CANTIERI D’ EUROPA 2025

Dopo il successo della manifestazione di oggi presso il Padiglione del Zhejiang, Vi ricordiamo che domani,

LUNEDI’ 19 MAGGIO ORE 15 e 30
Lingotto Galleria Visitatori Spazio Arancio
Programma Istituzioni- Grande Pubblico
LA BATTAGLIA DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

in collaborazione con
Associazione Diàlexis, CNA, Movimento Europeo, Rinascimento Europeo, Studio Ambrosio & Commodo
Presentazione del volume “La regolamentazione internazionale dell’AI” (pubblicato dall’Associazione Diàlexis)
con
Marcello Croce, Pier Virgilio Dastoli, Ferrante De Benedictis, Fabrizio Lala, Riccardo Lala, Beatrice Magni, Paolo Migliavacca
moderano Marco Margrita e Alessio Stefanoni

Ci permettiamo di attirare la Vostra attenzione sulla bruciante attualità anche di questa seconda manifestazione:

PERCHE’ “LA REGOLAMENTAZIONE INTERNAZIONALE DELL’ INTELLIGENZA ARTIFICIALE”?

 Il viaggio di Trump in Medio Oriente conferma l’attualità del libro che sarà presentato il 19 al Salone del Libro

Da quando, oramai più di 10 anni fa, l’Associazione Diàlexis si occupa degli aspetti geopolitici dell’informatica,  gli eventi stessi si sono incaricati di dimostrare sempre più di giorno in giorno la pertinenza della nostra tesi  che quello dei GAFAM è un progetto globale, volto alla sostituzione, al mondo dell’Uomo, di quello delle Macchine Intelligenti, o, per dirla con Kurzweil, delle “Macchine Spirituali”. Solo così, infatti, si spiega il nebuloso concetto di “Progetto Incompiuto della Modernità” (di Habermas), diffuso nella cultura “mainstream” come una spiegazione esoterica dell’obiettivo del sempre più evanescente “Progresso”. Solo nella Società delle Macchine Spirituali potrebbe infatti realizzarsi la convergenza fra Reale e Razionale postulata da Hegel e ripresa da tutte le ideologie progressiste, a partire dal marxismo. La “Post-Verità” è infatti una realtà virtuale (una “Other life”), costruita dalle Macchine Spirituali, capace di realizzare sulla terra le aspirazioni di infinitezza e perfezione ch’erano state delle religioni, così come richiesto da Lessing (ne “L’Educazione dell’ Umanità”) e da Hoelderlin, Schlegel e Hegel (nel “Primo Programma Sistemico dell’ Idealismo Tedesco”, la cui attualità è impressionante).

1.La fine della “Fine della Storia”

La traduzione di questo progetto in un preciso programma politico era stata messa “nero su bianco”, prima, da Fukuyama, ne “La Fine della Storia e l’ Ultimo Uomo”, poi, da Schmidt e Cohen,  nel loro “The New Digital Age”, in cui si teorizzava che Google avrebbe dovuto sostituire la Lockheed nel “guidare l’America alla conquista del mondo”, e fu infine          trasformata in azione legislativa dallo stesso Schmidt con la creazione della “Commissione NSCAI”, che poi realizzò le nuove norme americane per il finanziamento dell’ Intelligenza Artificiale.

Il progetto del controllo totalitario del mondo da parte dei GAFAM (“googleization of the World”) non si era poi potuto realizzare in modo totalmente lineare a causa dello sviluppo, in Cina, di un ecosistema digitale distinto e alternativo a quello americano, e ad esso impermeabile, con una sua regolamentazione, “clonata” su quella europea(i “BAATX”), con l’aspirazione ad espandersi oltre la Cina,  anche se in ciò <a sua volta frenata da misure legislative ispirate dagli USA (Huawei, TikTok). Resa impossibile la sovranità unitaria del web americano, si era così aperta un’era di grande conflittualità, caratterizzata dai conflitti in Georgia e in Ucraina (la “Fine della Fine della Storia”) e dalla teoria “Pivot to Asia”, secondo cui il problema principale degli USA sarebbe quello di frenare lo sviluppo della Cina per salvaguardare la leadership americana, con i privilegi per la “Società dell’ 1%”.connessi a tale leadership.

L’ultimo  atto di questa vicenda  è ora costituito dalla convergenza, intorno a Trump, di tutti gli amministratori delegati delle piattaforme informatiche americane (i “GAFAM”), per svolgere un’azione comune contro il resto del mondo, modo da poter esercitare un potere irresistibile, capace di:

-permettere lo sviluppo indisturbato della “Società delle Macchine Spirituali” fino al conseguimento della “Singularity”;

-garantire la permanenza della centralità dell’ America (“Make America Great Again”);

-supportare, attraverso la “cyber-intelligence” la superiorità militare degli alleati dell’ America;

-influenzare, attraverso i “social”, il carattere e l’ideologia dei vari popoli e le loro opinioni pubbliche, soprattutto in occasione del voto;

-garantire l’avanzamento dell’industria americana grazie a spionaggio e controspionaggio.

2.Trump e i GAFAM

Secondo Grerolamo Fazzioni (“L’Avvenire” dell’11 novembre 2024.”Perché anche “noi” abbiamo dato una mano a Trump”), “Al netto di errori e debolezze della candidata Kamala Harris e del presidente uscente Joe Biden, possiamo affermare che – in quanto fruitori delle Big Tech in mano ai “gigacapitalisti” (copyright Riccardo Staglianò) – anche noi abbiamo dato, seppur indirettamente, una mano a Trump.

‘Noi’ siamo l’insieme degli utenti di Twitter, il social network comprato da Elon Musk per 44 miliardi di dollari nel 2022 e ribattezzato X l’anno dopo. Soltanto nei primi 6 mesi di quest’anno, stando all’indagine di una no-profit specializzata, Musk avrebbe diffuso fake news sui democratici in almeno 50 post sul suo social. Nell’ultimo periodo il patron di X (oltre che di Tesla, Space X, Neuralink… ) si è spinto oltre, diventando, nei fatti, uno dei suoi più decisivi alleati di Trump, investendo decine di milioni di dollari a sostegno di The Donald e dei candidati repubblicani al Congresso.”

“ ‘Noi’ siamo l’esercito di clienti di Amazon, oltre 300 milioni nel mondo. Pure il suo boss, Jeff Bezos, si è ritagliato un ruolo in questa campagna elettorale: infrangendo una consolidata tradizione, infatti, l’imprenditore, proprietario dal 2013 del “Washington Post”, una delle più importanti testate del mondo, ha deciso di non appoggiare ufficialmente alcun candidato, bloccando un “endorsement” a favore di Harris già predisposto in redazione e provocando così polemiche e dimissioni dal giornale.
Ce n’è abbastanza per dire che queste elezioni hanno rivelato, come mai prima d’ora, il ruolo decisivo – sotto il profilo tecnologico, economico e pure politico – dei GAFAM (Google, Amazon, Facebook, Apple, Microsoft) negli Usa e nel mondo. Come si legge in un report del Congresso Usa pubblicato nel 2020, aziende che un tempo erano coraggiose startup ‘si sono ormai trasformate nel genere di oligopolio che per l’ultima volta abbiamo visto nell’era dei baroni del petrolio e dei magnati delle ferrovie’”.

Ma c’è di più. L’informatica non è una commodity, bensì è il cuore della Società delle Macchine Spirituali. Il monopolio dell’ informatica implica anche il monopolio della conoscenza, dell’ ideologia e della formazione, di un Paese o di una comunità internazionale. Quindi, la simbiosi Presidente-GAFAM prefigura una dittatura mondiale, che potrebbe essere ulteriormente rafforzata da un Papa americano che non prendesse veramente le distanze dal progetto della Singularity. In questo senso, Trump, che viene costantemente accusato da tutti di non riuscire a realizzare il suo programma elettorale, sta invece riuscendo nel principale  obiettivo dichiarato: “Make America Great Again”, aggirando la strategia tradizionale USA, quella dell’ imposizione ideologica, mediante una applicazione parossistica delle tecniche ben collaudate dell’”Advocacy” dei Presidenti a favore dell’ecosistema economico e tecnologico USA. Non per nulla, il mondo MAGA sta spingendo per un’evoluzione in senso monarchico della presidenza americana, adombrata dalle fantasie distopiche che raffigurano Trump come un colosso dorato (sul modello della statua di Nerone), oppure, addirittura, come un Papa.

Ricordiamo che, dopo la Seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti avevano imposto al mondo le Nazioni Unite (uno slogan tratto dal Prince Harold Pilgrimage di Byron, riferito alla Battaglia di Waterloo, una tappa fondamentale per l’espansione dell’anglosfera). Intorno alle Nazioni Unite, essi avevano creato quello che Ikenberry ha chiamato “una ragnatela” al servizio della loro egemonia. Ebbene, nel lungo periodo, tale “ragnatela” si è rivelata parzialmente inadeguata per i loro  scopi, principalmente perché il “trickle down effect” della Strategia dello Sviluppo americana (Rostow) ha posto in essere progressivamente, perfin prima del previsto,  la capacità di un numero crescente di attori (Russia, Cina, India, Iran) di affermarsi quali attori geopolitici globali, fino al momento attuale, in cui la combinazione delle loro forze ha perfino tolto agli USA la loro capacità complessiva d’iniziativa. Il motivo principale  è il fatto di basarsi su regole generali e astratte (“a rule-based world order”), che ha impedito agli USA di fare valere spregiudicatamente i propri punti di forza, contribuendo così all’ indebolimento complessivo derivante dal “trickle down effect”, e dal conseguente sviluppo economico, culturale e militare della “Maggioranza del Mondo” (“Bol’shinstvo Mira”).

Di ciò, il movimento MAGA accusa i partiti americani tradizionali, ed ha perciò inaugurato una tattica “transazionale”, basata sul trattare separatamente con ogni Paese per tutelare gl’interessi americani al di là delle ideologie, usando tutte le tattiche, lecite o illecite, e non nascondendolo, bensì facendosene un vanto.

2.L’Intelligenza Artificiale e la guerra

Fin qui abbiamo detto che il sistema digitale americano è oramai inequivocabilmente un bastione a sostegno del potere del Presidente e di MAGA, e che il Presidente fa di tutto per imporre i propri   GAFAM al resto del mondo, attuando pedissequamente il programma di Schmidt, che è divenuto  il suo proprio programma imperiale. Questa alleanza è chiaramente simboleggiata dalla presenza di Musk nell’ esecutivo: un’alleanza strategica al punto che Musk, pur di averla, ha speso somme inaudite e sta subendo perfino il tracollo di Tesla. Il ruolo di Musk è così divenuto determinante, come fosse quello di uno Stato, nelle grandi crisi mondiali, al punto che le sue decisioni, di fornire, ritirare e poi di fornire nuovamente, all’ Ucraina, il supporto d’intelligence e logistico di Starlink ha comportato violente oscillazioni nell’ andamento dei combattimenti.

Imporre a un Paese l’uso della rete Starlink è più importante che farlo aderire alla NATO, perché permette di condizionarne completamente la vita e la sopravvivenza.

Nell’ ambito delle trattative a tutto tondo fra le Grandi Potenze, nonostante che le bozze sull’intelligenza artificiale predisposte presso le Nazioni Unite e l’ OCSE siano in stallo, un discorso sull’ Intelligenza Artificiale continua a procedere, per quanto alla chetichella. Tra l’altro, in che cosa potrebbe consistere un sistema paneuropeo di sicurezza se non comprendesse il coordinamento dei sistemi di intelligenza artificiale dei potenziali combattenti? Ed è appunto tale sistema, richiesto già da Gorbachev e ribadito da Kissinger, l’ unica possibile base per la cosiddetta “pace duratura in Ucraina”, che sta rivelandosi la sola possibile chiave di volta per concludere la guerra. Se non più la “Pace Perpetua”, rivelatasi impossibile, almeno, come si dice oggi, una “Pace giusta e duratura”, per quanto possibile nell’ era dell’ Intelligenza Artificiale.

5.Il nodo più difficile: quale “tipo di uomo” per la società postmoderna?

Al di là si tutte le difficoltà, si pone quello che noi consideriamo il rischio più insidioso: che l’Intelligenza Artificiale sia legittimata dalle stesse Chiese come la “nuova religione” ricercata dal “Primo Programma Sistemico dell’Idealismo Tedesco”.

Quando il nuovo Papa ha affermato che la maggior parte dei battezzati è in realtà ateo, ha espresso una mezza verità. Abbiamo, infatti, l’impressione che la maggior parte della nostra società, lungi dall’essere priva di religione, abbia in realtà il culto della tecnica, quella che può fare miracoli, e, in definitiva, salvarci, facendo a meno degl’insegnamenti di Buddha come di Cristo, di Krsna come di Maometto.

La tanto temuta “Intelligenza Artificiale Generale” non è una nuova tecnologia che si aggiungerà alle altre: è il grado più avanzato dell’ informatica, quello che permette di affrontare tutti gli aspetti della tecnica, ma anche della cultura: un vero “Deus ex machina”, che permette di realizzare la Singularity. In questo senso, essa risulterebbe essere il nostro vero “Salvatore”, sì ch’essa  è stata equiparata, da Teilhard de Chardin, addirittura al Cristo risorto (il “Punto Omega”). Tale Salvatore tecnologico non potrebbe  liberarci dalla nostra finitezza, e, come tale, esso sarebbe comunque un falso profeta, come l’Anticristo di Soloviev.

Purtroppo, perfino Sant’Agostino confessava di non avere compreso le allusioni di San Paolo all’”Uomo dell’ Iniquità” e al “Katèchon”, cosicché non abbiamo, dalla religione, alcuna guida chiara sull’era apocalittica in cui oramai viviamo. Altrettanto sibillina l’interpretazione dello Zarathustra nietzscheano sul “Grande Meriggio” e sul Superuomo. Resta quindi un enorme spazio per la ricerca filosofica e teologica. Queste ultime, non già regole più o meno ben congegnate, siano esse “algoretiche” o giuridiche, potranno costituire il più solido baluardo contro lo strapotere delle “Macchine Spirituali”.

CANTIERI D’ EUROPA 2025

Domenica 18 maggio 2025 alle ore 16.00,

nello Stand della Provincia del Zhejiang (ZHEJIANG PAVILION Padiglione 2 – stand K134-L133):Dialogo Culturale Cina-Europa

Il grattacielo della televisione cinese, progettato
secondo le regole del Feng Shui

Nel ricordarVi la presentazione di domani, Vi forniamo anche qualche considerazione introduttiva.

ZHEJIANG PAVILION, Padiglione 2 – stand K134-L133
Dialogo Culturale Cina-Europa
Promotori:
ANGI – Associazione Nuova Generazione Italo-cinese
Associazione Diàlexis

16:00-16:05 CHEN Ming, presidente ANGI
16:05-16:20 Riccardo LALA,
Autore di “Da Qin, L’Europa sovrana in un mondo multipolare”
e del blog “Turandot”

16:20-16:35 Isabella Doniselli Eramo,
Vice presidente ICOO-Istituto di Cultura per l’Oriente e l’Occidente
Coordinatrice Comitato Scientifico

16:35-16:50 Giuseppina Merchionne,
Autrice di “Conversazione sulla Cina”,
“Il pulsare di un destino comune: Italia e Cina nella lotta contro il Covid-19”

16:50-17:05 Silvia Polidori, Poeta
Autrice di “Le Avventure di SUN”,
“Il Soffio del Vento” e “Sulla Cresta dell’Onda”
17:05-17.30 Coffee Break
Lingua: italiana/cinese interpreti: Fabio Nalin/Ming Chen
R.S.V.P. angi.torino@gmail.com / whatsapp 339.6422242

I “Novissima Sinica” furono composti da Leibniz per celebrare il riconoscimento del Cristianesimo quale religione cinese. Espongono l’idea di un accordo a tre fra Europa, Russia e Cina

1.COS’E’IL ZHEJIANG?

Lo stand del Zhejiang dove si svolgerà la manifestazione  si trova al centro del Padiglione 2, alla posizione K134-L133

Il Zhejiang è un’ importante  provincia costiera della Cina Orientale, Il Zhejiang ambisce a qualificarsi come Provincia-giardino.

Inoltre, Nell’ambito del quattordicesimo Piano Quinquennale (2021-2025), il governo provinciale prevede di concentrarsi sulla promozione dell’industrializzazione digitale, accelerando la costruzione di una zona pilota di innovazione e di sviluppo dell’economia digitale nazionale e la formazione di una serie di cluster industriali digitali competitivi a livello internazionale .

Nel 2018, Zhejiang registrava già ben 108 incubatori tecmologici, principalmente situati ad Hangzhou (47%). Questi incubatori supportano principalmente le startup attive nei settori della tecnologia dell’informazione. Altri settori di interesse includono i nuovi materiali e la nuova energia. Lo Zhejiang conta 20 parchi tecnologici lanciati in cooperazione con diversi Paesi. In particolare, il Sino Italy Ecological Park (SINEPARK) di Ningbo è nato dalla collaborazione tra i governi cinese e italiano. Il parco mira a promuovere e agevolare lo sviluppo di imprese, startup e spinoff universitari italiani in Cina in svariati campi: dalle Scienze della Vita, alla sostenibilità ambientale, dall’ingegneria aerospaziale, all’intelligenza artificiale.

Lo Zhejiang possiede inoltre un importante bacino di talenti. Le università più prestigiose includono la Zhejiang University, Zhejiang University of Technology e la Zhejiang University of Commerce and Industry. I principali organismi di finanziamento nell’ambito dell’innovazione sono lo Zhejiang Provincial S&T Department, lo Zhejiang Provincial Economy and Informatization Department, i governi municipali della provincia (es. Hangzhou Municipal S&T Bureau, Hangzhou Municipal Bureau of Economy and Informatization; Ningbo Municipal S&T Bureau, ecc.), le zone di sviluppo economico ed i parchi industriali . Lo Zhejiang è un’importante destinazione per gli investimenti esteri. Alla fine del 2018, 182 delle più grandi 500 imprese del mondo avevano realizzato investimenti nella Provincia .

La presenza economica italiana nella Provincia si concentra principalmente ad Hangzhou e Ningbo. La gran parte delle aziende italiane presenti si specializza nel settore alimentare (es. Ferrero, che ha aperto uno stabilimento produttivo ad Hangzhou). Importanti anche il settore della meccanica avanzata e il settore automobilistico, rappresentati da aziende come Haveco, Comer, SEI Laser e Sipa. Altri ambiti in cui operano le aziende italiane includono i settori tessile, pelletteria e moda (con presenza, tra gli altri, di Brachi e Carpisa).

Marco Polo visitò nel 1276 le città di Hangzhou e Suzhou – situate nel sudest della Cina alle porte dell’attuale Shanghai. Il Veneziano definì la prima “la più splendida” e la seconda  “grande e nobile”. D’altronde un antico detto cinese recita: “In cielo c’è il paradiso, in terra Hangzhou e Suzhou.

Marco Polo visitò Hangzhou nel periodo del suo massimo splendore. Fondata sulle rive del Xi Hu, il Lago Occidentale, nel 221 a.C. durante la dinastia Qin, la città prosperò dopo il suo collegamento al Grande Canale nel 610. Detto anche Canale Imperiale è la maggiore opera idrica del mondo, lunga 1794 km, che collega Yangtse e Fiume Giallo, i due principali corsi d’acqua della Cina, e – oltre ad Hangzhou – serve Tianjin, Pechino, Hebei, Shandong, Jiangsu e Zhejiang.

In epoca Tang, Hangzhou divenne un importante centro culturale: tra 772 e 846 fu governata dal poeta Bai Juyu, uno degli artisti più famosi del tempo. E nel 1127 la dinastia Song spostò ad Hangzhou la capitale dell’Impero Celeste.Con la corte arrivano esercito, mercanti, artisti, corporazioni artigiane. Si raffinò la manifattura della seta. Si sviluppò il cantiere navale. Divenne il principale polo commerciale cinese. Si costruirono templi, monumenti e palazzi. Pittura e poesia la portarono ai vertici dell’arte cinese.

Quando la visitò Marco Polo, Hangzhou contava 2 milioni di abitanti, era una delle città più grandi e ricche del globo. Oggi è una megalopoli di 12 milioni di anime, ma resta una delle destinazioni preferite dai turisti cinesi nonostante conservi poco del suo glorioso passato. Molti edifici, monumenti e opere d’arte sono stati distrutti nel 1861 durante la rivolta dei Taiping e tra 1966 e 1969 dalle guardie rosse della Rivoluzione Culturale di Mao Zedong. Hangzhou conserva però il fascino ambientale grazie al lago -.

Suzhou,fondata nel 500 a.C, è la più antica città nel bacino dello Yangze – il Fiume Azzurro, il maggiore corso d’acqua della Cina e il terzo più lungo del mondo con 6400 km. Come per Hangzhou, il suo apogeo coincise con il collegamento al Grande Canale. Marco Polo scrive che quattordici l’attraversano da est a ovest e sei da sud a nord, e che sono scavalcati da un’infinità di ponti, di averne contati seimila. Ancora oggi che è una megalopoli di 13 milioni di abitanti, Suzhou viene soprannominata la Venezia dell’Oriente.

Quando la visitò Marco Polo, era ricchissima.

E’ attualmente aperta presso il China Design Museum della China Academy of Art di Hangzhou, la mostra “Viaggio di conoscenze. ‘Il Milione’ di Marco Polo e la sua eredità fra Oriente e Occidente”, rimarrà aperta fino al 31 luglio.Il cuore dell’iniziativa  è costituito da 84 preziosi reperti dal XIII al XX secolo, tra cui dipinti a olio, sculture, ceramiche, gioielli e tessuti provenienti da 11 musei e istituzioni italiane.

In occasione del 55mo anniversario delle relazioni diplomatiche tra la Cina e l’Italia, la mostra testimonia i continui sforzi di entrambe le parti per promuovere gli scambi culturali e la collaborazione creativa.

Guicciardo Sassoli de’ Bianchi Strozzi, curatore della mostra, ha  dichiarato: «La mostra mette in evidenza gli scambi culturali tra i due Paesi e il loro impatto duraturo.”

Ritratto dell’ imperatore cinese
eseguito dal gesuita Castiglione

2.Il partenariato Italia-Cina e Europa Cina

Il nostro intervento s’inserisce nel discorso sul dialogo culturale fra Europa e Cina, partendo dal nostro libro “Da Qin, L’Europa sovrana in un mondo multipolare”, mai ancora presentato al Salone, che, pur essendo stato scritto alcuni anni fa, presenta ancora un altissimo livello di attualità alla luce dell’ evoluzione in corso del quadro geopolitico mondiale.

L’idea di base è che i rapporti fra Europa e Cina, centrali dal punto di vista economico anche se sofferti dal punto di vista politico, debbano e possano svilupparsi ulteriormente dal punto di vista culturale. Ciò presuppone una rivisitazione a largo raggio della storia culturale del continente eurasiatico, i cui estremi orientale e occidentale si sono influenzati sempre reciprocamente, anche quando la storia ufficiale non l’ha registrato se non marginalmente. Basti guardare alle affinità fra alcune parole-chiave fra il Cinese e le lingue indoeuropee, come “di” per “divino”, “ma” per “madre”, “quan” per “cane”(francese “chien”), “guo” per “territorio” (tedesco, “Gau”). Paradossalmente, in Cinese Antico, l’Impero Romano era chiamato con la stessa espressione usata per la dinastia che unificò la Cina “Da Qin”.

Basti pensare anche alla presenza di popoli indo-europei nella Cina Antica,  alle influenze ellenistiche sull’ Esercito di Terracotta, alle presenze religiose cristiane continue in Cina, alla proposizione della Cina come modello da parte di gesuiti e illuministi, e, di converso, alla presenza di elementi religiosi e filosofici europei nella formazione della Cina odierna.

