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RICAPITOLAZIONE E RETTIFICA DEL PROGRAMMA DELLE PRESENTAZIONI AL SALONE DEL LIBRO (Salone In e Off)

SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2022

PROGRAMMA “CANTIERI D’ EUROPA”

SALONE IN

21 maggio, Lingotto,

Sala Arancio,ore 12.15

UN PONTE FRA EST E OVEST

PRESENTAZIONE DEL LIBRO: UCRAINA; NO A UN’INUTILE STRAGE 

 Con: Virgilio Dastoli,Riccardo Lala, Marco Margrita Alessio Stefanoni, Enrico Vaccarino

Attenzione: le credenziali Zoom sono state cambiate:

Ora: 21 mag 2022 12:00 AM

Entra nella riunione in Zoom

https://us06web.zoom.us/j/81381685241

ID riunione: 813 8168 5241

Sabato 21 maggio Centro Studi San Carlo, Via Monte di Pietà 1, ore 15.00

L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE  NEI GIORNI  DEL CONFLITTO UCRAINO

PRESENTAZIONE DI: “ INTELLIGENZA ARTIFICIALE E AGENDA DIGITALE”, PENSARE PER PROGETTARE IL FUTURO

Con: Marcello Croce, Ferrante De Benedictis,Riccardo Lala,Marco Margrita, Enrica Perucchietti

Entra nella riunione in Zoom
https://us06web.zoom.us/j/89121340117?pwd=ajFZQ3NEdnlaWDVkUVEvRTAvTzdJZz09

ID riunione: 891 2134 0117
Passcode: 997292

Domenica, 22 Maggio,

Casa del Quartiere  di San Salvario, Via Morgari 10, ore 16.00

GALIMBERTI E CHABOD:

L’IMPRONTA DELLE ALPI OCCIDENTALI SU RESISTENZA ED EUROPA

DAL PASSATO AL FUTURO DELL’ EUROPA

PRESENTAZIONE DEL LIBRO: PROGETTI EUROPEI NELLA RESISTENZA

 Con Pier Virgilio Dastoli, Marcello Croce, Marco Margrita. Aldo Rizza, Alessio Stefanoni

Entra nella riunione in Zoom
https://us06web.zoom.us/j/86298136839

ID riunione: 862 9813 6839

L’UCRAINA QUALE “PONTE FRA EST E OVEST”

Considerazioni sulla conferenza internazionale proposta dal Movimento Europeo

Teleconference Macron, Scholz
Xi Jinping

Oggi, il Presidente Xi Jinping ha avuto una teleconference con Macron e Scholz, con cui questi hanno praticamente investitoo, i modo informale, il Presidente cinese del ruolo di mediatore per conto dell’Europa. Per quanto la cosa possa sembrare esorbitante sotto tutti i punti di vista (a che titolo parlano Macron e Scholz? Perché l’ Europa non può mediare da sola? Cosa ci sta a fare Borrell?), l’iniziativa  dovrebbe essere foriera di sviluppi molto positivi.

La cosa va letta come l’ultimo episodio di un’evoluzione avviatasi già nei giorni passati. Al termine dei colloqui fra il Segretario di Stato Blinken e il primo ministro cinese Wang Yi, l’agenzia di stampa Xinhua aveva emesso un comunicato, in cui, tra l’altro, “la Parte Cinese“ also encourages the United States, the North Atlantic Treaty Organization (NATO), and the European Union to engage in equal dialogue with Russia

E’ importante rilevare come, secondo la Cina, anche l’Unione Europea e la NATO debbono partecipare alle trattative in esito alla guerra in Ucraina, per una soluzione globale delle tensioni di lungo periodo nell’ area europea (“ face up to the frictions and problems accumulated over the years”), e, in particolare all’ allargamento a EST della NATO “pay attention to the negative impact of NATO’s continuous eastward expansion on Russia’s security”, e per costruire un nuovo meccanismo europeo di sicurezza: “ and seek to build a balanced, effective and sustainable European security mechanism in accordance with the “indivisibility of security” principle”.

In una successiva dichiarazione, Wang Yi ha anche affermato:” Relations with Russia and those with the European Union were two separate issues, ….China’s relationship with Europe was not dependent on or related to any third party.”

Insomma, la Cina non vuole, né trovarsi imbarazzata dalla sua amicizia con la Russia, né essere ostacolata, nei suoi rapporti con l’ Europa, da interferenze americane. Di fatto, è in una posizione ideale per mediare, tenendo conto dell’ interesse del mondo intero per un’Europa pacifica ma anche forte.

Infatti, ha annunziato un prossimo summit fra Cina e UE, ed ha affermato che “Beijing firmly supported Europe’s “strategic autonomy””.Autonomia che però, nonostante le dichiarazioni retoriche, le Istituzioni della UE di fatto non stanno affatto perseguendo in concreto, e che non sarà probabilmente conseguita senza un sostanzioso aiuto cinese.

Alle “avances” cinesi corrisponde infatti la richiesta del Movimento Europeo di convocare una Conferenza per la sicurezza in Europa.

Mentre tutti i commentatori si concentrano sugli aspetti apparentemente più macroscopici della guerra in corso, dall’enormità sostanziale del conflitto, alle confliggenti interpretazioni e versioni dello stesso favorite dai diversi Governi, ai devastanti impatti economici, noi desideriamo qui concentrarci invece su queste  trasformazioni desiderabili e possibili degli attuali assetti europei che si potrebbero, e dovrebbero, perseguire in occasione delle future trattative, per una soluzione in profondità e di lungo periodo dei  molti, gravissimi e urgenti problemi del mondo.

In effetti, l’”Operazione Speciale” in Ucraina non è certo la linea più diretta e auspicabile per affrontare la questione della sicurezza europea (che sarebbe ovviamente compito prioritario degli Europei, e non di altri, e che dovrebbe essere stata affrontata diversamente da gran tempo). Però, come al solito, “oportet ut scandala eveniant”.

E comunque la Russia e l’Ucraina non possono essere gli unici interlocutori di una questione che riguarda evidentemente anche e soprattutto l’Unione Europea e la NATO. I cui trattati istitutivi sono da anni giustamente soggetti a critiche, che questa crisi potrebbe e dovrebbe aiutare a superare. Ma riguarda altrettanto la Cina, che, con le sue Nuove Vie della Seta, rivendica per sé un ruolo attivo in tutte le vicende dell’Eurasia, che impattano profondamente sulla sua economia e sulla sua società, largamente dipendenti dagli scambi internazionali. Basti pensare alle ferrovie che attraversano la Russia, l’Ucraina, la Polonia….E difatti, anche Borrell ha espresso il desiderio che la Cina promuova un negoziato, e Wang Yi ha affermato chiaramente che essa si sta predisponendo a farlo.

Gli Stati Uniti, che si erano illusi di avere soffocato le Vie della Seta – con il terrorismo islamico, con i moti di Hong Kong, con le ingerenze con i Governi europei (e in primis quello italiano), con le sanzioni contro la Cina- se la vedono oggi rispuntare sotto forma di mediatrice necessaria nel conflitto ucraino.

Ed è  su questa svolta che si potrebbe innestare il discorso più vasto sull’architettura europea.

Mitterrand a Praga

1.La Confederazione paneuropea (Assise di Praga del 1989).

Infatti, oggi, il problema immediato sentito da tutti, ma finora irrisolto, è quello di proporre una soluzione della crisi ucraina che sia accettabile a tutte le parti, e dotata di una sua intima coerenza. Tuttavia, una siffatta proposta non avrebbe, né chances, né un seguito, se non poggiasse su una solida base di riflessione e una proposta di più ampio respiro.

E, innanzitutto,  occorre chiedersi perché l’unica soluzione lineare, quella proposta in passato, la Confederazione Europea di Mitterrand, discussa nel 1989 alle Assise di Praga, sia stata sempre scartata senza discussione, per le opposizioni degli Stati Uniti e delle classi dirigenti atlantiste:” à partir des accords d’Helsinki, je compte voir naître dans les années 1990 une Confédération européenne au vrai sens du terme qui associera tous les États de notre continent dans une organisation commune et permanente d’échanges, de paix et de sécurité.».

Si noti bene che le Assise di Praga erano un incontro non limitato ai politici, bensì aperto alla società civile di tutta Europa.

Fino a pochi anni fa (almeno fino al 2008), l’obiettivo di politica europea della Russia (sotto Gorbaciov, Elcin e Putin) sembrava rimasto appunto proprio quello di una strutturazione dell’Europa sulla base di una confederazione con l’Unione Europea, quale  già adombrata negli statuti del Consiglio d’ Europa e dell’ OCSE, (anche attesa l’indisponibilità della UE, espressa a Putin dal Presidente Prodi, ad una adesione della Russia alla UE, quale invece già richiesta da Elcin).

Invece, l’obiettivo dell’”establishment” occidentale era radicalmente diverso: “bloccare la storia” in modo da rendere irreversibile il suo”impero nascosto”  esteso a tutto il mondo: “La caduta del Muro di Berlino nel 1989 e la successiva dissoluzione dell’Unione Sovietica fecero emergere la falsa convinzione che la fine della guerra fredda e dell’imperialismo comunista avrebbe aperto la strada ad un mondo sostanzialmente unipolare nel quadro dell’egemonia degli Stati Uniti d’America e del libero mercato.I passi in avanti compiuti dal processo di integrazione europea, dall’Atto unico europeo del 1987 al Trattato di Lisbona del 2009 sono ben lontani dall’obiettivo degli Stati Uniti d’Europa ribadito nel 1984 su Le Monde e il mondo unipolare immaginato nel 1989 ha lasciato il posto ad un pianeta sempre più ingovernabile con tensioni crescenti fra Stati che rivendicano al loro interno il principio della sovranità assoluta e all’esterno il ruolo di attori internazionali.(P.V. Dastoli, “Est-ce qu’il faut une troisième guerre mondiale pour créer les Etats-Unis d’Europe ?”) .

Come conseguenza, di fronte al “muro di gomma” degli Europei (vedi dichiarazioni di Prodi) e all’invasività delle sempre rinnovate politiche americane (Guerra del Kossovo, Operazione “GUAAM”, Euromaidan, erosione delle tradizionali neutralità di Svizzera, Austria, Svezia e Finlandia), la Russia è stata costretta, nei decenni, anziché a procedere, come avrebbe voluto, sulla strada dell’integrazione paneuropea, a difendere in tutte le direzioni in modo sempre più aggressivo la propria autonomia politica attraverso tattiche negoziali e militari alternate (interventi in Transnistria, Kossovo, Ossetia, Abkhazia, Donbass), ora sfociate nella guerra con l’Ucraina, più acuta ed evidente delle precedenti, ma qualitativamente non diversa.

Nel frattempo, tradizioni giuridiche secolari e sancite da trattati internazionali, come l’ “Immerwaehrende Neutralitaet” svizzera e austriaca, venivano (e vengono) erose con cavilli formalistici dalla NATO e dalla UE.

Per molto tempo, in quegli anni, Putin aveva parlato e operato a favore della UE, della democrazia e del mercato, ma, dopo tante delusioni, la sua visione politica è cambiata radicalmente:”dopo tanti anni di politica estera e di incontri con tanti presidenti americani ho capito che mai con gli USA ci potrà essere vera pace perchè sono contro di noi per il semplice motivo che esistiamo”. Per questa convinzione, egli ha progressivamente militarizzato la Russia, nell’ ideologia, nella cultura, nel diritto, nella società…, come risulta particolarmente evidente in questi giorni.

Tutte le potenze che sono intervenute nel conflitto con ambizioni di mediazione hanno tentato, per ora inutilmente, di delineare un’ipotesi di strutturazione dell’area est-europea che soddisfi le esigenze di tutte le parti in causa, ivi comprese le ”legittime preoccupazioni della Russia”. Per quanto ci riguarda, la confederazione paneuropea resta però l’unica prospettiva che permetterebbe di uscire in modo stabile da una conflittualità che oggi appare senza rimedio, non solo sull’ Ucraina, ma anche per ciò che concerne tutta l’Europa, e una conferenza internazionale, quale quella proposta dal Movimento Europeo,  sembra l’unico strumento veramente adeguato.

Attraverso le diverse pubblicazioni della Casa Editrice Alpina e dell’Associazione Culturale Diàlexis (in particolare, Ucraina, no a un’inutile strage, del 2014) avevamo già tentato da circa un decennio di delineare uno scenario complessivo che avrebbe permesso di raggiungere questo risultato.

Proprio il fatto che trovare una soluzione politica non sia facile potrebbe costituire in realtà un’opportunità per la UE, la quale, desiderando (a quanto da essa stessa dichiarato) fondare una visione nuova, basata sulla “sovranità europea” di cui parla Wang ( ma per cui non oggi esistono sufficienti basi materiali e spirituali), non può che giovarsi di uno scenario mobile, che offra il destro di uscire dal “Pensiero Unico”. Senza una forte spinta dal basso (e dall’ esterno), l’Unione non sarà mai all’altezza di quell’ obiettivo.

Tra l’altro, la crisi ucraina sta infatti coincidendo temporalmente con la fase terminale della Conferenza per il Futuro dell’Europa, che non sembra abbia raggiunto alcuna conclusione operativa (per dirla con il Presidente Mattarella, si sta concludendo in modo “grigio”). In particolare, non c’è nessuna proposta concreta sulla politica estera e di difesa dell’ Europa, che, come si può vedere proprio nel caso dell’ Ucraina, non esiste, perché tutte le cose importanti (per esempio la “no flight zone”, la fornitura dei MIG, la linea di successione di Zelenski, la mediazione cinese…) vengono ancor sempre decise, in realtà, fra Stati Uniti, Russia e Cina. Come difficoltà aggiuntiva c’è il fatto che, in una materia così fluida come quella militare, ci si debba sempre consultare in 27.

Sarebbe il caso che il Movimento Europeo, stigmatizzando in modo energico l’assenza di idee nella Conferenza, si esprimesse molto più chiaramente per una ripresa della proposta di Mitterrand e di Gorbaciov. L’attuale svolgimento della Conferenza (burocratico, autoreferenziale, e privo di entusiasmo, dialettica e concretezza) è, infatti, quanto di più lontano dalle realtà di quest’Europa scossa dalla pandemia, dalle sanzioni, dalla crisi economica, dalla guerra).La stessa presidenza di turno, quella francese, stretta fra la guerra e le elezioni, non ha fatto praticamente nulla per l’Europa, salvo ora la videoconferenza con Xi Jinping.

E’ dunque chiaro che:

il primo messaggio all’ Europa, è: datevi un “comandante in capo” in grado di trattare con poteri corrispondenti a quelli di Biden, Putin e Xi Jinping;

-Il secondo messaggio è: datevi una forza nucleare veramente europea. Certo, c’ è già quella francese, ma, a parte la sua debolezza rispetto a quelle russa e americana, è ad esclusiva discrezionalità del Presidente francese, che non è in grado di usarla politicamente. La Presidenza francese dovrebbe mettere la Force de Frappe a disposizione dell’Europa, precisandone le condizioni, e l’Unione che dovrebbe dotarsi di un meccanismo di gestione delle crisi che garantisca il comando unico;

-Terzo messaggio: datevi un profilo chiaro (una dottrina strategica comune), in modo da poter formulare risposte univoche;

-Quarto messaggio: spendete meglio i vostri soldi, licenziando praticamente tutti gli alti ufficiali, la maggioranza degli ufficiali, metà dei sottoufficiali e molti soldati, e dotatevi, al loro posto, di analisti, agenti segreti, ingegneri informatici, nucleari e spaziali, addestratori di milizie civili, contractors, come hanno gli altri eserciti. Sviluppate computer quantici, missili ipersonici, “gliders”, ecc…

Mariupol, centro del conflitto del Donbass

2.Il ruolo dell’ Ucraina nel futuro dell’ Europa

Gorbačëv aveva parlato di una “Casa Comune Europea” ispirandosi al papa Enea Piccolomini , Elcin, Putin e Erdoğan hanno continuato a caldeggiare, oramai da un ventennio, e con una pazienza veramente encomiabile,  l’adesione alla UE dei rispettivi Paesi, ricevendone risposte evasive o sdegnate. La realtà è che, come si era lasciato sfuggire Prodi con Putin,  Russia e Turchia sono troppo grandi, e potrebbero dettare le loro condizioni, anziché accettare supinamente quelle della UE.

