L’obsolescenza degli Stati nazionali era stata descritta da più di un secolo, da autori diversissimi come Nietzsche, Lenin, Coudenhove-Kalergi, Schmitt, Mussolini e Hitler, ed era stata dimostrata praticamente dalla 2° Guerra Mondiale. Ciò non significa per altro la fine delle identità collettive, bensì invece il loro potenziamento grazie all’emergere, fra i vari livelli di aggregazione politica, del Grandi Spazi di cui parlava Carl Schmitt(gli “Stati-Civiltà”). Quell’obsolescenza è stata accelerata esponenzialmente dall’ emergere dei “Complessi informatico-digitali” propri di alcune potenze, che proiettano il loro potere ben al di là delle loro frontiere. Il fatto che, come confessato quotidianamente dai grandi opinionisti dell’ “establishment”(p.es, Ezio Mauro, Massimo Giannini, Sergio Fabbrini, Carlo Galli..) , essi non avessero capito che ciò stava accadendo costituisce un colossale fallimento dell’ attuale blocco di potere e della sua cultura autodefinentisi “progressista”. Noi, invece, avevamo capito questo fino dalla nascita della “ideologia californiana” quale follow-up del sessantottismo, e dall’ affermarsi, nei più diversi ambienti, di teorici post-umanisti quali Teilhard de Chardin, Ray Kurzweil, Donna Haraway e Eric Schmitt e del potere teologico, culturale, spionistico, poliziesco, finanziario, accademico, militare e tecnologico di lobbies dello stesso segno. Avevamo anche lanciato, inascoltati, un’ ininterrotta campagna per contrastare questo fenomeno. Ciò che i teorici dell’”establishment” hanno ignorato, e continuano ad ignorare, o a fingere di ignorare, è che l’attuale passaggio, come scrive Giorgio Galli, “dal progressismo al futurismo”, non è limitato alla sfera politica, bensì ha carattere esistenziale ed era insito nel DNA del movimento progressista. Bastava leggere “l’Educazione dell’ Umanità” di Lessing, il “Primo Programma Sistemico dell’idealismo tedesco”, la “Religione dell’ Umanità” di Saint-Simon, la “Filosofia del compito comune” di Fiodorov, “il Mondo Nuovo” di Huxley, le opere di Asimov, di Teilhard de Chardin, di Kurzweil. Abolire il potere dell’ uomo sull’ uomo implica la necessità di conferire questo potere a qualcun altro, che, secondo certi chiliasti, sarebbe stato Dio, ma che, in pratica, si è rivelato essere la macchina: “Deus ex Machina”. L’uomo è “antiquato” (Anders), e perciò anela ad essere sostituito dalle macchine, molto più perfette di lui. Questa sostituzione può essere fermata solo da una controspinta di carattere spirituale, che si incarni nelle forme adeguate nella politica. A questa realtà, si tende ancora sempre a sovrapporre un’ antiquata logica economicistica, che pone alla base di tutto ciò le trame del “capitalismo”, mentre invece la motivazione profonda di Kurzweil, Schmitt e Musk è religiosa: la realizzazione sulla terra delle promesse escatologiche delle religioni, come teorizzato da Lessing, Sant-Simon, Marx, Fiodorov, Lunacharskij e Teilhard de Chardin.
La “Torre di Tatlin”, simbolo del Cosmismo russo
1.Gli “Stati Nazionali” subordinati agli Stati-Civiltà Già nel XX° secolo, come in passato, solo blocchi di una certa dimensione come il Sacro Romano Impero, dell’ Austria-Ungheria, degl’ imperi russo, ottomano e anglo-indiano, dotati di una pretesa universale, potevano avere un peso nell’ arena internazionale. Per questo erano stati pensati l’Unione Sovietica, Paneuropa, la “Sfera Asiatica di Co-prosperità”, l’”Impero” d’Etiopia e perfino il “Reich” per antonomasia, quello hitleriano. Di converso, gli Stati nazionali erano stati sempre più condannati, come previsto, per esempio, da Djilas, a “prendere ordini” da altri, come era accaduto con la decadenza di Francia e Inghilterra (crisi di Suez), e gl’interventi sovietici in Germania, Ungheria e Cecoslovacchia, nel nome dell’ideologia dei rispettivi “Stati-guida” (autodeterminazione dei popoli e/o difesa del socialismo). In effetti, il moderno “nation building” del Secoli 19° e 20° aveva avuto luogo per l’influenza neanche troppo coperta di potenze transnazionali come la Fratellanza Morava (cfr. il “Testamento della Madre Morente” di Comenio), il “Progetto Greco” di Caterina II, la Repubblica Cisalpina, la Loggia Ausonia di Cavour, i 14 Punti di Wilson, la “politica delle nazionalità” di Lenin e Stalin, ecc.., che partivano dall’idea che le “nazioni” (e/o “nazionalità”) fossero tutt’altro che sovrane, bensì dovessero seguire le orme dei rispettivi Paesi-guida (Boemia hussita, Province Unite olandesi, Inghilterra puritana, Stati Uniti, Impero napoleonico, Inghilterra, Unione Sovietica, Germania..), realizzando così le rispettive “missioni”(Cfr. Comenio, Herder, Mazzini, Kipling). Lo “Stato nazionale sovrano”, borghese o socialista, è sempre stato dunque concepito come elemento di una “missione” sovraordinata (termine religioso di origine militare: Progresso, Socialismo, Democrazia, Pace….)-e, oggi, in Occidente, semplicemente come una provincia dell’Impero Americano, di cui è chiamato ad assumere una “missione”. Quella assegnata all’ Europa assomiglia a quella della SACEUR, il comando europeo della NATO(cfr. Brzezinski, La Grande Scacchiera). Nel caso dell’ Italia, è quella che i politici chiamano “euromediterranea”, cioè garantire gl’interessi dell’ America verso Sud e verso Est (in competizione con la Francia). La pretesa di “universalità” delle grandi ideologie moderne maschera in effetti la volontà di ciascuno Stato-civiltà di trasformare la propria sfera d’influenza in un impero mondiale (l’”egocentrismo romano-germanico” di cui parlava Trubeckoj).Ma, invece, l’instaurazione di un reale “federalismo mondiale multilaterale” non può prescindere da un equilibrio fra le sfere d’influenza dei vari Stati-Civiltà. Ciò che è stato chiamato Panamerica (o Organizzazione degli Stati Americani), Panafrica (o Organizzazione degli Stati Africani), Paneuropa (o Federazione Europea), o Nuove Vie della Seta, sono stati, e sono, tentativi di strutturare la terra “per continenti”, in modo da rendere possibile un’organizzazione equilibrata del mondo (un nuovo “Nomos della Terra”). Ne consegue che compito primario del federalismo mondiale (e, di riflesso, di quello europeo), è quello di costringere l’espansionismo mondiale americano entro i limiti dello spazio vitale nordamericano. L’attuale situazione di subordinazione al “centro” americano delle nazioni occidentali all’ interno di un’area più vasta è evidente da tempo. Possiamo risalire alla partecipazione di Cavour alla Società Americana dei Molini e alla lettera di Mazzini a Lincoln, con cui il rivoluzionario genovese offriva agli USA la leadership dell’Europa purché questa guidasse i repubblicani nella lotta contro le monarchie. Dai tempi delle Leggi Razziali, Mussolini era stato ridotto talmente a un fantoccio di Hitler, da costringere alla fuga suoi accaniti sostenitori, come Margherita Sarfatti ed Enrico Fermi, e condannare a morte, pur di compiacere la Germania, persino suo cognato. Poi fu la volta dei comunisti: la “Svolta di Salerno” fu “concordata” fra Stalin e Togliatti in una notte al Cremlino, dopo di che il leader del PCI fu trasportato d’urgenza a comunicarla agl’Italiani. Nello stesso modo, De Gasperi si era assentato subdolamente dal Parlamento quando fece approvare il trattato (fondamentale) che ha concesso (a tempo indeterminato?) centinaia di basi agli USA con condizioni, economiche e di extraterritorialità, inaudite e uniche nel mondo. Alcuni (come per esempio il gaullismo) avevano tentato di “vendere” le Comunità Europee come un percorso per affrancarsi da questa sudditanza postbellica, ma si comprese in seguito che questi progetti non venivano perseguiti con sufficiente forza. Il successivo tentativo di Gorbachev e di Mitterrand di costruire una “Confederazione Europea” si era dissolto fin dal principio, con l’invito a Carter al Congresso di Praga. Questa sudditanza a 360° dei politici italiani si è conservata intatta fino ad oggi, con la partecipazione a semplice richiesta alle missioni in Somalia, Libano, Irak, Afghanistan, Ucraina, e, ora perfino in Cina e nel Mar Rosso. Anche più recentemente, tutti coloro che hanno avuto ruoli istituzionali, anche se oggi ostentano velleità sovraniste, non possono essere stati esenti da una storia di servilismo. Ad esempio, Sinigallia cita, su L’Antidiplomatico, il generale Vannacci: “Vannacci partecipa come tenente all’intervento militare in Somalia tra 1992 e 1994 nell’ambito della Missione Ibis, durante la quale il personale militare italiano commetterà documentati crimini di guerra ai danni della popolazione locale e di prigionieri, tra cui violenze sessuali e torture.” “..in Afghanistan è al comando della famigerata ‘Task Force 45’, …ricevendo per il suo servizio a favore degli USA una Stella di Bronzo nel 2014. Nel 2018 è nominato capo del contingente terrestre italiano dell’Operazione Prima Parthica, parte della campagna anti-ISIS in Iraq, …. venendo poi premiato con l’onorificenza statunitense ‘Legion of Merit’.”
La conquista dello spazio: un’idea bolscevica
A partire dalla caduta del Muro di Berlino, vi è stata una tendenza sfrenata, da parte del “complesso informatico-digitale”, di estendere la propria area d’influenza al mondo intero americano (cfr. Massimo Giannini su “La Repubblica”), così realizzando quella missione egocentrica dell’”Occidente romano-germanico”(Nikolaj Trubeckoj, “Europa e Umanità”).In un certo momento, questa ambizione era sembrata realizzarsi, con il controllo centralizzato del Presidente americano sulle “covert operations” e sulle 16 agenzie americane di “intelligence”, non solo sugli USA, ma su tutto l’”Occidente”(la “Presidenza Imperiale”). Ciò che è nuovo oggi, e che ha fatto oggetto per la prima volta di una levata di scudi perfino in Parlamento, è la palese sottomissione, neppure più allo Stato Americano, bensì alla sua più importante impresa, titolare di un monopolio mondiale in tutti i settori strategici della vita contemporanea, interveniente incessantemente nella vita politica interna di tutti i Paesi (a cominciare dagli USA, per arrivare all’Italia e alla Germania), nel nome dell’ interpretazione più totalitaria possibile del progetto post-umanistico (con la gestione diretta di importanti asset militari e spaziali, gl’impianti cerebrali, gli androidi, i social network): “Il complesso militare-digitale controlla la Casa Bianca, il Congresso, la Corte Suprema, e non rende conto a nessuno.”(cfr. Giannini si “La Repubblica”) Non che i governi precedenti a quello Meloni, a cominciare da quelli democristiani che distrussero la Olivetti, per finire con la Commissione Europea sotto Barroso, Juncker e von Der Leyen, non fossero succubi dell’ America (basti pensare ai misteri che ancora gravano sulle “stragi di Stato” e sulla fine dell’ Olivetti, e all’ inosservanza delle sentenze Schrems della Corte di Giustizia europea), ma oggi constatiamo proprio una difesa preconcetta e a oltranza degl’interessi americani contro quelli europei: ostilità “senza se e senza ma” verso i BRICS; isolamento dei nostri mercati dai ricchissimi mercati eurasiatici (molto più promettenti di quelli occidentali, cfr. Lagarde e von der Leyen); accettazione incondizionata delle ingerenze dei GAFAM; ostilità verso la riappacificazione con la Russia, anche a costo di urtarsi con la Presidenza Musk. In pratica, nel momento in cui lanciamo il “Piano Olivetti” e i “Piano Mattei”, stiamo invece portando a compimento i piani dei nemici di Olivetti e Mattei: il controllo del mondo da parte delle multinazionali americane dell’informatica e del petrolio. Olivetti e Mattei restano gli eroi fondatori dell’ attuale progetto di mondo pluricentrico e poliedrico, a cui occorrerebbe ispirarsi ben più autenticamente. Paradossalmente, l’unico che sta combattendo attualmente la supremazia di Musk sembra essere proprio il suo alleato Trump, che, a capo del Department of Government Efficiency (D.o.g.e.), gli ha affiancato l’Indiano Vivek Ramaswamy (suscitando le reazioni dei nazionalisti più accaniti). Su “Truth Social”, Trump ha anche attaccato la proroga, da parte di Biden, della section 702 du Foreign Intelligence Surveillance Act (FISA), che ha permesso di spiare la sua campagna presidenziale, e ancor oggi può costituire uno strumento di ricatto anche nei suoi confronti. Aggiunta nel 2008 al Fisa, questa sezione 702 permette alla NSA et all’ FBI di sorvegliare senza mandato le comunicazioni, in particolare la posta dei cittadini stranieri all’ estero (per esempio, fra Europei). Tutto ciò potrebbe però avere solo un carattere omeopatico, per fingere di agire ignorando la richiesta, diffusa negli USA, di fare, dei GAFAM, uno spezzatino come l’Antitrust aveva fatto, un secolo fa, con la Standard Oil e con la AR&T. Per altro, anche Trump è convinto, come Musk, di poter imporre qualunque cosa ai propri alleati, come dimostra un suo recentissimo post su “Truth” in cui dà praticamente per scontata l’annessione di Canada e Groenlandia : “Also, to Governor Justin Trudeau of Canada, whose Citizens’ Taxes are far too high, but if Canada was to become our 51st State, their Taxes would be cut by more than 60%, their businesses would immediately double in size, and they would be militarily protected like no other Country anywhere in the World. Likewise, to the people of Greenland, which is needed by the United States for National Security purposes and, who want the U.S. to be there, and we will!” Ma neanche con gli Europei Trump scherza: l’effetto congiunto dell’aumento al 5% della spesa militare, dei nuovi dazi e dell’obbligo di acquistare il gas liquefatto dagli USA comporterà forse il definitivo declassamento dell’ Europa a Paese in via di sviluppo, di cui si hanno le prime avvisaglie nella deindustrializzazione e nell’importazione di manodopera a buon mercato. Infatti, secondo molti, come Lavrov, ministro degli Esteri russo, gli USA considerano anche l’Europa come un rivale da sminuire e abbattere:“The United States seeks to weaken any competitor, be it Russia, China, or Europe.They have long proclaimed the principle that no country around the world may be stronger than the United States. Clearly, life is tougher than statements or declarations, but in order to realise the inevitability of adopting different behaviour, the United States still has a long way to go.”
La Commissaria Vera Jourovà dopo avere concordato con Zuckerberg il contenuto del DGPR
2.Il controllo sugli Europei Grazie al paragrafo 702 del FISA, NSA e FBI possono fare le intercettazioni dei cittadini europei senza neppure avvisare (come successo ai tempi del Datagate), mentre, per fare le stesse intercettazioni, le autorità nazionali europee devono percorrere complessi e incerti iter burocratici. Inoltre, intercettazioni per ipotesi distrutte per ordine del nostro Presidente della Repubblica (come quelle sulle trattative Mafia-Stato di Napolitano) sono invece state conservate dalla NSA e dalla FBI, che possono usarle per ricattare i politici europei. Che tutti considerino normale questo controllo poliziesco costante su ogni cittadino o istituzione in Europa rivela come minimo il livello elevatissimo di decadenza dell’autocoscienza degli Europei stessi. Come se non bastassero le intercettazioni, Musk intende impiantare nella maggior parte dei cervelli dell’Umanità le chip di Neuralink, in modo da fare di tutti un’unica “Megamacchina”(i “Cervelli all’ ammasso”), realizzando così il sogno occulto di tutti i “progressisti” di tutti i credi (cfr. lo “Spirito Assoluto” di Hegel o il “comunismo” di Marx). E’ per questo che “il progetto liberal della tarda modrtnità, vittorioso su quello comunista, si è affidato alla tecnica e all’ economia capitalistaica nella speranza di essere in grado di controllarne la potenza e di indirizzarle verso finalità umanistiche- di uguaglianza, emancipazione, civilizzazione-, ma è rimasta soccombente davanti ai propri strumenti..”(Carlo Galli, La Repubblica). Di converso, la durezza del dibattito in corso America sul FISA mette ancor più in evidenza, per contrasto, la leggerezza con cui la Commissione von der Leyen ha firmato, nell’ ambito dello “scambio di dati” fra gli Stati Uniti et la UE, il “Data Privacy Framework (DPF) 2023”, con il quale si è aggirato per la terza volta il preciso dettato delle Sentenze Schrems della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Con il che, la Commissione, che non smette di proclamarsi paladina dello Stato di Diritto e di criticare altri Stati, anche membri della UE, per averlo violato, in realtà è in stato di permanente e ostinata violazione del principio della “privacy” quale affermato nel GDPR e nelle sentenze vincolanti della Corte di Giustizia. Non per nulla l’11 maggio 2023 il Parlamento aveva chiesto (inutilmente) alla Commissione di rinegoziare l’accordo con gli Stati Uniti perchè «il quadro UE-Stati Uniti sulla privacy non garantisce un livello di protezione sostanzialmente equivalente », perché i servizi segreti americani hanno accesso senza difficoltà ai dati degli Europei, così frustrando l’insieme delle politiche europee in materia di ICT. Di fatto, rispettare il GDPR pur trasferendo i dati in America è impossibile perché gli USA rifiutano di disapplicare l’art.702 del FISA ai dati trasferiti dalla UE agli USA, mentre le imprese europee rifiutano di accettare il vero e proprio blocco dei dati verso l’ America, che paralizzerebbe l’economia europea, a meno che essa non creasse un proprio “web sovrano” come quello cinese. Adesso, i nostri Governi hanno trovato due nuovi metodi per allinearsi automaticamente con l’America: a)le sempre più numerose maggioranze di destra, plaudono (per una forma di solidarietà ideologica) a qualunque cosa faccia la presidenza americana, e soprattutto a qualsiasi cosa chieda Musk, come se si trattasse di vittorie del conservatorismo, così silenziando le tradizionali perplessità europee (per lo più di segno conservatore) contro il progetto post-umanista, di cui Musk non è che la punta di diamante, e che oggi pretende di presentarsi come conservatore, ma che, fino a ieri, si annidava nella maggioranza di Biden (cfr. p.es. Eric Schmidt), e che ancora sostiene le principali agende “progressiste”(come la “Megamacchina”); b)essendo in corso una guerra che è, di fatto, fra Paesi eurasiatici (Russia, Bielorussia e Corea del Nord), e Paesi occidentali (l’Ucraina più i suoi alleati),l’accesso agevolato ai dati europei da parte dei servizi segreti americani viene “venduto” (p.es., da Wewiòrowski) come un’esigenza militare, mentre, invece, è proprio di una situazione bellica che gli Stati divengano particolarmente gelosi della gestione dei propri dati, anche e soprattutto nei confronti degli alleati. Purtroppo, questa “cattura”, da parte americana, dei partiti di “destra” è facilitata dal fatto che le correnti di “destra” sono state di fatto perseguitate per un secolo un secolo, non solo a est (p.es., la “Nave dei filosofi”, Florenskij, Cvetajeva, i due Gumilev, Sol’zhenitsin); ma anche a Ovest (Gentile, Brasillach, Céline, Pound,Evola, Guareschi), e ora, nell’ entusiasmo di essere passate dalla parte del potere americano, stanno abbandonando le loro tradizionali obiezioni contro la modernità, la democrazia, l’America e il suo materialismo mercantile. Si tratta dell’ennesimo caso di “appropriazione culturale”, da parte degli USA, delle tradizioni altrui. In questo caso, si tratta di dare, con uno “Slancio mitico-futurista” (Carlo Galli), una curvatura “transumanista” alla sotterranea tradizione nietzscheana che innerva tutte le sub-culture europee (dal cosmismo russo al neo-positivismo, dal futurismo al dannunzianesimo, dal marxismo-leninismo ai fascismi, dal federalismo europeo alle “teologie materialistiche”, dal turbo-capitalismo alla cultura “gender”): “la dimensione oltre-umana della tecnica e dell’economia, …fare della loro pericolosa illimitatezza una sfida entusiasmante”(come facevano già Fiodorov, Tsiolkovskij e i “costruttori di Dio” bolscevichi). In ogni caso, oggi la posizione degli Europei su questioni fondamentali come la guerra nucleare, la fine dell’Umanità e la Singolarità non può essere rispecchiata meno che mai da vecchie etichette come “Destra” e “Sinistra”, sempre più superate, mentre s’impone la nascita di un fronte pan-europeo contro il dominio sulle macchine intelligenti (cfr. nostri post precedenti), non solo e non soltanto per le sue conseguenze totalitarie, ma anche e soprattutto per l’impatto distruttivo sulla libertà umana, sulla solidità del carattere, sul conformismo…. Pertanto, non crediamo che abbia alcun senso la formula “Tech Right” lanciata da Musk, che mira a dirottare a proprio svantaggio il legittimo senso di frustrazione che porta in tutto il ondo la maggioranza a contestare radicalmente l’attuale sistema culturale, sociale e politico e, per ora, si è espresso soprattutto attraverso i “partiti sovranisti”. Contestare, come vorrebbe Musk, la cultura “woke” con il transumanesimo è quanto di più contraddittorio ci possa essere, in quanto entrambi sono espressioni del moderno nichilismo. Questo porta certamente acqua al mulino dell’Islam politico e del “Russkij Mir”. Il dominio delle Macchine Intelligenti è presente per altro anche nei Paesi della Maggioranza Mondiale (i “BRICS”), seppure non con lo stesso livello d’intensità. In Cina, Jack Ma aveva assunto atteggiamenti “alla Musk”, ma è stato per questo esiliato e privato di ogni influenza politica. Per questo, i GAFAM temono soprattutto la Cina. Purtroppo, nessuno ha elaborato, neanche nei BRICS, un proprio percorso concettuale per controllare sistemicamente le Macchine Intelligenti (che non si limiti ad applicare rigorosamente, come fa la Cina, le norme della UE, che qui da noi sono divenute invece una burletta), ma, ciononostante, la loro forza d’urto complessiva potrebbe almeno debilitare il sistema informatico-militare occidentale, aprendo così la possibilità di fare emergere in Europa nuove idee e nuovi poteri. Tra l’altro, l’attuale incombere di una Terza Guerra Mondiale, che si deciderà in gran parte in base alle capacità impiegate dai combattenti nel campo dell’ IA (Iron Dome, Oreshnik) renderebbe più che mai imprescindibile una Regolamentazione Internazionale dell’ IA di carattere multilaterale (cfr. Kissinger), non già bilaterale come potrebbe sembrare probabile in applicazione alla strategia internazionale di Trump (cfr. il nostro”La Regolamentazione Internazionale dell’ Intelligenza Artificiale”).Non per nulla, il “Deep State” ha scatenato contemporaneamente (per esempio, su “Foreign Affairs”), una campagna contro tale regolamentazione, nel nome della corsa agli armamenti.
Jack Ma, spodestato dal CPC per aver seguito le orme di Musk
“Tech Right” La polemica fra la Premier Meloni e l’opposizione in occasione dello Scandalo SOGEI/Starlink è dunque in definitiva strumentale, in quanto, come abbiamo visto, tutti i Governi italiani sono stati succubi degli Stati Uniti, e, da quando esistono i GAFAM, anche di questi ultimi. I modesti tentativi di autonomizzare l’Europa, com’è stato il caso di GAIA-X, co-sponsorizzata dall’ Italia, e della Huawei italiana nel quadro delle Nuove Vie della Seta, sono finiti miseramente (per colpa di un po’ tutti i Governi). Anzi, quella polemica è utile soltanto, come tutte le finte diatribe ufficiali, a porre in secondo piano un problema vero, quello che, cioè, “La Singolarità è più vicina”, come dice il nuovo libro di Kurzweil. Di fronte alla sostituzione degli uomini con le macchine, che cosa sono mai le colpe di questo o quel governante? Anziché partecipare, quindi, alla costruzione di sterili graduatorie del grado di servilismo governativo dei vari partiti, o imbarcarci in un’illogica “Tech Right”, preferiamo, come abbiamo fatto fino ad ora, compiere un’opera di studio, informazione e divulgazione, in modo che, quando ne giungerà veramente l’occasione, gli Europei possano decidere con la propria testa e a ragion veduta. Nel fare ciò, un’attenzione particolare dovrebbe essere prestata agli argomenti del postumanesimo, che non va certo accettato senza neppure conoscerlo (come stanno facendo la UE, i Governi e le Chiese), ma non va neppure demonizzato, perché la pretesa di opporgli un “Umanesimo Digitale” è stata solo uno slogan, e nessuno sta valutando seriamente le implicazioni concrete dell’”Antiquatezza dell’ Uomo”(Guenther Anders), né proponendo soluzioni per superarla. Secondo Giannini, “Siamo noi, cittadini smarriti, che dobbiamo usare la rete senza esserne usati”. Sì, ma fare ciò veramente sarebbe un’opera eroica, e anzi, ciclopica, degna di antichi semidei, come Gilgamesh, Eracle o Rama, non già degli “homunculi” dell’attuale società. In questo senso potrebbe avere un senso una “Tecnodestra” che puntasse sulla cultura alta, sul carattere creaturale dell’uomo, sulla formazione del carattere, sulle eccellenze etiche e epistemiche, sul “governo degli uomini” contrapposto al “governo degli algoritmi”, sulle “radici” in quanto contrapposte all’appiattimento del mondo -insomma, su una vera “Europa post-americana”, per seguire il, neologismo coniato da Adriana Castagnoli su “Il Sole 24 Ore”-.
Uno dei pochi pregi di questi Anni ’20 del XXI° Secolo è stato quello di aver portato in superficie le contraddizioni dell’età postmoderna, e, questo, soprattutto, nella nostra Europa:
-Prima contraddizione-la neutralità della tecnica, demitizzata dalla politicizzazione dell’ informatica
-Seconda contraddizione-la Fine della Storia, demitizzata dalla “Guerra senza Limiti”
-Terza contraddizione-la Pace Perpetua, demitizzata dalla guerra ormai millenaria in Palestina
Alla fine del secolo precedente ,era stata diffusa l’idea che l’economia sarebbe stata la forza trainante della politica, e ciò avrebbe reso la vita di tutti più semplice e pacifica. Ciò era stato interpretato, al tempo dell’ “egemonia culturale della sinistra”, come equivalente ad un preteso “carattere irreversibile del socialismo”, in quanto il marxismo avrebbe risolto in senso materialistico l’”Enigma della Storia”; poi, dopo la caduta del Muro, come il convergere di tutto il mondo sul modello consumistico (l’”Uomo a una Dimensione”), e, infine, dopo le Guerre del Golfo, come il sigillo del prevalere definitivo del sistema occidentale: la “Fine della Storia” teorizzata dal primo Fukuyama.
Negli ultimi decenni, si è visto invece che la storia, lungi dall’essere terminata, si è messa a correre più che mai, con l’Islam politico, la Società del Controllo Totale, il multipolarismo, i GAFAM, le guerre in Irak, Afghanistan, Georgia, Siria, Libia, Yemen, Ucraina, la Via della Seta….In questa storia rinnovata, l’informatica svolge non casualmente un ruolo centrale, con la Transizione Verde, i Droni, i Missili ipersonici, l’Intelligenza Artificiale, Echelon, Prism, Snowden, Assange, l’invasione di campo nella politica da parte di Kurzweil, Zuckerberg, Schmidt, Musk, Jack Ma…
In particolare, il Ventunesimo si annunzia, non già come la Pace Perpetua, bensì come un secolo di conflitti immani. Avevamo infine subito per tutto questo tempo un indottrinamento martellante circa il fatto che, grazie alla IIa Guerra Mondiale, all’Alleanza Atlantica e all’ Unione Europea, saremmo alfine pervenuti a quell’era fortunata, profetizzata nell’ Apocalisse e laicizzata da Kant e da Hegel, in cui, finiti tutti i conflitti, l’unico fatto rilevante per il divenire umano sarebbe stato lo sviluppo della scienza e della tecnica (la “Posthistoire” di Kojève e di Gehlen). Invece, non solo i conflitti ancestrali, come quelli palestinese-israeliano (che ha radici nella Bibbia), indo-pakistano (dei tempi delle invasioni islamiche) e greco-turco (che risale alla caduta di Costantinopoli), non hanno cessato d’infuriare in sempre nuove forme, ma perfino nel cuore dell’Europa si è riacceso ora più che mai, prima in Transnistria e in Georgia, e, poi in Ucraina, uno scontro fra la Russia e l’ Occidente, che rischia, secondo le stesse dichiarazioni dei protagonisti, di degenerare in una Terza Guerra Mondiale combattuta con armi atomiche.
Si tratta di una trasversale “guerra di religione”, fra i seguaci di un’interpretazione immanentistica e deterministica dell’Apocalissee i sostenitori di una concezione “aperta” della storia, che si apparenta alla Seconda Lettera di San Paolo ai Tessalonicesi, ma anche alle concezioni cicliche della storia, indica e sinica. Essa può anche essere definita, come avevano scritto dei generali cinesi, come una “Guerra Senza Limiti”, combattuta in tutti i campi della convivenza umana: teologia, cultura, società, scienza, tecnica, politica, economia…ma anche “sul campo di battaglia” (per usare un termine tornato drammaticamente di moda).
Sul “fronte europeo” di questa guerra combattono, dunque, da un lato, l’”ideologia californiana”, sintesi fra provvidenzialismo puritano e transumanesimo (incarnatasi nella NATO e nella UE), e, dall’ altro, l’idea paolina del Katèchon, tramandataci da Ottone di Frisinga, Timoteo di Pskov, von Baader, Dostojevskij, Soloviov, Schmitt , Pietro Barcellona, e, per ultimi, Dugin e il Patriarcato di Mosca. Esso si presenta dunque qui come una Guerra Civile, anzi, la prosecuzione (in termini più radicali) delle due Guerre Mondiali, già definite appunto, da Ernst Nolte, come “Guerra Civile Europea”. Infatti, sono europei tanto la Russia, quanto l’Ucraina, tanto i filo-americani, quanto i “sovranisti europei”. Anche ideologicamente, vengono mobilitati Cosacchi e Chiese ortodosse, la Terza Roma e l’Europa delle Nazioni, l’ebraismo internazionale e il Parlamento europeo….
Questa paradossale coincidenza fra le due parti in conflitto, che addirittura si confondono e si scambiano i ruoli, rende questa vicenda particolarmente dolorosa. Basti ricordare come le opere letterarie classiche (Nestore di Kiev, il Canto della Schiera del Principe Igor, Mazeppa, la Fontana di Bahcisaray, Taras Bul’ba, l’Armata a Cavallo..) non facciano alcuna distinzione fra i due Paesi in guerra oggi in guerra. Oppure guardare qualche puntata del serial “Sluga Naroda”, che ha costituito la singolare “campagna elettorale” dello Zelenskij attore comico. Nel serial, tutti, a cominciare da Zelenskij stesso, allora esclusivamente russofono e perfino ignaro dell’ Ucraino, parlavano russo, e, quando qualcuno si azzardava anche soltanto a parlare con accento ucraino, veniva sbeffeggiato da tutti nella sala del Consiglio dei Ministri di Kiev.