Partendo da questa constatazione, rifletteremo sull’utilità d’ inserire quegli elementi nel dibattito sul futuro di un’Europa che, come vediamo quotidianamente, fa fatica, proprio per le sue carenze culturali, ad inserirsi nella nascente nuova struttura del mondo.Costruire ponti significa innanzitutto conoscere “dal di dentro” i nostri interlocutori. Il contrario di quanto suggerisce la “circolare Valditara”, che sembra mettere fuori legge ogni riferimento, nei curricula scolastici, di ogni elemento extra-europeo ed orientale.

Per tutti questi motivi, si può e si deve parlare di un Partenariato strategico fra Europa e Cina, in parallelo con quello esistente fin dal 2004 fra Italia e Cina, il quale ultimo va comunque rafforzato, andando al di là dei pure utilissimi rapporti fra le Istituzioni.

Nonostante  che l’Italia possa considerarsi da sola una grande potenza culturale, come dimostrato il suo posizionamento di vertice (accanto alla Cina) quanto a patrimonio culturale, un vero, costruttivo, confronto, va fatto fra Cina ed Europa, che si situano entrambe al livello decisivo per il futuro mondo multipolare: quello degli Stati-Civiltà.

ZHEJIANG PAVILION Padiglione 2 – stand K134-L133 Domenica 18 maggio 2025 ore 16.00

Dialogo Culturale Cina-Europa

Promotori:
ANGI – Associazione Nuova Generazione Italo-cinese
Associazione Diàlexis

16:00-16:05 CHEN Ming, presidente ANGI
16:05-16:20 Riccardo LALA,
Autore di “Da Qin, L’Europa sovrana in un mondo multipolare”
e del blog “Turandot”

16:20-16:35 Isabella Doniselli Eramo,
Vice presidente ICOO-Istituto di Cultura per l’Oriente e l’Occidente
Coordinatrice Comitato Scientifico

16:35-16:50 Giuseppina Merchionne,
Autrice di “Conversazione sulla Cina”,
“Il pulsante di un destino comune: Italia e Cina nella lotta contro il Covid-19”

16:50-17:05 Silvia Polidori, Poeta
Autrice di “Le Avventure di SUN”,
“Il Soffio del Vento” e “Sulla Cresta dell’Onda”

17:05-17.30 Coffee Break

Lingua: italiana/cinese interpreti: Fabio Nalin/Ming Chen
R.S.V.P. angi.torino@gmail.com / whatsapp 339.6422242

Nel disordine mondiale conseguente alle guerre in Ucraina e in Palestina e alla Guerra dei Dazi, il rapporto fra l’Europa e la Cina (primo partner per interscambio commerciale complessivo, davanti agli stessi USA), potrebbe svolgere un ruolo stabilizzatore volto al futuro – in particolare, ma non esclusivamente, nell’ ambito delle trattative sui dazi-.
Come sappiamo, la Cina è stata a lungo considerata, dall’Unione Europea come un “rivale sistemico”, nonostante i rilevanti rapporti economici, industriali e tecnologici che molti paesi, e in primis l’ Italia, hanno con la Repubblica Popolare Cinese, per non parlare delle nostre relazioni millenarie con quell’area culturale, che hanno influenzato pesantemente la storia europea. Ricordiamo qui soltanto le Vie della Seta, i “Cristiani di Da Qin” nell’ Impero Tang, Marco Polo, i Gesuiti, gl’Illuministi, le mode cinesizzanti in architettura e nelle arti figurative, il sincretismo dei Taiping e di Kang You Wei, l’educazione europea di Mao e degli altri fondatori del PCC, la Turandot di Puccini, la collaborazione nella redazione del Codice Civile Cinese.Non per nulla l’Italia ha invece, dal 2004, un Partenariato Strategico con la Cina, confermato e rafforzato l’anno scorso durante la visita a Pechino di Giorgia Meloni.
Il pomeriggio di lavoro organizzato per Domenica 18 maggio dall’Associazione Nuova Generazione Italo-Cinese, nel Padiglione del Zhejiangin collaborazione con l’Associazione Diàlexis, tratta del Dialogo Culturale Cina-Italia.
In particolare, Riccardo Lala, Presidente dell’ Associazione Diàlexis e autore del blog “Turandot”, presenterà brevemente i libri della “collana Gialla “ di Dialexis (collana “Evrazija-Avrasya”)-“DA QIN,L’Europa Sovrana in un mondo multipolare” e “L’Europa corre sulla Via della Seta”)-, come punto di partenza per inquadrare il dialogo culturale come parte del flusso ininterrotto di rapporti bidirezionali che hanno caratterizzato da sempre, da un lato, l’area est-asiatica, e, dall’ altra, quella europea.
L’idea centrale è che, nonostante le apparenze, questi rapporti siano oggi più vivi che mai, influenzando il futuro dei nostri Paesi, e quindi dell’ Umanità intera.

CANTIERI D’ EUROPA 2025

Quest’anno come sempre l’Associazione Diàlexis sarà presente con i suoi libri e le sue presentazioni al Salone Internazionale del Libro di Torino, in particolare, Domenica 18 maggio 2025 alle ore 16.00, nello Stand della Provincia del Zhejiang (ZHEJIANG PAVILION Padiglione 2 – stand K134-L133:Dialogo Culturale Cina-Europa
e, Lunedì 19 maggio 2025 alle ore 15,30, presso la Sala Arancio, con CNA Comunicazione (Programma Istituzioni- Grande Pubblico:LA BATTAGLIA DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE, Presentazione del volume “La regolamentazione internazionale dell’AI”

DOMENICA 18 MAGGIO 2025 ORE 16.00

ZHEJIANG PAVILION Padiglione 2 – stand K134-L133
Dialogo Culturale Cina-Europa
Promotori:
ANGI – Associazione Nuova Generazione Italo-cinese
Associazione Diàlexis

16:00-16:05 CHEN Ming, presidente ANGI
16:05-16:20 Riccardo LALA,
Autore di “Da Qin, L’Europa sovrana in un mondo multipolare”
e del blog “Turandot”

16:20-16:35 Isabella Doniselli Eramo,
Vice presidente ICOO-Istituto di Cultura per l’Oriente e l’Occidente
Coordinatrice Comitato Scientifico

16:35-16:50 Giuseppina Merchionne,
Autrice di “Conversazione sulla Cina”,
“Il pulsante di un destino comune: Italia e Cina nella lotta contro il Covid-19”

16:50-17:05 Silvia Polidori, Poeta
Autrice di “Le Avventure di SUN”,
“Il Soffio del Vento” e “Sulla Cresta dell’Onda”
17:05-17.30 Coffee Break
Lingua: italiana/cinese interpreti: Fabio Nalin/Ming Chen
R.S.V.P. angi.torino@gmail.com / whatsapp 339.6422242

LUNEDI’ 19 MAGGIO ORE 15 e 30
Lingotto Galleria Visitatori Spazio Arancio
Programma Istituzioni- Grande Pubblico
LA BATTAGLIA DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
in collaborazione con
Associazione Diàlexis, CNA, Movimento Europeo, Rinascimento Europeo, Studio Ambrosio & Commodo
Presentazione del volume “La regolamentazione internazionale dell’AI” (pubblicato dall’Associazione Diàlexis)
con
Marcello Croce, Pier Virgilio Dastoli, Ferrante De Benedictis, Fabrizio Lala, Riccardo Lala, Beatrice Magni, Paolo Migliavacca
moderano Marco Margrita e Alessio Stefanoni

“L’OCCIDENTE NON ESISTE PIU’?Salutare incertezza sull’ identità dell’ Europa (“Sovranità Europea”, “Nazionalismo Occidentale”, “Magna Europa”?)

1.L’Europa quale “Trendsetter of the Worldwide Debate”
Come ha affermato Ursula von der Leyen nella sua intervista a Die Zeit, «L’Occidente, per come lo conoscevamo, non esiste più: il mondo è diventato un globo anche a livello geopolitico».
Cose che noi abbiamo affermato per circa un cinquantennio, e non con preoccupazione, venendo per questo attaccati da tutti. Così continua la von der Leyen: serve «un’Unione europea pronta a lanciarsi in un mondo più ampio e a svolgere un ruolo molto attivo nel plasmare questo nuovo ordine mondiale che sta arrivando», e che aiuterà a superare l’attuale «disordine mondiale». Certamente, gli USA stanno manovrando, come sempre, perché l’Europa non possa acquisire questo ruolo di “Trendsetter of the Worldwide Debate”, a cui aspirerebbe la von Der Leyen, e il “ponte” che sta cercando di costruire Giorgia Meloni s’inserisce in questa strategia di Trump.
Se l’UE non potrà certo essere il vertice di questo movimento, potrebbe però essere (con USA, Cina e India) una delle potenze decisive dello stesso, com’era già nei voti, per esempio, di Leibniz (Novissima Sinica) e di Coudenhove-Kalergi (Paneuropa). Anche il “Nazionalismo Occidentale” propugnato da Giorgia Meloni potrebbe essere interpretato in un modo non incompatibile con un mondo multipolare, quale quello a cui accennava la von der Leyen, e senza riconoscere agli USA la continuazione di un ruolo di leadership.
Ma , per ambo le ipotesi, si richiede un enorme lavoro culturale, che oggi non c’è, perché i politici non sono vocati a svolgerlo. Solo a questa condizione l’attuale confusione potrebbe rivelarsi alla fine provvidenziale per la salvezza dell’ Europa e dell’ Umanità.
Intanto, come non ci stanchiamo di scrivere da decenni, partecipare alla configurazione di quel nuovo ordine mondiale è impossibile senza una propria deterrenza militare (“à tous les azimuts”, come voleva De Gaulle), culturale, tecnologica ed economica. Ed ecco che, ci dicono da Bruxelles, arriva giusto a proposito il piano di riarmo “Readiness Europe 2030”; ecco che Kaja Kallas dichiara che l’Europa diverrà il leader del “Mondo libero” (termine “rubato” all’ ideologia americana della Guerra Fredda). A dire il vero, è quello che hanno sempre pensato (inutilmente) buona parte delle élites europeiste, che per questo avevano parlato di “Stati Uniti d’Europa”, pensando forse di trasferire qui in Europa le idee occidentali, i GAFAM, i poteri forti, le organizzazioni segrete, i miliardari, le banche d’affari americane, la cui vita è oggi resa insicura in America dai conflitti fra la Realpolitik plebea di Trump e il terzomondismo e il wokismo delle grandi fondazioni e università. Praticamente, si trattava, e si tratta, soprattutto di invidia per il ruolo centrale delle élites americane.
Invece, per essere fattibile, un progetto di leadership europea dovrebbe andare al di là dell’ imitazione servile dell’America, e comportare anche una trasformazione radicale della cultura europea, e, in particolare:
-la fusione dell’Europa Occidentale con gli elementi più identitari dell’ Europa, come per esempio la naturale egemonia della Germania (che intanto si sta riarmando grazie a Rearm Europe), gli “Orienti d’Europa” (il mondo delle steppe, l’Euroislam), l’antimodernismo della cultura alta (la cosiddetta “Distruzione della ragione” criticata da Lukàcs), la pasionarnost dell’ Europa orientale (dai micro-nazionalismi baltici al neo-ottomanesimo, dalle nostalgie prussiana, nazista, DDR, jugoslava e sovietica, dalla “Wielka Polska Katolicka” alla “Romania Mare”, agl’irredentismi balcanici);

-costituire anche un “ponte” fra Europa e il resto del mondo. Questa nuova fusione non potrebbe farsi, né contro la Russia, né contro la Cina, ché, altrimenti, il “peso” dell’ Europa all’ interno dell’ Occidente risulterebbe troppo debole, e quest’ultimo risulterebbe isolato in un mondo intero che oggi è, intorno alla Cina, in “rivolta contro l’egemonia occidentale”.Al contrario, se si proseguisse nell’attuale idillio di Trump e di Meloni con Musk e con i GAFAM, il resto del mondo non potrebbe non considerare definitivamente l’Occidente come la roccaforte del transumanesimo, contro cui occorrerà procedere in modo spiccio, come ha fatto la Cina con il suo “Crackdown sui BAATX”.


2.E’ finita la retorica della “Pace Perpetua”

Intanto, come scrive, su La Stampa, Marco Revelli, “Ursula von der Leyen non dice la verità quando afferma, con una sorta di coazione a ripetere, che ‘l’Europa è ancora un progetto di pace’. Perché il retropensiero della sua Commissione è all’opposto quello di tentare di rimontare il fallimento della propria attuale irrilevanza con una velleitaria politica di riarmo, come se fallita la costruzione dell’Unione per via politica se ne debba tentare una per via militare. Via che peraltro, a conti fatti, solo la Germania sarebbe in grado di permettersi. Col bel risultato di trovarcela di nuovo armata nel cuore d’Europa, a ciclo compiuto, tra 5 anni, nel fatidico 2030 indicato da Ursula come l’anno in cui si sarà finalmente pronti alla guerra. Di chi con chi? Con la Russia di Putin, impero già ampiamente declinato? La Cina ancora così lontana? Con l’occupante di un qualche territorio irredento se gli ultranazionalisti di AfD dovessero ancora crescere? Non si sa.”
Una risposta chiara a questa domanda non c’è, né nella recente risoluzione del Parlamento Europeo, né nell’altrettanto recente Libro Bianco della Commissione. Eppure solo questa permetterebbe di comprendere quale sarà la natura, l’orientamento, la cultura e la struttura di potere del nuovo ordine mondiale multipolare.
Caduta la pretesa della Pace Perpetua, tanto la von der Leyen quanto la Meloni pensano purtroppo ancora all’ “Europa” come a un costruzione ideologica materialistica e tecnocratica, volta a realizzare il “Progetto Incompiuto della Modernità”, mentre l’America si distinguerebbe da essa solo per il temporaneo ritorno, sotto Trump, all’americanismo gretto di stile maccartista, senza particolari fondamenti culturali. Quanto a noi, non vediamo invece, oggi, nel 2025, una grande differenza fra i due progetti, ambedue figli del “millenarismo secolarizzato” e dell’eccezionalismo occidentale (in realtà, americano) ad esso connesso, che è sfociato nell’ egemonia di Musk e dei GAFAM, e che Trump non ha affatto respinto, ma invece sembra ancora subire passivamente. Sotto questo punto di vista, l’America resta il pericolo maggiore.
Vale la pena di fare intanto alcune precisazioni e commenti sull’improvvisa attualità del riarmo dell’Europa, prendendo in considerazione soprattutto tre aspetti: (i) la risoluzione del Parlamento Europeo, (ii)il Libro Bianco della Commissione e (iii) le trattative fra Trump e Meloni – tre diverse facce dello stesso finto orgoglio europeo, e sostanziale arrendevolezza dell’ Europa-.


3.La risoluzione del Parlamento Europeo.
Come scrive su La Stampa del 15/4 Salvatore Settis, commentando la risoluzione stessa (”La pace non si fa solo preparando la guerra”).” il Parlamento Europeo considera come la più grave minaccia per l’ Europa l’invasione, da parte della Russia, dell’ Ucraina, che non fa parte della Ue, ma ignora invece totalmente il proposito enunziato ripetutamente da Trump di invadere la Groenlandia”.
La risoluzione è “ di circa 35.000 parole, quasi come l’Iliade. Tanta prolissità par fatta per scoraggiare la lettura integrale del documento”.L’autore mette in evidenza anche e soprattutto l’autoreferenzialità del Parlamento:“E i cittadini dei Paesi europei? Le loro eventuali opinioni non sono mai citate dalla Risoluzione; dev’essere anzi l’Ue a mettere in riga i cittadini, in modo che sviluppino “una comprensione condivisa e un allineamento delle percezioni” a quelle degli organi di governo dell’Unione.”Non mancano certo elementi evidenti di questo zelo pedagogico, dall’ orientamento ideologico dato ai fondi europei per la ricerca e lo spettacolo, all’ uso ossessivo di un gergo ultra-progressista (da “i Diritti” a “non lasciare indietro nessuno” ,a “inclusione”, a “maschilismo”, a“narcisismo”,a “democrazie contro autocrazie”)- un gergo divenuto praticamente obbligatorio per tutti-,fino all’inaudito ultimatum di Kaja Kallas agli Stati Membri, e perfino agli Stati candidati, perché non partecipino alla commemorazione di Mosca del 9 Maggio degli 80 anni dalla sconfitta del nazismo.
Settis conclude, infine, che tutto questo frenetico bellicismo a senso unico del Parlamento è in stridente contrasto con la posizione della massima autorità morale dell’Italia e dell’ Europa: il vescovo di Roma:“Ma c’è ai massimi livelli, in Europa, una voce che non si stanca di predicare la pace, la diplomazia, il negoziato. E’ quella di papa Francesco. E non per le ragioni a cui alludeva una famosa battuta di Stalin a Yalta (“quante divisioni ha il Papa?”)..” A dire la verità, con il passare degli anni, c’è da incominciare a dubitare anche della serietà ed efficacia degl’interventi vaticani, da un lato perché, come notato da Riccardo Campo, non sono estranei a una certa retorica trans-umanistica, e, dall’ altro, perché spesso sono ripetitivi ma senza effetto (a nostro avviso proprio perché si adeguano pedissequamente all’ interpretazione immanentistica del concetto di Salvezza, che è ciò che contraddistingue il “pensiero unico”, facendone invece un ennesimo ”mito incapacitante”).
In effetti, i continui richiami, nel corso della Storia, alla Pace Perpetua, dall’imperatore romano e cristiano Filippo l’Arabo al persiano Cosroe, dalla Dieta di Worms all’ Abate di Saint-Pierre, da Kant a Woodrow Wilson, hanno semplicemente rivelato la sua inanità, perché, come insegnano le Apocalissi di tutte le religioni, la Pace Perpetua sarà possibile solo dopo la Fine del Mondo (come dimostrano le Guerre Eterne in Palestina e in Ucraina: dai Popoli del Mare all’Esodo, dalle Guerre Giudaiche alle Crociate, dal Sionismo ad Hamas; dagli Yamnaya ad Attila, dai Goti ai Polovesiani, dai Mongoli ai Cosacchi, dagli Svedesi alla Guerra di Crimea, dalla Guerra Civile russa all’ Operazione Barbarossa, dal Donbass all’ Operazione Militare Speciale).
Tuttavia, ripudiare l’ipocrita retorica della Pace Perpetua non implica in alcun modo il voler partecipare alla Terza Guerra Mondiale in via di preparazione; anzi, è un prerequisito necessario per individuare le vere ragioni di essa e le vere strategie per prevenire questa guerra.Secondo il sondaggio di Porta a Porta, il 44% degli Italiani non vuole aumentare la spesa militare.


4.La Russia (e la Cina) non sono nostre nemiche
La soluzione più semplice per mitigare i conflitti in corso è mettere in chiaro, con un discorso culturale, che tutta l’Eurasia costituisce un continuum etnico e culturale, dove non vi sono confini e fratture precisi, né rivalità insanabili.
Dopo il crollo del Muro di Berlino, hanno preso il potere in tutta l’Eurasia gli avversari culturali storici dell’Unione Sovietica (come i neo-zaristi e i maoisti, ma anche il Janata Party e l’Islam politico), riprendendo temi cari al conservatorismo mondiale, dall’idea di un “Mondo Russo” (un mondo culturale comprensivo di Russia, Bielorussia, Ucraina e relative diaspore e minoranze), espressa da Solzhenicin come motivazione della Perestrojka, alla continuità culturale fra la Repubblica Cinese e il Celeste Impero, fino alla parola d’ordine indiana dell’ “Hindutva”. Perciò, con la fine, anche in Occidente, dei Partiti Comunisti, e quando anche le maggioranze elettorali in tutti i paesi occidentali sembrerebbero orientarsi verso il conservatorismo, non si sarebbe mai dovuto arrivare a riproporre, ed, anzi, a inasprire, il conflitto della Guerra Fredda fra l’Europa e l’Eurasia, a suo tempo motivato da un dissidio ideologico. In questo mondo prevalentemente conservatore, l’ostilità preconcetta contro Russia e Cina, che rappresentano quasi emblematicamente le culture conservatrici per eccellenza(per esempio, la “simfonia” fra trono e altare, l’ epistocrazia) possono dunque sembrare un’assurdità e un anacronismo, se non fosse che gli Stati Uniti, che controllano oggi l’Europa, continuano ad essere ancestralmente ostili, nonostante Trump e Vance, a Russia e Cina, in quanto queste rappresentano sviluppi potenzialmente opposti della mitologia messianica occidentale (Hamilton e Caterina di Russia, cugini-nemici sull’ interpretazione di Montesquieu), e che molti dei leaders delle sedicenti “destre” , a partire da Trump, Musk e Salvini, in realtà provengono dalla sinistra, conservandone i pregiudizi, per esempio quelli contro i popoli russo e cinese, considerati popoli di straccioni. Pensiamo per esempio alla gaffe di Vance che ha definito “contadini” i Cinesi.
Invece il rapporto fra America ed Europa è conflittuale, perché l’America rappresenta per l’Europa “The Dissidence of Dissent”(Huntington), erede della Congregazione di Scrooby, un’infima minoranza eretica europea che, in alcuni secoli, è riuscita ad imporre il suo potere all’ America, agli Europei e, poi, a tutto il mondo. Per quanto Trump e Vance sembrino volersi staccare da quello stereotipo, ne conservano anch’essi ancora molte caratteristiche. L’attuale America, che sembrerebbe la quintessenza del conservatorismo, è in realtà il luogo dove quest’ultimo stenta ancora ad affermarsi, perché le sue radici culturali sono rivoluzionarie.
In definitiva, vale anche qui l’idea di un sostanziale superamento della distinzione fra “destra” e “sinistra”, sostituita da altre conflittualità.
Gret Haller, in “I due Occidenti”, descrive nel dettaglio le differenze fra le identità europea e americana (il “pensiero religioso di tipo settario”, l’”American way of life”,l’”interesse dell’ America”, la superiorità dell’ America e del suo diritto al diritto internazionale), rilevando con disappunto che la maggior parte degli osservatori non riesce ad effettuare questo confronto perché parte da “un’adesione fideistica pro o contro gli Stati Uniti”. In pratica, ”l’intera Europa centrorientale si trova davanti alla questione so adottare o no, almeno tendenzialmente, il modello europeo o quello americano.” Secondo Geller, “chi in Europa affronta l’argomento delle differenze transatlantiche nella storia delle idee viene ampiamente ‘Americanizzato’. Cioè postato dal ‘mondo della ragione’ al ‘mondo della fede’, dove domina una morale che non è oggetto di trattative”.