E non si dica che non sono “democratici”. La storia di questi ultimi decenni ci insegna che Solidarnosc, FIDESZ, AKP, Edinaja Rossija, sono nate dalle vittoriose rivendicazioni antitotalitarie contro regimi liberticidi, come i Partiti Comunisti dell’ Est e i militari polacchi e turchi. Se i loro leaders hanno dovuto incrementare, nel corso di questi decenni d’indipendenza,  i poteri propri e dei loro Governi, ciò è stato dovuto alle pesanti forme di destabilizzazione subite, nonostante le loro origini e i loro meriti,   da parte dall’ America e dalla UE, come per esempio  la colonizzazione dei media e della cultura di Polonia e Ungheria da parte di gruppi finanziari e lobbistici occidentali, le Rivoluzioni Colorate serba, georgiana e ucraina preparate a tavolino secondo il manuale di Gene Sharp e finanziate dall’ Endowment for Democracy; il colpo di stato sobillato dal telepredicatore islamista Gülen  con sede in USA.

In conclusione, una proposta europea per l’Ucraina potrebbe situarsi lungo cinque linee di azione:

un nuovo tipo di confederazione dell’Unione Europea, da un lato con l’Unione Eurasiatica, e, dall’ altra, con la Turchia, secondo la vecchia proposta di Mitterrand (utilizzando “come veicolo” il Consiglio d’ Europa e/o l’ OSCE?);

-la “federalizzazione” dell’ Ucraina (ma anche della Turchia), come prevista dagli Accordi di Minsk, utilizzando ad esempio le esperienze della Finlandia, del Belgio e della Svizzera, oltre che le già esistenti 12 Euroregioni dell’Ucraina. Ricordiamo che il Belgio ha una Comunità neerlandofona, una francofona e una germanofona, più una “Città Capitale” che è anche la “capitale” della UE e della NATO;

-la trasformazione dell’ Ucraina nel “territorio confederale”, e, di Kiev, nella sua “capitale”. Intanto, per rispetto verso  i nostri partners orientali, e, in secondo luogo, per dare, all’ Ucraina un ruolo, “una missione”, come quella che giustamente rivendicava la “Confraternita Cirillo-Metodiana”tanto amata dai nazionalisti ucraini, che non sia solo quella di “Antirussia”;

-la neutralizzazione del territorio ucraino, con adeguate garanzie internazionali reciproche (come proposto, fra gli altri, da personaggi come Kissinger e Brzezinski). Non si capisce perché ciò che si è fatto, e si continua a fare, per quasi la metà degli stati europei, membri (Irlanda, Svezia, Finlandia, Austria, Malta) dell’ UE, e non-membri (Svizzera, Liechtenstein, Serbia, Georgia , Azerbaidjan, Islanda, Moldova) non possa essere fatto anche per l’Ucraina;

-una collaborazione urgente fra l’ America, la Russia e l’Europa, su  un progetto generale di controllo degli armamenti, non limitato alle armi nucleari  e alle difese antimissilistiche, bensì allargato a un’applicazione generalizzata del Principio di Precauzione. Infatti, le “garanzie” dell’equilibrio degli armamenti sono, prima che giuridiche, tecniche: vale a dire trasparenza delle tecnologie, efficacia dei controlli,ecc …;

-il passaggio della “Force de Frappe” francese sotto il controllo europeo;

-uno scadenziario preciso di trasferimento delle competenze militari (ivi compresi gli acquisti di materiale militare e le attuali basi NATO e americane), dagli USA e dalla NATO alla UE. E non si dica che un Esercito Europeo non sarebbe in grado di difendere l’ Europa, quando perfino l’esercito ucraino si sta rivelando capace di sostenere l’assalto di quello russo. Gli Europei stanno spendendo già adesso il doppio dei Russi, ma stanno semplicemente sprecando i loro soldi. E poi, non avendo noi l’ambizione di dominare il mondo, non avremmo bisogno di spendere quanto gli Americani. Semmai, bisognerebbe spostare un certo numero di stanziamenti verso l’AI, l’intelligence, il missilistico e il nucleare.

Si tratterebbe insomma semplicemente di ritornare all’ impostazione originaria del Movimento Federalista Europeo, che considerava la CSI come una realtà federale positiva e utile, con cui collaborare nell’ambito del Federalismo Mondiale. 

Occorre  sottolineare che, a causa della grande varietà di tradizioni delle diverse parti dell’ Ucraina, un aspetto importante dell’ Ucraina è la sua vocazione naturale  al  federalismo. Pensiamo ad aree altamente omogenee sotto tanti punti di vista, come Galizia Orientale (Leopoli), Podlessia (Cernihiv), Regione Kievana, Donbass (Kharkiv), Novorossija-Zaporizzhia (Dnipro), Bessarabia (Odessa), Rutenia Transcarpatica (Uzhgorod). Volendo, anche Crimea (Simferopol).

La “federalizzazione” era stata invocata fin dalla creazione del nuovo Stato, e già parzialmente attuata in Crimea. Essa costituiva il nucleo del programma del Partito delle Regioni che aveva vinto le elezioni. Questo progetto è già perfino accettato, negli Accordi di Minsk II, ma mai concretizzato per l’opposizione dell’ Ucraina. Esso è anche consono allo spirito federalistico dell’ Unione Europea. Non per nulla, l’Ucraina aveva fatto oggetto della creazione, grazie alle sue successive amministrazioni,  delle sue 12 Euroregioni. Come in altre parti d’Europa, le Euroregioni dell’ Ucraina non funzionano, ed era stato proprio Jatseniuk a lamentarsene quando era stato Ministro degli Esteri.

Da dove vennero i primi Indoeuropei

3.L’Ucraina  cuore dell’ Europa

A noi pare che la  materia più  delicata del contendere sia proprio quella  simbolica: la pretesa di centralità rispetto a una tradizione condivisa: quella della Rus’ di Kiev. La Russia non può permettere che Kiev, suo mitico luogo di origine, cada in mano a forze antirusse (l’”Antirussia” contro cui si scaglia ancora il Presidente Putin). Ne verrebbe sconvolto lo  stesso equilibrio culturale e psicologico del Paese (che punta tutto sulla propria continuità storica da Rjurik ,se non dagli Sciti, a Putin, sicché gli Slavi Orientali dovrebbero essere per i Russi non già dei partners, più o meno affidabili, bensì dei “fratelli”=“bratjà”).  Di converso, i nazionalisti ucraini (e dei Paesi vicini), che finalmente, dopo molti secoli, sono riusciti, anche se in modo discutibile e in ritardo sugli altri Europei, a crearsi una loro “identità nazionale”, non vogliono neppur essi “mollare la presa”, lasciando ai “Moscoviti” (i “Moskali”) la leadership dello Slavismo, che, secondo la “Comunità Cirillo-Metodiana”, sarebbe spettata all’Ucraina. È un vecchio conflitto, quello fra “Ucrainofili” e “Russofili”, che, per quanto limitato nello spazio e nel tempo, aveva già fatto molte vittime, per esempio in Galizia durante e dopo la 1° Guerra Mondiale. Ci sembra grave che, invece, non vengano mai ricordate le altre importanti tradizioni culturali dell’ Ucraina (greco-romana, turco-tartara, Polacco-Lituana, Ungherese, Rutena, Askhenazi, Karai).

Quella che noi suggeriamo è un’ulteriore  contromossa . Per noi, il Maidan non è il centro dell’ Ucraina Occidentale, né dell’Ucraina in generale: è il cuore dell’ Europa. Fin dagli inizi, l’Europa è stata molteplice: non per nulla, già Diocleziano aveva diviso l’Impero Romano in quattro parti. In Europa, vi sono almeno tre, se non quattro, “Rome”: oltre che la “Roma” propriamente detta, ci sono Istanbul e Mosca. Nessuna di queste può essere “il” centro dell’Europa. Fisicamente, il “centro” si situerebbe  proprio in Ucraina Occidentale (forse, in Bucovina, vicino al Castello di Hotyn).Secondo John Anthony, l’area si origine dei Proto-Indoeuropei si situerebbe lungo il medio corso del Don, nell’ Oblast di Samara, da dove essi sarebbero poi migrati verso l’Ucraina e la Romania. Quindi, non più Kiev origine degli Slavi Orientali (la Rus’ di Kiev), bensì la Russia meridionale quale origine degli Indo-Europei.

In Kiev, parzialmente slava e ortodossa, parzialmente cattolica, parzialmente medio-orientale (di cui è simbolo la Chiesa Cattolico-Orientale), come dice lo stesso nome “Maidan” (Turco, Arabo, Persiano, Urdu, Hindi) si potrebbe stabilire il “centro” dell’Europa, intesa, non già come semplice Unione Europea, bensì come Confederazione fra UE, Comunità Eurasiatica e Turchia.

Tuttavia, per fare questo, occorrerebbe che, al di sopra delle identità regionali e nazionali, emergesse con chiarezza la natura dell’ Identità Europea quale espressione della Dialettica dell’ Illuminismo nell’ era delle Macchine Spirituali. Tale dialettica si configura, oggi, come tensione fra, da un lato, la Rivoluzione Biopolitica perseguita dal Complesso Informatico-Militare, e, dall’ altra, l’aspirazione al superamento della Modernità nel nome delle tradizioni culturali e religiose. Quest’aspirazione, che oggi trova la sua incarnazione soprattutto nel dialogo interculturale ed ecumenico, dovrebbe trovare espressione anche in un movimento politico internazionale volto al controllo degli abusi delle nuove tecnologie, siano esse civili o militari.

A quel punto, la “radice” non sarebbe più nella Rus’ di Kiev (il “Russkij Mir”), bensì nelle culture di Yamnaya e di Tripollie (origine degli Europei),da cui si sarebbe dipartita anche la “Cultura di Sintashta” (dove Anthony vede similitudini con la cultura vedica).

L’ Europa, la Russia e l’Ucraina, per il loro carattere di “ponte” fra le culture occidentali e orientali, dovrebbero divenire il supporto politico di questo movimento. Per fare ciò, esse devono però riconoscere le loro radici comuni (i “due Polmoni” di cui parlava Papa Wojtyła), sviluppando forme di sinergia e di associazioni che accrescano il loro peso in quanto polo di trasformazione della società mondiale.

Ci si obietterà che ciò è irrealistico, in quanto, oggi, si andrebbe piuttosto verso una conflittualità crescente fra Occidente ed Eurasia. Si osserverà anche che questo è il momento di un forte “revival” di ogni tipo di nazionalismo:

-campanilistico-economicistico , come quello del “Made in Italy”;

-geopolitico-finanziario,come quello dell’”austerità” tedesca;

-populisico volgare, come quello anti-immigrati e anti-euro;

-quello sciovinistico novecentesco, come quello “sovranista”;

-quello del “ressentissement”, come quelli dei “popoli senza storia” contro gli “Herrenvölker;

-quello piccolo-nazionale, come quelli basco, catalano, scozzese o Fiammingo;

-quello letterario e aulico, come quello delle grandi “nazioni aristocratiche”;

-quello  opportunistico e filo-NATO, come quelli degli establishment militari;

-quello neo imperiale, come quello russo.

Noi crediamo invece che, in una visione pluricentrica e pluriculturale, tutte le forme di identità, comprese quelle nazionali, possano trovare uno sbocco e una fioritura, purché si inquadrino nell’ obiettivo storico dell’ Europa del XXI Secolo.

Così, la Russia potrebbe perseguire il suo ruolo di catalizzatore delle infinite forze dell’Eurasia; il mondo nordico potrebbe  continuare a costituire il cuore economico dell’ Europa; quello mediterraneo la colonna vertebrale di una rinnovata Società della Conoscenza intesa come Società della Cultura e delle Fedi; quello Centro-Orientale, una “cerniera” intorno alla quale si muovono tutte queste altre realtà. E, ancora all’ interno di ciascuno di quei “mondi”, si possono inserire le Macroregioni Europee (baltica, atlantica, alpina, adriatica, danubiana, ecc…) , ciascuna con delle sue specificità (quale ecologica, quale marinare, quale turistica, quale multiculturale, quale storica…).E, poi, ancora, nazioni, regioni, città, in un’Europa delle Identità in cui ogni anello della catena ha una propria vita.

Tuttavia, senza una nuova classe dirigente che approfondisca, maturi, formalizzi, consolidi, concretizzi, diffonda e difenda questa visione, l’ Europa va inesorabilmente verso il declino, l’irrilevanza, il conflitto e la distruzione: Complesso Informatico-militare contro democrazia; NATO contro Russia; nazionalismo russo contro revanscismo baltico e ucraino; arroganza tedesca contro Paesi mediterranei; Stati Nazionali contro micronazionalismi; nazionalità titolari contro minoranze etniche…

E’ chiaro che questo non è fino ad ora avvenuto perché tutte le componenti dell’ establishment non vogliono perseguire quell’ obiettivo, vuoi perché non informate, vuoi perché non lo condividono, vuoi perché paralizzate da  un’opinione pubblica succube dei “media”, vuoi perché eterodirette dall’ America.

Il problema politico sarà dunque come fare a conseguire quegli obiettivi nonostante quest’ ambiente circostante ostile.

Per quanto la pace in Ucraina sia un obiettivo immediato e la federazione eurasiatica un obiettivo di medio termine, le strategie per conseguirlo non devono contraddirsi reciprocamente, e devono tenere conto dei vincoli del realismo.

La strage di Srebrenica, sotto gli occhi dei Caschi Blu

4. Il federalismo mondiale non è un mondo angelico

La nascita del federalismo europeo si confonde, fin dai più lontani precedenti, con quella delle organizzazioni internazionali. Esso le ha sempre  sostenute  lealmente, anche perché esse costituiscono, per essa, il canale privilegiato per esercitare il suo ruolo nel mondo. Coerentemente con le impostazioni classiche del federalismo, il completamento dell’integrazione europea dovrebbe permettere anche la realizzazione del federalismo mondiale.

Tutto ciò presuppone però, a monte, una rivoluzione culturale, in quanto, nel dibattito culturale e politico, non sono ancora stati approfonditi adeguatamente concetti essenziali per tale riforma, come per esempio “Superpotenza”, “Confederazione”, “Impero”, “Imperialismo”, “Grande Potenza”, “Federazione”, “Stato”, “Stato Nazionale”, “Nazionalismo”, “Stato Federale”, “Federalismo”, che, infatti, tanto nella letteratura specialistica, quanto nei media, sono utilizzati in modo assai promiscuo. Intanto, quando si parla di federalismo mondiale, si pensa spesso a uno scenario utopico: tutti concordi su un unico modello, senza conflitti: la Fine della Storia. Questa però non sarebbe una federazione mondiale, bensì un impero mondiale, se non, addirittura, una tirannide universale (Rousseau, Kant).

Perciò. Il federalismo mondiale, la confederazione fra UE e Eurasia e lo stesso federalismo europeo potranno funzionare solo se interiorizzeranno la critica anti-utopica.Perfino all’ interno di un solo Stato ci sono insurrezioni, rivoluzioni e guerre civile. Uno Stato mondiale in cui tutte queste fossero rese impossibili sarebbe la fine dell’uomo. Non per nulla i cultori dello Stato Mondiale sono anche gli zelatori della Fine della Storia e della Singularity Tecnologica.Al contrario, il federalismo mondiale si pone in contraddizione estrema con il modello attualmente vincente, quello della globalizzazione tecnocratica (che aspira, appunto, a un  impero mondiale, e/o universale). Secondo tale modello di globalizzazione, dovrebbe esistere un unico centro (il Complesso Informatico-Militare), che imporrebbe a tutti gli Stati il livellamento delle loro culture per obbedire a direttive unitarie, che mirano a un modello si sviluppo finalizzato alla egemonia della tecnica (standardizzazione, concentrazione, conformismo, atomizzazione).