Quella dolorosa sensazione è ancor più acuita dalla confusione che si è riscontrata all’ Europarlamento sulla votazione circa l’autorizzazione all’ Ucraina all’uso delle armi occidentali contro il territorio russo, che ha dimostrato ancora una volta, qualora ce ne fosse bisogno, che, sulle grandi questioni storiche, l’”establishment” non ha un progetto per l’ Europa, e si lascia guidare, chi dal servilismo verso gli USA, chi da un ben motivato timore per le basi americane in Italia che custodiscono bombe nucleari, chi, infine, da riflessi condizionati del tempo della Guerra Fredda.
1.Fine degli equivoci europei
Il crollo dei tre miti, quello dell’egemonia dell’economia, quello della Fine della Storia e quello della Pace Perpetua, ha comportato automaticamente la perdita di credibilità delle Retoriche dell’Europa quali consolidatesi dopo la caduta del Muro di Berlino. Il progetto di integrazione europea quale delineatosi nell’ immediato Dopoguerra conteneva in effetti un elevato grado di ambiguità. Da un lato, la tradizione europeistica “alta” risalente a Ippocrate, Erodoto, Strabone, Eginardo, Dante, Dubois, Podiebrad, Sully, Saint-Pierre e Coudenhove-Kalergi, che vedeva l’ Europa unita come un’esigenza permanente di carattere geopolitico (una “Translatio Imperii” parallela a quelle della Cina e dell’ India, incarnantasi nell’”Ancienne Constitution Européenne” di Tocqueville). Dall’altra, l’ideologia della Fine dellaStoria, incarnatasi nel messianismo persiano ed ebraico, nel provvidenzialismo imperiale romano, nel gioachimismo, nella “Dissidence of Dissent” protestante (Anabattismo, Komensky, Puritanesimo),nella filosofia tedesca ( Kant, Hegel, Marx, Nietzsche), nel One-Worldism di Willkie e di Benda, nella teologia materialistica di Teilhard de Chardin, nel funzionalismo di Mitrany e di Haas, nello storicismo di Kojève e perfino nel federalismo di Spinelli e, soprattutto, di Albertini.
In una prima fase, che va dalla fondazione di Paneuropa da parte d Coudenhove Kalergi (1923) fino alla Dichiarazione di Copenhaghen del 1973 sull’Identità Europea, caratterizzato dall’ opera di Coudenhove Kalergi, Simone Weil, Duccio Galimberti, Altiero Spinelli, De Gaulle, Schuman.., le due tradizioni si erano equilibrate in un modo che tutto sommato corrispondeva alla “Ragion di Stato europea” delle Comunità Europee, stretta fra ortodossia atlantica e “modello sociale renano”.
Invece a partire dagli Anni Novanta, sotto l’influenza congiunta della “Lunga Marcia attraverso le Istituzioni” del Sessantottismo, teorizzata da Rudy Dutschke, dell’ Ideologia Californiana e del massiccio afflusso di reduci dal Socialismo Reale (come la stessa Merkel), s’impose sempre più la visione della costituenda nuova Unione Europea quale Fine della Storia, una visione parallela all’ideologia americana della Singularity Tecnologica, ambedue eredi dell’egemonia culturale marxista, che non poteva però più coniugarsi con il blocco del Socialismo Reale.
Il confluire di queste tendenze nichilistiche stava (e sta) portando l’Umanità, e comunque, l’Occidente, verso l’autodistruzione, generata dalla sostituzione dell’uomo con le macchine, passando per il nichilismo, il moralismo, il razionalismo, l’egualitarismo, la burocrazia, il Worldwide Web, Prism, l’ideologia gender, il Manifesto Cyborg, la Società del Controllo Totale, il Pensiero Unico, il Politically Correct, la bioingegneria…Sembrava certo che, come profetizzato da Kurzweil, l’”Ultimo Uomo” nietzscheano avrebbe passato le consegne alle “Macchine Spirituali”, vero “Uebermensch”, e queste avrebbero “deciso il destino dell’ Universo”, come scriveva, appunto, Kurzweil. Solo alcuni, isolati, autori (come Simone Weil e Pietro Barcellona ), avevano visto invece ”, sulla scia di Dostojevskij, l’ Europa quale punto di partenza per un rovesciamento della prospettiva modernistica (l’”Europa quale Katèchon).Una base, ahimè, troppo ristretta per fondarvi un vero movimento politico o anche culturale. In generale, prevaleva il pessimismo culturale (il “Mito Incapacitante”: Huxley, Asimov, Heidegger, Anders, Guénon, Evola, Zolla), finché, dal “di Fuori”, per dirla con Roberto Esposito, non sono venute le spinte che stanno sconvolgendo i termini della questione.
Il richiamo, fatto da Giorgia Meloni alla consegna del Global Citizen Award, al “Tramonto dell’ Occidente” è quindi anacronistico. Quel celeberrimo libro di Spengler si riferiva in realtà alla fine dell’ Occidente Europeo, che coincideva con l’inizio dell’ Occidente Americano, quale celebrato nel curriculum della Columbia University sui “Western Studies”. Il declino di oggi è invece quello dell’Occidente Americano, che, come diremo in conclusione, potrebbe essere una splendida occasione per la rinascita dell’ Occidente Europeo. Non è che gli Europei, contrariamente agli Americani, “si vergognino delle loro tradizioni”: essi si rendono semplicemente conto che queste (eccellenza, cultura alta, differenza) non sono le stesse dell’America (egualitarismo, “midbrow”, omologazione). Mentre il “patriottismo europeo” è un sentimento costruttivo e necessario (per quanto raro, e, quasi, casuale), il preteso “patriottismo occidentale” di nuovissimo conio è una trappola, che permette agli omologatori e alle Macchine Intelligenti di calpestare le nostre identità. Quello italiano infine, non può “funzionare” nella storia se non è parte di quello europeo.
2.Le metamorfosi del “Sud del Mondo”
Nel periodo che va dalla Conquista dell’ America alla creazione dell’Unione Indiana e della Repubblica Popolare Cinese (nel 1949), i popoli del Sud del Mondo, e, più in generale, quelli “non occidentali”, avevano subito la storia in modo essenzialmente passivo, dalla festa avvelenata ordita da Pizarro contro gl’Incas (cfr. Blas Valera, Exsul Immeritus), alla Tratta Atlantica, alla distruzione delle Reducciones, al Trail of Tears, alle Guerre dell’ Oppio, all’Assedio di Delhi, allo Stato Libero del Congo, alla dissoluzione degl’imperi ottomano e russo, fino alle bombe di Hiroshima e Nagasaki.
Oggi invece essi si pongono quale elemento propulsivo della cultura e dell’economia mondiale.
E’ vero che i “14 Punti” di Wilson, la Conferenza di Baku dell’ Internazionale Comunista e la “Sfera Asiatica di Co-prosperità” del Giappone avevano già affermato il principio della decolonizzazione, ma si trattava sempre e soltanto di spinte “umanitarie” dei nuovi Stati emergenti del Nord del Mondo, per portare dalla loro parte i popoli coloniali, sostituendo, al “colonialismo” classico, il “neo-colonialismo”.
Invece, con la creazione della Unione Indiana, della Repubblica Popolare Cinese e, perché no, anche di Israele, e con il classico “Dialettica dell’ Illuminismo” di Horkheimer e Adorno, iniziava ad affermarsi il principio della “Teshuvà” (Leo Strauss), del “ritorno” alle civiltà tradizionali. Il Mahatma Gandhi era vestito come un Sadhu dell’ India Meridionale, e usava l’arcolaio (oggi sulla bandiera dell’ India), metafora del “Cakravartin”, l’imperatore universale Hindu. La sua evoluzione ideologica era iniziata dalla lettura del Bhagavad Gita (il “Canto dell’ Illuminato” del Mahabharata); la sua prima opera programmatica, “Hind Swaraj”(“L’Indipendenza dell’ India”) partiva dal rifiuto della civiltà occidentale moderna..Anche l’inno della RPC incomincia con le parole “起来!不愿做奴隶的人们= alzatevi voi che non volete essere schiavi!”!
Inizia così la fase storica della vera e propria “decolonizzazione”, che avrà, come punti salienti, le rivoluzioni nazionali arabe e africane. Alla Conferenza di Bandoeng, il Sud del Mondo si identifica con i “Paesi non Allineati” e con la Cina. Tuttavia, questo movimento è ancora caratterizzato dall’ essere quei Paesi “in Via di Sviluppo”, per cui vi si destinavano programmi internazionali, appunto, di aiuto allo sviluppo. E’ solo con il crollo dell’Unione Sovietica che la Cina assurge a modello privilegiato per i Paesi non occidentali, e che la Russia intraprende un percorso di trasformazione, che la spinge, alla fine, a porsi come vertice ideologico del movimento di opposizione alla modernizzazione, riallacciandosi così alle tesi di Roma “Terza Roma” e alle profezie di Soloviov sull’ Anticristo. Nello stesso tempo, l’ascesa delle “Tigri Asiatiche”, e, poi, le “Nuove della Via della Seta” promuovono il sorpasso dell’Asia sull’ America quale centro economico e tecnologico del mondo, sospingendola alla ricerca di “Valori Asiatici” comuni quale contrappeso a quelli “Occidentali”.
C’è solo da chiedersi (come affermava alla TV russa Viaceslav Nikonov) se non sia un po’ paradossale che la Russia, il Paese nordico per eccellenza, si proponga come leader del Sud del Mondo.
La guerra generalizzata in corso in Ucraina, Medio Oriente e Sahel, che rischia in ogni momento di estendersi al Mar della Cina, e, quindi, al mondo intero, costituisce l’occasione in cui i ciascuno dei due contendenti: la NATO e il Sud Globale, rivelano in modo palese (anche se tutt’altro che esaustivo) le loro rispettive motivazioni, che vengono ricondotte soprattutto alla “lotta per il riconoscimento”. Il “Sud Globale” contesta all’ Occidente (e soprattutto agli Stati Uniti), di pretendere, pur rappresentando poco più del 10% della popolazione mondiale , di negare, in teoria come in pratica, ogni legittimità alla gran varietà di culture del mondo( fra cui anche l’ Europa), considerate semplice “preistoria” dell’ America. A sua volta, l’”Occidente”, nelle sua due varianti -imperial-progressista e isolazionista-populista- insiste nel suo “eccezionalismo”(che si traduce nell’ “eccezionalimo americano”). Le “regole” tanto invocate dall’ Occidente, si rivelano essere quelle che tutelano, come ha detto Boris Johnson, l’egemonia occidentale, e vengono perciò regolarmente disattese quando a fruirne potrebbero essere gli “altri”: pensiamo ad esempio all’ “autodeterminazione” dell’Europa dall’ America, della Catalogna dalla Spagna, del Donbass dalla Russia, della Palestina da Israele, che viene respinta quali lesione dell’ integrità territoriale di Stati sovrani nell’ ambito dell’ intoccabile Ordine Mondiale postbellico, mentre simili concetti non sono valsi per gli Stati Uniti nei confronti dell’ Inghilterra, degli Stati italiani pre-unitari invasi dal Regno di Sardegna, del Kossovo sottratto alla Serbia, di Timor Leste e del Sudan Meridionale. Del resto, l’intero diritto internazionale si regge sulla consuetudine e, in sostanza, sul diritto del più forte (“ex facto oritur ius”). La maggior parte degli Stati del mondo è di costruzione recente, frutto di compromessi fra le Grandi Potenze e/o di atti fondativi quanto meno equivoci. Dedurne l’esistenza di altrettante “Nazioni” con una loro autonoma missione nella Storia è quindi fuorviante. Si pensi all’ indipendenza degli USA, dovuta in gran parte all’influenza della Francia di Luigi XIV, o a quella della Grecia, concordata fra Russia, Inghilterra e Stati tedeschi, e ambedue fondate su quella “sostituzione etnica” che i pretesi “sovranisti” dicono di voler oggi evitare come il fumo negli occhi.
3.La lotta per l’Intelligenza Artificiale
Della contrapposizione fra “The West and the Rest”, teorizzata già da Huntington in “Clash of Civilisations” non viene posta tuttavia in evidenza la natura più profonda: questa Guerra di Religione fra due ideologie (“democrazie” e “autocrazie”) è in realtà solo l’aspetto exoterico di un conflitto più profondo ed esistenziale, fra, da un lato, l’Intelligenza Artificiale, e , dall’ altro le culture dell’ epoca assiale (San Jiao, Sanata Karma, cultura classica europea, Religioni del Libro, filosofie dei popoli pre-alfabetici). Infatti, l’Intelligenza Artificiale pretende oramai di costituire l’avvenire stesso del mondo, sostituendo il mondo umano, e riallacciandosi così alle sette apocalittiche e all’ idea di un Intelletto Attivo/Spirito Assoluto/Superuomo/Punto Omega, secondo cui “L’Uomo è qualcosa che va superato”. Mentre l’”Occidente” (Teilhard de Chardin, Kurzweil) saluta questa sostituzione come il compimento di antiche profezie le varie culture del mondo non intendono affatto essere “superate”, perché hanno, della storia, una visione ciclica (gli Eoni,il DaTong), quando proprio non ignorano addirittura (Cinese, Giapponese) il futuro grammaticale, oppure si attengono all’ idea paolina che la Parusìa “verrà come un ladro”, e non va “accelerata”.
Giacché, come affermato da gran tempo da Vladimir Putin, “chi controlla l’intelligenza artificiale controlla il mondo”, è ovvio che questa “guerra di religione” si combatta, in modo sempre più evidente, intorno all’ Intelligenza Artificiale. Già i progetti Echelon e Prism consistevano nel tentativo dell’Intelligence Community americana di avvolgere il mondo intero in una rete digitale capace di controllare ogni singolo movimento dell’ Umanità. Con i Social Networks, questo controllo si era diffuso a livello capillare attraverso le 6 grandi multinazionali americane dell’ informatica (i GAFAM). Come reazione, da un lato la Cina aveva creato le proprie multinazionali (i BAATX, di dimensioni ancor maggiori di quelle americane), e, dall’ altro, l’Unione Europea aveva tentato di mascherare la propria assenza con la pretesa efficacia extraterritoriale del proprio diritto dell’ informatica (il GDPR, l’Artificial Intelligence Act e il Digital Service Act), che però, come hanno dimostrato le sentenze Schrems, non può funzionare verso i GAFAM per la connivenza delle Autorità europee e nazionali con quelle americane. Del resto, il primo che abbia tentato di applicare in modo extraterritoriale il Digital Services Act una norma (per quanto assurda) del Digital Services Act (il Commissario Breton), si è dovuto dimettere nel giro di pochi giorni denunziando un preteso complotto contro di lui di Ursula von der Leyen.
I lodevoli principi (difesa della privacy, controllo umano sull’ AI) tradotti così male nella pratica dal legislatore europeo, sono stati invece recepiti in toto dalla legislazione cinese, con la sola differenza che, giacché la legge cinese è applicabile direttamente senza sconti alle multinazionali di quel Paese, ha portato immediatamente ad un’ondata di sanzioni (il “Crackdown sui BAATX”), fino a giungere all’ arresto di Jack Ma, il carismatico guru dell’informatica cinese, ridotto a un “silent partner” dell’impero da lui creato.
A questo punto, la lotta per il controllo dell’ AI si è frazionata in molti rivoli, confondendosi da un lato con la politica interna americana (con Musk che sostiene Trump e la Commissione Europea che pretende di censurare la sua creatura X), e con la guerra in Ucraina (con Musk che prima concede Starlink all’ Ucraina, poi gliela nega), e, dall’ altra, con la politica europea (la campagna, attualmente in corso su pressione delle multinazionali e capeggiata da Mario Draghi, per alleggerire le ,già inefficaci, norme sull’Intelligenza Artificiale, e l’ennesimo ,ma infruttuoso, rilancio, per esempio, da parte di Roberta Bria, della proposta di creare delle imprese informatiche europee –come se non esistessero già le inefficienti QWANT e GAYA-X, che occorrerebbe intanto far funzionare-).
Oggi, i GAFAM scendono nell’ arena politica “a gamba tesa”, con Schmidt che dirige ufficialmente la loro lobby al Congresso, Altman in bilico fra gli Arabi e Macron, e Musk che “premia” Giorgia Meloni a Washington, in attesa che Trump gli affidi un incarico di governo. E ne hanno ben d’ondevisto che c’è, una qualche timida mossa da parte dell’antitrust americano che agita per l’ennesima volta lo spuntato spauracchio dello “spezzatino” di Google (cosa che si sarebbe dovuta fare da decenni). Peccato che a nessuno venga in mente di fare un vero “spezzatino” come quello attuato dalla Cina, dove, per ogni servizio reso in Occidente dai GAFAM, c’è un analogo servizio cinese reso da uno o più BAATX, ma con un maggior numero di utenti e con più concorrenza.
La Russia, anche in considerazione delle diverse dimensioni del mercato e della diversità delle lingue, ha percorso un iter intermedio.Già a partire dalla metà degli anni Novanta, essa aveva proposto agli Stati Uniti una bozza di trattato internazionale sulla sicurezza delle informazioni che fu però rifiutata da Washington, in quanto – secondo gli Americani – implicava un controllo statale sui dati nel web (cosa che per altro negli USA è continua, da parte della NSA, come sanno Snowden e Schrems). La Russia propose poi, senza successo, la stessa nozione di sicurezza delle informazioni in seno alle Nazioni Unite (da sempre schierate a fianco dei GAFAM).
Nel 2014, la Russia ha adottato una legge che obbliga tutte le aziende che operano online a mantenere e gestire i dati dei cittadini russi su server locati sul territorio nazionale.. La legge dimostra anche il crescente allineamento politico tra Russia e Cina, dopo la firma di accordi bilaterali che delineano una visione condivisa per il futuro di internet. Uno di questi è l’accordo di cooperazione sulla sicurezza internazionale delle informazioni del 2015: già allora si sottolineò l’importanza di diffondere l’idea di un “internet sovrano”.
Nel 2019,è entrata in vigore anche una legge che vieta la diffusione online di “fake news” da parte di mezzi di comunicazione di massa e singoli cittadini, simile a quella europea che Breton ha improvvidamente tentato di applicare a Musk e a Trump. Questa stretta legislativa sulla libertà d’espressione può essere spiegata come tentativo per arginare le manifestazioni di dissenso popolare Tuttavia, la guerra in corso dimostra che il controllo su Internet serve, più che ad arginare proteste popolari, ad impedire alle piattaforme ostili di utilizzare i dati degli utenti nazionali, che sono, innanzitutto, una risorsa commerciale determinante, ma, soprattutto, forniscono dati fondamentali sulla preparazione bellica (andamento della popolazione e dell’ economia, consumo di energia e materie prime…, orientamenti dell’ opinione pubblica.. ), che permettono di orientare le azioni belliche nella guerra in corso.
Nonostante questo, la legge russa non prevede ,come quella cinese, l’isolamento totale dell’ internet nazionale da quello occidentale (e questa può essere la ragione di varie “débacles” nell’ Operazione Militare Speciale, dovute alla cooperazione delle intelligence occidentali), bensì si limita a porre in essere le condizioni per staccarsene in caso di emergenza. Paradossalmente, questa completa frattura non si è ancora verificata, forse perché (anche a causa delle dimensioni del mercato) le piattaforme russe non sono in grado di soddisfare tutte le esigenze degli utenti locali. La collaborazione con la Cina potrebbe colmare questa lacuna.
4.Le Grandi Piattaforme (GAFAM e BAATX) non sono imprese, bensì Stati totalitari
Nei giorni scorsi, il “team” di Facebook ha rimosso un articolo pubblicato sul sito “Nessun dorma” di Franco Cardini e, appunto, condiviso sulla sua pagina social. Franco Cardini ha risposto che “La motivazione iniziale – ‘il post non rispetta gli standard della community’ – risponde al solito refrain di una piattaforma che spesso non si fa scrupoli nel rimuovere contenuti “scomodi” che non rispondono al pensiero unico ma all’opinione individuale, “libera”, espressa altresì in modo civile. Forse nessuno di noi ha ancora veramente capito in cosa consistano ‘gli standard della community’ e quali siano le circumnavigazioni algoritmiche che decidono di rimuovere un contenuto senza troppi complimenti. “
Sul fatto che le piattaforme digitali siano un fenomeno abnorme, che stravolge tutti i concetti sui quali si sono basati fino ad oggi diritto ed economia, sono oramai d’accordo tutti, perfino l’FMI, che suggerisce agli USA di dare più spazio all’ antitrust, imbavagliato da quando, essendo caduto, nel 1989, il Muro di Berlino, i GAFAM hanno potuto esercitare senza limiti (anche e soprattutto a vantaggio della NSA) i loro poteri esorbitanti.
Come ha scritto su Milano Finanza Emilio Cavano, “abbiamo creato mostri. E’ tempo di arginarli.”
Nessuno, per altro, si è curato di descrivere nel dettaglio tutti i settori in cui l’informatica è determinante, e quindi i tipi di diritto con cui dovrebbe venire in contatto, e da cui dovrebbe, ma non viene , essere regolato. Tentiamo qui di farlo noi:
AREE DI ATTIVITA UMANE
RUOLO ATTUALE DEI GAFAM
DIRITTO APPLICABILE
Religione
La religione della tecnologia si è sostituita, come previsto da Saint-Simon e Teilhard de Chardin, a quelle tradizionali
Diritto costituzionale. Diritto ecclesiastico
Cultura
L’Intelligenza Artificiale si è sostituita a quella umana
Diritto dei mezzi di comunicazione
Politica
Il web è il principale canale di dibattito
Diritto costituzionale
Difesa
L’IT è essenzialmente spionaggio
Diritto sul segreto militare Diritto penale militare
Economia
I GAFAM sono le imprese con il maggior livello di capitalizzazione
Legislazione di banca e borsa Antitrust
Fiscalità
I GAFAM sfuggono quasi completamente al fisco
Diritto fiscale internazionale
Liberà di espressione
Il web, divenuto il più importante mezzo di comunicazione, condiziona pesantemente l’opinione pubblica
Legislazione sulla stampa, la censura e le elezioni
E’ impressionante che tutti i politici europei e nazionali intrattengano rapporti strettissimi con i guru dei GAFAM, che palesemente sfruttano il mercato europeo senza dare nulla in cambio, sottraendo all’ Europa miliardi di dati dei cittadini europei, senza mai neanche porsi la questione che invece si pongono a ragione le autorità cinesi e perfino americane, vale a dire che quei guru contano molto più di loro e hanno assoggettato i loro Stati ad una vera e propria tutela. Una tutela totalitaria, perché essa non ammette concorrenza: si infiltrano nelle nostre menti, le controllano e le censurano, e, comunque, spostano inimmaginabili flussi finanziari fuori dai nostri Paesi.
L’idea che la tecnica sia “neutra” è smentita dai fatti: i guru dell’ informatica sono dichiaratamente partigiani di una visione del mondo millenaristica, e costituiscono, con le loro idee, le loro alleanze, i loro soldi, le loro lobbies, le loro macchine, dei portatori potentissimi delle ideologie postumanistiche.
5.L’obiettivo dell’ Europa, ma anche delle Nazioni Unite, non può essere la Pace Perpetua
L’esperienza storica dimostra che il conflitto è coessenziale all’Umanità, come affermavano già Eraclito, Bertran de Borns, De Maistre, Nietzsche e Freud. Abolire l’alterità equivale ad abolire l’Umanità, come ben sapeva lo stesso Kant, a torto indicato come il cantore della “Pace Perpetua”. Infatti, come scriveva lo stesso Kant, non si può “raddrizzare il legno storto dell’ Umanità” (Isaiah Berlin). Proprio questo costituisce infatti la Hybris, fonte prima dell’ Eterogenesi dei Fini(Wolff), in forza della quale i comportamenti umani sortiscono normalmente l’effetto opposto a quello perseguito dai loro autori. Ciò che i Greci chiamavano “fthonos ton theon”(“invidia degli Dei”), la stessa che, nella mitologia mesopotamica e nella Bibbia, aveva provocato il Diluvio Universale, e che oggi si manifesta nelle nevrosi, nella disoccupazione tecnologica, nelle Macchine Intelligenti e nella minaccia atomica. Esempio tipico, il tentativo di Serse, descritto da Erodoto nelle sue Storie, di portare la Persia, con la conquista dell’intera Europa, a “confinare con il regno degli Dei”. Una pretesa millenaristica del mazdeismo ereditata, in Europa, non già dalle culture classiche, bensì dalle eresie delle Religioni del Libro, alle quali si è riallacciata la Modernità.
Per questo motivo, il “Patto per il Futuro” delle Nazioni Unite, appena adottato al Palazzo di Vetro con l’opposizione della Russia e dei suoi alleati e con l’astensione della Cina, suona come l’ennesima kafkiana “grida manzoniana” in un momento in cui centinaia di migliaia di soldati combattono su sempre nuovi fronti e gragnuole di missili, droni e altre armi intelligenti radono al suolo interi Paesi (come la Palestina, il Libano e il Donbass), mentre le potenze nucleari si minacciano reciprocamente l’uso dell’ arma nucleare. Basti, per convincersene, scorrere alcuni paragrafi del documento allegati al presente post.Questo, in palese contrasto con quanto affermato da Giorgia Meloni, che le organizzazioni internazionali non devono costituire un club dove si redigono “documenti inutili”.
Le Organizzazioni Internazionali, e perfino le Chiese, non raggiungeranno nessuno dei loro obiettivi fintantoché seguiranno la retorica di un mondo perfetto, mentre potranno invece essere determinanti se si renderanno conto che, oggi più che mai, l’obiettivo primario, comune a tutti, è quello di sopravvivere (alla fame, alle bombe, alle macchine intelligenti): obiettivo per altro brillantemente conseguito per molti millenni grazie alle culture tradizionali, e che rischia di andare perduto a causa della frenesia perfettistica imperante, che andrebbe stroncata alla base, con una dottrina totalmente opposta.
6.L’Europa deve passare dal campo dei fanatici millenaristi a quello della preservazione del Cosmo
Dalla più tenera infanzia, eravamo stati educati a credere a una Grande Narrazione occidentale che partiva dalla centralità del materialismo volgare rivestito di un moralismo ipocrita (la Prima Repubblica, le Comunità Europee); ci spiegava che la Storia è un faticoso percorso dalla scimmia al Superuomo (la “Teoria dello Sviluppo”); che i popoli antichi ed extraeuropei erano arretrati (Fukuyama); che i Moderni e gli Americani sono superiori (Huntington), e che il futuro dell’ Umanità sarebbe stato radioso (Teilhard de Chardin, Kurzweil). Se ci si provava ad obiettare che , mentre noi oggi siamo divenuti incapaci di creare (in tutti i sensi)perché le macchine ci hanno sostituiti, gli antichi avevano le piramidi e Gilgamesh, il Partenone e Omero, la Bibbia e il Colosseo, l’esercito di Terracotta e il Genji Monogatari, l’Alhambra e la Divina Commedia, l’Ermitage e i Sepolcri, tutti ti “saltavano addosso” in nome del Progresso. Ora, un po’ meno.
Oggi, questa Grande Narrazione si presenta nella sua forma più pura, quella dello “Scontro di Civiltà” teorizzato nel secolo scorso da Samuel Huntigton. Un blocco di parole d’ordine ”auf nichts gestellt”, per dirla con Goethe,cioè di assai dubbio significato, messe insieme e ripetute maniacalmente per dare una fittizia illusione di realtà e coerenza: Centralità dell’ Uomo, Libertà, Democrazia, Governo delle Regole, Nazione, Autodeterminazione, Integrità Territoriale, Comunità Internazionale, Multilateralismo.
Ammesso che avessero originariamente un senso reale, l’hanno perduto con la Guerra Fredda, il crollo dell’ URSS, l’informatica, le Covert Operations…
Oggi, invece, l’”establishment” dovrebbe addirittura esercitare una radicale autocritica, constatando che la scienza moderna ha distrutto la fede nel mondo obiettivo (Wittgenstein, Heisenberg, De Finetti, Feierabend); che lo sviluppo della cultura comporta anche la crescita della violenza (Auschwitz, Hiroshima, Nagasaki); che la tecnologia non sa più come ovviare ai suoi “effetti collaterali” (surriscaldamento atmosferico); che Internet ci rende stupidi (Nicholas Carr); che l’obiettivo dell’ Intelligenza Artificiale è la distruzione dell’ Umanità (Bill Joy, Martin Rees). Contrariamente a quanto scrive Ezio Mauro su “La Repubblica”, non solo, nel “sistema occidentale”, non siamo mai stati liberi, ma tanto meno lo siamo ora nell’ Era delle Macchine Intelligenti. E’ vero che, come scrive Mauro, l’Intelligenza Artificiale e la guerra stanno anche stravolgendo concetti che parevano consolidati – nel caso specifico, quello di libertà-. Ma questo stravolgimento era in corso da gran tempo nella cultura “mainstream”, per esempio con l’attribuzione di una connotazione di libertà a delle Rivoluzioni Atlantiche violente e genocidarie (pensiamo al colonnello Lynch, alle stragi di Lione); a movimenti nazionali non condivisi ed invece eterodiretti, per esempio dal Governo inglese, dalla Loggia Ausonia, dai finanziamenti occidentali a Mussolini…
A partire dalla Rivoluzione Americana e fino ad oggi, veniva considerato ovvio che qualunque impegno civico, a sinistra come a destra, fosse volto verso una “società ideale”, con più etica, più cultura, più scienza, più tecnica, più benessere per tutti (il “mondo migliore” a cui ha fatto riferimento ancor ieri a Washington Giorgia Meloni). Oggi, l’impegno civico presuppone invece una scelta, pro o contro un “nuovismo” privo di logica e di progetto, e comunque deve dare la priorità alla reale preservazione del cosmo, senza retoriche “gride manzoniane” che nascondono soltanto una generale complicità con l’avanzata della Società del Controllo Totale.
Giustamente, Giorgia Meloni ha affermato che occorre invece agire. Combattere per la libertà europea è cetamente, oggi,più necessario che mai, ma ciò non significa certo appiattirsi sugli ordini da Occidente per fare la “guerra contro le autocrazie”, bensì elaborare una strategia con cui l’Europa possa uscire da questa guerra come indipendente da tutte le potenze esterne, divenendo essa stessa un autonomo Stato-Civiltà, capace di dare il proprio contributo, innanzitutto intellettuale, alla lotta mondiale attualmente in corso per il controllo sulle Macchine Intelligenti e, quindi, per la sopravvivenza dell’ Umanità.
ALLEGATO
ESTRATTO DAL “PATTO PER IL FUTURO”DELLE NAZIONI UNITE
“Action 21. We will adapt peace operations to better respond to existing
challenges and new realities.