5.Una nuova comprensione culturale fra le grandi aree del mondo.
Certo, come effetto della “Dialettica dell’ Illuminismo”, oggi i leaders di tutti i principali Paesi del mondo sono approdati a idee politiche molto simili fra di loro, ma, purtroppo, manca una dottrina conservatrice per il XXI secolo, tanto a livello mondiale (cioè una sintesi delle tradizioni dei grandi imperi di tutti i continenti), quanto a livello europeo (vale a dire una riflessione approfondita sugli errori di progettazione del “mainstream” europeo e sulle sue possibili alternative).
Va innanzitutto eliminata quella censura, di cui scrive Haller, che ci vieta di studiare in modo obiettivo puritanesimo, razzismo, destabilizzazione dell’Europa e del mondo da parte dei “democratici radicali”, Guerra Civile Europea, contingentamento dell’ Europa (Trockij), opportunismo delle classi dirigenti….Vediamo di riassumere qui di seguito quei temi.
Nel Settecento, quando le Tredici Colonie avevano motivato (nella Dichiarazione di Indipendenza) la rivolta contro il Re (questo l’originario significato di “conspiracy”) come una reazione alla difesa, da parte dell’ Inghilterra, degli Afroamericani, dei nativi e dei québecqois, ed avevano subito costituito a Parigi il “Comitato di Corrispondenza” per fomentare la Rivoluzione Francese; invece, nel frattempo, i Gesuiti stavano propagandando presso i sovrani europei l’imitazione del sistema politico e culturale cinese; Leibniz proponeva un asse fra Europa, Russia e Cina; Voltaire invocava, come progetto per l’unificazione dell’ Europa, il modello cinese; le capitali europee si arricchivano di monumenti in stile cinese; Joseph De Maistre scriveva in Russia il suo capolavoro “Les Soirés de Saint- Petersbourg”, e suo fratello Xavier, ufficiale zarista, “Le Prisonnier du Caucase”, ambientato nella prima guerra cecena; più tardi, Massignon e Guénon scopriranno l’Islam, ed Eliade e Evola l’India. L’intelligentija europea degli ultimi 2 secoli è cresciuta leggendo Pushkin, Gogol, Chechov, Dostojevskij, Tol’stoj, Nabokov e Kojève.
Intanto, l’America aveva incominciato, nell’Ottocento, a cercare di disintegrare la Russia, con l’acquisto dell’ Alaska, poi favorendo il ritorno in Russia di Trockij e, infine, sostenendo il separatismo siberiano. Come emerse dopo la IIa Guerra Mondiale, gli USA avevano finanziato tanto il Nazismo quanto lo Stalinismo, per provocare la Guerra Civile Europea. Gli accordi di Yalta furono la soluzione ideale per mantenere l’Europa divisa, e, quindi, debole.
Nell’ analizzare la “minaccia” russa non si tiene conto oggi di quella storica aggressività dell’Occidente verso la Russia, vera causa della militarizzazione dell’anima russa: i Cavalieri Teutonici; l’occupazione polacca di Mosca; le invasioni napoleonica e hitleriana; la Guerra di Crimea; le occupazioni straniere dopo la Ia Guerra Mondiale; l’operazione GUAAM (Georgia, Ucraina, Armenia, Azerbaidjan, Moldova), per integrare i Paesi in questione nella NATO; l’appoggio plateale di America (Victoria Nuland) ed Europa (Merkel, Sikorski, Cohn-Bendit) all’insurrezione dell’ Euromaidan…Eppure, come cantava Blok ne “gli Sciti”, la Russia anela da sempre ad essere accolta fra gli Europei.
Contro quella storica aggressività occidentale, Gorbaciov e Mitterrand si erano adoperati nel 1989, per la creazione di una confederazione “pan-europea” fra Unione Europea e Unione Eurasiatica, denominata “Confederazione Europea”, quale auspicata realizzazione concreta della “Europa dai due polmoni” di Viacheslav Ivanov e di Giovanni Paolo II, e della Casa Comune Europea di Gorbaciov, ma quel piano fu sventato dall’intromissione di Clinton. Nel 1991, la Russia aveva chiesto addirittura di aderire alla NATO, ma non aveva ricevuto alcuna risposta. Evidentemente, gli USA non apprezzano che nella NATO vi siano “due galli in un pollaio”, e vogliono assolutamente che permangano motivi di conflitto con la Russia (l’”invenzione del nemico”, cfr. Elena Basile).Sembrava che la vicinanza fra Trump e Putin avesse portato a un’inversione di rotta, ma si trattava di un equivoco: Trump propone una tregua con l’Ucraina, mentre Putin aveva chiesto invece tre anni fa per iscritto un accordo formale con USA, UE e NATO, sul posizionamento dei missili nucleari e sulla neutralizzazione dei Paesi dell’ Europa Orientale.


6.Il Libro Bianco della Commissione
Che, dopo l’atteggiamento ostile verso l’ Europa conclamato da questa Amministrazione americana, l’Europa non possa ragionevolmente restare senza una sua vera politica estera e di difesa, diversa da quella USA, costituisce oramai per tutti una verità indiscussa. Le divergenze sull’ Ucraina sono soprattutto un pretesto per affermare una distinta soggettività politica dell’ Europa.
Quella descritta nel Libro Bianco non è una VERA politica estera e di difesa, bensì un ennesimo camuffamento del vassallaggio all’ America. Innanzitutto, perchè non contiene alcun accenno alle reali minacce contro cui è necessario armarsi, le quali possono e debbono ricondursi tutte, in ultima analisi, al progetto della Singularity, di cui sono paladini i GAFAM, che, a loro volta, sono i massimi sostenitori di Trump. Nella Singularity (quel momento mitico, che, nella religione trans-umanistica, corrisponde alla Fine del Mondo delle Religioni di Salvezza, di cui essa è la secolarizzazione), saranno superate, così come nello Spirito Assoluto hegeliano, tutte le contraddizioni, quella fra spirito e materia, uomo e cosmo, unità e pluralità… In pratica, l’intero universo si contrarrà in un solo punto (la “Singularity”, il “Punto Omega”), come nelle teologie neoplatonica e cabbalistica. E’ questo il fantomatico “Sogno” che accomunerebbe, secondo molti, il Cristianesimo primitivo, l’America, il Marxismo “non inquinato” e il progetto di Ventotene, un “Sogno” che si è infranto dopo la caduta del Muro di Berlino, invece con l’affermarsi del neo-liberismo, con le guerre del Golfo, dell’ex Jugoslavia, dell’ Afghanistam e dell’ex Unione Sovietica e l’affermarsi delle “Democrazie Illiberali”. Per noi, nessuna novità perché esso ha sempre rappresentato l’incubo del nostro tempo, la Fine dell’ Umano nello Spirito Oggettivo. Certo, solo Teilhard de Chardin, Neumann e Ray Kurzweil hanno esplicitato francamente quegli obiettivi nichilistici. Tuttavia, il concetto aleggia in tutta la letteratura postumanistica e trans-umanistica, ed è penetrato in molti, insospettabili, ambienti, come alcune omelie papali, la filosofia di Habermas e il libro di Schmidt e Cohen “The New Digital Age”. Anche l’idea di una “Pace Perpetua” (vedi sopra) costituiva una propaganda occulta a favore della Singularity e una preparazione al lavoro avviato in tal senso dai GAFAM (secondo il modello della “Rana Bollita” di Chomsky).
Un libro bianco che si proponga di “rendere pronta l’Europa” per il 2030 (cioè fra 5 anni) contro le incombenti minacce, e che si preoccupa tanto dell’Ucraina (che più che una minaccia, è un fatto compiuto, che non può essere eliminato ora), ma non cita neppure la Singularity e la Groenlandia, che possono ancora essere prevenute, non ha alcuna credibilità. La Groenlandia è la prima vera “minaccia” militare all’ Europa, certificata dallo stesso Trump. Essa costituisce il primo obiettivo pericolo per l’Europa, non soltanto perché costituisce un’aggressione del principale Paese NATO a un altro Stato membro (ennesima conferma del rapporto di vassallaggio e dell’ inconsistenza dell’ Art.5 del Trattato), ma perché inaugura la prospettiva di una serie di annessioni americane in Europa (visto anche che le vicine Islanda e Norvegia non sono nell’ Unione Europea), da “vendere” come una reazione ai temuti (ma forse accettati) spostamenti di pedine a Est (Georgia, Romania, Moldova, Paesi Baltici).
Ma, nel Libro Bianco, non mancano solo Singularity e Groenlandia; mancano soprattutto elementi essenziali per qualunque esercito: identificazione delle minacce; cultura militare; Stato Maggiore; Accademia Militare; programmazione operativa; intelligence; spazio; nucleare; dottrina militare; “covert operations”. In definitiva, il Libro Bianco mira a fare, dell’ Europa, come desiderato dagli USA, “una Grande Ucraina”: un Paese con 500 milioni di cittadini da trasformare in carne da cannone, con la regia occulta degli USA, unici detentori di ciò che serve per dirigere una guerra (come si vede chiaramente in Ucraina), e quindi unici grandi belligeranti.
Al contrario, sempre secondo il sondaggio di Porta a Porta, il 65% degl’Italiani (di cui il 70% del PDI, 68% per FDI e Lega, 64% per Forza Italia, e perfino 94% per Azione), l’Europa deve diventare indipendente tecnologicamente dagli USA. Ebbene, nulla nel documento della Commissione, ma neanche nei nostri dibattiti parlamentari, fa pensare a un’”Indipendenza Tecnologica” dagli USA.Come potrebbe l’opinione pubblica fidarsi di questa classe politica?
Veniamo ora ad alcuni punti critici del documento:
-necessità di una più solida base industriale, che non dovrebbe concepirsi soprattutto come base produttiva di hardware, ma anche e soprattutto un forte ecosistema digitale “duale”;
-mancanza di giustificazione per le politiche anti-russe e anti-cinesi (soprattutto queste ultime, dato che la Cina si trova agli antipodi dell’Europa, e non potrebbe portarvi la guerra, se non altro per motivi logistici);
-mancanza di una strategia credibile per superare rapidamente l’inaudito gap con l’America e con la Cina nel campo delle nuove tecnologie;
-mancanza totale di una strategia missilistica adeguata all’era ipersonica;
-mancanza di una valutazione adeguata dell’ importanza della Groenlandia (e dell’ Islanda, le Faeroer e la Norvegia) come base per una geopolitica artica dell’Europa.

7.La “Magna Europa”
Le proposte portate avanti da Meloni nel suo viaggio a Washington e nelle successive discussioni a Roma con JD Vance consistono essenzialmente nell’accettare a scatola chiusa quello che è stato da un decennio il sogno di tutte le Amministrazioni americane: un’area di libero scambio fra UE e America (TTP), che eliminerebbe qualunque tipo di autonoma identità dell’ Europa, appiattendoci ancor più sull’ “American Way of Life” (il “Nazionalismo Occidentale”), ed impedendoci qualunque interscambio (commerciale, ma anche culturale e politico) con la “Maggioranza del Mondo”, in modo che anche noi veniamo trascinati in basso dalla prevista decadenza degli USA nei confronti della Maggioranza del Mondo
Di fatto, stiamo già vivendo da molto tempo in un regime di “nazionalismo occidentale”: l’idea che il mondo sia composto da una moltitudine di piccole nazioni monoculturali e borghesi nasce dall’ imitazione della Rivoluzione Americana, si rafforza attraverso movimenti rivoluzionari ottocenteschi che, come la Giovine Europa, avevano legami con gli USA, diviene dominante con la Ia Guerra Mondiale e la Società delle Nazioni (i “14 Punti”), e raggiunge il suo apogeo con la costruzione delle Nazioni Unite e della NATO, dove si evidenza sempre più il rapporto di vassallaggio fra gli Stati Uniti e i suoi “alleati” anticipato da Mazzini nella sua lettera ad Abramo Lincoln. Il principio è che le Nazioni hanno la missione comune (quella di Herder) di realizzare il Progetto della Modernità (razionalismo, industrializzazione, egualitarismo, omologazione, moralismo) , sotto la guida degli Stati Uniti, avanguardia (anche per Carlo Marx), del Progresso. I piccoli nazionalismi non sono quindi antagonistici, bensì complementari e sinergici, all’ Eccezionalismo Americano, che guida il processo di modernizzazione (Rostow), aiutato dalle Nazioni Storiche, che devono guidare i “popoli senza storia” e i popoli coloniali. Per questo si parla di un patriottismo buono (quello che “lavora”, come si dice oggi, ai progetti dell’America) e di un nazionalismo cattivo (quello che vi si oppone). Non casualmente, oggi, alla guida effettiva del “Paese-Guida” America c’è un guru informatico che si propone di realizzare proprio gli obiettivi estremi della religione secolarizzata dell’ Occidente: la conquista del Cielo con la missilistica e l’unificazione dell’ Umanità in una “Supersoul” (Emerson), tramite Spacelink e, rispettivamente, Neuralink.
In quella sua ideologia, Giorgia Meloni evidenzia proprio lo spirito occulto dell’ ideologia nazionalistica, quale espresso nella lettera di Mazzini. Di converso, il federalismo europeo può essere alternativo al “Nazionalismo Occidentale” se prende atto del fatto che l’idea moderna di nazione, sia essa borghese o socialista, non porta affatto alla coesistenza pacifica e pluralistica promessa da Mazzini, Hugo e Masaryk, bensì all’imposizione dell’egemonia di un blocco mondiale unitario che persegue il superamento dell’ Umano tramite la tecnica. Nel fare ciò, la “Democrazia Illiberale” è solo un modesto, limitato, passaggio, perché il vero obiettivo del “Nazionalismo Occidentale” è il controllo centralizzato dell’Umanità attraverso la Megamacchina informatica e culturale comandata da uno o più Guru, o, meglio, dall’ Intelligenza Artificiale che li sostituirà. Come brillantemente esemplificato dai plateali rapporti fra Musk, Trump, Zelenskij e la Meloni.
Purtroppo, anche la visione dominante nel “mainstream” europeo, nata dalla Dichiarazione di Copenaghen del 1973 sull’ Identità Europea, s’ inserisce in quel progetto transumanistico. Quella Dichiarazione partiva dal presupposto (non errato nel 1973), che la differenza essenziale fra Europa e America era che la prima si ispirava a modelli socialdemocratici o cristiano-sociali, e, la seconda, al liberismo, o, meglio ancora, al keynesismo militare (reminescenza di un concetto presente nei Grundrisse di Marx; cfr. Luciana Castellina, 50 anni di Europa). Oggi, però, la distinzione non è più quella di allora, perché incombe su tutto la Singularity. Il problema centrale è divenuto quello dell’ “Egemonia Culturale” all’ interno dell’ “Occidente”: vale a dire se, al centro dell’ “Occidente”, debba esserci (a dispetto delle sparate conservatrici di Trump e di Vance), l’oligarchia dei GAFAM,e quindi il transumanesimo di Musk e il sistema poliziesco ad essi collegato delle 16 agenzie di intelligence, oppure il pluralismo europeo di culture, religioni e popoli di antichissime tradizioni(l’”Ancienne Constitution Européenne” di Tocqueville). La cosiddetta “Magna Europa” propugnata da alcuni autori (Dawson, Bull) e fondata sulla continuità di cultura classica e radici giudaico-cristiane, non sarebbe da sola sufficiente a controbilanciare (anche solo retoricamente) l’arroganza dei GAFAM che ancora si va manifestando nelle richieste di Trump di detassare le High Tech e di assegnare a Starlink il monopolio sui satelliti militari. Per bilanciare l’egemonia americana sulla “Magna Europa” ci vogliono la cultura russa, e, in particolare, le idee di Soloviov e Dostojevskij.
Nell’ambito della “Multi-Level Governance”, che comunque già oggi esiste sul piano mondiale, solo una “federazione di federazioni” paneuropea, comprensiva di Europa Occidentale, Unione Eurasiatica, Turchia, USA e Israele, e, quindi, con almeno un miliardo di abitanti, potrebbe rappresentare degnamente la tradizione culturale “occidentale” nei confronti della “Maggioranza del Mondo” (India, Cina, Asia-Pacifico, Islam politico, Unione Africana, America Latina..), cioè di altri 7 miliardi di persone, accomunate da antiche tradizioni e, per questo, ancora più resistenti di noi all’egemonia dei GAFAM veicolata dagli USA.
Solo in quella prospettiva avrebbe senso lo sforzo, dispiegato in questi giorni dal Governo italiano, per fare di Roma il luogo d’incontro per i grandi dialoghi sul futuro del mondo, seguendo, in ciò, la tradizione inaugurata dai “Comitati per l’ Universalità di Roma” di Coselschi, nonché dai Trattati di Roma per la fondazione delle Comunità Europea e per il Tribunale Penale Internazionale.
Raccomanderemmo soprattutto di proporre a Roma una conferenza sulla regolamentazione internazionale dell’ Intelligenza Artificiale.

“KISSING TRUMP’S ASS”Un vizio di tutti gli establishments europei (i”Parassiti”).

Quando, dopo la caduta del Muro di Berlino, si era incominciato a parlare di un’“Accelerazione della Storia”, non si era compresa tutta la vastità della trasformazione avviata alla fine del Secolo XX, con le Guerre Umanitarie, il Worldwide Web, il progetto della Singularity, lo sfaldarsi delle ideologie, la contendibilità dell’ Europa, le Macchine Intelligenti, il primato economico della Cina, la “Guerra senza Limiti”, Echelon e Prism, l’Intelligenza Artificiale, le Democrazie Illiberali, i BRICS, il Russkij Konzervatizm, l’ascesa del sovranismo, le transizioni ambientale e digitale, i GAFAM e i BAATX, le guerre nello spazio post-sovietico..
Trump è stato un ulteriore formidabile acceleratore della trasformazione in corso : abolizione del limite al terzo mandato, come in Russia e in Cina; fusione fra potere presidenziale e oligarchie informatiche (Musk, Thiel, i GAFAM); espansione territoriale verso tutte le aree strategiche (Canada, Groenlandia, Panama, Gaza); superamento della “ragnatela di organizzazioni internazionali” create nel dopoguerra e funzionali all’ egemonia USA (Ikenberry); limitazione dei poteri della magistratura e dell’ autonomia della stampa, secondo il modello delle “Democrazie Illiberali”; presa di distanza da Ucraina e Unione Europea..
Soprattutto in Europa, moltissimi (ancora impegolati come sono in vecchie narrazioni e soprattutto nella comodità della simbiosi con gli USA) fanno fatica a riconoscere tutte le implicazioni di queste nuove realtà, e tentano fino all’ ultimo di negarle e scongiurarle, come quelli che sostengono che non occorrerebbe reagire ai dazi imposti all’ Europa, per non “scavare un fossato fra noi e gli USA”, perchè questi ultimi “erano e restano il nostro principale alleato”, e quelli che vogliono costruire un “patriottismo occidentale” vassallo dell’ America. Ma perché mai gli USA dovrebbero restare il nostro principale alleato, se tutti i loro interessi (culturali, economici, tecnologici e politici) sono opposti ai nostri, come Trump ha dichiarato e dimostrato ad abundantiam?
Trump fa di tutto per alienarsi le simpatie degli altri Paesi (soprattutto europei), con il palese disprezzo che egli e i suoi ministri trasudano da tutti i pori, come, in particolare, con l’ultima esternazione, secondo cui decine e decine di capi di Governo starebbero “kissing his ass” per ottenere sconti sui dazi: “please please sir let me make a deal, I’ll do anything, I’ll do anything,sir.” Cosa che certamente sta facendo innanzitutto la nostra Primo Ministro, svuotando così la sua pretesa di “sovranismo”(e quella dei suoi alleati). Un’Italia sempre più mendicante. Un minimo di decenza: dopo “Giuseppi” e il bacio di Biden, ci mancava ancora essere i primi ad andare a Washington dopo l’ingiuria di Trump…
Ma è l’idea stessa che occorra comunque negoziare (condivisa da tutti i leader europei) a rafforzare la narrativa di Trump (quella del “kissing the ass”), mentre accettare l’escalation fino alle estreme conseguenze, come sta facendo la Cina (riscuotendo il rispetto perfino di Trump), finirà per ridicolizzare l’America. Infatti, i Cinesi hanno riempito i loro magazzini in America di merci senza dazi, da vendere in USA nei prossimi mesi, mentre le imprese americane sono in difficoltà per i dazi e per le difficoltà di approvvigionamento dall’ estero.
Non reagire alle nuove realtà è sempre sbagliato, perché esse presentano, comunque, non solo pericoli, ma soprattutto opportunità che occorre sfruttare. Nel caso “Europa vs. Stati Uniti”, il problema non è se introdurre dazi “reciproci” come dice Trump, come ha fatto la Cina e stava per fare l’Unione Europea, bensì quello di approfittare “asimmetricamente” (come con una mossa di Karate) della nuova situazione per fare ciò che prima non avevamo neppure osato pensare, ma che pure avremmo dovuto fare da gran tempo: costruire finalmente una nostra cultura, una nostra industria di alta tecnologia e un nostro esercito, capaci di fronteggiare qualunque avversario nel mondo volesse attaccarci (vedi per esempio il caso Groenlandia). Senza accettare la narrazione vittimaria di Trump, che stravolge completamente la realtà, cioè quella di un potere imperiale americano che ha saccheggiato, e ancora saccheggia, il mondo intero, ma ora si atteggia vittima perchè non riesce più a farlo bene come un tempo (di qui la sua nostalgia per l’”Età dell’Oro”).

