uomo non sia mai stato felice come oggi.

1.Il volto oscuro del progresso

Tuttavia, solo oggi la vera ragion d’essere dell’opposizione a questo depauperamento dell’ Umano si rivela in tutta la sua drammaticità: sotto le vesti accattivanti della civilizzazione, della moralizzazione, dello Stato, prima etico e poi democratico, della comodità, della filantropia, della ricerca scientifica, del moralismo, si cela l’affermarsi di un Leviatano, prima politico, poi sociale, e, finalmente, tecnologico: l’Anticristo di Soloviov, l’Impero Nascosto delle sette, dei Poteri Forti, del Complesso Informatico-Digitale, del Politicamente Corretto, del conformismo planetario, della Società del Controllo Totale, fino all’ estinzione dell’ Umano, travolto dall’ Intelligenza Artificiale, come denunziano unanimemente e per iscritto gli stessi guru dell’ informatica inventori dei GAFAM e oggi “lobbisti” delle stesse, chiedendo alle Istituzioni di porre un freno alla ricerca sulla stessa.

La Modernità si rivela così più che mai identificarsi con l’ipocrisia puritana, che impone a tutti, nel nome di un’ incombente Parusìa,  la modestia, la trasparenza, l’eguaglianza, la rinunzia, riservando tuttavia ai vertici occulti dei Poteri Forti un potere e un’ambizione senza limiti, quella del Dott. Faustus. L’Umanità non andrebbe avanti senza differenza, gerarchie, pensiero consolidato, ambizione, coercizione, premi e ricompense (in primis, quelle dei tecnocrati e imprenditori); tuttavia, questo non lo si deve dire – anzi, bisogna convincere i più che lì stia il Male Assoluto, in modo che solo i Superiori Sconosciuti, i settari, i “Gatekeepers”, gli agenti segreti, possano imporre la loro volontà a una maggioranza di ebeti che credono nelle favole della Fine della Storia.

Il risultato immediato è il dominio dei GAFAM sul mondo, ma, a breve, sarà il dominio sul mondo delle macchine create dai GAFAM: Intelligenza Artificiale; bioingegneria; cyberguerra; impianti cerebrali;  robots; Società del Controllo totale, droni assassini; Fake News, censura automatizzata…

Quello che viene erroneamente definito come “egemonia culturale della sinistra” è, in realtà, la tirannide totalitaria della Modernità Scatenata, che impone ai cittadini un’ agghiacciante  omogeneità ( “i Paesi avanzati”; “non lasciare indietro nessuno”; “la Comunità internazionale”; “i Diritti”), ma, soprattutto, vorrebbe spacciare, come “dialettica democratica”, la presenza, all’ interno di questo quadro omogeneo, di alcune insignificanti  sfumature,  come un liberismo  o un sindacalismo di facciata,  un Cattolicesimo che ha accettato che la salvezza venga dalla Scienza e dalla Tecnica, o un sovranismo che accetta  una occupazione straniera permanente. Invece, le reali alterità, come le culture extraeuropee (come il Confucianesimo e l’Induismo), oppure un autentico relativismo, o ancora la piena rivendicazione delle differenze, vengono ostracizzate al punto da divenire indicibili.

La confusione fra “mainstream” e “sinistra” nesce solo dal fatto che, come giustamente osserva Marcello Foa ne “il sistema (in-)visibile”, vi è stata, negli ultimi decenni, una convergenza, in Occidente, fra i metodi di condizionamento (“propaganda sociologica”) del KGB e della CIA, spesso con la confluenza dello stesso personale politico.

Si spiega così, ad esempio, l’assoluta intercambiabilità fra la “Maggioranza Ursula” e la “Maggioranza Metsola”,visto che le due donne politiche in oggetto, non solo dicono le stesse cose, ma si vestono perfino nello stesso modo.

2.La Dialettica dell’ Illuminismo

Tutto ciò era già stato profetizzato, seppure in forma criptica, nel classico libro di Horkheimer e Adorno “Dialettica dell’ Illuminismo”.

Oggi, il vero problema non è neppure più politico-culturale: è esistenziale. La Fine della Storia si rivela, come ha dovuto riconoscere lo stesso Fukuyama, la Fine dell’Uomo (prevista addirittura entro 10-20 anni a meno che non intervengano eventi drammatici, come la Terza Guerra Mondiale), in cui, di fronte all’ onnipotenza del sistema macchinico, l’Uomo si rivela, come scriveva Anders, antiquato e inutile.

Basti pensare allo scontro oggi in atto in tutto il mondo in corso fra missili ipersonici, sistemi satellitari, droni, servizi segreti e hacker: per esempio, nella guerra in Ucraina, fra Patriot e Kinzhal.

Il “Phylum Macchinico”, come lo chiamava De Landa (cioè l’insieme delle macchine intelligenti operanti come la nuova razza dominatrice del mondo), vero protagonista del XXI° Secolo, appare con il volto accattivante della Libertà, dei Diritti, delle scoperte scientifiche, dell’onnipotenza dell’Uomo, per poi rivelarsi, nei fatti, come l’Anticristo di Soloviov: l’affossatore dell’Umanità. Libertà, Diritti, scoperte scientifiche, onnipotenza dell’Uomo (le “Magnifiche Sorti e Progressive” di Leopardi) sono gli slogan branditi di volta in volta dalle mosche cocchiere delle Macchine Intelligenti (ma, tra l’altro, mai tradotti in pratica), per distruggere il tessuto sociale, trasformando l’Umanità in una massa indifferenziata, debole e instupidita (quella che Tocquevill vedeva sorgere in America), incapace di resistere alla forza delle macchine, uniche adatte a sopravvivere alla Terza Guerra Mondiale. Dove libertà, diritto, dominio dell’ Uomo sulla natura, saranno annientati in una nuova era (la “Posthisthoire” di Gehlen), le cui protagoniste saranno le macchine, almeno fintantoché il software dematerializzato non inghiottirà l‘intero mondo quale noi lo conosciamo, e quindi le macchine stesse (la “Singularity Tecnologica” di Kurzweil).

Per questo, s’ impone oggi più che mai, quale necessaria antitesi, quella “Forza che Trattiene”, quel misterioso Katèchon, di cui parlava San Paolo senza poterlo, né volerlo, spiegare, il quale si oppone alla Fine dell’ Uomo, almeno fintantoché questa non coinciderà con il Giorno del Giudizio. Per via di quest’ultimo inciso, anche il Katèchon si rivela duplice e ambiguo, e, se Sant’Agostino affermava di non comprenderlo, i suoi successivi cultori, dalle Hadith mussulmane a Ottone di Frisinga, da von Bader a Carl Schmitt, fino a Pietro Barcellona e Aleksandr Dugin,  sono, su questo punto,  almeno altrettanto oscuri e sfuggenti di San Paolo.

Comunque sia, quella dialettica fra l’Anticristo e il Katèchon (la “Dialettica dell’ Illuminismo”) è al cuore stesso della storia contemporanea, come dimostrano le numerosissime prese di posizione contro l’Intelligenza Artificiale, interpretata  come fine dell’ Umanità, da parte degli stessi inventori e cultori della stessa.

Essa costituisce lo sbocco finale di una lotta incessante nel corso della storia: fra i Persiani chiliasti e i Greci “catecontici” (basti pensare all’Oracolo di Delfo su Leonida e al Sogno di Dario); fra il nichilistico Buddhismo Hinayana e quello Chan, costruttivo e combattente (per esempio, Bodhidharma e il Monastero di Shaolin); fra l’ansia di Apocalisse degli Anabattisti (vedi la bandiera arcobaleno issata per la prima voltanella battaglia di Frankenhausen, ed ora ripresa da tutti i movimenti progressisti) e il discorso di Lutero ai Principi Tedeschi; fra la Pasionarnost’ dell’Eurasiatismo e il postumanesimo dei Cosmisti russi…

Non per nulla il Pontefice Romano, massima espressione delle religioni mondiali, ha incitato le Istituzioni Europee (per quanto inutilmente) alla resistenza agli “Imperi Sconosciuti” (i GAFAM, le società segrete e, soprattutto, l’”Impero Nascosto” americano).  

Contrariamente a questi ultimi,  i grandi imperi della Storia  ancora sopravvissuti (in concreto, le potenze dell’Eurasia), pure nella grande varietà e confusione delle loro posizioni, si richiamano a un’idea di conservazione. Il marxismo cinese non riesce a soffocare l’emergere del linguaggio confuciano, là dove si propone, quale obiettivo strategico per i 100 anni della Repubblica Popolare, non già il Comunismo, né il DaTong, mitico ideale normativo del Confucianesimo, bensì il più equilibrato Xiaokang (la “Società Moderatamente Prospera”) .Il Janata Party, riallacciandosi con ciò al Gandhi di “Hind Swaraj”, esalta “le Dee e gli Dei dell’ India”, lo Yoga e le medicine tradizionali. Ma perfino nell’Occidente anglosassone, roccaforte dei GAFAM e della NSA, e quindi , del Progetto Incompiuto della Modernità erede di tutti i chiliasmi, vi sono personaggi come Assange e Snowden che si battono eroicamente contro gl’ Imperi Sconosciuti.

3.Cos’è il “Conservazionismo”?

Chiamiamo “conservazionismo” questa resistenza trasversale contro gli esiti ultimi del mito del Progresso. Essa si oppone non già in modo episodico (come facevano  i vari conservatorismi del passato ) alle successive “derive” dei mondi “tradizionali” (la democrazia ateniese,  il despotato romano, la “gente nova” di Dante, la Rivoluzione Francese, il macchinismo dei Luddisti, il marxismo degli anticomunisti),- idolatrando invece, chi lo Stato di Natura,chi l’Età dell’ Oro,chi  il Mos Maiorum,chi l’Ancien Régime, chi la società borghese, chi i regimi totalitari, chi le “Trente Glorieuses, –  bensì all’attuale distruzione dell’uomo  quale noi lo conosciamo (quello dell’ Epoca Assiale, che nasce con le grandi culture della scrittura e dura fino a noi), senza avere per altro intanto costruito nulla di veramente alternativo (quella che avrebbe dovuto essere la Nuova Società Organica lanciata da Saint-Simon e al centro di tutte le utopie ottocentesche, ma mai realizzata).

In termini nietzscheani, in conservatorismo rappresenta l’ “Uomo più Brutto”, quello che ha ucciso Dio ma se ne vergogna perché non è all’altezza di sopportare l’ateismo. Di qui il senso di disorientamento generalizzato che pervade la società comntemporanea.

Anche in Europa, s’impone comunque una qualche forma di Katèchon, una forza spirituale capace di trattenere la “transizione” dall’ Umano al Post-Umano. Secondo molti, da Heidegger a Jünger, da Teilhard de Chardin a De Benoist, questa resistenza sarebbe vana (un “mito incapacitante”), perché le stesse tradizioni ancestrali degli Europei porterebbero, attraverso un “piano inclinato”, verso l’Apocalisse. Ma noi obiettiamo, con Dostojevskij, Pannwitz e Daniel A. Bell, che, se la dialettica interna della cultura europea (e soprattutto americana) ha come sbocco fatale l’autodistruzione dell’Umanità, soccorreranno ben presto le altre tradizioni culturali mondiali, che, con la rinnovata forza dei popoli afro-asiatici, impediranno l’autodistruzione provocata dall’ Europa e soprattutto dalla sua postuma estensione. E’ da almeno un secolo che  molti intellettuali europei, da Guénon a Hesse, da Rerih a Jung, da Evola a Panikkar, ci invitano a questa mossa.

In effetti, alla luce del Dubbio del Moderno, risultato della “Vergleichende Epoche” che tutto confronta, -antico e moderno, sacro e profano, Oriente e Occidente-, anche la scelta fra Anticristo e Katèchon, o fra Buddismo e Confucianesimo,  appare esposta al massimo della soggettività.  E, questo, ben si addice, innanzitutto, ai cultori del Katèchon, che si oppongono al mito del Progresso proprio per il suo determinismo, mentre invece essi si ostinano a credere che, come ha detto recentemente De Benoist, “la Storia è aperta”. Se così è, la “de-cisione” di ciascuno di noi può contare nella Storia del Mondo (grazie al “libero arbitrio”). Nello stesso modo, già Matteo Ricci, nella sua opera “Il vero significato del Signore del Cielo”, aveva chiarito come la scelta fra un Buddhismo nichilistico e un Confucianesimo costruttivo è una scelta individuale.  Per altro, quasi tutti  i grandi pensatori europei furono  solidali nella sostanza con la posizione dei Gesuiti. Basti pensare  a tutti coloro che si sono battuti contro lo Zeitgeist: non soltanto ai Novissima Sinica di Leibniz e al Rescrit de l’Empereur de la Chine di Voltaire, ma, anche   alla più tarda critica di Kierkegaaard al Vescovo Mynster,  a quella anti-egualitaria di Tocqueville e di Nietzsche, e a quella anti-irenistica di Freud. Per non parlare poi di Simone Weil che cercava l’”Enracinement” o di Saint Exupéry che voleva “costruire la Cittadella nel cuore dell’Uomo”.

3.Anticristo o Katechon? Una de-cisione esistenziale.

Certo, anche la scelta opposta al Conservazionismo avrebbe , dalla sua parte, delle buone ragioni, dall’ansia di Bene dei chiliasti al desiderio di infinito di Nietzsche, alla volontà di attuare le Scritture, propria di Fiodorov e dei Cosmisti Russi, fino alla religiosità universale di Teilhard de Chardin e di Raimon Panikkar. E proprio per questo, pure in presenza di una lotta mortale per la vita e per la morte, i Conservazionisti debbono mantenere il totale rispetto per i loro, pur mortali, avversari, pretendendo lo stesso da questi ultimi. Anche e soprattutto perché raramente sono del tutto tali, come il Goethe di An die Vereinigten Staaten e del secondo Wilhelm Meister, come il Marx dei Grundrisse. Questa, e non una pretesa tolleranza che sarebbe propria della “democrazia”, costituisce la vera base di una sana dialettica culturale e poltica, diversa dal “pensiero unico” che domina oramai da decenni la scena in Occidente.

Come si vede, non c’è proprio bisogno di andare alla ricerca di nuove strane ideologie, quando siamo immersi fino al collo in una fondamentale lotta culturale, che non verte su vane parole o mode, bensì sulla nostra sopravvivenza esistenziale.

La lotta culturale per e contro il Postumano, così come quella fra le varie versioni dello stesso e della opposizione ad esso, sta sostituendo quella fra le obsolete ideologie sette-ottocentesche. Le “ideologie” del 21° secolo nascono intorno alle modalità con cui opporsi alla Fine dell’ Umano.

Coloro che vorrebbero ri-dare un’anima ai partiti, non hanno, quindi, che l’imbarazzo della scelta. Infatti, a nostro avviso, tutte le aspirazioni tradizionali dei singoli partiti, libertà, solidarietà, tradizione, patria, ambiente, vengono oggi negate dal politicamente corretto, dall’egemonia delle multinazionali, dalla “cancel culture”, dall’omologazione occidentale, dalle retoriche pseudo-ambientaliste delle lobbies “verdi”. Ogni partito potrebbe, e, a nostro avviso, dovrebbe, mettere al primo posto del proprio programma, una di queste battaglie: contro la censura, per l’upgrading delle imprese nazionali e per la partecipazione dei lavoratori,  per la difesa delle culture religiose contro l’adorazione della tecnica, per una vera “sovranità strategica”, per una “ecologia dell’ anima”.