Il federalismo mondiale invece, aspirando a far partecipare al governo del mondo tutte le parti dello stesso, si sforza, al contrario, di organizzare una pluralità di soggetti politici, e di aggregarli, per rafforzarli, all’ interno di grandi “contenitori”  continentali o semi-continentali, come l’ India, l’ Europa, l’Africa, le Americhe, il Medio e l’Estremo Oriente, ecc…Esso prende atto del fatto che esistono, nel mondo, molti modelli culturali e politici (Kupchan, De Masi). Per questo motivo costituisce non già, come pretendono taluni teorici, la fine di tutti i conflitti, bensì l’avvio di conflitti di nuovo tipo. La causa immediata delle attuali tensioni a livello mondiale (corsa agli armamenti, conflitti locali) è costituita per esempio dal fatto che le forze della globalizzazione, non accettando questo pluricentrismo, lo sottopongono a pressioni di ogni genere.

Nell’ambito di questo conflitto generalizzato, si collocano conflitti più localizzati, vertenti sulle modalità secondo cui si vorrebbero organizzare i singoli soggetti continentali e/o subcontinentali (p.es., Palestina, Ucraina, Kashmir, isole Daoyu). Questo “pensare per continenti” che prende l’avvio dalla “Dottrina Monroe”, si sviluppa con l’”eurasiatismo” e “Paneuropa” per sconfinare nell’imperialismo (vedi “la Grande Asia” giapponese o “il Grande Medio Oriente” di Bush).

Esso ha, certo, paradossalmente, una certa parentela con lo “Scontro di Civiltà” di Huntington, solo che l’obiettivo è diverso: là, si trattava di una grande coalizione per vincere la Terza Guerra Mondiale; qui di un accordo multilaterale fra tutti i maggiori attori, per disinnescare il rischio della guerra mondiale (Habermas). Basti pensare che Huntington voleva dividere l’ Europa al confine coll’Ortodossia (paradossalmente, qualcosa di simile alle attuali rivendicazioni russe).

Anche per fare ciò, i politici dovrebbero acquisire una visuale culturale più ampia, comprensiva di  un’eccezionale competenza culturale comparata, cercando di vedere come certe soluzioni riescano a conciliare esigenze obiettive e pulsioni identitarie di soggetti diversi. L’ostacolo principale al raggiungimento di questo obiettivo è la “colonizzazione culturale” dell’ Europa da parte dell’ideologia californiana, che sta tentando d’ imporre, come fosse l’“Identità Europea”, l’egemonia culturale transumanista, introducendo in Europa una “cancel culture” che si traduce in un “Cancel Europe”. E, infine, nel “Cancel Mankind”.Il caso della persecuzione della cultura russa in tutto il nostro Continente è più che eloquente.

La retorica byroniana copriva le stragi della Guerra di Liberazione greca

5.Le Nazioni Unite dovranno “cambiare pelle”

Sono nate come alleanza vincitrice della 2° Guerra Mondiale, e ne mantengono l’ impronta e l’ideologia (il “One-Worldism” diffuso dagli Stati Uniti all’ inizio della Seconda Guerra Mondiale). L’Europa vi è rappresentata da  uno Stato Membro, ma non ha un proprio seggio. Anche il suo nome è obsoleto, si richiama alla Guerra antinapoleonica e alla  Battaglia di Waterloo, alla  Seconda Guerra Mondiale e agli Stati Uniti, dov’essa ha sede: “Millions of tongues record thee, and anew/Their children’s lips shall echo them, and say,/’Here, where the sword united nations drew,/Our countrymen were warring on that day !’ (Lord Byron, Childe Harold’s Pilgrimage).

Infine, dovrebbero essere trasferite in un Paese neutrale. Non sembra infatti ammissibile che, come nel recente caso del team russo, gli Stati Uniti possano negare l’accesso alle Nazioni Unite ai rappresentanti degli Stati membri.

Anche le Organizzazioni specialistiche sono obsolete. Esse non riescono a svolgere loro funzioni più fondamentali che mai, come, in primo luogo, un’applicazione giuridicamente vincolante a livello mondiale del Principio di Precauzione e del Principio della difesa dell’Identità Culturale. Vanno fuse e coordinate fra di loro e con le Nazioni Unite.

L’incontro di Pratica di Mare fra Putin e Bush

6.La NATO e l’OCSE potrebbero costituire la base di una Alleanza  del Nord del Mondo

A nostro avviso, essendo attualmente la NATO e l’OCSE le organizzazioni dei Paesi del Nord-Ovest del mondo, esse potrebbero diventare, fondendosi, un regime-quadro federale dei rapporti fra Europa, America e Medio Oriente. Quest’affermazione non è, a nostro avviso, contraddetta, bensì rafforzata, dalle recenti vicende ucraine. Infatti, la rivalità russo-occidentale è stata creata artificialmente per giustificare la sopravvivenza della NATO stessa come tale, mentre  Gorbačëv e Elcin avevano deliberatamente smobilitato il Patto di Varsavia nella speranza di essere accolti subito in Europa, venendo però respinti.

Come ha affermato l’Arcivescovo Emerito di Torino, Monsignor Bettazzi, dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia, la NATO stessa avrebbe dovuto essere sciolta, e sostituita da qualcosa di europeo.La NATO dovrà dunque mantenere solo i suoi compiti politici, abbandonando quelli militari, divenuti ormai obsoleti dopo la fine della Guerra Fredda e la creazione di una Politica Estera e di Difesa. Tra l’altro, i compiti dell’OCSE comprendono già precisamente il controllo degli armamenti, provvedimenti di sicurezza, diritti umani, minoranze etniche, democrazia, antiterrorismo e ambiente, anche se vengono in questo momento talvolta strumentalizzati.

Potrebbero essere membri della nuova organizzazione gli Stati Uniti, il Canada, il Consiglio d’Europa, la Conferenza degli Stati Islamici e Israele. E’ ovvio che ciascuno di questi soggetti potrebbe associarsi agli altri pur mantenendo la propria identità, ma abbandonandone le interpretazioni escatologiche ed assolutistiche. Compito principale: coordinare verso l’esterno le difese dell’area nord del mondo contro attacchi esterni (p.es., terroristici), e difesa antimissilistica. Svolgere una funzione arbitrale circa eventuali conflitti “interni” (p.es., il caso ucraino). Accordi ben precisi dovrebbero essere stabiliti fra questi organismi, le Nuove Vie della Seta e l’Organizzazione di Cooperazione di Shanghai.

Evitandosi (o, almeno, allontanandosi  dalla nostra area) la competizione fra i sistemi nucleari americano e russo, l’Europa potrebbe divenire veramente l’area più pacifica e sicura della terra, anche se ciò non eliminerebbe certo l’esigenza di un Esercito Europeo, e di una cooperazione di difesa con gli Stati Uniti e con il Medio Oriente, ma con finalità diverse da quelle attuali.

Questa autonomizzazione dell’Europa sarebbe facilitata da un sistema antimissilistico comune e dalla creazione di un Esercito Europeo capace di bilanciare quello russo, in attesa di integrarsi progressivamente con questo.

Roma, Costantinopoli, Mosca

7.Il Consiglio d’Europa potrebbe divenire la “Federazione delle Tre Europe”

Il Consiglio d’Europa è l’unica organizzazione che raggruppi tutti i Paesi d’Europa.  Potrebbe costituire l’ambito di cooperazione federale fra una ricostituita Comunità Europea, la costituenda Comunità Eurasiatica e una nuova auspicabile realtà federale anatolica o panturcica. In tal modo, senza scontentare gli oppositori di una più stretta integrazione europea di Russia e Turchia, si permetterebbe a questi due Stati di contare di più anche formalmente nelle politiche europee (cosa a cui fermamente essi aspirano, e che si è voluto fino ad ora ad essi negare). Si terrebbe così anche conto che le “tre Rome” eredi della Tetrarchia romana, quella “occidentale” (romana e germanica)  , quella balcanico-medio orientale (bizantino-turca), e quella “scitico-sarmatica” (Russia, Mar Nero, Siberia, Asia Centrale) costituiscono tutte insieme l’eredità storica dell’ Europa, senza che alcuna di esse possa vantarne il monopolio, così come Kaifeng, Xi’an, Nan Qing e Pechino condividono l’eredità del Tian Ming. Tutte insieme costituiscono il nostro Stato-Civiltà. Questo richiederebbe un ravvicinamento delle culture delle diverse aree. Volendo, si potrebbe anche pensare alle forme di partecipazione di una “Quarta Roma”, l’America. Certo, questo presupporrebbe un ulteriore cambiamento di cultura, quale quello auspicato a suo tempo dagli “Euroamericani” (Eliot, Pound, Dos Passos, Frantzen).

Modernità e post-modernità sono innervate dalla “lotta per il riconoscimento”: dal principio di eguaglianza presente nelle “carte atlantiche”, alla “Missione dei Popoli”, alla decolonizzazione, alle politiche di genere. Tuttavia, non è stato ancora dato un riconoscimento pieno alle tendenze culturali diverse dall’“Occidente”. Nel caso dell’Europa, alle tendenze “asiatiche” o “eurasiatiche”al suo interno(popoli delle steppe, ebraismo, Cristianesimo orientale, Euroislam, Costantinopoli, Slavismo), con l’abbandono, da parte dell’Europa e dell’ America, della cosiddetta “Arroganza Romano-Germanica” denunziata a suo tempo da Trubeckoj, e ancora aleggiante, tra l’altro,  nei programmi scolastici e in quelli dei partiti politici europei.

Quanto sta accadendo appunto con Russia e Turchia crea, certamente, dei nuovi ostacoli su questa strada. Da un lato, il Consiglio d’ Europa dovrà formulare  una sua nuova politica di partenariato con Russia e Turchia, che garantisca loro la partecipazione all’ Europa con un ruolo paritario e  la sicurezza, non solo nucleare, ma anche contro ogni forma di destabilizzazione. A quel punto, si vedrebbe che le questioni aperte, in primo luogo quelle dei missili e delle minoranze etniche, si risolverebbe automaticamente.

L’Unione ha perso qualcosa dell’ispirazione originale?

8.L’Unione Europea dovrebbe tornare a chiamarsi “Comunità Europea”.

Essa potrebbe articolarsi, al suo interno e verso l’alto, secondo il principio della “Multilevel Governance” (l’Europa a più Velocità, l’”Europa delle Regioni”). Barbara Spinelli ha auspicato che l’Europa divenga un “impero non imperialistico”. Espressione contorta per indicare l’atteggiamento di certi imperatori del passato, i quali deliberatamente avevano deciso, come Adriano,  di  rinunziare all’ espansionismo per concentrarsi sul governo dei propri territori. Questi “imperi non imperialisti” furono, in fin dei conti, la regola nel passato, in quanto ciascun impero (Sacro Romano Impero, Impero Russo, Ottomano, Mughal, Cinese) di fatto si concentrava su uno specifico “semicontinente”. Solo gl’imperi persiano ed islamico, e, oggi, quello “democratico”, avevano fatto dei  seri tentativi per divenire imperi mondiali. All’interno, gli Imperi sono caratterizzati dal carattere fluido delle diverse identità collettive (Città e Nazioni, Province ed Etnie, ecc..), che non vengono definite in senso rigido e gerarchico come nel caso degli attuali Stati Nazionali. Oggi, abbiamo a disposizione, per tutto questo,  l’espressione “Stato-Civiltà”

Come arrivare a questa soluzione?

Mitterrand e Gorbaciov a Praga

9.Le trattative per la fine della guerra ucraina: l’ occasione per una trattativa globale?

L’idea di una trattativa globale, che coinvolga anche gli Europei e le grandi potenze, sta oramai prendendo piede. Tutti sembrano rivolgersi alla Cina come possibile grande mediatore. Ora, non dobbiamo dimenticare che la Cina:

-ha come colonna portante della sua attuale politica le Nuove Vie della Seta”;

-ha come principale alleato la Russia;

-ha come importanti partner commerciali l’Ucraina e i Paesi di Visegràd (16+1);

-ha già espresso il suo desiderio che l’Europa sia più indipendente;

-è in attesa del prossimo meeting con la UE per rendere operativo il trattato finalizzato a fine 2021.

Agli Europei non resterebbe che inserirsi, in modo propositivo, creativo, indipendente ed energico, in questa dialettica.

Il Movimento Europeo propone giustamente una Conferenza Europea per la Pace e la Sicurezza, a favore della quale ci siamo già pronunziati nei nostri precedenti post:

“Si tratta di una questione essenziale per gli interessi strategici dell’Unione europea, che dovrebbe essere posta al centro delle prossime sessioni plenarie della Conferenza sul futuro dell’Europa i cui tempi e le cui modalità di decisione dovrebbero essere rivisti alla luce di quel che sta avvenendo in Ucraina”.

L’unico problema è che la nostra classe dirigente non è, né propositiva, né creativa, né indipendente, né energica, come dimostra il suo ininterrotto e monotono allineamento, culturale, militare, politico ed economico con i pregiudizi e gl’interessi americani. Si tratta perciò di costruire dal basso un’alternativa, fondata su una cultura veramente paneuropea e sovrana, capace di confrontarsi con quelle di tutto il mondo, senza demonizzare, né Confucio, né il Corano, né Dostojevskij.

LA GUERRA AL TEMPO DELLE MACCHINE INTELLIGENTI Dalla politica Estera e di Difesa al controllo sull’AI

Non ostante tante voci inascoltate, l’Europa è sempre più in ritardo

La guerra in corso in Ucraina sta costringendo i nostri abulici cittadini e le nostre deviate istituzioni a prendere atto che le promesse di Fine della Storia e di Pace Perpetua erano assolutamente irrealistiche, e che, anzi, le guerre contemporanee assumono, grazie alle nuove tecnologie, contorni sempre più inquietanti, per ciò che riguarda il postumanesimo, la militarizzazione della società, il keynesismo militare e l’intolleranza culturale. Tuttavia, l’interpretazione che ne viene data dal “mainstream” è estremamente riduttiva. Secondo questo “trend”, l’Europa pacifica sarebbe stata costretta suo malgrado ad “accorgersi”che ci sono anora delle malvagie forze che si oppongono, anche militarmente, alla vittoria mondiale dell’ Occidente. Per questo, l’ Europa dovrebbe armarsi un poco di più in difesa dell’ Occidente stesso.

La realtà che si rivela chiaramente negli ultimi avvenimenti è ben più profonda: l’utilizzo , da parte delle Macchine Intelligenti, dell’ opportunità dello scontro fra gli USA e il resto del mondo per prendere finalmente il controllo sulla società mondiale.E, per fare ciò, i post-umanisti hanno preso ufficialmente il controllo del Parlamento americano, che sta eseguendo fedelmente i diktat dell’ ex CEO di Google, Eric Schmidt, mentre bloccano gli sforzi delle autorità americane (per esempio, l’Antitrust) di bloccare il loro potere ormai sterminato.

L’Europa dovrebbe armarsi, più che contro le minacce “tradizionali”, per le quali è palesemente impreparata, alla guerra culturale per il controllo sulle macchine intelligenti.

Le macchine prendono
il controllo

1. Superate perfino le fantasie transumaniste di Manuel De Landa

Keelan Balderson  scrive su  @altnewsuk che i Ministeri inglese e tedesco hanno pubblicato uno studio in cui chiedono ai rispettivi parlamenti di abrogare i vincoli che oggi frenano l’uso, da parte  delle Forze Armate, delle varie forme di  “Enhancement” oggi disponibili: tecnologie indossabili, droghe psichedeliche, editing genetico, bioingegneria, esoscheletri, apparecchi per l’incremento della sensibilità e interventi invasivi, quali interfacce fra il cervello e la rete. Si parla di applicare queste tecnologie ai militari anche contro la loro volontà, applicando il principio dell’ obbedienza agli ordini.