  1. ReArm Europe potrebbe diventare un’arma negoziale contro Trump?
    La diatriba fra coloro che vogliono “reagire” ai dazi e coloro che vogliono “trattare” è quindi mal fondata. Innanzitutto, perché in ambo i casi si resta nell’ orizzonte concettuale di Trump, che considera i dazi come un dato di fatto, su cui costruire un compromesso comunque a suo favore. Ma i dazi americani sono un problema per chi vuole esportare in USA prodotti materiali in America, non per chi è disposto ad esportare invece in Cina, o anche in America, ma soprattutto servizi (digitali e no). Perciò, se l’Europa vuole avere un’arma contrattuale, gli eventuali dazi “reciproci”, come se li immagina Trump, e su cui stanno discutendo gli Italiani e gli Europei, non sono la soluzione più efficace.Per timore reverenziale verso USA, l’Europa si è trattenuta da 80 anni da fare tante altre cose: cultura, informatica, politica internazionale, alta tecnologia, satelliti, bombe atomiche, ritirare le riserve auree. Basterebbe fare alcune di queste cose, oppure anche solo attuare seriamente le esistenti normative UE in materia informatica (come le sentenze Schrems), per provocare agli USA (e soprattutto agli oligarchi che circondano Trump), danni ben più gravi di quelli che gli USA ci stanno provocando con le loro sanzioni.
    Gli 800 miliardi di ReArm Europe, se ben utilizzati, ci permetterebbero infatti di rifondare letteralmente Stato ed economia in Europa. Quei soldi (tanti o pochi che siano)non vanno quindi sprecati continuando a finanziare le basi americane e i GAFAM, o comprando degli F-35 con la “Kill-Pill” incorporata, bensì creando un’Accademia Superiore di Cultura Europea, un’ Accademia Digitale Europea e un’Accademia Militare Europea, un’Agenzia Europea per le Tecnologie (confronta il nostro “European Technology Agency”), una Società Europea per le Alte Tecnologie, delle grandi piattaforme europee, un’Arma Europea Missilistica e Nucleare, un Alto Comando Europeo, un Servizio Segreto Europeo, un Esercito Europeo e, infine, una vera Bomba Atomica Europea (che, oggi, dovrebbe essere trasportata da un missile ipersonico a traiettoria casuale, come l’Oreshnik russo).Questo sarebbe l’unico vero contributo possibile alla Difesa Comune Europea, perché è l’assenza di tutto ciò che non ci rende credibili, non già il livello troppo basso della spesa, che, è, in realtà, il doppio della spesa della Russia.Non credibili non solo e non soltanto per un’(auspicabilmente improbabile) guerra nucleare, ma anche e soprattutto per le continue trattative sui dazi, sull’ Intelligenza Artificial, sui dati, sulle guerre in corso, dove lo “status” nucleare conta, eccome…
    Invece, l’”arriere pensee” di Trump è che il 5% del PIL europeo dovrebbe essere speso per pagare agli USA cose che non ci servono: missili, bombe, cacciabombardieri, servizi digitali e finanziari, gas GLM..).
    Si noti anche che applicare le esistenti normative europee sull’ High Tech (GDPR, Sentenze Schrems, interruzione dei contratti delle Istituzioni con i GAFAM, Antitrust, fisco, Digital Service Act, Artificial Intelligence Act, Anti-Coercion Act), citate talvolta nell’ ambito della “guerra dei dazi”, sarebbe certo lodevole e necessario, ma non costituirebbe neppure “una rappresaglia” (come pensano i più), bensì semplicemente un atto da gran tempo dovuto; anche l’introduzione di nuove norme sull’immagazzinamento dei dati e sullo “spezzatino” dei GAFAM sarebbe una decisione politica da gran tempo necessaria, indipendentemente dai dazi di Trump.
    Anche la distinzione fra “iniziative europee” e “iniziative degli Stati Membri” è ingannatrice. Esistono anche le iniziative intergovernative (per esempio la politica dello sviluppo), sotto forma di consorzi o di società di capitali con partecipanti pubblici e privati, centrali e locali (ESA, Ariane, BEI) .La European Technology Agency potrebbe benissimo essere costruita appunto come l’ ESA (European Space Agency). Le due agenzie potrebbero perfino fondersi.
    Infine, “l’arma atomica” contro gli USA sarebbe costituita dall’ adesione dell’UE alle Nuove Vie della Seta. Essa infatti non si riferisce all’ import-export, bensì a una collaborazione più complessa, nei trasporti, nella cultura e nella tecnologia. Stupisce che nessuno l’abbia ancora riproposta.
  2. .Perché parlare solo del disavanzo commerciale?
    Ricordiamoci anche che, se vi è un “disavanzo commerciale” fra USA ed UE, non vi è invece un “disavanzo nella bilancia dei pagamenti”, perché il disavanzo commerciale è compensato dalle esportazioni, dagli USA, di beni immateriali (ben più strategici), e dal signoraggio del dollaro. In pratica, il mondo produce beni materiali e li invia (in parte) in USA, e, da parte loro, gli USA producono ideologia, potere e biglietti di carta (i dollari), e li inviano nel resto del mondo come pagamenti (ma soprattutto come leve del loro potere potere). Questa dinamica è particolarmente evidente con l’Europa, che non è una sfruttatrice parassitica, bensì un ostaggio degli USA.
    Le lamentele USA sono del tutto immotivate; sono solo un pretesto per cercare di far pagare agli altri Paesi il debito pubblico americano, che è generato semplicemente dal “signoraggio del dollaro”, il privilegio degli USA di stampare moneta senza limiti, perché secondo gli iniqui accordi esistenti: (i)i Paesi occidentali sono obbligati a fare le loro transazioni in dollari; (ii)gran parte delle loro riserve auree sono depositate negli USA, (iii) molte testate nucleari sono stoccate in Europa, con evidenti scopi di ricatto. In questa situazione, chi dovrebbe lamentarsi e ribellarsi sono gli alleati, non gli USA. Siamo di fronte al discorso del lupo nella favola del Lupo e dell’Agnello.
    Inoltre, come dimostra il ricorso della Cina all’OMC, prima di passare alle vie di fatto o di trattare, c’è un’ancora un’altra soluzione, che consiste nel pretendere il rispetto dei molti trattati ancora in vigore, che ancora vincolano gli Stati Uniti e che Trump viola programmaticamente. Allora aveva ragione chi sosteneva che i trattati sono pezzi di carta?Mettere gli USA sul banco degl’imputati serve comunque per chiarire a tutti che gli USA stanno distruggendo il meccanismo da loro stessi creato per schiavizzare il mondo,e sul quale sono purtroppo ancora basate le nostre false ideologie!
    Fortunatamente, i dazi stanno praticamente isolando gli USA dal mercato mondiale, perché rendono molto difficile a tutti i Paesi il commerciare con gli USA, ma non impediscono loro affatto di commerciare fra di loro, di modo che il loro commercio internazionale non ne risulterà complessivamente danneggiato, bensì anzi favoritom come è successo fra Cina e Russia con le sanzioni. Il presidente del fondo sovrano russo, Dmitriev, ha fatto notare il paradosso per cui le sanzioni occidentali, invece di danneggiare la Russia, l’hanno resa più autonoma dall’economia occidentale, con risultati positivi per Mosca, al punto che oggi non è la Russia a chiedere la rimozione delle restrizioni. Sono piuttosto le aziende statunitensi, secondo Dmitriev, a mostrare interesse per un ritorno sul mercato russo, e se questo richiedesse un allentamento delle sanzioni, sarebbe un passo vantaggioso principalmente per gli Stati Uniti. Tant’è vero che, paradossalmente, Trump non ha assoggettato Russia, Bielorussia, Cuba, Iran e Corea del Nord ad alcun dazio, mentre ha introdotto un dazio contro l’Ucraina e Israele. Infatti, le cifre presentate da Dmitriev confermano come le sanzioni hanno finito per colpire soprattutto le imprese statunitensi, mentre la Russia, sostenendo di non aver più bisogno dell’Occidente, si trova oggi in una posizione negoziale più forte, avendo anche nazionalizzato a prezzi di saldo le filiali russe delle multinazionali.Come diceva il compianto Kissinger: “Essere nemici degli USA è pericoloso, ma essere loro amici è fatale”.
    Prendendo per buono il valore nominale del Pil dei vari blocchi economici, quello degli USA è di 28.303,00 miliardi di dollari su 85.52 trilioni del mondo intero e 17 mila miliardi di euro della UE. Ciò implica che quest’ultima può esportare verso paesi terzi che hanno, complessivamente, un PIL di 68.52 trilioni, e nessun dazio. Sarebbe l’occasione in cui l’Europa potrebbe divenire veramente indipendente, sfruttando innanzitutto l’enorme potenziale commerciale della Cina:
    “China—thanks in part to ambitious industrial policy efforts such as Made in China 2025—produced almost half the world’s chemicals, half the world’s ships, more than two-thirds of electric vehicles, more than three-quarters of electric batteries, 80 percent of consumer drones, and 90 percent of solar panels and critical refined rare-earth minerals. And Beijing is taking steps to ensure its dominance continues and expands: China was responsible for half of all industrial robot installations worldwide (seven times as many as the United States), and it is a decade ahead of anyone else in commercializing fourth-generation nuclear technology, with plans to build over 100 reactors in 20 years.” (Foreign Affairs)
    Come ha scritto Cacciari su “La Stampa”, “L’Europa ha interessi vitali a rappresentare il punto di mediazione tra Occidente, Oriente, Mediterraneo e Africa. Interessi vitali a porre termine a guerre civili al proprio interno e a conflitti armati ovunque si manifestino. Un’unità d’azione per fronteggiare l’attacco sui dazi che non si fondi su questa visione strategica varrà meno di un’aspirina.”
    3.Il “Liberation Day” ha spiazzato i settari europei di tutte le fedi.
    E’ chiaro che, con la sua politica dei dazi, Trump ha rivoluzionato il sistema geopolitico mondiale (anche a costo di danneggiare gli USA), pur di realizzare il suo progetto politico di riportare in America la manifattura, rivitalizzando il “Rust Belt” come vorrebbero gli operai americani. Quanto ciò sia realistico in una situazione di alta occupazione e in parallelo al blocco dell’ immigrazione, lo si vedrà. Tuttavia, non si tratta di una politica nuova per gli USA, che l’hanno tradizionalmente adottata tutte le volte che si sono sentiti deboli. Come scriveva già 200 anni fa Friedrich List, dazi e liberalizzazioni hanno scandito fin dall’ inizio alternativamente l’espansione dell’Anglosfera, prima Impero Britannico, poi Stati Uniti. e i risultati sono stati sempre inconcludenti se non addirittura catastrofici.
    Il XIX secolo aveva segnato addirittura l’età dell’oro dei dazi negli Stati Uniti, con un tasso medio che sfiorava regolarmente il 50 per cento: un’estensione della dottrina adottata sin dalla fondazione del Paese, che sosteneva la protezione dell’economia americana durante la fase dell’industrializzazione: “Studi accurati di quel periodo suggeriscono che i dazi hanno contribuito a proteggere in una certa misura lo sviluppo interno dell’industria”, ha affermato Keith Maskus, professore presso l’Università del Colorado, “Ma i due fattori più importanti erano l’accesso alla manodopera internazionale e al capitale che fluiva negli Stati Uniti durante quel periodo”.Io aggiungerei anche l’appropriazione delle terre e delle risorse naturali degli Indiani. Secondo Christopher Meissner,infatti, oltre a questi fattori un altro “motivo per il quale negli Stati Uniti il settore industriale era fiorente, era legato alla grande disponibilità di risorse naturali”:carbone, petrolio, minerale di ferro, rame e legname, tutti essenziali per l’industria. Ma “il settore industriale non sarebbe stato meno sviluppato se avessimo avuto dazi molto più bassi”, ha aggiunto Meissner.
    3.La ‘Gilded Age’
    Spesso Donald Trump cita come modello l’ex presidente degli Stati Uniti William McKinley, il ‘padre’ dell’ondata di dazi approvata nel 1890 negli anni tra il 1870 e il 1913 – la cosiddetta ‘Gilded Age’ – il periodo in cui gli Stati Uniti sono stati più ricchi. Eppure, la tassazione doganale voluta da McKinley non impedì alle importazioni di continuare a crescere negli anni successivi al 1890, tanto che, quando nel 1894 fu deciso di abbassarla, la quantità di beni che gli Stati Uniti acquistavano all’estero rimase al di sotto dei picchi raggiunti negli anni precedenti.
    Nel 1929, George Roorbach aveva scritto che “dalla fine della guerra civile, durante la quale gli Stati Uniti erano stati sotto un sistema protettivo quasi, se non del tutto, senza interruzione, l’importazione si era enormemente espansa e le fluttuazioni che si verificarono sembrano essere correlate principalmente a fattori diversi dagli alti e bassi delle tasse doganali”. Un anno dopo fu il presidente repubblicano Herbert Hoover a imporre una stretta ai dazi: lo Smoot-Hawley Tariff Act del 1930 è ricordato soprattutto “per aver innescato una guerra commerciale globale e aver aggravato la Grande depressione”, afferma il Center for Strategic and International Studies.
    La fine della Seconda Guerra Mondiale aveva segnato l’inizio di una nuova era nel commercio internazionale , definita dalla ratifica nel 1947 da parte di 23 paesi, tra cui gli Stati Uniti, dell’accordo di libero scambio Gatt che creò le condizioni per lo sviluppo del commercio internazionale, imponendo dazi doganali più moderati. Questo slancio fu mantenuto dal North American Free Trade Agreement (Nafta) tra Stati Uniti, Messico e Canada, entrato in vigore nel 1994. Accanto al Nafta, il libero scambio negli Stati Uniti fu ulteriormente ampliato dalla creazione dell’Organizzazione mondiale del commercio nel 1995 e da un accordo di libero scambio del 2004 tra gli Stati Uniti e diversi Paesi dell’America centrale.
    4.I dazi di Trump si scontrano contro la Grande Muraglia
    Nel XX Secolo, l’America puntava a liberalizzare i commerci per permettere alle sue multinazionali, in vantaggio dal punto di vista tecnico ed economico, di fare affari ovunque, senza interferenze degli Stati esteri. Le norme liberalizzatrici avevano un carattere generale, ma così favorivano chi era più forte nella sostanza (allora, l’America). Ora che le imprese più forti sono divenute quelle cinesi, l’America decide di separare i singoli mercati nazionali, per poter negoziare con ciascun Paese in base a criteri extra-economici (affinità ideologica, alleanze, interessi della famiglia Trump..), sfruttando le debolezze di ciascuno, e imporre sanzioni, dazi, bandi, preferenze, limitazioni, esenzioni, caso per caso (l’“Advocacy” delle imprese nazionali). In questo come in altri infiniti campi (ideologia, Stato-mercato, rapporti con le oligarchie), gli USA, come molti altri Paesi) si stanno dunque allineando (con quella che Girard ha chiamato “Rivalità mimetica”) al modello cinese di negoziati sovrani fra Capi di Stato (come nell’ antico “sistema tributario” del Celeste Impero. Comunque vadano le cose, la Cina vincerà dunque almeno la sua guerra culturale.
    Durante il suo primo mandato, Trump aveva già deciso nuove misure contro la Cina, molte delle quali furono mantenute sotto Biden. Ma nonostante quelle imposte, il deficit commerciale degli Stati Uniti con la Cina aveva continuato a crescere fino al 2022, quando il gigante asiatico fu colpito da un rallentamento economico non correlato alle tariffe.
    Di fronte a questo scenario inedito, tutto l’”establishment” italiano ed europeo, nato dalla lottizzazione partitocratica e culturale -liberali, cattolici, marxisti-, non sa più come atteggiarsi. La Cina “comunista” è risultata più “efficiente” dell’Occidente “liberale”; il “fascista” Trump è stato il primo a portare i sindacalisti a parlare dalla sua tribuna alla Casa Bianca, con tanto di casco antinfortunistico e “gilet jaune”; la sinistra europea parteggia per Wall Street; la Germania sta pensando di ritirare 1.200 tonnellate d’oro (per il valore di 24miliardi di dollari), dalla U.S. Federal Reserve, e di investire 1000 miliardi in armamenti.
    Il preteso “liberismo” non esiste ormai più, con lo Stato americano che decide centralmente dove comprare e vendere, quali imprese favorire e quali svantaggiare, a chi trasferire enormi masse monetarie (sussidi, investimenti, pensioni, commesse pubbliche), e tutto è gestito da “oligarchie” che vivono in simbiosi con i vertici politici (basti vedere la famiglia Trump, i GAFAM, ecc…).
    Da parte sua, la Cina stava preparandosi da almeno un trentennio alla guerra dei dazi con gli USA. Infatti, due colonnelli cinesi, Qiao Liang e Wang Xiangsui, avevano definito, già nel 1996, Osama Bin Laden, prima degli attacchi agli Usa, come l’interprete più efficace di un nuovo tipo di guerra, descritto in “Guerra senza limiti”(tradotto a cura della CIA e con il commento in Italiano, di Fabio Mini), che riverdiva una millenaria tradizione del loro Paese nella trattazione delle tecniche militari, che vanta tra i suoi capostipiti il celeberrimo “L’arte della guerra” di Sun Tzu.
    5.”La Voce del Patriota
    Su La Voce del Patriota del 2019 si leggeva:
    “’Mentre Russia e Cina da anni continuano a comprare oro per liberarsi del dollaro, in Europa nazioni come Germania e Austria stanno riportando in patria i loro lingotti custoditi nelle banche estere, per mettersi al riparo da eventuali crisi.
    E’ bene ricordare che l’Italia è la terza nazione più ricca di oro al mondo, ma più della metà dei nostri lingotti sono detenuti fuori dai nostri confini, a differenza delle altre grandi nazioni che lo custodiscono gelosamente in casa propria.
    La nostra mozione per il rimpatrio dell’oro italiano è stata bocciata da tutte le altre forze politiche, ma il futuro Governo con Fratelli d’Italia restituirà l’oro agli italiani. E’ una promessa!’.
    Lo dichiara Giorgia Meloni, Presidente di Fratelli d’Italia, commentando il rischio di una tempesta finanziaria mondiale alle porte.
    L’Italia ha la quarta riserva aurea al mondo, ma il 52% è all’estero.
    L’Italia, con 2.452 tonnellate di oro costituito prevalentemente da lingotti (95.493) e per una parte minore da monete è quarta al mondo per riserve auree, dopo Stati Uniti, Germania e FMI. Il nostro tesoro, tuttavia, si trova per il 52% all’estero, mentre solo la restante parte è custodita nel caveau della Banca d’Italia. Il valore complessivo della riserva è di oltre 100 miliardi di euro.
    Fratelli d’Italia aveva presentato una mozione, bocciata da tutti, Lega compresa, nonostante Borghi e Bagnai predichino bene, razzolando male.
    ‘L’Italia riporti subito in Patria le sue riserve auree custodite all’estero. È partita la corsa all’oro in tutto il mondo per timore di una tempesta finanziaria: Russia e Cina aumentano le riserve auree, Germania e Austria lo rimpatriano; Usa, Uk, Francia e Svizzera costituiscono il “Golden Billion Group” e detengono riserve auree di molti Stati esteri. Mentre l’Italia, che è il terzo Stato possessore di riserve auree al mondo, lascia all’estero gran parte dei suoi lingotti.
    Una assurdità alla quale Fratelli d’Italia ha provato a mettere fine con una mozione, a mia firma, che è stata vergognosamente bocciata con il voto contrario di tutte le altre forze politiche: PD, M5S, Lega e FI.
    Oggi che il tema torna prepotentemente di attualità ed espone la Nazione a gravissime conseguenze, Fratelli d’Italia torna a chiedere che il governo e Bankitalia si attivino immediatamente per riportare all’interno dei confini nazionali l’oro degli italiani’.
    Lo dichiara il senatore di Fratelli d’Italia, Giovanbattista Fazzolari, responsabile nazionale del programma di FdI.”
    Come mai, dopo che Fratelli d’Italia è andata al governo, questa promessa è stata bellamente dimenticata? Non sarebbe ora che, visto che l’Italia vuole trattare “tête-à-tête” con Trump, venisse rispolverato questo tema, come ha fatto recentemente la Germania, che ha già riportato a casa almeno parte del suo oro?

RINUNZIARE A ESSERE UNA FEDERAZIONE?Considerazioni sulla difesa dell’ Europa

“Qui in Europa siamo governati in sostanza dagli Americani(…) Non siamo nazioni sovrane (…). Non possiamo decidere sui nostri destini, perché su questi decide Washington”(Klaus von Dohnanyi, ex-Ministro per la cultura e la scienza ed ex-Sindaco di Amburgo)
Sono 80 anni che gli Europei perdono tempo a discutere se sia meglio una federazione o una confederazione, quando i due termini sono stati usati in modo quanto meno promiscuo in tutti tempi e in tutte le lingue (Berith, Lega, Bund, Confoederatio, Confédération, Unia, Union, Confederation, Rzeczpospolita, Sojuz, Savez, Respublika, Federacija, Soobscestvo…). Intanto, l’Europa moderna ha fatto effettivamente insieme ben poche cose, e, spesso, le più interessanti, come cooperazioni fra Stati (Mitropa, Arbed, Concorde, Ariane, Cooperazione allo Sviluppo, BEI, Tornado, Airbus, Eurofighter, Galileo, TGV, Euro)…Oggi, la cosiddetta “Coalizione dei Volenterosi” vorrebbe seguire sostanzialmente quegli esempi. Tuttavia, tutto ciò potrebbe andar bene finché si resti sul piano teorico, mentre, se si arrivasse veramente a una guerra con la Russia, il problema della condotta delle ostilità si porrebbe comunque in modo drammatico, com’è dimostrato dal dibattito in corso in Germania, che ci riporta alla tanto esecrata esperienza dell’Asse, dove il mancato coordinamento fra Italia e Germania (ma anche fra i generali nazisti) aveva portato a una serie di sconfitte: in Africa, nei Balcani, in Russia…
Ricapitoliamo qui di seguito i concetti fondamentali dei dibattiti in corso.


1.L’impossibilità per l’ Europa di vincere la Russia
Come già le invasioni della Russia da parte della Svezia, di Napoleone, della coalizione per la Crimea e di Hitler, un’eventuale guerra fra i “Volenterosi” e la Russia non potrebbe in nessun caso essere vinta,già perché i “Volenterosi” non dispongono di una deterrenza nucleare neppur lontanamente comparabile a quella russa, e gli Stati Uniti hanno chiaramente manifestato l’intenzione di non utilizzare la loro (presumibilmente perché anch’essa oggi inferiore a quella russa: vedi missile Oreshnik), e una guerra in Europa non varrebbe il rischio.
In ogni caso, l’articolo 5 del Trattato Nord-Atlantico, e tanto meno la parallela clausola dei trattati UE, non potrebbero funzionare, se non altro perché non sono automatica, mentre invece le guerre nucleari post-moderne sarebbero semplicemente istantanee. Come sarebbe possibile discutere a 27 (ma anche solo a sue o tre) l’uso dell’arma nucleare? Per ovviare a questo stallo, si sta cercando di fare della Germania l’ago della bilancia, che oggi non può funzionare perché, attualmente, lo stesso governo tedesco deve astenersi dal voto nell’UE se i ministeri competenti e i partiti partner della coalizione nazionale non riescono a trovare una posizione comune ( un meccanismo noto come “Voto Tedesco”). La richiesta dei Cristiano-democratici ai Socialdemocratici sarebbe quella di consentire a Merz di “assumere il coordinamento fin dall’inizio o di impadronirsene durante il processo se la cancelleria lo ritiene necessario per garantire una posizione coerente del governo”. Si tratta di un’impostazione assolutamente governativa, evidentemente nella previsione che i meccanismi federali europei non vengano implementati in tempi utili. Di fronte a questo sconquasso, Gabriele Segre propone di rinunziare al progetto federalista (che, come scrive Cacciari, non è mai stato preso sul serio da nessuno).
Come abbiamo scritto in precedenza, l’idea di creare una federazione chiamata “Stati Uniti d’ Europa” è sempre stata molto debole, in quanto costituiva una confessione palese di ancillarità esistenziale dell’ Europa nei confronti dell’ America, a cui non poteva che seguire anche un’ancillarità di fatto, da cui ancora non ci siamo liberati.Invece, come scriveva Tocqueville contrapponendola all’ America, l’Europa ha un’eredità di governance fondata sul pluralismo (l’”Antica Costituzione Europea”), con Papa e Imperatore, Ordini e Regni, Monasteri e Leghe, Principati e Comuni, Feudi e Corporazioni…, che, “mutatis mutandis”, potrebbe valere ancor oggi, salvo che nel campo della Difesa.
In quest’ultimo, vale il discorso sulla mancanza di coordinamento e alle caotiche assemblee dei Generali di Hitler. E, lì, sarebbe forse il caso di guardare agli antichi Progetti di Crociata, aggiornati con la parziale automatizzazione dei processi decisionali.


2.Il “trilemma” della difesa nucleare europea
Ancor più problematica è la situazione in campo nucleare. Qui, secondo Foreign Affairs, si tratterebbe di conciliare tre disparati obiettivi: una deterrenza credibile ed efficace contro la Russia; la stabilità strategica, intesa come minimizzazione degl’incentivi per ntutti gli Stati a fare uso per primi delle armi nucleari(first strike); non-proliferazione dagli Stati nucleari ad altri Stati. Secondo Foreign Affairs, questi obiettivi non possono essere raggiunti tutti contemporaneamente. L’unica soluzione efficace sarebbe, a nostro avviso, quella discussa a suo tempo fra Gorbaciov e Mitterrand: una “Casa Comune Europea” in cui Russia ed Europa non rappresentassero più una fonte di minaccia reciproca, perché accomunate da prospettive culturali simili. E’ ancora possibile conseguire questa situazione dopo trentacinque anni di azioni volte costantemente ad attizzare l’odio reciproco? Certo, è difficile, e richiederebbe un lungo processo di avvicinamento, ma meno lungo di quanto lo sarebbe stato nel 1989. Infatti, oggi si tratta in realtà di conciliare due situazioni di fatto e due culture politiche meno lontane di allora. Intanto, oramai, dopo l’utilizzo, da parte di Ursula von der Leyen, dell’ Art. 122 del Trattato di Lisbona per fare passare RearmEurope a semplice maggioranza, l’ Unione si è già mossa decisamente sulla strada di uno Stato militarizzato, com’è attualmente la Russia. Anche gli sforzi del Governo Italiano di introdurre il Premierato vanno nella stessa direzione.
Nel contempo, dal punto di vista ideologico, la Russia ha rivitalizzato il “Russkij Konservatizm”, mentre, nell’ Unione Europea, si è scatenata una vera febbre identitaria (funzioni religiose, bandiere, inni, commemorazioni, eroi), non dissimile dalla Pasionarnost’ che, secondo Gumiliev, caratterizzerebbe l’identità russa. Tutto ciò non incontra più nessuna controspinta sostanziale, né dagli Stati Uniti, che anzi invitano l’ Europa a dare più spazio alle proprie politiche identitarie (vedi Vance), né da parte dell’Unione, che si fa promotrice di manifestazioni sovraniste europee (basate sull’inflazione della bandiera e dell’ inno).
Sarebbe il caso di cogliere quest’occasione di europeizzazione, e sembra paradossale che siano i sedicenti “conservatori” ad opporvisi.