Quello che non è ammissibile è, invece, ciò che succede oggi tutti i giorni, con le varie fazioni dell’”establishment” che fingono (sorridendo o addirittura ridendo in faccia ai cittadini) di azzuffarsi su questioni futili, camuffando o nascondendo l’importanza vitale della questione della Fine dell’ Uomo in nome di un ottimismo idiota in mala fede, che maschera semplicemente la loro felicità per gl’indebiti privilegi ottenuti in cambio della loro connivenza.

4.Il conservazionismo ha a che fare con le “culture da destra”?

Esiste un concetto politico, seppure vago, chiamato “destra”, ma su cui i membri dell’ “establishment” dei più vari orientamenti non cessano di ricamare nell’ ambito dei loro eterni teatrini. Esso trae la sua origine dalla collocazione in parlamento dei diversi gruppi politici, ed ha quale presupposto l’idea ch’essi si distinguano per la loro più calda, o più fredda, adesione al “Progetto Incompiuto della Modernità”, un “pacchetto” che si pretenderebbe unitario di gnoseologia, teologia, filosofia, cultura, etica, politica, economia, tecnologia e società (la “concezione assiale della politica”).

Si tratta di un concetto utile dal punto di vista euristico, visto che normalmente la politica parlamentare si è basata su alleanze fra partiti vicini nello spettro destra-sinistra. Ne consegue che esistano, come oggi in Italia, goverrni di destra, che hanno i loro sostenitori, anche fra gl’intellettuali, e che questo renda opportuna, se non necessaria, una “politica culturale di destra”.

Come è stato rilevato quasi unanimemente, non esiste neppure un’ unica “cultura di destra”, bensì, semmai, una serie di “culture di destra”. Esse hanno una qualche affinità con il conservazionismo, ma non vi si sovrappongono. Da un lato, vi sono delle “culture di destra” come il Futurismo, che sono piuttosto omogenee al Mito del Progresso. Ma anche le altre hanno semmai molto in comune con i Conservatorismi, vale a dire esprimono la nostalgia per questo o per quel periodo storico, ma nessuno la consapevolezza della prossima fine dell’Umanità, e dell’urgenza di opporvisi. Questa consapevolezza, pur essendo alla base delle politiche della maggior parte dei Governi del mondo (Asia, Africa, America Latina), è condivisa da appena qualche decina di intellettuali in tutto il mondo non cooptati dal “mainstream”,  e, nonostante la cogenza delle loro argomentazioni non trova un unitario veicolo politico attraverso cui esprimersi.

Non si può accettare un siffatto isolamento degl’intellettuali “conservazionisti”. Da un lato, occorre ricercare dei momenti di incontro fra di essi ed altre culture, che anche le discusse politiche culturali della destra potrebbero fornire, e, dall’ altro, occorre, da parte di essi, un maggiore attivismo: pubblicistico, politico e di ricerca, tecnologica e pedagogica.

Per ora, constatiamo che gli autori definiti “di destra”, per quanto, teoricamente “vocati” a un compito di critica particolarmente aspra della Modernità, non si sono discostati da quella critica garbata al Postmoderno che accomuna oggi un po’ tutti, da progressisti come Morozov e Zuboff a prelati come Benanti e Peyron. Eppure, per i “conservatori”, il postumano   dovrebbe costituire un pericolo ben più reale ed incombente che tutti quegli altri fenomeni, spesso solo cartacei, ch’essi denunziano. Il postumanesimo è infatti la negazione di ogni libertà umana in ossequio alla vittoria delle macchine; la negazione del concetto di “limite”, base di ogni cultura tradizionale; la pretesa di soppiantare le religioni positive con la religione della tecnica; la sparizione di ogni comunità umana (civiltà, nazione, religione, partito, impresa, famiglia) nell’ ambito di un unico “Phylum Macchinico” a cui noi tutti siamo asserviti; la sparizione della natura entro una macchina universale, sia essa quella dell’industria inquinante, sia essa quella dei pretesi salvatori del mondo che sono anche costruttori di argini che non reggono, di pannelli solari che inquinano, di pale eoliche che rovinano i paesaggi…

Esso meriterebbe un’azione culturale, ma prima ancora, politica, radicale, da parte dell’intelligencija indipendente.

Chiediamo  ai conservatori italiani , che si propongono lodevolmente, non di tornare a quei “mostri sacri” che in fondo non erano “conservazionisti” (come de Maistre o Evola, che all’ atto pratico invitavano i loro lettori alla passività), né di sostituire un’egemonia culturale ad un’altra, bensì di aprire a tutte le idee nuovi spazi di libertà, di dedicare un progetto specifico al conservazionismo internazionale,  mettendo in contatto  fra di loro i suoi autori  emergenti, in modo da  fare dell’ Italia un loro  sbocco politico.

PROPOSTE DEL MOVIMENTO EUROPEO PER LA PACE IN UCRAINA

PROPOSTE DEL MOVIMENTO EUROPEO PER LA PACE IN UCRAINA

Riportiamo qui di seguito le proposte di cui sopra, con in seguito un nostro commento:

“Noi riteniamo che l’Unione europea, confermando il pieno sostegno all’Ucraina nella difesa della sua libertà e del diritto all’ inviolabilità del suo territorio insieme all’impegno alla ricostruzione del paese, dovrebbe iniziare a riflettere sulle ipotesi per un avvio di un dialogo indispensabile al raggiungimento di un “cessate il fuoco” e poi dell’inizio di un processo che porti ad una pace duratura ai suoi confini essendo chiaro che la definizione delle condizioni per un accordo appartengono in primo luogo alle autorità  dell’Ucraina e cioè al suo governo e al suo parlamento che sarà rinnovato nelle elezioni legislative che avranno luogo entro l’estate del 2024.

A nostro avviso le ipotesi per l’avvio del dialogo dovrebbero essere basate sui seguenti cinque elementi che potrebbero costituire un embrione di un “piano di pace” dell’Unione europea inserito nel quadro di una visione complessiva della cooperazione e della sicurezza sul continente che potrebbe assumere la forma di un accordo o di un trattato che si ispiri al metodo dei negoziati che condussero nel 1975 alla Dichiarazione di Helsinki e poi nel 1990 alla Carta di Parigi:

  –   La garanzia della integrità territoriale e della inviolabilità delle frontiere dell’Ucraina definite in occasione della sua indipendenza nel 1991 alla caduta dell’Unione Sovietica;

  –  L’attribuzione alle regioni di Donec’kLuhans’k e della Crimea dell’autonomia secondo un modello federale e ispirandosi all’esempio degli accordi De Gasperi-Gruber applicati all’Alto Adige con l’Accordo di Parigi del 5 settembre 1946;

  –   L’adesione dell’Ucraina all’Unione europea al termine dei negoziati di adesione, sulla base delle condizioni stabilite dall’art. 49 del Trattato sull’Unione europea e nel quadro del processo di allargamento ai paesi candidati dei Balcani Occidentali e dell’Europa orientale (Moldavia e Georgia) che prevede:

  • l’accettazione piena e integrale dei principi contenuti nel preambolo del Trattato di Lisbona ivi compreso il processo di una unione sempre più stretta le cui basi dovranno essere gettate entro la prossima legislatura europea superando lo stesso Trattato di Lisbona secondo un metodo democratico costituente,
  • il rispetto dei valori comuni definiti nell’art. 2 e dello Stato di diritto insieme al primato del diritto dell’Unione,
  • il principio della cooperazione leale previsto dall’art. 4 del Trattato sull’Unione europea e della solidarietà previsto dagli articoli 80 e 222 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
  • l’adesione alla Carta dei diritti fondamentali,
  • e l’applicazione dell’art. 42.7 che prevede l’aiuto e l’assistenza degli Stati membri ad uno Stato oggetto di una aggressione armata sul suo territorio conformemente all’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite.

  –   L’applicazione all’Ucraina delle stesse condizioni di neutralità adottate al tempo dell’adesione dell’Austria all’Unione europea nel 1995.

  –   In questo spirito e in questa logica la decisione di escludere l’adesione dell’Ucraina alla Organizzazione dell’Atlantico del Nord e alle sue strutture militari.

Questi elementi dovrebbero essere presentati dall’Alto Rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite secondo l’art. 34.2 del Trattato sull’Unione europea, al Vertice della Nato di Vilnius e al Vertice dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa associandoli alla richiesta di convocare una Conferenza ispirata agli Accordi di Helsinki del 1975 e alla Carta di Parigi del 1990.”

COMMENTI DELL’ ASSOCIAZIONE DIÀLEXIS

Intanto, complimenti al Movimento Europeo per avere ideato soluzioni fuori del coro, senza timore per l’impopolarità. Pur non essendo, ovviamente, soluzioni perfette (perchè concepite come proposte interlocutorie), potrebbero costituire un anticipo di soluzioni più complete e radicali (cfr. punto 2).Quest’idea non appare irrealistica dopo il conferimento da parte del Vaticano del mandato di mediatore a Monsignor Zuppi e con l’avvicinarsi delle elezioni americane.

1.I veri obiettivi delle parti in causa

Il problema è che, come affermato ufficialmente da Russia e Cina prima dell’ avvio dell’ “Operazione Speciale”, l’obiettivo di questa non era tanto o soltanto quello di difendere la Crimea e il Donbass, oggetto dal 2014 di un tentativo di recupero da parte dell’  Ucraina, territori  e che, dopo i referendum e l’incorporazione nella Federazione Russa, devono essere difesi per legge, bensì un nuovo sistema  globale di sicurezza mondiale, fuori dell’egemonia degli USA, che, a loro avviso, starebbero cercando di “strangolare” (con le sanzioni e con l’accerchiamento militare) i Paesi eurasiatici e di impedire le Nuove Vie della Seta in un momento in cui le dinamiche storiche, economiche e politiche, starebbero ponendole al centro della storia. Del resto, gli ultimatum scritti di Lavrov NON erano indirizzati all’Ucraina, bensì a USA e UE,  e vi si chiedeva di confermare per iscritto quelle garanzie “di non allargamento” che Baker  avrebbe promesso a Gorbaciov.

E’ difficile che Russia e Cina desistano dalla “guerra senza limiti”  per ridimensionare l’America, e per garantirsi così la libertà di passaggio negli stretti asiatici ed europei, vitale per il loro sviluppo economico. A meno che America e UE non firmino delle garanzie a questo proposito, come richiesto nel 2021.

Altrettanto difficile che l’America accetti senza colpo ferire di rinunziare alla sua attuale posizione privilegiata (la “Trappola di Tucidide”). Il vertice di Hiroshima non fa che “fotografare” questo scontro in tutta la sua intensità. Le dichiarazioni rese da di Giorgia Meloni sono illuminanti circa gli obiettivi occidentali al vertice.

Indubbiamente, s’imporrebbe anche, come richiesto dal Movimento Europeo,  la rivalutazione in grande scala del concetto di “neutralità” (di tipo “austriaco”, cioè garantita internazionalmente), che dovrebbe estendersi a tutti i territori controversi, ovunque si trovino (per esempio, ai Balcani Occidentali e Caucaso).

Per ciò che riguarda l’Ucraina, la questione delle autonomie territoriali e culturali dovrebbe coinvolgere, a nostro parere, l’intero territorio (come voleva il Partito delle Regioni di Janukovski, che non per nulla era stato deposto con la forza). Infatti, l’Ucraina, come e più degli altri Stati Europei, è una costruzione recente e artificiale (come ad esempio anche il Belgio e la Grecia). Pensiamo a quali forzature sono state fatte per creare la Grecia che conosciamo (di cui, secondo il Fallmerayer, nel 1821, la metà della popolazione non era greca, e fu grecizzata con la forza, così come l’Ucraina viene ora “ucrainizzata”  a viva forza).

L’Ucraina dovrebbe essere, come si diceva un tempo, “federalizzata” sul modello belga (comunità francofona, comunità fiamminga, comunità germanofona, Bruxelles capitale). Così, in Ucraina, vi sarebbero una comunità russofona, una ucrainofona, una rumena, una ungherese, una rutena, e una Kiev capitale…

Ma, più in generale, almeno un terzo dell’ Europa (dall’ Irlanda, alla Scozia, alla Spagna, al Benelux, ai Balcani, alla Turchia, per non parlare dell’ Europa Orientale) dovrebbe costituire una serie di “Territori Federali”, non aggregati a nessuno “Stato Nazionale”. Solo così si garantirebbe la vera identità di quei territori (la Celtia, la Franconia,  i Pirenei, la Macroregione Danubiana, quella baltica, quella caucasica).

Ancora più in generale, lo Stato Nazionale non è l’unità di base ideale di un’ Europa Unita, come ben vedeva per esempio il Federalismo Integrale. Le fantasmatiche “Macroregioni” ed “Euroregioni” corrisponderebbero molto meglio alle identità storiche degli Europei e a una distruzione razional delle competenze in una “multi-level governance”.

Poi, occorrerebbe ricomporre, con questi tasselli, il puzzle di un’ Europa veramente unita e forte sulla scena internazionale.

Infine, la UE dovrebbe concedere di più all’ Est Europa. Il Socialismo Reale non è stato abbattuto dalle Comunità Europee, né dalla NATO, né da Washington, bensì dai Talibani, da Solidarnosc, da Papa Wojtyla, da Gorbaciov e da Eltsin. I loro valori, diversi, debbono entrare a fare parte della cultura comune. I popoli europei orientali si sentono frustrati dall’ essere considerati come dei questuanti e degli eterni imputati. Per questo, si buttano sulle loro glorie passate.

Occorre anche trasferire un po’ di istituzioni a Est (in un domani anche a Kiev, Mosca e San Pietroburgo).

2.Una vera pace (o tregua) fra le Grandi Potenze, può essere basata solo sull’ equilibrio nella intelligenza artificiale.

Però, una vera pace (o almeno tregua),anche per l’Ucraina,  potrebbe farsi solo fra USA, Cina e Russia, e riguardare, come ha detto Kissinger, più che questioni territoriali (forse insolubili), innanzitutto la regolamentazione internazionale dell’Intelligenza Artificiale, che oramai comanda le armi nucleari e la gestione strategica delle guerre (“Hair Trigger Alert”, “Dead Hand”, militarizzazione dello spazio, Cyberguerra). Basti pensare al recentissimo scontro nei cieli di Kiev fra i missili “intelligenti” Patriot e Kinzhal, basato sulla capacità di intercettazione e/o distruzione del sistema avversario.

Come oramai affermano concordemente tutti i grandi esperti di informatica, bloccare l’intelligenza artificiale è il massimo  problema comune dell’ Umanità. La guerra è infatti  lo strumento di cui l’Intelligenza Artificiale si serve per subentrare agli uomini (Manuel de Landa).

Solo con un’azione culturale trasversale, passando attraverso persone come Kissinger o il Papa, si potrebbe arrivare a un accordo sul controllo dell’ intelligenza artificiale, e, con ciò stesso, al controllo sulla possibilità di scatenare una guerra.