42. United Nations peace operations, understood as peacekeeping
operations and special political missions, are critical tools to maintain
international peace and security. They face increasingly complex challenges
and urgently need to adapt, taking into account the needs of all Member States
and troop- and police-contributing countries, and the priorities and
responsibilities of host countries. Peace operations can only succeed when
political solutions are actively pursued and they have predictable, adequat e
and sustained financing. We reaffirm the importance of enhanced
collaboration between the United Nations and regional and subregional
organizations, in particular the African Union, including their peace support
operations and peace enforcement authorized by the Security Council to
maintain or restore international peace and security. We decide to:
(a) Call on the Security Council to ensure that peace operations are
anchored in and guided by political strategies, deployed with clear, sequenced
and prioritized mandates that are realistic and achievable, exit strategies and
viable transition plans, and as part of a comprehensive approach to sustaining
peace in full compliance with international law and the Charter;
(b) Request the Secretary-General to undertake a review on the future
of all forms of United Nations peace operations, taking into account lessons
learned from previous and ongoing reform processes, and provide strategic
and action-oriented recommendations for the consideration of Member
States on how the United Nations toolbox can be adapted to meet evolving
needs, to allow for more agile, tailored responses to existing, emerging and
future challenges;
18
(c) Ensure that peace operations engage at the earliest possible stage
in planning transitions with host countries, the United Nations country team
and relevant national stakeholders;
(d) Take concrete steps to ensure the safety and security of the
personnel of peace operations and improve their access to health facilities,
including mental health services;
(e) Ensure that peacekeeping operations and peace support
operations, including peace enforcement, authorized by the Security Council
are accompanied by an inclusive political strategy and other non -military
approaches and address the root causes of conflict;
(f) Encourage the Secretary-General to convene regular high-level
meetings with relevant regional organizations to discuss matters pertaining
to peace operations, peacebuilding and conflicts;
(g) Ensure adequate, predictable and sustainable financing for African
Union-led peace support operations mandated by the Security Council in line
with Security Council resolution 2719 (2023) of 21 December 2023.
Action 22. We will address the serious impact of threats to maritime
security and safety.
43. We recognize the need to address the serious impact of threats to
maritime security and safety. All efforts to address threats to maritime
security and safety must be carried out in accordance with international law,
including particularly as reflected in the principles embodied in the Charter of
the United Nations and the 1982 United Nations Convention on the Law of the
Sea,13 taking into account other relevant instruments that are consistent with
the Convention. We decide to:
(a) Enhance international cooperation and engagement at the global,
regional, subregional and bilateral levels to combat all threats to maritime
security and safety, in accordance with international law;
(b) Promote information-sharing among States and capacity-building
to detect, prevent and suppress such threats in accordance with international
law.
Action 23. We will pursue a future free from terrorism.
44. We strongly condemn terrorism in all its forms and manifestations
committed by whomever, wherever, whenever. We reaffirm that all terrorist
acts are criminal and unjustifiable regardless of their motivation or how their
perpetrators may seek to justify them. We highlight the importance of putting
measures in place to counter the dissemination of terrorist propaganda,
preventing and suppressing the flow of financing and material means for
terrorist activities, as well as recruitment activities of terrori st organizations.
We reaffirm that terrorism and violent extremism conducive to terrorism
cannot and should not be associated with any religion, civilization or ethnic
group. We will redouble our efforts to address the conditions conducive to the
spread of terrorism, prevent and combat terrorism, build States’ capacity to
prevent and combat terrorism and strengthen the role of the United Nations
system. The promotion and protection of international law, including
international humanitarian law and international human rights law, and
respect for human rights for all and the rule of law are the fundamental basis
__________________
13 United Nations, Treaty Series, vol. 1833, No. 31363.
19
of the fight against terrorism and violent extremism conducive to terrorism.
We decide to:
(a) Implement a whole-of-government and whole-of-society approach
to prevent and combat terrorism and violent extremism conducive to
terrorism, including by addressing the drivers of terrorism, in accordance with
international law;
(b) Address the threat posed by the misuse of new and emerging
technologies, including digital technologies and financial instruments, for
terrorist purposes;
(c) Enhance coordination of the United Nations counter -terrorism
efforts and cooperation between the United Nations and relevant regional and
subregional organizations to prevent and combat terrorism in accordance
with international law, while considering revitalizing efforts towards the
conclusion of a comprehensive convention on international terrorism.
Action 24. We will prevent and combat transnational organized crime and
related illicit financial flows.
45. Transnational organized crime and related illicit financial flows can pose
a serious threat to international peace and security, human rights and
sustainable development, including through the possible links that can exist
in some cases between transnational organized crime and terrorist groups.
We decide to:
(a) Scale up efforts in addressing transnational organized crime and
related illicit financial flows through comprehensive strategies, including
prevention, early detection, investigation, protection and law enforcement,
tackling the drivers, and engagement with relevant stakeholders;
(b) Strengthen international cooperation to prevent and combat
transnational organized crime in all its forms, including when committed
through the use of information and communications technology systems, and
we welcome the elaboration of the draft United Nations Convention against
Cybercrime.
Action 25. We will advance the goal of a world free of nuclear weapons.
46. A nuclear war would visit devastation upon all humankind and we must
make every effort to avert the danger of such a war, bearing in mind that “a
nuclear war cannot be won and must never be fought”. We will uphold our
respective obligations and commitments. We reiterate our deep concern over
the state of nuclear disarmament. We reaffirm the inalienable right of all
countries to develop research, production and use of nuclear energy for
peaceful purposes without discrimination, in conformity with their r espective
obligations. We decide to:
(a) Recommit to the goal of the total elimination of nuclear weapons;
(b) Recognize that, while the final objective of the efforts of all States
should continue to be general and complete disarmament under effective
international control, the immediate goal is elimination of the danger of a
nuclear war and implementation of measures to avoid an arms race and clear
the path towards lasting peace;
(c) Honour and respect all existing security assurances undertaken,
including in connection with the treaties and relevant protocols of nuclear –
weapon-free zones and their associated assurances against the use or threat
of use of nuclear weapons;
20
(d) Commit to strengthening the disarmament and non-proliferation
architecture and work to prevent any erosion of existing international norms
and take all possible steps to prevent nuclear war;
(e) Seek to accelerate the full and effective implementation of
respective nuclear disarmament and non-proliferation obligations and
commitments, including by adhering to relevant international legal
instruments and through the pursuit of nuclear-weapon-free zones to enhance
international peace and security and the achievement of a nuclear -weaponfree
world.
Action 26. We will uphold our disarmament obligations and commitments.
47. We express our serious concern at the increasing number of actions that
are contrary to existing international norms and non -compliance with
obligations in the field of disarmament, arms control and non -proliferation.
We will respect international law that applies to weapons, means and methods
of warfare, and support progressive efforts to effectively eradicate the illicit
trade in arms. We recognize the importance of maintaining and strengthening
the role of the United Nations disarmament machinery. An y use of chemical
and biological weapons by anyone, anywhere and under any circumstances is
unacceptable. We call for full compliance with and implementation of relevant
treaties. We reaffirm our shared determination to exclude completely the
possibility of biological agents and toxins being used as weapons and to
strengthen the Convention on the Prohibition of the Development, Production
and Stockpiling of Bacteriological (Biological) and Toxin Weapons and on
Their Destruction.14 We decide to:
(a) Revitalize the role of the United Nations in the field of disarmament,
including by recommending that the General Assembly pursue work that could
support preparation of a fourth special session devoted to disarmament
(SSOD-IV);
(b) Pursue a world free from chemical and biological weapons and
ensure that those responsible for any use of these weapons are identified and
held accountable;
(c) Address emerging and evolving biological risks through improving
processes to anticipate, prevent, coordinate and prepare for such risks,
whether caused by natural, accidental or deliberate release of biological
agents;
(d) Identify, examine and develop effective measures, including
possible legally binding measures, to strengthen and institutionalize
international norms and instruments against the development, production,
acquisition, transfer, stockpiling, retention and use of biological agents and
toxins as weapons;
(e) Strengthen measures to prevent the acquisition of weapons of
mass destruction by non-State actors;
(f) Redouble our efforts to implement our respective obligations under
relevant international instruments to prohibit or restrict conventional weapons
due to their humanitarian impact and take steps to promote all relevant
aspects of mine action;
(g) Strengthen our national and international efforts to combat, prevent
and eradicate the illicit trade in small arms and light weapons in all its aspects;
__________________
14 Ibid., vol. 1015, No. 14860.
21
(h) Address existing gaps in through-life conventional ammunition
management to reduce the dual risks of unplanned conventional ammunition
explosions and the diversion and illicit trafficking of conventional ammunition
to unauthorized recipients, including to criminals, organized criminal groups
and terrorists.
Action 27. We will seize the opportunities associated with new and
emerging technologies and address the potential risks posed by their
misuse.
48. We recognize that rapid technological change presents opportunities
and risks to our collective efforts to maintain international peace and security.
International law, including the Charter, will guide our approach to addressing
these risks. We decide to:
(a) Advance further measures and appropriate international
negotiations to prevent an arms race in outer space in all its aspects, which
engage all relevant stakeholders, consistent with the provisions of the Treaty
on Principles Governing the Activities of States in the Exploration and Use of
Outer Space, including the Moon and Other Celestial Bodies; 15
(b) Advance with urgency discussions on lethal autonomous weapons
systems through the Group of Governmental Experts on Emerging
Technologies in the Area of Lethal Autonomous Weapons Systems with the
aim to develop an instrument, without prejudging its nature, and other possible
measures to address emerging technologies in the area of lethal autonomous
weapons systems, recognizing that international humanitarian law continues
to apply fully to all weapons systems, including the potential development and
use of lethal autonomous weapons systems;
(c) Enhance international cooperation and capacity-building efforts in
order to bridge the digital divides and ensure that all States can safely and
securely seize the benefits of digital technologies;
(d) Continue to assess the existing and potential risks associated with
the military applications of artificial intelligence and the possible
opportunities throughout their life cycle, in consultation with relevant
stakeholders;
(e) Request the Secretary-General to continue to update Member
States on new and emerging technologies through the report of the Secretary-
General on current developments in science and technology and their
potential impact on international security and disarmament efforts.
III. Science, technology and innovation and digital cooperation
49. Science, technology and innovation have the potential to accelerate the
realization of the aspirations of the United Nations across all three pillars of its
work. We will only realize this potential through international cooperation to
harness the benefits and take bold, ambitious and decisive steps to bridge the
growing divide within and between developed and developing countries and
accelerate progress on the 2030 Agenda. Billions of people, especially in
developing countries, do not have meaningful access to critical life-changing
technologies. If we are to make good on our promise to leave no one behind,
sharing science, technology and innovation is essential. Innovations and
scientific breakthrough that can make our planet more sustainable and our
__________________
15 Ibid., vol. 610, No. 8843.
22
countries more prosperous and resilient should be affordable and accessible to
all.
50. At the same time, we must responsibly manage the potential risks posed
by science and technology, in particular the ways in which science, technology
and innovation can perpetuate and deepen divides, in particular the gender
gap and patterns of discrimination and inequality within and between
countries and adversely impact the enjoyment of human rights and progress
on sustainable development. We will deepen our partnerships with relevant
stakeholders, especially the international financial institutions, the private
sector, the technical and academic communities and civil society, and we will
ensure that science, technology and innovation is a catalyst for a more
inclusive, equitable, sustainable and prosperous world for all, in which all
human rights are fully respected.
51. Digital and emerging technologies, including artificial intelligence, play a
significant role as enablers of sustainable development and are dramatically
changing our world. They offer huge potential for progress for the benefit of
people and planet today and in the future. We are determined to realize this
potential and manage the risks through enhanced international cooperation,
engagement with relevant stakeholders, and by promoting an inclusive,
responsible and sustainable digital future. We have an nexed a Global Digital
Compact to this Pact in this regard.
Action 28. We will seize the opportunities presented by science, technology
and innovation for the benefit of people and planet.
52. We will be guided by the principles of equity and solidarity, and promote
the responsible and ethical use of science, technology and innovation. We
decide to:
(a) Foster and promote an open, fair and inclusive environment for
scientific and technological development and cooperation worldwide,
including through actively building trust in science and global collaboration on
innovation;
(b) Increase the use of science, scientific knowledge and scientific
evidence in policymaking and ensure that complex global challenges are
addressed through interdisciplinary collaboration;
(c) Encourage talent mobility and circulation, including through
educational programmes, and support developing countries to retain talent
and prevent a brain drain while providing suitable educational and working
dibattito fra budddhismo e confucianesimo, fra Modernità e Tradizione
Giustamente Gabriele Segre su La Stampa di Venerdì fa notare la contraddizione fra le dichiarazioni di apertura agli avversari dei politici “mainstream” («non c’è niente che l’America non possa fare, quando lo facciamo insieme», di Joe Biden nella sua lettera di rinuncia alla candidatura presidenziale,o l’impegno preso da Macron di lavorare per una Francia sempre più «plurale»),e l’ effettiva chiusura a un reale confronto con le opposizioni, politiche, ma, prima ancora, culturali:“Questo spirito inclusivo non sembra comprendere proprio ‘tutti’ i cittadini. La Presidente della Commissione non ha voluto incontrare gli esponenti dell’estrema destra europea e pare chiaro che l’«insieme» di Biden non comprendesse la compagnia dei trumpiani, considerato che, in occasione del loro ormai storico dibattito televisivo, i due non si sono nemmeno stretti la mano. Esempio seguito da alcuni tra i deputati francesi de ‘La France Insoumise’ nei confronti dei colleghi del ‘Rassemblement National’. “
Rousseau iniziò la sua carriera con una dissertazione contro la Modernità
1. E’ il dialogo nella natura della democrazia?
“Se la nostra democrazia è per definizione un contratto sociale che si prefigge di dare rappresentanza a tutte le forme che compongono il vivere civile, allora essa è chiamata ad includere anche le istanze più centrifughe e perturbanti, partendo dall’assunto che tutti i sentimenti pubblici, in quanto esistenti, trovano già spazio di cittadinanza e partecipazione al dibattito politico”.
Veramente, questo obiettivo era/è sentito come proprio e perseguito più dai sistemi autodefinentisi “totalitari” ”(o, almeno, delle “democrazie consociativistiche”, come la Svizzera) che da quelli che si proclamano “democratici”: mentre i sistemi totalitari pretendono di costituire una sintesi delle correnti ideali del popolo (il “fascismo”, i “fronti popolari/nazionali”) , la democrazia (intesa, come vuole Canfora, come “forza del popolo”) sembrerebbe portata piuttosto al giustizialismo, al linciaggio, alla ghigliottina, ai “tribunali del popolo”. D’altra parte, è per questo che un po’ tutte le forme politiche mantengono un volto duplice: esoterico/exoterico, essendo restie a un’eccessiva trasparenza verso “il popolo”. Pensiamo ai Misteri Eleusini nella “democratica” Atene o al peso delle società segrete nelle moderne società “democratiche”…
Dall’ altro lato, basta pensare ai molti volti del fascismo, studiati per esempio da Volt (razzismo ed anarco-sindacalismo, spiritualismo e corporazione proprietaria, monarchia e socialismo nazionale, conservatorismo e mazzinianesimo, clerico-fascismo e liberalismo laicista), sì che la cultura, che ha bisogno di confronto e di dibattito, vi si sviluppò forse più che nell’epoca successiva, in cui, semmai, fiorirono quegl’ingegni ch’erano nati proprio nel ventennio: Moravia e Morante; Pavese e Einaudi; Spirito e De Sica; De Chirico e Toscanini.
Certo, anche la Prima Repubblica “nata dalla Resistenza” aveva altrettanti volti,spesso ereditati da quelli del regime precedente (neo-fascismo e operaismo, cristianesimo sociale e comunismo, monarchia e socialismo, liberalismo e social-democrazia, cristianesimo sociale e mazzinianesimo). Tuttavia, nel corso di questi ultimi ottant’anni, le differenze fra queste “anime”, all’ inizio ben chiare ed evidenti, si sono ottuse a tal punto, che è difficile discernere gli eredi di quelle antiche “anime”.Invece, si è imposto un “pensiero unico” che non ammette contraddizioni. Non diversamente che in America, basta accennare a infrangere un qualunque tabù del “mainstream” (sia esso sessuale o storico, geopolitico o ideologico) per decadere al ruolo di reietto, venendo legittimamente licenziato ed iscritto in una lista di proscrizione.
Questo deriva da un’evoluzione naturale della società, per dirla con Saint-Simon, da un’ “Eta’ organica” (l’”Ancien Régime”), attraverso una “Età Critica” (la “Guerra Civile Europea”), verso una “Nuova Società Organica” (l’”Era delle Macchine Spirituali” di Kurzweil).Seguendo un filo rosso che va da Lessing a Hegel, da Saint-Just a Saint-Simon, da Emerson a Whitman, da Mazzini a Lukàcs, il sistema occidentale si sta impegnando più che mai a realizzare “il Progetto Incompiuto della Modernità” (il “Primo Programma Sistemico dell’ Idealismo Tedesco”), fondato sui due binari paralleli dello sviluppo illimitato delle aspirazioni alchemiche alla trasformazioni del mondo fisico e dell’ applicazione sistematica nella società dello spirito ascetico (un’”ascesi intramondana” basata sulla rinunzia alla “Volontà di Potenza”).La prima permette la dematerializzazione del mondo e la sua trasformazione in numero; la seconda, la trasfusione della vita dal vissuto umano al sistema informatico delle regole, che elimina il “potere dell’ uomo sull’ uomo”, abolendo pero l’uomo stesso.
Perché questa transustanziazione mistica sia possibile, il soggetto deve perdere innanzitutto ogni possibilità di scelta autonoma, sganciata dal sistema macchinico, fino a perdere una sua identità specifica.Ciò si realizza per gradi, per esempio con l’indebolimento di religioni, generi, classi sociali, etnie, imperi, nazioni, ideologie, a favore di “imperi sconosciuti”, di multinazionali, burocrazie, di una generalizzata retorica che fa appello a istinti omologanti, quali lo spirito di branco, l’invidia, lo spirito censorio.
Esso costituisce il preludio della sostituzione del governo delle macchine al governo degli uomini. A questo percorso è finalizzato il “Pensiero Unico”, secondo il quale occorre perseguire l’universale in luogo dell’”identitario”, l’asessuato in opposizione al “sessualizzato”, l’”uguaglianza” in quanto opposta alla “differenza”. La gerarchia, il carisma, la leadership devono essere trasferiti, dalle persone, a quel “sistema” impersonale, che, da “burocrazia”, si sta trasformando in una “megamacchina”. Solo così si aboliranno i conflitti, perché si aboliranno gli umani, con le lor identità, le loro frustrazioni, le loro ambizioni, le loro differenze…
Tutto ciò è un’anticipazione del governo delle macchine spirituali, dove il futuro del mondo è deciso dal sistema digitale di Mutua Distruzione Assicurata; l’ideologia è forgiata dall’ Intelligenza Artificiale “educata” con dei testi “politicamente corretti” e purificata dai “bias” attraverso il sistema informatizzato di rilevamento e cancellazione delle “fake news”; le scelte politiche sono mediate dai “Big Data”; la scuola è basata su una “memoria condivisa” costruita coi computers e censurata dai Gatekeepers, ecc…
Dato tutto ciò, si comprende bene come coloro che si sentono investiti del compito di realizzare questo “Progetto Incompiuto della Modernità” siano convinti di essere separati, dagli “altri” da un abisso, di carisma, di consapevolezza, e perfino di etica, perché andare contro il Progresso è come andare contro Dio. A questo punto, è assolutamente logico ch’essi rifiutino ogni possibilità di dialogo, adottando teorie e prassi come quelle di Lukàcs, che, come scrittore, accusava i propri avversari di non essere altro che dei predecessori di Hitler, e, come ministro della cultura, bandiva dalle biblioteche ungheresi i libri di quegli stessi avversari. In questo contesto sono nate teorie assurde come “il Male Assoluto” o “il fascismo eterno”, che precludono ogni comprensione della storia e della filosofia, confondendo tutto in un enorme calderone, dove Augusto, Costantino, Machiavelli, Nietzsche, Khomeini, Bin Laden o Putin diventano “fascisti”, e Giulio Cesare, Rousseau, Gandhi, divengono “progressisti” , nonostante siano fra gli intellettuali che più pesantemente hanno contribuito al mantenimento di antiche tradizioni e a combattere le moderne superstizioni.
Per mantenere questa barriera, viene stabilito, prima in America, poi anche in Europa, un nuovo canone che distingue il vero dal falso, il giusto dall’ ingiusto, e scomunica chi non vi si adegua. Anche la dilatazione a dismisura della contrapposizione “fascisti-antifascisti” è strumentale alla creazione e rafforzamento del nuovo canone e delle sue scomuniche, e ha poco a che fare con il fascismo effettivo. Così, sono “fascisti” Pound, Juenger e Evola, che non hanno mai avuto una tessera, mentre sono “antifascisti” Pajetta, Ingrao o Napoletano che hanno cominciato le loro carriere nelle organizzazioni di massa del fascismo.
Nel suo opuscolo in Gujarati “L’indipendenza dell’ India”, Gandhi invitava gl’indiani a liberarsi delle eredità britanniche: medici, avvocati e ferrovie
2.L’”autoesclusione” dei “conservatori”
Secondo Segre, i sovranisti (per esempio, al Parlamento Europeo) sono corresponsabili di quella situazione. “D’altro canto, le stesse forze che si sentono investite dai cittadini della volontà di cambiamento non possono pretendere di imporla autoescludendosi: è la strategia migliore affinché il proprio progetto non si realizzi”.In un certo senso, ha ragione. A mano a mano che il “Pensiero unico” si afferma, i “Conservatori” ne hanno accettato i sottintesi, a partire da quello dell’ “Irreversibilità del progresso”, autocondannandosi al ruolo di “laudatores temporis acti”. In questo loro sterile ruolo, essi sono stati accettati ed incoraggiati dall’ “establishment”, perché, in tal modo, essi addirittura rafforzano il ruolo del progressismo, dimostrando che questo non è totalitario,bensì aperto al pluralismo, e, nel contempo, che esso è invincibile.
Questa connivenza ha garantito ai conservatori la sopravvivenza e un modesto mercato “captive”, ma ha deteriorato gravemente la qualità delle loro produzioni culturali, rispetto a quelle dei loro predecessori- per esempio, di Matteo Ricci, di Rousseau, di De Maistre, di Balzac, di Kiekegaard, di Nietzsche, di Heidegger, di Guénon, di Schmidt, di Eliot, di Pound, di Evola-.
Grazie a questo atteggiamento dei conservatori, non vi sono più contrappesi intellettuali al Progressismo, neppure nei suoi aspetti più controversi: la sua pretesa di innegabile positività della Storia (negata già perfino da Rousseau), o il suo equivoco legame con la tecnica (Heidegger, Anders), e non si sono riprese in alcun modo le tesi di quegl’intellettuali che proponevano uno scontro frontale con esso (per esempio, Dostojevskij e Gandhi).
L’idea di Segre che sia possibile un dibattito alla pari con i “conservatori” parte infatti proprio dal fatto che anche costoro hanno accettano, in un qualche modo, il progresso: “Nel nome di quel progresso che tutti invocano, ogni parte, invece, dovrebbe sentirsi chiamata non solo a conoscere l’altro, ma a riconoscere ruolo e dignità delle sue aspirazioni, attraverso la condivisione di spazi, in cui l’emotività politica possa trasformarsi in progetto.”
In realtà, non è vero che tutti invochino il progresso, perché non sono mancati, e ancora non mancano, intellettuali antimoderni (Compagnon,Moderne, Antimoderne), più numerosi di quanto appaia a prima vista, ma intimoriti dal “Politicamente Corretto” e dalla “Cultura Woke”. Soprattutto in relazione alla necessità di una “governance” dell’ Intelligenza Artificiale, la maggior parte degli interventi sono animati da una critica antimoderna alla tecnica dispiegata. Anche la rivolta del Sud del Mondo ha riportato alla ribalta visioni del mondo come il Confucianesimo, il Sanata Dharma, lo sciamanesimo e l’Islam quietista.
Ci chiediamo se l’apertura al dialogo invocata da Segre si estenda a coloro che contestano il Mito del Progresso, vale a dire la credenza in un “Lieto Fine” della Storia, non già in senso metafisico, bensì quale completa realizzazione terrena degli obiettivi della tecnica, e quale abolizione del conflitto fra gli uomini. Può sembrare un aspetto marginale e intellettualistico, eppure è su questo “dettaglio” che si giocano i maggiori conflitti di oggi.
A nostro avviso, è proprio perché ci sono molti scottanti problemi che il “mainstream” culturale occidentale e progressista non è riuscito a risolvere, che sarebbe il momento d’ ingaggiare un dibattito serrato fra Moderni e Antimoderni (e fra Occidentali e Orientali, il che spesso è la stessa cosa), sull’epistemologia, sulle religioni comparate, sulla transizione digitale, sulla pace nel mondo, sul governo della tecnica, sull’ Europa. Su tutti questi punti, i classici argomenti modernistici si stanno rivelando inconcludenti e controproducenti, come dimostrano il surriscaldamento atmosferico, la IIIa Guerra Mondiale a Pezzi, la decadenza del’ Europa, la crisi delle nuove generazioni, ecc…
In questo senso, occorre senz’altro raccogliere al più presto l’appello di Segre per “Luoghi delle idee dove stringersi la mano” , il che, in concreto, dovrebbe significare, da un lato, la fine della repressione del pensiero critico e dei suoi portatori, e, dall’ altra, una rinnovata assertività degli Anti-Moderni e dei cultori del mondo multipolare.
In mezzo alle tragedie, l'”establishment” ostenta soddisfazione.
La scorsa settimana, mentre il Parlamento Europeo ha ratificato il rinnovo dell’incarico a Ursula von Der Leyen, si è svolta a Milwaukee una convention repubblicana che, dopo il fallito attentato a Trump, non ha potuto che consacrarne a gran voce la nomination per il Partito Repubblicano.
Mentre il voto europeo è stato caratterizzato dall’allagamento ai Verdi dell’alleanza a favore della Presidente uscente, una mossa in sostanza in sostanziale coerenza con il passato, la scelta dei Repubblicani americani sembrerebbe seguire una linea politica, ma soprattutto ideologica, di apparente rottura con il “mainstream”. In particolare:
-rafforzato messianesimo, sostenuto da un’interpretazione taumaturgica del fallito attentato;
-venature monarchiche (Yarvin);
-teorizzazione della tecnocrazia del web (Srinivasan).
Rottura per altro anche questa a nostro avviso solo apparente perché, come non ci stanchiamo di ripetere da sempre, il vero filo conduttore della storia americana è stato costituito dal messianesimo, prima religioso, poi politico, e, alla fine, tecnologico, che sfocia nel chiliasmo della missione dell’America, sul quale sono d’accordo tutti i partiti.
Dalla presunzione dei primi puritani di costruire in America la biblica “casa sulla collina”, che tutti avrebbero dovuto imitare, al “White Man’s Burden” che l’America avrebbe ripreso dall’ Inghilterra per portare ovunque la civiltà, per passare poi alla battaglia reaganiana contro l’ “Impero del Male”, al progetto di Kurzweil di realizzare attraverso Google la “Singularity Tecnologica”e l’idea di Eric Schmidt che Google deve guidare gli USA alla conquista del mondo.
Sulla strada verso la Singularity, Musk ha superato Schmidt e Kurzweil
1.Al di là dei GAFAM
Oggi però si è raggiunto un livello di vicinanza alla Singularity mai fino ad ora nemmeno intravisto, grazie in particolare all’ intervento diretto nella campagna elettorale di “tycoons” informatici come Musk, Thiel e lo stesso Vance, che spostano clamorosamente le loro “donations” da un candidato all’ altro, con l’intento evidente d’imporre le rispettive strategie per il controllo tecnologico del mondo.
I teorici trumpiani vogliono andare al di là dello stesso progetto schmittiano di “Googleization of the World”. proclamando apertamente il progetto di Saint Simon: gl’imprenditori quali sacerdoti della Religione della Umanità, attraverso l’attribuzione formale del potere alle multinazionali del web : “Silicon Valley governi il Paese”(Srinivasan).
Si realizza così la previsione di Morozov, che l’informatizzazione costituirà l’arma finale dell’ America-mondo per bloccare a proprio favore la Storia mondiale. Progetto per altro oggi contrastato dalla nascita di un’industria digitale cinese (i BAATX, speculari ai GAFAM, ma soggetti a una disciplina ben più reale: il “crackdown sui BAATX”).
Non per nulla Elon Musk si è qualificato quale il massimo finanziatore di Trump, con 45 milioni di dollari al mese per la campagna elettorale. Come resistere a queste coalizioni di tycoons? E come impedire che l’intero “establishment” europeo, senza nemmeno lo spauracchio di una repressione di tipo “asiatico”, si faccia comprare in blocco sottobanco dagli stessi “donors” che finanziano in modo aperto la politica americana? Ammesso che non l’abbia già fatto, visto come, nonostante le varie finte, si è guardata bene da attaccare seriamente (per esempio sul fisco, sull’antitrust, sulla privacy)i GAFAM, nonostante che questi siano inauditi monopoli che vivono in simbiosi con l’apparato informatico-digitale americano.
Quegli atteggiamenti degl’ideologhi di Trump, che potrebbero sembrare isterici e privi di agganci con la realtà, sono perciò assolutamente comprensibili e razionali in un’America la cui cultura è dominata da sempre dal funesto incrocio fra messianesimo e plutocrazia, e che si trova anche, oggi, di fronte alla drammatica prospettiva di essere scavalcata in efficienza da Paesi ritenuti “inferiori”, come la Cina e l’India. In questa situazione, è normale che l’establishment ricerchi freneticamente nuovestrategie politiche,se necessario voltando le spalle alle tradizionali retoriche americane dell’ egualitarismo e del liberismo, per abbracciare varie forme di realismo politico, dall’ autoritarismo all’interventismo economico, ritenute più idonee a rallentare l’ascesa dell’ Asia, e, con ciò, la decadenza dell’ Occidente. In questo s’inserisce un ulteriore rafforzamento della figura carismatica di Trump e della sua famiglia, sostenuto, da un lato, dalla sentenza della Corte Suprema del 1° luglio, che sancisce di fatto il principio della superiorità del Presidente sulla legge, caratteristico delle monarchie assolute (“Princeps legibus solutus”).
Uno di questi nuovi percorsi potrebbe essere costituito dalla scelta di un’ alleanza con la Russia per contrastare la Cina, invertendo così il percorso iniziato a suo tempo da Kissinger negli anni ‘70 del XX secolo. E’ questa la prospettiva più temuta dall’establishment europeo, sbilanciatosi in modo autolesionistico a favore una guerra in Ucraina che, checché esso affermi, costituisce la negazione dei suoi interessi e valori.