3.L’”Establishment” non crede, e non ha mai creduto a Ventotene.
Come abbiamo scritto, le realizzazioni concrete delle organizzazioni europee, e, in generale, degli Europei insieme, nacquero, non già da un‘ideologia federalista (quale?), bensì da un lavoro sotterraneo dell’America e dall’applicazione delle idee dei Funzionalisti Mitrany e Haas, veicolate dalla “Dichiarazione Schuman” e dai Trattati europei scritti dallo studio americano Allen Overy (l’Europa dei piccoli passi, l’Europa degli Stati).Spinelli e i suoi seguaci avevano seguito un percorso, assolutamente condivisibile, ma del tutto differente, che sarebbe stato ancor più distante se non vi fossero state pressioni di vario tipo (La Malfa, Nenni), per far loro accettare l’inserimento in delle Comunità Europee assolutamente funzionalistiche e atlantiste, e, addirittura, per inserirvisi dal punto di vista personale.
Per parte loro, le politiche europee degli Stati Membri e delle Istituzioni sono state sempre ispirate solamente agl’interessi del “deep State” dei singoli Stati Membri, che non hanno mai avuto l’intenzione di cedere le proprie competenze all’ Europa, ma preferiscono cederle, semmai, come già diceva De Gaulle quando parlava del “Federatore Esterno”, agli Stati Uniti, che, almeno, erano lontani. ReArm Europe segna infine il trionfo dei “deep State” nazionali, che sognano oggi di costruire giganteschi eserciti nazionali, funzionali non già alla difesa dell’Europa, bensì a far primeggiare Germania, Francia, Inghilterra o, rispettivamente, Polonia, all’ interno di un fantomatico “Occidente” che conta sempre meno in un’ottica mondiale, ma salvando così la ragion d’essere delle diverse burocrazie.
Però, con Trump, il velo d’ ipocrisia sui rapporti transatlantici si sta diradando, sì che sta divenendo impossibile continuare ad affermare (come accade ancor oggi) che il legame transatlantico sia compatibile con l’autonomia strategica europea. Infatti, Trump e i suoi ministri attaccano insistentemente l’Europa e l’Unione Europea, si rifiutano d’ incontrare le sue Istituzioni, danno tutta l’impressione di non prendere minimamente sul serio il cosiddetto “ombrello nucleare” dell’ Art. 5, e si propongono espressamente, con i loro dazi, di peggiorare la situazione economica degli Europei , colpevoli di aver “fregato” l’ America. Stanno perfino studiando come addebitare agli Europei i costi della guerra in Yemen, asserendo (assai poco credibilmente) ch’ essa è fatta essenzialmente per tutelare gl’interessi europei.


4.La falsità dell’ “Identità Europea” di Benigni e Vecchioni, ma anche di Meloni.
Noi, che abbiamo difeso l’Identità Europea quando nel ’68, si voleva imporci un internazionalismo privo di radici e che sfociò nel terrorismo – noi, che abbiamo organizzato le manifestazioni studentesche per Jan Palach, per il KOR, per gl’intellettuali ucraini; noi che abbiamo lavorato per 4 anni in quella roccaforte della cultura e del diritto europei che è la Corte di Giustizia a Lussemburgo; noi che abbiamo organizzato centinaia di alleanze fra imprese europee, tra l’altro nei settori della difesa e dell’ aerospazio e nell’ Europa Centrale e Orientale; noi che siamo concentrati da decenni sullo studio della storia dell’ Identità Europea- sappiamo distinguere l’identità autentica da quella fasulla distillata dai gatekeepers e recitata da attori prezzolati, che pretendono vi sia un’unica “Identità Atlantica”(a seconda delle preferenze, con o senza Trump).
In realtà, l’America di Trump, che viene incolpata di ogni male, è l’America di sempre, ma senza l’ipocrisia puritana dei “liberals”. E’ l’America che nasce con il giuramento del Mayflower, dove i membri della Congregazione di Scrooby imposero agli altri passeggeri di giurare loro fedeltà. Essa continuava con la strage delle streghe di Salem, ben descritta ne “La Lettera Scarlatta” di Hawthorn. Nella Dichiarazione d’ Indipendenza si giustificava la loro “conspitacy” contro il Re d’Inghilterra con il fatto che questi parteggiava per i barbari Indiani e per i Canadesi papisti. Si dava per scontata la schiavitù in un momento in cui i tribunali la bandivano dall’ Impero Britannico. Appena resisi indipendenti, gli Americani avviarono il “Trail of Tears”, spossessando gl’ Indiani e deportandoli a Ovest, dove strapparono al Messico la metà del loro territorio, e dove impediscono ancor ora ai latinos di ritornare. Gl’intellettuali come Emerson, Whitman, Friske, Turner, Mead e Willkie teorizzavano il Destino Manifesto degli Stati Uniti di conquistare il mondo con il pretesto di portarvi la libertà. Cacciarono la Spagna da Cuba, da Puerto Rico e dalle Filippine, ma vi instaurarono colonialismo e neo-colonialismo. Finanziarono Trockij, Stalin e Hitler. Fecero esplodere, primi e unici nella storia, due bombe atomiche sulla popolazione civile di un Giappone già sconfitto. Invasero la Corea, il Vietnam, l’Irak e l’Afghanistan. Controllano il mondo intero con le intercettazioni e i social networks, lo occupano da ottant’anni con migliaia di basi, e lo taglieggiano con il signoraggio del dollaro e la monopolizzazione dei commerci. Fin dai tempi dell’invenzione dell’informatica, progettano un impero mondiale delle Macchine Intelligenti, diretto dagli amministratori delegati delle loro multinazionali (l’”America-Nondo” di Valladao). A sua volta, l’intellighentija europea (Dickens, Kafka, Céline, Alvaro, Simone Weil) ha stigmatizzato costantemente lo spirito dell’America come materialista, sfruttatore, volgare, livellatore, anticulturale, associandosi, in ciò, agl’intellettuali indipendenti americani (Boas, Eliot, Pound, Miller, Dos Passos, Chomski)
L’ipocrisia (oggi Biden, domani Trump) ha costituito fin dall’inizio lo strumento principe dei Puritani, che si atteggiano a vittime e liberatori quando invece smaniano per stabilire il loro controllo totale sul mondo. Perciò, nei Paesi conquistati, come l’Europa, i fiduciari dei Puritani si sono presentati fino ad ora come Progressisti. Hanno costruito la loro narrazione occultando il ruolo distruttivo dell’America, innanzitutto nella Rivoluzione Francese, figlia del “Comitato di Corrispondenza” dei rivoluzionari americani, e, poi, quello nelle rivoluzioni dell’ Ottocento e nei totalitarismi. Dunque, “Oportet ut scandala eveniant.”: Trump e i Trumpiani ci stanno aprendo gli occhi sul vero volto dell’America. Suscitando l’entusiasmo degli amministratori delegati e proprietari dei monopoli dell’informatica, fino a poco fa vicinissimi a Biden, e improvvisamente si convertiti a Trump, chiedendogli si schiacciare i seppur modesti tentativi della UE di controllarli e di tassarli.


5.Cercare una via di uscita diversa
A causa di tutto ciò che precede, è sempre più difficile nascondere lo “status” di vassallaggio degli Europei, e, di conseguenza, la natura collaborazionistica dell’ intero “Establishment” . Basti pensare al fatto che l’Unione non viene mai, né menzionata, né nemmeno contattata, dai successivi presidenti americani, che Kaja Kallas è stata fatta venire a Washington con il Segretario di Stato Rubio, che però non si è nemmeno fatto trovare. Nel mondo parallelo del web si sta addirittura ipotizzando che Vance potrebbe venirci imposto come presidente dell’ Europa. Sembra quasi che l’amministrazione USA si sforzi di disgustare l’Europa, per cancellare le precedenti retoriche atlantiste troppo lente e inefficaci, ed eventualmente sospingere l’Europa verso la Russia, in modo da non essere costretta a difenderla.
In questo contesto, si pone il difficilissimo progetto di Giorgia Meloni di “costituire un ponte” fra il trumpismo e la Coalizione dei Volenterosi europei. Ponte che sarebbe teoricamente nella natura delle cose, perché vi è un’obiettiva discrasia fra il preteso “isolazionismo” (ovvero nazionalismo), di Trump e il suo “Europe Bashing”. L’Europa viene vista (in parte giustamente ) dai Trumpiani come una roccaforte “Woke” da annientare, o almeno da conquistare. Tuttavia, le aspirazioni tradizionaliste di MAGA, legate al realismo in politica, al leaderismo, alle radici cristiane, alla libertà di pensiero, porterebbero, sempre teoricamente, a un atteggiamento molto più rispettoso verso l’Europa, radice delle tradizioni americane. Oggi, nei fatti, nessun leader sovranista europeo potrebbe essere veramente trumpiano, perché dovrebbe fare gl’interessi dell’America contro quelli dell’Europa. Questo soprattutto in considerazione del fatto che, in parallelo alle varie battaglie di Trump, e quasi indistinguibile da esse, si sta consumando la mutazione ontologica del mondo attraverso l’azione dei GAFAM, e, in particolare, attraverso l’azione di Elon Musk. Mutazione che dovrebbe costituire il nemico per eccellenza di tutti i Conservatori Europei, sì che non capiamo proprio perché nessuno ne parli, in particolare, i leader sovranisti. Invece, l’atteggiamento doveroso dei veri “sovranisti europei” dovrebbe essere quello indicato, sulla stampa di lunedì , da Asma Mhalla: «È un cittadino che sa di essere un soldato che combatte in una guerra ibrida, invisibile ma costante. Perché tutte le tecnologie hanno un impiego civile esplicito e uno militare non esplicito».

2 APRILE: LA NOSTRA “EUROPEAN TECHNOLOGY AGENCY” – VERA “VENDETTA” PER I DAZI, RIPARTENDO DAL “MODELLO OLIVETTI (Ed.2)


(per vla versione con tutte le immagini, andare alla home page)

Nel momento in cui, pressata, da un lato, da Trump, e, dall’altro, da Zelenskij, la UE si è affrettata ad affermare la propria disponibilità a “sforare” le “sacre” regole di bilancio per poter investire di più nella difesa, diviene più che mai essenziale chiarire in che modo le nuove politiche di difesa dell’Europa s’inquadrerebbero in un discorso – culturale, etico e politico-, di respiro più ampio, che, lungi dal limitarsi a una contingente ripicca, tocca innanzitutto la guerra e la pace, ma poi anche le nuove tecnologie e il futuro dell’ Europa e del mondo, e, in secondo luogo, come possono contrastare dazi di Trump.
1.”Pax Aeterna”
Accanto a un’indubbia tradizione guerriera dell’ Europa, che risale agli Yamnaya, ai Greci, ai Romani, ai “barbari”, alle diverse monarchie e repubbliche (e che erroneamente viene interpretata come “democratica”), vi è stata fin dagli inizi, in Europa come altrove, una tradizione “pacifista”, ereditata dai grandi imperi orientali e divenuta dominante nella cultura del periodo augusteo (la “Pax Augusta”), quella che, paradossalmente, sembra la radice vera dell’ideologia “progressista”. Anche la parola d’ordine della “Pace Perpetua” è tutt’altro che nuova, essendo stata già lanciata dall’imperatore romano Filippo l’Arabo (il primo imperatore cristiano dell’Impero Romano), di cui ci è pervenuta una bella moneta con questa dicitura. Del resto, l’invocazione “ai costruttori di pace” contenuta nel Discorso della Montagna, sembra inserirsi proprio in questo secondo filone.
Questa dialettica ricorre in tutta la storia europea. Ogni impero, per sua natura, ha una vocazione universale, attraverso la sottomissione degli altri Paesi, creando una forma di pace, come annunziavano già le epigrafi sulle tombe degli Achemenidi: “parcere victis et debellare superbis”, il che è esattamente ciò che i teorici della “Fine della Storia” pensavano fino ad ora(e forse pensano ancora), i teorici dell’ Impero Americano.
I Persiani firmarono con i Bizantini, nel 532, un trattato di pace con, la “Pax Aeterna”, ai sensi del quale l’imperatore bizantino s’impegnava a pagare 11 000 libbre d’oro, destinate alla difesa dei passi del Caucaso contro i barbari, di cui si sarebbero dovuti occupare i Sassanidi( “Pace cinquantennale”, o “Trattato di Dara”), qualcosa che ricorda il 2% del PIL dovuto dagli Europei alla NATO per la difesa contro la Russia.
Il trattato doveva durare 50 anni, ma rimase in vigore solo fino al 572, quando Giustino II lo denunziò, dando inizio alla guerra del 572-591. Questa è stata sempre la sorte del trattati “di Pace Perpetua”, forse perché questa è possibile solo dopo la morte.
Il Sacro Romano Impero riprese il concetto della “Pax Aeterna” („Ewiger Landfriede“), ed, anzi, avviò un vero e proprio “movimento per la pace perpetua”, avviato con la “Pace dell’ Impero” del 1235, che sarebbe poi stato continuato da sovrani e intellettuali. Le pretese territoriali dei feudatari tedeschi si sarebbero dovute esprimere, d’ allora in avanti, non più con le faide, bensì attraverso azioni giudiziarie. Alla Dieta di Worms, del 1495, fu adottata la “Reichsgesetz”, che, creando il Reichskammergericht (il Tribunale Camerale Imperiale) di Francoforte , sanciva il monopolio imperiale dell’ uso della forza, mentre questa restava libera fra gli Stati indipendenti dall’ Impero.
2.I Progetti di crociata
Già allora la Pace Perpetua era legata a una politica di difesa dell’Europa. Se, all‘ interno dell‘ Impero, e, della Cristianità, doveva valere la Pace Perpetua, contro gl’infedeli (fossero essi mussulmani, albigesi, slavi o baltici) vigeva invece il diritto di guerra (così come nel mondo mussulmano, allo “Spazio dell’ Islam”, “Dar al-Islam”, si contrapponeva lo “Spazio della Guerra” (“Dar al-Harb”). Il concetto era che, quando il proprio impero avesse vinto contro tutti gli avversari, avrebbe potuto iniziare il “Millennio”, degna preparazione per il ritorno del Salvatore (lo Shaoshant mazdeo, il Mashiah ebraico, Gesù/Issa per Cristiani e i Mussulmani).
Ad esempio, l’accordo fra sovrani cristiani, il “Tractatus Pacis Fiundae”, proposto dal re boemo Giorgio Podiebrad, era un progetto di crociata. L’organizzazione delle crociate, originariamente compito del Papa e dell’ Imperatore, era stata così successivamente assunta da monarchi come i re di Francia e di Boemia, sotto la cui egida furono adottati i progetti di crociata (quelli di Dubois, di Podiebrad e di Sully), che introducevano organi politici paneuropei anticipanti quelli dell’ Unione Europea, potenzialmente alternativi a quelli dell’ Impero. Nonostante la decadenza dell’Impero e la frammentazione delle Chiese, non ci si rassegnava all’ idea che neppure fra i Cristiani potesse regnare la Pace Perpetua, e quindi si proponeva di attribuire ad organi collettivi la funzione regolatrice che, per Dante, spettava all’ Imperatore.
Il progetto di pace perpetua erroneamente attribuito a Kant, era, in realtà, dell’Abate di Saint-Pierre, un negoziatore del trattato di Utrecht, che si ispirava a quei precedenti medievali. Kant l’aveva semplicemente commentato, durante la Campagna d’Italia di Napoleone (quando si pensava che l’ascesa delle cassi borghesi avrebbe sostituito l’etica del commercio a quella della “gloria ed onore” di sovrani e aristocratici). Esso verrà ripreso nella versione russa della Santa Alleanza.Si noti che Kant, nonostante il suo commento favorevole alla proposta di Saint-Pierre, aveva paragonato anche, e giustamente, la Pace Perpetua a un cimitero.
Il Manifesto di Ventotene, scritto da alcuni antifascisti confinati nell’ isola di Ventotene, che si poneva come obiettivo quello si conseguire la pace in Europa mediante la creazione di una federazione, si riallacciava dunque al progetto di Saint-Pierre. Confondeva però, come questo e come i Progetti di Crociata, pace mondiale e pace europea, ordinamento internazionale e integrazione europea, ignorando fatti fondamentali come gli USA, la Russia, la Cina, il colonialismo e il dominio della tecnica. Tuttavia, coerentemente con le ambigue origini antiche del movimento per la pace, non ignorava invece la problematica bellica, ché, anzi, prevedeva che l’organizzazione militare dell’Europa fosse di competenza della Federazione. E’vero che il Manifesto contiene molte affermazioni pacifistiche, in particolare quella che “la federazione europea riduce al minimo le spese militari, permettendo così l’impiego della quasi totalità delle risorse a scopi di elevazione del grado di civiltà”. Gli estensori del Manifesto non potevano per altro immaginare che, nel nostro secolo, molte fra le spese “militari” sarebbero state dedicate proprio all’ “elevazione del grado di civiltà”, vale a dire quelle per la lotta della cultura contro il prevalere delle Macchine Intelligenti. Questo perché si dichiaravano fautori di un indifferenziato blocco di “Progresso” che proprio in quegli anni alcuni, come per esempio Heidegger , e poco dopo Horkheimer e Adorno, cominciavano invece a porre in discussione, perché tale “Progresso” riguardava le macchine, capaci di produrre la Bomba Atomica, non già la costruzione di un uomo superiore.
Oggi la stessa problematica si pone per l’ Intelligenza Artificiale.
3.La politica estera e di difesa e le nuove tecnologie.
A causa dell’ inscindibile nesso fra pace e guerra, posto dai precedenti della Pax Romana, della Landfriede e dei Progetti di Crociata, anche l’ Unione Europea era stata concepita originariamente come un’alleanza militare, la CED, che però non fu ratificata dal Parlamento francese, sostanzialmente perché non si era riusciti a definire una credibile catena di comando (problema tutt’ora irrisolto). Così, la politica estera e di difesa dell’Europa è rimasta sostanzialmente nelle mani della NATO, vale a dire degli Stati Uniti, con una funzione di “federatore esterno”, nei confronti del quale gli Stati europei si comportano come a suo tempo gli “auxilia” dell’ Impero Romano. In tal modo, le azioni militari comuni degli Europei si svolgono sotto il comando diretto della presidenza americana, così come sono state condotte le guerre di Corea, Irak, Bosnia,Kossovo e Ucraina. Questo è sempre stato un ulteriore grave limite dell’integrazione europea, anche perché, piaccia o no, le sempre nuove tecnologie (energia atomica, missili, radar, satelliti, computer, rete, droni, robot, microchip, intelligenza artificiale), che, nell’ultimo secolo, non hanno cessato di venire create, hanno tutte per lo più un carattere “duale”, vale a dire che servono tanto per il civile, quanto per il militare, e sono determinanti in ambo i settori. Il loro monopolio da parte degli USA limita quindi grandemente lo sviluppo civilizzatorio dell’ Europa, sospingendo sempre più quest’ultima verso il sottosviluppo. Le guerre attualmente in corso lo dimostrano, con il ruolo sempre più determinante di intelligenza artificiale, di satelliti, missili e droni, che conferisce il ruolo decisionale a chi li controlla, cioè gli Stati Uniti, e, ultimamente, ai loro “guru”informatici. Come se ciò non bastasse, infatti, gli Stati Uniti costituiscono il terreno di elezione delle grandi aziende informatiche che controllano l’ Occidente, e, in primo luogo, dell’ impero tecnologico di Elon Musk, membro del Governo americano e grande elettore di Trump. Da Musk dipende niente pò pò di meno che l’esito della guerra in Ucraina, che egli può far cessare in qualunque istante spegnando Starlink.Ciò evidenzia la superiorità di Musk rispetto a Trump, dimostrata simbolicamente dai segni esteriori di mancanza di rispetto istituzionale, come il rifiuto del “formal blue” e l’intreduzione dei figli nella Camera Ovale.
La previsione di un dominio mondiale dell’America-Mondo identificantesi con la megamacchina digitale -una transizione antropologica inquietante- è stata la molla principale che ha spinto, già dal secolo scorso, la “Maggioranza del Mondo”(“Bol’shinstvo Mira”) alla resistenza contro un’ occidentalizzazione che s’identifica oramai con l’inserimento di tutti nella Megamacchina: Poteri Forti, basi americane, cultura “Mainstream”, Internet, intercettazioni della NSA…
La “Guerra senza Limiti”, studiata dai generali cinesi in funzione di questo prevedibile scontro con gli USA, comprende quindi in larga misura una competizione sulle nuove tecnologie che è divenuta addirittura il cuore delle politiche americane e cinesi, fino al punto che i GAFAM, rappresentati da Elon Musk, sovrastano in USA il Presidente Trump e lo trascinano in progetti transumanisti come la conquista di Marte, che rivelano la vera natura del Progetto Incompiuto della Modernità, riallacciantesi alla religione tecnologica di Saint Simon e al Cosmismo russo. Già per Sun Zu l’“intelligence” costituiva la chiave dell’Arte della Guerra di: “Se conosci te stesso e il tuo nemico, vincerai cento battaglie”
Per questo, la questione della difesa dell’Europa non può essere disgiunta da quella delle nuove tecnologie e delle ideologie della tecnica. L’Europa non è certo inferiore alla Russia quanto a investimenti nella Difesa (anzi, spende il doppio di quest’ultima), ma è incredibilmente più debole di essa per la mancanza di investimenti nella parte “software”, che è quella delle nuove tecnologie, stranamente (?) riservate (dopo la morte di Adriano Olivetti e Mario Tchou e la chiusura della Olivetti Elettronica), a imprese e forze americane. Grazie a questa “divisione di compiti” transatlantica, le forze europee, quand’anche fossero meglio coordinate a livello continentale, non potrebbero risultare autonome dagli USA, come invece dichiarano oggi ottimisticamente molti leader europei diffidenti verso Trump (i “Volenterosi”). Ma questa è, come ha detto Witkoff, “solo una posa”, priva di credibilità politica e tecnica. Non per nulla, l’impostazione data all’azione ReArm Europe/Readiness 2030 risulta incredibilmente arretrata rispetto alle effettive esigenze del presente momento storico, caratterizzato, da un lato, dal desiderio degli USA di “ridurre il proprio impegno in Europa”, e, dall’ altro, dall’ emergere di armi rivoluzionarie come i missili ipersonici.Infatti, il piano si limita, da un lato, a rimuovere gli ostacoli finanziari all’ aumento della spesa dei singoli Stati Membri, proprio secondo quanto richiesto da Trump, e, dall’ altro lato, a prevedere un miglior coordinamento tecnico nella politica industriale, quale quello perseguito da tempo, con discutibili risultati, con l’Agenzia Europea degli Armamenti. Essa non tocca invece le questioni gravissime dell’assenza di una programmazione e comando comune, alternativi a quello NATO, di una cultura militare comune, dei sistemi di difesa più moderni, come una sorta di “Iron Drome” israeliano e qualcosa di simile ai missili ipersonici russi e cinesi, e infine di campioni europei nel campo delle tecnologie avanzate. Nel vuoto così creato, si stagliano come uniche realtà effettive i progetti di riarmo tedeschi, francesi, inglesi e polacchi, e gli acquisti di armamenti in America, il tutto restando nel campo delle tecnologie tradizionali e rafforzando il nazionalismo degli Stati membri.
Il suo significato è dunque prima di tutto psicologico/propagandistico, in quanto costituisce comunque una manifestazione d’indipendenza (almeno parziale) nei confronti dell’America di Trump, e “sdogana” l’idea del “riarmo” della Germania, che era stato “venduto” nei passati 80 anni come una delle principali ragioni d’essere dell’ ordinamento postbellico e delle limitazioni alla Politica Estera e di Difesa. Come scrive la Frankfurter Allgemeine, „Die Deutschen haben in ihrem Vulgärpazifismus versagt“(“I Tedeschi hanno fallito con il loro ‘pacifismo volgare’”).
Non serve per altro in alcun modo come deterrente contro la Russia, e tanto meno gli USA, in vista dei conflitti di oggi (Ucraina e Groenlandia).
4.Le tecnologie duali
Attualmente, le politiche tecnologiche dell’Europa sono disperse in mille rivoli, europei e nazionali, senza l’indicazione di alcun tipo di priorità, in modo che la politica dell’Europa viene di fatto progettata dall’America (dal DoD, dal DARPA, dalle multinazionali della difesa, dai GAFAM). Gli USA entrano fin nei dettagli delle nostre politiche industriali, come nel caso della governance di Pirelli (un fabbricante di pneumatici con un socio cinese), a cui si pretende di dettare la governance da Washington, rovinandone le prospettive di mercato. Questo contesto, che sembra fatto apposta per confermare le previsioni di Trockij (che gli USA avrebbero contingentato il capitalismo europeo), ridicolizza tutte le narrazioni del “Mainstream” -quelle “tradizionali” dei Cinesi che “rubano” la tecnologia agli Americani, mentre qui si vogliono costringere gl’Italiani a “rubare” la tecnologia ai Cinesi; dell’America liberale e liberista, ecc..-, e quelle nuove, dell’ America che vuole disinteressarsi dell’ Europa, mentre invece ci detta nei minimi particolari le politiche delle nostre imprese…D’altronde, la decisione dell’ allora FIAT di costruire solo automobili di piccola cilindrata era già stata imposta, a guerra mondiale ancora in corso, da un funzionario americano, negli uffici di Allen Dulles, responsabile della CIA in Europa, al Dott. Camerana, inviato dalla Fiat a Berna.
Infine, il, pur lodevole, principio della “Preferenza Europea”, invocato da molti, non può trovare oggi una reale attuazione a causa della debolezza, e/o dell’assenza, di campioni europei, e, anzi, il controllo americano su molte imprese europee. Gli unici campioni che siano stati creati in questi anni (Airbus, Ariane, Tornado, Eurofighter), nati, paradossalmente, in base ai principi gollisti della cooperazione intergovernativa e pubblico-privato, che si vorrebbero reintrodurre ora, furono in passato sabotati dai Governi. In particolare, l’unico grande conglomerato nato in base a questi principi, l’EADS, European Defense and Space, fra Francia, Germania, Inghilterra e Spagna, fu presto privatizzato e smantellato, per il prevalere d’ interessi nazionali e privati. Suo peccato originario: l’assenza di un forte presidio a tutela dell’interesse europeo, come avrebbe potuto essere costituito da una partecipazione azionaria forte dell’Unione Europea (per esempio, attraverso la BEI) , e uno statuto societario basato veramente sulla cogestione, secondo i principi del Modello Carbosiderurgico tedesco, o, ancor meglio, della Volkswagengesetz, che riserva ai poteri pubblici una sorta di “Golden Share” e sancisce il controllo sociale sui mezzi di produzione strategici.
Intanto, mentre si impongono agli Europei contorti, costosi e contraddittori atteggiamenti, come sanzioni e dazi, l’America continua a fare i suoi affari con la Russia e con la Cina “a margine” della vicenda Ucraina.Una qualunque seria politica estera e di difesa dovrebbe avere oggi come corrispettivo una politica tecnologica completamente diversa.
5.”Readiness 2030”: un obiettivo ambizioso, ma irrazionale
Con la modifica del nome del progetto (“Readiness 2030” anziché “ReArm Europe”), si è voluto “chiarire” (ma in modo ipocrita) che l’obiettivo della nuova politica estera e di difesa dell’Europa sarebbe quello di essere pronti entro 5-10 anni a contrastare autonomamente un eventuale attacco russo a Paesi Baltici e Polonia. Quindi, nulla a che fare con la Guerra in Ucraina, e, soprattutto, con la necessità di difendere, hic et nunc, il Canada e la Groenlandia dalla dichiarata volontà americana di aggressione.
Esprimo un mio motivato punto di vista su questa problematica perché posso dire di possedere almeno i rudimenti di “Military Preparedness”, essendo stato, nel lontano 1974, ufficiale dell’ Amministrazione Militare italiana, e avendo partecipato proprio a esercitazioni di mobilitazione generale.
La base per l’orientamento del Piano verso la preparazione bellica quinquennale sarebbe costituita da una previsione (non si sa quanto disinteressata) dei servizi segreti britannici, sulle intenzioni della Russia, ma non vi alcun motivo per cui quella russa sia veramente la minaccia militare più immediata per l’Europa. Per esempio, gli USA stanno minacciando in questo momento preciso di annettere entro questo mandato presidenziale, ma possibilmente prima, e se necessario con la forza, la Groenlandia, paese terzo associato con la Danimarca, e Vance, insieme al responsabile della sicurezza americana, è già perfino andato a prenderne simbolicamente possesso, visitando, contro la volontà delle autorità groenlandesi, una base americana nel Paese. Gli Europei intendono difenderlo? Come farlo, con centinaia di migliaia di soldati americani stanziati in Europa, e la Groenlandia già presidiata, seppure debolmente, dagli USA? Questo modello si ripeterà altrove, per esempio in Norvegia?
In secondo luogo, anche un’eventuale guerra fra la Russia e l’Europa, quand’anche arricchita di nuovi armamenti grazie a ReArm Europe e al contributo del Commonwealth, ci vedrebbe inevitabilmente sconfitti a causa delle nostre carenze di cui sopra, a meno che Musk non continuasse a fornirci la copertura dell’intelligence satellitare e, se del caso, gli USA una protezione nucleare, il cui venir meno è proprio il rischio che ha scatenato l’urgenza del piano di riarmo.
Non è pensabile che gl’ideatori del piano siano così sprovveduti da non avere considerato questi semplici dati di fatto, sicché l’ipotesi più plausibile è che, una volta di più, non si voglia affatto fare una vera politica estera e di difesa autonoma, bensì si voglia semplicemente dimostrare agli USA di avere aumentato le spese di difesa almeno del 2%, comprando per giunta in America nuovi equipaggiamenti. Poi, depositatosi il polverone, si farebbero accordi con Musk per Starlink, divenendo ancora più dipendenti di oggi dallo “scudo” americano.
Insomma, solo un modo per fare pressione sugli USA, “vendicandosi” per il declassamento consumato sull’ Ucraina e per i dazi. Come ha detto Vance, “Queste persone vogliono trasformare l’Europa in un protettorato permanente. Il problema: se mai fosse stata una buona idea, non è semplicemente sostenibile con duemila miliardi di dollari di deficit all’anno”. Ma non sarebbe comunque una buona idea, perché i protettorati sono aree che vengono svuotate di ogni vitalità, come è accaduto all’ Europa, ed è veramente singolare che ce lo debba ricordare proprio il Vice-presidente americano (che per altro viene indicato da taluni come futuro presidente dell’ Europa).
5.Una politica estera e di difesa gradualistica, ma accelerata
Un avvio graduale, ma ragionevole, di una politica estera comune potrebbe essere costituita invece dalla creazione immediata delle basi culturali e scientifiche (Accademia militare e digitale comuni), di quelle tecnologiche (sviluppo di un ecosistema digitale comune), e organizzative (un’Agenzia Tecnologica Europea), e, infine, giuridiche e finanziarie (la rinascita di una Società Europea per la Difesa e lo Spazio), con la partecipazione azionaria di Governi e imprese, sul modello di EADS ed Arianespace.
Infatti, oggi l’Europa manca di tutto quanto sopra: in sostanza, manca della sostanza effettiva della soggettività politica nell’Era delle Macchine Intelligenti. Fino ad ora, l’Europa, schiacciata fra una dipendenza puntuale ai poteri forti occidentali e un’ egemonia culturale di sinistra contraria al principio di realtà, non ha potuto fare nessuno di questi passi, ed, anzi, ha fatto di tutto per ostacolarli (demonizzazione delle culture europee d’anteguerra, cfr.Lukàcs; distruzione degli Istituti di Educazione e demonizzazione dell’epistocrazia; svendita delle imprese strategiche)..
Certamente, la lotta per la conquista (e la difesa?) della Groenlandia costituirà un ennesimo grande shock per gli Europei. Resta il fatto che ci si abitua a tutto, e il risultato potrebbe essere un rapporto ancora più coloniale fra USA ed Europa. Per evitarlo, occorre una grande mobilitazione di popolo contro l’annessione e per la difesa dell’isola artica, se necessario di concerto con altri partner interessati, come per esempio il Canada e il Regno Unito.
6.L’ “European Technology Agency” e l’ideologia olivettiana
Nell’ ideare e descrivere l’agenzia sopra indicata, ci siamo ampiamente ispirati a molti aspetti dell’attività di Adriano Olivetti, il quale aveva compreso, con l’anticipo di almeno 70 anni, il carattere determinante delle tecnologie digitali per l’intero orientamento della società del futuro, e anche l’inscindibile collegamento fra informatica, cultura e politica.
Quanto al primo punto, Olivetti aveva fatto della sua impresa il punto d’incontro fra tecnologia e società, partecipando al rinnovamento dell’ architettura industriale, al movimento per la normazione tecnica, all’elaborazione del Piano Regolatore di area larga di Ivrea e Valle d’Aosta nell’ ambito della Corporazione degli Industriali, nonché alla Resistenza, all’ amministrazione della città di Ivrea, di cui fu sindaco, alla vita parlamentare nazionale, e alla creazione del Movimento Comunità, di cui gettò egli stesso le basi teoriche. Soprattutto, raccolse intorno a sé intellettuali di tutte le specialità, dalla letteratura alla sociologia, al design, all’ architettura, alla fisica e all’ ingegneria, che poi avrebbero operato come un fertilizzante nei più svariati ambiti della società italiana.
Quanto al secondo punto, Olivetti sviluppò il rapporto università-impresa con una collaborazione con l’Università di Pisa, e per primo compì un’opera di attiva ricerca internazionale di talenti cibernetici (come oggi fanno gli Americani), con l’assunzione in America, con il supporto di Enrico Fermi, del giovanissimo e geniale fisico italo-cinese Mario Tchou, che, con un piccolo team d’ingegneri, progettò in pochissimi anni tanto un mainframe, l’ELEA, quanto, e soprattutto, il primo e fortunatissimo personal computer, il modello 101, che ebbe un incredibile successo nonostante che la divisione elettronica dell’ Olivetti fosse stata nel contempo venduta alla IBM per essere chiusa.
Le incredibili vicende di questa cessione, e la contemporanea morte, in circostanze misteriose, tanto di Olivetti che di Tchou, lasciano capire l’enormità degl’interessi in gioco intorno alla nascita dell’informatica. Di fatto, nessuno in Europa ha mai più tentato l’avventura di Olivetti e di Tchou, tanto più che, quasi contemporaneamente, si spingeva al suicidio l’altro geniale inventore europeo Alan Turing, e si sabotava l’aereo di Enrico Mattei. Infine, in quel momento Italia, Francia e Germania stavano lavorando a una bomba atomica europea, che fu poi rapidamente stoppata.
Occorre ora individuare una nuova via, attraverso una più seria strategia unitaria europea sulle nuove tecnologie e, in particolare, sulle tecnologie militari, e la ricerca di altri partner, economici e tecnologici, come la Cina. A questa nuova, complessa e rischiosa attività avevamo dedicato a suo tempo un importante studio, European Technology Agency, che avevamo inviato a tutti i vertici dell’ Unione, dalla Presidente della Commissione von der Leyen al Commissario Breton, al Presidente dell’ Europarlamento Sassoli, al Presidente della Banca Europea degl’ Investimenti Heuer, invitandoli ad abbandonare il grottesco progetto EIT, di dimensioni infinitesime, e ad affrontare con serietà la questione di una programmazione centralizzata e di lungo periodo dello sviluppo tecnologico nel continente, da affidarsi a una nuova, potente, istituzione europea, comparabile per certi versi al DARPA americano. Solo Sassoli aveva dato seguito alla nostra iniziativa nell’ambito della Commissione Tecnologia del Parlamento Europeo.
Tutta una serie di pubblicazioni di Alpina/Dialexis: “Re-starting EU Economy via Technology-intensive Industries”; “Il Ruolo dei Lavoratori nell’Era dell’Intelligenza Artificiale”,, infine, “La Regolamentazione Internazionale dell’ Intelligenza Artificiale”, che andiamo a presentare il 19 maggio al Salone del Libro di Torino. Da allora, la situazione è ancora peggiorata, con il continuo susseguirsi di documenti europei puramente teorici in materia di finanza, di ricerca, di difesa, che si sovrappongono e si elidono, mentre gli Stati Membri creano ciascuno propri enti specialistici (e mentre gli Stati Uniti e la Cina investono pesantemente in concreti programmi operativi come l’”Inflation Reduction Act”, il “Chip and Science Act”, “Made in Cina 2025, Chinese Standards 2030”, ecc…). All’ epoca, nessuno ci aveva dato retta, affermando che bisognava lasciar fare al mercato, ma ora le stesse massime Istituzioni dell’Unione Europea stanno andando esattamente sulla strada da noi indicata, imponendo soluzioni dirigistiche a livello continentale, come il piano ReArm Europe, approvato con il ricorso all’ art.122 del Trattato di Lisbona, che disciplina lo Stato di Eccezione. Resta però misteriosamente il tabù delle tecnologie duali, in cui tra l’altro l’Italia vanta precedenti unici nel loro genere (Olivetti, lanciatori SCOUT e VEGA, satelliti-spia, navette di rientro Thales-Leonardo, facilmente convertibili in missili ipersonici…). Anche in Italia si sta già dibattendo, con linee di frattura che attraversano gli schieramenti politici. Come scrive La Stampa dell’1° Aprile, “c’è chi vorrebbe accodarsi a Trump, entrando nella corte di Mar-a-Lago (Fratelli d’Italia). C’è chi vorrebbe accodarsi alla Cina, magari ritirando fuori dal cassetto la Via della Seta (i Cinque Stelle). C’è chi non ha mai nascosto i legami con Mosca (la Lega). C’è chi è disposto a fare scelte difficili, come aumentare gli investimenti in tecnologie militari, pur di rafforzare la sovranità europea (una parte del centrosinistra). E c’è chi svicola, evitando di prendere posizione e disegnando la propria identità intorno ad altri crinali, destra contro sinistra, apertura contro chiusura (un’altra parte del centrosinistra). Difficilmente ne uscirà premiato chi farà lo struzzo. I crinali politici vanno affrontati. Gli struzzi possono vincere qualche elezione, ma non vanno lontano”.
7.Sostituire l’industria americana dei servizi
Quando Ursula von der Leyen afferma che siamo pronti a vendicarci per i dazi americani, intende dire che la Commissione sta preparandosi a tassare le prestazioni di servizi dall’ America, per esempio di banche come J.P. Morgan e la Bank of America, e le piattaforme digitali come X, Google e Amazon. La UE esporta auto, farmaceutici e prodotti agroalimentari, e importa servizi, sì che la bilancia cvommerciale transatlantica non è affatto sbilanciata, bensì è in sostanziale pareggio.