Il problema per l’Europa è ch’essa non può partecipare autorevolmente a questo dialogo, perché, dopo la morte di Adriano Olivetti e del Professor Zhu, non ha mai più avuto la minima autonomia digitale, mancando di un proprio centro ideativo in campo informatico.

Se l’Europa vuole poter contare nella configurazione di un accordo siffatto, deve sviluppare al più presto le proprie competenze digitali, innanzitutto con la creazione di un’accademia europea dell’AI di un’accademia militare europea e di un  servizio segreto europeo, poi con l’”upgrrading” digitale dell’ intero sistema produttivo e di difesa: quello che, inascoltati come sempre, abbiamo proposto co i nostro libro “European Digital Agency””Restarting EU Economy” e “Istituto Italiano dell’ Intelligenza Artificiale di Torino”.

OGGI PRESENTAZIONE DEL LIBRO “ILLYRICUM ET MOESIA”, ORE 14.00 SALA ARANCIO

Oggi, presentazione del libro “Illyricum et Moesia”

SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO

DI TORINO

INTERNATIONAL BOOK FAIR IN TORINO

18 maggio, Ore 14:00-15:00 18 May. 2:00 p.m- 3:00 p.m.

De Illyrico et Moesia

Percorsi Europei nei Balcani

Sala Arancio, GALLERIA VISITATORI

Pier Virgilio Dastoli, Riccardo Lala, Chiara Marchesini, Marco Margrita e Alessio Stefanoni

Associazione Diàlexis, CNA Torino e Movimento Europeo

Entra nella riunione in Zoom
https://us06web.zoom.us/j/85230016861?pwd=RmJCOWUxa2F1Mmg1K2RSdEV1ZXhQUT09

ID riunione: 852 3001 6861
Passcode: 312737

L’appuntamento delle 18 al Salone off è cancellato.

VI APETTIAMO TUTTI ALLE 14,00 IN SALA ARANCIO

“DE ILLYRICO ET MOESIA” AL SALONE DEL LIBRO:ORE 14 SALA ARANCIO; ORE 18 CENTRO STUDI SAN CARLO

SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO

DI TORINO

INTERNATIONAL BOOK FAIR IN TORINO

18 maggio, Ore 14:00-15:00 18 May. 2:00 p.m- 3:00 p.m.

De Illyrico et Moesia

Percorsi Europei nei Balcani

Sala Arancio, GALLERIA VISITATORI

Pier Virgilio Dastoli, Riccardo Lala, Chiara Marchesini, Marco Margrita e Alessio Stefanoni

Associazione Diàlexis, CNA Torino e Movimento Europeo

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PERCHE’ I BALCANI?   Intanto, perché sono la frontiera esterna terrestre dell’ Europa più vicina all’ Italia. Per esempio, durante quest’anno di guerra in Ucraina, più volte le flotte russa e americana si sono fronteggiate nel Canale di Otranto. In questi giorni, si sono anche interrotte le trattative  fra UE, Serbia e Kosovo sulla normalizzazione dei rapporti diplomatici, e, in particolare, sullo status dell’ Associazione dei Comuni Serbi, che, secondo gli auspici degli Europei, dovrebbe costituire una sorte di regione autonoma sul modello sudtirolese – cosa che però non è stata accettata dal governo kosovaro, provocando le dimissioni del consiglio di esperti costituzionalisti nominato dalla UE-. Con un’eventuale recrudescenza del conflitto ucraino, il fronte potrebbe correre di nuovo in Kosovo e in Bosnia.  WHY BALKANS?   First of all: they are the European outside land border most near to Italy. E.g., during this year of Ukrainian war, Russian and US fleets faced each other  in the Otranto Channel. In these days, a breaking point was reached even in negotiations between EU, Serbia and Kosovo about the normalisation of diplomatic relations. In particular, the Kosovo Government  has not accepted a special status of the Association of Serbian Communities, which, according to European Institutions, should become a sort of autonomous province, alongside the pattern of Südtirol. This has prompted the resignation of the committee of experts of constitutional law appointed by the EU. In case of a further increase of the Ukrainian conflict, the front could expand again to Kosovo and Bosnia.  
Ma, al di là di tutto ciò, i Balcani sono al cuore dell’Europa, a partire dall’antichissima civiltà danubiana, alla Grecia; dagl’imperatori illirici a Cirillo e Metodio; dall’Impero Ottomano a quello asburgico; dalle vie nazionali al socialismo alle recenti, sanguinose, guerre civili. Il trascurarli colpevolmente come   si fa usualmente porta all’incancrenirsi dei problemi. Secondo noi, ad esempio, avremmo dovuto addirittura iniziare le trattative  fra la UE e queste Repubbliche già  prima  che cominciassero le guerre civili. L’Europa, con il suo atteggiamento reticente ed ambiguo, è stata, perciò,  la prima responsabile dei conflitti in Est Europa, alimentati dalle frustrazioni di centinaia di milioni di est-europei trattati come Europei di serie B.  But, beyond all of that, Balkans are at the heart of Europe, starting from the ancient Danube Civilisation up to Greece; from Illyric Emperors to Cyrill and Methodius; from the Ottoman Empire to the one of the Habsburg; from the national roads to Socialism up to the recent bloody civil wars. To ignore  them, as usual,  out of neglect, brings about the worsening of each problem. If it had been up to us, we would have started negotiations between the UE and the Yugoslav Republics even before the start of civil wars. Europe, with its hostile and ambiguous attitude, has been, therefore, the first responsible of Eastern European conflicts, raised by the frustrations of hundred million East Europeans, dealt with as second class Europeans.  
Ma, si dice: gli Europei Orientali hanno culture, valori e sistemi giuridici diversi da quelli dell’Europa Occidentale, e, prima di essere ammessi alla UE, devono subire un lungo processo di adeguamento (all’”Acquis Communautaire”), e, prima ancora, aderire alla NATO. Per i Balcani Occidentali, stiamo parlando di 35 anni di attesa. Secondo errore. Qui stiamo procedendo come con il Regno delle Due Sicilie, costretto a divenire una succursale del Piemonte, oppure come con la DDR, trasformata in una colonia della RFT. Non si è voluto in alcun modo realizzare  una fusione alla pari, in cui una  nuova unità assorbisse e amalgamasse le identità degli Stati fusisi in essa.People say: East Europeans have cultures, values and legal systems different from the ones of Western Europe. Therefore, before being accepted into the EU, they have to undergo a lengthy adaptation process (to the “Acquis Communauteaire”), and , first of all, enter NATO. For Western Balkans, we are dealing with 35 years. Second mistake: we are proceding here in the same way as with the Kingdom od the Two Sicilies, compelled to become a subsidiary of Piedmomnt, or with DDR, transformed into a colony of the Federal German Republic. Noone has been willing to carry out a fusion among equals, whereby a new unity would have absorbed and amalgamated the identities of the merged States .  
Occorrerebbe invece accettare che l’Europa Centrale e Orientale porti all’ Europa il contributo della propria identità, storia, cultura, tradizioni e costumi. Ciò è vero, in particolare, per i Balcani, che, se non fosse per la nefasta importazione del nazionalismo dall’ Europa Occidentale (Filikì Eteria, Pijemont), avrebbe costituito da sempre un esempio concreto di un’ Europa Poliedrica, quale quella evocata da Papa Francesco. Città come Trieste, Sebenico, Sarajevo, Durazzo, Salonicco, hanno costituito nei secoli un esempio brillante di coesistenza fra Illirici, Greci, Romani, Ebrei, Veneti, Albanesi, Slavi, Valacchi, Ottomani , Austriaci… Il sistema europeo delle autonomie locali, mutuato in gran parte da quelle italiane, austro-ungariche,  sovietiche e jugoslave, trova però  la sua fonte prima nelle Milldetler ottomane, che, poste al confine con i domini austriaci, ne hanno condizionato la cultura. Per non parlare dell’autogestione jugoslava, unico esempio realizzato del “federalismo integrale” di Proudhon e di Alexandre Marc.  Western Europe should accept, on the contrary, that Central and Eastern Europe brings to Europe the contribution of its own identity, history, culture, traditions and customs. This applies, in particular, to Balkans, which, without the nefarious imnport of nationalism from Western Europe (the Filiji Eteria, the “Pijedmont”), would have beens since the beginning a concrete example od a Multifacedted Europe, like the one invoked by Pope Francis. Cities like Trieste, Sibenik, Sarajevo, Durres, Saloniki,have constituted over the centuries a bright example of coexistence among Illyrians, Greeks, Romans, Jews, Venetians, Albanians, Slavs, Vlachs, Ottomans, Austrians… The European system of local autonomies, derived to a large extent from the Italian, Austrian-Hungarian, Soviet and Yougoslavian, has its far away roots in the Ottoman Milletler, which, being at the borders with Austrian domains, have conditioned their cuilture. Without mentioning the Yougoslavian self-management, the sole example of “Integral Federalidsm” as conceived by Proudhon and Alexandre Marc.  
Oggi, sono in questione soprattutto i Balcani Occidentali (un’enclave di 6 Paesi , dopo ben 35 anni, ancora non membri dell’ Unione: Serbia, Bosnia, Montenegro, Albania, Macedonia e Kosovo). Slovenia e Croazia sono, invece, oramai Stati membri a peno titolo (compresi Schengen ed Euro). ani, ma, a nostro avviso, l’aspetto culturale resta  gravemente carente, e questo spiega l’astronomico ritardo delle trattative.. Con questo libro, vogliamo colmare questa carenza, dimostrando che: -i Balcani Occidentali hanno partecipato alla storia dell’identità europea non  meno di altre aree che si pretendono “centrali” (come per esempio Francia e Germania); -che, anzi, la loro cultura è perfino più ricca, variegata e poliedrica di quella di tante aree dell’Europa; -che si tratta comunque di un’area  affascinante, che vale la pena di essere non soltanto visitata, ma anche vissuta e studiata; -che i Balcanici non sono affatto così rissosi come li si descrive, e che una buona parte delle loro idiosincrasie provengono in realtà da Roma o Costantinopoli, Vienna o Mosca,  e, recentemente, da  Washington.   IL LIBRO. Partendo da questa situazione di fatto e da questi propositi, il libro si muove lungo quattro direttrici: -Tentando di delineare i lineamenti di una “cultura balcanica occidentale”, attraverso lingua, arte e storia; -Riassumendo sinteticamente ciò che cosa si muove intorno ai Balcani, ivi compresi gli aspetti geopolitici; -Sintetizzando le azioni in corso da parte delle diverse Istituzioni Europee per una politica culturale europea nei Balcani, -Formulando una nostra proposta di itinerari culturali, indipendentemente  dalle formalità dei progetti europei, del Consiglio d’Europa e della Commissione. I grandi temi agitati in queste pagine, e che esulano un poco dal “déjà vu” sono:   -la “federazione linguistica balcanica”, singolare fenomeno per cui i Balcanici, pur parlando lingue diversissime (slave, latine, elleniche, illiriche, turciche, indiche), in realtà pensano nello stesso modo, come dimostrato paradigmaticamente dalla filastrocca “fel-shara”;   -la “civiltà Danubiana”, la prima civiltà europea, presente in tutti i Balcani; -le “eresie dualistiche”, aventi il loro epicentro nei Balcani, anche se provenienti dall’ Asia e diffuse in tutta Europa, dalle quali, secondo Josef Seifert, deriverebbero  la maggior parte dei movimenti rivoluzionari europei;   -le popolazioni delle frontiere (le Krajne): Stradioti, Giannizzeri, Graenzer, Krajnici, Hajdùk, che hanno influito pesantemente sulla storia culturale di Venezia, Napoli, Turchia, Austria, Ungheria, Croazia; le comunità disperse (i Valacchi, gli Arumeni, gli Arberesh, gli Arvanites,i Sefarditi, i Rom, i Gagauzi, i Donauschwaben..);   -i profughi (Islamici siciliani, Albanesi, Serbi, Turchi, Dalmato-Giuliani..).                      

  I PROGETTI Per sostenere e assecondare l’allargamento della UE ai Balcani Occidentali, sarebbe necessario un vigoroso impegno culturale, che dovrebbe discendere da una più generale politica culturale delle Istituzioni europee. Questo infatti esiste, attraverso le forme dei Percorsi Culturali Europei del Consiglio d’ Europa, la componente culturale della Strategia Europea della Macroregione Adriatica e Jonica (EUSAIR) e il Routes 4U Project. Purtroppo, come spesso accade per le pur lodevoli iniziative europee, esse sono troppo farraginose, burocratiche e prive di contatto con il pubblico, sì che, per esempio, non esistono percorsi specifici ai Balcani Occidentali. I quattro percorsi culturali che andiamo proponendo, anche se ancora non abbiamo studiato le possibili modalità di inserimento nel quadro giuridico e finanziario europeo, puntano a vivificare il concetto di strade europee, innestandovi precisi messaggi di contenuto   I percorsi sono: ILLYRICUM, per l’Impero Romano; OLTREMARE, per la Repubblica di Venezia: MILLETLER, per l’Impero Ottomano MEŠTROVIĆ, per la ex Jugoslavia  
Today, its above all the moment of Western Balkans ( an enclave of 6 countries, which, after 35 years, are not yet members of the Union: Serbia, Bosnia, Montenegro, Albania, Macedonia and Kossovo): Slovenia and Croatia, on the contrary, are, now, member States. actively with the Balkans, but, in our opinion, the cultural side remains badly neglected, and this explains the unbelievable delay in the enlargement negotiations. By this book, we are trying to fill this gap, showing  that: –Western Balkans have participated in the history of European Identity not less than the areas which pretend to be “central” (such as, for instance, France and Germany);   -that their culture is even richer, more multifaceted and polyhedrical than other areas  of Europe;   -that we are dealing in any case with a charming area, worth not only to be visited, but also lived and studied;   –Balkan people are not so quarrelsome as they are described, and that a large part of their idiosyncrasies come, in reality, for Rome or Constantinople, Vienna or Moscow, and, lastly, from Washington.     THE BOOK   Starting from this situation and from the above stated  intents, the book moves alongside four directions: -Trying to outline the features of a “Western Balkan culture”,driven by laguages, arts and history; -Summarising everything which turns around Balkans, including geopolitics; -Outlining the actions ongoing by several European Institutions for the European cultural politics in the Balkans; -Expressing our proposals of cultural routes, without taking into account for the moment the technicalities of European Projects, of the ones of the Council of Europe and of the Commission. The grand  themes dealt with in the book, often going  beyond the “déjà vu”, are: -the “Balkan Language Federation”, an uncommon situation, whereby Balkan peoples, while speaking very different (Slavic, Latin,Hellenic,Illyric, Turcic, Indic), languages, think in reality in the same way, as shown iconically by the ditty”fel-shara”; -the “Danube Civilisation”, the first European civilisation, present all over in the Balkans; -the “dualistic heresies”, with their focus in the Balkans, even if they came from Asia, and widespread all over Europe, from whom, according to Josef Seifert, most of  the  European revolutionary movements were generated; -the border populations (living in Krajne), such as Stradioti, Jeniceri, Graenzer, Krajinici, Hajdùk, who have influenced heavily the cultural histories of Venice, Naples, Turkey, Austria, Hungary, Croatia; -Dispersed ethnicities (Vlachs, Arumenians, Arberesh, Arvanites, Sefardìm,Rom, Gagauz, Donauscwhaben..); -refugees (Sicilian Islamnics, Albanians, Serbs, Turks, Dalmatian-Julians..).         THE PROJECTS   For supporting and facilitating the enlargement of the EU to WESTERN Balkans, a robust cultural undertaking would be required, coming out from a general cultural policy of European Institutions.   And, in fact, such effort exists under the form of the Cultural Routs of the Council of Europe, the cultural segment of the European Strategy of the Adriatic and Ionic Macro-region (EUSAIR) and the Routes 4U Project. Unfortunately, as it often happens with European initiatives, also when they are very appropriate, as in this case, they are too cumbersome, burocratic and without an adequate access to a public audience. As an example, no specific cultural route exists for Western Balkans The four cultural routes which we are proposing by this book before even having verified their perspectives to be inserted into a legal and financial framework of European projects, aim to give flesh and blood to the concept of European Routes, inserting clear cut substantive contents. The Routes are:   ILLYRICUM, for the Roman Empire;   OLTREMARE, for the Republic of Venice;   MILLETLER, for the Ottoman Empire;   MEŠTROVIĆ, for the former Yugoslavia    
  L’Unione Europea e il Governo Italiano si stanno adoperando lodevolmente per l’adesione dei Balcani Occidentali. E’ previsto anche un aspetto culturale, ma, a nostro avviso, questo resta gravemente carente, e  ciò contribuisce a spiegare l’astronomico ritardo delle trattative.. Con questo libro, abbiamo l’ambizione di cominciare a  colmare le lacune circa il rapporto fra identità europea e identità balcanica.  The EU and the Italian Government are acting Very appropriately in favour of the adhesion of the West Balkan States to the UE. A cultural aspect is dealt with in EU documents, what, unfortunately, is not sufficient, and this contributes to the delay of the ongoing negotiations. By our book, we have the ambition to start filling the cognitive gaps around the relationships between European and Balkan identities.