Il documento giunge perfino ad affermare che l’Enhancement potrebbe  produrre un miglioramento morale, perché servirebbe a prevenire attività illecite.

La prefazione del documento si compiace del progressivo abbandono del tradizionale divieto di queste tecnologie, che dovrebbe portare perfino a una modifica dei principi etici consolidati: “The impact of legislative changes on moral beliefs is also important, with some evidence suggesting that changes to morality are often caused by legislative changes.” Addirittura,  “Defence, however, cannot wait for ethics to change before engaging with human augmentation.”

Anche il “NATO’s Innovation Hub” ha pubblicato  un documento sul “cognitive warfare” -, una dottrina mirante alla militarizzazione delle scienze del cervello, con lo scopo di risolvere l’eterno problema di “liberare l’umanità dai limiti del corpo”, che neppure la religione era mai riuscita ad affrontare.

Per studiare come raggiungere, nel 2040, la superiorità strategica in questo campo sopra i propri avversari, la NATO ha commissionato un romanzo distopico  in cui si immagina che, nel 2039, da autopsie condotte su  soldati cinesi morti in Zambia combattendo, sulla Via della Seta, contro gli Americani e gli Australiani,  si sarebbe stabilito che i soldati morti erano dei “superuomini” prodotti in laboratorio mediante l’editing genico, in modo da fornirli di muscoli rinforzati, visione notturna,  “resistenza alla privazione del sonno, sete, calore e umidità estremi.” L’anno successivo, sarebbe stata dichiarata la “cognitive war” .

Secondo il documento, “human mind should be NATO’s next domain of operation.” Stranamente, i rapporti dell’intelligence americana si concentrano sullo stato di salute mentale del Presidente russo.

Queste notizie confermano le ormai classiche teorie espresse nel libro di Manuel de Landa, “La guerra al tempo delle macchine intelligenti”, secondo cui, vista a posteriori dal punto di vista della “Teoria del Caos”, la storia umana appare oramai come un semplice stratagemma evolutivo delle macchine (il “phylum macchinico”), per sviluppare la loro superiore intelligenza (il “Superuomo”, che, secondo la NATO, la Cina starebbe già realizzando).

In effetti,tutta  l’evoluzione della società umana è stata caratterizzata proprio dallo sviluppo di tipi di armi incorporanti una sempre maggiore “intelligenza”: pietra grezza e poi levigata; fuoco; armi da lancio e da taglio; metalli; fortificazioni; armature; eserciti; macchine da guerra; arte della guerra; strutture di comando; mezzi di locomozione; navi; polvere da sparo;  propaganda; fino ad arrivare alla criptazione e decriptazione, all’ energia atomica, alla missilistica, alla mutua distruzione assicurata, alle intercettazioni, alle armi autonome, e ora alle protesi, all’Enhancement, al condizionamento del cervello e ai cyberguerrieri.

Secondo De Landa, proprio questa funzionalità dell’uomo rispetto alle macchine, e delle macchine rispetto alla guerra, fa sì che sia oramai vicinissimo il superamento delle macchine sull’ uomo.

La stessa panoplia di mezzi elettronici che si sta dispiegando intorno alla guerra in Ucraina (visioni satellitari, guerra informativa, pagamenti swift, messa in allerta dei sistemi missilistici) fa presagire l’avvicinarsi di quella svolta. Sotto questo punto di vista, questa guerra costituirà un ottimo test.

Oramai, siamo tutti mutanti

2.I mutanti conquistano il mondo

Costituisce un topos classico della filmografia americana quello dei mutanti, che, arrivati sulla terra dallo spazio, esercitano una morbosa attrazione sull’ umanità, ma tutti coloro che entrano in contatto con loro diventano a loro volta mutanti. I mutanti sono un’evidente metafora del mondo digitale. Attraverso le ramificazioni dell’informatica, i GAFAM trasformano il mondo a loro immagine e somiglianza, fino a trasformare gli uomini in “déracinés” telecomandati (Huxley); in cyborg asessuati (Donna Haraway), in identità uploaded (Matrix).

Come illustrato nei post precedenti, l’ex amministratore delegato di Google, Eric Schmidt, ha costituito una fondazione con cui egli condiziona lo Stato Americano, riuscendo a produrre in legge straordinaria (la cosiddetta “Endless Frontier Act”), in discussione al Parlamento, con cui gli USA, allo scopo di superare la Cina in tecnologia, compiranno il massimo intervento pubblico in economia nella storia degli Stati Uniti.

I comportamenti delle parti in gioco nelle varie crisi internazionali (Palestina, Turchia, Serbia, Ungheria, Polonia, Ucraina, Russia) in termini di  “Nazionalità”, di “Impero”, di “alleanze”sono superati. Esiste un solo “Impero Sconosciuto” per dirla con il Papa. È quello occidentale, governato dal sistema informatico-militare controllato dai GAFAM. Le “nazioni” sono “dead men walking”, tenuti in piedi per fare guerre per procura e mascherare i veri giochi del Complesso Informatico-Militare. Non ha senso creare nuove “sfere di influenza”: occorre spezzare, per poi condividere, questa unica sfera d’influenza: quella del governo mondiale  dei GAFAM.

Elie Kadurie aveva dimostrato, nel suo ottimo libro “Nazionalismo” quanto le varie “nazioni” manchino di sostanza. Basti pensare a nazioni “inventate” recentissimamente (come i “Palestinesi” che sono nati solo dopo l’arrivo dei Sionisti, gli “Ucraini” che sono stati un’”invenzione” di Austro-Ungarici, Bolscevichi, neo-nazisti e Americani), ma si potrebbe cercare anche più lontano. Per esempio, secondo l’ Enciclopedia Britannica “A fully independent Ukraine emerged only late in the 20th century, after long periods of successive domination by PolandLithuania, Russia, and the Union of Soviet Socialist Republics (U.S.S.R.). Ukraine had experienced a brief period of independence in 1918–20, but portions of western Ukraine were ruled by Poland, Romania, and Czechoslovakia in the period between the two World Wars, and Ukraine thereafter became part of the Soviet Union as the Ukrainian Soviet Socialist Republic (S.S.R.). When the Soviet Union began to unravel in 1990–91, the legislature of the Ukrainian S.S.R. declared sovereignty (July 16, 1990) and then outright independence (August 24, 1991), a move that was confirmed by popular approval in a plebiscite (December 1, 1991). With the dissolution of the U.S.S.R. in December 1991, Ukraine gained full independence. The country changed its official name to Ukraine, and it helped to found the Commonwealth of Independent States (CIS), an association of countries that were formerly republics of the Soviet Union.”

Non si vuole dire che non si possano creare nuove identità, ma queste hanno un senso solo se hanno dimensioni o collegamenti così vasti, da poter aere un’influenza attiva sulla storia mondiale. Vale a dire creare identità che si pongano almeno allo stesso livello di sovranità dei GAFAM. Fino ad oggi, solo la Cina è riuscita in questo compito, creando i BATX ed assoggettandoli a delle leggi. Ben precise.

La sovranità, e perfino l’identità di un popolo, dipende, oggi,  da quanto essa riesce a condizionare almeno una porzione del complesso informatico-militare mondiale: l’”indipendenza tecnologica”.

L’indipendentismo tecnologico è la Cina

3.”Indipendentismo  tecnologico”

Questo strettissimo collegamento fra geopolitica e nuove tecnologie sta permettendo di comprendere correttamente il peso da attribuirsi alla “sovranità tecnologica” di ciascun Paese, di fatto un elemento centrale della geopolitica nel XX° secolo. Che altro erano stati, infatti, la Centrale “Dnieprostroi”,  costruita  dalla general Electric nella Russia staliniana, là dove si sta combattendo ancor oggi, quale parte integrante delle politiche di colcosizzazione e dello Holodomor; o “le armi segrete di Hitler”; il “Progetto Manhattan”; Enigma e il Biuro Cyfry polacco che l’aveva decifrato; il Bletchley Park inglese dove lavorava Turing ; le Conferenze Macy; i programmi spaziali sovietico e americano; il computer, la rete; OKO; Echelon; Prism; i social network?

Tutti avevano, e hanno, fatto sforzi inauditi per disporre delle tecnologie più sofisticate, e, di conseguenza, delle armi più sofisticate.

All’inizio del XXI° Secolo, quest’ elementare realtà, ben nota a tutti, sembrava dimenticata sotto la retorica dell’“Ideologia Californiana”, secondo cui, essendo noi oramai pervenuti alla Fine della Storia, quell’inesorabile millenario collegamento fra tecnologia e guerra sarebbe ormai venuto meno, perché la globalizzazione occidentale avrebbe cancellato l’alterità fra le idee e i popoli, e quindi la ragion d’essere di ogni tipo di conflitto. Di conseguenza, nessuna discriminazione in base alla nazionalità delle imprese. Cosa per altro applicata in pochissimi luoghi; meno che mai negli USA, dove ogni rapporto con l’estero è stato da sempre soggetto a penetranti controlli militari (Trading with the Enemy Act, Cocom, SFIU). Ho avuto modo di constatarlo personalmente nella mia attività lavorativa, in occasione di rapporti di affari e di collaborazione tecnologica con imprese americane. In pratica,l’America voleva che tutti liberalizzassero le loro economie, mentre essa ha praticato sistematicamente il “Keynesismo militare”, grazie al quale, attraverso il complesso buroocratico-militare, essa controlla l’economia mondiale.

Il dogma della “neutralità degli affari” aveva comunque incominciato a traballare con le rivelazioni di Echelon, Wikileaks e Prism, che dimostravano che l’informazione (militare, ma anche tecnologica ed economica) è sempre stata, ed è diventata sempre più, una fondamentale fonte di potere.  Ciò aveva legittimato, almeno in alcuni Paesi, come la Cina, la ricerca di tecnologie autonome, per minimizzare il controllo del sistema digitale americano, esercitato, tanto direttamente, quanto attraverso i GAFAM; questo sia in senso passivo (vale a dire ostacolando l’immissione di contenuti ostili –“Great Chinese Firewall”-), sia in forma attiva, favorendo un’industria nazionale del web (BATX), e, dopo, tutte le nuove tecnologie.

L’Economist ha pubblicato anche (“The Techno-Independence movement”, pag.52) i risultati di un’indagine su sei aree tecnologiche cinesi, fra cui vaccini, editing genetico, aerospaziale e microprocessori. Secondo la rivista inglese controllata dalla Famiglia Elkann, con una partecipazione minoritaria  dei Rothschild, naturalmente, la Cina, anziché ricercare l’indipendenza tecnologica, spendendo un sacco di soldi, farebbe meglio a risparmiare, e accontentarsi di fare da follower delle multinazionali americane.

Peccato che un altro articolo dello stesso giornale (“The Free Rider Continent”, a pag. 26) smentisca totalmente quest’ affermazione, mostrando in concreto come l’Europa, con la sua accettazione (se non “scelta”) di essere sempre un “follower” degli Stati Uniti, si sia ridotta molto male (l’Economist, alla fine,  sembrerebbe compiacersene).

Scrocconi e straccioni

4.“Un continente di scrocconi”

L’espressione “free-riders” (“scrocconi”), per designare gli Europei. era stata coniata da Trump. Secondo il Presidente, gli Europei sarebbero stati degli “scrocconi” perché, spendendo molto meno degli Americani per la difesa, godrebbero egualmente dei “benefici” di quella americana. Affermazione che potrebbe avere un senso solo se si ammettesse che (i) gli Europei non stiano spendendo nulla per la loro difesa (ii) abbiano eternamente bisogno di essere difesi da qualcuno (iii) che, grazie all’appartenenza alla sfera americana, gli Europei abbiano raggiunto risultati (almeno economici) apprezzabili.

Il che è quanto meno discutibile, e parzialmente negata nello stesso articolo.

Gli Europei spendono per la difesa almeno il doppio dei Russi, ma, proprio a causa del loro inserimento nella NATO, non raggiungono neppure una minima percentuale dell’efficienza dell’Armata Russa. In effetti, non hanno un’intelligence all’altezza di quelle delle Grandi Potenze e hanno una force de frappe modesta e senza condivisione a livello europeo. Soprattutto, non hanno una cultura e una dottrina militare comuni, utilizzando sempre e solo, di riflesso, quelle americane. Di conseguenza, non possono usare i loro eserciti, né come “prolungamento con altri mezzi della politica” (perché lo sono di quella americana), né  per il “Trickle down effect” sull’economia, perché non hanno mai prodotti innovativi, e, quando li hanno, questi sono copiati dagli Americani.

Secondo l’Economist, a questa situazione nel settore militare si aggiungono  situazioni simili nell’ ecologia e nelle nuove tecnologie. Gli Europei sarebbero convinti che, tanto, imitando gli Stati Uniti, si ottengono gli stessi risultati senza tanto sforzo. Cosa, anche questa, che avevo avuto modo di verificare io stesso con due indagini molto mirate nel Gruppo FIAT.

Dice giustamente l’Economist che, con questa politica, dopo tanti decenni, l’Europa non ha ancora raggiunto gli Stati Uniti (e, aggiungiamo noi, mentre la Cina sì). Infatti, sul breve periodo si possono conseguire risultati relativamente buoni (come durante le “Trente Glorieuses” dedicate alla ricostruzione), ma, a lungo termine, si tratta di una svendita del Paese ai Poteri Forti e ai concorrenti da essi controllati.

Secondo l’Economist, tutto ciò sarebbe dovuto al fatto che gli Americani lavorerebbero di più (anche 12 ore al giorno), mentre gli Europei “lavorerebbero solo 35 ore alla settimana e andrebbero in pensione giovani”. Stupisce che l’Economist sia così disinformato. In realtà,  come ben noto, da molto tempo, gli Europei in sostanza  non lavorano proprio, perché gli Americani hanno spostato tutte le posizioni lavorative interessanti (intellettuali, supermanagers, professionisti, tecnici) negli Stati Uniti, lasciando in Europa solo delle succursali che sono state progressivamente svuotate (es.p.es: Chrysler, Whirlpool…), sicché ci sono sempre meno offerte di lavoro, e, quelle poche che ci sono, sono dequalificanti. E, infine, quei pochi che lavorano (o che hanno lavorato) veramente, sono stati capacissimi, per difendere le nostre imprese contro la rapacità dei concorrenti internazionali, di lavorare perfino di notte, nei week-end e nelle ferie. Parlo anche qua per esperienza personale.

Coloro che, come la Famiglia Olivetti, avrebbero voluto creare in Europa aziende di avanguardia, le quali ci avrebbero permesso di eccellere in tutti i campi, a cominciare proprio dal militare, sono stati da tempo boicottati e bloccati. Sono sopravvissuti solo imprenditori antinazionali e antieuropei, che hanno trasferito altrove buona parte delle loro ricchezze, depauperando così ulteriormente l’Europa.

Finalmente, l’Economist dice qualcosa di vero a proposito del ritiro dell’Afghanistan e della guerra in Ucraina, vale a dire che essi hanno costituito una sorta di richiamo all’ordine per gli Europei, perchè qualcosa andrebbe comunque fatto  nel senso di una maggiore assertività. Tuttavia, conclude l’articolista, nell’ insieme, perfino questi fatti avrebbero dimostrato cheè più comodo e sicuro ricompattarsi dietro all’ America, senza pretendere di raggiungerla o di superarla.

Per stabilire se ciò sia vero, bisognerà vedere come andrà a finire il braccio di ferro fra Est e Ovest in Ucraina.

La dittatura dei virologi

5.Epistemocrazia

Donatella di Cesare critica giustamente su La Stampa l’impostazione  “superficiale e sviante” che i media mainstream stanno dando alla crisi ucraina (“scontro fra democrazie occidentali e autocrazia”), invocando una voce dell’Europa meno fanatica e più vicina a quella che è la visione filosofica dell’ Europa, e dunque di alto profilo. Tuttavia, in un altro articolo, questa volta sulla “La Repubblica” di Domenica, se la prende anche contro la tendenza del Governo Draghi verso l’’”epistemocrazia”, senza però andare a fondo della questione.

