Quando, dopo la caduta del Muro di Berlino, si era incominciato a parlare di un’“Accelerazione della Storia”, non si era compresa tutta la vastità della trasformazione avviata alla fine del Secolo XX, con le Guerre Umanitarie, il Worldwide Web, il progetto della Singularity, lo sfaldarsi delle ideologie, la contendibilità dell’ Europa, le Macchine Intelligenti, il primato economico della Cina, la “Guerra senza Limiti”, Echelon e Prism, l’Intelligenza Artificiale, le Democrazie Illiberali, i BRICS, il Russkij Konzervatizm, l’ascesa del sovranismo, le transizioni ambientale e digitale, i GAFAM e i BAATX, le guerre nello spazio post-sovietico.. Trump è stato un ulteriore formidabile acceleratore della trasformazione in corso : abolizione del limite al terzo mandato, come in Russia e in Cina; fusione fra potere presidenziale e oligarchie informatiche (Musk, Thiel, i GAFAM); espansione territoriale verso tutte le aree strategiche (Canada, Groenlandia, Panama, Gaza); superamento della “ragnatela di organizzazioni internazionali” create nel dopoguerra e funzionali all’ egemonia USA (Ikenberry); limitazione dei poteri della magistratura e dell’ autonomia della stampa, secondo il modello delle “Democrazie Illiberali”; presa di distanza da Ucraina e Unione Europea.. Soprattutto in Europa, moltissimi (ancora impegolati come sono in vecchie narrazioni e soprattutto nella comodità della simbiosi con gli USA) fanno fatica a riconoscere tutte le implicazioni di queste nuove realtà, e tentano fino all’ ultimo di negarle e scongiurarle, come quelli che sostengono che non occorrerebbe reagire ai dazi imposti all’ Europa, per non “scavare un fossato fra noi e gli USA”, perchè questi ultimi “erano e restano il nostro principale alleato”, e quelli che vogliono costruire un “patriottismo occidentale” vassallo dell’ America. Ma perché mai gli USA dovrebbero restare il nostro principale alleato, se tutti i loro interessi (culturali, economici, tecnologici e politici) sono opposti ai nostri, come Trump ha dichiarato e dimostrato ad abundantiam? Trump fa di tutto per alienarsi le simpatie degli altri Paesi (soprattutto europei), con il palese disprezzo che egli e i suoi ministri trasudano da tutti i pori, come, in particolare, con l’ultima esternazione, secondo cui decine e decine di capi di Governo starebbero “kissing his ass” per ottenere sconti sui dazi: “please please sir let me make a deal, I’ll do anything, I’ll do anything,sir.” Cosa che certamente sta facendo innanzitutto la nostra Primo Ministro, svuotando così la sua pretesa di “sovranismo”(e quella dei suoi alleati). Un’Italia sempre più mendicante. Un minimo di decenza: dopo “Giuseppi” e il bacio di Biden, ci mancava ancora essere i primi ad andare a Washington dopo l’ingiuria di Trump… Ma è l’idea stessa che occorra comunque negoziare (condivisa da tutti i leader europei) a rafforzare la narrativa di Trump (quella del “kissing the ass”), mentre accettare l’escalation fino alle estreme conseguenze, come sta facendo la Cina (riscuotendo il rispetto perfino di Trump), finirà per ridicolizzare l’America. Infatti, i Cinesi hanno riempito i loro magazzini in America di merci senza dazi, da vendere in USA nei prossimi mesi, mentre le imprese americane sono in difficoltà per i dazi e per le difficoltà di approvvigionamento dall’ estero. Non reagire alle nuove realtà è sempre sbagliato, perché esse presentano, comunque, non solo pericoli, ma soprattutto opportunità che occorre sfruttare. Nel caso “Europa vs. Stati Uniti”, il problema non è se introdurre dazi “reciproci” come dice Trump, come ha fatto la Cina e stava per fare l’Unione Europea, bensì quello di approfittare “asimmetricamente” (come con una mossa di Karate) della nuova situazione per fare ciò che prima non avevamo neppure osato pensare, ma che pure avremmo dovuto fare da gran tempo: costruire finalmente una nostra cultura, una nostra industria di alta tecnologia e un nostro esercito, capaci di fronteggiare qualunque avversario nel mondo volesse attaccarci (vedi per esempio il caso Groenlandia). Senza accettare la narrazione vittimaria di Trump, che stravolge completamente la realtà, cioè quella di un potere imperiale americano che ha saccheggiato, e ancora saccheggia, il mondo intero, ma ora si atteggia vittima perchè non riesce più a farlo bene come un tempo (di qui la sua nostalgia per l’”Età dell’Oro”).