Per ciò che riguarda Trump, da un lato, egli si è immedesimato nello Zeitgeist inaugurato da Putin, Xi Jinping e Modi, basato su una rinascita religiosa, sul nazionalismo economico e su un leader carismatico, una formula divenuta quasi un obbligo per i governi delle grandi potenze in una fase, come questa, caratterizzata da forti rivalità geopolitiche e dall’ imminenza della IIIa Guerra Mondiale, e, dall’ altro, non ha fatto altro che approfondire un trend già avviato sotto Reagan e i due Bush, verso una “presidenza imperiale”.
Anche sotto questo punto di vista, il “motore immobile” verso l’accentramento è costituito dall’ Intelligenza Artificiale, che s’identifica con l’essenza ultima della transizione digitale: un’unica mega-macchina super-intelligente che pensa per tutti, come nei romanzi di Asimov, per il bene di tutti. Il sistema politico occidentale, che sarebbe “basato sulle regole” serve appunto a tenere tutti “legati e imbavagliati” in attesa che i GAFAM completino la costruzione della megamacchina. Le “regole” si riveleranno alla fine essere quegli algoritmi “etici” da tutti auspicati, nei quali la cosiddetta “algoretica” tradurrà il moralismo puritano, nelle sue varie declinazioni de “politicamente corretto” e del “woke”.
Il primo uomo in cui Musk ha fatto inserire una chip cerebrale
2.”Bisogna cambiare tutto perché nulla cambi”
Alla febbrile agitazione della politica americana e dei GAFAM fa da riscontro l’immobilismo europeo, che continua a proporci da decenni lodevoli obiettivi fondati su ideologie tradizionali, ma che sono soffocati sotto un mare di libri “verdi” e “bianchi” e di retoriche buoniste, senza l’ombra di una realizzazione concreta.
A mancare all’ appello non è solo la Federazione Europea, ma anche l’Esercito Europeo, l’Identità Europea, i Campioni Europei, la Rete Europea, che non possono certo essere surrogati da sempre nuove autorities, da un mare di finanziamenti a pioggia con chiari “biases” ideologici, da generiche politiche per le piccole e medie imprese o dall’Artificial Intelligence Act. Quello che manca è soprattutto ciò che oggi è più urgente: un piano europeo globale di comprensione, dibattito, controllo e rinnovamento dell’ Intelligenza Artificiale.
Quell’impostazione mistificatrice risulta evidente da una anche solo rapida lettura del programma presentato dalla von der Leyen, i cui titoli sono bellissimi, ma, quando ci si guarda dentro, tradiscono il vuoto, quando non la falsità:
a)a cominciare dalla pretesa che l’economia sociale di mercato stia dando all’ Europa un vantaggio competitivo, mentre invece l’economia europea sta soffrendo proprio per l’assenza di quella politica, come per esempio la mancanza di programmazione, le carenze della partecipazione dei lavoratori, la mancanza di Campioni Europei, l’assenza dalle grandi piattaforme europee…;
b)per passare al preteso “rispetto delle regole”, quando le multinazionali americane sono in continua violazione delle regole stesse con la connivenza delle Istituzioni europee (vedi sentenze Schrems);
c)continuando con l’informatica, di cui l’ Europa è un consumatore, non un produttore, e di cui si fa solo qualche vago accenno, fra i tanti altri temi molto meno importanti, confessando così, implicitamente, che si vuole la continuazione dell’ attuale situazione di svendita del Continente;
d)e ancora con la Politica di Difesa, che viene vista solo come un finanziamento aggiuntivo alle industrie nazionali, non già come un problema di creazione di un’élite europea, di cultura comune, di patriottismo europeo, di intelligence e di alte tecnologie, e, non ultima, di disponibilità a battersi;
e)Per finire ancora con il discorso sui diritti umani, da imporre agli altri Stati, mentre noi siamo i primi a non rispettare le minoranze etniche (come quelle dei Russi – di milioni di persone sparse in tutto l’UE ma la cui lingua non è riconosciuta-,dei Serbi cacciati irreversibilmente dalla Krajina; dei Catalani, i cui rappresentanti eletti hanno dovuto scontare lunghe pene detentive nelle carceri spagnole); ideologiche (come l’islam politico , il cristianesimo integralista-vedi Lefebvre e Viganò-, e perfino quel post-fascismo da cui l’attuale Governo italiano trae in realtà il nocciolo duro dei suoi voti).
Ursula von der Leyen ha espresso efficacemente quest’atteggiamento quando ha affermato, al Vertice Sociale di Porto, citando “il Gattopardo”: “bisogna cambiare tutto perché nulla cambi”.
Tra l’altro, una questione di stile: perché il programma della Commissione e il discorso inaugurale sono in Inglese, quando l’ Inghilterra non fa parte della UE? Molto più opportunamente la Maltese Metsola usa spesso l’Italiano.
Occorre riproporre prepotentemente la questione della lingua, ma in modo radicalmente innovativo (uso moderno dell’ lingue classiche, più tradizione digitale -cfr. il nostro libro “Es patrìda gaian”-).
Un’opposizione all’ impostazione dominante ci sarebbe, anche al Parlamento Europeo, oltre che in quelli nazionali, tanto a destra quanto a sinistra (pensiamo as esempio a Melenchon e Sahra Wagenknecht), ma sembrerebbe proprio che anche i partiti “sovranisti” siano in realtà parte del grande gioco, prestandosi essi a un’opposizione di comodo, ma non attaccando mai gl’interessi strategici dell’ “establishment”. Basti pensare che, sommando i voti di quei vari partiti (assolutamente intercambiabili), quello sovranista risulterebbe essere il primo gruppo politico di questo Parlamento, superiore perfino al PPE, e potrebbe perfino aspirare a proporre il presidente della Commissione.
In realtà, i vari gruppi “sovranisti” si agitano soprattutto per far credere che esistano davvero, , per mettersi in mostra nei confronti dei loro attuali o potenziali sponsors (Biden, Trump, Putin, GAFAM?) facendo ciò che nella Marina delle Due Sicilie, si chiamava “ammuina”, vale a dire muoversi senza uno scopo sui vascelli.
Per esempio, il Parlamento, così deciso nella scelta pro-ucraina imposta dal Presidente Biden, incomincia già a sfilacciarsi, non solo con Orbàn, ma perfino con Michel, in previsione della vittoria elettorale di Trump in America, a cui tutti finiranno per allinearsi. Il Parlamento Europeo risulta essere, in tal modo, solo la cassa di risonanza delle vicende politiche americane. E’ lì che si adottano le vere scelte politiche, anche per l’ Europa. Del resto, l’idea stessa dell’ integrazione europea postbellica era stata lanciata, nell’ arena politica, da un voto in tal senso del Senato Americano (su proposta del Senatore Fulbright). Come si può pensare che, con una tale premessa, le Istituzioni Europee si esprimano in un senso contrario alla posizione di volta in volta egemonica in America?
Certo, l’attuale situazione kafkiana, con un’America profondamente divisa, il tentativo di Russia e Cina d’influenzare la politica occidentale, la forte consistenza numerica, ma anche la debolezza strutturale, dei sovranisti di destra e di sinistra, aprirebbe parecchi spiragli per una eventuale strategia di critica da parte di minoranze attive desiderose di unificare l’Europa sul serio, e non a parole come si è fatto fino ad ora.
La tanto discussa presidenza ungherese dell’ Unione per il secondo semestre del 2024 ha scelto, come proprio simbolo, il cubo di Rubik e, come slogan, il simil-trumpiano “Make Europe Great Again”. Non si vede in ciò, né nel programma per il semestre ungherese, nulla di anti-europeo, come invece vorrebbero in tanti. Anzi, sembrerebbe che il Governo ungherese voglia condurre delle tradizionali politiche europeiste, come quella per la pace, quella per la competitività globale, quella per le identità culturali e le minoranze, con pari, se non maggiore, determinazione, di altre, precedenti, presidenze.
D’altro canto, l’Ungheria ha tradizioni di “europeità” non inferiori a quelle di nessun altro Paese. Tradizionalmente, una monarchia multietnica, comprensiva di Slovacchi, Rumeni, Szekler, Turchi, Cumani, Peceneghi, Alani, Croati, Bosniaci, Dalmati, Valacchi, Ruteni, Tedeschi, Ebrei, governata da dinastie europee come gli Anjou e gli Asburgo, ha dato all’ Europa apporti culturali importanti, come Liszt e Herczeg, e ha contribuito alla caduta del sistema sovietico con la rivolta del 1956 e con le riforme del 1989.
Anche la fondazione al Parlamento Europeo di un nuovo gruppo politico sovranista con Austriaci, Sloveni e Slovacchi, da Capodistria a Uzhgorod, evoca le tradizioni pan-europee dell’ Austria-Ungheria.
“I Pagani” di Ferenc Herczeg
1.L’Europa-alternativa all’ America-
In un momento in cui gli USA difendono con le unghie e con i denti il loro eccezionalismo, la Cina pretende di divenire la prima potenza mondiale e la Russia sta combattendo da due anni una guerra fratricida pur di non essere tagliata fuori dal “Grande Gioco”, sembra assolutamente illogico che nessuna forza politica o Stato membro (salvo, solo inizialmente, Macron) abbia innalzato il vessillo di un sovranismo europeo.
Si conferma sempre più l’impressione che l’integrazione europea, votata per primo dal Senato Americano (senatore Fulbright) e finanziata dall’ ACUE (vicino alla CIA), avesse veramente per obiettivo quello di fare accettare in modo soft il declassamento dell’Europa, soprattutto rispetto agli Stati Uniti, un declassamento profetizzato da Washington, Whitman, Mazzini, Kipling e Trockij, e realizzato in pratica con il Piano Marshall, il Sessantottismo e, in ultimo, con i GAFAM. Uno degli anelli della “ragnatela” di istituzioni guidate dall’ America (Ikenberry). La pretesa di “avere realizzato ottant’anni di pace” sarebbe dunque solo una metafora per dire che abbiamo accettato di diventare innocui, rinunziando a una nostra propria identità.
Il problema è che non è affatto vero che l’Identità Europea sia solo una brutta copia di quella americana, così come, in fondo, ci si vorrebbe far credere. Al contrario, è l’America ad essersi allontanata nel ‘700 dal “mainstream” della millenaria cultura europea, con la sua “passione per l’ eguaglianza”, così temuta da Tocqueville, con la “Super-soul” di Emerson, anticipatrice della SingularityTecnologica e controbilanciata dall’ Uerbermensch nietzscheano, con la sua massificazione condannata da Kafka e da Céline, con la censura ideologica smascherata da Sol’zhenitzin e da Kadaré (oggi, il Politicamente Corretto, la Cancel Culture e la cultura Woke).
D’altronde, come ricordato da Luciana Castellina in “50 anni d’Europa”, il“capitalismo europeo” si distingue da quello americano per essersi formato, come già osservava Marx nei “Grundrisse”, in un contesto non già capitalistico, bensì feudale.Nessuna contraddizione fra questa dimensione “comunitaria” e il rifiuto di quell’ approccio utopico che, mirando solo a distruggere i parametri esistenti, ha per effetto la distruzione della stessa coesione sociale.Esempio tipico, l’approccio sindacale fondato su una pretesa “autonomia di classe”, che ha portato, in Italia, all’assenza di una solida partecipazione dei lavoratori, e, come conseguenza, alla spoliazione, da parte degli azionisti, della nostra base industriale (cfr. casi FIAT e Alitalia)
Sarebbe dunque ora che si parlasse maggiormente della sovranità europea, certo in termini militari, ma, prima ancora, in termini culturali, sociali, politici, ideologici, finanziari ed economici. Purtroppo, fino ad ora i pochi che hanno tentato questa strada, da Coudenhove Kalergi a Olivetti, da De Gaulle a Servan-Schreiber, hanno dovuto sempre abbandonare le loro ambizioni.
Pan-Europa del conte austro-ungarico Coudenhove Kalergi
3.Orban vs. Macron
Ciò detto, esiste una strategia orbaniana per “Make Europe Great Again”, più efficace del progetto macroniano, che sta così miseramente naufragando, e sostitutiva dello stesso? O non si tratta anche qui dell’ennesimo patetico sforzo di pochi volenterosi che si sacrificano inutilmente per una causa immaginaria, come i Ragazzi della Via Pàl?
Il programma del Secondo Semestre fa giustamente riferimento al Cubo di Rubik, che, secondo il Governo magiaro , è significativo dell’abilità ungherese nel risolvere problemi complicati (pensiamo anche alla “penna Birò”). Tuttavia, il problema è che la debolezza europea ha radici più lontane, nel rapporto irrisolto fra la “poliedricità” etnica e sociale europea (Papa Francesco) e una “Translatio Imperii” ben più evanescente del corrispondente “Tian Ming” cinese. Ancor oggi, l’eredità imperiale europea è contesa, come dopo Diocleziano, fra l’”Impero Nascosto” americano, la Terza Roma russa, il “Mavi Vatan” turco, la pretesa di egemonia culturale “romano-germanica” di Bruxelles, e, non ultima, l’ambizione del Vaticano di rappresentare un potere universale. Per giunta, il Patriarca greco di Costantinopoli ha usato il termine “Konstantiniyye” al posto di “Istanbul”e firmando il progetto di pace ucraino usando il simbolo imperiale dell’ aquila bicipite.
Come si vede, questioni ben al di sopra delle attuali beghe fra i partiti “sovranisti” al Parlamento Europeo, che, anzi, anche per opera di Orbàn, sono oramai frammentati in ben quattro gruppi in competizione fra di loro. Come scrive La Repubblica,“In questo modo svanisce il sogno di costituire un “supergruppo” di destra cui aspirava anche la premier italiana. E l’inquilina di Palazzo Chigi proverà ancora oggi a evitare la quadrupla spaccatura. Sta facendo buon viso a cattiva sorte cogliendo qualche aspetto positivo. In primo luogo allontanare il sospetto di poter essere associata al “putinismo” di Orbán. Pericolo che comprometterebbe l’unica vera bussola di Fdi in politica estera durante questi due anni, l’atlantismo.
E poi potrebbe marcare l’idea che i Conservatori essere definiti di estrema destra visto che alla loro destra ci sono altri due gruppi. Ma è solo una autoassoluzione. Resta il fatto che i sovranisti stanno perdendo la prova dell’unità e presentandosi così divisi non rappresentano nemmeno potenzialmente una alternativa.”
In realtà, l’idea stessa del “sovranismo europeo” è viziata dal richiamo a un’era mitica, che non è mai esistita. Se è chiaro che “l’America era grande” nel mondo unipolare subito dopo la caduta del Muro di Berlino, e la Cina “era grande” al tempo dell’Impero, quand’è che “l’Europa era stata grande”? Forse nella Belle Epoque, quando essa era travagliata dalle Guerre Balcaniche, la Spagna veniva sconfitta dagli USA e la Russia dal Giappone? Oppure al tempo del Maccartismo, quando semplicemente si trasformò l’industria militare dell’ Asse in industria produttrice di beni di consumo?
La nostra grandezza, se ci sarà, sarà nel futuro.
L’identità europea non è cominciata ieri
4.Le dialettiche storiche dell’ Europa
D’altronde, l’affermazione di un eccezionalismo europeo, per esempio in Nietzsche e in Coudenhove Kalergi, è stata sempre limitata e aleatoria. Una buona base di riflessione, un punto di partenza. Certo, non un punto di arrivo. Il “Partito della Vita” di Nietzsche si perse per strada a causa della follia sopravvenuta del suo ideatore, mentre Paneuropa perdette ogni credibilità dopo la Seconda Guerra Mondiale, venendo scavalcata dal progetto “funzionalistico” dei Governi, abilmente appropriatosi della retorica federalistica.
Una seria riaffermazione dell’Identità Europea presupporrebbe una riflessione approfondita sulle dialettiche storiche dell’Europa prima dell’ integrazione post-bellica, fra le radici orientali (nelle steppe e nel Medio-Oriente), e le tradizioni autoctone dei Cacciatori-Raccoglitori e del Barbaricum, fra le “Migrazioni di Popoli” e i monoteismi mediterranei, fra la Pasionarnost’ orientale e il messianesimo occidentale.
Purtroppo, questa riflessione, avviata, nel corso del tempo, da una serie di autori, non ha avuto fino ad oggi seguito, né fra l’Intelligentija, né fra i politici, né nell’ opinione pubblica.
Kadaré ha sviluppato il rapporto fra Eschilo e l’identità europea
5.Kadaré e l’identità europea
Ad esempio, il primo giorno della presidenza ungherese è morto, quasi inosservato, uno degli scrittori che più hanno contribuito al dibattito sull’ Identità Europea, l’albanese Ismail Kadaré, autore, oltre che di tanti romanzi, anche di saggi come “L’identità europea degli Albanesi “ e “Eschilo il gran perdente” che ha come obiettivo quello di rintracciare la continuità fra lo spirito tragico della Grecità e la cultura popolare albanese, incentrata sui valori “tribali” della Besa (“fiducia”) e del Kanun (“legge tradizionale”).
Si tratta di temi essenziali per l’identità europea, a cui avevamo dedicato anche il nostro libro “De Moesia et Illirico”, incentrato sulla ricerca di un’Identità Balcanica quale parte integrante ed essenziale di quella europea.
A causa del suo rapporto non facilissimo con il regime di Enver Hoxha, Kadaré era stato, e viene tuttora descritto, come un “dissidente”, quando si dovrebbe parlare piuttosto di “emigrazione interna” come nel caso di Juenger. La realtà è che egli aveva espresso benissimo (per esempio in “Chi ha riportato Doruntina?” e “l’Inverno”) la cultura sostanzialmente nazionalista e tradizionalista della società comunista albanese, non dissimile per altro da quella di tutti gli altri regimi dell’ex blocco sovietico.
Quando Kadaré era venuto a Torino, gli avevo chiesto, paragonandolo a Sol’zhenitzin, perché, finito il socialismo reale, fossero finiti i grandi letterati dell’ Est. Nessuna risposta.
Purtroppo, il “Mainstream” attuale riesce a vedere tutti i fatti sociali solo attraverso le lenti deformanti dell’ideologia progressista-democratica, secondo cui esisterebbero sempre e ovunque due sole posizioni: quella progressista, che vede ogni fatto umano come inserito in un progresso indefinito, dalla naturale irrazionalità, a una fase finale retta dal razionalismo utilitaristico, che porterebbe alla fine di tutti i conflitti, ma, in realtà, consiste nel trasferimento del potere agli algoritmi, e quella dei “Conservatori”, che si sforzano inutilmente di rallentarlo, ma alla fine restano sempre sconfitti. Tutti gli altri valori e punti di vista sono irrilevanti, e vengono schedati solo sulla base di quel metro. Così, non si comprendono i fenomeni più rilevanti della storia culturale, come, appunto, Kadaré. Il quale aveva reagito giustamente al colonialismo culturale delle critiche per la sua partecipazione al Parlamento albanese e all’ Associazione degli Scrittori.
Tanto i pretesi “Progressisti” quanto i pretesi “Conservatori” sono danneggiati da questo circolo vizioso, che non permette loro di conseguire nessuno degli obiettivi che essi sembrano proporsi, perdendo così sempre più di credibilità nei confronti degli elettori, che trovano, nell’ astensione, l’unico strumento per manifestare il loro desiderio di alternative radicali.
Come sempre, invitiamo i nostri quattro lettori a guardare al di là di questo schema semplificatore, cercando di vedere la reale complessità delle tradizioni culturali europee, come per esempio quella dei popoli pre-alfabetici, ancora presenti nelle aree uralica ed artica; dei popoli delle steppe, ai margini della Russia, dell’Ungheria, dell’ Ucraina, della Turchia; quella cattolica-romana; quella slavo-ortodossa; quella euro-islamica; quella mitteleuropea; quelle atlantica e iberica…
Alla luce di questa prospettiva, le forze che a torto o a ragione vengono considerate alternative allo stato attuale delle cose dovrebbero preoccuparsi su come divenirlo davvero, esprimendo veramente le tendenze più profonde dei nostri popoli, delusi dalle promesse di pace e prosperità dell’Occidente (l’”Alba Bugiarda”di Grey)così come dall’utopia irrealizzabile del comunismo (“il Dio che ha fallito”di Silone).
Non per riesumare, come dice il “mainstream”, il “nazifascismo”, bensì per permettere finalmente alla cultura europea di esprimere liberamente le proprie aspirazioni proibite, come nelle visioni geopolitiche eurasiatiche dei Gesuiti e di Leibniz (i “Novissima Sinica”); nella critica di Nietzsche e di Simone Weil contro la deculturazione dell’Occidente; nelle idee sociali di Toniolo, d’ Annunzio e Ugo Spirito concretizzatesi nel “Modello Renano” teorizzato da Michel Albert(la “partecipazione” , la “cogestione”)…Vedi il nostro libro “Verso le elezioni europee”.
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Tutte cose che c’erano negli originali progetti europei, e che sono andate misteriosamente perdute per quella colpevole “Eterogenesi dei Fini”, che dobbiamo smettere di tollerare.
Per quanto non sia ancora certo se la prossima presidente della Commissione europea sarà nuovamente Ursula von der Leyen, bisogna riconoscere a quest’ultima una buona dose di preveggenza, quando, al cosiddetto “Vertice Sociale di Porto”, aveva citato espressamente “il Gattopardo”, affermando: “Bisogna Cambiare tutto perché nulla cambi”. Che è infatti ciò che sembra verificarsi.
1.Un sistema rigidissimo
E, in effetti, la “ragnatela” di organismi internazionali creati dopo la IIa Guerra Mondiale (Ikenberry) aveva avuto lo scopo di “stabilizzare” un mondo che, intrinsecamente, era portato, come dimostrato dalle Guerre Mondiali, a un’enorme instabilità (l’”Ultima Grande Battaglia” di cui aveva scritto Nietzsche”). Le Nazioni Unite, la NATO, il Consiglio d’ Europa, il Comecon, il Patto di Varsavia, l’Unione Europea, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, le Comunità Europee, l’Unione Europea…
Era stata impiegata le massima diligenza nell’organizzare meccanismi sofisticati e complessi (“the Rule of Law”), aventi quali obiettivo quello di ammortizzare le innumerevoli contraddizioni intrinseche alla Modernità (Nazioni contro Imperi, laicità contro religioni, capitalismo contro socialismi e nazionalismi..).
Questa “ragnatela” ha dimostrato fino ad ora una capacità notevole di frenare il cambiamento, coprendo e permettendo così nel contempo il dispiegarsi di un corso storico sotterraneo verso la Società delle Macchine Intelligenti, tanto resistente da sembrare deterministico: quello che va dall’ Equilibrio del Terrore alla Società della Conoscenza, dalla Religione dei Diritti all’ Ideologia Californiana, dalla Società del Controllo Totale al Postumanesimo, dal crescente autoritarismo alla Singularity Tecnologica. La “stabilità” (se non pietrificazione) dei sistemi politici ha garantito fino ad ora che quelle trasformazioni tecnologiche avvenissero senza controllo e senza contrasto. Ed è questo il motivo principale per cui tutta quella “stabilità”(la “difesa del Progresso”) era, ed ancora è, ritenuta così necessaria dall’ Establishment, e così esiziale da noi.
2.Stabilità del sistema nonostante la sconfitta delle grandi Nazioni
In questo contesto s’inseriscono perfettamente le elezioni europee del 2024, appena terminate, nelle quali, all’ apparentemente eclatante vittoria del Rassemblement National, dell’AfD, dell’ FPOE, della NVA e del VB, ha fatto paradossalmente riscontro una complessiva stabilità del quadro europeo generale basato su “pesi e contrappesi”, che ha permesso a Manfred Weber, presidente del PPE, di affermare, nonostante tutto: “con Ursula abbiamo vinto in Germania e vinceremo in Europa”.
Come ha fatto giustamente rilevare il sito del Movimento Europeo, la tanto deprecata (e auspicata) avanzata dei partiti “di destra”, a livello complessivo, non c’è stata. Essi hanno infatti conquistato appena il 2% dei voti in più.
A nostro avviso, però, conta anche molto il fatto che i partiti della Maggioranza Ursula abbiano perduto complessivamente 68 seggi, mentre ECR più ID hanno conquistato 13 nuovi seggi, mettendo così in difficoltà la formazione di una Commissione con la “Maggioranza Ursula”.
Così opinano perfino i Think Tank russi, perché (Markov), “la destra non sistemica sta diventando sempre più sistemica”, tanto che “perfino Marine Le Pen ha assunto una posizione filoamericana e antirussa”, perché ”disotto il velo esterno della democrazia, il potere reale del Deep State e dell’ oligarchia globale sta assumendo sempre più chiaramente i caratteri di una dittatura”.
Di tutt’altro avviso invece Ezio Mauro, per cui il carattere dirompente del voto europeo sarebbe rappresentato dalla rottura dei tabù antifascisti da parte della “nuova diffidenza agnostica dei populisti di ogni colore, che non si riconoscono in nessuna religione civile e non accettano lezioni da un passato che non hanno vissuto”. Cosa per altro ovvia dopo 80 anni (il tempo di tre generazioni).
Per Mauro, non ci sarebbe più, pertanto, un “canone europeo e occidentale”. Ma c’è da chiedersi quanto questo canone non sia stato, anche in passato, solo l’effetto di riflessi pavloviani indotti, in un paio di secoli, con varie forme di terrore, mentre invece la cultura europea aveva testimoniato da gran tempo l’insofferenza per quel “canone”. Basti pensare al “Rescrit” di Voltaire, alle “Soirées de Saint-Ptersbourg”di De Maistre,a “Mon Coeur Mis à Nu » di Baudelaire, a « Umano, troppo umano” di Nietzsche, alle “Considerazioni di un Impolitico” di Mann, al “Prossimo Medioevo”di Berdjajev, a”Europa e umanità” di Trubeckoj, ad “Amerika”di Kafka, alla”Terra Desolata” di Eliot, alla “Rivolta contro il mondo moderno”di Evola, a “Tecnica,nobiltà e pace” di Coudenhove Kalergi, a “Cittadella” di Saint Exupéry, alla “Radice Ultima” di Simone Weil, alla “Dittatura Liberale” di Molnar, ad “Arancia Meccanica” di Burgess…
Dunque, l’unica vera novità è, a nostro avviso, più che altro un banale cambiamento di umore, grazie al quale starebbe cadendo la barriera (psicologica, e , a nostro avviso, nominalistica), fra una sedicente “destra moderata” e una sedicente “destra alternativa”, ambedue parti integranti dei giochi del “sistema”.
3.Il cosiddetto “canone europeo e occidentale” da sempre combattuto dalla “cultura alta”.
Il fatto più importante è però che (almeno in Italia), il numero degli aventi diritto che ha votato supera quello di coloro che non hanno votato.A nostro avviso, l’unico atteggiamento logico degli intellettuali e delle forze politiche, di sinistra, di centro o di destra, consisterebbe oggi invece nel prendere atto del fatto che i cittadini europei valutano negativamente il corso della storia postbellica, che ci ha portati, da un’ originaria posizione di centralità dell’ Europa, ancora negli Anni 50, pur nella sua distruzione e divisione (si pensi alla Olivetti, a Gagarin, alla Volkswagen, all’ Ariane, ma anche ad autori come Heidegger, Schmitt, Sartre, Camus,a registi come Antonioni, Fellini, Godard, Autant-Lara, Herzog, Wenders, Wajda, Zanussi, Tarkovskij, Kieslowski, ecc..), a una piattezza creativa impressionante, con le multinazionali del Web (e non solo) che dilagano indisturbate nelle nostre economie, e lo Showbiz hollywoodiano che la fa da padrone nella comunicazione. In questo contesto, la crisi sociale è inevitabile (si veda come esempio tipico la Stellantis; così pure come la disoccupazione intellettuale, la fuga dei cervelli..).
E non si dica che questo è normale, visto che anche in America la percentuale dei non votanti è tradizionalmente inferiore ( soprattutto nelle elezioni di “midterm”) a quella dei votanti, perché ciò dimostra semmai un altro aspretto dell’ americanizzazione dell’ Europa.
E’ incredibilmente significativo che mentre, l’8 giugno, Biden era ancora in Francia per commemorare con Macron lo Sbarco in Normandia come un grande show propagandistico euro-atlantico, già il 9 mattina incominciavano le operazioni di voto per le Elezioni Europee che, la sera stessa, segnalavano l’incredibile sconfitta di Renaissance per mano del Rassemblement National. E, per giunta, Macron stava sviluppando, proprio in concomitanza con il D-Day, tutta una sua campagna sull’invio di armi sofisticate e di soldati in Ucraina, una campagna che gli elettori hanno sonoramente smentito.
Del resto, è la stessa cosa che è successa ai Socialdemocratici tedeschi al governo in Germania non appena il Primo Ministro Scholz ha annunziato che il Paese deve prepararsi per una guerra entro 3 anni, con la reintroduzione del servizio militare obbligatorio e con la trasformazione dei metrò in rifugi antiaerei.
Ora si condanna Ciotti (leader dei neogollisti), per aver “tradito”, alleandosi con Le Pen e Bardella, l’eredità del Generale De Gaulle, quella di cui Macron avrebbe voluto appropriarsi. De Gaulle, nonostante vi avesse quasi partecipato fisicamente, aveva sempre rifiutato di assistere alle celebrazioni alleate dello Sbarco, da lui visto come inizio dell’occupazione dell’ Europa. In realtà, la “Sovranità Nazionale” o anche “Europea” era per De Gaulle qualcosa di radicalmente diverso di ciò che è divenuto con i successivi presidenti, che pure la rivendicano. La “Force de Frappe” che De Gaulle aveva creato, e che ancor oggi costituisce la base dell’ esercito francese e della pretesa macroniana di primato in Europa, era “à tous les azimuts”. Questo significa che, almeno in teoria, i missili nucleari francesi non erano puntati solo verso Mosca, bensì anche verso Washington. Inoltre, le truppe americane erano state cacciate dalla Francia. Infine, per De Gaulle, l’Europa andava “dall’ Atlantico agli Urali”. Un atteggiamento ben diverso da quello dei successivi presidenti, e, in particolare, di Macron, che, come tutti gli altri governanti attuali dell’Europa, fanno a gara nel compiacere gli Stati Uniti, scavando a Est un solco sempre più profondo.
Singolari effetti della caduta del Muro di Berlino. Gli Europei, invece di sentirsi ora più liberi di muoversi nel mondo seguendo i propri bisogni e i propri interessi, sono divenuti incapaci di quegli (seppur sporadici) slanci d’indipendenza che, in passato, di qua e di là del Muro, si erano manifestati, per esempio, in Tito, in de Gaulle, in Craxi, in Nagy, in Mitterrand, in Chirac, in Hoxa, per non parlare di Walesa…
Viene spontaneo pensare che ciò sia dovuto, almeno in parte, a precise minacce alle persone. Basti pensare ai casi della Slovacchia e della Turchia, che, se hanno manifestato qualche sprazzo di coraggio, lo hanno fatto a proprio rischio e pericolo (vedi il tentato colpo di Stato gulenista, e, buon ultimo, il recente attentato a Fico).