Si tratta in ambo i casi di due tendenze fanatiche e intolleranti, che è giusto stigmatizzare entrambe come fa Di Cesare. L’esaltazione irrazionale della “funzione di guida” della medicina sulla società ha raggiunto livelli grotteschi, con i virologi promossi a guide spirituali del Paese e “la Scienza” esaltata come l’unica vera religione. Questo fanatismo è un inequivoco avatar della “Religione della Scienza” dei Positivisti, che porta, come nel Socialismo Reale, verso la dittatura dell’unica ideologia “scientifica”, e un preludio della trasformazione degli uomini in Cyborg, secondo le aspirazioni di Musk e della NATO. Anche sotto questo punto di vista, essa ha un carattere totalitario, che ricorda la logica della “Distruzione della Regione” di Lukàcs, e la sua “Reductio ad Hitlerum”, giustamente citata da Di Cesare a proposito dell’orgia di russofobia in corso.

Eppure, non si può negare che l’”epistemocrazia”, o “epistocrazia” (Zhang Weiwei, Daniel A.Bell), stia prendendo piede in tutto il mondo, e che questa sia la causa prima della crescente centralizzazione di tutti i sistemi politici, nazionali e internazionali che tutti denunciano come “deficit di democrazia”, senza però comprenderne le cause.

Con l’arrivo della globalizzazione alla sua fase finale, in cui gli organismi direttivi dei continenti e dei subcontinenti debbono decidere in ogni istate su questioni complessissime e vitali (dall’intelligenza artificiale, alle pandemie,  all’equilibrio del terrore), rese più difficili dalle rivalità reciproche, è una mera illusione che i singoli cittadini possano avere qualcosa da dire sui massimi problemi del mondo, indipendentemente dalla forma di rappresentanza adottata, visto che non sanno neppure che cosa siano gli algoritmi, i virus e la Mutua Distruzione Assicurata). Sarebbe già una grande vittoria se almeno i vertici politici  e l’intelligencija fossero liberi dai diktat del Complesso Informatico-Militare.

Di qui l’”outsourcing” d’intere politiche alle multinazionali, la presa del potere da parte delle “burocrazie non elette” , il commissariamento d’interi Stati, i presidenti a vita, il potere militare…(il cosiddetto “deficit di democrazia”).

Quest’impotenza dei leaders perfino di una perfetta federazione mondiale del futuro è descritta magistralmente nella novella di Asimov, “Una decisione inevitabile”, in cui gli unici che possono decidere veramente qualcosa importanti restano i robot.

Il problema, a nostro avviso, è quindi l’opposto: perfino l’”epistocrazia” denunziata da Di Cesare (nello specifico, la dittatura dei virologi), è ancora troppo lontana dalla comprensione dei veri problemi generali (p.es., il controllo sui robot, la conquista dello lo spazio, la gestione della rete, Est e Ovest…). Tutto ciò richiederebbe, sì, delle grandi competenze, ma di un livello ben più elevato. Sopra i virologi, i “medici” a tutto tondo (come Ippocrate), e sopra i medici, gli “scienziati universali”. Sopra gli scienziati, poi, ancora i politici, e, come scrive giustamente Di Cesare, i filosofi.

Perché, come scrive arditamente Di Cesare,  “l’Europa è filosofia”, e solo con la filosofia si potrà decidere che cosa sia  l’Europa. Ma anche (e soprattutto) fuori dell’ Europa, stanno riprendendo forza (in Paesi che il “mainstream” depreca) ceti di  “politici-filosofi”, dotati di competenze generalistiche, come i “fuqaha” sci’iti (i giuristi islamici: in Iran “Vilayet-i-Faqih”, il “Governo del Giureconsulto”), o i membri del PCC, che rinverdiscono le glorie degli antichi “Ru” (“Mandarini”).

In ogni caso, tutte le classi dirigenti attuali in Occidente sono insufficienti a gestire la transizione digitale, e, se si vuole che l’Europa non diventi un mostro sottosviluppato,  militarizzato e anti-umano, occorre intraprendere un lungo cammino di pensiero e di azione. Incominciando dal distinguere fra l’”epistocrazia”, propria  del Re Filosofo,  e la “tecnocrazia” dell’ Intelligenza Artificiale e delle Banche Centrali.

Solo dopo, e grazie a, questo passaggio, si potrà agire politicamente per i sacrosanti obiettivi illustrati da Di Cesare, come evitare di “Perdere la Russia”, e, con ciò, aggiungiamo noi, l’Europa e l’Umanità stessa (Trubeckoj, L’Europa e l’U,anità).

L’Unione Europea ha paura di due siti?

6.La tirannide digitale

L’ambiente tecnologico in cui viviamo incide anche sulle modalità con cui la guerra, e, in particolare, la guerra informatica, viene condotta. Contrariamente, per esempio, alla Guerre del Golfo, ampiamente spettacolarizzate, la guerra in Ucraina viene condotta sostanzialmente fuori della portata delle telecamere (e degli smartphones). Il grosso dei combattimenti avviene in  steppe desolate. Le città vengono giustamente  evitate per non fare vittime. Esistono da subito corridoi umanitari per permettere l’evacuazione degli abitanti, ma questo rende la guerra ancor meno spettacolare. Quanto alla guerra aerea, essa è finita relativamente presto.

In questo contesto, le dichiarazioni ufficiali (che avranno un effetto pratico, semmai, con molto ritardo), e la censura militare e ideologica, restano le due cose a prima vista più evidenti. Molto difficile è capire che cosa realmente accada sul terreno, perché ambo i contendenti hanno interesse a minimizzare i fatti.

Inoltre, l’Occidente, e, in particolare, l’Europa, si distinguono per la loro faziosità. Si è partiti già da uno “zoccolo” molto importante di leggi liberticide, come quelle memoriali, i reati di opinione, il blocco automatico delle cosiddette “fake news”, la censura elettronica della “fact-checking”, il divieto dei “contenuti d’odio”;  a cui si aggiungono oggi vere e propri divieti della libertà di stampa, come il bando delle catene televisive Sputnik e RT, colpevoli di essere controllate dalla Russia, e, per ciò stesso, di “diffondere le bugie di Putin”(von der Leyen).

E a chi la Unione Europea ha “affidato” il compito di attuare il bando? Alla Google, che non se l’è fatto dire due volte. Alla Google è stato affidato il compito che oggi in Cina viene svolto dal “Great Chinese Firewall” (quello della censura). Allora si capisce perché i Cinesi abbiano fatto di tutto per non avere più Google fra di loro.

Nei momenti più caldi della Guerra fredda era stato tuttavia sempre possibile, nelle grandi metropoli,  acquistare la Pravda, il Renmin Zhibao, al-Mujahid, Fuerza Nueva, ecc… (senza contare i giornali “sovversivi” italiani, come “Potere Operaio”, “Lotta Continua”, “Ordine Nuovo”, “Nuova Repubblica” e “l’Orologio”). Oggi, invece, è perfino vietato seguire i canali russi. Ma di che cosa hanno paura i nostri governanti? Hanno veramente “la coda di paglia”.

Certo, queste inedite forme di censura mediatica si sposano con una più generale  imposizione della “correttezza politica” in ogni forma di espressione. Per esempio, sono state passate praticamente sotto silenzio notizie esplosive come quella secondo cui l’Associazione Nazionale Partigiani d’ Italia ha organizzato una manifestazione contro la guerra in cui ne ha attribuito la responsabilità alla NATO. Infine, “last but not least”, il sindaco di Milano, Sala, ha bellamente licenziato il direttore d’orchestra russo Valerij Gergiev, che doveva dirigere, alla Scala, l’opera russa “Pikovaja Dama” di Caikovskij, con l’incredibile motivazione che si era rifiutato di esprimere una condanna dell’intervento russo in Ucraina.

La cosa invece oggi non suscita nessuno stupore, perché, nel contempo, sono stati annullati anche i suoi concerti da qui alla prossima estate in tutti i Paesi occidentali. I teatri dell’ opera sono competenti ad adottare sanzioni militari? Un musicista non può più lavorare se non accetta di essere anche un agit-prop? Neppure i vecchi regimi totalitari pretendevano tanto.

Gergiev, è in pericolo anche di perdere diverse posizioni-chiave, tra cui il podio a Monaco di Baviera e la sua posizione di direttore onorario della Rotterdam Philharmonic Orchestra. non dirigerà più i Wiener Philharmoniker nella tournée negli Usa che vede l’orchestra viennese in programma alla Carnagie Hall di New York per tre date. Anche il sindaco di Monaco di Baviera, Dieter Reiter, ha lanciato un ultimatum, affermando che Gergiev deve condannare la “brutale guerra aggressiva contro l’Ucraina” di Putin prima di lunedì prossimo o sarà espulso dall’orchestra, tre anni prima della scadenza del suo contratto. Un avvertimento simile minaccia di cancellare il “Festival Gergiev” in programma per settembre.

La cantante Anna Netrebko, per protesta contro il trattamento riservato a Gergjev, non verrà alla Scala, dichiarando: “Non verro”, scrive. Le ragioni le aveva già spiegate il giorno prima precisando: “Non è giusto costringere un’artista a dare voce alle proprie opinioni politiche e a denunciare la sua patria”.

Invece, in Russia, gli oppositori, pochi o tani che siano, possono esprimere il loro dissenso dalla guerra. Il titolo scelto per la prima pagina della Novaja Gazeta  è stato «La Russia bombarda l’Ucraina», ei sottotitolo «Novaja Gazeta considera la guerra una follia, non vede il popolo ucraino come un nemico e la lingua ucraina”.

L’ultimo esercito europeo che s’è visto è quello del Principe Eugenio e Sobieski

7.Ora, tutti vogliono la Politica Estera e di Difesa Europea.

Come noto, il primo progetto di eserecito europeo era stato elaborato fin dal 1950 (5 anni dopo la fine della IIa Guerra Mondiale),  per poter integrare truppe tedesche nella difesa americana contro il nascente Patto di Varsavia, secondo quella che era stato addirittura una speranza di alcuni gerarchi tedeschi negli ultimi giorni del Reich. Per raggiungere questo fine, venne ideato da Jean Monnet (e poi presentato da René Pleven, primo ministro, e quindi detto “Piano Pleven” il progetto di  un esercito europeo da comporsi di sei divisioni, sotto il comando della NATO e gestito da un ministro europeo della difesa, con annesse istituzioni (sostanzialmente ricalcanti quelle della CECA),se vogliamo, sul modello (ma in formato ridotto) delle Waffen SS estere (create fuori della Wehrmacht e delle “vere” SS),  le cui 58 “legioni” erano state in gran parte appena sciolte a causa della sconfitta della Germania (ma alcune combatteranno ancora per anni sotto la denominazione di “Fratelli della Foresta”, in particolare quelle baltiche:  20. Waffen-Grenadier-Division der SS e   Legione Lettone). Come si vede, su 38  legioni di Waffen, circa una ventina non erano tedesche. E non erano neppure una cosa così lontana dall’oggi, perché, per esempio, il Batalion Azov, formazione paramilitare integrata nell’ esercito ucraino, ha esattamente lo stesso simbolo della 34 divisione SS, quella olandese, “Landstorm Nederland” (mentre il simbolo dell’ Euro è lo stesso della Divisione “Estland”) In seguito alla desegretazione della CIA, è stato reso accessibile il fascicolo  “Die national-ukrainische Widerstandssbewegung” or “Ukrainian national resistance.”, dove si vede che fra questi alleati della CIA c’era l’Unione degli Ucraini, ancora attiva sulla scena politica ucraina. Come si vede, l’idea di Putin. Di “de-nazificare l’ Ucraina” ha anche una qualche base storica fattuale.

Come le Waffen SS, così l’esercito europeo sarebbe stato subordinato a un esercito straniero (in questo caso, quello americano), e non avrebbe avuto, né marina, né aviazione, né intelligence. Pura carne da cannone. Come si può pensare che quello potrebbe costituire il modello per un esercito europeo del XXI° secolo?

Nel XXI° secolo, un vero esercito presuppone un potere politico sovraordinato (un governo con pieni poteri decisionali), un comando unificato (anche dell’arma spaziale e nucleare), un’intelligence, una cultura militare comune, un apparato di armamenti condiviso, una suddivisione funzionale e geografica, un’industria militare, un’interfaccia con i civili.

Alcune di queste cose (Governo, cultura condivisa) oggi proprio non esistono, e vanno create da zero. La Conferenza Internazionale dovrebbe creare le condizioni esterne della sua possibilità (per esempio con un percorso concordato per il ritiro degli Americani e per la messa sotto controllo europeo della “Force de Frappe”). Abbiamo già detto altre volte che, essendo l’Europa una “multi-level governance”, prima di modificare i Trattati dell’ Unione, occorrerà rivedere tutto ciò che sta loro intorno.

Riusciremo a riportare gli Europei su un piede di serietà?

8. La posizione del Movimento Europeo (Bruxelles, 28 febbraio 2022)

Che la conferenza sul futuro dell’Europa si stia chiudendo, come ha detto Mattarella, in un modo “grigio”, senza avere affrontato nessuno dei temi veramente importanti (quali quelli di cui parliamo qui), è, non soltanto, sotto gli occhi di tutti, bensì, ormai, addirittura un’ovvietà. Perciò, giustamente il Movimento si preoccupa che l’Unione si occupi di cose più serie, e, in particolare, del mantenimento della pace, che sarebbe stato l’obiettivo originario di Coudenhove Kalergi, di Spinelli e di Monnet, ma, di fatto, è stato completamente abbandonato a vantaggio di temi originariamente nemmeno previsti.

Il Movimento insiste perciò su “una Conferenza europea sulla sicurezza e sulla pace sotto l’egida dell’OSCE e delle Nazioni Unite ripartendo dagli accordi di Helsinki con l’obiettivo di sottoscrivere un trattato internazionale fra tutti gli attori coinvolti sul continente europeo superando l’azione in ordine sparso dei paesi europei e il quadro ristretto che portò Francia, Germania, Russia e Ucraina nel febbraio 2015 alla sottoscrizione dei ‘secondi accordi di Minsk’ che non sono mai stati rispettati e applicati dall’Ucraina e dalla Russia.”

Come scritto in precedenza, quest’obiettivo, giusto e realistico ( dato anche che i negoziati fra Russia e Ucraina sono già perfino in corso ai confini della Bielorussia), è insufficiente.

Proprio perché, tanto i Russi, quanto gli Europei Occidentali, considerano la guerra in corso come un momento storico di svolta (anche se in direzioni opposte), occorre oggi più che mai una profonda e coraggiosa riflessione degli Europei“tous les azimuts”, quale quella che stiamo promuovendo da 15 anni, per concentrarci sulle cose che veramente contano. Se questo si facesse, si riuscirebbe a comprendere su quali punti di base sarebbe possibile trovare un accordo, e, da questi, discendere alla soluzione delle questioni che sembrano oggi impossibili, riuscendo a trovare un punto di collegamento fra le attuali posizioni, che sembrano inconciliabili semplicemente perché si riallacciano a concetti obsoleti, ignorando le questioni essenziali dell’oggi.

In particolare, il risultato della Conferenza  sull’ Ucraina invocata dal  Movimento dovrebbe collegarsi con un’altra proposta del Movimento Europeo stesso, sulla Politica Estera e di Difesa Comune, che, per i motivi sopra elencati, non può essere sostanzialmente ancora quella della CED.Contestualmente, la Commissione europea deve aprire una riflessione sulle priorità del Next Generation EU, nato per far fronte all’emergenza della pandemia, finalizzato alla transizione ecologica e digitale e chiamato ora ad affrontare nuove e probabilmente più pesanti responsabilità.

Ma, ancora più urgentemente , ci dovrà essere una riflessione approfondita sulla guerra nell’ era delle macchine intelligenti e sulla loro messa sotto controllo, prima di trasformarci tutti in mutanti.