ReArm Europe potrebbe diventare un’arma negoziale contro Trump? La diatriba fra coloro che vogliono “reagire” ai dazi e coloro che vogliono “trattare” è quindi mal fondata. Innanzitutto, perché in ambo i casi si resta nell’ orizzonte concettuale di Trump, che considera i dazi come un dato di fatto, su cui costruire un compromesso comunque a suo favore. Ma i dazi americani sono un problema per chi vuole esportare in USA prodotti materiali in America, non per chi è disposto ad esportare invece in Cina, o anche in America, ma soprattutto servizi (digitali e no). Perciò, se l’Europa vuole avere un’arma contrattuale, gli eventuali dazi “reciproci”, come se li immagina Trump, e su cui stanno discutendo gli Italiani e gli Europei, non sono la soluzione più efficace.Per timore reverenziale verso USA, l’Europa si è trattenuta da 80 anni da fare tante altre cose: cultura, informatica, politica internazionale, alta tecnologia, satelliti, bombe atomiche, ritirare le riserve auree. Basterebbe fare alcune di queste cose, oppure anche solo attuare seriamente le esistenti normative UE in materia informatica (come le sentenze Schrems), per provocare agli USA (e soprattutto agli oligarchi che circondano Trump), danni ben più gravi di quelli che gli USA ci stanno provocando con le loro sanzioni. Gli 800 miliardi di ReArm Europe, se ben utilizzati, ci permetterebbero infatti di rifondare letteralmente Stato ed economia in Europa. Quei soldi (tanti o pochi che siano)non vanno quindi sprecati continuando a finanziare le basi americane e i GAFAM, o comprando degli F-35 con la “Kill-Pill” incorporata, bensì creando un’Accademia Superiore di Cultura Europea, un’ Accademia Digitale Europea e un’Accademia Militare Europea, un’Agenzia Europea per le Tecnologie (confronta il nostro “European Technology Agency”), una Società Europea per le Alte Tecnologie, delle grandi piattaforme europee, un’Arma Europea Missilistica e Nucleare, un Alto Comando Europeo, un Servizio Segreto Europeo, un Esercito Europeo e, infine, una vera Bomba Atomica Europea (che, oggi, dovrebbe essere trasportata da un missile ipersonico a traiettoria casuale, come l’Oreshnik russo).Questo sarebbe l’unico vero contributo possibile alla Difesa Comune Europea, perché è l’assenza di tutto ciò che non ci rende credibili, non già il livello troppo basso della spesa, che, è, in realtà, il doppio della spesa della Russia.Non credibili non solo e non soltanto per un’(auspicabilmente improbabile) guerra nucleare, ma anche e soprattutto per le continue trattative sui dazi, sull’ Intelligenza Artificial, sui dati, sulle guerre in corso, dove lo “status” nucleare conta, eccome… Invece, l’”arriere pensee” di Trump è che il 5% del PIL europeo dovrebbe essere speso per pagare agli USA cose che non ci servono: missili, bombe, cacciabombardieri, servizi digitali e finanziari, gas GLM..). Si noti anche che applicare le esistenti normative europee sull’ High Tech (GDPR, Sentenze Schrems, interruzione dei contratti delle Istituzioni con i GAFAM, Antitrust, fisco, Digital Service Act, Artificial Intelligence Act, Anti-Coercion Act), citate talvolta nell’ ambito della “guerra dei dazi”, sarebbe certo lodevole e necessario, ma non costituirebbe neppure “una rappresaglia” (come pensano i più), bensì semplicemente un atto da gran tempo dovuto; anche l’introduzione di nuove norme sull’immagazzinamento dei dati e sullo “spezzatino” dei GAFAM sarebbe una decisione politica da gran tempo necessaria, indipendentemente dai dazi di Trump. Anche la distinzione fra “iniziative europee” e “iniziative degli Stati Membri” è ingannatrice. Esistono anche le iniziative intergovernative (per esempio la politica dello sviluppo), sotto forma di consorzi o di società di capitali con partecipanti pubblici e privati, centrali e locali (ESA, Ariane, BEI) .La European Technology Agency potrebbe benissimo essere costruita appunto come l’ ESA (European Space Agency). Le due agenzie potrebbero perfino fondersi. Infine, “l’arma atomica” contro gli USA sarebbe costituita dall’ adesione dell’UE alle Nuove Vie della Seta. Essa infatti non si riferisce all’ import-export, bensì a una collaborazione più complessa, nei trasporti, nella cultura e nella tecnologia. Stupisce che nessuno l’abbia ancora riproposta.