Oltre agli strumenti già applicabili ai vari settori dei servizi dall’ America, la UE dispone dello specifico “Anti-Coercion Instrument, con cui potrebbe disattivare , limitare i diritti di proprietà intellettuale dei GAFAM o sescluderli dai mercati della UE.
Il punto è: come uscire da un sistema di interrelazioni, come quello attuale, che affida agli USA il ruolo dominante di esportatori di servizi “nobili”, e agli Europei il ruolo di “auxilia” o di manifattura. La Cina ha già risposto da tempo espellendo praticamente gli Americani dal proprio mercato, e costruendone uno interno altrettanto possente e concorrenziale di quello occidentale nel suo insieme. L’atteggiamento mercantilista e neo-coloniale americano sta fornendo finalmente la leva per applicare questa ricetta anche in Europa.

2 APRILE: LA NOSTRA “EUROPEAN TECHNOLOGY AGENCY” – VERA “VENDETTA” PER I DAZI, RIPARTENDO DAL “MODELLO OLIVETTI”

Nel momento in cui, pressata, da un lato, da Trump, e, dall’altro, da Zelenskij, la UE si è affrettata ad affermare la propria disponibilità a “sforare” le “sacre” regole di bilancio per poter investire di più nella difesa, diviene più che mai essenziale chiarire in che modo le nuove politiche di difesa dell’Europa s’inquadrerebbero in un discorso – culturale, etico e politico-, di respiro più ampio, che, lungi dal limitarsi a una contingente ripicca, tocca innanzitutto la guerra e la pace, ma poi anche le nuove tecnologie e il futuro dell’ Europa e del mondo, e, in secondo luogo, come possono contrastare dazi di Trump.


1.”Pax Aeterna”
Accanto a un’indubbia tradizione guerriera dell’ Europa, che risale agli Yamnaya, ai Greci, ai Romani, ai “barbari”, alle diverse monarchie e repubbliche (e che erroneamente viene interpretata come “democratica”), vi è stata fin dagli inizi, in Europa come altrove, una tradizione “pacifista”, ereditata dai grandi imperi orientali e divenuta dominante nella cultura del periodo augusteo (la “Pax Augusta”), quella che, paradossalmente, sembra la radice vera dell’ideologia “progressista”. Anche la parola d’ordine della “Pace Perpetua” è tutt’altro che nuova, essendo stata già lanciata dall’imperatore romano Filippo l’Arabo (il primo imperatore cristiano dell’Impero Romano), di cui ci è pervenuta una bella moneta con questa dicitura. Del resto, l’invocazione “ai costruttori di pace” contenuta nel Discorso della Montagna, sembra inserirsi proprio in questo secondo filone.
Questa dialettica ricorre in tutta la storia europea. Ogni impero, per sua natura, ha una vocazione universale, attraverso la sottomissione degli altri Paesi, creando una forma di pace, come annunziavano già le epigrafi sulle tombe degli Achemenidi: “parcere victis et debellare superbis”, il che è esattamente ciò che i teorici della “Fine della Storia” pensavano fino ad ora(e forse pensano ancora), i teorici dell’ Impero Americano.
I Persiani firmarono con i Bizantini, nel 532, un trattato di pace con, la “Pax Aeterna”, ai sensi del quale l’imperatore bizantino s’impegnava a pagare 11 000 libbre d’oro, destinate alla difesa dei passi del Caucaso contro i barbari, di cui si sarebbero dovuti occupare i Sassanidi( “Pace cinquantennale”, o “Trattato di Dara”), qualcosa che ricorda il 2% del PIL dovuto dagli Europei alla NATO per la difesa contro la Russia.
Il trattato doveva durare 50 anni, ma rimase in vigore solo fino al 572, quando Giustino II lo denunziò, dando inizio alla guerra del 572-591. Questa è stata sempre la sorte del trattati “di Pace Perpetua”, forse perché questa è possibile solo dopo la morte.
Il Sacro Romano Impero riprese il concetto della “Pax Aeterna” („Ewiger Landfriede“), ed, anzi, avviò un vero e proprio “movimento per la pace perpetua”, avviato con la “Pace dell’ Impero” del 1235, che sarebbe poi stato continuato da sovrani e intellettuali. Le pretese territoriali dei feudatari tedeschi si sarebbero dovute esprimere, d’ allora in avanti, non più con le faide, bensì attraverso azioni giudiziarie. Alla Dieta di Worms, del 1495, fu adottata la “Reichsgesetz”, che, creando il Reichskammergericht (il Tribunale Camerale Imperiale) di Francoforte , sanciva il monopolio imperiale dell’ uso della forza, mentre questa restava libera fra gli Stati indipendenti dall’ Impero.


2.I Progetti di crociata
Già allora la Pace Perpetua era legata a una politica di difesa dell’Europa. Se, all‘ interno dell‘ Impero, e, della Cristianità, doveva valere la Pace Perpetua, contro gl’infedeli (fossero essi mussulmani, albigesi, slavi o baltici) vigeva invece il diritto di guerra (così come nel mondo mussulmano, allo “Spazio dell’ Islam”, “Dar al-Islam”, si contrapponeva lo “Spazio della Guerra” (“Dar al-Harb”). Il concetto era che, quando il proprio impero avesse vinto contro tutti gli avversari, avrebbe potuto iniziare il “Millennio”, degna preparazione per il ritorno del Salvatore (lo Shaoshant mazdeo, il Mashiah ebraico, Gesù/Issa per Cristiani e i Mussulmani).
Ad esempio, l’accordo fra sovrani cristiani, il “Tractatus Pacis Fiundae”, proposto dal re boemo Giorgio Podiebrad, era un progetto di crociata. L’organizzazione delle crociate, originariamente compito del Papa e dell’ Imperatore, era stata così successivamente assunta da monarchi come i re di Francia e di Boemia, sotto la cui egida furono adottati i progetti di crociata (quelli di Dubois, di Podiebrad e di Sully), che introducevano organi politici paneuropei anticipanti quelli dell’ Unione Europea, potenzialmente alternativi a quelli dell’ Impero. Nonostante la decadenza dell’Impero e la frammentazione delle Chiese, non ci si rassegnava all’ idea che neppure fra i Cristiani potesse regnare la Pace Perpetua, e quindi si proponeva di attribuire ad organi collettivi la funzione regolatrice che, per Dante, spettava all’ Imperatore.
Il progetto di pace perpetua erroneamente attribuito a Kant, era, in realtà, dell’Abate di Saint-Pierre, un negoziatore del trattato di Utrecht, che si ispirava a quei precedenti medievali. Kant l’aveva semplicemente commentato, durante la Campagna d’Italia di Napoleone (quando si pensava che l’ascesa delle cassi borghesi avrebbe sostituito l’etica del commercio a quella della “gloria ed onore” di sovrani e aristocratici). Esso verrà ripreso nella versione russa della Santa Alleanza.Si noti che Kant, nonostante il suo commento favorevole alla proposta di Saint-Pierre, aveva paragonato anche, e giustamente, la Pace Perpetua a un cimitero.
Il Manifesto di Ventotene, scritto da alcuni antifascisti confinati nell’ isola di Ventotene, che si poneva come obiettivo quello si conseguire la pace in Europa mediante la creazione di una federazione, si riallacciava dunque al progetto di Saint-Pierre. Confondeva però, come questo e come i Progetti di Crociata, pace mondiale e pace europea, ordinamento internazionale e integrazione europea, ignorando fatti fondamentali come gli USA, la Russia, la Cina, il colonialismo e il dominio della tecnica. Tuttavia, coerentemente con le ambigue origini antiche del movimento per la pace, non ignorava invece la problematica bellica, ché, anzi, prevedeva che l’organizzazione militare dell’Europa fosse di competenza della Federazione. E’vero che il Manifesto contiene molte affermazioni pacifistiche, in particolare quella che “la federazione europea riduce al minimo le spese militari, permettendo così l’impiego della quasi totalità delle risorse a scopi di elevazione del grado di civiltà”. Gli estensori del Manifesto non potevano per altro immaginare che, nel nostro secolo, molte fra le spese “militari” sarebbero state dedicate proprio all’ “elevazione del grado di civiltà”, vale a dire quelle per la lotta della cultura contro il prevalere delle Macchine Intelligenti. Questo perché si dichiaravano fautori di un indifferenziato blocco di “Progresso” che proprio in quegli anni alcuni, come per esempio Heidegger , e poco dopo Horkheimer e Adorno, cominciavano invece a porre in discussione, perché tale “Progresso” riguardava le macchine, capaci di produrre la Bomba Atomica, non già la costruzione di un uomo superiore.
Oggi la stessa problematica si pone per l’ Intelligenza Artificiale.