IL FUTURO DELLA “GRANDE EUROPA” DOPO L’INTERVENTO RUSSO IN UCRAINA

Commento agli articoli di Massimo Cacciari (La Repubblica della Domenica del 20 febbraio 2022), di Ezio Mauro “Il fronte dell’ Est”(La Repubblica del 21 febbraio) e di Silvia Ronchey (“La Repubblica” del 24 febbraio).

La situazione sul campo oggi

La crisi in corso fra Russia e NATO dimostra che l’attuale approccio alla geopolitica non è in grado di risolvere i problemi emergenti, sì che si rende urgente la ricerca, da noi sempre perseguita, di approcci nuovi.

Contrariamente a quanto avvenuto fino al 1991 con gli Stati Uniti e con l’Unione Sovietica, che pretendevano entrambi di essere i Paesi Guida nella marcia universale verso il Progresso, ed in base a questo vivevano la loro “Coesistenza Pacifica” che bloccava lo sviluppo intellettuale del mondo, un nuovo patto mondiale   nell’ era della transizione digitale potrebbe, e dovrebbe, essere organizzato su base paritaria fra le diverse aree del mondo (il vero “multilateralismo”). Trattandosi infatti essenzialmente di una battaglia culturale nell’ interesse prioritario comune, per vincerla ci sarà senz’altro bisogno di tutte le energie intellettuali e morali del mondo intero, al di là degli attuali conflitti.

Paradossalmente,  quello in corso intorno all’ Ucraina, riportando un po’ più di equilibrio tra l’ Occidente e il resto del mondo, potrebbe essere prodromico, se ci impegniamo tutti energicamente, a questo nuovo patto, come tentiamo di illustrare qui di seguito.

E, di fatto, tutte le grandi aree del mondo hanno al loro interno energie che, se adeguatamente orientate, possono contribuire a superare questa drammatica fase della storia:

-gli Stati Uniti posseggono una cultura digitale impareggiabile, e sono il Paese in cui il problema è più sentito. Inoltre, il fatto che siano così forti, nel Paese, correnti (seppure reciprocamente escludentisi) così attive nella critica alle tradizioni modernistiche del Paese (movimenti “woke” e suprematisti bianchi), fa sperare ch’ essi non restino per sempre così passivi come oggi nella resistenza ai GAFAM, e che si affermino anche e soprattutto  lì politiche fortemente ostili agli sviluppi in corso, fino al crollo dell’ egemonia dei GAFAM;

l’India, in quanto Paese che ha inventato gran parte delle matematiche, nonché molte idee che sottostanno alla transizione digitale, ha (soprattutto attraverso i Bramini del Tamil Nadu, primo fra i quali Sundar Pichai) una competenza tecnica e culturale generale, che le permette di raggiungere ai massimi livelli nei GAFAM, pure restando fedele (almeno a quanto si dice), alle pratiche religiose ed etiche dell’induismo;

la Cina, nella sua generale ed efficace resistenza al tentativo di omologazione mondiale, costituisce oggi la forza trainante contro l’egemonia mondiale dell’“Impero Nascosto” americano (Immerwahr), o “Impero Sconosciuto”( Laudato sì);

-l’ Europa pretenderebbe di stare dando il contributo più determinante  alla creazione di un’”Intelligenza Artificiale Umanocentrica”. Obiettivo lodevole, ma, in precedenti post, abbiamo dimostrato che ancora non si è fatto nulla di serio in questa direzione.

Ora, con la sua risoluta azione per la riscrittura delle regole del sistema internazionale, la Russia si è inserita prepotentemente fra i leaders mondiali. Come scriveva bene Ezio Mauro nel suo articolo del 21, la Russia sta rivendicando “una preminenza culturale, o, addirittura… un destino della storia”.

Che questo non sia una vana affermazione è dimostrato dalla vicenda del Donbass. La determinazione della Russia dimostra che, alla base, vi è una radicale scelta identitaria, che Silvia Ronchey riconduce giustamente a Bisanzio, ma, a mio avviso, dovrebbe andare ancora indietro nel tempo, come illustrato nei successivi paragrafi.

Scriveva ancora Mauro: “il nuovo ordine ha bisogno di una nuova gerarchia di valori”. Orbene, secondo i fautori del nuovo corso,  “Per milioni di persone – ha aggiunto – i valori della tradizione sono più stabili e più importanti  di questa concezione liberale che sta morendo”.Tuttavia, una visione del mondo capace di attualizzare le tradizioni dell’ Epoca Assiale nell’ Era delle Macchine Intelligenti ancora non si vede, né, tanto meno, la stessa Russia ha tentato di articolarla.

I reperti della prima civiltà “Yamnaya” (Proto-Indo-Europei) sono stati trovati in Russia, nell’ Oblast di Samara, fra il Volga e il Don, a pochi chilometri dal Donbass

1.”Democrazia” vs. “Liberalismo” e “oclocrazia”

I commentatori occidentali sbagliano, come sempre,  a ridurre  la dialettica centrale della geopolitica attuale alla contrapposizione “di stile” fra “democrazia” e “autocrazie”, quando il tema centrale è il rapporto fra uomo e nuove tecnologie.

Non che quella distinzione non abbia un qualche aspetto credibile, ma, certo, non solo non è quella dirimente,  ma neppure è concettualmente significativa. Non è da essa che si può partire per individuare le priorità del mondo.

Come già scritto, proprio il  termine “democrazia” è stato  da sempre espressione di una fondamentale ipocrisia: in quella tradizione “mainstream” che parte dalla Grecia e arriva ai GAFAM, l’esaltazione del ruolo della  maggioranza ha celato da sempre una prassi oligarchica, mascherata dalla retorica ufficiale (la “Democrazia dei Signori” di Luciano Canfora). Basti pensare allo schiavismo degli Ateniesi, al genocidio dei Meli, alle motivazioni della Dichiarazione d’Indipendenza americana, al “Trail of Tears”

Inoltre, fino alle Rivoluzioni Atlantiche (XVIII-XIX Secolo), nella dottrina politologica, “democrazia” aveva designato sempre e soltanto un regime degenerato, governato dalla plebaglia (l’“oclocrazia” dei Greci), imposto dai Persiani alle città della Ionia – quello che oggi viene chiamato “populismo”-. La forma corretta di governo, per Platone e Aristotele, era invece quella della “patrios politeia” (la “Repubblica”), un regime cetuale misto.Unica -ma solo apparente-, eccezione a questa damnatio memoriae, il discorso attribuito da Tucidide a Pericle per la commemorazione dei morti nelle Guerre Peloponneso, in cui il “Protos Anér” (principe)affermava che gli Ateniesi “chiamano” il loro regime “democrazia”, implicando così che si tratta di un nome ingannatore, visto, appunto, che il potere viene esercitato da “un uomo solo al comando”. In ogni caso, questo regime sarebbe stato presto abbattuto dai “Trenta Tiranni”.

Tocqueville, che, con la sua opera “La Democrazia in America” aveva rimesso in circolo il termine, apprezzava molto di più l’”antica costituzione europea”, vale a dire il regime cetuale dell’Ancien Régime quale descritto da Montesquieu, e corrispondente alla “Patrios Politeia” di Platone. In questi stessi anni, fra le due Americhe e alcuni Paesi europei si muoveva, con lo slogan della “democrazia” un vasto ambiente di cospiratori “repubblicani”(p.es., Mazzini e Garibaldi) accomunati, più che da un’ideologia precisa, dal reducismo dalle guerre napoleoniche (Bonvini,  Risorgimenti italiani e lotte internazionali per la libertà).

In buona parte d’Europa, di “democrazia” in senso moderno, per un motivo o per l’altro, si è cominciato a parlare solo dopo la vittoria americana del 1945, perchè il Continente era stato diviso, fino ad allora,  fra aristocrazie onnipervasive, come quelle inglese, polacca e ungherese, repubbliche plutocratiche, come quelle francese e svizzera, e dittature di destra e di sinistra.

L’attuale ibrido sistema chiamato  “democrazia” o “democrazia liberale” non ha nulla a che fare con il “liberalismo” ottocentesco. Intanto, seguendo la terminologia americana, “liberale” è diventato sinonimo di “egualitario”, “omologatore”, perdendo del tutto il significato originario di difesa delle differenze contro le imposizioni, sia del potere, che della massa, e identificandosi invece con il determinismo storico e il conformismo. Questa denominazione “omnibus” serve soltanto a caratterizzare in senso positivo coloro che sono allineati all’ agenda del livellamento tecnocratico a guida americana, e a demonizzare tutti gli altri.

I regimi instaurati nel 1945 sotto l’influenza americana in parte dell’Europa Occidentale (con l’esclusione dei Paesi iberici e del Sud-Est), furono chiamati piuttosto “partitocrazie”, perché i ricostituiti partiti esercitavano di fatto collettivamente quella funzione di chiusura al dibattito politico (la “Serrata del Gran Consiglio”), prima esercitata dal fascismo con le sue diverse correnti (che infatti si sono tutte praticamente riproposte nei “partiti democratici” : i fascisti di sinistra nel PCI -Ingrao, Pajetta, Napolitano-; i legionari fiumani nel sindacalismo -de Ambris-;  i clerico-fascisti, nella DC-Fanfani-; i fascisti repubblicani nel MSI-Almirante-……).

“Last but not least”, il ruolo degli Stati Uniti quale Paese-guida dell’ Europa Occidentale, esclude la possibilità che i Paesi Europei potessero scegliere autonomamente i loro orientamenti culturali, la loro collocazione internazionale, la loro forma costituzionale, la loro organizzazione economica, le loro politiche governative…,come dimostrano i casi delle  centinaia di basi militari in Europa  a 77 anni dalla guerra, di Gladio, della messa fuori legge del BdJ, dei moltissimi “cadaveri eccellenti”, delle Extraordinary Renditions, nonché l’impossibilità di venire a capo delle organizzazioni segrete, criminali e settarie con agganci oltre Oceano che dopo Ottant’anni riemergono periodicamente (Caso Banco Ambrosiano, Gelli, “Loggia Ungheria”, Mafia, Camorra, Ndrangheta, Sacra Corona Unita…).Nel XXI secolo, questi  superfluità e mendacio dei meccanismi cosiddetti “democratici” europei sono stati esaltati dal sovrapporsi, al preesistente attuale controllo ideologico, militare, poliziesco ed economico, di quello digitale (Echelon, Wikileaks, Prism..), rivelandosi così essi sempre più come una semplice copertura del piano inclinato verso la Singolarità Tecnologica pilotata dai GAFAM.

Tutto ciò concorre a configurare un regime ipocrita, il cui la vera linea di comando passa dai GAFAM, all’ Intelligenze, alla diplomazia, alla NATO, e in cui s’ impongono, come ossequi obbligatori, i mantra del “newspeak”: egualitarismo, politically correct, antirazzismo, vere “armi di distrazione di massa” contro la legittima rabbia  per l’eterodirezione da parte del Complesso Informatico-Militare occidentale.

I Protobulgari provenivano dalla Ciscaucasia e dal DonbassI

2.Autocrazia, sovranità, epistocrazia, teocrazia, aristocrazia.

L’espressione “autocrazia” può forse essere accettabile per definire la Russia, che ha ereditato, tramite la Translatio Imperii,  da Bisanzio , il concetto di “autokratia” (che significa “sovranità”, “indipendenza”-“Samoderzhavlje”-,cfr. Ronchey). Essosignifica che il potere, sul proprio territorio, non è soggetto a potestà terze, né civili, né religiose (“Russia Sovrana”). Con l’avvertenza che, anche in questi limiti, la Russia di oggi è comunque una democrazia rappresentativa -anzi, più rappresentativa di quelle occidentali, perché c’è una reale competizione fra molti partiti, e soprattutto nessuna ingerenza da parte delle lobby occidentali.-

Invece, il termine “autocrazia” non si adatta bene a tanti altri Paesi, come la Cina, l’Islam e la Repubblica Polacca, che hanno diversissime tradizioni culturali.

La Cina non ha un problema di “sovranità”, bensì di centralità (Zhong Guo=Paese di Mezzo). Essendo stata da sempre il Paese più antico, più grande e più avanzato del mondo (Zhong Guo), essa ha da sempre attirato in modo spontaneo verso di sé l’interesse di uomini ed energie da ,moltissimi altri Paesi (da Bodhidharma a Chinggis Khan, da Marco Polo a Matteo Ricci, dall’ambasciatore Mcartney a Leibniz, da Voltaire a Jung, da Malraux a Pound), e l’ Imperatore, “Figlio del Cielo”, assegnava annualmente gli obiettivi e i compiti a uomini e dei. La “sovranità” dell’ Imperatore era più che altro un fattore culturale (egli era soprattutto un grande sacerdote e un grande intellettuale).Sotto di lui, pochi (relativamente alle dimensioni del Paese) “letterati”, che incarnavano l’ordine morale confuciano e lo applicavano alla gestione del Paese (l’”epistocrazia” di cui parlano Daniel A.Bell e Zhang Weiwei. Nulla di arbitrario, né di forzato, ché, anzi, i Confuciani aborrivano i sistemi coercitivi propugnati dai “Legisti”. Oggi, la Cina è all’ avanguardia nella legislazione per la protezione dei cittadini dagli abusi delle piattaforme digitali.

Nell’ Islam, la sovranità (“Hakimiyya”)è di Dio. I leaders politici possono solo sforzarsi di interpretare la volontà di Dio espressa dalle Sacre Scritture, ma senza mai raggiungere la perfezione. Però, l’unità della Umma è impensabile perfino per il Corano, e vi sono assenza di Chiesa e pluralità  di “scuole”. Prevale una continua anarchia (“fitna”). Una democrazia islamica è possibile eccezionalmente  in qualche caso nazionale come l’ autogestione del clero sciita, o come democrazia rappresentativa confessionale della Turchia.

Nell’ Europa Orientale abbiamo repubbliche rappresentative di tipo occidentale,  le quali però sono abitate da cittadini che non condividono totalmente gli orientamenti culturali del “mainstream” europeo occidentale, restando invece fedeli all’ambiente culturale tradizionale delle loro rispettive identità (cattolicesimo, aristocrazia, nazionalismo): come si fa a qualificarli come “democrazie autoritarie”? Essi sono  democrazie rappresentative più propriamente di quelle occidentali, perché non condizionate dall’ esterno, solo che al governo ci sono partiti diversi da quelli occidentali (certo non più “autoritari” dei loro omologhi, anche se con diverse preferenze culturali, religiose o etiche).La “Repubblica Polacca”, che era stata storicamente il più grande Paese d’Europa, era un connubio fra un regno elettivo e una repubblica aristocratica, che aveva anticipato, con le sue costituzioni, quelle dell’ Europa Occidentale.. Lungi dall’ incarnare il dispotismo monarchico, essa era caratterizzata dall’”aurea libertas” dell’ aristocrazia (“Nie rządem Polska Stoi”=La Polonia si regge sull’assenza di governo). 

Oggi, in Europa Centro-Orientale, ad essere contestati non sono i “valori della democrazia”, bensì quel  “sistema di credenze” (la “religione civile dell’ Occidente” di cui parla Ezio Mauro) che, secondo quell’Autore,  l’Unione Europea (o meglio alcune sue élites), si è sforzata di trasformare in regole (i cosiddetti “valori europei”), vale a dire:

-materialismo pratico: ciò che conta è l’economia (o al massimo il benessere), il resto (quelle “vocazioni naturali” e “vincoli metafisici”citati da Mauro) sono delle pure metafore;

-determinismo storico (la “teoria dello sviluppo” di Rostow);

-la transizione di fatto fra Cristianesimo e scientismo (Lessing, Saint-Simon, Comte);

-il livellamento generale (culturale, geopolitico, professionale, cetuale, sessuale, lavorativo);

-l’uso  deviato del termine “Stato di Diritto”, perché semmai i meno rispettosi del diritto sono proprio gli Stati occidentali, che violano le loro stesse leggi (Extraordinary Renditions, Guantanamo, intercettazioni, sentenze Schrems..), mentre tutti i grandi Paesi del mondo funzionano oggi di fatto attraverso un sofisticato meccanismo giuridico, non già (o non solo) attraverso l’arbitrio amministrativo;

-censura generalizzata (reati memoriali e di opinione, fake news, hate speech, cancel culture);

-dipendenza dal Complesso Informatico-Militare;

-buonismo retorico senza basi fattuali.