Alle 18 del giorno 18 maggio/ At 6:00 pm  of May 18

CENTRO STUDI SAN CARLO

VIA MONTE DI PIETA’ 1,

 TORINO

Gruppo di lavoro sui progetti nei Balcani Occidentali

Working group on projects in  Western Balkans

Coordina/Chairs: Daniele Lonardo      

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I “Percorsi Culturali Europei” nell’ambito del Progetto Routes 4U e della Strategia Macro-Regionale Adriatica e Ionica (EUSAIR) ambiscono a venire incontro all’ esigenza di riempire di contenuti culturali  concreti il rapporto Europa-Balcani Occidentali.The “European Cultural Routes” within the Routes 4U and of the Adriatic and Ionian Macro-regional Strategy  (EUSAIR) have the ambition to satisfy the need for concrete cultural contents the relationship between Europe and Western Balkans  
Nei documenti del Routes 4U Project, si evidenza l’assenza di percorsi turistici specifici per il turismo nei Balcani Occidentali.  In the documents of Routes 4U Project, the absence of specific touristic routes  for Western Balkans is criticized
L’Associazione Diàlexis e Rinascimento Europeo stanno cercando partners, in particolare fra Enti locali e Istituzioni, dei Balcani Occidentali, per questo compitoAssociazione Diàlexis and Rinascimento Europeo are looking for partners, in particular, local authorities and Institutions, in the  Western Balkans, for carrying out such kind of projects
Il Gruppo di Lavoro mira a creare un network finalizzato a questo propositoThe working group aims to create a network focussed on these objectives.
Nel corso della riunione, si illustreranno le regole per i finanziamenti e proposte di progetto,  e si discuteranno le proposte degli intervenutiAt the meeting, financing rules and project proposals will be outlined, and the suggestions of participants will be discussed
Gli interventi possono essere effettuati in presenza oppure onlineInterventions may be proposed both in presence and online

TELECONFERENCE ORE 18

Chi volesse commentare il post di oggi potrebbe farlo sul link seguente:

LINK PER ZOOM CALL Alpina Diàlexis  ti sta invitando a una riunione pianificata in Zoom.

Argomento: 9 MAGGIO 2023 || GIORNATA DELL’ EUROPA
Ora: 9 mag 2023 06:00 PM Torino (TO)

Entra nella riunione in Zoom
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9 MAGGIO 2023 GIORNATA DELL’ EUROPA

I partiti europei dinanzi alle elezioni del 2024

Nonostante molte obiettive difficoltà che ci hanno impedito di organizzare, come tutti gli anni, la tradizionale manifestazione per il 9 maggio, abbiamo voluto comunque dare il nostro contributo a ricordare quest’ importante ricorrenza, che abbiamo ogni anno celebrato con spirito critico, ben consapevoli del fatto che la Dichiarazione Schuman ha costituito, come non ci stanchiamo di ricordare, il momento del trionfo del Funzionalismo sul Federalismo, e, con ciò, l’inizio dei problemi di un’integrazione europea concepita fin dal principio come monca, vale a dire mancante di nerbo politico e culturale, e, come tale, destinata inevitabilmente a confluire nel progetto tecnocratico di omologazione occidentale,che sta sfociando nella Società del Controllo Totale

Abbiamo scelto perciò di diffondere un set di filmati, in cui illustriamo come la politica sia chiamata, in Europa, ad affrontare temi decisivi, a partire dalla Terza Guerra Mondiale, già in corso in Ucraina e in preparazione nel Mar della Cina. Di conseguenza, si pone, prima, al Movimento Europeo, poi, ai partiti politici (che stanno avviando le manovre per le elezioni europee del 2024), la necessità di una profonda rivisitazione di tutte le basi su cui si sono appoggiati fino ad oggi, per essere in grado di riflettere sulla Fine dell’ Uomo, sulla Società delle Macchine Intelligenti, sulla Guerra Totale, e di posizionare l’Europa di conseguenza.

Diàlexis ha pubblicato, a questo proposito, il libro“Verso le elezioni 2024: i partiti europei nella tempesta”

Pubblichiamo qui di seguito un ciclo di 6 filmati su questi temi, e di seguito i testi scritti di commento.

CICLO DI FILMATI SUI PARTITI EUROPEI DINANZI ALLE ELEZIONI DEL 2024

VIDEO 0 – 9 MAGGIO 2023 || GIORNATA DELL’ EUROPA || 0 – LIBRO “VERSO LE ELEZIONI EUROPEE DEL 2024″, Link: https://www.youtube.com/watch?v=HzPrtZAHHIA&t=3s

VIDEO 0 – 9 MAGGIO 2023 || GIORNATA DELL’ EUROPA || 0 – LIBRO “VERSO LE ELEZIONI EUROPEE DEL 2024″, Link: https://www.youtube.com/watch?v=HzPrtZAHHIA&t=3s

VIDEO 1 – 9 MAGGIO 2023 || GIORNATA DELL’ EUROPA || 1 – L’INVOLUZIONE DELL’UNIONE, Link: https://www.youtube.com/watch?v=LFtF2joOHKU&t=4s

VIDEO 2 – 9 MAGGIO 2023 || GIORNATA DELL’ EUROPA || 2 – CRISI DELL’UNIONE E CRISI DELL’ ORDINE MONDIALE, Link: https://www.youtube.com/watch?v=xFYcJQVb8zk&t=7s

VIDEO 3 – 9 MAGGIO 2023 || GIORNATA DELL’ EUROPA || 3 – RITROVARE I VALORI ALL’ ORIGINE DELL’UE, Link: https://www.youtube.com/watch?v=45RNC71wU5Q&t=59s

VIDEO 4 – 9 MAGGIO 2023 || GIORNATA DELL’ EUROPA || 4 – SUL RUOLO DEL MOVIMENTO EUROPEO, Link: https://www.youtube.com/watch?v=GbSHUrD13Yc&t=10s

VIDEO 5 – 9 MAGGIO 2023 || GIORNATA DELL’ EUROPA || 5 – CONTRO LA TERZA GUERRA MONDIALE, Link: https://www.youtube.com/watch?v=fgRyz–tgLg

I partiti politici europei di fronte alle sfide della legislatura 2024-2029

1.IL LIBRO “VERSO LE ELEZIONI EUROPEE DEL 204: I PARTITI EUROPEI NELLA TEMPESTA” (QUADERNO n. 1/2023 DI AZIONE EUROPEISTA).

Non potendo organizzare, per motivi di salute, la tradizionale manifestazione  del 9 maggio, Associazione Diàlexis e Rinascimento Europeo hanno ritenuto comunque di predisporre la seguente serie di filmati, postati sul canale Youtube www.alpinadialexis .com, quale avvio dell’urgente dibattito che si richiede per preparare una legislatura che, in pendenza della guerra in Ucraina e (si teme) anche nel Mar della Cina, sarà decisiva per l’ Europa e per il mondo.

Questi filmati costituiscono, da un lato, la risposta all’editoriale di Lucio Levi s “The Federalist Debate” sullo stesso argomento, e, dall’altra, una sintesi del libro in oggetto, che verrà esposto al Salone 2023 del Libro di Torino.

1.IL LIBRO “VERSO LE ELEZIONI EUROPEE DEL 204: I PARTITI EUROPEI NELLA TEMPESTA” (QUADERNO n. 1/2023 DI AZIONE EUROPEISTA).

Non potendo organizzare, per motivi di salute, la tradizionale manifestazione  del 9 maggio, Associazione Diàlexis e Rinascimento Europeo hanno ritenuto comunque di predisporre la seguente serie di filmati, postati sul canale Youtube www.alpinadialexis .com, quale avvio dell’urgente dibattito che si richiede per preparare una legislatura che, in pendenza della guerra in Ucraina e (si teme) anche nel Mar della Cina, sarà decisiva per l’ Europa e per il mondo.

Questi filmati costituiscono, da un lato, la risposta all’editoriale di Lucio Levi s “The Federalist Debate” sullo stesso argomento, e, dall’altra, una sintesi del libro in oggetto, che verrà esposto al Salone 2023 del Libro di Torino.

Riteniamo fondamentale continuare al più presto e in modo sistematico il dibattito su questi temi.

2.L’INVOLUZIONE DELL’UNIONE

Il processo d’integrazione europeo ha oramai dietro di sé  una storia millenaria. Già l’Impero Romano, il Sacro Romano Impero e gl’imperi asburgico e napoleonico, oltre che la Santa Alleanza, avevano prefigurato, infatti, forme d’ integrazione europea.

L’integrazione postbellica era nata sotto il segno di molte contraddizioni, prima fra le quali il conflitto fra:

-FUNZIONALISMO;

-FEDERALISMO.

Il funzionalismo (Mitrany, Haas, gli stessi Schuman e Monnet) concepiva l’integrazione europea come una delle articolazioni dell’ordine internazionale occidentale, che muoveva verso la Fine della Storia e l’unità del mondo. Esso costitituiva  l’applicazione in campo politico di un movimento più vasto, che comprende l’informatica (la “trasfusione senza spargimento di sangue”, dell’ intelligenza, dall’uomo alle macchine), l’architettura (Futurismo, Bauhaus, Le Corbusier), ed altre branche della cultura. Attraverso  un trasferimento di funzioni, dagli Stati, ad organismi sovrannazionali, si sarebbe realizzato un ordine mondiale armonico e centralizzato.

Il federalismo (Spinelli, Galimberti, Coudenhove-Kalergi, De Rougemont) puntava invece a fare dell’ Europa un autonomo soggetto politico, con un proprio progetto di società, anche se, a causa del suo pluralismo, lasciava aperta una vasta gamma di soluzioni pratiche, comunque alternative a capitalismo e comunismo).

La costruzione concreta dell’Europa attraverso i Trattati di Parigi, di Roma, di Maastricht e di Lisbona, ha realizzato in pratica il progetto funzionalista, pur sfruttando le tematiche del federalismo per dissimulare occidentale, sotto le “Retoriche dell’ Idea di Europa” (pace, democrazia internazionale),la natura passiva del progetto funzionalista, finalizzato allo sviluppo tecnocratico

Oggi, questo gioco delle parti  fra funzionalismo e federalismo ha perduto di credibilità, a causa del sempre maggiore coinvolgimento degli Europei nelle guerre dell’ Occidente,  del relativo declino delle società europee rispetto alla crescita del resto del mondo e della diminuita fede nella capacità degli USA di esercitare un ruolo protettivo, tre cose  che contraddicono le promesse di pace, sicurezza e prosperità fatte dalle Retoriche dell’ Idea di Europa .

Ciò ha eroso anche la credibilità dell’Unione Europea, e la sta forzando ad una qualche, seppur confusa, forma di rinnovamento, che si sta materializzando nello sforzo del PPE, asse portante del Parlamento europeo, di stringere un’alleanza con le opposizioni di destra, che più di altri hanno canalizzato le critiche contro le derive mondialistiche dell’Unione.

Ma, come si è lasciata sfuggire Ursula von der Leyen (che comunque sarebbe sacrificata da questa manovra), si tratterebbe di applicare la formula gattopardesca “cambiare tutto perché nulla cambi”.

3. CRISI DELL’UNIONE  E CRISI DELL’ ORDINE MONDIALE

Le stesse contraddizioni in cui si dibatte l’Europa coinvolgono l’intero Occidente, che ha sposato totalmente le ragioni delle tecnocrazie digitali, finanziarie e farmaceutiche  che puntano alla trasformazione dell’Umanità, prima, nella società del controllo totale, e, poi, in un complesso macchinico, smentendo così  le sue promesse di umanità e di libertà.

Anche se si è fatto tutto per farlo dimenticare, il primo, in un contesto europeistico,  a parlare  di Crisi della Civiltà Moderna, era stato proprio il Manifesto di Ventotene. Ma, se si vuole comprendere questa crisi, occorre andare indietro nel tempo, ristudiando gli autori che hanno parlato di questa crisi: Rousseau, , Saint-Simon, De Maistre, Kierkegaard, Nietzsche, Guénon, Spengler, Huxley, Evola,  Heidegger, Anders..

L’Unione Europea, che aveva preteso, ancora pochi anni or sono,  di ergersi sopra gli altri Continenti quale “Trendsetter del dibattito mondiale”, cioè maestro di saggezza e di virtù, ha assistito impotente all’escalation della Terza Guerra Mondiale che si combatte anche per sua mancanza di preveggenza, di magnanimità e di coraggio, nel cuore stesso dell’ Europa, ma che si sta preparando anche sul Mar della Cina, nonché ad uno sviluppo tentacolare dei GAFAM, oramai denunziato dai loro stessi fondatori, ma di fronte al quale le migliaia di norme tanto esaltate emanate dall’ Unione Europea si rivelano sempre più delle grida manzoniane, perché inapplicabili a casa dei GAFAM: cioè, negli USA.