3.La politica estera e di difesa e le nuove tecnologie.
A causa dell’ inscindibile nesso fra pace e guerra, posto dai precedenti della Pax Romana, della Landfriede e dei Progetti di Crociata, anche l’ Unione Europea era stata concepita originariamente come un’alleanza militare, la CED, che però non fu ratificata dal Parlamento francese, sostanzialmente perché non si era riusciti a definire una credibile catena di comando (problema tutt’ora irrisolto). Così, la politica estera e di difesa dell’Europa è rimasta sostanzialmente nelle mani della NATO, vale a dire degli Stati Uniti, con una funzione di “federatore esterno”, nei confronti del quale gli Stati europei si comportano come a suo tempo gli “auxilia” dell’ Impero Romano. In tal modo, le azioni militari comuni degli Europei si svolgono sotto il comando diretto della presidenza americana, così come sono state condotte le guerre di Corea, Irak, Bosnia,Kossovo e Ucraina. Questo è sempre stato un ulteriore grave limite dell’integrazione europea, anche perché, piaccia o no, le sempre nuove tecnologie (energia atomica, missili, radar, satelliti, computer, rete, droni, robot, microchip, intelligenza artificiale), che, nell’ultimo secolo, non hanno cessato di venire create, hanno tutte per lo più un carattere “duale”, vale a dire che servono tanto per il civile, quanto per il militare, e sono determinanti in ambo i settori. Il loro monopolio da parte degli USA limita quindi grandemente lo sviluppo civilizzatorio dell’ Europa, sospingendo sempre più quest’ultima verso il sottosviluppo. Le guerre attualmente in corso lo dimostrano, con il ruolo sempre più determinante di intelligenza artificiale, di satelliti, missili e droni, che conferisce il ruolo decisionale a chi li controlla, cioè gli Stati Uniti, e, ultimamente, ai loro “guru”informatici. Come se ciò non bastasse, infatti, gli Stati Uniti costituiscono il terreno di elezione delle grandi aziende informatiche che controllano l’ Occidente, e, in primo luogo, dell’ impero tecnologico di Elon Musk, membro del Governo americano e grande elettore di Trump. Da Musk dipende niente pò pò di meno che l’esito della guerra in Ucraina, che egli può far cessare in qualunque istante spegnando Starlink.Ciò evidenzia la superiorità di Musk rispetto a Trump, dimostrata simbolicamente dai segni esteriori di mancanza di rispetto istituzionale, come il rifiuto del “formal blue” e l’intreduzione dei figli nella Camera Ovale.
La previsione di un dominio mondiale dell’America-Mondo identificantesi con la megamacchina digitale -una transizione antropologica inquietante- è stata la molla principale che ha spinto, già dal secolo scorso, la “Maggioranza del Mondo”(“Bol’shinstvo Mira”) alla resistenza contro un’ occidentalizzazione che s’identifica oramai con l’inserimento di tutti nella Megamacchina: Poteri Forti, basi americane, cultura “Mainstream”, Internet, intercettazioni della NSA…
La “Guerra senza Limiti”, studiata dai generali cinesi in funzione di questo prevedibile scontro con gli USA, comprende quindi in larga misura una competizione sulle nuove tecnologie che è divenuta addirittura il cuore delle politiche americane e cinesi, fino al punto che i GAFAM, rappresentati da Elon Musk, sovrastano in USA il Presidente Trump e lo trascinano in progetti transumanisti come la conquista di Marte, che rivelano la vera natura del Progetto Incompiuto della Modernità, riallacciantesi alla religione tecnologica di Saint Simon e al Cosmismo russo. Già per Sun Zu l’“intelligence” costituiva la chiave dell’Arte della Guerra di: “Se conosci te stesso e il tuo nemico, vincerai cento battaglie”
Per questo, la questione della difesa dell’Europa non può essere disgiunta da quella delle nuove tecnologie e delle ideologie della tecnica. L’Europa non è certo inferiore alla Russia quanto a investimenti nella Difesa (anzi, spende il doppio di quest’ultima), ma è incredibilmente più debole di essa per la mancanza di investimenti nella parte “software”, che è quella delle nuove tecnologie, stranamente (?) riservate (dopo la morte di Adriano Olivetti e Mario Tchou e la chiusura della Olivetti Elettronica), a imprese e forze americane. Grazie a questa “divisione di compiti” transatlantica, le forze europee, quand’anche fossero meglio coordinate a livello continentale, non potrebbero risultare autonome dagli USA, come invece dichiarano oggi ottimisticamente molti leader europei diffidenti verso Trump (i “Volenterosi”). Ma questa è, come ha detto Witkoff, “solo una posa”, priva di credibilità politica e tecnica. Non per nulla, l’impostazione data all’azione ReArm Europe/Readiness 2030 risulta incredibilmente arretrata rispetto alle effettive esigenze del presente momento storico, caratterizzato, da un lato, dal desiderio degli USA di “ridurre il proprio impegno in Europa”, e, dall’ altro, dall’ emergere di armi rivoluzionarie come i missili ipersonici.Infatti, il piano si limita, da un lato, a rimuovere gli ostacoli finanziari all’ aumento della spesa dei singoli Stati Membri, proprio secondo quanto richiesto da Trump, e, dall’ altro lato, a prevedere un miglior coordinamento tecnico nella politica industriale, quale quello perseguito da tempo, con discutibili risultati, con l’Agenzia Europea degli Armamenti. Essa non tocca invece le questioni gravissime dell’assenza di una programmazione e comando comune, alternativi a quello NATO, di una cultura militare comune, dei sistemi di difesa più moderni, come una sorta di “Iron Drome” israeliano e qualcosa di simile ai missili ipersonici russi e cinesi, e infine di campioni europei nel campo delle tecnologie avanzate. Nel vuoto così creato, si stagliano come uniche realtà effettive i progetti di riarmo tedeschi, francesi, inglesi e polacchi, e gli acquisti di armamenti in America, il tutto restando nel campo delle tecnologie tradizionali e rafforzando il nazionalismo degli Stati membri.
Il suo significato è dunque prima di tutto psicologico/propagandistico, in quanto costituisce comunque una manifestazione d’indipendenza (almeno parziale) nei confronti dell’America di Trump, e “sdogana” l’idea del “riarmo” della Germania, che era stato “venduto” nei passati 80 anni come una delle principali ragioni d’essere dell’ ordinamento postbellico e delle limitazioni alla Politica Estera e di Difesa. Come scrive la Frankfurter Allgemeine, „Die Deutschen haben in ihrem Vulgärpazifismus versagt“(“I Tedeschi hanno fallito con il loro ‘pacifismo volgare’”).
Non serve per altro in alcun modo come deterrente contro la Russia, e tanto meno gli USA, in vista dei conflitti di oggi (Ucraina e Groenlandia).


4.Le “tecnologie duali”
Attualmente, le politiche tecnologiche dell’Europa sono disperse in mille rivoli, europei e nazionali, senza l’indicazione di alcun tipo di priorità, in modo che la politica dell’Europa viene di fatto progettata dall’America (dal DoD, dal DARPA, dalle multinazionali della difesa, dai GAFAM). Gli USA entrano fin nei dettagli delle nostre politiche industriali, come nel caso della governance di Pirelli (un fabbricante di pneumatici con un socio cinese), a cui si pretende di dettare la governance da Washington, rovinandone le prospettive di mercato. Questo contesto, che sembra fatto apposta per confermare le previsioni di Trockij (che gli USA avrebbero contingentato il capitalismo europeo), ridicolizza tutte le narrazioni del “Mainstream” -quelle “tradizionali” dei Cinesi che “rubano” la tecnologia agli Americani, mentre qui si vogliono costringere gl’Italiani a “rubare” la tecnologia ai Cinesi; dell’America liberale e liberista, ecc..-, e quelle nuove, dell’ America che vuole disinteressarsi dell’ Europa, mentre invece ci detta nei minimi particolari le politiche delle nostre imprese…D’altronde, la decisione dell’ allora FIAT di costruire solo automobili di piccola cilindrata era già stata imposta, a guerra mondiale ancora in corso, da un funzionario americano, negli uffici di Allen Dulles, responsabile della CIA in Europa, al Dott. Camerana, inviato dalla Fiat a Berna.
Infine, il, pur lodevole, principio della “Preferenza Europea”, invocato da molti, non può trovare oggi una reale attuazione a causa della debolezza, e/o dell’assenza, di campioni europei, e, anzi, il controllo americano su molte imprese europee. Gli unici campioni che siano stati creati in questi anni (Airbus, Ariane, Tornado, Eurofighter), nati, paradossalmente, in base ai principi gollisti della cooperazione intergovernativa e pubblico-privato, che si vorrebbero reintrodurre ora, furono in passato sabotati dai Governi. In particolare, l’unico grande conglomerato nato in base a questi principi, l’EADS, European Defense and Space, fra Francia, Germania, Inghilterra e Spagna, fu presto privatizzato e smantellato, per il prevalere d’ interessi nazionali e privati. Suo peccato originario: l’assenza di un forte presidio a tutela dell’interesse europeo, come avrebbe potuto essere costituito da una partecipazione azionaria forte dell’Unione Europea (per esempio, attraverso la BEI) , e uno statuto societario basato veramente sulla cogestione, secondo i principi del Modello Carbosiderurgico tedesco, o, ancor meglio, della Volkswagengesetz, che riserva ai poteri pubblici una sorta di “Golden Share” e sancisce il controllo sociale sui mezzi di produzione strategici.
Intanto, mentre si impongono agli Europei contorti, costosi e contraddittori atteggiamenti, come sanzioni e dazi, l’America continua a fare i suoi affari con la Russia e con la Cina “a margine” della vicenda Ucraina.Una qualunque seria politica estera e di difesa dovrebbe avere oggi come corrispettivo una politica tecnologica completamente diversa.


5.”Readiness 2030”: un obiettivo ambizioso, ma irrazionale
Con la modifica del nome del progetto (“Readiness 2030” anziché “ReArm Europe”), si è voluto “chiarire” (ma in modo ipocrita) che l’obiettivo della nuova politica estera e di difesa dell’Europa sarebbe quello di essere pronti entro 5-10 anni a contrastare autonomamente un eventuale attacco russo a Paesi Baltici e Polonia. Quindi, nulla a che fare con la Guerra in Ucraina, e, soprattutto, con la necessità di difendere, hic et nunc, il Canada e la Groenlandia dalla dichiarata volontà americana di aggressione.
Esprimo un mio motivato punto di vista su questa problematica perché posso dire di possedere almeno i rudimenti di “Military Preparedness”, essendo stato, nel lontano 1974, ufficiale dell’ Amministrazione Militare italiana, e avendo partecipato proprio a esercitazioni di mobilitazione generale.
La base per l’orientamento del Piano verso la preparazione bellica quinquennale sarebbe costituita da una previsione (non si sa quanto disinteressata) dei servizi segreti britannici, sulle intenzioni della Russia, ma non vi alcun motivo per cui quella russa sia veramente la minaccia militare più immediata per l’Europa. Per esempio, gli USA stanno minacciando in questo momento preciso di annettere entro questo mandato presidenziale, ma possibilmente prima, e se necessario con la forza, la Groenlandia, paese terzo associato con la Danimarca, e Vance, insieme al responsabile della sicurezza americana, è già perfino andato a prenderne simbolicamente possesso, visitando, contro la volontà delle autorità groenlandesi, una base americana nel Paese. Gli Europei intendono difenderlo? Come farlo, con centinaia di migliaia di soldati americani stanziati in Europa, e la Groenlandia già presidiata, seppure debolmente, dagli USA? Questo modello si ripeterà altrove, per esempio in Norvegia?
In secondo luogo, anche un’eventuale guerra fra la Russia e l’Europa, quand’anche arricchita di nuovi armamenti grazie a ReArm Europe e al contributo del Commonwealth, ci vedrebbe inevitabilmente sconfitti a causa delle nostre carenze di cui sopra, a meno che Musk non continuasse a fornirci la copertura dell’intelligence satellitare e, se del caso, gli USA una protezione nucleare, il cui venir meno è proprio il rischio che ha scatenato l’urgenza del piano di riarmo.
Non è pensabile che gl’ideatori del piano siano così sprovveduti da non avere considerato questi semplici dati di fatto, sicché l’ipotesi più plausibile è che, una volta di più, non si voglia affatto fare una vera politica estera e di difesa autonoma, bensì si voglia semplicemente dimostrare agli USA di avere aumentato le spese di difesa almeno del 2%, comprando per giunta in America nuovi equipaggiamenti. Poi, depositatosi il polverone, si farebbero accordi con Musk per Starlink, divenendo ancora più dipendenti di oggi dallo “scudo” americano.
Insomma, solo un modo per fare pressione sugli USA, “vendicandosi” per il declassamento consumato sull’ Ucraina e per i dazi. Come ha detto Vance, “Queste persone vogliono trasformare l’Europa in un protettorato permanente. Il problema: se mai fosse stata una buona idea, non è semplicemente sostenibile con duemila miliardi di dollari di deficit all’anno”. Ma non sarebbe comunque una buona idea, perché i protettorati sono aree che vengono svuotate di ogni vitalità, come è accaduto all’ Europa, ed è veramente singolare che ce lo debba ricordare proprio il Vice-presidente americano (che per altro viene indicato da taluni come futuro presidente dell’ Europa).


6.Una politica estera e di difesa gradualistica, ma accelerata
Un avvio graduale, ma ragionevole, di una politica estera comune potrebbe essere costituita invece dalla creazione immediata delle basi culturali e scientifiche (Accademia militare e digitale comuni), di quelle tecnologiche (sviluppo di un ecosistema digitale comune), e organizzative (un’Agenzia Tecnologica Europea), e, infine, giuridiche e finanziarie (la rinascita di una Società Europea per la Difesa e lo Spazio), con la partecipazione azionaria di Governi e imprese, sul modello di EADS ed Arianespace.
Infatti, oggi l’Europa manca di tutto quanto sopra: in sostanza, manca della sostanza effettiva della soggettività politica nell’Era delle Macchine Intelligenti. Fino ad ora, l’Europa, schiacciata fra una dipendenza puntuale ai poteri forti occidentali e un’ egemonia culturale di sinistra contraria al principio di realtà, non ha potuto fare nessuno di questi passi, ed, anzi, ha fatto di tutto per ostacolarli (demonizzazione delle culture europee d’anteguerra, cfr.Lukàcs; distruzione degli Istituti di Educazione e demonizzazione dell’epistocrazia; svendita delle imprese strategiche)..
Certamente, la lotta per la conquista (e la difesa?) della Groenlandia costituirà un ennesimo grande shock per gli Europei. Resta il fatto che ci si abitua a tutto, e il risultato potrebbe essere un rapporto ancora più coloniale fra USA ed Europa. Per evitarlo, occorre una grande mobilitazione di popolo contro l’annessione e per la difesa dell’isola artica, se necessario di concerto con altri partner interessati, come per esempio il Canada e il Regno Unito.
6.L’ “European Technology Agency” e l’ideologia olivettiana
Nell’ ideare e descrivere l’agenzia sopra indicata, ci siamo ampiamente ispirati a molti aspetti dell’attività di Adriano Olivetti, il quale aveva compreso, con l’anticipo di almeno 70 anni, il carattere determinante delle tecnologie digitali per l’intero orientamento della società del futuro, e anche l’inscindibile collegamento fra informatica, cultura e politica.
Quanto al primo punto, Olivetti aveva fatto della sua impresa il punto d’incontro fra tecnologia e società, partecipando al rinnovamento dell’ architettura industriale, al movimento per la normazione tecnica, all’elaborazione del Piano Regolatore di area larga di Ivrea e Valle d’Aosta nell’ ambito della Corporazione degli Industriali, nonché alla Resistenza, all’ amministrazione della città di Ivrea, di cui fu sindaco, alla vita parlamentare nazionale, e alla creazione del Movimento Comunità, di cui gettò egli stesso le basi teoriche. Soprattutto, raccolse intorno a sé intellettuali di tutte le specialità, dalla letteratura alla sociologia, al design, all’ architettura, alla fisica e all’ ingegneria, che poi avrebbero operato come un fertilizzante nei più svariati ambiti della società italiana.
Quanto al secondo punto, Olivetti sviluppò il rapporto università-impresa con una collaborazione con l’Università di Pisa, e per primo compì un’opera di attiva ricerca internazionale di talenti cibernetici (come oggi fanno gli Americani), con l’assunzione in America, con il supporto di Enrico Fermi, del giovanissimo e geniale fisico italo-cinese Mario Tchou, che, con un piccolo team d’ingegneri, progettò in pochissimi anni tanto un mainframe, l’ELEA, quanto, e soprattutto, il primo e fortunatissimo personal computer, il modello 101, che ebbe un incredibile successo nonostante che la divisione elettronica dell’ Olivetti fosse stata nel contempo venduta alla IBM per essere chiusa.
Le incredibili vicende di questa cessione, e la contemporanea morte, in circostanze misteriose, tanto di Olivetti che di Tchou, lasciano capire l’enormità degl’interessi in gioco intorno alla nascita dell’informatica. Di fatto, nessuno in Europa ha mai più tentato l’avventura di Olivetti e di Tchou, tanto più che, quasi contemporaneamente, si spingeva al suicidio l’altro geniale inventore europeo Alan Turing, e si sabotava l’aereo di Enrico Mattei. Infine, in quel momento Italia, Francia e Germania stavano lavorando a una bomba atomica europea, che fu poi rapidamente stoppata.
Occorre ora individuare una nuova via, attraverso una più seria strategia unitaria europea sulle nuove tecnologie e, in particolare, sulle tecnologie militari, e la ricerca di altri partner, economici e tecnologici, come la Cina. A questa nuova, complessa e rischiosa attività avevamo dedicato a suo tempo un importante studio, European Technology Agency, che avevamo inviato a tutti i vertici dell’ Unione, dalla Presidente della Commissione von der Leyen al Commissario Breton, al Presidente dell’ Europarlamento Sassoli, al Presidente della Banca Europea degl’ Investimenti Heuer, invitandoli ad abbandonare il grottesco progetto EIT, di dimensioni infinitesime, e ad affrontare con serietà la questione di una programmazione centralizzata e di lungo periodo dello sviluppo tecnologico nel continente, da affidarsi a una nuova, potente, istituzione europea, comparabile per certi versi al DARPA americano. Solo Sassoli aveva dato seguito alla nostra iniziativa nell’ambito della Commissione Tecnologia del Parlamento Europeo.
Tutta una serie di pubblicazioni di Alpina/Dialexis: “Re-starting EU Economy via Technology-intensive Industries”; “Il Ruolo dei Lavoratori nell’Era dell’Intelligenza Artificiale”,, infine, “La Regolamentazione Internazionale dell’ Intelligenza Artificiale”, che andiamo a presentare il 19 maggio al Salone del Libro di Torino. Da allora, la situazione è ancora peggiorata, con il continuo susseguirsi di documenti europei puramente teorici in materia di finanza, di ricerca, di difesa, che si sovrappongono e si elidono, mentre gli Stati Membri creano ciascuno propri enti specialistici (e mentre gli Stati Uniti e la Cina investono pesantemente in concreti programmi operativi come l’”Inflation Reduction Act”, il “Chip and Science Act”, “Made in Cina 2025, Chinese Standards 2030”, ecc…). All’ epoca, nessuno ci aveva dato retta, affermando che bisognava lasciar fare al mercato, ma ora le stesse massime Istituzioni dell’Unione Europea stanno andando esattamente sulla strada da noi indicata, imponendo soluzioni dirigistiche a livello continentale, come il piano ReArm Europe, approvato con il ricorso all’ art.122 del Trattato di Lisbona, che disciplina lo Stato di Eccezione. Resta però misteriosamente il tabù delle tecnologie duali, in cui tra l’altro l’Italia vanta precedenti unici nel loro genere (Olivetti, lanciatori SCOUT e VEGA, satelliti-spia, navette di rientro Thales-Leonardo, facilmente convertibili in missili ipersonici…). Anche in Italia si sta già dibattendo, con linee di frattura che attraversano gli schieramenti politici. Come scrive La Stampa dell’1° Aprile, “c’è chi vorrebbe accodarsi a Trump, entrando nella corte di Mar-a-Lago (Fratelli d’Italia). C’è chi vorrebbe accodarsi alla Cina, magari ritirando fuori dal cassetto la Via della Seta (i Cinque Stelle). C’è chi non ha mai nascosto i legami con Mosca (la Lega). C’è chi è disposto a fare scelte difficili, come aumentare gli investimenti in tecnologie militari, pur di rafforzare la sovranità europea (una parte del centrosinistra). E c’è chi svicola, evitando di prendere posizione e disegnando la propria identità intorno ad altri crinali, destra contro sinistra, apertura contro chiusura (un’altra parte del centrosinistra). Difficilmente ne uscirà premiato chi farà lo struzzo. I crinali politici vanno affrontati. Gli struzzi possono vincere qualche elezione, ma non vanno lontano”.
7.Sostituire l’industria americana dei servizi
Quando Ursula von der Leyen afferma che siamo pronti a vendicarci per i dazi americani, intende dire che la Commissione sta preparandosi a tassare le prestazioni di servizi dall’ America, per esempio di banche come J.P. Morgan e la Bank of America, e le piattaforme digitali come X, Google e Amazon. La UE esporta auto, farmaceutici e prodotti agroalimentari, e importa servizi, sì che la bilancia cvommerciale transatlantica non è affatto sbilanciata, bensì è in sostanziale pareggio.

Oltre agli strumenti già applicabili ai vari settori dei servizi dall’ America, la UE dispone dello specifico “Anti-Coercion Instrument, con cui potrebbe disattivare , limitare i diritti di proprietà intellettuale dei GAFAM o sescluderli dai mercati della UE.
Il punto è: come uscire da un sistema di interrelazioni, come quello attuale, che affida agli USA il ruolo dominante di esportatori di servizi “nobili”, e agli Europei il ruolo di “auxilia” o di manifattura. La Cina ha già risposto da tempo espellendo praticamente gli Americani dal proprio mercato, e costruendone uno interno altrettanto possente e concorrenziale di quello occidentale nel suo insieme. L’atteggiamento mercantilista e neo-coloniale americano sta fornendo finalmente la leva per applicare questa ricetta anche in Europa.