Non possiamo aspirare ad imporre ad altri questa nostra pretesa “religione civile”, se non altro perché, da un lato, noi non la viviamo veramente,  e, dall’ altro, il resto del mondo ha ben altro da pensare. Ad esempio:

-gli Stati Uniti sono sull’ orlo della guerra civile per un conflitto estremistico fra i valori tribali del Sud del mondo (“Cultura Woke”), il suprematismo bianco della middle class WASP (“European Traditionalism”) e le pretese dittatoriali dei GAFAM (vedi Commissione NSCAI);

-in Cina, il “Socialismo con caratteristiche cinesi”, che s’ ispira, tra l’altro, al conservatorismo confuciano, punta soprattutto a superare le prestazioni economiche dell’America;

-nei Paesi Islamici è in corso un violento confronto fra diverse interpretazioni dell’ Islam Politico: monarchie teocratiche, repubbliche sciite, repubbliche familiste, repubbliche rappresentative ma confessionali, regimi tribali…

Purtroppo, la “religione civile” occidentale di cui parla Mauro impedisce ai propri fedeli di cogliere queste diversità fra le pretese “autocrazie”, perchè essendo, la “democrazia”stessa, un “Dio geloso”, essa considera tutte le alternative a se stessa come “il Male Assoluto”(la “Mosäische Unterscheidung” di Jan Assmann), a cui è vietato perfino pensare nel foro interiore (i sogni del Diavolo di cui è ricca la storia dell’ Inquisizione).

Essa impedisce anche di prendere in considerazione un fatto elementare: nonostante 200 anni di egemonia occidentale, e nonostante l’incredibile apparato bellico, ideologico ed economico americano presente capillarmente nel mondo, il modello occidentale è ancora minoritario, e sta ulteriormente perdendo terreno: “A colpire è questo dato: il 38% della popolazione globale vive in Paesi “Non Free” (una delle tre categorie del Report), la più alta percentuale dal 1997. Nei Paesi “Free” invece abita il 20% delle persone. Il restante è nei Paesi definiti “Partly Free”, (parzialmente liberi). Se una volta i Paesi autoritari erano meno e più isolati, oggi invece hanno capacità di sostenersi reciprocamente per sostenere le pressioni dei Paesi democratici. Un esempio sono le sanzioni, il cui impatto viene così diluito. La conclusione di Freedom House è se i paesi democratici non riusciranno a fare fronte comune, il modello autoritario alla fine prevarrà. —”(rapporto 2022 di Freedom House).

La Rus’ di Kiev è antica quanto il Sacro Romano Impero

3.Radici storiche dell’ arroganza romano-germanica

E’ vero, c’è in Europa una faglia culturale fra Est ed Ovest, che va sanata perché altrimenti lo scontro, già oggi elevato, diverrà insostenible.

Essa c’è sempre stata, perché deriva addirittura dalle quattro grandi componenti etno-culturali del Paleolitico:

-cacciatori-raccoglitori nell’ area alpina e carpatica;

-civiltà megalitiche lungo il fronte atlantico

-agricoltori medio-orientali nei Balcani;

-cultura  “Yamnaya” (dei Kurgan) dalla Russia fino al Mare del Nord.

I popoli di cultura “Yamnaya” hanno portato verso sud la tecnologia del cavallo (Anthony) e il patriarcato (sono gli antenati dei Cosacchi); gli agricoltori medio-orientali hanno costruito i primi villaggi nell’ area anatolica e danubiana (Göbekli Tepe, Çatal Hüyük, Lepenski Vir, Vinča); i popoli megalitici (maltese, nuragico)  hanno introdotto il commercio marittimo.

Attraverso il Mediterraneo, i popoli agricoltori hanno conosciuto le civiltà più antiche , mentre i  discendenti degli “Yamnaya” hanno dato origine alle élites medio-orientali (Hurriti, Mittanni, Hittiti, Micenei, Popoli del Mare).

Dal Mediterraneo sono partite le civiltà greco-romana e cristiana, mentre  dai poli “Yamnaya” si è sviluppato il “Barbaricum” (Germani, Unni, Slavi, Avari, Balti, Bulgari, Magiari. Mongoli). La divisione fra Impero Romano d’Oriente e di Occidente ha portato alla nascita di due diversi Cristianesimi, mentre le eresie ne hanno prodotti altri. Ciascuno dei due imperi ha convertito una parte del Barbaricum (a Occidente, i Goti, i Burgundi, i Visigoti, i Franchi, gli Alemanni, i Bavaresi, i Sassoni, gli Anglo-Sassoni, i Vikinghi, i Magiari); a Oriente: gli Egizi, gli Etiopi, i Caucasici, i Mongoli, i Bulgari, gli Slavi).

Ed è di qui che è partita la distinzione fra l’Est ortodosso e mussulmano e l’Ovest cattolico e protestante: gli uni si sono sviluppati con l’idea della “Symphonia” fra i Impero e Chiesa, gli altri all’interno del conflitto Chiesa-Regno/Impero(Lotta per le Investiture, Thomas-à-Beckett, Jan Nepomuk).

Disintegrazione del Khanato di Crimea

5.Le missioni della Russia e dell’ Ucraina: Oriente e Occidente

L’Occidente ha sdegnato i Bizantini (giungendo fino all’ oltraggio della presa di Costantinopoli) come  pure i Barbari, e l’Oriente ha preferito gli Ottomani ai Latini, mandando a monte la riunificazione con il Concilio di Firenze (con la conseguente Translatio Imperii verso Mosca).

Il “Russia Bashing” è cominciato allora, spargendo false informazioni sulla Moscovia di Ivan il Terribile, per poi continuare dopo la fallita rivolta degli Octiabristi. Ma, nello stesso tempo, sciamavano alla corte dello Zar molti “proto-Europeistidelusi dall’ incapacità della Casa d’Austria di unificare l’ Europa, come tentato da Carlo V e Filippo II (Križanić; Bandeiras, e perfino Leibniz, Herder, De Maistre, von Bader e von Krüdener).

Ivan III e Ivan IV avevano recepito da Zoe (Sofia)  Paleologo la missione escatologica della Terza Roma. Da allora, era nata la contrapposizione fra due versioni della storia della Russia: era nata dai Germani (Vikinghi, consiglieri di Pietro il Grande, Baltici, dinastia Romanov), o dai Mongoli e dai Tartari (l’Eredità di Chingghis Khan)?La polemica  Slavofili-Occidentalisti si riverbera anche sul Congresso Pan-Slavista di Praga,e  sulle opere di Mickiewicz, Tjutčev, Dostojevskij, Herceg, Sienkiewicz, Trubeckoj, Gumilëv.

Secondo Fëdorov, la Russia avrebbe portare a termine il disegno divino della Terza Roma attraverso la conquista dello Spazio e la resurrezione dei morti, studiate poi attentamente dal fondatore dell’ingegneria spaziale, Teodor Ciolkovski. Molto opportunamente, perciò,  Mauro cita l’impresa di Gagarin, degno completamento delle teorie di Fëdorov e di Ciolkovski. La sua navicella spaziale si chiama infatti “Vostòk”, perché il “compito comune”, la “missione” di cui parlava Gagarin con Khruśčëv, è  quella dell’ Oriente misconosciuto e represso dall’ “Arroganza Romano-germanica”(Trubeckoj).

La missione escatologica della Russia si contrapponeva così all’ eccezionalismo americano.

Secondo la teleologia hegeliana, il corso della civiltà andrebbe da Est a Ovest. Alla morte del filosofo, questo corso era giunto, non sorprendentemente, in Germania. Nel frattempo, essendo passati due secoli, avrebbe senso ipotizzare che questo corso sia ancora proseguito verso l’America, e di nuovo l’Eurasia.

Di qui la necessità si stabilire che cosa intendiamo per “Occidente”, e, soprattutto, “Oriente”.

Se “Occidente” è un termine generico, che ha potuto andar bene per le Isole dei Beati, l’ Impero Romano, per l’America e per la NATO, “Oriente” è un termine ancor più vago, applicabile, di volta in volta, ai Persiani, all’ Impero d’Oriente, ai Cristianesimi orientali, alle Vie delle Spezie, alla Civiltà Tradizionali, al Socialismo Reale, all’ alleanza Russia-Cina-Iran-Pakistan….Nulla sintetizza tutto questo meglio delle Nuove Vie della Seta, le quali vogliono riportare al centro del mondo  gli scambi all’ interno dell’Eurasia, agli Oceani Indiano e Artico e al Mediterraneo, togliendoli dagli oceani Atlantico e Pacifico, seguendo, in ciò. le orme di Alessandro Magno, Bodhidharma, Xuanzang, Ibn Battuta, Chingghis Khan, Marco Polo, Matteo Ricci…

Orbene, Russia e Ucraina si collocano proprio su una delle “Vie della Seta”, quella che congiunge la Cina con l’ Europa attraverso le molte ferrovie che già da ora stanno alimentando il traffico euro-cinese. A questo ruolo di unione, non già di conflitto, che spetterebbe all’ Ucraina ha richiamato il ministro cinese degli Esteri Wang Yi alla Conferenza di Monaco del 2022.

Euromaidan 2014

4.”De-komunizacija”

Nel discorso del 21 febbraio, volto ad illustrare le ragioni del riconoscimento delle Repubbliche separatiste del Donbass, il Presidente Putin ha esposto le sue ben note critiche alla politica sovietica delle nazionalità, spiegandola, da un lato, con la situazione insostenibile della dirigenza bolscevica dopo Brest-Litovsk, e, dall’ altra, con la capacità di Stalin di mantenere in vita, ma solo con il terrore, un sistema istituzionale ingestibile. In realtà, occorrerebbe andare più a fondo, ricordando che  lo stesso nome Ucraina (“al confine”) deriva dal fatto che il Paese è stato da sempre oggetto di violenti scontri fra centri di potere contrapposti (Persiani e Sciti; Goti e Anti; Bulgari e Khazari; Kievani e Polovesiani; Mongoli e Cumani; Polacchi e Moscoviti; Cosacchi e Turchi; lo Stato Ucraino dei nazionalisti filo-tedeschi a Kiev, i russi bianchi nel Sud, gli anarchici della Makhnovsina (anarchici), nel Donbass del Sud;e i bolscevichi a Kharkov; stalinisti e nazional-comunisti; nazisti e UPA; intelligencija e PCU….)..0

Questo spiega perché l’Ucraina è così importante per tutti.

Con quel discorso, Putin ha compiuto un  passo ulteriore nella concretizzazione del suo progetto politico, che non ha definito  affatto come ”ricostituire l’Unione Sovietica”,  bensì (con stupore generale) come portare fino in fondo la “dekomunizacija” invocata dal Governo di Kiev, vale a dire eliminando i residui “anti-russi”  della politica sovietica delle nazionalità. A cui si aggiunge anche la “de-nazifikacija” dell’ Ucraina. Al che, si direbbe, dovrebbe seguire il ritorno all’ impero. A nostro avviso, però, non bisogna sempre cercare solo di rifarsi al passato. Certo, la Russia (come l’Europa) non è atta a sopravvivere se non divenendo più grande, perché altrimenti resterebbe, per dirla con Cacciari, “prigioniera dei propri confini”. Coerentemente con le tendenze dell’ era delle macchine intelligenti, la Russia aspira però ora, secondo Cacciari, a divenire una “grande area non spazializzabile”, cioè una “potenza in grado si svolgere un ruolo planetario” (in termini cinesi, uno “Stato-Civiltà”).Come non bastano i 50 milioni dell’ Italia, così non ne bastano i 150 di Russi, ma neanche i  450 “in ordine sparso” come gli Europei.

Bisogna anche superare l’identificazione meccanica con fenomeni del XX Secolo, il comunismo o il nazionalismo. Imitando anche qui la Cina, Putin vorrebbe costituire uno “Stato-civiltà”.Il parallelismo con la Cina è scioccante: come lì ci sono i “Cento Anni di Umiliazione”, qui ci sono i  100 anni di errata politica bolscevica delle nazionalità, volta a indebolire il mondo russo (“Russkij Mir”).

Formazione dell’ Ucraina

5. L’insufficienza del “Russkij Mir” (mondo russo)

Per quanto grandioso/ambizioso/preoccupante possa sembrare il piano di Putin, il suo punto debole è che uno Stato-Civiltà non può aspirare all’ omogeneità etno-culturale (Russia e Ucraina quali unico popolo). Ci hanno provato per esempio gli Stati Uniti, con la politica di integrazione degli inizi del ‘900. Tuttavia, con il passare degli anni, questa politica si è rivelata sempre più difficile. Dall’ iniziale impossibilità di integrare gli Afro-Americani, per passare alla discriminazione di latinos, tedeschi, italiani, ebrei, asiatici, fino all’ Anti Defamation League, alle lotte per la parità di diritti, the Nation of Islam, el Dìa de la Raza, il Black Power,l’ Affirmative Action,  Black Lives Matter, la Critical Race Theory, la Cancel Culture, il movimento Woke…

Oggi, alla soglia del “sorpasso” dei “non-whites” sui “whites”, gli Stati Uniti sono rigidamente divisi in tribù etno-culturali in guerra fra di loro.

Uno Stato-Civiltà deve riuscire a convivere con la diversità, gestendo in modo intelligente la dialettica maggioranze-minoranze. Qui, una ricetta universale non esiste. Ad esempio, nel caso della Cina c’è stato un “melting pot” plurimillenario concentrato sugli Han Zi. Certo, i Cinesi sono molto diversi fra di loro. Però, la maggior parte di loro si riconosce almeno in quel metodo di scrittura, che permette di scrivere in modo eguale lingue diversissime (anche non siniche, come dimostrano i casi del Giapponese, del Coreano e del Vietnamita), e, in tal modo, di leggere la letteratura di tutta l’ area, costituendo così un’unica civiltà.

Invece, l’uso di formule giuridiche sofisticate, come la politica sovietica delle nazionalità o l’ “acquis communautaire”, non risolve il problema, bensì rischia di aumentarlo, cercando “quadrare il cerchio”, forzando in schemi rigidi una realtà estremamente fluida.

Sarebbe quindi intanto da capire come Putin, se ne avesse la possibilità, intenderebbe unificare gli Slavi Orientali: in forma federale o accentrata; con lingue nazionali o con il Russo ovunque?

Il punto è che Putin, contrariamente a quanto sostiene il Movimento Europeo, non muove affatto da un approccio etno-nazionalista, bensì dal progetto gaulliano dell’ Europa dall’ Atlantico  a Vladivostok (Grande Europa),  che risale a Gorbačëv e Mitterrand e riproposto personalmente (in Tedesco) davanti al Bundestag nel 2011, ma neppure preso in considerazione dagli Europei, come dimostremo nei paragrafi successivi.

Secondo un articolo di Karaganov per RT, “Il problema è: come ‘unire’ le nazioni in modo efficente e utile per la Russia, alla luce delle esperienze zariste e sovietiche, quando la sfera d’influenza russa fu estesa oltre ogni limite ragionevole?”

L’Ucraina è il baricentro fra Unione Europea e Unione Eurasiatica

6.Russkij Mir ed Europa

Il punto cruciale è: può uno Stato Civiltà avere solo le dimensioni di “tutte le Russie” o dell’ Europa? Coudenhove Kalergi aveva risolto il problema ipotizzando che la Paneuropa unita unificasse anche le proprie colonie. Ma non sembra essere questa, oggi, la soluzione.

In realtà, questo tema era stato affrontato da molti e da molto tempo. I “Proto-Europeisti” (Bandeiras, Leibniz, von Bader) pensavano in sostanza che, dato che la dinastia degli Asburgo (che pure era riuscita ad unire con il Sacro Romano Impero la Spagna, il Regno di Napoli e un vasto impero coloniale, non era riuscita ad unificare l’Europa, ed anzi si era divisa in due (Spagna ed Austria), questo ruolo unificatore dovesse spettare a una Russia con imperatori e consiglieri occidentali. Per esempio, Sofia Paleologo discendeva, oltre che dagl’imperatori bizantini, da mercanti genovesi e dagli zar bulgari.