Per questo, la crisi della politica europea, che ha prodotto una formidabile spinta a destra in Polonia, Ungheria, Italia, Spagna, Finlandia, Svezia, non si potrà risolvere semplicemente associando all’establishment i vittoriosi partiti di destra, bensì solo con una profonda riflessione sull’avvenire del mondo, stretto nella morsa tra la guerra nucleare e il dominio dell’ Intelligenza Artificiale, prodotti tutti dell’ opzione prometeica contenuta nel Primo Programma Sistemico dell’Idealismo Tedesco, secondo cui l’uomo si sarebbe salvato da sé  grazie a una nuova ideologia e una nuova scienza.

Le sempre più convulse prese di posizione, da un lato, dei guru informatici sui pericoli dell’ Intelligenza Artificiale, e, dall’ altro, dei leaders dell’alleanza dell’Est sulla prossimità della guerra nucleare, dimostrano che siamo vicini all’esito finale  di quelle scelte prometeiche degli ultimi tre secoli.

I limiti dello sviluppo sono oramai noti a tutti, tanto che Sir Martin Reed ha parlato del XXI Secolo come “il Secolo Finale”. L’avvicinarsi del Secolo Finale, scandito dalla guerra nucleare e dalla Singularity,ha trasformato tutte le pretese conquiste dell’ Occidente in trappole mortali.E’ impressionante ritrovare in ogni momento tracce di quest’ideologia messianica : a partire dalla bandiera arcobaleno, che è quello dell’eresia anabattista (combattuta innanzitutto da Lutero)alla battaglia di Falkenheim e simboleggia l’ Apocalisse, a cui la maggior parte  dell’ establishment occidentale sembra anelare, travolta dalla mistica dell’autodistruzione.

Lo straordinario sviluppo dei Paesi asiatici si spiega invece, a nostro avviso, non tanto e non soltanto  con la loro massa critica e con la loro etica del lavoro, bensì anche e soprattutto con la loro capacità di affrontare in modo olistico le sfide delle nuove tecnologie, non dimenticando, bensì addirittura incrementando, il ruolo della cultura, delle tradizioni, delle gerarchie. Così si spiega che in Cina, contrariamente che in Europa e negli Stati Uniti, lo sviluppo delle locali imprese digitali (i BAATX) è stato accompagnato con attenzione ed efficacia dallo Stato in tutte le sue fasi: studio, sviluppo, superamento dei concorrenti, informatizzazione della società, regolamentazione. Nel 2021, la Cina si è data una legislazione sul digitale simile a quella europea (anche se più lineare), ma l’ha anche fatta immediatamente applicare, sanzionando inflessibilmente quasi tutte le imprese digitali nazionali e i loro stessi fondatori (il “crackdown sui BAATX”).

Invece, l’Europa, dopo la morte di Olivetti e di Zhu, ha delegato sistematicamente da 60 anni ai GAFAM americani tutte le sue attività digitali, al punto che essi hanno il monopolio perfino sui servizi digitali delle Istituzioni europee (affidati da sempre alla Microsoft). Le sentenze della Corte di Giustizia vengono sistematicamente disapplicate, con la connivenza del Garante Europeo.

Ne consegue anche il continuo ritardo nell’ upgrading digitale delle nostre economie e il conseguente declassamento dei nostri giovani più qualificati, con  la risultante disoccupazione giovanile.

4. RITROVARE I VALORI ALL’ ORIGINE DEI PARTITI POLITICI EUROPEI

Il liberalismo e il nazionalismo  erano nati a metà del 18° secolo; il socialismo nell’800 circa; il comunismo a metà dell’Ottocento; l’ambientalismo negli anni ’60 del Novecento. E’ normale ch’essi siano divenuti obsoleti, travolti dal processo storico ch’essi pretendevano di guidare, ma da cui invece sono stati trascinati.

Nel  processo di adeguamento all’omologazione occidentale, i partiti europei hanno infatti perso di vista gli obiettivi per cui essi erano stati creati : liberare i cittadini dall’ingerenza di Stati sempre più centralizzati; evitare le ingerenze straniere nella vita dei popoli; fornire un ruolo nella società ai vari tipi di lavoro resi necessari dall’ organizzazione tecnica dell’economia; conciliare la vita spirituale con le esigenze della società moderna; difendere la natura dalle attività predatorie della tecnica scatenata. Al contrario, i “liberali” sono diventati fautori dei colossi tecnologici e della militarizzazione della società; i “socialisti” hanno agevolato di fatto lo smantellamento delle imprese europee e dello Stato sociale; i partiti “cristiani” hanno abbandonato la difesa dell’ umano, accettando  la diffusione di valori disgregatori dell’ordine sociale e del messianesimo tecnocratico dei GAFAM, che spianano la strada al controllo totalitario delle tecnologie, e, in particolare, delle biotecnologie; i “patrioti” sono divenuti gli zelanti esecutori degli ordini del complesso informatico-militare occidentale.

Di fronte a questa ritirata generalizzata, solo il conservatorismo, il più antico dei movimenti politici , che risale alla Fronda e alla Rivincita Aristocratica dell’inizio del 700, mantiene un proprio “appeal”. Non per nulla si sta cercando, per esempio, da parte di Fratelli d’Italia, di recuperare i discorsi del “conservatorismo”, che, per altro, in buona parte d’ Europa, non ha radici, se non molto lontane. Perfino il Paese in cui il conservatorismo è nato, l’Inghilterra, ha vissuto un processo di svuotamento dello stesso, che, da partito della difesa tradizioni, è divenuto, con la Thatcher,  un partito liberista e americaneggiante.

Certamente, dinanzi allo strapotere della rivoluzione digitale (controllo totale, social, censura digitale, bioingegneria, guerra digitale) e dell’”esportazione della democrazia”(Corea, Vietnam, Iran,  Kosovo, Irak, Afghanistan, Ucraina, Paesi Arabi), una sana reazione , etica prima che ideologica e giuridica, s’impone. Tuttavia, gli aspiranti “conservatori” hanno idee piuttosto confuse su “che cosa” conservare. Conservare il sistema teocratico basato sul Mito del Progresso e uno Stato rinunziatario che si fa prevaricare dalle lobbies significa continuare a tenerci legati mani e piedi mentre i GAFAM trasformano gli uomini in macchine.

Se vogliono recuperare le loro ragion d’essere, e, di conseguenza, la loro incidenza sulla realtà e la loro capacità di coinvolgere gli elettori, i partiti europei devono compiere una profonda riflessione che sbocchi su una “svolta a U” delle loro traiettorie culturali e politiche.

I liberali debbono tornare a condurre lotte di libertà, come quella per la liberazione di Assange, quelle contro i reati di opinione e la censura, quelle per un’applicazione rigorosa dell’ antitrust ai GAFAM. I socialisti devono volgere il crescente interventismo pubblico conseguente alla guerra, dalla  frenesia bellicistica (la produzione a ritmo frenetico di munizioni), alla difesa dell’ economia europea contro il contingentamento imposto dalla NATO, e al rafforzamento dei diritti dei lavoratori secondo il modello della Mitbestimmung tedesca; i partiti cristiani debbono riscoprire l’idea paolina di “Katechon”, cessando di essere le mosche cocchiere del livellamento sociale per spianare la strada ai GAFAM, e del Complesso Informatico-Digitale per una guerra senza limiti che, come il Papa non si stanca di denunziare, sta portando alla fine dell’ Umanità; i “patrioti” debbono diventare i difensori dell’ Identità Europea contro la sua dissoluzione nell’ Occidente; gli ambientalisti debbono smettere di fare i piazzisti per le industrie verdi, e difendere seriamente un rapporto naturale fra uomo e ambiente.

Infine, e soprattutto, i “conservatori” debbono difendere l’umano contro la disgregazione, nella cultura, nella politica, nel diritto, nell’ economia, ricercando un dialogo senza preconcetti  con i grandi movimenti conservatori che si trovano soprattutto  in Asia e in Europa Orientale.

5.SUL RUOLO DEL MOVIMENTO EUROPEO

Così come, e ancor più, che per i partiti europei,  il Movimento Europeo deve compiere una siffatta radicale riflessione, che gli permetta di rinascere, da movimento marginale e sconosciuto ai più, per divenire finalmente quello che immaginavano Coudenhove-Kalergi e Spinelli: il movimento egemone della politica europea, sul modello del Partito Indiano del Congresso. L’eredità che dobbiamo lasciare alle successive generazioni è quella di un europeismo consapevole e vigoroso, che non si confonda né con il Mito del Progresso, né con il messianesimo puritano, né con gl’interessi del Complesso Informatico-Digitale, ma, anzi, ad essi si opponga come principale alternativa.

Per fare ciò, esso dovrà riflettere profondamente sulla storia dell’integrazione europea e su quella delle altre integrazioni regionali: delle Americhe (Hamilton, ma anche Che Guevara), e anche quelle cinese (Taiping, Kang Youwei,Sun Yat Sen, Mao) , indiana (Tilak, Gandhi, Modi) ed islamica (Mawlana, Aflaq). Solo così essa potrà cogliere il ruolo della cultura, la ricerca dell’eccellenza, la difesa delle differenze, in particolare contro le tendenze livellatrici della globalizzazione (le Rivoluzioni Atlantiche, le guerre coloniali e post-coloniali, la “cancel culture”..), riconoscendo il valore positivo dei movimenti di liberazione continentale dei BRICS, a cui anche l’ Europa dovrebbe riallacciarsi, come suggeriva per esempio Simone Weil.

Solo così esso potrebbe tornare ad essere un elemento propulsivo della ricerca culturale e politica, e, in tale qualità, tornare ad essere un interlocutore autorevole dei partiti europei.

Per potere fare ciò, esso deve uscire dal suo ghetto, e ricomprendere tutti coloro che, sotto diverse bandiere o etichette, riflettono sull’ Europa e di danno da fare per essa. Penso ad esempio a pensatori come Cardini, Brague e Delsol, e a quel che resta di Paneuropa. Questo anche e in considerazione del fatto che i dibattiti decisivi sull’ Europa si stanno svolgendo in questo momento fra il PPE e Fratelli d’ Italia, FIDESZ e il Vaticano., in aree culturali finora inesplorate dai Federalisti.

6.IN 5.IN PARTICOLARE, CONTRO LA TERZA GUERRA MONDIALE.

Non v’è dubbio che, oramai da molti anni, tutte le potenze mondiali stiano preparando la Terza Guerra Mondiale fra Cina e USA, già implicita nella idea di “fusione” dei Taiping: con le guerre dell’ Irak e dell’ Afghanistan; con le Rivoluzioni Colorate e Arabe; con la corsa agli armamenti; con le continue guerre civili in quasi tutti i Paesi ex-sovietici; con la militarizzazioine dell’Artico, dello spazio e dell’Oceano Pacifico. Una guerra mondiale condotta con l’Intelligenza Artificiale sarà particolarmente catastrofica, perché le macchine sono più idonee degli uomini a sopravvivere in condizioni di guerra totale, cosicché la prossima guerra sarà la migliore occasione per il potere macchinico per prendere il controllo del mondo e quel che resta dell’Umanità.

E colpirà in primo luogo l’ Europa: Russia, Georgia, Ucraina, Moldova, ex Jugoslavia, ma anche l’Italia, dove stazionano un centinaio di testate nucleari americane.

Mi chiedo come facciano le sinistre alternative e i cattolici, oltre, ovviamente, ai Federalisti Europei, che da sempre proclamano fragorosamente la Pace Perpetua, a collaborare oggi entusiasticamente alla preparazione culturale, ideologica, politica, tecnologica, poliziesca e militare della Terza Guerra Mondiale e del Secolo Finale. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti!

Questo è il momento di svegliarsi e di agire risolutamente, al di là degli schemi del XX° Secolo, inapplicabili alla guerra delle Macchine Intelligenti.

Il dibattito all’ interno del Movimento Europeo, e, dei partiti europei, non può che avere come punto qualificante la fuoriuscita dalla guerra mondiale in corso.Le strategie per questa fuoriuscita sono di difficile agibilità, perché si tratta di uno scontro effettivo, fra due potenze a vocazione universale, e fra due concezioni del mondo -l’una ciclica e atemporale, l’altra orientata alla Fine della Storia-, che non ammettono la neutralità.

Eppure, visto che la Guerra Senza Limiti non è che l’ennesimo avatar dell’ Arte della Guerra di SunZu, l’intelligenza (umana) potrebbe avere la meglio sui due contendenti: facendo leva sulle risorse culturali, che “vanno a monte” delle motivazioni dei contendenti (Apocalisse vs. DaTong), disinnescandole. Si tratta del “disarmo culturale” predicato da Raimon Panikkar.

DANTE E LA LIBERAZIONE DELLA CULTURA

Commento alle esternazioni del Ministro Sangiuliano

Viviamo nel capitalismo
della sorveglianza

Premesso che questioni di urgenza drammatica come quelli dell’identità italiana ed europea  e della libertà della cultura dovrebbero essere trattate in modo più serio e approfondito, sottraendole alle polemiche spicciole fra politici e opinionisti, le esternazioni del Ministro hanno avuto comunque il merito di riportare l’attenzione per questi temi di un pubblico anestetizzato, offrendo almeno spunti per un dibattito più approfondito.

Ma, in sostanza, che cos’ ha detto Sangiuliano?

(i)Dante sarebbe “il padre della cultura di destra”;

(ii)occorrerebbe sostituire la presente “cultura di sinistra” con una “cultura libera”.

Ovviamente, come prevedibile, prestigiosi opinionisti dell’”establishment” hanno replicato indignati, con argomenti solo parzialmente sostenibili.

In realtà,  scrive Franco Cardini:“… già alcuni anni or sono Massimo Cacciari e qualcun altro fecero scalpore insistendo sul fatto che la grande cultura europea otto-novecentesca fosse stata ‘di destra’: il che era e resta verissimo, come peraltro resta vero il fatto che il fascismo, almeno quello italiano, si sia proposto come una forza tendenzialmente piuttosto “di sinistra”….

Fra le obiezioni sollevate, la più pertinente (e accettata dallo stesso Sangiuliano) è quella che “destra” e “sinistra” sono concetti tipici della Modernità, i quali originano più precisamente dalla Rivoluzione Francese. La prima osservazione sarebbe stata quindi solo una provocazione. L’idea di una Destra e di una Sinistra “eterne”, che retroagisca fino al Medioevo, o, addirittura, alla preistoria, è invece una poco fondata pretesa novecentesca. Suoi più autorevoli sostenitori: Mao Tse Dong, Bobbio ed Evola. A dire il vero, si può sospettare che Mao pensasse in realtà al Ying e allo Yang. Anche Bobbio in realtà pensava alla dialettica fra progressismo e conservazione, che ha una portata più generale della concezione assiale della politica, in cui rientrano Destra e Sinistra. Infine, Evola contrapponeva la Tradizione all’ Antitradizione. Queste  contrapposizioni “metapolitiche” sono effettivamente di più lunga durata che non “Destra” e “Sinistra”; tuttavia, in questa prospettiva, il “polo” concettuale opposto a quello “progressista” non è, propriamente, né “reazionario”, né “conservatore”, bensì, piuttosto,  “conservazionista”, o “catecontico”. Mentre il mito del Progresso è la secolarizzazione dei dogmi religiosi della salvezza e del Giudizio Finale, il “Katechon” è, secondo la IIa Lettera ai Tessalonicesi (ripresa da von Bader e Carl Schmitt),  quella misteriosa forza che “frena” l’avvento dell’Anticristo (preludio al ritorno di Gesù Cristo), corrispondente alla figura mitica dell’ avestico Thraetona, che “incatena “ per Mille anni Angra Mainyu, il dio persiano del Male, durante il “Millennio” che precede la Frashokereti, la “rigenerazione del mondo”.