Per il resto, deriva dal fatto che, essendo buona parte dei nostri politici (ivi compresi molti sedicenti conservatori, eredi dell’egemonia culturale marxista, sono divenuti, da sostenitori accaniti dell’ Unione Sovietica, gli avversari più duri di una Russia dove il Partito Comunista è oramai all’opposizione.
Per questo, è ben vero che, come sostiene Ezio Mauro, queste elezioni europee dovrebbero sollevare delle preoccupazioni a medio-lungo termine per l’avvenire dell’Europa, e suscitare di conseguenza una rinnovata volontà di proseguire l’integrazione europea. Tuttavia, è lecito dubitare se questa prosecuzione possa andare avanti con questo “establishment”, che non è mai stato interessato ad accrescere il ruolo dell’Europa nel mondo, bensì, come scriveva Trockij già nel 1917, “a contingentare il capitalismo europeo”, a vantaggio di quello americano.
Per questo, a nostro avviso, l’impegno europeista non può essere, oggi, se non un impegno culturale, per dissolvere la nebbia di ignoranza deliberatamente sparsa fra gli Europei, aprendo loro gli occhi sul reale significato della nostra storia e sui pericoli che su di noi fanno incombere i settari del Mito del Progresso e i loro epigoni cultori delle Macchine Intelligenti, della Singularity e della Terza Guerra Mondiale.
Mentre diffondiamo un’ulteriore volta il programma della giornata di domani 9 maggio (Giornata dell’ Europa 2024),una manifestazione più attuale che mai, vorremmo aggiungere che il tema centrale di tale giornata -il trattato internazionale sull’ Intelligenza Internazionale-, non solo ha costituito il centro dell’ opera degli ultimi anni di vita di Henry Kissinger, ma ha fatto anche oggetto della “Lettera all’ Europa” apparsa su “l’Avvenire” di ieri mattina (All.1).
A nostro avviso, occorrerebbe chiarire ancor di più la centralità dell’ Intelligenza Artificiale nella Guerra Mondiale a Pezzi, oggi in corso, nonché illustrare i meccanismi che vanno dalla macchinizzazione del mondo (Heidegger) alla Società del Controllo Totale (Morozov), dalla Guerra Senza Limiti (generali cinesi) allo Hair Trigger Alert (Schmidt), al “Dead Hand”(in Russo, “Miortvaja Rukà) , tutte tappe di un’escalation praticamente automatica, che potrebbe scattare in qualunque momento, se non è già in qualche modo avviata.
Come indicato nella “Lettera all’ Europa”, è proprio qui che la pretesa (probabilmente irrealistica) dell’ Unione Europea di essere il “Trendsetter of the Worldwide Debate” viene messa alla prova.
Questo è, a nostro avviso, il punto cruciale del dibattito sull’ Europa.
L’ inconcludenza europea che ci ha portati, dopo 80 anni, alla “Guerra senza Limiti”, va superata con un’analisi approfondita e senza pregiudizi dei meccanismi reali (e non immaginari) del mondo post-moderno, e con un’azione energica di rinnovamento che rifugga tanto dalle “Retoriche dell’ Europa” e, quanto dai riflessi pavloviani delle ideologie sette-ottocentesche.
Vi attendiamo tutti domani e per le attività che svilupperemo verso il Trattato Internazionale sull’ Intelligenza Artificiale, e, in generale, verso una Mult-level Governance mondiale d’impostazione “poliedrica”, che, senza pretendere di cancellare la conflittualità (che è insita nell’ umano), ci permetta almeno un momento di riflessione e dialogo (una moratoria?).
Vi aspettiamo!
In caso di dubbi, telefonare a:
3401602582
3357761536
Come ogni anno fin dal 2007, anche nel 2024 l’Associazione Diàlexis organizza, intorno al Salone Internazionale del Libro di Torino, una serie di manifestazioni, sotto il titolo, ormai consolidato, di “Cantieri d’ Europa”, con i suoi partners Movimento Europeo, CNA, Studio Ambrosio & Commodo, IPSEG e Rinascimento Europeo.
Il caso vuole che, come già in alcuni degli anni passati, il 9 maggio 2024, Giornata dell’Europa, cada proprio all’interno del calendario del Salone, sicché abbiamo potuto inserire anche questa volta, fra quelli che accompagnano il Salone, il dibattito sullo stato di avanzamento dell’integrazione europea.
Nel corso dei 17 anni dei “Cantieri d’ Europa”, il mondo e l’Europa sono cambiati drammaticamente. L’onnipervasività dell’Intelligenza Artificiale, l’emergenza del Sud Globale e le guerre attualmente in corso in tutti i continenti hanno reso più urgente che mai per l’ Europa focalizzarsi sulle sue priorità storiche, la cui cogenza è oramai conclamata da tutti: identità continentale, geopolitica del digitale e governance multi-livello e multipolare.
Per questo, abbiamo articolato i Cantieri d’Europa del 9/10 maggio 2024 in tre distinte manifestazioni:
-la tradizionale celebrazione, presso il Centro Studi San Carlo, della Giornata dell’Europa, attraverso un dibattito bipartisan sul libro di Pier Virgilio Dastoli ed Emma Bonino “A che ci serve l’ Europa”;
-la presentazione, nel Salone, del libro “L’Istituto per l’ Intelligenza Artificiale di Torino” dell’ Associazione Diàlexis, con un dibattito fra esperti sull’evoluzione, attualmente in corso, del concetto di un’ agenzia nazionale per l’IA;
-un convegno, presso il Centro Studi San Carlo, dedicato alla discussione sul contributo italiano alle trattative per una disciplina pattizia internazionale dell’Intelligenza Artificiale;
-la presentazione, sempre al Centro Studi san Carlo, del Libro Verde del Movimento Europeo in Europa, “Scriviamo insieme il futuro dell’ Europa”
A che ci serve l’Europa – Emma Bonino,Pier Virgilio Dastoli,Luca Cambi – copertina
9 maggio,
Ore 10,30
Centro Studi San Carlo, Via Monte di Pietà 1
Ore 10,30
CELEBRAZIONE DELLA “GIORNATA DELL’ EUROPA”
Dibattito sul libro: A che ci serve l’ Europa,
di Pier Virgilio Dastoli e Emma Bonino, con Luca Cambi.
Partecipano gli Autori,
Con: Brando Benifei,candidato al PE per il PD, Alessio Stefanoni della CNA, e Ferrante De Benedictis, Consigliere al Comune di Torino
Presenta la manifestazione: Marco Margrita, del Direttivo di Rinascimento Europeo
Introduce i Cantieri d’ Europa 2024: Riccardo Lala
Modera: Marco Zatterin
A 73 anni dalla ormai “Dichiarazione Schuman”, a cui fa riferimento la Giornata dell’Europa del 9 giugno, è più che mai giunto il momento di chiederci se l’evoluzione effettuale delle Comunità Europee, e la trasformazione di queste ultime nell’Unione Europea, non abbia costituito piuttosto un’involuzione dell’originaria intuizione politico/culturale, di Spinelli, e di tanti altri precursori dell’integrazione europea, da Coudenhove Kalergi a Simone Weil, da Galimberti a Gorbachev, da Mitterrand a Giovanni Paolo II. Certo, il punto di partenza era stato immaginato dai più come una qualche forma di unione “leggera” (per ultima la “Confederazione Europea” proposta da Mitterrand nel 1989), ma questo non escludeva, ed, anzi, postulava, la costituzione e l’espansione di un nocciolo duro, espressione di un’unione prima esistenziale che giuridica fra gli Europei (”la Patria Comune del Cuore” di Stefan Zweig). La presunta contrapposizione fra un’Europa “federale”, accentratrice e tecnocratica, e un’”Europa dei Popoli”, decentrata e identitaria, invalsa nella polemica politica parlamentare, non coglie, infatti, l’essenza del progetto europeo, che dovrebbe essere al contempo poliedrico all’ interno ed assertivo nel mondo, grazie a un’appropriata distribuzione dei ruoli e delle lealtà fra società civile, imprese, Enti locali, Stati Nazionali e “Europe Puissance”(Giscard, Macron), ciascuno fornito di una sua propria distinta identità, ma tutti convergenti su una finalità comune, secondo il modello di quello che Tocqueville aveva chiamato “l’Antica Costituzione Europea”.
Una risposta a quel dubbio, e lo scioglimento di questa pretesa contraddizione, risultano più che mai necessari alla vigilia di questa tornata di elezioni europee, che sarà determinante per affrontare i temi più drammatici dell’oggi -dalla disciplina internazionale dell’AI alla latente “Nuova Guerra Civile Europea”, nonché, infine, all’urgenza di un “centro dirigente” autorevole per fare fronte a una situazione internazionale drammatica e imprevedibile (AI, Ucraina, Medio Oriente)-.
Pur essendo tutte fortemente indebolite dalla “Fine delle Grandi Narrazioni”, le famiglie politiche tradizionali, rappresentate dai vari gruppi politici del Parlamento Europeo, stanno ritornando al centro dell’interesse della pubblica opinione avendo recuperato, almeno in parte, la loro originaria vocazione a sfidarsi sulle grandi alternative storiche dell’Europa. Speriamo che la legislatura che prenderà l’avvio da queste elezioni si dimostri all’altezza della drammaticità della situazione e dell’esigenza di un salto di qualità non solo istituzionale, ma anche culturale ed etico.
Il recentissimo e documentato libro di Dastoli e Bonino ci fornisce un ulteriore stimolo per una riflessione su questo tema, con l’intervento di relatori di grande competenza, impegnati in gruppi politici europei diversi e divergenti, che illustreranno le diverse prospettive in discussione e i relativi programmi.
La nuova Strategia Italiana per l’Intelligenza Artificiale 2024-2026 Spiegata Semplice | Intelligenza Artificiale Italia Blog
Ore 13,30
Salone Internazionale del Libro
Lingotto Fiere, Via Nizza, 294
Sala Arancio
L’Italia e la regolamentazione internazionale dell’Al”,
Presentazione del libro “L’Istituto italiano dell’Intelligenza Artificiale di Torino”, a cura dell’Associazione Diàlexis, Alpina, Collana Tamieia, e di un libro bianco sull’argomento
L’Italia ospita il G7, dedicato, fra l’altro, alla regolamentazione dell’lntelligenza Artificiale. Sarà illustrato un libro bianco dell’Associazione Diàlexis per il Governo ltaliano sulle proposte di legislazione internazionale.
A cura di CNA, Movimento Europeo in Italia, Associazione Dialexis, Rinascimento Europeo e Studio Ambrosio & Commodo
Dopo l’approvazione, da parte del Parlamento Europeo, dell’Artificial Intelligence Act, le nuove frontiere del dibattito sulla governance dell’IA si sono spostate, dal livello europeo, verso i piani nazionale e globale. Passando attraverso le diverse strategie nazionali italiane, purtroppo, il previsto Istituto dell’ Intelligenza Artificiale di Torino ha perso, con il tempo, la sua centralità, essendo emersi altri Enti regolatori. Nel frattempo, si sta tentando, seppure faticosamente, di giungere a una disciplina concordata sul piano globale, di cui si discute in un’altra manifestazione dei Cantieri d’ Europa.
Il libro dell’Associazione Dialexis “L’Istituto Italiano dell’Intelligenza artificiale di Torino” permette di ricostruire la storia dell’idea di un istituto nazionale, e la sua evoluzione fino alla situazione di oggi, quando è stata anticipata la strategia del Governo 2024-2026, la quale prevede, tra l’altro, l’ istituzione, nell’ambito della Presidenza del Consiglio, di una Fondazione per l’Intelligenza Artificiale e di un Istituto a Torino dedicato all’ automotive e all’ Aerospaziale. Ne discutono esperti interdisciplinari, caratterizzati da profili culturali diversi, per fornire un orientamento circa questa fluida materia.
Ore 15,30
Centro Studi San Carlo, Via Monte di Pietà 1
Con: Brando Benifei, Marcello Croce, Pier Virgilio Dastoli, Ferrante De Benedictis, Fabrizio Lala, Riccardo Lala, Marco Margrita, Alessio Stefanoni
Presenta e modera: Stefano Commodo
UN’AGENZIA MONDIALE PER L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
(E PER IL CONTRASTO ALLA GUERRA MONDIALE)
La centralità dell’Intelligenza Artificiale in tutte le attività umane è stata confermata, per ultimo, dalla notizia della CNN secondo cui essa verrebbe utilizzata già oggi con l’impiego sul campo di armi autonome -in particolare, nella guerra in Palestina-. Non per nulla, l’ultima, meritoria, fatica di Henry Kissinger prima della sua morte è stata quello di persuadere i vertici americani e cinesi a inserire, nel dialogo faticosamente riavviato a San Francisco, la regolamentazione internazionale dell’ IA, ivi compresa un’agenzia internazionale sul modello dell’ AIEA. Basti pensare ai vari segmenti della difesa strategica nucleare delle Grandi Potenze: “Hair Trigger Alert”, missili ipersonici, al sistema “Dead Hand”.
L’IA è oggi considerata la risorsa bellica decisiva, com’era un tempo la bomba atomica, sì che un dialogo sulla nuova auspicata regolamentazione potrebbe, e dovrebbe, costituirebbe il primo tassello strategico per una governance mondiale, tanto militare, quanto civile, al passo con i tempi.
L’Associazione Diàlexis propone, con questa manifestazione, alle Associazioni e Istituzioni sue partner, di avviare un dialogo e una mobilitazione, volti a fornire una base conoscitiva permanente all’ Italia (chiamata fin da giugno a sviluppare questo tema in quanto Paese ospite del G7 2024), attraverso la costituzione di un gruppo di lavoro che ambisca a farsi portavoce della società civile. Punto di partenza di questa mobilitazione, un libro verde, di cui verrà illustrata la bozza riassumente lo stato dell’arte delle trattative, un abbozzo di proposta e un piano di lavoro per approfondire insieme gli svariati percorsi altamente specialistici che occorrerà percorrere per essere veramente i “Trendsetter of the Worldwide Debate”, come ambirebbero le Istituzioni europee.
CENTRO STUDI SAN CARLO
Ore 17,30
PRESENTAZIONE DEL LIBRO VERDE DEL MOVIMENTO EUROPEO IN ITALIA SUL FUTURO DELL’ EUROPA
ORE 17,30
CENTRO STUDI SAN CARLO
Via Monte di Pietà1
PRESENTAZIONE DEL LIBRO VERDE DEL MOVIMENTO EUROPEO SUL FUTURO DELL’ EUROPA
AGENDA DIGITALECENTRO STUDI SAN PAOLO
ALL.1
lettera dei vescovi: «Cara Europa, ritrova l’anima e la pace»
Matteo Maria Zuppi e Mariano Crociata mercoledì 8 maggio 2024
I presidenti Cei Zuppi e Comece Crociata si rivolgono al Continente in vista delle prossime elezioni: servono ideali comuni e valori coltivati. Diciamo no a divisioni e nazionalismi
Tra il 6 e il 9 giugno le elezioni per il Parlamento Europeo – ANSA
COMMENTA E CONDIVIDI
Cara Unione Europea,
darti del tu è inusuale, ma ci viene naturale perché siamo cresciuti con te. Sei una, sei “l’Europa”, eppure abbracci ben 27 Paesi, con 450 milioni di abitanti, che hanno scelto liberamente di mettersi insieme per formare l’Unione che sei diventata. Che meraviglia! Invece di litigare o ignorarsi, conoscersi e andare d’accordo! Lo sappiamo: non sempre è facile, ma quanto è decisivo, invece di alzare barriere e difese, cancellarle e collaborare. Tu sei la nostra casa, prima casa comune. In questa impariamo a vivere da “Fratelli Tutti”, come ha scritto un tuo figlio i cui genitori andarono fino alla “fine del mondo” per cercare futuro.
Nel cuore un desiderio
Ti scriviamo perché abbiamo nel cuore un desiderio: che si rafforzi ciò che rappresenti e ciò che sei, che tutti impariamo a sentirti vicina, amica e non distante o sconosciuta. Ne hai bisogno perché spesso si parla male di te e tanti si scordano quante cose importanti fai! Durante il Covid lo abbiamo visto: solo insieme possiamo affrontare le pandemie. Purtroppo, lo capiamo solo quando siamo sopraffatti dalle necessità, per poi dimenticarlo facilmente! Così, quando pensiamo che possiamo farcela da soli finiamo tutti contro tutti.
Dagli inizi ad oggi Non possiamo dimenticare come prima di te, per secoli, abbiamo combattuto guerre senza fine e milioni di persone sono state uccise. Tutti i sogni di pace si sono infranti sugli scogli di guerre, le ultime quelle mondiali, che hanno portato immense distruzioni e morte. Proprio dalla tragedia della Seconda guerra mondiale – che ha toccato il male assoluto con la Shoah e la minaccia alla sopravvivenza dell’umanità intera con la bomba atomica – è nato il germe della comunità di Paesi sovrani che oggi è l’Unione Europea. C’è stato chi ha creduto che le nazioni non fossero destinate a combattersi, che dopo tanto odio si potesse imparare a vivere assieme. Tra quelli che ti hanno pensata e voluta non possiamo dimenticare Robert Schuman, francese, Konrad Adenauer, tedesco, e Alcide De Gasperi, italiano: animati dalla fede cristiana, essi hanno sentito la chiamata a creare qualcosa che rendesse impossibile il ritorno della guerra sul suolo europeo. Hanno pensato con intelligenza, ambizione e coraggio. Non sono mancati momenti difficili, ma la forza che viene dall’unità ha mostrato il valore del cammino intrapreso e la possibilità di correggere, aggiustare, intendersi. La Comunità Europea venne concepita nel 1951 attorno al carbone e all’acciaio, materie allora indispensabili per fare la guerra, per prevenire ogni velleità di farne uso ancora una volta l’uno contro l’altro. In realtà quei tre grandi uomini, e tanti altri con loro, hanno cercato di più, e cioè la riconciliazione tra i popoli e la cancellazione degli odi e delle vendette. Trovare qualcosa su cui lavorare insieme, anche solo sul piano economico, come dimostrano i Trattati firmati a Roma nel 1957, è stato l’inizio di un cammino che ha visto poco alla volta nuovi popoli entrare nella Comunità e, dopo la caduta del muro di Berlino, nel 1989, il cambiamento del nome, nel 1992, in Unione Europea, e l’allargamento, nel 2004, ai Paesi dell’allora Patto di Varsavia, ben dieci in una volta. I problemi non sono mancati, ma quanto sono stati importanti la moneta unica e l’abbattimento delle barriere nazionali per la libera circolazione delle persone e delle merci! Ultimo, l’accordo sulla riforma con il Trattato di Lisbona, entrato in vigore nel 2009.
Il senso dello stare insieme Cara Unione Europea, sei un organismo vivo, perciò forse viene il momento per nuove riforme istituzionali che ti rendano sempre più all’altezza delle sfide di oggi. Ma non puoi essere solo una burocrazia, pur necessaria per far funzionare organizzazioni così complesse come quella che sei diventata. Direttive e regolamenti da soli non fanno crescere la coesione. Serve un’anima! In questi anni abbiamo visto compiere passi avanti significativi, quando per esempio hai accompagnato alcuni Paesi a superare le crisi economiche, ma abbiamo anche dovuto registrare fasi di stallo e difficoltà. E queste crescono quando smarriamo il senso dello stare insieme, la visione del nostro futuro condiviso, o facciamo resistenza a capire che il destino è comune e che bisogna continuare a costruire un’Europa unita.
Il ritorno della guerra Perciò, qualche volta ci chiediamo: Europa, dove sei? Che direzione vuoi prendere? Sono questi anche gli interrogativi del Papa: «Guardando con accorato affetto all’Europa, nello spirito di dialogo che la caratterizza, verrebbe da chiederle: verso dove navighi, se non offri percorsi di pace, vie creative per porre fine alla guerra in Ucraina e ai tanti conflitti che insanguinano il mondo? E ancora, allargando il campo: quale rotta segui, Occidente?» (Discorso, Lisbona, 2 agosto 2023). In tutti questi anni siamo molto cambiati e facciamo fatica a capire e a tenere vivo lo spirito degli inizi. Dopo un così lungo periodo di pace abbiamo pensato che una guerra su territorio europeo sarebbe stata ormai impossibile. E invece gli ultimi due anni ci dicono che ciò che sembrava impensabile è tornato. Abbiamo bisogno di riprendere in mano il progetto dei padri fondatori e di costruire nuovi patti di pace se vogliamo che la guerra contro l’Ucraina finisca, e che finisca anche la guerra in corso in Medio Oriente, scoppiata a seguito dell’attacco terroristico del 7 ottobre scorso contro Israele, e con essa l’antisemitismo, mai sconfitto e ora riemergente. Lo dice così bene anche la nostra Costituzione italiana: è necessario combattere la guerra e ripudiarla per davvero! Se non si ha cura della pace, rischia sempre di tornare la guerra. Lo diceva Robert Schuman nella sua Dichiarazione del 9 maggio 1950, che ha dato avvio al processo di integrazione europea: «L’Europa non è stata fatta: abbiamo avuto la guerra». Egli si riferiva al passato, ma le sue parole valgono anche oggi. L’unità va cercata come un compito sempre nuovo e urgente. Non dobbiamo aspettare l’esplosione di un altro conflitto per capirlo!
Il ruolo internazionale e la tentazione dei nazionalismi Che ruolo giochi, Europa, nel mondo? Vogliamo che tu incida e porti la tua volontà di pace, gli strumenti della tua diplomazia, i tuoi valori. Risveglia la tua forza così da far sentire la tua voce, così da stabilire nuovi equilibri e relazioni internazionali. Le tue divisioni interne non ti permettono di assumere quel ruolo che dalla tua statura storica e culturale ci si aspetterebbe. Non vedi il rischio che le tue contrapposizioni intestine indeboliscano non solo il tuo peso internazionale ma anche la capacità di far fronte alle attese dei tuoi popoli? Tanti pensano di potere usufruire dei benefici che tu hai indubbiamente portato, come se fossero scontati e niente possa comprometterli. La pandemia o le periodiche proteste, ultima quella degli agricoltori, ci procurano uno sgradevole risveglio. Capiamo che tanti vantaggi acquisiti potrebbero svanire. Il senso della necessità però non basta a spingere sempre e tutti a superare le divisioni. Alcuni vogliono far credere che isolandosi si starebbe meglio, quando invece qualunque dei tuoi Paesi, anche grande, si ridurrebbe fatalmente al proverbiale vaso di coccio tra vasi di ferro. Per stare insieme abbiamo bisogno di motivazioni condivise, di ideali comuni, di valori apprezzati e coltivati. Non bastano convenienze economiche, poiché alla lunga devono essere percepite le ragioni dello stare insieme, le uniche capaci di far superare tensioni e contrasti che proprio gli interessi economici portano con sé nel loro fisiologico confrontarsi. Ha detto Papa Francesco: «In questo frangente storico l’Europa è fondamentale. Perché essa, grazie alla sua storia, rappresenta la memoria dell’umanità ed è perciò chiamata a interpretare il ruolo che le corrisponde: quello di unire i distanti, di accogliere al suo interno i popoli e di non lasciare nessuno per sempre nemico. È dunque essenziale ritrovare l’anima europea» (Discorso, Budapest, 28 aprile 2023). Vorremmo che tutti sentissimo l’orgoglio di appartenerti, Europa. Oggi appare distante, a volte estraneo, tutto ciò che sta oltre i confini del proprio Paese. Eppure, le due appartenenze, quella nazionale e quella europea, si implicano a vicenda. La tua è stata fin dall’inizio l’Unione di Paesi liberi e sovrani che rinunciavano a parte della loro sovranità a favore di una, comune, più forte. Perciò non si tratta di sminuire l’identità e la libertà di alcuno, ma di conservare l’autonomia propria di ciascuno in un rapporto organico e leale con tutti gli altri. Valori europei e fede cristiana Le nostre idee e i nostri valori definiscono il tuo volto, cara Europa. Anche in questo la fede cristiana ha svolto un ruolo importante, tanto più che dal suo sentire è uscito il progetto e il disegno originario della tua Unione. Come cristiani continuiamo a sentirne viva responsabilità; e del resto troviamo in te tanta attenzione alla dignità della persona, che il Vangelo di Cristo ha seminato nei cuori e nella tua cultura. Soffriamo non poco, perciò, nel vedere che hai paura della vita, non la sai difendere e accogliere dal suo inizio alla sua fine, e non sempre incoraggi la crescita demografica. «Penso – dice il Papa – a un’Europa che non sia ostaggio delle parti, diventando preda di populismi autoreferenziali, ma che nemmeno si trasformi in una realtà fluida, se non gassosa, in una sorta di sovranazionalismo astratto, dimentico della vita dei popoli. […] Che bello invece costruire un’Europa centrata sulla persona e sui popoli, dove vi siano politiche effettive per la natalità e la famiglia […], dove nazioni diverse siano una famiglia in cui si custodiscono la crescita e la singolarità di ciascuno» (Discorso, Budapest, 28 aprile 2023). Il tema dei migranti e le sue implicazioni Cara Europa, tu non puoi guardare solo al tuo interno. Non si può vivere solo per stare bene, ma stare bene per aiutare il mondo, combattere l’ingiustizia, lottare contro le povertà. Ormai da decenni sei il punto di arrivo, il sogno di tante persone migranti che da diversi continenti cercano entro i tuoi confini una vita migliore. Tanti vogliono raggiungerti perché sono alla ricerca disperata di un futuro. E molti, con il loro lavoro, non ti aiutano forse già a prepararne uno migliore? Non si tratta di accogliere tutti, ma che nessuno perda la vita nei “viaggi della speranza” e tanti possano trovare ospitalità. Chi accoglie, genera vita! L’Italia è spesso lasciata sola, come se fosse un problema solo suo o di alcuni, ma non per questo deve chiudersi. Prima o poi impareremo che le responsabilità, comprese quelle verso i migranti, vanno condivise, per affrontare e risolvere problemi che in realtà sono di tutti. Tu rappresenti un punto di riferimento per i Paesi mediterranei e africani, un bacino immenso di popoli e di risorse nella prospettiva di un partenariato tra uguali. Compito essenziale perché in realtà un soggetto sovranazionale come l’Unione non può sussistere al di fuori di una reciprocità di relazioni internazionali che ne dicano il riconoscimento e il compito storico, e che promuovano il comune progresso sociale ed economico nel segno dell’amicizia e della fraternità.
Compiti e sfide Cara Europa, è tempo di un nuovo grande rilancio del tuo cammino di Unione verso una integrazione sempre più piena, che guardi a un fisco europeo che sia il più possibile equo; a una politica estera autorevole; a una difesa comune che ti permetta di esercitare la tua responsabilità internazionale; a un processo di allargamento ai Paesi che ancora non ne fanno parte, garanzia di una forza sempre più proporzionata all’unità che raccogli ed esprimi. Le esigenze di innovazione economica e tecnica (pensiamo all’Intelligenza Artificiale), di sicurezza, di cura dell’ambiente e di custodia della “casa comune”, di salvaguardia del welfare e dei diritti individuali e sociali, sono alcune delle sfide che solo insieme potremo affrontare e superare. Non mancano purtroppo i pericoli, come quelli che vengono dalla disinformazione, che minaccia l’ordinato svolgimento della vita democratica e la stessa possibilità di una memoria e di una storia non falsate. Insieme alle riforme istituzionali democraticamente adottate, c’è bisogno di far crescere un sentire comune, un apprezzamento condiviso dei valori che stanno alla base della nostra convivenza nell’Unione Europea. Ci vuole un nuovo senso della cittadinanza, un senso civico di respiro europeo, la coscienza dei popoli del continente di essere un unico grande popolo. Ne siamo convinti: è innanzitutto questo senso di comunità di cittadini e di popoli che ci chiedi di fare nostro, cara Europa.
Le prossime elezioni Le prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo e la nomina della Commissione Europea sono l’occasione propizia e irripetibile, da cogliere senza esitazione. Purtroppo, a farsi valere spesso sono le paure e il senso di insicurezza di fronte alle difficoltà. Anche questo andrebbe raccolto e ascoltato per mostrare come proprio tu sia lo strumento e il luogo per affrontare e vincere paure e minacce. Facciamo appello, perciò, a tutti, candidati e cittadini, a cominciare dai sedicenni che per la prima volta in alcuni Paesi andranno a votare, perché sentano quanto sia importante compiere questo gesto civico di partecipazione alla vita e alla crescita dell’Unione. Non andare a votare non equivale a restare neutrali, ma assumersi una precisa responsabilità, quella di dare ad altri il potere di agire senza, se non addirittura contro, la nostra libertà. L’assenteismo ha l’effetto di accrescere la sfiducia, la diffidenza degli uni nei confronti degli altri, la perdita della possibilità di dare il proprio contributo alla vita sociale, e quindi la rinuncia ad avere capacità e titolo per rendere migliore lo stare insieme nell’Unione Europea. L’augurio che ti facciamo, cara Unione Europea, è che questa tornata elettorale diventi davvero un’occasione di rilancio, un risveglio di entusiasmo per un cammino comune che contiene già, in sé e nella visione che proietta, un senso vivo di speranza e di impegno motivato e convinto da parte dei tuoi cittadini.
Un nuovo umanesimo europeo Sogniamo perciò ancora con Papa Francesco: «Con la mente e con il cuore, con speranza e senza vane nostalgie, come un figlio che ritrova nella madre Europa le sue radici di vita e di fede, sogno un nuovo umanesimo europeo, “un costante cammino di umanizzazione”, cui servono “memoria, coraggio, sana e umana utopia”» (Discorso, Vaticano, 6 maggio 2016).
Matteo Maria Zuppi, cardinale, presidente della Conferenza episcopale italiana Mariano Crociata, arcivescovo, presidente della Comece
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Verso le elezioni. La lettera dei vescovi: «Cara Europa, ritrova l’anima e la pace»
Matteo Maria Zuppi e Mariano Crociata mercoledì 8 maggio 2024
I presidenti Cei Zuppi e Comece Crociata si rivolgono al Continente in vista delle prossime elezioni: servono ideali comuni e valori coltivati. Diciamo no a divisioni e nazionalismi
Tra il 6 e il 9 giugno le elezioni per il Parlamento Europeo – ANSA
COMMENTA E CONDIVIDI
Cara Unione Europea,
darti del tu è inusuale, ma ci viene naturale perché siamo cresciuti con te. Sei una, sei “l’Europa”, eppure abbracci ben 27 Paesi, con 450 milioni di abitanti, che hanno scelto liberamente di mettersi insieme per formare l’Unione che sei diventata. Che meraviglia! Invece di litigare o ignorarsi, conoscersi e andare d’accordo! Lo sappiamo: non sempre è facile, ma quanto è decisivo, invece di alzare barriere e difese, cancellarle e collaborare. Tu sei la nostra casa, prima casa comune. In questa impariamo a vivere da “Fratelli Tutti”, come ha scritto un tuo figlio i cui genitori andarono fino alla “fine del mondo” per cercare futuro.