Quell’ idea è stata nuovamente al centro della politica estera russa a partire da Gorbačëv. E’ in quel contesto che si era proposta nel 1991 (Gorbačëv, Mitterrand, Giovanni Paolo II), l’idea di una Confederazione fra Europa e Russia. Quest’idea, riproposta successivamente da Elcin e soprattutto da Putin, è alla radice dell’attuale conflittualità, perché, nonostante tutte le offerte e i sacrifici della Russia per ottenerla, essa era stata costantemente rifiutata in modo subdolo. La ragione dell’ esasperazione russa consiste proprio nell’ arroganza da “parvenus” con cui gli Stati d’Europa hanno continuato a snobbare da 30 anni tutte le proposte del maggiore fra di essi, per obbedire ciecamente a una potenza extraeuropea.

Secondo Karaganov, si trattava di “una fase di debolezza e di illusioni, quando si credeva che la democrazia occidentale ci avrebbe salvati”.Purtroppo, nel 1993, Boris Yeltsin  aveva firmato un documento in cui affermava che “capiva il progetto della Polonia di aderire alla NATO.” , e, nel 1994, Kozyrev aveva iniziato una negoziazione in proposito. La Russia aveva firmato con la NATO l’Atto Fondativo della Cooperazione Sicurezza reciproca, in cui l’Occidente s’impegnava a non trasferire sistemi d’arma complessi nei nuovi Stati membri. Impegno ovviamente non rispettato.

Al Vertice del Consiglio d’ Europa di  Strasburgo del 1997, Elcin aveva dichiarato:“Stiamo ora per costruire insieme una nuova Grande Europa senza frontiere, nella quale nessuno stato  potrà imporre la propria volontà ad altri; un’Europa in cui Paesi grandi e piccoli saranno partners paritetici uniti da comuni principi democratici.” “Questa Grande Europa può divenire una potente comunità di nazioni con un potenziale non raggiungibile da altre aree del mondo e la capacità di garantire la propria sicurezza, approfittando dell’esperienza e dell’ eredità culturale, nazionale e storica di tutti i popoli d’Europa. La strada verso la Grande Europa è lunga e difficile ma è nell’ interesse di tutti gli Europei. La Russia aiuterà a creare quest’unione.”

Nel giugno del 2008, Medvedev aveva proposto una conferenza pan-europea per creare un nuovo sistema di sicurezza basato su un Trattato sulla Sicurezza Europea. Tuttavia, il ritiro degli USA dal Trattato ABM segnalava  già la volontà americana di rompere l’equilibrio strategico, il che costrinse anche la Russia al riarmo.

L’idea di un’ Europa dall’ Atlantico agli Urali (originariamente del Generale De Gaulle) era stata ripresa da Putin nel suo discorso in Tedesco al Bundestag del 25 settembre 2011:
“sono  convinto che l’Europa si riaffermerà seriamente e permanentemente quale centro forte e veramente indipendente della politica mondiale se riuscirà a fondere le proprie risorse umane, territoriali e naturali, e il proprio potenziale economico, culturale e di difesa, con quelli della Russia.”Ma è proprio la prospettiva di questo centro forte e indipendente della politica mondiale ciò che l’ America aborre con tutte le sue forze.

Nell’ articolo pubblicato su Le Figaro il 7 maggio 2005, Putin scriveva fra l’ altro:“Gli Europei possono fare pieno affidamento sulla Russia per perseguire quest’opportunità di un futuro pacifico, prospero e degno, nello stesso modo in cui lo avevano fatto per la lotta contro il nazismo. Crediamo anche che gli sforzi della Russia per sviluppare l’integrazione con gli Stati dell’ EU e con quelli della CSI costituiscano un unico, organico, processo volto all’espansione di uno spazio armonico di sicurezza, democrazia e cooperazione economica in quest’area gigantesca.”

Nell’articolo del 25 Novembre 2010 sulla Süddeutsche Zeitung, Putin scriveva:

“L’Europa ha bisogno di una visione sua propria del futuro. Proponiamo di configurarla insieme, con una partnership Russia-Europa, un progetto comune di successo e competitività  per il mondo moderno….”

Purtroppo, la “grigia conclusione” della Conferenza sul Futuro dell’Europa di cui ha parlato Mattarella dimostra che tale visione veramente europea del futuro non è ancora stata trovata perché gli Europei sono succubi intellettualmente, moralmente, politicamente e militarmente degli Stati Uniti, che vedono nell’ Europa il loro massimo concorrente.

Nell’ articolo  Putin presentava addirittura un programma completo della Grande Europa, quale nessuno nella UE ha mai avuto il coraggio d’immaginarla:

”1.Una comunità economica armonica , da Lisbona a Vladivostok..

2.Una politica industriale comune, fondata sulle sinergie fra i potenziali tecnologici e le risorse dell’UE e della Russia..

3.Un unico complesso energetico europeo…

4.Cooperazione nella scienza e nell’ educazione..

5.Eliminazione degli ostacoli ai contatti umani e commerciali.”

Come si può vedere, dopo 30 anni, tutti questi sforzi della Russia, e in particolare di Putin, per creare un’integrazione fra UE e Russia sono falliti. Come aveva dichiarato l’ex presidente della Commissione, Romano Prodi, gli Europei (come gli Americani) temono follemente che, cooperando con la Russia (e con la Turchia) emerga la loro pochezza (demografica, territoriale, culturale, politica e militare): basti vedere che cosa succederebbe delle regole europee  se ci fossero, fra gli Stati  membri, Russia, Turchia, Ucraina, Bielorussia, Balcani Occidentali e Caucaso (il 40% degli Europarlamentari sarebbe costituito da Europei Orientali).

Secondo Karaganov, la fase che si sta aprendo con l’ “Operazione Speciale” in Ucraina  dovrebbe essere definita come “di distruzione creativa(Schumpeter), una fase non aggressiva, salvo che sul confronto con la NATO per la sua espansione ad Oriente.A questo proposito, la Russia aveva scritto nel 2021 una nota agli Stati Uniti e alla NATO, con cui richiedeva di fermare lo sviluppo delle infrastrutture militari  vicino alle frontiere della Russia. La risposta negativa a questa richiesta è stata la ragione dell’ intervento in Ucraina, che, secondo Karaganov, avrebbe l’obiettivo di costruire, nel corso del prossimo decennio, un nuovo sistema di sicurezza e cooperazione per tutta la Grande Eurasia.

La Repubblica dei Calmucchi in Russia Europea

7.Ma esiste un “messaggio dell’ Oriente”?

Il punto numero uno è  l’imperativo di una maggiore obiettività ed umiltà dell’Occidente, che deve accettare la realtà di essere solo una parte dell’ Umanità, e che la sua presunta eccezionalità è un semplice mito (Cacciari).

Le famose tre invenzioni che, secondo Bacone, avrebbero rivoluzionato il mondo – la  bussola, la polvere da sparo e la stampa, furono fatte in Asia molto prima che in Europa. L’Europa semplicemente le utilizzò al meglio per conquistare il resto del mondo. Ma anche l’egemonia europea sul modo durò meno di un secolo, dal 1850 al 1945, non essendo in grado di cancellare le civiltà preesistenti, le quali tutte, dopo un periodo di crisi, sono emerse più potenti che mai, ed essendo comunque superata dagli USA e dall’ URSS.

Anche la pretesa superiorità del protestantesimo quale motore della Storia si è rivelata un bluff, con l’incredibile e rapidissima crescita della Cina. Ma lo stesso Max Weber aveva già riconosciuto la forza del Confucianesimo e della Shi’a quali molle per lo sviluppo economico.

Ma, al di là di ciò, è proprio la struttura mentale dell’ Oriente, la “logica fuzzy” (non per nulla riscoperta da un matematico iraniano) a rendere l’oriente superiore concettualmente a un Occidente che, con una lettura deformata di Cartesio, ha imposto la supremazia delle cosiddette “Idee chiare e distinte”, portando la cultura occidentale sul binario morto del determinismo storico e della Singularity.

In un momento in cui l’Umanità sta per superare il paradigma dell’ Epoca Assiale, tornano di attualità aspetti come l’indeterminatezza dei Veda e del Cinese classico, gli esperimenti  di bioingegneria citati nelle epopee assirobabilonesi e indù, la contrapposizione cinese fra la Virtù confuciana e le rigide leggi dei legisti, le arti marziali…

Anche all’ interno dell’ Europa, i messaggi dell’ Oriente tornano indispensabili, per superare quell’ abisso che Trubeckoj aveva visto crearsi fra Europei orientali e occidentali, e che Blok voleva scongiurare.

Noi non siamo capaci di comprendere gli Europei Orientali perché non abbiamo studiato la loro storia. Essi sono  gli eredi più prossimi dei Popoli Originari, da cui discendono gli Europei di oggi, siano essi Indo-Europei, Uralo-altaici o Semiti: Yamnaya, Proto -Trans-Europei, Proto-Semiti, le cui sedi si trovavano nelle steppe della Russia e dell’Arabia. Come scriveva Ibn Haldun, i nomadi creano gl’imperi e i cittadini li distruggono. L’Europa Occidentale ha esaurito la sua fase creativa: è ora il momento dell’ Europa Orientale, senza perdere il contatto con l’Estremo Oriente.

In un momento in cui, come scrive giustamente Cacciari, l’Europa è “una balena spiaggiata sulle spiagge dell’ Asia”, l’Europa stessa, se vuole sopravvivere, non può non sforzarsi di comprendere gli Europei Orientali e gli Estremo-Orientali, certamente non come dei nemici metafisici (o “rivali sistemici”)a cui è perfino vietato pensare.

Il centro geografico dell’ Europa è in Ucraina

8.Qual’è il posto dell’ Europa nel mondo?

Come scrive Cacciari su “L’Espresso” del 20 Febbraio 2022, essa si deve collocare“Nella divisione del mondo in grandi aree non spazializzabili, formate da terra, mare, cielo, -erano due, e ora sono almeno cinque o sei – e al  loro interno vivono due terzi della popolazione mondiale – e entità statali prigioniere dei propri confini-“

Tuttavia, di fronte al sempre maggiore accrescersi dei conflitti e della confusione culturale e politica, è lecito chiederci: “Potrà un nuovo Nomos della terra uscire ‘pacificamente’ da quest’opera di semplice impedimento dell’ aperto conflitto bellico?” Purtroppo, ”A Questo Nomos nessuno oggi pensa e tantomeno qualcuno ci lavora…”

Orbene, il nostro compito è proprio quello di pensarci e di lavorarci, ed a questo abbiamo dedicato, e continuiamo a dedicare la nostra pubblicistica. Citiamo solo, a titolo di esempio, il libro DA QIN, tredici ipotesi di lavoro per un’Europa sovrana in un  mondo multipolare.

Ritornando all’inizio di questo post, il principio dominante di  un siffatto nuovo “Nomos della Terra” dovrà essere il controllo sulle macchine intelligenti. Per esprimerci in termini cari a Cacciari, occorrerà  “andare oltre la linea”, esercitando un energico “contraccolpo” contro l’autonomizzazione delle macchine.

Occorre cioè muoversi lungo due direttive parallele:

-da un lato, far nascere un nuovo tipo di cultura che rafforzi l’umano nei confronti della macchina;

-dall’ altro, favorire il dialogo fra gli Stati perché, attraverso un sistema di autolimitazioni e di controlli incrociati (come sull’ energia nucleare), evitare che il livello d’incisività dell’intelligenza artificiale autonoma la porti a sopravanzare le capacità decisionali dell’uomo.

Questi due compiti dovrebbero partire da una semplice osservazione: più la gioventù si integra nel sistema digitale, meno essa riesce ad affrontare autonomamente le difficoltà della vita; s’impigrisce; si trasforma in “bamboccioni”.

Tutto ciò non è inevitabile, a condizione che si abbandonino le visioni irrealistiche della società, che hanno fatto ritenere che non fosse più necessaria, come parte integrante dell’educazione, la formazione del carattere, con l’esempio, con lo studio, con l’esercizio fisico…

A ciò si aggiunga che, per fronteggiare l’enorme potere di calcolo e l’incredibile efficacia delle macchine, i giovani dovranno essere istruiti a lungo sulle basi teoriche, sulla tecnica e sulla gestione delle macchine intelligenti. In questo contesto, anche l’uso moderato dell’ “enhancement” potrebbe avere un senso.

Una società che, invece  di subire passivamente un sempre più esteso uso delle macchine intelligenti senza alcun controllo e programmazione, si ponga come primo compito quello di progettare e guidare lo sviluppo tecnologico, come, in parte, stanno facendo i maggiori paesi, ma incrementandolo ancora quantitativamente, e, soprattutto, qualitativamente.

Nella corsa sfrenata di USA, Cina, Russia e Israele per incrementare l‘efficacia bellica dell’ Intelligenza Artificiale, l’Europa è l’unica che si sia concentrata, per altro fino ad oggi irrealisticamente, a perseguire un’”Intelligenza Artificiale antropocentrica”. Irrealisticamente non soltanto perché l’Europa è inesistente dal punto di vista dell’ Intelligenza Artificiale, ma anche perché il tipo di “etica digitale” che l’Unione pensa d’iniettare nel sistema è pura retorica, eredità delle vecchie, fallimentai ideologie occidentali.

Basti pensare all’ ossessione per la “privacy”, che non è mai riuscita, né a fornire una protezione efficiente dei cittadini, né a fare rispettare i principi dai principali attori, che sono i GAFAM e le agenzie di intelligence americane, ma anche gli Enti pubblici nazionali (come le Poste Italiane), e perfino le Istituzioni Europee e i giudici europei e nazionali.

Basti pensare anche alle opere distopiche della fantascienza, e, in primis, a quelle di Asimov, dove la supremazia dei robot sull’ umanità si rivela proprio nell’ essere divenuti questi più umani dell’umanità stessa (arrivando perfino a ingannare a fin di bene).

Orbene, se vogliamo che l’Umanità vada oltre a queste situazioni tutt’altro che improbabili, occorre uno Stato che si ponga come missione prioritaria quella di essere veramente “the Trendsetter of Global Debate” come presume la Commissione.Alle Istituzioni europee un siffatto programma sembra facile, ed, anzi, lo dichiarano già perfino conseguito. Invece, esso è caratterizzato da un’inaudita complessità, perchè si tratta niente meno che di costringere le Grandi Potenze a discutere su questo tema, di cui sono così gelose, e a disfarsi dei GAFAM, che già oggi ci dominano.

Se l’Europa vuole veramente essere, in mezzo al bailamme del conflitto per la supremazia fra di loro, il “Golden Standard” della società digitale, deve diventare quel modello di efficienza amministrativa, politica economica e militare, che oggi non è.

Avendo noi assistito agli inutili sforzi di tutti gli Stati del mondo (e d’ Europa), per fare discutere USA, Russia e Ucraina, possiamo renderci conto di quanto sia difficile fare, dell’ Europa, un simile Stato.

Per questo motivo, “oportet ut scandala eveniant”; che l’attuale equilibrio si rompa, e che forze nuove ed energiche possano nascere, prosperare ed affermarsi.

Tanto per cominciare, mentre concordiamo pienamente con la proposta del Movimento Europeo di convocare una Conferenza Internazionale sulla sicurezza e sulla pace in Europa sotto l’egida dell’OSCE e delle Nazioni Unite con l’obiettivo di sottoscrivere un Trattato Internazionale fra tutti gli attori coinvolti sul continente europeo (Europa dall’ Atlantico a Vladivostok-“Grande Europa”-progetto presentato  già da Putin nel 2011 al Bundestag-).

Aggiungiamo anche la contemporanea proposta di discutere un Trattato Internazionale per il controllo dell’ Intelligenza Artificiale, che dovrebbe essere l’obiettivo fondamentale della “Grande Europa”.