Il Katèchon è dunque  l’opposto del Mito del Progresso, perché, mentre questo è la versione secolarizzata del millenarismo religioso, che vorrebbe “salvare l’Umanità con la tecnica”(cfr. il “Primo Programma Sistemico dell’Idealismo tedesco”), il Katèchon si oppone proprio  a questo tipo di “salvezza”, che considera un inganno, perché non potendo eliminare la finitezza esistenziale dell’essere umano, si ritorce contro questi ultimi, rendendoli incapaci di vivere la loro vita con tutte le sue contraddizioni.

Tornando a Dante, questi si potrebbe definire, come avevano scritto Auerbach, le Goff e Sanguineti, “reazionario” (o, nel nostro linguaggio, “catecontico”),  perchè portatore di una concezione perennialistica della metafisica e della società, dove l’immanenza è imitazione, “Mimesis” di un mondo assoluto ed immutabile.

La gabbia in cui fu rinchiuso Ezra Pound

 1.Il Katèchon  contro il Millenarismo

E’quindi ovviamente improprio affermare che Dante fu il fondatore della cultura di destra, perché, o parliamo della destra “postrivoluzionaria” nel senso sopra indicato, e, evidentemente, Dante non poteva farne parte, o del “Katechon”, la cui idea nasce nell’ Avesta e viene “cristianizzata” da San Paolo Se invece parliamo del  Katèchon (o  qualcosa di simile), questo è un tema dominante di tutte le grandi culture, a partire da quella iranica, dove, prima che giunga il il Giudizio Universale), Threatona “incatena per mille anni Angria Mainyu, il Dio del Male. L’idea del Katechon, ha, quale antesignano, semmai, Zarathustra.  Ritroviamo la lotta del Katechon contro il millenarismo nella contrapposizione che Erodoto mette in scena fra la “hybris”  dell’ impero universale degli Achemenidi e la concezione tragica ed eroica  dei Greci, che ha il suo simbolo in Leonida.

Dopo gli Achemenidi, i millenaristi sono stati sempre e ovunque una setta minoritaria, trasversale, intrigante e prepotente (gl’islamici Karmati, i Giochimiti, gli Anabattisti, i Puritani, i Trockisti, le Brigate Rosse), non solo invisa a tutti, e contro cui prima o poi gli stessi rivoluzionari si sono dovuti ribellare (pensiamo al Lutero che si scaglia  contro gli Anabattisti, e  a Goethe e Napoleone contro i rivoluzionari francesi…). Ciononostante, inseriti in posizioni di potere, hanno spesso  avuto occasioni per perseguitare gli spiriti indipendenti.

 Oggi, i millenaristi al potere sono i Postumanisti, come Zuckerberg e Musk, che frequentano incessantemente le stanze del potere, americano, europeo e perfino vaticano, facendo avanzare a loro piacimento l’agenda della Singularity Tecnologica, la fusione fra l’uomo e la macchina, che porrà fine alla Storia.

 Nessuno, nel 1800, aveva capito che il risultato finale del “Progresso” sarebbero state le Macchine Intelligenti, né che queste avrebbero preso il potere come ha scritto Bill Joy. Anche i più “progressisti” pensavano ancora a un mondo umano, per quanto rinnovato. Come aveva giustamente osservato Josef  Seifert (“Le Sette Idee Slave”), le tre parole d’ ordine della Rivoluzione Francese non erano altro che la sintesi delle aspirazioni dei tre Ordini dell’ “Ancien Régime”: la libertà, per l’aristocrazia, la l’eguaglianza, per la borghesia, la fraternità, per il clero. Oggi, però, di fronte al radicale dispiegarsi del progetto post-umanistico della Singularity, in corso di attuazione da parte dei GAFAM, tutte le culture attuali, orientate fino ad oggi in senso più o meno progressista, dovrebbero attraversare una fase di resipiscenza, divenendo finalmente “catecontiche”, perché tutte accomunate dall’obiettivo della conservazione dell’umano (il “conservazionismo”) contro la Società delle Macchine Intelligenti. Neghiamo che questo pericolo sia solo immaginario, perché l’Intelligenza Artificiale non sarebbe veramente intelligente” . Ma che c’è già oggi di più stupido dell’attuale classe dirigente, che, anziché pensare con la propria testa, ripete all’ infinito, a mo’ di robot, vecchi slogan assurdi? Eppure, proprio per questa sua mancanza di creatività, essa ci sta portando verso il baratro. Figuriamoci che cosa potrebbero fare le macchine se lasciate a se stesse(per esempio, in una guerra nucleare)! Il pericolo di oggi non è l’intelligenza delle macchine, bensì la bovina ripetitività del mondo contemporaneo, paralizzata da razionalismo, moralismo, burocrazia, che trasmette pedissequamente alla macchine da esso create (vedi il problema della “moderazione”).

2.La Dialettica dell’ Illuminismo

Horkheimer e Adorno avevano previsto tutto 75 anni fa

 Intanto, alcuni movimenti culturali e politici attuali, come l’ambientalismo e l’identitarismo, stanno implicitamente riconoscendo, sulla falsariga di Hrkheimer e Adorno, il fallimento del progetto modernista di conciliazione della vita con la tecnica, e l’urgenza d’impedire che la voglia irrazionale di razionalità si traduca in una “trasfusione senza spargimento di sangue”, cioè della vita, dall’uomo, alle macchine. Perciò, se vogliono avere ancora una qualche funzione storica, che non sia solo quella di una foglia di fico della tecnocrazia post-umanista, tutte le ideologie in cui si articolava il progetto moderno, e che animavano il variopinto spettro della politica, dovranno modificare la loro Weltanschauung e i loro programmi. E, in verità, almeno talune stanno già tentando di farlo. Basti pensare al tormentoso dibattito sull’ identità della Sinistra, a cui fa ora seguito quello, speculare, sulla Cultura di Destra.

 Senz’altro Dante, insieme a Confucio (il Libro dei Riti), San Paolo (Tessalonicesi II),  Gandhi (Hind Swaraj) e Matteo Ricci (“Il vero significato del Signore del Cielo”), potrebbero costituire utili maestri per questo movimento catecontico mondiale, capace di guidare almeno gli Stati-civiltà alla riscossa contro i GAFAM.

In questo contesto si pone, certo, anche la questione della poliedricità dei popoli e delle culture.

 Fra i popoli, nel senso che il loro contributo a un nuovo ordine mondiale catecontico può derivare solo dalle specificità delle rispettive tradizioni culturali: per l’ America, Fenollosa, Dos Passos, Elliot, Pound…; per la Cina, Confucio, LaoTse, SunZu, Kang You Wei, Zhang Wei Wei; per l’India, Vyasa, Valmiki, Gandhi; per l’Islam, Maometto, Averroè, al-Ghazzali, Ibn Qaldun; per l’Europa, Omero, Socrate, Orazio, San Paolo, Rousseau, Leibniz, Voltaire, Nietzsche, Saint-Exupéry…

 L’Italia ha certamente molto da apportare allo studio, la tutela, la difesa, la diffusione delle tradizioni europee: Dante, teorico della Monarchia; Botticelli, resuscitatore di antiche dee; Machiavelli, consigliere del Principe; Mercurino da Gattinara, ministro dell’Impero nello spirito di Dante; Ricci, difensore cattolico del Confucianesimo contro il Buddismo;  Leopardi, fustigatore delle “Magnifiche Sorti e Progressive”; Foscolo, custode dei Sepolcri; Canova, ricreatore della bellezza antica…

La nostra è un’era apocalittica

2.Dalla crisi delle ideologie, verso un nuovo ecosistema culturale mondiale

Come scrivevamo, l’attuale confusione deriva in gran parte dal fatto che l’intera cultura politica, non soltanto italiana, bensì europea,  si trova in uno stato di crisi endemica, dopo i colpi subiti dalle rivoluzioni totalitarie del 20° Secolo, dal nucleare, dal surriscaldamento atmosferico, dal post-comunismo, dai BRICS  e dalla Singularity,  tutte cose che hanno fatto giustamente dubitare della validità del Primo Programma Sistemico dell’ Idealismo Tedesco, il quale progettava di sostituire la promessa messianica delle religioni (incarnata dal Paradiso di Dante) con un paradiso terreno, identificato poi da molti con il Comunismo, e di tutti i successivi progetti utopici (Saint-Simon, Comte, Fiodorov). All’ interno di questa generica aspettativa escatologica, i liberali promettevano il “Regno della Libertà”(Hegel), i socialisti una “Nuova Società Organica”(Comte), i Cristiano-Sociali un Paradiso “che incominciasse a realizzarsi su questa terra”(Teilhard de Chardin), i nazifascisti un Reich millenario (lo Hazar mazdeista) che avrebbe riportato la vita alla purezza delle origini ancestrali.

 Tutto ciò in un quadro di competizione pluralistica, che un tempo veniva chiamata “repubblica”, e, oggi, “democrazia”, ma  che comunque oggi ha smesso di funzionare:

 “La scommessa democratica è così ridotta a una finzione finalmente smascherata, esausta per la lunga traversata della crisi, adatta soltanto per la redistribuzione della ricchezza negli anni del benessere, sopraffatta dalle promesse che ha scritto nelle sue Costituzioni ma che palesemente non riesce più a mantenere, incapace di raccontare se stessa, di convincere, e soprattutto di suscitare passioni, la democrazia va in minoranza, accompagnata in questo transito malinconico dalla realtà…”(Ezio Mauro, L’eversione populista 2.0., La Repubblica  di Lunedì 16 gennaio 2023).

 Come abbiamo scritto nel n.3 dei Quaderni di Azione Europeista,  “Verso le elezioni del 2024”, questo fallimento pone tutti i movimenti politici in Europa dinanzi all’alternativa fra il rinnovarsi (a nostro avviso, in senso “catecontico”), o sciogliersi, venendo assorbiti negli ultimi grandi movimenti che si stanno formando:

-quello per la “Singularity”, che, sotto l’egida dei GAFAM, punta a realizzare i sogni millenari di entropia che erano stati del Buddhismo Hinayana e della Qabbalà, e, ora, sono di Ray Kurzweil, Chief Engineer di Google;

 -quello “per la vita”, pronto a difendere l’umanità contro l’invadenza delle Macchine Intelligenti (che siano esse i robot, i Big data, la rete, le bioingegneria, il nucleare, la “Guerra senza Limiti”..).

Ciascuno dei partiti esistenti, e ciascuno dei Continenti,  potrebbe legittimamente trovare posto, se solo volesse e sapesse recuperare le proprie storiche aspirazioni, all’interno di questa grande alleanza “catecontica” per la lotta contro i GAFAM.

Il Mito del Progresso accomuna
establishment e rivoluzione

 3.Liberare la cultura

Come risultato di quanto precede, circa il secondo punto trattato dal Ministro, quello della libertà della cultura, non si può non concordare sul fatto che la cultura sia oggi meno libera di quanto non lo sia mai stata in passato, in quanto l’attuale società tecnocratica ha fra i suoi principali obiettivi quello di subordinarla  al progetto di controllo totale da parte della tecnologia (l’Intelligenza Artificiale deve sostituire quella umana).

La cosiddetta “cultura di sinistra” è in realtà quella dell’“establishment”, che ha mutuato idee e linguaggi tradizionali del gauchismo (egualitarismo, antiautoritarismo..) perché sono particolarmente atti ad anestetizzare i cittadini  affinché accettino senza opporsi la “trasfusione senza spargimento di sangue”(la metafora della “rana bollita” di Chomski).

Non ci vengano poi a dire che non si può paragonare la libertà culturale che ci sarebbe oggi da noi con quella delle “autocrazie”: in realtà, le massime opere culturali (Orazio, Ovidio, Virgilio, Machiavelli, Leonardo, Michelangelo, Cartesio, Pascal, Rousseau, Voltaire, Goethe, Canova, Dostojevskij, Tolstoj, Pirandello, Heidegger, Pound,  Sol’zhenitsin) erano state create proprio sotto delle “autocrazie”, mentre, invece, nelle attuali “democrazie”, assistiamo ad una produzione culturale stentata, manipolata e conformistica.

 Certo, la cultura è sempre stata soggetta a limiti e controlli: da parte delle assemblee greche (che infatti condannarono Socrate), degl’Imperatori romani, delle Chiese, degli Stati, del capitale, dei partiti. E, infine , le censure che si sono accumulate fino ad oggi nel corso dei millenni hanno portato addirittura –con fenomeni come le leggi memoriali, il politicamente corretto e il “Me Too”- alla paralisi della cultura, attraverso l’ “autocensura”. Tanto grande è oggi la paura di essere messi al bando per una parola, una frase…

Già il Cristianesimo aveva censurato  la natura estremamente violenta delle società antiche a cui voleva riallacciarsi (che aveva trovato le sue massime espressioni in Omero e proprio nel Vecchio Testamento). La cultura umanistica aveva censurato il carattere tragico della cultura greca. L’Illuminismo aveva obliterato le costanti critiche degli antichi alla democrazia. La cultura postbellica ha censurato il carattere fondamentalista e prevaricatore del progetto occidentale. I media occidentali censurano ora i contributi alla soluzione dei problemi attuali forniti dalle culture e dal pensiero cinese, giapponese, indiano, islamico, russo…. Il “mainstream” sta censurando l’urgenza della lotta alla “Singularity”. Come risultato di tutto ciò, gl’intellettuali ormai si censurano da soli. Inoltre, la pretesa livellatrice dell’imperante ipocrisia occidentale, abbattendo deliberatamente le preesistenti barriere fra culture high brow”, “mid brow” e “low brow” (Martel), rende impossibile (o troppo pericoloso), ogni discorso adeguato ai vari contesti. In particolare, non vi è più un ambito “protetto” in cui si possa discutere serenamente  delle realtà più scomode, come il relativismo, i Poteri Forti, l’Apocalisse, le inevitabili gerarchie sociali, le origini dei popoli europei, la violenza nella Bibbia, le culture politiche dell’ Eurasia, le società segrete, la situazione reale delle minoranze etniche, il funzionamento concreto del progetto postumanistico,le guerre nucleari…

Sarebbe certamente ora che, come accennato dal Ministro,  in Europa il potere politico rimuovesse le cause profonde di quelle censure:

-il cristallizzarsi di una classe dirigente inadeguata, figlia della Guerra Civile Europea;

-l’adesione pedissequa alle “mode” di Oltre Oceano ( il gauchismo di Berkeley; il neo-liberismo di Chicago; il “Politicamente Corretto” della West Coast; l’”Ideologia Californiana” della Silicon Valley);

-la scarsa indipendenza economica degl’intellettuali, e della borghesia in generale;

-il livellamento degli studi, che rende impossibile un pensiero “alto” e sistematico;

-l’impostazione fortemente propagandistica ed autoreferenziale delle politiche culturali pubbliche, ivi comprese le sempre crescenti forme di censura.