Nel cuore un desiderio
Ti scriviamo perché abbiamo nel cuore un desiderio: che si rafforzi ciò che rappresenti e ciò che sei, che tutti impariamo a sentirti vicina, amica e non distante o sconosciuta. Ne hai bisogno perché spesso si parla male di te e tanti si scordano quante cose importanti fai! Durante il Covid lo abbiamo visto: solo insieme possiamo affrontare le pandemie. Purtroppo, lo capiamo solo quando siamo sopraffatti dalle necessità, per poi dimenticarlo facilmente! Così, quando pensiamo che possiamo farcela da soli finiamo tutti contro tutti.
Dagli inizi ad oggi Non possiamo dimenticare come prima di te, per secoli, abbiamo combattuto guerre senza fine e milioni di persone sono state uccise. Tutti i sogni di pace si sono infranti sugli scogli di guerre, le ultime quelle mondiali, che hanno portato immense distruzioni e morte. Proprio dalla tragedia della Seconda guerra mondiale – che ha toccato il male assoluto con la Shoah e la minaccia alla sopravvivenza dell’umanità intera con la bomba atomica – è nato il germe della comunità di Paesi sovrani che oggi è l’Unione Europea. C’è stato chi ha creduto che le nazioni non fossero destinate a combattersi, che dopo tanto odio si potesse imparare a vivere assieme. Tra quelli che ti hanno pensata e voluta non possiamo dimenticare Robert Schuman, francese, Konrad Adenauer, tedesco, e Alcide De Gasperi, italiano: animati dalla fede cristiana, essi hanno sentito la chiamata a creare qualcosa che rendesse impossibile il ritorno della guerra sul suolo europeo. Hanno pensato con intelligenza, ambizione e coraggio. Non sono mancati momenti difficili, ma la forza che viene dall’unità ha mostrato il valore del cammino intrapreso e la possibilità di correggere, aggiustare, intendersi. La Comunità Europea venne concepita nel 1951 attorno al carbone e all’acciaio, materie allora indispensabili per fare la guerra, per prevenire ogni velleità di farne uso ancora una volta l’uno contro l’altro. In realtà quei tre grandi uomini, e tanti altri con loro, hanno cercato di più, e cioè la riconciliazione tra i popoli e la cancellazione degli odi e delle vendette. Trovare qualcosa su cui lavorare insieme, anche solo sul piano economico, come dimostrano i Trattati firmati a Roma nel 1957, è stato l’inizio di un cammino che ha visto poco alla volta nuovi popoli entrare nella Comunità e, dopo la caduta del muro di Berlino, nel 1989, il cambiamento del nome, nel 1992, in Unione Europea, e l’allargamento, nel 2004, ai Paesi dell’allora Patto di Varsavia, ben dieci in una volta. I problemi non sono mancati, ma quanto sono stati importanti la moneta unica e l’abbattimento delle barriere nazionali per la libera circolazione delle persone e delle merci! Ultimo, l’accordo sulla riforma con il Trattato di Lisbona, entrato in vigore nel 2009.
Il senso dello stare insieme Cara Unione Europea, sei un organismo vivo, perciò forse viene il momento per nuove riforme istituzionali che ti rendano sempre più all’altezza delle sfide di oggi. Ma non puoi essere solo una burocrazia, pur necessaria per far funzionare organizzazioni così complesse come quella che sei diventata. Direttive e regolamenti da soli non fanno crescere la coesione. Serve un’anima! In questi anni abbiamo visto compiere passi avanti significativi, quando per esempio hai accompagnato alcuni Paesi a superare le crisi economiche, ma abbiamo anche dovuto registrare fasi di stallo e difficoltà. E queste crescono quando smarriamo il senso dello stare insieme, la visione del nostro futuro condiviso, o facciamo resistenza a capire che il destino è comune e che bisogna continuare a costruire un’Europa unita.
Il ritorno della guerra Perciò, qualche volta ci chiediamo: Europa, dove sei? Che direzione vuoi prendere? Sono questi anche gli interrogativi del Papa: «Guardando con accorato affetto all’Europa, nello spirito di dialogo che la caratterizza, verrebbe da chiederle: verso dove navighi, se non offri percorsi di pace, vie creative per porre fine alla guerra in Ucraina e ai tanti conflitti che insanguinano il mondo? E ancora, allargando il campo: quale rotta segui, Occidente?» (Discorso, Lisbona, 2 agosto 2023). In tutti questi anni siamo molto cambiati e facciamo fatica a capire e a tenere vivo lo spirito degli inizi. Dopo un così lungo periodo di pace abbiamo pensato che una guerra su territorio europeo sarebbe stata ormai impossibile. E invece gli ultimi due anni ci dicono che ciò che sembrava impensabile è tornato. Abbiamo bisogno di riprendere in mano il progetto dei padri fondatori e di costruire nuovi patti di pace se vogliamo che la guerra contro l’Ucraina finisca, e che finisca anche la guerra in corso in Medio Oriente, scoppiata a seguito dell’attacco terroristico del 7 ottobre scorso contro Israele, e con essa l’antisemitismo, mai sconfitto e ora riemergente. Lo dice così bene anche la nostra Costituzione italiana: è necessario combattere la guerra e ripudiarla per davvero! Se non si ha cura della pace, rischia sempre di tornare la guerra. Lo diceva Robert Schuman nella sua Dichiarazione del 9 maggio 1950, che ha dato avvio al processo di integrazione europea: «L’Europa non è stata fatta: abbiamo avuto la guerra». Egli si riferiva al passato, ma le sue parole valgono anche oggi. L’unità va cercata come un compito sempre nuovo e urgente. Non dobbiamo aspettare l’esplosione di un altro conflitto per capirlo!
Il ruolo internazionale e la tentazione dei nazionalismi Che ruolo giochi, Europa, nel mondo? Vogliamo che tu incida e porti la tua volontà di pace, gli strumenti della tua diplomazia, i tuoi valori. Risveglia la tua forza così da far sentire la tua voce, così da stabilire nuovi equilibri e relazioni internazionali. Le tue divisioni interne non ti permettono di assumere quel ruolo che dalla tua statura storica e culturale ci si aspetterebbe. Non vedi il rischio che le tue contrapposizioni intestine indeboliscano non solo il tuo peso internazionale ma anche la capacità di far fronte alle attese dei tuoi popoli? Tanti pensano di potere usufruire dei benefici che tu hai indubbiamente portato, come se fossero scontati e niente possa comprometterli. La pandemia o le periodiche proteste, ultima quella degli agricoltori, ci procurano uno sgradevole risveglio. Capiamo che tanti vantaggi acquisiti potrebbero svanire. Il senso della necessità però non basta a spingere sempre e tutti a superare le divisioni. Alcuni vogliono far credere che isolandosi si starebbe meglio, quando invece qualunque dei tuoi Paesi, anche grande, si ridurrebbe fatalmente al proverbiale vaso di coccio tra vasi di ferro. Per stare insieme abbiamo bisogno di motivazioni condivise, di ideali comuni, di valori apprezzati e coltivati. Non bastano convenienze economiche, poiché alla lunga devono essere percepite le ragioni dello stare insieme, le uniche capaci di far superare tensioni e contrasti che proprio gli interessi economici portano con sé nel loro fisiologico confrontarsi. Ha detto Papa Francesco: «In questo frangente storico l’Europa è fondamentale. Perché essa, grazie alla sua storia, rappresenta la memoria dell’umanità ed è perciò chiamata a interpretare il ruolo che le corrisponde: quello di unire i distanti, di accogliere al suo interno i popoli e di non lasciare nessuno per sempre nemico. È dunque essenziale ritrovare l’anima europea» (Discorso, Budapest, 28 aprile 2023). Vorremmo che tutti sentissimo l’orgoglio di appartenerti, Europa. Oggi appare distante, a volte estraneo, tutto ciò che sta oltre i confini del proprio Paese. Eppure, le due appartenenze, quella nazionale e quella europea, si implicano a vicenda. La tua è stata fin dall’inizio l’Unione di Paesi liberi e sovrani che rinunciavano a parte della loro sovranità a favore di una, comune, più forte. Perciò non si tratta di sminuire l’identità e la libertà di alcuno, ma di conservare l’autonomia propria di ciascuno in un rapporto organico e leale con tutti gli altri. Valori europei e fede cristiana Le nostre idee e i nostri valori definiscono il tuo volto, cara Europa. Anche in questo la fede cristiana ha svolto un ruolo importante, tanto più che dal suo sentire è uscito il progetto e il disegno originario della tua Unione. Come cristiani continuiamo a sentirne viva responsabilità; e del resto troviamo in te tanta attenzione alla dignità della persona, che il Vangelo di Cristo ha seminato nei cuori e nella tua cultura. Soffriamo non poco, perciò, nel vedere che hai paura della vita, non la sai difendere e accogliere dal suo inizio alla sua fine, e non sempre incoraggi la crescita demografica. «Penso – dice il Papa – a un’Europa che non sia ostaggio delle parti, diventando preda di populismi autoreferenziali, ma che nemmeno si trasformi in una realtà fluida, se non gassosa, in una sorta di sovranazionalismo astratto, dimentico della vita dei popoli. […] Che bello invece costruire un’Europa centrata sulla persona e sui popoli, dove vi siano politiche effettive per la natalità e la famiglia […], dove nazioni diverse siano una famiglia in cui si custodiscono la crescita e la singolarità di ciascuno» (Discorso, Budapest, 28 aprile 2023). Il tema dei migranti e le sue implicazioni Cara Europa, tu non puoi guardare solo al tuo interno. Non si può vivere solo per stare bene, ma stare bene per aiutare il mondo, combattere l’ingiustizia, lottare contro le povertà. Ormai da decenni sei il punto di arrivo, il sogno di tante persone migranti che da diversi continenti cercano entro i tuoi confini una vita migliore. Tanti vogliono raggiungerti perché sono alla ricerca disperata di un futuro. E molti, con il loro lavoro, non ti aiutano forse già a prepararne uno migliore? Non si tratta di accogliere tutti, ma che nessuno perda la vita nei “viaggi della speranza” e tanti possano trovare ospitalità. Chi accoglie, genera vita! L’Italia è spesso lasciata sola, come se fosse un problema solo suo o di alcuni, ma non per questo deve chiudersi. Prima o poi impareremo che le responsabilità, comprese quelle verso i migranti, vanno condivise, per affrontare e risolvere problemi che in realtà sono di tutti. Tu rappresenti un punto di riferimento per i Paesi mediterranei e africani, un bacino immenso di popoli e di risorse nella prospettiva di un partenariato tra uguali. Compito essenziale perché in realtà un soggetto sovranazionale come l’Unione non può sussistere al di fuori di una reciprocità di relazioni internazionali che ne dicano il riconoscimento e il compito storico, e che promuovano il comune progresso sociale ed economico nel segno dell’amicizia e della fraternità.
Compiti e sfide Cara Europa, è tempo di un nuovo grande rilancio del tuo cammino di Unione verso una integrazione sempre più piena, che guardi a un fisco europeo che sia il più possibile equo; a una politica estera autorevole; a una difesa comune che ti permetta di esercitare la tua responsabilità internazionale; a un processo di allargamento ai Paesi che ancora non ne fanno parte, garanzia di una forza sempre più proporzionata all’unità che raccogli ed esprimi. Le esigenze di innovazione economica e tecnica (pensiamo all’Intelligenza Artificiale), di sicurezza, di cura dell’ambiente e di custodia della “casa comune”, di salvaguardia del welfare e dei diritti individuali e sociali, sono alcune delle sfide che solo insieme potremo affrontare e superare. Non mancano purtroppo i pericoli, come quelli che vengono dalla disinformazione, che minaccia l’ordinato svolgimento della vita democratica e la stessa possibilità di una memoria e di una storia non falsate. Insieme alle riforme istituzionali democraticamente adottate, c’è bisogno di far crescere un sentire comune, un apprezzamento condiviso dei valori che stanno alla base della nostra convivenza nell’Unione Europea. Ci vuole un nuovo senso della cittadinanza, un senso civico di respiro europeo, la coscienza dei popoli del continente di essere un unico grande popolo. Ne siamo convinti: è innanzitutto questo senso di comunità di cittadini e di popoli che ci chiedi di fare nostro, cara Europa.
Le prossime elezioni Le prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo e la nomina della Commissione Europea sono l’occasione propizia e irripetibile, da cogliere senza esitazione. Purtroppo, a farsi valere spesso sono le paure e il senso di insicurezza di fronte alle difficoltà. Anche questo andrebbe raccolto e ascoltato per mostrare come proprio tu sia lo strumento e il luogo per affrontare e vincere paure e minacce. Facciamo appello, perciò, a tutti, candidati e cittadini, a cominciare dai sedicenni che per la prima volta in alcuni Paesi andranno a votare, perché sentano quanto sia importante compiere questo gesto civico di partecipazione alla vita e alla crescita dell’Unione. Non andare a votare non equivale a restare neutrali, ma assumersi una precisa responsabilità, quella di dare ad altri il potere di agire senza, se non addirittura contro, la nostra libertà. L’assenteismo ha l’effetto di accrescere la sfiducia, la diffidenza degli uni nei confronti degli altri, la perdita della possibilità di dare il proprio contributo alla vita sociale, e quindi la rinuncia ad avere capacità e titolo per rendere migliore lo stare insieme nell’Unione Europea. L’augurio che ti facciamo, cara Unione Europea, è che questa tornata elettorale diventi davvero un’occasione di rilancio, un risveglio di entusiasmo per un cammino comune che contiene già, in sé e nella visione che proietta, un senso vivo di speranza e di impegno motivato e convinto da parte dei tuoi cittadini.
Un nuovo umanesimo europeo Sogniamo perciò ancora con Papa Francesco: «Con la mente e con il cuore, con speranza e senza vane nostalgie, come un figlio che ritrova nella madre Europa le sue radici di vita e di fede, sogno un nuovo umanesimo europeo, “un costante cammino di umanizzazione”, cui servono “memoria, coraggio, sana e umana utopia”» (Discorso, Vaticano, 6 maggio 2016).
Matteo Maria Zuppi, cardinale, presidente della Conferenza episcopale italiana Mariano Crociata, arcivescovo, presidente della Comece
Come ogni anno fin dal 2007, anche nel 2024 l’Associazione Diàlexis organizza, intorno al Salone Internazionale del Libro di Torino, una serie di manifestazioni, sotto il titolo, ormai consolidato, di “Cantieri d’ Europa”, con i suoi partners Movimento Europeo, CNA, Studio Ambrosio & Commodo, IPSEG e Rinascimento Europeo.
Il caso vuole che, come già in alcuni degli anni passati, il 9 maggio 2024, Giornata dell’Europa, cada proprio all’interno del calendario del Salone, sicché abbiamo potuto inserire anche questa volta, fra quelli che accompagnano il Salone, il dibattito sullo stato di avanzamento dell’integrazione europea.
Nel corso dei 17 anni dei “Cantieri d’ Europa”, il mondo e l’Europa sono cambiati drammaticamente. L’onnipervasività dell’Intelligenza Artificiale, l’emergenza del Sud Globale e le guerre attualmente in corso in tutti i continenti hanno reso più urgente che mai per l’ Europa focalizzarsi sulle sue priorità storiche, la cui cogenza è oramai conclamata da tutti: identità continentale, geopolitica del digitale e governance multi-livello e multipolare.
Per questo, abbiamo articolato i Cantieri d’Europa del 9/10 maggio 2024 in tre distinte manifestazioni:
-la tradizionale celebrazione, presso il Centro Studi San Carlo, della Giornata dell’Europa, attraverso un dibattito bipartisan sul libro di Pier Virgilio Dastoli ed Emma Bonino “A che ci serve l’ Europa”;
-la presentazione, nel Salone, del libro “L’Istituto per l’ Intelligenza Artificiale di Torino” dell’ Associazione Diàlexis, con un dibattito fra esperti sull’evoluzione, attualmente in corso, del concetto di un’ agenzia nazionale per l’IA;
-un convegno, presso il Centro Studi San Carlo, dedicato alla discussione sul contributo italiano alle trattative per una disciplina pattizia internazionale dell’Intelligenza Artificiale;
-la presentazione, sempre al Centro Studi san Carlo, del Libro Verde del Movimento Europeo in Europa, “Scriviamo insieme il futuro dell’ Europa”
di Pier Virgilio Dastoli e Emma Bonino, con Luca Cambi.
Partecipano gli Autori,
Con: Brando Benifei,candidato al PE per il PD, Giovanna Giolitti, candidata al PE per FdI, Alessio Stefanoni della CNA, e Ferrante De Benedictis, Consiglere al Comune di Torino
Presenta la manifestazione: Marco Margrita, del Direttivo di Rinascimento Europeo
Introduce i Cantieri d’ Europa 2024: Riccardo Lala
Modera: Marco Zatterin
A 73 anni dalla ormai “Dichiarazione Schuman”, a cui fa riferimento la Giornata dell’Europa del 9 giugno, è più che mai giunto il momento di chiederci se l’evoluzione effettuale delle Comunità Europee, e la trasformazione di queste ultime nell’Unione Europea, non abbia costituito piuttosto un’involuzione dell’originaria intuizione politico/culturale, di Spinelli, e di tanti altri precursori dell’integrazione europea, da Coudenhove Kalergi a Simone Weil, da Galimberti a Gorbachev, da Mitterrand a Giovanni Paolo II. Certo, il punto di partenza era stato immaginato dai più come una qualche forma di unione “leggera” (per ultima la “Confederazione Europea” proposta da Mitterrand nel 1989), ma questo non escludeva, ed, anzi, postulava, la costituzione e l’espansione di un nocciolo duro, espressione di un’unione prima esistenziale che giuridica fra gli Europei (”la Patria Comune del Cuore” di Stefan Zweig). La presunta contrapposizione fra un’Europa “federale”, accentratrice e tecnocratica, e un’”Europa dei Popoli”, decentrata e identitaria, invalsa nella polemica politica parlamentare, non coglie, infatti, l’essenza del progetto europeo, che dovrebbe essere al contempo poliedrico all’ interno ed assertivo nel mondo, grazie a un’appropriata distribuzione dei ruoli e delle lealtà fra società civile, imprese, Enti locali, Stati Nazionali e “Europe Puissance”(Giscard, Macron), ciascuno fornito di una sua propria distinta identità, ma tutti convergenti su una finalità comune, secondo il modello di quello che Tocqueville aveva chiamato “l’Antica Costituzione Europea”.
Una risposta a quel dubbio, e lo scioglimento di questa pretesa contraddizione, risultano più che mai necessari alla vigilia di questa tornata di elezioni europee, che sarà determinante per affrontare i temi più drammatici dell’oggi -dalla disciplina internazionale dell’AI alla latente “Nuova Guerra Civile Europea”, nonché, infine, all’urgenza di un “centro dirigente” autorevole per fare fronte a una situazione internazionale drammatica e imprevedibile (AI, Ucraina, Medio Oriente)-.
Pur essendo tutte fortemente indebolite dalla “Fine delle Grandi Narrazioni”, le famiglie politiche tradizionali, rappresentate dai vari gruppi politici del Parlamento Europeo, stanno ritornando al centro dell’interesse della pubblica opinione avendo recuperato, almeno in parte, la loro originaria vocazione a sfidarsi sulle grandi alternative storiche dell’Europa. Speriamo che la legislatura che prenderà l’avvio da queste elezioni si dimostri all’altezza della drammaticità della situazione e dell’esigenza di un salto di qualità non solo istituzionale, ma anche culturale ed etico.
Il recentissimo e documentato libro di Dastoli e Bonino ci fornisce un ulteriore stimolo per una riflessione su questo tema, con l’intervento di relatori di grande competenza, impegnati in gruppi politici europei diversi e divergenti, che illustreranno le diverse prospettive in discussione e i relativi programmi.
L’Italia e la regolamentazione internazionale dell’Al”,
Presentazione del libro “L’Istituto italiano dell’Intelligenza Artificiale di Torino”, a cura dell’Associazione Diàlexis, Alpina, Collana Tamieia, e di un libro bianco sull’argomento
L’Italia ospita il G7, dedicato, fra l’altro, alla regolamentazione dell’lntelligenza Artificiale. Sarà illustrato un libro bianco dell’Associazione Diàlexis per il Governo ltaliano sulle proposte di legislazione internazionale.
A cura di CNA, Movimento Europeo in Italia, Associazione Dialexis, Rinascimento Europeo e Studio Ambrosio & Commodo
Dopo l’approvazione, da parte del Parlamento Europeo, dell’Artificial Intelligence Act, le nuove frontiere del dibattito sulla governance dell’IA si sono spostate, dal livello europeo, verso i piani nazionale e globale. Passando attraverso le diverse strategie nazionali italiane, purtroppo, il previsto Istituto dell’ Intelligenza Artificiale di Torino ha perso, con il tempo, la sua centralità, essendo emersi altri Enti regolatori. Nel frattempo, si sta tentando, seppure faticosamente, di giungere a una disciplina concordata sul piano globale, di cui si discute in un’altra manifestazione dei Cantieri d’ Europa.
Il libro dell’Associazione Dialexis “L’Istituto Italiano dell’Intelligenza artificiale di Torino” permette di ricostruire la storia dell’idea di un istituto nazionale, e la sua evoluzione fino alla situazione di oggi, quando è stata anticipata la strategia del Governo 2024-2026, la quale prevede, tra l’altro, l’ istituzione, nell’ambito della Presidenza del Consiglio, di una Fondazione per l’Intelligenza Artificiale e di un Istituto a Torino dedicato all’ automotive e all’ Aerospaziale. Ne discutono esperti interdisciplinari, caratterizzati da profili culturali diversi, per fornire un orientamento circa questa fluida materia.
Ore 15,30
Centro Studi San Carlo, Via Monte di Pietà 1
Con: Brando Benifei, Marcello Croce, Pier Virgilio Dastoli, Ferrante De Benedictis, Fabrizio Lala, Riccardo Lala, Marco Margrita, Alessio Stefanoni
Presenta e modera: Stefano Commodo
UN’AGENZIA MONDIALE PER L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
(E PER IL CONTRASTO ALLA GUERRA MONDIALE)
La centralità dell’Intelligenza Artificiale in tutte le attività umane è stata confermata, per ultimo, dalla notizia della CNN secondo cui essa verrebbe utilizzata già oggi con l’impiego sul campo di armi autonome -in particolare, nella guerra in Palestina-. Non per nulla, l’ultima, meritoria, fatica di Henry Kissinger prima della sua morte è stata quello di persuadere i vertici americani e cinesi a inserire, nel dialogo faticosamente riavviato a San Francisco, la regolamentazione internazionale dell’ IA, ivi compresa un’agenzia internazionale sul modello dell’ AIEA. Basti pensare ai vari segmenti della difesa strategica nucleare delle Grandi Potenze: “Hair Trigger Alert”, missili ipersonici, al sistema “Dead Hand”.
L’IA è oggi considerata la risorsa bellica decisiva, com’era un tempo la bomba atomica, sì che un dialogo sulla nuova auspicata regolamentazione potrebbe, e dovrebbe, costituirebbe il primo tassello strategico per una governance mondiale, tanto militare, quanto civile, al passo con i tempi.
L’Associazione Diàlexis propone, con questa manifestazione, alle Associazioni e Istituzioni sue partner, di avviare un dialogo e una mobilitazione, volti a fornire una base conoscitiva permanente all’ Italia (chiamata fin da giugno a sviluppare questo tema in quanto Paese ospite del G7 2024), attraverso la costituzione di un gruppo di lavoro che ambisca a farsi portavoce della società civile. Punto di partenza di questa mobilitazione, un libro verde, di cui verrà illustrata la bozza riassumente lo stato dell’arte delle trattative, un abbozzo di proposta e un piano di lavoro per approfondire insieme gli svariati percorsi altamente specialistici che occorrerà percorrere per essere veramente i “Trendsetter of the Worldwide Debate”, come ambirebbero le Istituzioni europee.
ORE 17,30
CENTRO STUDI SAN CARLO
Via Monte di Pietà1
PRESENTAZIONE DEL LIBRO VERDE DEL MOVIMENTO EUROPEO SUL FUTURO DELL’ EUROPA
I Gesuiti e gl’Illuministi presentavano Russia e Cina come modelli per l’ Europa
Nonostante le loro affermazioni, gli Stati membri della UE stanno operando in senso contrario alla costituzione di una Politica Estera e di Difesa Europea, in quanto si sono orientati verso una serie di accordi militari bilaterali con l’ Ucraina, che ci si può chiedere quanto siano compatibili con le rispettive costituzioni, con lo spirito europeo e perfino con l’appartenenza alla NATO.
Soprattutto, essi pongono la premessa per uno scontro diretto fra Europei e Russi, che è quanto gli USA hanno sempre cercato di ottenere, e contro cui era stata ideata la Perestrojka. Se, infatti, nel 1989non fosse arrivato al castello di Praga Bill Clinton, sarebbe forse partita la “Confederazione Europea” fra CEE e Comecon, voluta da Mitterrand e Gorbačev, primo passo verso la “Casa Comune Europea”, l’esatto opposto della guerra in Europa che tutti stanno oggi preparando.
Perciò, chi, come noi, si era sempre adoperato per il dissenso est-europeo (per esempio, Sol’ženitsin), nella speranza che esso, abbattendo l’Unione Sovietica, avrebbe costruito un ponte fra i popoli dell’ Europa Occidentale con quelli dell’ Europa Centrale e Orientale (“respirare con due polmoni”, come scriveva Ivanov), non può che essere contrario a questa guerra, che vuole dividere definitivamente gli Europei (cfr. il nostro Quaderno “No a un’inutile strage” del 2014).
Vi è ora forse in qualcuno anche un legittimo desiderio di sfruttare questa guerra per fare nascere una qualche Europa Militare (cfr.A.Spinelli), ma, come dimostra la storia dell’ integrazione militare europea (Crociate, Napoleone, Crimea, Asse), l’esito più probabile sarà un’ immane catastrofe, da un lato, per l’impreparazione degli Europei, e, dall’ altro, per l’eterodirezione da parte degli “Imperi Sconosciuti”(come dice il Papa). L’unico modo per rimediarvi all’ultimo momento sarebbe, forse, prepararsi a prendere in mano le redini della situazione nel caso (non improbabile) in cui gli Stati Uniti lasciassero soli gli Europei nel bel mezzo di una guerra. Però, come scriveva Domenico Quirico su La Stampa, la soluzione non potrà venire da coloro che ci hanno portati fino a questo sfascio. Infatti, non si tratterebbe di portare quella guerra fino alle estreme conseguenze, bensì di usare la nostra rinnovata forza per far valere i nostri valori e interessi (la Casa Comune Europea).
Il canto della Schiera del Principe Igor depreca l’inutile strage lungo il Donetz
1.L’escalation degli Stati Europei in Ucraina
Con l’alleanza firmata con l’Ucraina, il Governo inglese, ancora una volta, ha tentato di scongiurare la possibilità di un negoziato per porre termine al conflitto. Dopo la Gran Bretagna, nuovi accordi bilaterali sono stati stipulati con la Germania e la Francia. Secondo una fonte giornalistica, con l’accordo, valido dieci anni, Germania e Ucraina hanno concordato che, in caso di un futuro attacco russo, ciascuna delle due parti potrà richiedere consultazioni, e che i passi successivi saranno decisi entro 24 ore. Se la Germania riterrà necessario intervenire, fornirà all’Ucraina «assistenza rapida e duratura in materia di sicurezza, equipaggiamento militare moderno in tutti i settori, se necessario, e assistenza economica». L’accordo con la Francia, invece, delinea un quadro per gli aiuti umanitari e finanziari a lungo termine, il sostegno alla ricostruzione e l’assistenza militare. Parigi si è in ogni caso impegnata a fornire nel 2024 «fino a 3 miliardi di euro» in aiuti militari «supplementari» a Kiev, dopo un aiuto stimato a 1,7 miliardi nel 2022 e 2,1 miliardi nel 2023. Per giunta, Macron non ha escluso che la Francia possa inviare truppe sul campo di battaglia. Da ultima la Danimarca, il 22 febbraio, ha firmato un accordo bilaterale con l’Ucraina che prevede la fornitura in dieci anni di aiuti militari per 250 milioni di dollari. Nella scadenza del secondo anniversario dell’invasione russa, il Primo ministro Meloni si è recata a Kiev per firmare, in occasione del Forum dei leader del G7, un accordo bilaterale sulla “sicurezza” con l’Ucraina. L’accordo italiano, illustrato da Tajani, prevede «la consultazione e la collaborazione con l’Ucraina per aiutarla a costituire una sua capacità nazionale nel settore della difesa» per «provvedere alla propria sicurezza nel medio-lungo termine». Un altro pilastro sarà «l’assistenza in campo economico» e per la «ricostruzione». E poi ancora, «la tutela delle infrastrutture critiche ed energetiche», il «sostegno umanitario per i civili».
Tajani ha cercato di minimizzare il significato dell’accordo, assumendo che «non sarà giuridicamente vincolante [poiché] dal testo non derivano obblighi sul piano del diritto internazionale né impegni finanziari”. Il ministro probabilmente intendeva dire che dal testo non emerge un obbligo automatico dell’Italia di entrare in guerra in soccorso all’Ucraina nel caso in cui questa perda definitivamente la guerra. Tuttavia, l’accordo è comunque in violazione dell’obbligo di sottoporre al Parlamento la creazione di nuove alleanze militari, e fa dell’ Italia un possibile obiettivo dei missili russi, così come l’invio della flotta italiana nel Mar Rosso lo fa per il terrorismo islamico.
E’ singolare che, nonostante che Macron e von der Leyen facciano intendere che un eventuale intervento sarebbe fatto anche e soprattutto in contrasto con un disimpegno americano, anche il Capo di Stato Maggiore USA, Austin, parli oramai di “guerra della NATO contro la Russia”. Confermando con ciò l’interpretazione data da sempre, da parte dei media russi, della natura profonda della guerra in corso.
Per tutto questo, ci sembra non irrilevante ricapitolare qui di seguito la storia degli aspetti militari dell’integrazione europea, che stanno rapidamente emergendo quali punto focale degli attuali dibattiti e disvelamento delle reali intenzioni, per capire in che modo essi si connettano all’attuale situazione.
Il Popolo dei Kurgan, gli antenati degli Europei, vivevano fra Russia e Ucraina
2.Dagli “Autonomoi” all’impero romano
L’idea di una qualche integrazione europea era nata molti secoli fa proprio dall’esigenza d’ inquadrare in un unico esercito le sparse schiere dei primitivi popoli europei, quelli che Ippocrate chiamava “Autonomoi”, valentissimi guerrieri, ma divisi fra di loro in base a criteri clanici, tribali, cittadini, di classe, etnici, regionali e culturali. Per questo, non c’è da scandalizzarsi se i politici europei ricominciano a parlare, dopo 2500 anni, di guerra come forma di integrazione del Continente.