IL MANIFESTO DI VENTOTENE NON BASTA PIU’ (Andrea Malaguti )

Le Retoriche dell’Idea di Europa, già scosse dalla caduta del Muro di Berlino e attaccate frontalmente dai nuovi protagonisti eurasiatici, stanno letteralmente cadendo a pezzi sotto il peso delle politiche americane di Trump e da Musk, che hanno stracciato il velo di ipocrisia sugli obiettivi, la storia e i progetti dell’America (a partire dalle sue radici eretiche e schiavistiche, per proseguire con il suo spirito teocratico e imperiale, e per poi finire con il suo legame strettissimo con il postumanesimo), ma anche sulla storia dell’ Europa.
Tutto ciò che ci è stato raccontato negli ultimi 80 anni su America e Europa si sta rivelando radicalmente falso. Falso che, prima con l’Illuminismo, e, poi, con la IIa Guerra Mondiale, la razionalità abbia vinto sull’irrazionalismo (basti leggere Horkheimer e Adorno, e, oggi, gli autori americani del Dark Enlightenment). Falso che la ragion d’essere dell’integrazione europea sia òla Pace Perpetua, e che questa sia stata teorizzata la prima volta da Kant. Falso (tanto per le motivazioni, quanto per i risultati) che le truppe alleate, a Est come a Ovest, siano venute per “liberare” l’Europa. Falso che le Comunità Europee e, poi, l’Unione Europea, abbiano garantito 80 anni di pace (visto che non hanno mai avuto competenze, né capacità militari – queste essendo attribuite alla NATO-). Falso che l’”Occidente” abbia mai avuto “valori comuni”, mentre Europa ed America si sono in realtà sempre contrapposte nella storia (per esempio, su monarchia e repubblica, sullo schiavismo, sul trattamento delle minoranze, sulla cultura). Falso che l’economia europea sia stata favorita dal Piano Marshall (che non è stato neppure attuato, né dagli Europei, né dagli Americani), e dalla sudditanza a quella americana (che è stata, ed è ancora, pesante anche e soprattutto in campo economico). Falso che l’economia americana sia (o sia stata mai) liberista, ché, anzi, è stata sempre dominata dallo straordinario potere di acquisto del Dipartimento della Difesa, dall’”advocacy” a favore delle proprie multinazionali dal potere esorbitante di queste ultime. Falso che l’Europa abbia “approfittato” della difesa americana, quando questa ha prosperato solo grazie al “contingentamento” (come scriveva Trockij) dell’economia europea; l’Europa ha concesso gratuitamente per ottant’anni l’uso di centinaia di basi e ha acquistato sistematicamente armamenti in America…Se è ora di fare i conti, il risultato sarà probabilmente l’opposto di ciò che tutti si aspettano.
Falso che ciò che esiste oggi di organizzazione europea sia figlio prevalentemente del Manifesto di Ventotene, e non, invece, da un lato, delle tradizioni giuridiche dell’”Ancien Régime” (la “Pace Petpetua”), e, dall’altra, come sosteneva, suo malgrado, Spinelli, dell’ideologia “funzionalista” di Mitrany e Haas (che voleva fare dell’Europa una delle consuete “Organizzazioni Internazionali”, inserite nella “ragnatela” di organizzazioni funzionali all’ egemonia americana -cfr. Ikenberry).
Se, poi, il Manifesto di Ventotene parlava di una “rivoluzione” e di una “dittatura”(come ha detto in Parlamento Giorgia Meloni) era perché prevedeva proprio l’”impasse” in cui l’ Europa si è cacciata ora con il Funzionalismo, e anticipava proprio il trend accentratore che oggi si sta realizzando con il ricorso all’ art.122 del Trattato di Lisbona e con la violazione, da parte del Consiglio, della regola costituzionale dell’ unanimità, per reagire all’ accentramento dei poteri dei nostri concorrenti. Non si trattava, poi, di una “dittatura comunista”, come vuole lasciare intendere Giorgia Meloni, bensì di una dittatura nazional-europeista, necessaria a creare una identità comune, come furono la Rivoluzione Americana e la dittatura di Garibaldi in Sicilia. Spinelli accomunava comunisti e democratici nell’ accusa di non essere capaci di costruire l’ Europa. Se allora si fosse dato retta a Spinelli e non ai funzionalisti, oggi forse avremmo la Politica Estera e di Difesa di cui tutti sentono la mancanza, ma che non si sa da dove cominciare. Per fortuna il trumpismo costringe ciascuno a mettere le carte in tavola sull’ Europa che vogliono, rivalutando così anche il decisionismo di Spinelli!
Tentiamo ora di dimostrare, punto per punto, che il disorientamento generalizzato che traspare dalla cultura, dalla politica e dalla pubblicistica in Europa dopo l’elezione di Trump in America può essere superato solo sostituendo, alle falsità dette prima, una visione più obiettiva della realtà, che permetta finalmente agli Europei di compiere scelte ben informate.


a.Presupposti gnoseologici
Intanto, si tratta di fare chiarezza sulle pretese di “verità” delle diverse fazioni che si contrappongono nell’ attuale guerra culturale. Dalle religioni maggioritarie, che continuano (senza convinzione) le loro schermaglie sulle loro rispettive “verità assolute”, all’ “Establishment”, che bolla come “disinformazione”, e censura e condanna, ogni punto di vista differente dalla “Grande Narrazione” occidentale, ai pretesi fautori del pluralismo delle idee, che per altro negano buona parte dei filoni culturali dell’ Occidente, e praticamente tutti quelli dell’ Oriente.
Dopo Confucio, Buddha, Pirrone, Tertulliano, Averroè, Cartesio, Pascal, Berkeley, Hume, Kant, Schopenhauer, Nietzsche, Wittgenstein, Heisenberg, De Finetti, Heidegger, Feyerabend, Vattimo, chi può ancora parlare di una “verità obiettiva”? Tutti ci dobbiamo accontentare, per dirla con Kant, di “verità trascendentali” o ancor meglio, per dirla con Leopardi, di “Illusioni”. E, in ciò, le culture del resto del mondo sono state, da sempre, più “avanzate” di quella europea, perché le loro stesse lingue, e, in particolare, quelle siniche, sono caratterizzate da uno “Esprit de finesse” ben superiore a quello delle nostre. Esse non hanno mai dubitato del fatto che ciò che l’uomo vede (e/o intravvede) sia un’illusione, il “Velo di Maya”.


b.Relativismo etico

Dalla generale distruzione delle diverse fedi nell’ “obiettività” deriva anche la relatività degl’imperativi etici. Basta una lettura attenta delle opere letterarie, filosofiche, e perfino religiose, di luoghi e tempi diversi, per comprendere questa relatività. A partire dalla ben nota scena dell’Esodo, in cui Mosè, alla vista del Vitello d’Oro, spezza le tavole della legge scritte da Dio e ne scrive delle altre, di sua creazione; poi, incita i Leviti a prendere la spada, per sterminare, in spregio al “non uccidere” appena proclamato, i 3000 Ebrei che avevano adorato il vitello. Oppure gli infiniti brani in cui Dio esige lo sterminio dei popoli nemici, o ancora l’intero “corpus” omerico, tutto fondato su una guerra pretestuosa e genocida, e, poi, sulla sanguinosa vendetta di Ulisse. Per non parlare del Jihad e delle Crociate, del Satee, della schiavitù, praticata ed esaltata dalle società cristiane, della “doppia morale” delle società democratiche, dell’Enola Gay, finalmente demonizzato nelle scuole americane, ma solo perché contiene la parola “Gay”…A è vuota retorica anche “la coscienza morale dentro di me e il cielo stellato sopra di me”.
Se c’è qualcosa che fonda la morale non è, né un precetto divino, anch’esso quanto mai ondivago nel tempo, né la storia, che è sempre muta, né l’utilità (di chi?), bensì la “pietas”, il senso istintivo e irrazionale di legame fra gli uomini.


c.Storicità dei sistemi politici
Così come la morale, anche i sistemi politici variano nel tempo e nello spazio, senza che si possa stabilire una vera superiorità (basti leggere la Politica di Aristotele), sicché occorre guardare a ciò che più è adatto a un determinato popolo in un determinato tempo, senza tabù, preconcetti né etnocentrismi.
Il sistema politico perfetto (la Polis, la Repubblica, la Monarchia, la Democrazia, la Liberal-democrazia, il Liberalismo, il Liberismo, il Socialismo, la Socialdemocrazia, il Fascismo, il Socialismo Nazionale, il Corporativismo?) non esiste. Questi sistemi si succedono, si sovrappongono e si confondono l’uno con l’altro.


d.Difesa dell’umano
Pure di fronte a questa incessante mutevolezza del pensiero, dell’ etica e della politica, vi è qualcosa che resta comune all’ Umanità, o, almeno, all’Umanità che possiamo conoscere (gli ultimi 7.000 anni), a partire dai graffiti, dalle leggende, dalle scritture, dai riti e dai miti, fino alle filosofie, alle leggi, alle arti…
Quest’ uomo conoscibile, che corrisponde a quel breve periodo che ha come culmine l’”Epoca Assiale”, è ciò che accomuna anche oggi tutti i popoli, e permette loro di interagire, soprattutto in quell’ area condivisa che il teologo Hans Kueng ha chiamato “valori sottili”, comuni a tutti: “Homo sum, nihil humani mihi alienum puto”.
Ed è proprio questo Uomo dell’Epoca Assiale ch’è messo in discussione, in modo sempre più penetrante, dalla deriva tecnologica che porta al dominio delle Macchine Intelligenti e alla Singularity Tecnologica, che ora si è materializzata nei GAFAM, e, in primo luogo, nel potere esorbitante di Elon Musk.


e.L’ Alleanza fra le Grandi Civiltà
La difesa dell’Uomo dell’Epoca Assiale contro il dilagare del Postumanesimo potrebbe costituire un punto d’incontro fra popoli anche molto diversi. L’esempio più eclatante è costituito dalla famosa legislazione europea sul digitale (GDPR, Digital Service Act, AI Act), giustamente vantati come un’opera di avanguardia nella regolamentazione della tecnologia, e copiata (e anzi migliorata), senza clamore, dalla legislazione cinese, e finalmente attuata in Cina. Questo esempio dimostra come siano possibili convergenze su questo tema su scala planetaria.
Prima di morire, Henry Kissinger aveva scritto un libro, in cui proponeva di adottare una regolamentazione internazionale sull’ intelligenza artificiale parallela a quella sull’ energia atomica. A nostro avviso, si dovrebbe andare ancor oltre, creando occasioni di studio e di formazione comuni sui valori e le tecniche che servono per rendere le nuove tecnologie compatibili con l’Umano, inteso come sopra.


f.Leggere Ventotene
Nella pubblicistica e nella polemica politica delle ultime settimane, che hanno riportato nell’ attualità i discorsi di 90 anni fa sull’ Europa, è stato anche sollevato il ruolo che, nella costruzione europea, ha avuto il Manifesto di Ventotene, che, come ha giustamente sottolineato Giorgia Meloni, contiene anche idee in netto contrasto con la vulgata dell’ Establishment. Ma anche il direttore della Stampa, Andrea Malaguti, aveva già scritto pochi giorni prima: “Perché il Manifesto di Ventotene non basta più”: “Oggi, dopo essersi detti un po’ enfaticamente, quanto fosse bello il Manifesto di Ventotene, ne occorre uno nuovo, incardinato su ideali condivisi.”
A mio avviso, è necessario fare luce anche su questo punto, e, più in generale, sulle fonti a cui attinge il movimento d’integrazione europea, che sono molteplici perché gli Europei, come gli altri uomini, sono imperfetti, e quindi non è possibile che alcuno riesca ad interpretare, e fissare, al di là della geografia e della storia, tutti gli aspetti della vita culturale e politica di un Paese. Perfino i più monolitici Stati-civiltà, e perfino il loro massimo esempio, la Cina, si fondano su fonti disparate, dai Classici Confuciani, al Buddhismo Hinayana, agli Annali imperiali, al “Socialismo con caratteristiche cinesi”.
Come tentava di dimostrare il nostro “10.000 anni d’Identità Europea”, anche l’ Europa non comincia certo, come vorrebbe il Mainstream, con la IIa Guerra Mondiale, con il Manifesto di Ventotene o con i Trattati di Roma, bensì con l’ingresso nel Continente delle sue meta-etnie, ancor oggi riscontrabili nella genetica europea, quelle dei Cacciatori-Raccoglitori, degli Agricoltori Medio-Orientali, dei Popoli delle Steppe e degli Agricoltori Nord-Africani. Erano già “Europei” i guerrieri descritti da Ippocrate e da Erodoto, i Romani “alti e schietti” degli Annali degli Han Anteriori, i sovrani dei Trattati della Pace Perpetua (Filippo l’Arabo, Giustiniano),la Paneuropa di Coudenhove-Kalergi.
Abbiamo avuto la teorizzazione dell’ identità degli “Europaioi” da parte di Ippocrate, di Strabone, di Dione Cassio e perfino da parte degli Annali degli Han Anteriori; il De Monarchia e il De Vulgari Eloquentia di Dante; i Progetti di Crociata e di Pace Perpetua; la Nazione Cristiana della Santa Alleanza e di Novalis; la Paneuropa di Coudenhove Kalergi, con le sue riflessioni sul federalismo mondiale, sulle élites, su una religione civile comune..; le tesi storico-politiche del Manifesto di Ventotene; la Costituzione Federale Italiana ed Europea di Duccio Galimberti, vera espressione della Resistenza; la progressiva edificazione di un Diritto Europeo…Ciascuno di questi costituisce un elemento dell’ Identità Europea, che, rimontati tutti insieme in funzione delle sfide storiche che andiamo affrontando di volta in volta, costituiscono l’”Identità Europea”, la base culturale per la costruzione dell’ Europa Unita.
Considero il Manifesto di Ventotene perfettamente attuale , anche e soprattutto per i caratteri “nietzscheani” (quelli respinti da Meloni) dello “Spinelli notturno”, che giudicava inadatti a fare l’ Europa, non solo i comunisti, ma anche i democratici, a cui contrapponeva i federalisti europei, e inoltre propugnava (come del resto Galimberti, Olivetti e Giustizia e Libertà), il divieto dei partiti e la nazionalizzazione delle industrie strategiche.
Di converso, la recente ossessione dell’ “Establishment” per il Manifesto di Ventotene e la beatificazione dei suoi autori costituisce una forma blasfema d’idolatria come la rappresentazione dell’Apoteosi di Washington nel Capitol, e la mummia di Lenin sulla Piazza Rossa, oltre che un insulto a coloro (da Ippocrate a Strabone, da Podiebrad a Sully, da Saint-Pierre ad Alessandro I, da Coudenhove-Kalergi a Galimberti, da Jean Monnet a Gorbaciov), che hanno contribuito in modo altrettanto sostanziale all’ edificazione e rinnovamento dell’ Identità Europea.
Infine, la costruzione europea postbellica prescindeva dai partiti di sinistra, che avevano espulso Spinelli (revisionista di destra), perché erano filosovietiche e staliniste. Quando negli anni 50 si votarono le leggi di ratifica dei tre trattati istitutivi, il PCI votò sempre contro, mentre il PSI si astenne. Erano le leggi “pro Europa” volute da quel gigante di De Gasperi e per le quali votò a favore anche l’ MSI… Quindi, gli attuali eredi di quei partiti storici della sinistra, che oggi si riempiono la bocca di europeismo, possono farlo anche grazie al voto favorevole dei missini.


g.Oltre gli Stati Uniti d’Europa
A mio avviso, se il progetto d’ integrazione europea postbellica ha un limite, è quello di aver voluto imitare pedissequamente gli Stati Uniti d’America, una realtà oramai invecchiata, creata in un mondo completamente diverso, con pochi insediamenti di lingua inglese sulla costa Est del Nord-America, retti per lo più in modo feudale e, oligarchico e spesso teocratico, con pochissimi abitanti, la maggior parte dei quali schiavi: il tutto facente parte dell’ Impero Britannico. Nulla a che fare con i 500 milioni di Europei del XXI secolo, con 50 lingue diverse e storie e geografie diversissime, dalle steppe ai ghiacci eterni, dalle coste con storie millenarie al mondo alpino, dalle metropoli tentacolari alle isole incontaminate…
Sotto questo punto di vista, avevano ragione Mitrany e Haas a contestare l’imitazione degli Stati Uniti da parte di Spinelli. I due, peròtemevano, in realtà, che gli Stati Uniti d’Europa potessero competere (la cosiddetta “rivalità mimetica”) con gli Stati Uniti, da essi prediletti e prescelti, così come teme oggi Giorgia Meloni, ai quali è legata anch’essa a filo doppio con gli USA. Io temo invece che, quand’anche gli Stati Uniti d’ Europa si facessero, non potrebbero riuscire a fare un’adeguata concorrenza agli USA, perché la loro ambizione è quella di imitarli, non già di superarli. Per fare questo, ci vorrebbe un’idealità superiore, che, ad oggi, non c’è nell’ “establishment” europeo.
Questa volontà di omologare l’Europa all’ America si spiega benissimo con l’origine del Movimento Europeo postbellico, che partì da un’iniziativa americana (Fulbright, Dulles, Sullivan, Acheson, Allen and Overy), mirante, come scriveva Brzezinski, a costituire un avamposto dell’ America in Eurasia. Il Movimento Federalista Europeo entrò solo in modo trasversale in un Movimento Europeo creato da una lobby americana (l’”American Committee for a United Europe”).Come ha dimostrato per ultimo il brusco avvicendamento fra Biden e Trump, l’eterodirezione dell’ Europa da parte dell’ America è foriera, al di là delle scelte ideologiche di ciascuno, di risultati catastrofici per l’ Europa, sì che s’impone con urgenza un approfondimento sulle nostre caratteristiche peculiari e sui nostri diversi obiettivi. In primis, quello di neutralizzare l’influenza anti-umana di Musk e dei GAFAM, che ha trovato in America una base operativa efficace e temibile, e di cui invece qui non parla nessuno (perché infiniti sono i legami sia con gl’interessi di Musk, sia con l’ideologia transumanista).
Sono invece, secondo me, secondarie e discutibili le critiche di tipo settario, come quella secondo cui l’UE sarebbe troppo militarista, neo-liberista, woke o laicista. Uno Stato-civiltà che, come la Cina o l’India, deve superare i millenni sarà per forza, di volta in volta, militarista e pacifista, neo-liberista o statalista, woke o suprematista, laicista o ortodosso, perché vive non nell’ utopia, bensì nella Storia, e a questa reagisce.
In questo senso si giustifica una lettura critica del Manifesto di Ventotene, che non può certo essere invocato quale fondamento unico dell’ integrazione europea, in primis, perché esso stesso non ha mai preteso di esserlo, essendo limitato a un discorso storico-politico situato storicamente, e non comprendendo nessun aspetto religioso, filosofico, artistico, giuridico o economico, sì ch’esso ha un senso solo se affiancato con le alte fonti da noi citate, ciascuna per la parte di sua competenza, il tutto attualizzato al 2025.
Mentre ci rallegriamo del fatto che finalmente, nel Parlamento italiano, si sia discusso almeno una volta animatamente sul Manifesto di Ventotene, lamentiamo che esso continui impropriamente ad essere citato come fonte unica. Anche perché, come detto in precedenza, esso non è stato minimamente utilizzato dai padri fondatori delle Comunità Europee(i famosi Monnet, De Gasperi e Adenauer ), che si attennero invece di fatto alle indicazioni dei “Funzionalisti” Mitrany e Haas. Peccato che il Funzionalismo sconfinava già allora nel postumanesimo, sostenendo che le “funzioni” umane possono essere trasferite alle macchine. La “Dichiarazione Schuman”, scritta a due mani da Monnet e dall’ Americano Acheson, non fu altro che la formulazione ufficiale delle idee dei Funzionalisti, e i Trattati di Parigi, Roma, Bruxelles, Maastricht, Amsterdam, Nizza, Lisbona, le Comunità Europee e l’Unione Europea, la messa in pratica di quelle idee. Nessuna sorpresa quindi per gli esiti disumani e per la convergenza di fatto con Musk. Giorgia Meloni ha ragione, dal suo punto di vista “nazional-democratico”, a riallacciare il proprio nazionalismo e le proprie idee di “alleanza europea“ e di “Patriottismo transatlantico” alla scuola funzionalistica del “Maistream” europeo. Ma è proprio quella scuola che occorre, a mio avviso, superare per fare fronte efficacemente alla transizione fra Post-Modernità e Post-Umanesimo, rovesciando quest’ultimo con uno scatto volontaristico come quello ipotizzato dal primo Spinelli con la sua “Rivoluzione Europea”.
Invece di difendere o condannare Ventotene, occorrerebbe studiarla per attuarla, attualizzandola.


h.Oltre la Nazione Italiana
Quanto all’ ossessione del nostro Primo Ministro per “la Nazione Italiana”, ricordiamo che già ai tempi di D’Annunzio e di Mussolini essa era considerata superata, tant’è vero che si erano create organizzazioni fiancheggiatrici (come la Lega dei Popoli Oppressi e i Comitati per l’Universalità di Roma di Coselschi), che propugnavano l’unificazione europea, organizzando ottimi congressi su questo tema, come quelli di Montreux, di Roma e di Parigi, con la partecipazione di fior di intellettuali di tutta Europa, che avevano certamente anticipato quelli di fondazione del Movimento Europeo (non a caso, a Montreux). Perfino gli “Anticonformistes des Années Trente” e i “collaborateurs intellectuels” dei Paesi dell’Asse avevano elaborato, durante la IIa Guerra Mondiale, una loro visione dell’ Europa, non coincidente con quella dei loro governi, ed espressa in altri convegni, a Lipsia e a Vienna.
L’attuale ossessione per i piccoli nazionalismi europei (“Kleinstaaterei” di Kaja Kallas) piace invece a Washington perché è comodo giocare sulle rivalità fra le piccole nazioni europee per impedire agli Europei (dell’ Est o dell’ Ovest) di contare nel mondo.
Che poi l’Europa di Bruxelles, per distinguersi dall’ America, stia divenendo “più realista del re”, riprendendo le guerre per procura dei democratici americani, è un altro paio di maniche. Ambedue queste tendenze sono anti-europee e colpevoli di servilismo. Al massimo, andrebbero strumentalizzate, come un’astuzia per riuscire ad ottenere quell’ “autonomia strategica” di cui, fino a poco tempo fa, non si poteva nemmeno parlare.
Noi sosteniamo una linea politica non allineata, né sulla “guerra alle autocrazie” cara ai democratici americani e filo-americani, né sulla proliferazione di sempre nuove micronazioni, come pretenderebbe Kaja Kallas.
L’idea di una Nazione Italiana è un’idea progressista, sulla scia di Herder, subordinata alla missione mondiale dell’America. Essa risale ai tempi dell’occupazione napoleonica dell’Italia, quando la Francia inventava, nei Paesi conquistati, delle “Repubbliche Sorelle”, destinate a forgiare delle nazioni borghesi sul modello americano, che combattessero a fianco della Francia contro le monarchie europee. La bandiera bianco-rosso-verde, che era quella che si credeva erroneamente fosse la bandiera della Rivoluzione Francese, era quella delle truppe ausiliarie italiane, e fu inaugurata a Parma durante l’occupazione dei Ducati da parte delle truppe napoleoniche di Dąbrowski, che lì cantarono per la prima volta l’inno polacco, la Mazurk Dąbrowzkiego: “Marsz, marsz, Dąbrowski do Polski ze ziemi włoski” (“Marcia, Marcia, Dąbrowski, dalle terre d’Italia alla Polonia”). Più tardi, Mazzini scriverà a Lincoln offrendogli semplicemente la leadership dell’Europa purché gli USA si mettessero a capo della lotta dei repubblicani contro le monarchie europee .In effetti , in tutti questi eventi, l’idea era già semplicemente di replicare pedissequamente in ogni nazione, la Nation Building americana, e, poi, francese.


i.La bandiera europea, simbolo di tradizione
Oggi, alla luce della transizione postumanistica in corso, vi è in tutti i Paesi un movimento di insofferenza contro le conseguenze delle Rivoluzioni Atlantiche (Janata Party, Islam politico, Socialismo con Caratteristiche Cinesi, Neo-Ottomanesimo, Eurasiatismo, Dark Enlightenment). Logico che anche in Europa si manifesti un siffatto movimento, che, a dire il vero, qui non è ancora veramente cominciato, ma che sicuramente verrà propiziato anche qui dallo Zeitgeist mondiale, come dimostra la vicenda della bandiera con le 12 stelle.
Quest’ultima, che oramai domina le piazze, è molto più tradizionalista dei vari tricolori delle “nazioni” europee. Essa è nata infatti come un simbolo mariano. A dichiararlo è stato Arsène Heitz, il grafico che partecipò e vinse il bando del Consiglio d’Europa nel 1950. Egli è rimasto poco noto, ma il suo disegno parla di Maria, ispirato dal passo dell’Apocalisse in cui si parla delle dodici stelle: «Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una Donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle».
Per disegnare il bozzetto, il giovane designer si ispirò alla medaglietta miracolosa che portava al collo, che riproduce le stelle in circolo, e scelse lo sfondo azzurro mariano. Il bozzetto vinse il concorso presieduto dal responsabile dell’ufficio stampa del Consiglio, Paul M. G. Lévy. Gli Stati europei all’epoca erano solo sei, ma Arsène Heitz, senza rivelare la fonte che lo ispirò, spiegò che il dodici è «un simbolo di pienezza». Rappresentano le dodici tribù di Israele, ma 12 sono anche gli apostoli, insomma nella Bibbia il numero che rappresenta la diversità nell’unità, la differenza tra quanti si riconoscono nell’unico Signore e creatore. È per questo che Arsène Heitz chiese esplicitamente nel progetto che la bandiera non la si dovesse ritoccare se i membri avessero superato quel numero.Ultima “coincidenza” significativa: i Capi di Stato la approvarono in un giorno “particolare”: l’8 dicembre 1955, il giorno dell’Immacolata Concezione.
Il culto della Grande Madre risale al Neolitico e forse addirittura al Paleolitico, se si leggono in questo senso le numerose figure femminili steatopigie (cosiddette veneri paleolitiche) ritrovate in tutta Europa. Figure accostabili alla Grande Madre sono rinvenibili ad esempio in: Ninhursag, nell’area mesopotamica;Iside in Egitto; Durga e Avalokitesvara in India; Guanyin in Cina; Ashtoreth, in Fenicia;Cibele, nell’area anatolica;Asherà e Ester in Israele; Gea e Rea nell’area greca;Mater Matuta nell’area etrusca; Bona Dea o Magna Mater nell’area romana; Freya in Germania.
Anche le 12 stelle hanno un’origine antichissima, perché ricordano i 12 grandi dei del pantheon mediterraneo, che nel Mondo Greco-Romano sono gli abitatori dell’ Olimpo, e oggi sono venerati dalla religione “dodecateica”, riconosciuta recentemente dalla Repubblica Greca.