Leonida è il prototipo del Katechon che “trattiene” l’Hybris dell’ Anticristo (Angra Mainyu)

4.L’Europa: ”Trendsetter of the Worldwide Debate”?

 

In conclusione, i movimenti politici europei potrebbero (ed, anzi, dovrebbero) spingere l’Europa a divenire davvero quel “Trendsetter of the Worldwide Debate” che la Commissione pretenderebbe (a parole) ch’essa fosse, mentre invece essa è oggi succube al 100% dei GAFAM, ai quali ha concesso tutti i dati degli Europei, che essi hanno trasformato in zombies spiati ed eterodiretti (cfr. Sentenze Schrems). Ma ciò potrà avvenire solo con un radicale cambio di passo da parte di tutti, ivi compresi gl’intellettuali, che dovrebbero divenire, come minimo, più coraggiosi e combattivi.

Se, poi, ciò non potesse avvenire, si dovrebbe infine “rovesciare il tavolo”, e unificare, in un’unica coalizione fondatrice, “conservazionista” e di lotta, tutte le tradizioni culturali di un determinato territorio: nel caso dell’ Europa, nel Movimento Europeo, con o senza, al suo interno, diverse “sezioni”, eredi degli attuali partiti.

In questo contesto, ha certamente un diritto di cittadinanza, e anche un primato, anche una “cultura dei conservatori” italiana ed europea, che però anche qui dovrebbe avere un respiro ben più vasto di quello della pura e semplice “destra”,  aprendosi all’insieme degl’intellettuali europei. Tutti, anche i più rivoluzionari, hanno infatti sempre celato un fondo di reazione, avendo tutti guardato con sospetto (come si legge nelle pieghe di Voltaire, di Goethe, di Marx, di Gramsci) la macchinizzazione del mondo a cui ci hanno portato il materialismo, l’egualitarismo e la censura generalizzata. Basti pensare all’avversione di Dante per “La gente nova e i facili guadagni”, al “Bürgergeneral” di Goethe, al timore di Tocqueville per la “passione dell’ eguaglianza”, all’avversione di Kierkegaard per l’arcivescovo Mynster, alla descrizione sprezzante che Nietzsche fa dell’ “Ultimo Uomo”, alla visione drammatica del “Waste Land” di Elliot, al Confucianesimo di Pound, al “Katèchon Europeo” di Barcellona.

Sarebbe così forse possibile anche risolvere i conflitti frazionistici, campanilistici e personalistici, all’ interno stesso di ciascuno dei partiti europei, e, in particolare, dei Conservatori (basti pensare alle differenti fazioni che si contrappongono nel Parlamento Europeo), dovuti in gran parte ai loro orizzonte eccessivamente nazionale, mentre i grandi autori “catecontici”, a cominciare da Dante, ma continuando con Ricci, De Maistre, Dostojevski, Nietzsche, Jung, Guénon, Saint-Exupéry, Evola, avevano tutti un respiro europeo, se non mondiale (Cina, Francia, Russia, Oriente, Europa, Islam).

Noi siamo qui per accompagnare questo dibattito. Ci poniamo umilmente al servizio di chi vorrà continuarlo. Speriamo che il Ministero della Cultura lo promuova seriamente, come rientrerebbe nella “mission” di questo Governo, con tutte le risorse che hanno le Istituzioni.

Parla di questo il nostro libro “Verso le Elezioni del 2024: I partiti europei nella tempesta”, Alpina/Dialexis, Torino, 2022, che presenteremo al prossimo Salone del Libro. 

DAL RIGETTO DEL FUNZIONALISMO,

Il Parlamento: il luogo del delitto

L’URGENZA DI RISCRIVERE IL DIRITTO EUROPEO

A un’opinione pubblica (anche specialistica) deculturata, ideologizzata e ignava, si è voluto da sempre far credere che l’idea-forza dell’integrazione europea post-bellica fosse stata costituita dal federalismo (buono o cattivo ch’esso sia). In realtà, per esplicito o implicito riconoscimento, da un lato, di Monet e di Schuman, e, dall’ altro, di Spinelli, tale idea-guida è stata invece il funzionalismo, che Spinelli aborriva. Il federalismo fu ed è invece un’ideologia minoritaria e tutt’ora repressa (come ai tempi della Rivoluzione francese, quando Vergniaud venne addirittura ghigliottinato).

Quindi, non ha senso accusare ora il federalismo europeo di colpe non sue, bensì del funzionalismo.

Possiamo esimerci parzialmente dall’ illustrare nel dettaglio questo assunto rinviando al dissacratore pamphlet di Luca Caracciolo “La Pace è finita”, che investiga in modo spietato (ma, a nostro avviso, ancora non esaustivo) i meccanismi reali dell’ integrazione postbellica, quale effettivamente avvenuta.

Ripartire dai fondamenti

1.Un errore risalente

Si è anche soliti affermare che “i padri fondatori” dell’Europa non erano fautori di questo funzionalismo, bensì erano cultori dei “veri valori dell’Europa”, che sarebbero stati misteriosamente abbandonati. Di fatto , tutti i politici che crearono le Comunità Europee (Monet, Schuman, ma anche Adenauer e De Gasperi) si muovevano in un ambito integralmente funzionalistico, salvo Coudenhove-Kalergi e Spinelli, che però, dopo avere caldeggiato per tutta la vita l’integrazione europea, nella  realtà vennero poi esclusi dai processi politici effettivi, salvo che Spinelli fu cooptato negli ultimi anni di vita, ma solo per ratificare e benedire un processo ch’egli aveva da sempre duramente criticato.

Mentre il federalismo è una tendenza politica millenaria, che risale perfino agli antichi Semiti ed Indoeuropei (cfr.Eisenstadt e Haarmann), attuata in Grecia e nei regni medievali (cfr.Althusius), e, oggi, in buona parte del mondo (Hamilton, Djiordjievic), il funzionalismo è, invece, una delle ideologie della post-modernità, affermatasi intorno alla IIa Guerra Mondiale in parallelo alle “Conferenze Meany sulla Cibernetica”), applicata alla psicologia, all’architettura,  alla sociologia, all’ informatica e alle scienze politiche,  la quale afferma che tutte le attività umane si possono ridurre a delle “funzioni”, potenzialmente trasferibili alle macchine. Idea poi descritta brillantemente da Manuel de Landa ne “La guerra nell’era delle Macchine Intelligenti”, e che costituisce il nocciolo duro del credo post-umanista (la “Trasfusione senza Spargimento di Sangue”, dagli uomini alle macchine attraverso il deep learning)

Il federalismo costituisce invece un freno all’ omologazione universale propedeutica alla società del controllo totale, dando un peso specifico a ciascun elemento costituente di una grande catena gerarchica, che oggi viene chiamata “Multilevel Governance”, e che costituisce la “rete neurale” della politica, cioè del “governo degli uomini”.

Nel caso specifico dell’integrazione europea, i teorici politici funzionalisti sostenevano che le costituende Comunità Europee non avrebbero dovuto essere nulla più che semplici organizzazioni internazionali specializzate (come l’Unione Postale Mondiale o l’Unione Internazionale del Lavoro), e non avrebbero dovuto ambire a clonare la struttura federale americana. E, almeno su questo secondo punto, avevano evidentemente ragione, perché il tanto evocato modello hamiltoniano (di tre secoli fa) si riferiva a un territorio lontano e spopolato, ben diverso dalla complessissima Europa.

All’ approccio funzionalistico era ispirata espressamente proprio la “Dichiarazione Schuman” (in realtà letta da Schuman prima di fuggire dalla conferenza stampa da lui stesso convocata, ma scritta da Jean Monnet insieme al Segretario di Stato Dean Achinson). I “Piccoli passi” sarebbero state le singole, progressive, messe in comune di “funzioni”, fino a costituire uno Stato Europeo, primo tassello di uno Stato mondiale, quale quello mirabilmente descritto da ^Juenger nell’ omonimo libro.

Per quanto i “veri” padri fondatori delle Comunità Europee avessero anch’essi in mente, essi pensavano invece, nell’ immediato,  a una federazione europea (o Paneuropa), con una missione politica specifica, e fondata (anche se soloparzialmente) su una concezione del mondo erede della cultura “alta” europea. Coudenhove Kalergi pensava alla creazione di un “Pantheon europeo” sul modello della Piazza degli Eroi di Budapest, e a uno Stato federale paneuropeo governato da un’élite mista, di aristocratici, alti borghesi e managers; Spinelli, a un Congresso del Popolo Europeo ispirato al Congresso Nazionale Indiano di Gandhi, al pensiero anti-utopistico di San Paolo  e a quello elitario di Nietzsche. Ambedue avevano in mente un’immagine “eroica” dell’Europeismo, simile alla concezione confuciana.

Riteniamo che un Pantheon europeo avrebbe ancora senso, includendovi per esempio Omero, Ippocrate, Socrate, Platone, Leonida, Pericle, Cesare, Augusto, San Paolo, Diocleziano, Costantino, Giustiniano, Carlo Magno, Cirillo, Metodio, Federico di Svevia, Dante, Carlo V, Leibniz, Voltaire, Napoleone, Nietzsche, Coudenhove Kalergi e Spinelli.

Invece, per Mitrany, Haas, Monnet e Schuman, le Comunità Europee avrebbero dovuto avere compiti veramente minimalistici: il “perseguimento della pace” ( descritta da tutti come la motivazione principale dell’ integrazione europea) si sarebbe ridotta in realtà ad evitare uno scontro immediato fra Francia e Germania  per il controllo dei bacini carbosiderurgici occupati dalla Francia dopo la guerra , e i “piccoli passi” si sarebbero tradotti nella creazione di un mercato comune che permettesse la colonizzazione dell’ Europa da parte delle multinazionali. Cosa che si sta puntualmente verificando con l’influenza della Mackinsey sui governi italiano e francese, della Microsoft e della Pfizer sulle istituzioni, ma soprattutto dei GAFAM sull’intera vita degli Europei.

Tutto ciò mascherato (come si sta facendo ancor oggi) da un’ossessiva retorica escatologica sulla Fine della Storia (cfr. Kojève, consulente del Governo Francese, ispiratore del più recente Fukuyama), tacendo invece tutte quelle brutture dell’Europa censurate dai media (resistenza antisovietica ad Est, guerra civile greca e spedizione di Suez a Sud, maccartismo, strane morti di Olivetti e Mattei), che costituivano già tempo fa una plateale smentita della “Fine della Storia” e della “Pace Perpetua”, propagandate dalle retoriche dell’ Europa.

Invece, quei politici europeistici (cfr. Servan-Schreiber, Gorbaciov, Mitterrand), che avrebbero voluto dare, all’integrazione europea, un vero volto politico, furono zittiti; i partiti politici furono ricostituiti esattamente com’erano nel 1922 (o nel 1933), senza considerare il decorso di parecchi decenni, e, quindi, su basi nazionali, senza un ruolo centrale dell’Europa, quale reso necessario dall’ era della globalizzazione.

Nel frattempo, nel resto del mondo erano nati l’Unione Indian, Israele, la Repubblica Popolare Cinese, la dissidenza nell’ Europa Orientale, l’equilibrio nucleare, la decolonizzazione, l’informatica, l’unipolarismo, il Comitato di Shanghai, le Nuove Vie della Seta. Da tutto questo, l’Europa restava, e resta, deliberatamente e visibilmente assente. La cosiddetta Europa “forza gentile” è, in realtà, un’Europa preda e zimbello di tutti.Come ha affermato Stefania Craxi, sottosegretario agli Esteri, “al soldo di forze straniere”.

Le multinazionali
dominano l’ Europa

2.Il Comitato d’Affari della Borghesia

Come sarebbe possibile che il personale politico dedicato a quest’impresa  tecnocratica potesse essere motivato eticamente, consapevole culturalmente, solido politicamente, competente tecnicamente? Come sarebbe possibile che qualche cittadino pensasse di combattere “sul campo di battaglia”, come si dice adesso, per una specie di  “Unione Postale Internazionale”?

Non ci si può pertanto dichiarare continuamente “stupiti” dello scarso entusiasmo dei cittadini, né della corruzione dei politici.

Intanto, è risaputo che i politici nazionali hanno sempre guardato con sufficienza a quelli europei, considerati come politici “di seconda scelta”. Oggi, quando le questioni europee (guerra e pace, allargamento, crisi economica) s’ impongono per forza propria all’attenzione generale, e quindi  finirebbero  per dare prestigio alle Istituzioni Europee, i leader nazionali si prendono tutta la scena mediatica, benché siano, spesso, ancor meno qualificati e motivati di quelli “europei”.

In queste condizioni, le periodiche défaillances dell’Europa (la “perdita di pezzi”, come Inghilterra, Norvegia, Turchia,… e anche Russia;la scomparsa di fronte alla NATO -vedi Ramstein-; la  crisi economica senza fine ; il  moltiplicarsi di guerre sul suo territorio -Baltici,Grecia, DDR, Ungheria, Cipro, ex-URSS, ex-Jugoslavia-)  sono giunte tutt’altro che inaspettate. Anzi, esse erano state predette fin dall’inizio da molti (a cominciare da Spinelli, per finire con Przywara, de Gaulle e Servan-Schreiber).

Il finto stupore del mondo istituzionale nei confronti delle vicende picaresche di cui sono protagonisti Europarlamentari e ONG europee sono l’ennesima prova dell’ipocrisia puritana che dominala politica. La concezione funzionalistica dell’uomo e della società non po’ portare, infatti, se non all’entropia generalizzata. In attesa che le macchine assumano il controllo totale, che cosa può fare l’umanità se non lasciarsi andare passivamente al corso degli eventi? E, se questo è il significato ultimo delle cose, la politica non può essere che un gioco assurdo fra poteri impersonali e un’effimera salvezza individuale. Chi si trova nell’ ingranaggio non ha, né un motivo, né la capacità, per opporsi.

La Bruxelles “Capitale” (così come l’avevano descritta Marcell von Donat e Robert Manasse) è stata costruita come la mecca di centinaia di migliaia di lobbisti e agenti segreti, che vi rappresentano tutti gl’interessi particolaristici del mondo, perseguiti con ogni genere di mezzi. Un vero “comitato d’affari della borghesia”(Marx). Come pensare che in tutto ciò non vi sia anche un elevato livello di corruzione, ché, anzi, la prevaricazione del denaro sulla cultura, sulla politica e perfino sulla religione, risulta essere il vero movente ideologico di tutta la costruzione. Basti pensare al peso che hanno, sulla politica, i GAFAM, le banche d’affari e le industrie degli armamenti.

Il Qatargate, come tutti i precedenti scandali della Commissione, non sono che sprazzi di luce su un mondo inquietante (“die Bruesseler Machenschaften”), che ben presto daranno occasione a nuovi scandali.

Ora, gli scandali che si affollano sul Parlamento Europeo, e ancor più quelli, fino ad ora tacitati, della Commissione, costituiscono una prova schiacciante di quest’inadeguatezza strutturale della costituzione materiale dell’Europa di oggi a svolgere, in modo anche solo accettabile, i compiti sovraumani che l’attendono (presa di controllo sulle macchine intelligenti, umanesimo digitale, nuova architettura mondiale).