Roma stessa era nata quale idea multiculturale e multietnica, non nazionale, proprio per esprimere questo senso di unione sotto l’elemento militare. “Rhoma” (in Attico, “Rhome”) è la parola dorica che esprime il concetto di “forza”, quindi, non un popolo, bensì un programma politico (imperialistico), simboleggiato dai Fasci Littori. I pochi abitanti del primitivo villaggio, il Palatium, avevano origini troiane, doriche, latine, sabine, etrusche. Tutta l’Eneide non è altro che un’esaltazione delle pretese genealogia troiana (lidia?, frigia?); tanto Evandro quanto i Tarquini erano originari del Peloponneso; il “Ratto delle Sabine” è autoesplicativo; l’ultima dinastia fu etrusca. La città stessa fu una federazione di villaggi (i “Sette Colli”). Fu Roma a dare un nome alle regioni italiane e alle nazioni europee, e l’Impero fu comandato da un “Imperator”, un comandante militare vittorioso, non necessariamente romano o latino, ma anche italico, illirico, africano, siriaco, arabo. La Translatio Imperii è stata la successione di questi imperatori, fino a quelli bizantini, franchi, serbi, bulgari, germanici, russi, francesi, tanto che se ne sono conservate le tracce perfino nelle più svariate lingue: Romei, Romiossini, Rumeli, Rumi, Rum, Rom, Kaisar, Kaiser, Tsar..
L’idea della Pace Perpetua era in realtà il contraltare implicito della guerra continua: si aspirava a tornare alla mitica Età dell’Oro, ma “solo un Dio poteva salvare l’ Impero”: l’Imperatore Divinizzato, che, per realizzare il suo obiettivo, doveva combattere infinite battaglie. La sconfitta di Teutoburgo segnalò ben presto che la Pax Augusta non poteva essere perfetta, perché il potere di Augusto non era infinito. Neanche l’impero cristiano avrebbe potuto essere pacifico, perché il Cristianesimo è caratterizzato proprio dall’idea dell’imperfezione dello stato creaturale: sugli scudi dei legionari, vennero inserite le iniziali di Cristo XP:”In hoc signo vinces”.L’Apocalisse non va accelerata come vorrebbero i postumanisti; va fermata, se necessario, con la forza.
Continuiamo a ripubblicare un libro che purtroppo è sempre attuale
3. Dai progetti di crociata all’idea zarista del diritto umanitario bellico
I progetti dei sovrani europei europei (Dubois, Podiebrad, Sully) nascono, al tempo delle Crociate, quando si vede che la guida congiunta dell’ esercito cristiano da parte della diarchia feudale Papa – Imperatore era inefficace di fronte alla superiore organizzazione delle monarchie islamiche (“De Recuperanda Terra Sancta”), e che neppure la Trewa Dei e il Landfrid dell’ Impero bastavano per evitare le sanguinose faide intestine. Occorreva scatenare i cavalieri europei contro un nemico esterno. Ai tempi dell’uccisione di Corradino di Svevia, dell’Oltraggio di Anagni, della cattività avignonese e dello Scisma d’Occidente, i re di Francia e di Boemia, gli Hussiti e i Calvinisti pretesero un’organizzazione federale e collegiale, in cui il potere dell’ Imperatore tedesco e del Papa di Roma risultasse diluito, se non annullato. Questo divenne poi (con il Gran Dessin di Sully) un pretesto per distruggere l’egemonia degli Asburgo, che stavano ricostituendo l’unità dell’ Impero,e per spartirsi l’Impero Ottomano, secondo paradigmi che echeggiano ancor oggi.
Si noti che le grandi linee istituzionali dei Progetti di Crociata (un’Assemblea itinerante, un Consiglio, un istituto finanziario, un Corte di Giustizia) sono rimasti gli stessi per 8 secoli, anche se durante tutti questi secoli non hanno mai funzionato. Infatti, mancava, e manca tutt’ora, un vero esercito, che era proprio la ragione per cui erano nati. Ed è per questo che oggi c’è l’America, un “federatore esterno” (per dirla con De Gaulle), che dà l’illusione di un’alleanza fra eguali, e soprattutto che fornisce un esercito, e per giunta che esercito! E’ per questo che tutti temono Putin, perché questi si era proposto ufficialmente fin dall’ inizio, nel discorso alla Confindustria tedesca, quale “federatore” alternativo all’ America.Paragonando se stesso a Kohl, aveva dichiarato fra l’altro: “ora bisogna rimboccarsi le maniche!”,affermando anche: “In quanto pietroburghese, sono a pieno titolo europeo”.La classe dirigente “mainstream” mai avrebbe accettato che venisse sostituito quel “federatore” che garantisce le loro carriere.
La versione più perfezionata dei Progetti di Crociata, quello “per la Pace Perpetua” dell’ Abate di Saint Pierre, inviato a tutti i sovrani e ai più grandi philosophes illuministi, fu messo in burletta da Voltaire, il quale, alla visione federalistica di Saint Pierre (e di Rousseau), opponeva brutalmente il modello dell’ Impero Cinese, incomparabilmente superiore ai piccoli Stati europei (“Kleinstaaterei”) perché retto da un sovrano assoluto, come quelli (Luigi XIV, Federico II di Prussia, Maria Teresa e Giuseppe II d’Austria, Pietro il Grande e Caterina II di Russia) appoggiati e lodati dagli Illuministi. Primo fra i quali Leibniz, che puntava (“Novissima Sinica”)su un’”accoppiata” fra gl’imperi russo e cinese. Non per nulla, il pamphlet di Voltaire si chiamava “Rescrit de l’Empereur de la Chine”, e ricalcava lo stile sdegnoso e sarcastico dell’ “Editto Rosso” di Kaanxi contro la condanna, da parte del Papa, dei “Riti Cinesi”, e dell’ altro editto con cui Qianlong aveva cacciato l’ambasciatore inglese Macartney, reo di non essersi inchinato al modo cinese dinanzi al Figlio del Cielo.
L’unico ordinamento paneuropeo che funzionò almeno parzialmente fu in effetti una lega degl’Imperi europei sotto l’egemonia (culturale) russa (la Santa Alleanza), che conobbe una rinascita nelle varie conferenze per la Pace di Ginevra a cavallo fra ‘800 e ‘900. Cosa di cui mai si parla oggi, quando si spacciano gli Stati Uniti quali l’inventore dell’ “Ordinamento Internazionale basato sulle regole”, e si accusa la Russia neo-zarista di essere il nemico giurato di quelle regole (che ha inventato e imposto essa stessa più di un secolo fa).
Promotore dell’iniziativa, lo zar Nicola II, che perseguiva come ideale il “mantenimento della pace generale e la possibile riduzione degli armamenti in eccesso“(tema ancora non esaurito). Si tratta dello stesso zar che fu ucciso con la famiglia dai Bolscevichi e santificato ora dalla Chiesa russo-ortodossa. Nel 1898, Nicola II, ispirato dalle teorie di Jan Gotlib Bloch, il quale aveva pubblicato un’approfondita ricerca sulle possibili conseguenze di una guerra mondiale – su consiglio del ministro Vitte – lanciava a tutti i paesi un appello al «disarmo e alla pace mondiale», riferendosi alle «conseguenze commerciali, finanziarie e morali della corsa agli armamenti». Nel 1899, lo zar sceglierà la città dell’Aja per una conferenza internazionale tesa a discutere questo problema.
Le altre potenze imperiali come il Regno Unito e la Germania accolsero freddamente l’invito; venti nazioni europee, tuttavia, partecipano all’incontro accanto a Stati Uniti d’America, Messico, Giappone, Cina, Siam e Persia, alla presenza di esperti di diritto internazionale di vari Paesi. La proposta di disarmo fu respinta, ma si pervenne almeno a una convenzione sulle regole belliche (“ius in bello”)che prevedeva, e ancora prevede, la tutela di persone e strutture civili e la proibizione dell’uso di gas venefici. Il risultato più importante ottenuto dallo zar e i suoi collaboratori fu però la firma della Convenzione dell’Aia, per la mediazione e composizione dei conflitti tra gli Stati.
In questa iniziativa, Nicola II fu sostenuto principalmente da Bertha von Suttner, fondatrice del movimento pacifista tedesco, e da Henry Dunant, fondatore della Croce Rossa, e da Papa Benedetto XV. Era infatti il tempo dei “Gute Europaeer” di cui parlava Nietzsche.
Uno dei principali risultati delle conferenze fu lo sviluppo delle regole riguardanti la guerra terrestre, basate sul principio che i belligeranti non dispongono di un diritto illimitato nella scelta dei mezzi per nuocere al nemico e che i civili e i soldati messi fuori combattimento vanno risparmiati. Integrando la convenzione di Ginevra del 1864 (sulla Croce Rossa) circa la protezione di militari feriti o ammalati, la quarta convenzione del 1907 e il relativo regolamento affrontarono tutti i grandi temi del diritto umanitario internazionale: i prigionieri di guerra, le regole sulla condotta delle ostilità (questo ambito in particolare fu all’origine dell’importanza del “Diritto dell’Aia“) e la questione dei territori occupati (vedi Gaza e Donbass). Il regolamento del 1907 contemplava inoltre il divieto di usare veleni o armi avvelenate, mentre altri testi adottati nel 1899 o nel 1907 proibirono l’impiego di determinate armi. Ad eccezione del divieto dei bombardamenti aerei, i principi e i divieti adottati all’Aia hanno mantenuto la loro validità e fanno tuttora parte (anche se disattesi) del diritto consuetudinario internazionale bellico. Finita, all’inizio del XX secolo, l’utopia pacifista degli Zar, incominciò, più sanguinosa che mai, la Guerra Civile Europea. Per questo, sembra paradossale che si pretenda di fondare la pace in Europa sulla sconfitta di uno Stato che rivendica l’eredità neo-zarista, dimenticandosi da tutti (a cominciare dalla Russia stessa) l’eredità di Nicola II.Questo travisamento fu iniziato dal Professor Korbel, dal sua figlia Albright e dalla sua allieva Condoleeza Rice, che si succedettero al Dipartimento di Stato, traducendo i concetti tendenzialmente chiari del diritto internazionale con quelli sfuggenti e ideologizzati della Common Law.
Gli Stati Uniti rivendicano l’eredità di Roma
4.L’Unione Europea non riesce a riprendere la “Translatio Imperii”
Tutte quelle vicende che abbiamo citato nei capitoli precedenti vengono sorprendentemente eliminate dalle narrazioni apologetiche dell’ Unione Europea, perché mostrano la grande continuità del dibattito federalista europeo nel tempo e nello spazio, banalizzando le poche vicende degli ultimi secoli che invece il “mainstream” ingigantisce indebitamente: Rivoluzioni Atlantiche; Guerra Civile Europea; alleanza occidentale.
Eppure, senza quelle premesse, il presente non è intelleggibile.
Infatti, neanche l’Unione Europea ha mai potuto funzionare correttamente, perché anch’essa non ha mai avuto un seppur minimo esercito, che ne garantisca il “monopolio legale della forza” almeno sul proprio territorio. Per questo, il suo “diritto” non è veramente coercibile, come hanno dimostrato ancora una volta le due sentenze Schrems, disattese dalla stessa Commissione. Gli Europei sono ridotti così a rivestire, nei confronti dell’ Impero Americano, il ruolo che gli Auxilia (Sarmati, Germani, Siriani, Arabi) avevano per l’Impero Romano, i quali non potevano certo permettersi di far valere i propri diritti contro quello romano.
La “delega” della difesa europea, agli Stati Uniti(su “Il Sole 24 Ore” Fabbrini parlava di “coordinamento”) è un pietoso eufemismo, per mascherare quello che il Papa ha chiamato un “Impero Sconosciuto”, che occupa il nostro territorio e il nostro spazio politico con un’intensità che nessun impero “palese” ha mai avuto nella storia. Aldo Cazzullo ha definito gli Stati Uniti il vero erede dell’ Impero Romano. Peccato che la stessa cosa pensino di sé la Russia e la Turchia. Ora che si sta arrivando al dunque, vale a dire a uno scontro frontale fra questo impero onnipresente e il resto del mondo, con strumenti letali fino ad ora sconosciuti, come i missili ipersonici e le armi spaziali, è l’impero stesso a esprimere dei dubbi sul se continuare su questa strada, date le difficoltà della “Guerra Mondiale a Pezzi” che esso ha provocato, l’opinabilità delle motivazioni della stessa, ma, soprattutto, il rischio di mettere a repentaglio l’ incolumità della “Metropoli” nordamericana per “proteggere” le “province” europee. Per questo è così “di moda” mettere in avanti gli Europei, i quali, invece, farebbero bene a non combattere per interessi e principi altrui.
Gl’imperi del passato avevano potuto produrre grandi civiltà perché non erano gli unici, anzi, coesistevano e commerciavano fra di loro, scambiandosi anche idee e valori. Gl’Imperi romano, persiano, indiano, cinese….Questa è per altro l’eterna contraddizione degl’imperi: si reggono su una pretesa di unicità, ma in realtà funzionano bene solo quando sono tanti.
Oggi, invece, con la disponibilità dell’arma atomica e della cibernetica, ciascuno degl’imperi si sta illudendo di cancellare gli altri, conquistando il mondo intero. La guerra in Ucraina non verte sull’ Ucraina, bensì su questa pretesa di creare un Impero Universale.
La battaglia della Beresina, fine dell’ impero napoleonico
5La Francia e l’Italia vogliono veramente combattere in prima persona contro la Russia?
In questa situazione, l’Europa, qualunque politica essa voglia adottare nei confronti dei propri vicini, non potrà fare a meno di occuparsi di difesa. Per questo, l’Unione Europea ha predisposto un ennesimo progetto in materia di politica di difesa comune, ma, come scrive sempre su “Il Sole”Sergio Fabbrini, anche questo è insoddisfacente, perché, nelle parole di Fabbrini, “occorre guardare più in alto”.
Questo è precisamente ciò che abbiamo cercato di fare con vari nostri post precedenti, e che rifacciamo ora alla luce del nuovo progetto predisposto dall’ Unione (che per altro si limita purtroppo a occuparsi dell’ industria militare, e per giunta con l’incredibile orizzonte del 2030 , quando i giochi saranno tutti fatti), e del rischio immediato di guerra nucleare totale nel cuore dell’ Europa.
La Sacca del Don, inizio della fine per l’Asse
6.Un grande piano europeo per l’”Europa Potenza” (Coudenhove Kalergi, Giscard d’Estaing)
Come avevamo anticipato nel post precedente, occorrerebbe invece che le forze politiche che concorreranno a maggio alle Elezioni Europee, subito dopo le elezioni, formulassero un piano a breve, ma completo e articolato lungo tutta la prossima legislatura, di mobilitazione bellica europea, un processo complessissimo, ma che non può più essere dilazionato. Questo al di là della pretesa “guerra con la Russia”, bensì come necessità logica perché l’Europa abbia una consistenza e sia presa sul serio dalle grandi potenze per le discussioni sul futuro del mondo.
Esso dovrebbe comprendere una fase di studio e dibattito; una seconda di lotta politica e ristrutturazione, una terza di approntamento degli strumenti operativi, una quarta di produzione di massa e di messa a punto, e una quinta di azione geopolitica.
(i)Studio e dibattito
Quello che manca innanzitutto all’ Europa è una propria cultura della guerra e della pace, che invece hanno USA, Russia, Cina e Israele.
All’Europa si è preteso addirittura fino a poco fa di far pensare che la guerra fosse un fenomeno storico superato dalla storia, e questo solo perché gli Europei non possono fare la guerra, avendone ceduto gli strumenti agli Americani. Ma questo presupporrebbe che fossimo arrivati alla Fine della Storia, vale a dire al superamento di tutte le contraddizioni storiche (cosa pretesa controfattualmente da vari autori, come Hegel, Teilhard de Chardin e Fukuyama). Ma, come ognuno può vedere, ciò non è, perché permangono tutti i limiti dell’umano: il mistero sull’inizio e sulla fine, sulla vita e sulla morte; le differenze genetiche, sociali e culturali; l’egoismo; la conflittualità; la pulsione di morte…
Siamo anzi, come diceva Nietzsche, nell’ “Era Comparatistica”. Se non è possibile stabilire a priori quale sia la verità (anche soltanto fisica, cfr. Heisenberg), e quali le decisioni più “giuste” (cfr.Vattimo), è inevitabile che gli individui e le società si scontrino, e che, portati alle estreme conseguenze, i loro conflitti producano delle guerre. Addirittura, in queste condizioni, le guerre sono la garanzia suprema del pluralismo fra le concezioni del mondo. Certo, la ragionevolezza e la “pietas” spingono gl’ individui, gli Stati e gli stessi militari, a minimizzare il danno agli esseri umani (di qui l’arte della guerra di Sun Zu, come pure il diritto internazionale bellico di cui sopra).
Se la guerra, come si dimostra, continua ancor oggi, occorre innanzitutto comprenderne, con le “Scienze Strategiche”, le ragioni e la dinamica, da un lato, per vincerla, e, dall’altro, per minimizzarne l’effetto distruttivo.
L’Europa si trova “in mezzo al guado” di questa transizione culturale, stretta fra un pacifismo “senza se e senza ma”, che però non trova un fondamento logico, ma neanche religioso, credibile, e un bellicismo fanatico, incentrato sull’idea manichea (e americana) del “Male Assoluto”, che era, il secolo scorso, il nazifascismo, l’altro ieri, il comunismo, ieri, l’islamismo, oggi, le autocrazie, e, domani, chissà. Ambedue concezioni messianiche secolarizzate, consustanziali alla fine dell’uomo per mano delle Macchine Intelligenti. Il sottotesto è: l’attuale società occidentale è il “Bene Assoluto”, il “Dito di Dio sulla Terra”, il Messia Collettivo, il Popolo Eletto, addirittura, il “Dio Mortale”, a cui tutto è permesso. Ma tale “Dio Mortale” non è l’ Europa, bensì il Complesso Informatico Militare americano.
Questa schizofrenia si ritorce contro l’Europa stessa, perché, senza un esercito, essa manca dell’elemento centrale della statualità, quello che permetterebbe, come dice Blinken, “di essere al tavolo delle trattative, non sul menù”. Ma non può permettersi un esercito perché non ha una propria concezione del mondo, distinta da altre, e non ce l’ha perché deve ripetere pappagallescamente quella americana.
Così stando le cose, gli Stati Nazionali, lasciati a se stessi e alla NATO, stanno portando l’Europa a una guerra totale, alla quale essi non sono preparati, né culturalmente, né politicamente, né militarmente, né economicamente, e da cui uscirebbero distrutti.
L’Europa deve quindi darsi al più presto tutto ciò che le manca.
Il primo passo verso la Politica Estera e di Difesa Comune è dunque un dibattito serrato sull’ Identità Europea, sul ruolo dei militari nella società, sulla “guerra nell’Era delle Macchine Intelligenti” (De Landa) e sul rapporto fra le grandi civiltà mondiali.
Subito dopo, occorrerà crearsi una competenza (che oggi non c’è) sulle tecnologie più recenti (Intelligenza Artificiale, computer quantistici, missili ipersonici) e sul collegamento fra civile, militare, intelligence e covert operations.
Poi, riflettere attentamente su una Governance europea compatibile con la gestione “in real time” di crisi internazionali come quella in cui siamo oggi immersi (con la minaccia continua dell’inizio di una guerra nucleare, che potrebbe diventare reale da un momento all’ altro con la pretesa di alcun Stati europei d’inviare truppe in Ucraina).
Infine, studiare un approccio gradualistico per il passaggio dagli attuali eserciti nazionali integrati nella NATO a un sistema europeo con eserciti locali integrati nell’ Esercito Europeo.
(ii)Lotta politica e ristrutturazione
La probabile vittoria elettorale di Trump produrrebbe un terremoto nella politica di tutti i Paesi europei, oggi fanaticamente sostenitori di Biden e della sua linea bellicistica, ma domani costretti (soprattutto le destre), ad accodarsi alla linea isolazionista dei Repubblicani.
In queste condizioni, si aprirebbe presumibilmente un ampio spazio di dissidenza nei confronti dell’attuale appiattimento della UE sulla NATO, e, nello stesso tempo, si farebbe sentire l’esigenza di una forte difesa europea per compensare l’assenteismo dell’ America. In queste condizioni, il “mainstream” sarebbe forzato ad allentare il controllo sulla “finestra di Overton”, permettendo finalmente un dibattito culturale e politico più ampio e articolato sulla pace, sulla guerra e sulle alleanze.
Ciò potrebbe dare spazio a nuove forze politiche più autenticamente europeistiche, che potrebbero trovare un riscontro in frange delle forze armate desiderose di creare una classe militare culturalmente omogenea.
Potrebbero allora partire contemporaneamente tentativi di ricerche e di innovazione comuni nei campi delle piattaforme, della missilistica, dei computer quantistici, dell’ intelligence, del nucleare e tentativi politici di nuovi raggruppamenti.
(iii)Operatività
Tutto ciò potrebbe (e dovrebbe) dare luogo, anche a trattati invariati, a soluzioni operative d’ urgenza, quali lo sviluppo comune e segreto delle nuove tecnologie, la creazione di un’accademia militare europea che formi l’ufficialità comune, quella di corpi speciali comuni (spaziale-nucleare-missilistico; di pronto intervento; di difesa territoriale; di mobilitazione dei riservisti; di intelligence; di produzione bellica); a fusioni fra imprese militari come era stato il caso (fallito) dell’ EADS.
(iv)Produzione di massa e messa a punto
In quel momento, si potrebbe iniziare a dare corpo all’ Esercito Europeo, formandone anche i quadri intermedi; creando un regime giuridico specifico per le industrie strategiche europee; iniziando la produzione in serie dei nuovi armamenti e la loro introduzione sperimentale presso unità scelte.
(v) Azione geopolitica
Solo nella quinta fase, quando l’Europa disponesse finalmente delle necessarie risorse, essa potrebbe infine pensare a una revisione del sistema dei trattati internazionali, e, in particolare, della governance europea, ivi compresa la Politica Estera e di Difesa, della NATO e soprattutto a nuovi sistemi di sicurezza transnazionali, fondativi di un mondo multipolare, in cui i vari Imperi, oggi “Stati Civiltà” accettino di convivere competendo in modo non disarmonico per la definizione delle grandi questioni aperte.
I politici che emergeranno da queste elezioni avranno la grande responsabilità della guerra e della pace
7.Conclusioni
Tutto ciò è ovviamente subordinato agli esiti della guerra in corso:
-se scoppierà la guerra nucleare, essa si svolgerà almeno in parte in Europa, e questa ne sarà distrutta;
-se non ci sarà la guerra nucleare, subentrerà una generale destabilizzazione, in cui il costituendo Esercito Europeo potrebbe rivelarsi prezioso quand’anche avesse fatto soltanto i primi passi, perché potrebbe costituire, per gli Europei, quel punto di riferimento ch’essi non trovano, né nella cultura “mainstream”, né nelle Istituzioni.
Nello scorso fine settimana, DonaldTrump aveva dichiarato che, se fosse diventato presidente degli Stati Uniti, in caso di attacco da parte della Russia non sarebbe corso in aiuto dei partner della NATO che non rispettassero gli impegni di spesa per la difesa (il famoso 2%). Anzi, avrebbe incoraggiato la Russia ad attaccarli. Come vedremo, quest’affermazione apparentemente paradossale per i motivi che vedremo sta suscitando reazioni diverse fra gli Europei, alle quali questo post è dedicato. Contrariamente a quanto affermato dai più, non è affatto detto che la minacciata uscita degli USA dalla NATO sia un male per l’Europa, ma solo se gli Europei ne sapranno approfittare per portare avanti i loro progetti di integrazione, a partire dal fondamentale problema della difesa europea.
L’affermazione di Trump è in sé inconsistente, visto che i Paesi vicini alla Russia hanno budget militari superiori al 2%, sicché , se la Russia volesse seguire il suggerimento di Trump, dovrebbe invadere prima dei Paesi che gli USA sarebbero impegnati a difendere. L’effetto sarebbe comunque una guerra mondiale.Tuttavia, è significativa di un trend che, portato alle sue estreme conseguenze, potrebbe alterare profondamente il rapporto di forze fra Europa e resto del mondo instauratosi con gli accordi di Yalta, come non hanno mancato di rilevare eminenti politici europei.
Cominciamo dal Commissario Gentiloni
Nel suo intervento conclusivo del convegno “L’Unione europea al tempo della nuova guerra fredda. Un manifesto” organizzato lunedì (12 febbraio) dalla Rappresentanza in Italia della Commissione europea Gentiloni, purriconoscendo i meriti della Commissione europea che “ha fatto un lavoro davvero notevole negli ultimi 5 anni”, ha osservato però al contempo che “il contesto internazionale è cambiato a una velocità tale da rendere difficile stare al passo.”Di conseguenza, il commissario ha affermato che l’Unione Europea deve decidere se“vuole continuare ad essere l’unico animale erbivoro in un mondo di carnivori”, con ciò associandosi alle voci sempre più frequenti che, in considerazione dell’evoluzione della geopolitica mondiale, invocano un allontanamento dalla retorica pacifistica dominante della UE negli ultimi decenni. Lo stesso Commissario ha dovuto riconoscere due giorni dopo il peggioramento della situazione economica della UE, dovuto, guarda caso, agli effetti negativi delle politiche aggressive dell’ Occidente verso i Paesi eurasiatici, che hanno provocato il rincaro delle materie prime e dei trasporti, e, quindi, indirettamente, all’atteggiamento rinunziatario dell’ Eurpopa, da sempre contrearia a queste politiche aggressive.
Di qui anche l’impressionante mobilitazione del mondo agricolo, con la prima potente, ed efficace, azione sindacale coordinata a livello paneuropeo.
Veniamo ora alla Germania.
Subito dopo Gentiloni,la candidata capolista del Partito socialdemocratico tedesco alle elezioni europee e vicepresidente del Parlamento europeo, Katarina Barley, ha scatenato un dibattito sulla costituzione, da parte dell’UE, di un proprio arsenale nucleare. In un’intervista rilasciata martedì a Der Tagesspiegel, Barley ha messo in dubbio l’affidabilità per l’Europa di una protezione nucleare a statunitense:
“Alla luce delle ultime dichiarazioni di Donald Trump, [tale protezione] non è più affidabile”, ha affermato Barley.
Sulla strada verso un esercito europeo, [il bisogno di capacità nucleari dell’UE] potrebbe anche diventare un problema”, ha aggiunto.
A sua volta, il Ministro Habeck ha dichiarato che l’economia tedesca sta andando “drammaticamente male”.Anche qui, guarda caso, ci sono di mezzo dazi, sanzioni e controsanzioni, pensati e minacciati già dai tempi del TIFF e del TFF, che fiaccano la capacità dell’ economia tedesca di fungere da “locomotiva”.
Indipendentemente dalle dichiarazioni di Trump o di chiunque altro, abbandonare le proprie capacità militari all’ arbitrio degli USA, che ci precettano e ci congedano secondo i loro capricci (vedi Irak, Afganistan. Jemen), è quanto di più imprudente vi possa essere, soprattutto in un mondo in rapida trasformazione, quale quello in cui stiamo vivendo, in cui ciascuno combatte duramente contro tutti in difesa dei propri principi e interessi.
Occorrerà vedere se veramente ci sarà il preannunciato cambio di rotta degli Stati Uniti, che cosa intenda veramente Trump e che cosa convenga all’ Europa. Ricordiamo quanto diceva Franz Josef Strauss, che, cioè, “non capiva perchè ci fosse bisogno di 180 milioni di Americani per difendere 400 milioni di Europei da 300 milioni di Sovietici“. Non una bella situazione per l’unità europea, e che va rovesciata al più presto possibile; questa potrebbe essere l’occasione buona, nonostante le difficoltà intrinseche di creare un esercito europeo.
I missili ipersonici cambiano le strategie di deterrenza
1.Instabilità dell’ equilibrio di Yalta
Che lo pseudo-equilibrio mondiale creato con gli accordi di Yalta sarebbe forse durato a lungo, ma avrebbe comunque incontrato continui ostacoli, lo si poteva prevedere fin dal principio, stante la radicale messa in discussione da una parte non indifferente dell’intelligentija mondiale dei suoi stessi presupposti ideologici, se non teologici. Basti pensare alle critiche rivolte, con fuoco concentrico, alla Dichiarazione Universale dei Dirittidell’Uomo (contestuale alla creazione delle Nazioni Unite), da parte: di Herskovitch, presidente dell’ Associazione Antropologica Americana (che sosteneva che i diritti non sono universali, bensì regionali); del rappresentante dell’Arabia Saudita (che preannunziava la redazione di una Carta islamica dei diritti dell’Uomo), e, infine, del delegato cinese (nazionalista, cioè di Taiwan), che aveva dichiarato che il diritto dei Cinesi è quello “di fare la rivoluzione” (vale a dire la teoria tradizionale del Tian Ming, il Mandato del Cielo).
Così pure, Horkheimer e Adorno, invitati in America dalla comunità ebraica americana per scrivere il loro saggio sulla Personalità Autoritaria, che sarebbe dovuto essere utile per prevenire la rinascita del nazismo, erano sorprendentemente tornati in Europa con il loro esplosivo “Dialettica dell’ Illuminismo”, con cui denunziavano, come responsabile dei totalitarismi e della bomba atomica, proprio la modernità illuministica, la cui massima espressione è costituita dagli Stati Uniti e dalla “Comunità Internazionale” da questi guidata, creata proprio in quegli anni. La Dialettica dell’ Illuminismo consiste proprio nella tendenza, immanente alla Modernità, di perseguire uno stato di perfezione mondana (la Fine della Storia), impossibile da conseguire dato il carattere intrinsecamente finito del mondo. L’esperienza storica dimostra che, a causa di questa impossibilità, le pretese di realizzare la Fine della Storia si sono rivelate in effetti la premessa di grandi sciagure, come le due Guerre Mondiali, i totalitarismi, la Shoah, la bomba atomica, il surriscaldamento ambientale, e l’egemonia delle Macchine Intelligenti (“Eterogenesi dei Fini”).
Infine, avevano acquisito l’indipendenza India e Israele, le quali, nonostante la presentazione “modernistica” e “democratica” che ne è stata fatta in questi decenni, erano, e sono, in realtà innervate da un radicale fondo antimoderno (basti pensare al saggio in Gujarati di Gandhi–Hind Swaraj-, in cui si propugnava una de-modernizzazione dell’ India, e al suo commento del Bhagavad Gita, in cui la Ahimsa (tradotta arbitrariamente come “non violenza”) veniva interpretata alla luce dell’ etica marziale degli Kshatriya. Oppure alle teorie di vari leaders politici e religiosi israeliani, che invocavano, e ancora invocano, l’occupazione dell’intero Levante (Israel haShelemah) in forza di un diritto storico ancorato nella Bibbia (Genesi 15:18-21).
Tutte questioni che, invece di diluirsi col tempo, si sono incancrenite fino all’ attuale esplosiva situazione attuale (cultura woke, islam politico, neo-confucianesimo, Bharatiya Partiya, crisi di Gaza).
L’idea che la connivenza fra due sistemi ideologici e politici apparentemente ostili , ma accomunati dal razionalismo economicistico (capitalismo americano e socialismo reale), avrebbe potuto bloccare in eterno gli assetti mondiali con l’equilibrio del terrore e la censura ideologica, sterilizzando le diverse istanze culturalistiche dei vari popoli – come per esempio la volontà di indipendenza della Cina e del mondo arabo, così pure come il recupero della cultura islamica e il messianesimo ebraico-, era durata lo spazio di un mattino, cioè fino alla crisi di Cuba, alle guerre di Corea, del Vietnam e dell’ Afganistan. Il crollo del Muro di Berlino, lungi dal rappresentare la Fine della Storia sotto l’egida di un Pensiero Unico sintesi di puritanesimo e marxismo, ha dato il via alle pulsioni antimoderne dei vari Continenti: dall’Islam politico al Neo-Eurasiatismo, al “socialismo con caratteristiche cinesi”. Oggi, queste pulsioni stanno trovando la loro manifestazione aperta con la ripresa di visioni del mondo come il Tian Xia, la Sharia, la Terza Roma, l’Hindutva. Che, a nostro avviso, hanno come punto nodale non l’”autocrazia”, bensì il richiamo alle antiche culture “regionali”, che trascendono quelle delle “nazioni moderne”.
L’”establishment” occidentale risponde con una chiusura isterica a questo trend culturale, visto come un inaccettabile attentato alle “conquiste del Novecento”(Ezio Mauro), perché non le capisce, o non vuole capirle, non avendo mai studiato seriamente, né le culture extraeuropee, né i pensatori anticonformisti occidentali ad esse vicini (statisticamente, la maggioranza- dai Gesuiti a Leibniz, a Voltaire, a Schopenhauer, a Pannwitz, a Guénon, a Evola, a Eliade, a Eliot, a Pound, a Saint-Exupéry, a Burgess…) ma conculcati da secoli da quella setta fanatica che ha monopolizzato i centri del potere occidentale. Quel richiamo alle culture antiche nasce da un’istanza prepolitica, quella di costruire, come volevano Saint Simon e Durckheim, una “Nuova Società Organica”, che colmasse il vuoto lasciato dalla secolarizzazione.
L’”establishment” è invece troppo occupato a ripetere pappagallescamente le stesse non fondate litanie conformistiche, senza rendersi conto della contraddizione che c’è fra i continui elogi profusi alla differenza e alla tolleranza e la sua incapacità almeno di pensare dall’ interno delle categorie logiche altrui (siano esse filosofiche, linguistiche o religiose). Basti ricordare l’ignoranza generalizzata delle lingue siniche e indiche, oltre che di Arabo ed Ebraico.
Questa provinciale autolimitazione impedisce, infine, di capire, non solo quei 4/5 del mondo che sono estranei all’ “Occidente”, ma perfino ciò che sta accadendo all’interno dell’Occidente stesso. Incominciando dalla politica estera di Trump, che non è l’inspiegabile stranezza di un vecchio miliardario, e neppure l’ideologia di classe del proletariato americano, bensì semplicemente una realistica presa d’atto delle logiche della guerra tecnologica nel XXI secolo. Troppi stanno ancora immaginando di vivere nel “mondo bipolare” (che si sta sgretolando), basato sull’ “Equilibrio del Terrore” del secolo scorso, in cui si fronteggiavano i sistemi nucleare americano e sovietico, ricchi, senz’altro, di migliaia di vettori intercontinentali, ma governati da sistemi di controllo rudimentali, come quell’ “OKO” di cui già Popov aveva dimostrato in pochi minuti la fallacia.
Essi non capiscono che, in questo nuovo mondo molto più variegato, i miti che avevano bloccato gli assetti mondiali, come quello dell’automatismo dell’Art.5 dell’Alleanza Atlantica, hanno oramai perduto qualunque credibilità.
I nuovi missili abbattono i satelliti-spia
2.La NATO non può funzionare nell’ attuale situazione delle tecnologie militari
E’ impossibile fare funzionare oggi un sistema di reazione nucleare automatica come voleva essere “OKO”(che rendeva inevitabile il “second strike”), perché i tempi di attacco e reazione sono troppo ristretti (una decina di minuti) e le tipologie degli attacchi troppo variegate. Basti ricordare l’esempio portato da Eric Schmidt ad un incontro con i comandanti dell’aviazione americana, quello che una guerra nucleare venisse scatenata dalla Corea del Nord con l’opposizione della Cina, ipotesi che manderebbe in crisi l’intero castello di carte della “Mutua Distruzione Assicurata”. Infatti, allo stato attuale dei fatti, anche usando l’Intelligenza Artificiale, sarebbe impossibile decidere in pochi minuti quale nemico colpire. Questo mette a nudo la debolezza strutturale dell’Articolo 5 del Trattato che, lungi dal parlare di automatismo, rimanda a una risposta concertata fra gli Stati Membri, per la quale oggi il tempo non c’è più.
Si richiede un sistema molto più rapido di reazione calibrato sui principi e interessi dell’ Europa Visto che non avrebbe senso avere 30 diverse “Forces de Frappe”, una per ogni Paese d’Europa, tale sistema non può essere che europeo.
Di qui l’esigenza, sentita da tutti, di una maggiore assertività da parte dell’ Europa, la quale sta parlando da più di 70 anni di “Politica Estera e di Difesa Comune”, ma non ha mai fatto il seppur minimo passo in avanti in questo senso. Senza contare che la struttura stessa dell’Unione Europea è ricalcata sull’organizzazione delle Crociate quale proposta dai primi progetti europei (Dubois, Podiebrad, Sully), su un arco di 700 anni e mai attuati, e non può funzionare per quegli stessi motivi. Del resto, non conseguirono i propri obiettivi neppure l’Impero Francese e l’Asse, che si riproponevano gli stessi obiettivi, ma in un quadro imperiale.
I motivi per l’impossibilità di un esercito europeo risultarono evidenti anche in occasione della negoziazione e del rigetto del trattato CED, precursore dei Trattati di Parigi e di Roma. E’ infatti dal militare che era partito il movimento di integrazione dell’Europa sponsorizzato dagli USA, sulla scia della risoluzione del Senato Americano su proposta del Senatore Fulbright. Infatti, quell’ esercito europeo, composto di 6 divisioni, senza marina, aviazione, servizi segreti, arma missilistica, sarebbe stata praticamente una forza ausiliare delle Forze Armate Americane, per mascherare il riarmo della Germania in funzione antisovietica, ma non risolveva il problema della difesa europea.Il Trattato fu ovviamente bocciato dal parlamento francese.
L’attuale situazione di fatto mette a nudo ancora una volta tutte le debolezze intrinseche del concetto stesso:
-se, a una minaccia nucleare occorre rispondere in pochi minuti, è necessario che esista un unico centro decisionale in grado di fare partire subito i missili, ma sapendo almeno dove e perché. Orbene, se lo stesso formidabile sistema americano (come lo era quello sovietico) appare inadeguato a questo compito, come potrebbe esserlo il disarticolato sistema europeo?
-però non basta che qualcuno (nel nostro caso, paradossalmente, il Presidente francese) abbia il pulsante rosso che comanda i missili nucleari; occorre quanto meno che i missili siano adeguati a distruggere il potenziale bellico nemico, ché, altrimenti, si esporrebbe senza ragione l’Europa alla rappresaglia avversaria;
-infine, sembra impossibile “sganciare” la difesa europea da quella americana, visto che centinaia di testate americane sono imbarcate (con fini ricattatori) sugli aerei tedeschi, italiani e belgi (che non possono sganciarle autonomamente), così esponendo comunque l’Europa Centrale alla distruzione nucleare nel caso di uno scontro frontale fra USA e Russia, e visto anche che il sistema difensivo europeo è totalmemnte esposto al sistema spionistico degli USA.A meno che non siano gli USA a “sganciarsi” veramente dalla NATO come avrebbero capito i nostri governanti, anche se noi non ci crediamo. Pensiamo infatti che Trump voglia togliere agli USA i pochi costi e vincoli a suo carico della NATO, pur mantenendone il controllo di fatto attraverso la propria superiorità politica, militare e spionistica. Per esempio, mantenendo in piedi (come suggerito da Caracciolo) gli accordi bilaterali (segreti) con i Paesi dell’ Asse sconfitti, che garantiscono agli USA l’agibilità dei territori europei, eventualmente trasformandoli in accordi pubblici (e quindi legali), visto che i trattati segreti sono praticamente incoercibili.
Inoltre, è ovvio per tutti fino dai tempi della CED che, per poter usare comunque le armi più moderne in nome di tutta l’ Europa, ci vuole un potere politico unitario, che per altro sarebbe di tutt’altra natura di quelli della UE , perché avrebbe potere di vita e di morte su tutti gli Europei (e deve perciò essere almeno accettato). E infatti già a quell’ epoca si era pensato ad atomiche europee, ma però l’unico risultato pratico era stato quella francese.
L’idea che questo potere unitario possa essere il Parlamento Europeo o il Consiglio Europeo poteva avere un senso nelle condizioni belliche degli anni ’50, quando le guerre erano deliberate dai Parlamenti e le decisioni potevano durare settimane, se non mesi. Non oggi, quando la guerra mondiale può partire in pochi secondi, e deve partire in segreto. Oggi, occorre decidere in 10 minuti, mentre le trattative ai vertici UE durano anni (vedi la questione dei finanziamenti all’ Ucraina). Per questo, o si delega la decisione all’ Intelligenza Artificiale (che è quanto più temiamo, perché costituirebbe automaticamente l’esautoramento dell’ Umanità), o si crea un “imperator” europeo, un “commander-in-chief”, distinto dagli Stati Membri, con potere di vita o di morte (cioè colla valigetta nucleare e il pulsante rosso). E, di fatto, l’accentramento senza precedenti di poteri a cui assistiamo oggi in Cina, in Russia, in India, en Turchia, e perfino negli Stati Uniti, si giustifica innanzitutto nell’ ottica della preparazione bellica. Ma tutti quei Paesi hanno una struttura politica accentrata, condivisa e presente da secoli, mentre la nostra incapacità strutturale di creare un sistema di comando unitario è la prima ragione della nostra insignificanza.
D’altronde, perfino negli USA ci si sta interrogando sul loro stesso comando unitario, data l’evidente senescenza dei candidati presidenziali più accreditati, a cui si dubita se si possa attribuire la valigetta nucleare.
Solo se vi fosse un qualsivoglia potere europeo, fornito della leva militare, capace d’incarnare una Identità Europea condivisa almeno dalle classi dirigenti, l’Europa potrebbe, non solo difendersi da sola, ma anche e soprattutto parlare in modo significativo con le Grandi Potenze. E non necessariamente di guerra, visto che tutti gl’interessi dell’ Europa la portano verso i suoi vicini d’Eurasia (culturali, etnici, demografici, economici..), non verso dazi, sanzioni e controsanzioni.Purtroppo, l’appiattimento sugli USA ci ha portato a perdere le grandi occasioni di pacificazione con l’Est, a partire dalla Confederazione Europea proposta da Mitterrand, dall’ adesione della Russia alla UE richiesta da Eltsin e perfino da Putin, fino alle Nuove Vie della Seta, con le quali non saremmo arrivati alla “Terza Guerra Mondiale a Pezzi”a.
Ma, in assenza di una “Nazione europea”(quale accennata timidamente da Benda, da Mosley, da Thiriart e da Barcellona), l’accettazione di un unico centro di potere potrebbe venire solo dalla sussistenza di un progetto centrale per il futuro del Continente, incarnato da una classe dirigente veramente adeguata e radicata in tutto il territorio. Progetto centrale che va ancora creato. In fondo era l’idea di Dubois e di Podiebrad: fondare l’unità europea sulle strutture di comando dell’ esercito europeo (allora, l’esercito di Crociata).
Gli USA possono evitare di difendere l’Italia, che detiene decine di loro testate nucleari?
3.La questione del 2% del budget militare.
L’innalzamento del livello della spesa militare degli Stati membri della NATO, richiesto da sempre dagli USA,e ribadito da Trump, è certamente necessario, ma non è accettabile nell’attuale quadro degli accordi Europa-USA
Intanto,si parla solo delle spese nazionali di ciascuno Stato, senza tenere conto:
-dell’affitto e manutenzione delle basi USA in Europa (sostenuto in gran parte dai Paesi ospitanti); Il Pentagono spende per le basi circa 10 miliardi di dollari l’anno., ricevendo dagli Stati ospiti una compensazione diretta o indiretta, sì che queste basi costituiscono per gli USA un risparmio rispetto a stazionare le truppe in America;
-del signoraggio del dollaro;
-degli acquisti europei di materiale militare negli USA;
-dei vincoli creati anche sull’ economia civile dall’esistenza di obblighi miltariNATO, come per esempio l’ostacolo alla nascita di imprese concorrenti con quelle americane, o la condivisione di dati riservati degli Europei utilizzati dall’industria americana;
-delle mancate opportunità per l’industria europea derivante dall’esclusione dai finanziamenti americani del DARPA.
Quindi, il costo reale della Difesa in Europa è ben più elevato, e sta incidendo negativamente sull’ andamento dell’ economia, come rivelato proprio ora da Gentiloni.
L’ Europa non spende affatto “poco”per la Difesa, bensì tre volte più della Russia, 240 miliardi contro 84. E gli Stati Uniti, scaricando buona parte dei loro costi sugli alleati, pur essendo il Paese con il maggior budget della difesa, spendono in realtà proporzionalmente molto meno degli Europei.
In definitiva, con l’attuale tipo di “burden sharing”, diretto e indiretto, fra Stati Uniti ed Europa, un ulteriore incremento della spesa europea significherebbe addirittura che l’apparato NATO sarebbe sostanzialmente posto a carico totale dell’ Europa.
A questo punto, ecco spiegato l’eterno mistero di come la Russia, spendendo appena un terzo degli Europei, disponga di un potenziale bellico incomparabilmente superiore. Il vero problema è che, mentre ciò che spende la Russia è focalizzato a una difesa completamente autonoma, contro un attacco che provenga da qualsiasi direzione (“à tous les azimuts”come diceva De Gaulle), la preparazione bellica degli Europei è finalizzata solamente a integrarsi nella strategia americana, senza la quale sarebbe inutile. Quindi, non ha tutte quelle ricadute positive sull’economia che avrebbe una politica autonoma.
Una ipotesi di vera e propria “uscita degli USA dalla NATO” comporterebbe invece che l’ Europa si dotasse delle capacità di controllo, logistiche e di intelligence eguali a quelle degli USA(pensiamo a quei “satelliti spia” intorno ai quali si è acceso il dibattito). Quella “Duplicazione di Risorse” contro cui gli USA hanno sempre combattuto.
Il che significherebbe fondere nell’ Unione una NATO senza USA, ovvero ricreare l’Unione Europea Occidentale. Solo in tal modo l’Europa spenderebbe bene il suo 2%: con un adeguato ritorno culturale, geopolitico, strategico ed economico, il che le permetterebbe di combattere la sua vera battaglia, quella alla quale essa è vocata.
L’unica azione seria nel conflitto tecnologico sono state le due Sentenze Schrems
4.La reazione alle Macchine Intelligenti quale progetto storico dell’ Europa.
Da trecento anni, i globalisti continuano a ripeterci che l’obiettivo dell’organizzazione internazionale dev’essere il Bene dell’ Umanità. Peccato che, di fronte al progetto tecnocratico dell’Occidente, le visioni del Bene dell’ Umanità si biforcano sempre più: da un lato, gli apocalittici che pensano che l’obiettivo dell’ Umanità sia l’abolizione delle differenze fra individui e popoli, e quindi lavorano per l’abolizione delle individualità e l’imposizione di regole obiettive, quali quelle degli algoritmi; dall’ altra, coloro che pensano che, nell’ impossibilità di realizzare, nella contingenza, un mondo senza conflitti, il massimo di armonia conseguibile nella storia sia costituito da un mondo poliedrico, caratterizzato dalla coesistenza di realtà diverse fra individui, territori, ceti, continenti…
Come abbiamo illustrato in vari precedenti post, la “sfida principale” del XXI Secolo è costituita quindi, non già dalle “autocrazie” che vorrebbero distruggere le nostre “democrazie”(regimi politici fra loro diversissimi e a cui poco importa come gli Europei vogliano governarsi), bensì dal rischio che l’Intelligenza Artificiale prenda il sopravvento sull’Umanità, e, innanzitutto:
-assuma direttamente le decisioni sulla guerra e sulla pace;
-riduca ulteriormente la propensione degli umani alla riproduzione sessuata;
-riorienti le mentalità verso un cieco conformismo;
-ci tolga la capacità di produzione intellettuale autonoma,
– di conseguenza, renda impossibile qualsiasi forma di partecipazione da parte dei cittadini (altro che democrazia!).
Questa è la guerra che l’Umanità deve combattere, una guerra che modificherà la biologia, la cultura, la società, il diritto. Certamente, non tutti sono d’accordo sulla necessità di questa decisione strategica, così come, in passato, non tutti erano d’accordo su altre decisioni strategiche, come per esempio la diffusione delle religioni di salvezza (Costantino), la schiavitù e, poi, la sua abolizione (la Guerra civile americana), la conquista, da parte dell’ Occidente, del resto del mondo (le Reducciones), il socialismo (Guerra Fredda), il razzismo (seconda guerra mondiale). Per questo ci sono stati sempre (e sempre ci saranno) conflitti , guerre, rivoluzioni. L’ipotesi più probabile è che i prossimi conflitti saranno pro o contro l’Intelligenza Artificiale.
Non per nulla i GAFAM americani sono già profondamente impegnati nei conflitti in tutto il mondo, con lo spionaggio, le manipolazioni del web, la guerra psicologica, le armi autonome, Starlink…Anche i BAATX cinesi sono, a loro modo, presenti sullo scacchiere bellico, ma sono stati ricondotti, dal loro governo (con il cosiddetto “Crackdown sui BAATX”), a strumenti della strategia complessiva di quel Paese.
Se l’Europa vuole veramente avere un ruolo geopolitico, deve prendere posizione su questo conflitto fondamentale, da cui dipendono tutti gli altri. Anche per questo, una difesa veramente autonoma dell’Europa non potrà farsi come abbiamo spiegato nel precedente post, partendo dall’ articolo di Galli della Loggia del 5 febbraio, se non intorno a un’industria digitale autonoma e una cultura identitaria europea, due facce della stessa medaglia.
Una propria idea identitaria costituisce l’arma principale per una proiezione di potenza nel mondo. Ad esempio, gli Stati Uniti arrivano ovunque, prima di tutto, con le loro lobbies sponsorizzate dallo Stato, le quali diffondono l’idea degli Stati Uniti quali “la Casa sulla Collina” a cui tutti i popoli debbono ispirarsi (Cotton Mathers, Emerson, Whitman). Pensiamo al Comitato di Corrispondenza costituito dopo la Rivoluzione Americana, con Lincoln che, in Francia, faceva proseliti per a Massoneria, preparando la Rivoluzione Francese. Ad esempio, fece un siffatto pressing su Voltaire morente per farlo aderire alla Loggia “le Sette Sorelle”. Pensiamo al Filibustering portato avanti in Sudamerica di agenti americani come il Colonnello Walker, e all’ aiuto dato ai moti liberali in Europa (ospitando Kosciuszko, Kossuth, Garibaldi). Pensiamo ai 14 Punti di Wilson, alla Carta Atlantica, al Jazz, a Hollywood, all’ espressionismo astratto, all’Ideologia Californiana, alla Rivolta di Berkeley,alle banche d’affari, ai social networks, all’ Endowment for Democracy, alle “rivoluzioni” organizzate da Gene Sharp…
Ma anche il mondo islamico ha, come sue avanguardie, gli Imam politicizzati, i convertiti, le comunità nazionali all’ estero. E che dire dei “filocinesi”, degli Istituti Confucio, della Via della Seta?
Orbene, l’Europa ha creduto di potersi spacciare per il “Trendsetter of the Worldwide Debate” senza avere nulla di tutto ciò, ma è stata smentita dai fatti, come hanno dovuto riconoscere un po’ tutti gli esponenti dell’”establishment”, da Borrell a Gentiloni, che hanno confessato di “essere stati ingenui”. Tale ingenuità è consistita, a nostro avviso, nell’aver preso sul serio l’ideologia americana, tentando addirittura di farsene i più zelanti sostenitori, senza comprendere che la mentalità puritana è una costruzione artificiosa che riesce a mala pena a sostenersi nella sua patria di adozione, che, in Europa, viene vista con sospetto, e, nel resto del mondo, viene addirittura smascherata ogni giorno di più come ipocrisia (“l’Uomo Bianco ha la Lingua Biforcuta”). Qualcuno che voglia essere “più realista del re” ha ancor meno credibilità del suo sponsor.
In tal modo, tutta la costruzione ideologica della Modernità, quella “bolla” entro cui siamo stati educati, si sta rivelando via via, come ha scritto John Grey, come un’”Alba bugiarda”. L’ansia missionaria di conversione dei nativi si è rivelata una copertura ideologica per il loro genocidio; l’imposizione del principio di eguaglianza nasconde la più radicale diseguaglianza, tanto che i nazisti, per scrivere le leggi razziali, non trovarono nulla di meglio che inviare negli USA un transatlantico pieno di giuristi per copiare le “Leggi Jim Crow”. Il preteso egualitarismo si traduce nella ben nota biforcazione fra miliardari e senzatetto, così pure come la pretesa “Rule of Law” si scopre essere stata un ‘importazione forzata negli USA del rigido diritto prussiano, per ovviare al carattere arbitrario della Common Law, palesemente manipolata da una magistratura elettiva, e quindi partitica per definizione e succube dei Poteri Forti.
Orbene, il punto centrale in cui si svela l’ipocrisia puritana è costituito dall’ apparente rifiuto della Ragion di Stato , che sembrerebbe un concetto estraneo e ostile per le cosiddette “democrazie liberali”, le quali pretendono d’imporre agli Stati una morale simile a quella individuale, ma poi in realtà compiono continuamente crimini sempre più efferati, cercando di nasconderli con il controllo delle opinioni pubbliche, e, alla mala parata, li giustificano con l’argomento tipico dei totalitarismi: difendere il Progresso. L’Occidente passa buona parte del suo tempo a discutere, bilancino alla mano, della pretesa maggiore o minore moralità del politeismo e del monoteismo, dell’Ebraismo e del Cristianesimo, del Cattolicesimo e del Protestantesimo, dell’ Islam e del marxismo, della Rivoluzione americana e di quella francese, di Israele o dei Palestinesi, della Russia o dell’ Europa…Mentre invece è responsabile delle maggiori catastrofi umanitarie della storia. Basti pensare alla tratta atlantica, al Trail of Tears, alle Guerre dell’ Oppio, all’annessione di metà del Messico e delle Filippine, ai bombardamenti a tappeto compresivi della bomba atomica, ai campi di concentramento per i Nippo-americani e i Tedeschi prigionieri, all’invasione gratuita dell’ Iraq e all’occupazione decennale dell’ Afghanistan…
Per questo, Eric Voegelin, un antinazista austriaco che scriveva in America, aveva dimostrato brillantemente che la “liberaldemocrazia” occidentale non era altro che il terzo volto del totalitarismo.
Per tutti questi motivi, molti sono convinti, in Europa, che il nostro Continente non debba più seguire l’America nelle sue campagne per l’esportazione della morale internazionale, definita come “democrazia”. Altri invece, preoccupati più che altro di aiutare i loro alleati all’ interno degli USA, vorrebbero fare, dell’ Europa, un Paese di zeloti, che pretende di applicare una politica “morale”, anche là dove l’America crede di dover fare a meno di questa sua eterna finzione, nella speranza di “redimere” l’America dalle sue deviazioni dalla “retta via”(che tali non sono, bensì la seconda faccia della stessa medaglia).
Con tutto questo però non si fa politica estera, bensì solo una cattiva propaganda della setta puritana.
La visione del mondo atta a differenziare l’Europa sulla scena mondiale dev’essere necessariamente diversa da quest’ultima. Fondata sul mantenimento dell’ Umano, e, quindi, della diversità, che si deve tradurre nel rispetto assoluto delle identità extraeuropee, nella condivisione delle decisioni fra le identità intraeuropee, e nell’assoluta libertà di pensiero e di espressione, a dispetto di tutti i puritanismi. L’Europa quale barriera consapevole contro l’omologazione tecnocratica, capace di dialogare con gli altri Continenti, non già per plagiarli, bensì per trovare insieme un discorso culturale che dia un senso compiuto alle spontanee ribellioni contro la deriva nichilistica che la tecnica ci sta imponendo. Facendo tesoro, per questo, delle idee di grandi europei, come Matteo Ricci, Pascal, Leibniz, Voltaire, Guénon, Saint-Exupéry, ma anche di quelle Kang You Wei, di Gandhi, di Soloviov, di Fenollosa, di Pound, di Barcellona…Come scriveva brillantemente quest’ultimo:“L’Europa rappresenta una tappa, un gradino della globalizzazione?Oppure è una resistenza alla globalizzazione? “A nostro avviso, l’Europa può essere la roccaforte di una globalizzazione poliedrica, fondata sulla preservazione di tutte le grandi tradizioni dell’ Epoca Assiale pur entro i vincoli dell’Era delle Macchine Intelligenti.
Horkheimer e Adorno
5.Il”Conservazionismo” europeo
Il 12 febbraio, Sergio Fabbrini aveva scritto un articolo su “Il Sole 24 Ore”, denunziando le contraddizioni del conservatorismo italiano. Contraddizioni che certamente esistono perché è proprio il conservatorismo in generale ad essere contraddittorio. Per esempio, in una situazione come quella attuale, sembrerebbe compito dei conservatori quello di essere in prima linea nell’opporsi all’egemonia delle Macchine Intelligenti. Invece, i conservatori sono tutti concentrati (come per altro anche i progressisti) nel difendere la presente società, che ci ha portati fino a questa situazione rischiosissima, e propongono di fatto come modello il ritorno agli anni ’50 e ’60, quelli in cui eravamo un Paese povero e sconfitto, dove un senso di sollievo derivava più che altro dall’ idea che le cose non potessero andare peggio:il cosiddetto “Miracolo Economico”. Purtroppo fu proprio in quegli anni in cui si gettarono le basi dei nostri problemi di oggi: la concessione agli USA, con accordi ancor oggi segreti, di più di 100 basi militari, l’uccisione delle nostre imprese di alta tecnologia, la stessa egemonia culturale marxista, che, certo, non esiste più come tale, ma si è trasformata, con la “Lunga Marcia attraverso le Istituzioni”, in un Pensiero Unico ben più invasivo, perché fuso con l’egemonia occidentale.
Riproporre quel modello significa nascondere le vere cause dell’attuale declino. Invece, come scriveva Armin Mohler, “Rivoluzione Conserevatrice significa creare qualcosa che valga la pena di essere conservato”
La rivolta dei robot in RUR di Capek
Per questo, crediamo che la legittima reazione alla Modernità in corso nella cultura e nell’opinione pubblica non vada incanalata verso un “conservatorismo” da perdenti, bensì verso quello che abbiamo chiamato “conservazionismo), vale a dire la preservazione dell’ Umano contro l’egemonia delle macchine”(cfr. il nostro recente opuscolo “Verso le elezioni europee”). Questa sarebbe la giusta via per rispondere alle provocazioni che ci vengono dal resto del mondo, che ha rispolverato giustamente i “San Jiao”, l’Hindutva, i Califfi Ben Guidati, Dostojevskij e Bartolomé de las Casas. Anche se manca attualmente una definizione del “Conservazionismo” che possa servire a livello mondiale. E sarebbe proprio l’ Europa a poterla fornire, sulla base dell’enorme esperienza accumulata su questi temi (de la Rochefoucault, De Maistre, Tocqueville, Baudelaire, Nietzsche, Soloviov, Weber, Guénon, Eliade, Evola, Weil, Del Noce, Burgess, Grey).
Il Duca di Sully, autore del “gran Dessin”, l’ultimo progetto di crociata
6.La Nuova Guerra Civile Americana
Il dibattito circa le rinnovate prese di posizione di Trump sulla NATO si concentra, a nostro avviso non correttamente, sulla questione delle armi all’ Ucraina. Se tutto si riducesse a questo, non vedremmo nessuna importante novità per l’Europa. Invece, le posizioni isolazionistiche in America potrebbero avere conseguenze di più ampio respiro, portando addirittura a una frattura ancora più pesante fra l’ Imperialismo Democratico del Deep State e il resto del Paese, fino a giungere a una vera e propria Seconda Guerra Civile Americana quale quella profetizzata nell’omonimo film di John Dante, di cui sembrano manifestarsi le prime avvisaglie con le tensioni fra forze federali e nazionali al confine col Messico.
In questo scenario, potrebbero veramente riaprirsi i giochi in Europa per un autentico Potere Europeo, che, in tempi rapidissimi, parta da un progetto culturale globale, passi per la creazione di una classe dirigente alternativa a quella attuale, e sfoci nella ripresa in mano delle sparse membra di un’ Europa devastata dalla crisi culturale, dalle forze centrifughe e dalle pressioni militari, per rifondare un forte Stato Europeo, capace di portare avanti l’agenda dell’ Umano sullo scacchiere internazionale, fornendo veramente gli strumenti per il dibattito internazionale (Trendsetter of the Worldwide Debate). Per esempio, con la filologia, la filosofia e la teologia comparate; con il confronto delle dottrine politiche greche, romane, cristiane e moderne occidentali con quelle cinesi, indiane, islamiche; con la ripresa dell’ educazione classica contro quell’”Educazione anti-autoritaria” contro cui giustamente si scagliava Adorno, e che in effetti, in alcuni decenni, ha livellato l’umanità per renderla atta al dominio Macchine Intelligenti.
Ciò detto, per essere presi sul serio e non essere scambiati da tutti per l’ennesima volta con una semplice pedina dell’America, dovremmo dotarci anche di un deterrente credibile anche militare- non necessariamente nucleare, perché le tecnologie di oggi (cyberguerra, condizionamento della ma mente, disinformazione, missili ipersonici e spaziali) forniscono in abbondanza armi ancora più decisive, e per giunta non ben conosciute dagli avversari-.
Teniamo presente che, per i problemi più delicati (come per esempio sulla guerra a Gaza), sono stati esclusi dalle trattative perfino i rispettivi governi, mentre chi tratta veramente (per esempio su Gaza) sono i rispettivi servizi segreti (che sono quelli che “hanno veramente le mani in pasta” in queste cose, e forse hanno il vero potere ovunque). Ora, l’Unione Europea non ha neppure un servizio segreto. Come può discutere con gli altri di intelligenza artificiale?
Qualunque cosa intendiamo fare, occorre muoverci subito, perché, tanto la Terza guerra mondiale, quanto la Singularity Tecnologica, oramai, incombono. Di converso, ciò che si deciderà (anche sul campo) sarà decisivo per gli assetti dell’umanità, e, in particolare, dell’Europa, nel prossimo secolo. Non possiamo farci trovare impreparati. Questo sarebbe il compito della classe dirigente europea. Purtroppo, quella attuale è inadeguata, e un’altra non è alle viste. Nonostante tutto, come diceva Mao Tse Dong, ”Grande è la confusione sotto il cielo;quindi, la situazione è eccellente!”.