Di qui l’urgenza di quella riforma generale delle Istituzioni, da tutti invocata, ma mai seriamente pensata.

L’Europa nosce come progetto di élites, non di lobbies, e deve tornare ad esserlo

3.Fuori dalla crisi

Come uscire da questa crisi sempre più fitta dell’Europa in un momento in cui infuria sul suo suolo una guerra sterminatrice?

Se la ragione ultima della crisi è il funzionalismo, occorre innanzitutto fuoriuscire da quest’ultimo:

-dal punto di vista filosofico, rimettendo al centro quello che lo Spinelli “notturno” chiamava “l’azione che edifica”, contrapposta al conformismo indotto dal determinismo stortico;

-da quello culturale, focalizzandoci sui dilemmi del Postumanesimo (Singularity, Uebermensch?);

-da quello politico, facendo una scelta precisa fra la “Trasfusione senza Spargimento di sangue” di De Landa e la lotta per la liberazione dell’Europa dalla Società del Controllo Totale, quale portata aventi per esempio da Maximilian Schrems;

-da quello sociale, rivalutando:

 (a), come volevano Coudenhove Kalergi e Spinelli, il ruolo di nuove élites europee, che, formate sulla base di una cultura multipolare, siano capaci di sostenere la lotta contro le forze dell’entropia, e, nello stesso tempo;

(b) quello del lavoro organizzato attraverso la più europea delle istituzioni, la partecipazione dei lavoratori (secondo il modello della Betriebsvrerfassungsgesetz);

-da quello istituzionale, conducendo una vera e propria “battaglia culturale”dentro i partiti europei, affinché si ricentrino sui rispettivi ruoli storici (oggi platealmente abbandonati), fornendo così, ai propri rappresentanti e ai loro elettori, dei motivi validi per condurre le loro battaglie politich:.”le famiglie europee non rappresentano più correnti ideali, programmatiche e identitarie. Questa è una realtà di fatto che vale ancor più per i socialisti europei, all’ interno dei quali ci sono tendenze non sovrapponibili.”(Stefania Craxi)

L’Europa dei Giudici non garantisce
la certezza del diritto

4.Il ruolo del Movimento Europeo

Il compito di intraprendere queste azioni spetterebbe istituzionalmente al Movimento Europeo, il quale dovrebbe, però, per primo, prendere le distanze dal funzionalismo imperante, dal cinismo generalizzato e dalle ideologie dichiarate unanimente come obsolete obsolete, compiendo una revisione a 180° della narrativa corrente:

-riconoscere il carattere di “longue durée” dell’ integrazione europea, parallelo a quello di altri movimenti d’integrazione subcontinentale, quali quelli della Cina e dell’ India, che risalgono tutti ai primordi dell’Epoca Assiale (Imperatore Giallo, Ashoka, Impero Romano);

-ritornare ai “fondamentali” dello spirito dell’integrazione europea, rifiutando i luoghi comuni e i riflessi pavloviani del “politicamente corretto”;

-riscoprire lo specifico del federalismo europeo in Montesquieu e in Tocqueville, con il loro terrore per la “tirannide della maggioranza” e per la “passione dell’ eguaglianza”, e la loro insistenza sui “corpi intermedi”, che, oggi, servirebbero innanzitutto a spezzare l’omologazione universale e l’egemonia dei GAFAM.

L’Associazione Culturale Diàlexis  è attiva su questi fronti da ben 17 anni, e sta concentrandosi proprio sul tema della crisi dei partiti di fronte a dibattito sul futuro dell’ Europa.

Sta uscendo, per la serie “Quaderni di Azione Europeista”, il Quaderno n.3 del 2022, “Verso le elezioni del 2024: I partiti europei nella tempesta”.

Non è tollerabile che un combattente per la trasparenza del web
resti prigioniero in Europa per pressioni degli USA

5.Ricostruire l’Ordinamento Giuridico Europeo

Ma, a parte queste importanti e ovvie considerazioni, è l’insieme del quadro emergente a dimostrare il caos organizzato che esiste a tutti i livelli:

-la maggior parte dei politici coinvolti nel Qatargate appartiene ai Democratici e Socialisti, il gruppo di europarlamentari che più si affannerebbe (a parole) per la tutela dei diritti umani, perfino là dove essi non sono particolarmente minacciati, e soprattutto dove l’influenza dell’ Europa è “0”. Orbene, è proprio per addolcire (con successo) la loro posizione che i famosi finanziamenti sono arrivati;

-addirittura, sarebbe coinvolto il presidente dei sindacati europei, che dovrebbe essere il primo a preoccuparsi dei diritti dei lavoratori; Già nel 1998, la Commissione guidata da Jacques Santer era stata obbligata a dimettersi in blocco per le accuse di corruzion;

ufficialmente, ci sarebbero 12.500 lobbisti attorno alle istituzioni europee, in realtà il loro numero è molto superiore: secondo Transparency International siamo più vicini ai 40mila addetti. Secondo uno studio del 2012, si tratta di un affare che pesa complessivamente più di 3 miliardi l’anno.Nel 2016 la Commissione aveva formulato fatto una proposta per rendere obbligatoria l’iscrizione al Registro e per la creazione di un comitato etico e deontologico indipendente. Ma per ora ci sono pochi controlli, nessuna sanzione, né protezione per i whistleblower.

– una volta riconosciuto che il lobbismo è lecito e perfino incoraggiato, come si fa a distinguere fra quello ammissibile (per esempio, quello da parte dei proprietari di giornali e televisioni) e quello che non lo è? Tutto il lobbismo si basa infatti sul principio di fare un qualche favore  ai legislatori o agli amministratori(anche solo teorico, come una buona recensione sui media) per influenzare il contenuto delle loro decisioni?Io ti finanzio (o ti sostengo) la campagna elettorale, e tu adotti le leggi che mi fanno comodo (vedi industrie digitale,  automobilistica, verde e della difesa).

-in particolare, come si fa a pensare che nessun Paese cerchi d’influenzare a suo favore l’opinione pubblica di altri Paesi quando  è in corso da sempre a livello mondiale una lotta di tutti contro tutti per spartirsi sfere d’influenza (la “Guerra senza Limiti”)?ci sono solo alcune lobby che possono operare liberamente, ed altre no?

-che altro sono, se non massicci finanziamenti per influenzare l’opinione pubblica, quelli sovietici del dossier Mitrokhin, il National Endowment for Democracy, le Open Society Foundations di Soros, l’Albert Einstein Institution e Cambridge Analytica, e poi ancora tutte indistintamente le ONG?

-è intollerabile che questioni così importanti di politica istituzionale europea siano soggette ai diritti degli Stati Membri, che in tal modo possono condizionare indebitamente (per esempio attraverso i servizi segreti)  il comportamento degli eurodeputati (o di altre Istituzioni);

-tutto ciò anche perché non esiste un diritto penale europeo, e l’Europol ha poteri molto limitati;

-ancor più grave che tutto ciò sia stato iniziato “da sei servizi segreti europei”, fra cui non quello italiano, che avrebbe dovuto essere il maggiormente interessato. Si può sapere quali sono gli altri 5?

-i servizi segreti sono poi i migliori tutori dei diritti dei cittadini, o ne sono spesso gli affossatori?

E’ chiaro che l’ordinamento giuridico europeo presenta una quantità inaudita di lacune, in cui chicchessia può infiltrarsi.

Una reale rifondazione di tale ordinamento non potrà avvenire se non con un lavoro sistematico, che parta dalla cultura, dalla storia e dal diritto costituzionale, non già con dei successivi rattoppi (come la Conferenza sul Futuro dell’ Europa o la “Comunità Politica Europea”, che non affrontano i veri e più urgenti problemi).

Perciò, continuiamo a richiamare tutti, con le nostre iniziative editoriali, e, soprattutto, con i Quaderni di Azione Europeista, allo studio e al dibattito fra i cittadini, la cultura e i partiti europei, sull’insieme di questi problemi, oramai giunti a un elevato livello d’ insostenibilità.

Con “Verso le Elezioni del 2024” intendiamo fornire, al Movimento Europeo e ai Partiti Europei, una serie di suggerimenti su come affrontare la crisi esistenziale in corso, per porsi nelle condizioni minime per poter intervenite sulla riforma dell’ Europa.

 Dopo di che, in una seconda fase, occorrerà rivisitare, con un altro “Quaderno” in preparazione, le basi storico-filosofiche dell’ integrazione, rispondendo anche alle giuste provocazioni di Caracciolo.

Sulla base di questa rivisitazione, procederemo, infine, a sintetizzare, in un terzo “Quaderno” le proposte emerse dal dibattito, da proporre per la Legislazione 2024-2018.

ATTUALITA’ NEL XXI SECOLO DI UN  POETA “POLIEDRICO”

Lettura a Torino del Canto IV di Ezra Pound

With usura hath no man a house of good stone
each block cut smooth and well fitting
[…]
with usura
hath no man a painted paradise on his church wall
[…]
no picture is made to endure nor to live with
but it is made to sell and sell quickly”

Annunziamo con piacere una manifestazione di studio su Pound che si terrà a Torino nei prossimi giorni:

EDUCATORIO DELLA PROVVIDENZA

Coso Trento 13 Torino

16 Novembre Ore 18

Luca Borrione: Pound Mitopoeta

Marcello Croce: Guida al IV Conto

Lettura in Inglese di Claudia Cara

Daniele Guoli: presenze poundiane nella letteratura italiana

Cogliamo l’occasione per ribadire l’attualità di questo autore, in un momento in cui:

-la Cina, oggetto dell’interesse primario di Pound,  si trova nuovamente ad essere, come vuole il suo nome,  il Paese centrale nel mondo;

-il primato mondiale della finanza (l’”usura” di Pound) è severamente scosso dalla necessità, da parte degli Stati e delle stesse Banche Centrali, di allentare, dopo il Covid e la guerra,  il morso delle “politiche della lesina”, cosa messa platealmente in evidenza dalla fine dei governi Draghi e Truss.

Pound fu un  poeta americano convinto, con un secolo di anticipo (insieme a Pannwitz, Spengler, Guénon, Eliot, Eliade, Toynbee  ed Evola), che la moderna civiltà occidentale, fondata sull’economia, avesse fatto il suo tempo, e che occorresse cercare ispirazione nelle culture medievali (come quelle dei Comuni italiani e della poesia cortese), e, ancor più, in quelle orientali (soprattutto quella cinese).

1.Il Confucianesimo oggi

Quando si chiedeva a Pound quale fosse la sua religione, egli rispondeva “Da Xue” (vale a dire il “Grande Insegnamento” confuciano). In campo estetico, egli fu un continuatore di Fenollosa, un altro Americano appassionato di letterature orientali (nel su caso, di quella giapponese, che, a suo dire, si prestava al poetare meglio delle lingue europee).

In campo poetico, fu sodale con Eliot, con cui compose “The Waste Land” (“La Terra Desolata”), che anticipa l’attuale visione della crisi ambientale e  del capitalismo della sorveglianza.

In campo politico, fu notoriamente impegnato a favore dell’Asse, e, per questo, soffrì pesanti persecuzioni nel suo Paese d’origine.

2.Le “Cento Scuole”

Quello per cui oggi può essere interessante rileggere Pound è, in primo luogo, la sua capacità e volontà di fare rivivere in Occidente la cultura cinese classica, che, ai suoi tempi, per quanto studiata dai “Nuovi Confuciani”, sembrava in declino nelle Due Cine (pensiamo allo slogan della Rivoluzione Culturale “Pi Kong, Pi Li”: “Criticate Confucio, criticate Lin Piao”).

Oggi, il ruolo, non solo del Confucianesimo, bensì di tutte le “Cento Scuole” cinesi è sempre più riconosciuto, per cominciare, dallo stesso Xi Jinping, sicché si pone urgentemente la questione di conoscerle, cosa ormai indispensabile per comprendere una contemporaneità in cui la Cina è centrale. Pensiamo all’ anticipazione della matematica booliana, su cui insistevano già il gesuita Bouvet, e poi Leibniz,  contenuta nell’ Yi Qing, che ne fanno il precursore dell’informatica. Pensiamo all’”Arte della Guerra” di Sun Zi, anticipatrice della “Guerra senza limiti” teorizzata dai generali cinesi (guerra culturale, digitale, propagandistica, tecnologica, economica, culturale, commerciale, come quella che si sta combattendo ora su tutti i fronti), e, in particolare, quello che sembrerebbe essere oggi l’ideale delle Grandi Potenze: “conquistare l’ecumene senza uccidere nessuno” .

3.Pound e la letteratura comparata

Al di là della Cina, Pound ha rivalutato molte culture europee, come quella provenzale, il Dolce Stil Nuovo, e, soprattutto, Cavalcanti e Dante, di cui volle essere un ideale continuatore già soltanto con la denominazione della sua opera, i Cantos.

Il “Caso Pound” ci pare essere un esempio avanzato di quel “comparatismo” che, secondo Nietzsche, avrebbe dovuto costituire la base del XX° Secolo, “die vergleichende Epoche”. Una gestione ragionevole del mondo devastato dalla 3a Guerra Mondiale (Papa Francesco) e dalle Macchine Intelligenti presuppone, a nostro avviso, una rafforzata cultura universale, al contempo umanistica e tecnica, ma, soprattutto linguistica (come quella di Pound e dei Ru cinesi a cui s’ispirava), per poter realizzare nei fatti quella “poliedricità” che è indispensabile per il dialogo interculturale (sempre Papa Francesco). A titolo di esempio, come comprendere Pound senza conoscere l’Inglese, il Latino, il Cinese classico, il Provenzale, l’Italiano e l’Italiano Medievale, di cui sono intessuti i Cantos?

4.La traduzione  letteraria nell’era del web

Alla perfezione crescente della traduzione automatica, che riduce la funzione dello studio delle lingue quale strumento di comunicazione pratica, fa riscontro un bisogno crescente di conoscere la filologia generale e comparata, nelle sue varie articolazioni e ramificazioni, ivi comprese la comparazione, la filologia storica, la retorica, la metrica, la terminologia. A titolo di esempio, per studiare Pound, non sarà più necessaria una  conoscenza approfondita delle lingue di cui sopra (ma chi l’ha mai avuta?), mentre, invece, sarà utile (e possibile) avere la sensibilità della struttura e della evoluzione delle lingue, in particolare del Cinese e dell’Occitano.

Lo stesso vale per l’Ebraico,  il Greco,  il Norreno, lo Slavo Ecclesiastico, che tanta parte hanno avuto  nell’ evoluzione culturale dell’ Europa, così pure come per l’Accadico, l’Arabo, il Persiano….

Nello stesso modo, non vi è praticamente soluzione migliore, per seguire le pirotecniche citazioni di cui i Cantos sono intessuti, che utilizzare al meglio le risorse della rete. Anche qui, tuttavia, si richiede oramai una base di competenze multiculturali di tutto rispetto, in quanto perfino su Wikipedia i contenuti relativi a temi così diversi come gli Analecta, le letterature greca, romana e medievale, così pure come la storia moderna e contemporanea, sono lacunose, frammentarie, criptiche, e, in ogni caso, poliglotte.