.Perché parlare solo del disavanzo commerciale? Ricordiamoci anche che, se vi è un “disavanzo commerciale” fra USA ed UE, non vi è invece un “disavanzo nella bilancia dei pagamenti”, perché il disavanzo commerciale è compensato dalle esportazioni, dagli USA, di beni immateriali (ben più strategici), e dal signoraggio del dollaro. In pratica, il mondo produce beni materiali e li invia (in parte) in USA, e, da parte loro, gli USA producono ideologia, potere e biglietti di carta (i dollari), e li inviano nel resto del mondo come pagamenti (ma soprattutto come leve del loro potere potere). Questa dinamica è particolarmente evidente con l’Europa, che non è una sfruttatrice parassitica, bensì un ostaggio degli USA. Le lamentele USA sono del tutto immotivate; sono solo un pretesto per cercare di far pagare agli altri Paesi il debito pubblico americano, che è generato semplicemente dal “signoraggio del dollaro”, il privilegio degli USA di stampare moneta senza limiti, perché secondo gli iniqui accordi esistenti: (i)i Paesi occidentali sono obbligati a fare le loro transazioni in dollari; (ii)gran parte delle loro riserve auree sono depositate negli USA, (iii) molte testate nucleari sono stoccate in Europa, con evidenti scopi di ricatto. In questa situazione, chi dovrebbe lamentarsi e ribellarsi sono gli alleati, non gli USA. Siamo di fronte al discorso del lupo nella favola del Lupo e dell’Agnello. Inoltre, come dimostra il ricorso della Cina all’OMC, prima di passare alle vie di fatto o di trattare, c’è un’ancora un’altra soluzione, che consiste nel pretendere il rispetto dei molti trattati ancora in vigore, che ancora vincolano gli Stati Uniti e che Trump viola programmaticamente. Allora aveva ragione chi sosteneva che i trattati sono pezzi di carta?Mettere gli USA sul banco degl’imputati serve comunque per chiarire a tutti che gli USA stanno distruggendo il meccanismo da loro stessi creato per schiavizzare il mondo,e sul quale sono purtroppo ancora basate le nostre false ideologie! Fortunatamente, i dazi stanno praticamente isolando gli USA dal mercato mondiale, perché rendono molto difficile a tutti i Paesi il commerciare con gli USA, ma non impediscono loro affatto di commerciare fra di loro, di modo che il loro commercio internazionale non ne risulterà complessivamente danneggiato, bensì anzi favoritom come è successo fra Cina e Russia con le sanzioni. Il presidente del fondo sovrano russo, Dmitriev, ha fatto notare il paradosso per cui le sanzioni occidentali, invece di danneggiare la Russia, l’hanno resa più autonoma dall’economia occidentale, con risultati positivi per Mosca, al punto che oggi non è la Russia a chiedere la rimozione delle restrizioni. Sono piuttosto le aziende statunitensi, secondo Dmitriev, a mostrare interesse per un ritorno sul mercato russo, e se questo richiedesse un allentamento delle sanzioni, sarebbe un passo vantaggioso principalmente per gli Stati Uniti. Tant’è vero che, paradossalmente, Trump non ha assoggettato Russia, Bielorussia, Cuba, Iran e Corea del Nord ad alcun dazio, mentre ha introdotto un dazio contro l’Ucraina e Israele. Infatti, le cifre presentate da Dmitriev confermano come le sanzioni hanno finito per colpire soprattutto le imprese statunitensi, mentre la Russia, sostenendo di non aver più bisogno dell’Occidente, si trova oggi in una posizione negoziale più forte, avendo anche nazionalizzato a prezzi di saldo le filiali russe delle multinazionali.Come diceva il compianto Kissinger: “Essere nemici degli USA è pericoloso, ma essere loro amici è fatale”. Prendendo per buono il valore nominale del Pil dei vari blocchi economici, quello degli USA è di 28.303,00 miliardi di dollari su 85.52 trilioni del mondo intero e 17 mila miliardi di euro della UE. Ciò implica che quest’ultima può esportare verso paesi terzi che hanno, complessivamente, un PIL di 68.52 trilioni, e nessun dazio. Sarebbe l’occasione in cui l’Europa potrebbe divenire veramente indipendente, sfruttando innanzitutto l’enorme potenziale commerciale della Cina: “China—thanks in part to ambitious industrial policy efforts such as Made in China 2025—produced almost half the world’s chemicals, half the world’s ships, more than two-thirds of electric vehicles, more than three-quarters of electric batteries, 80 percent of consumer drones, and 90 percent of solar panels and critical refined rare-earth minerals. And Beijing is taking steps to ensure its dominance continues and expands: China was responsible for half of all industrial robot installations worldwide (seven times as many as the United States), and it is a decade ahead of anyone else in commercializing fourth-generation nuclear technology, with plans to build over 100 reactors in 20 years.” (Foreign Affairs) Come ha scritto Cacciari su “La Stampa”, “L’Europa ha interessi vitali a rappresentare il punto di mediazione tra Occidente, Oriente, Mediterraneo e Africa. Interessi vitali a porre termine a guerre civili al proprio interno e a conflitti armati ovunque si manifestino. Un’unità d’azione per fronteggiare l’attacco sui dazi che non si fondi su questa visione strategica varrà meno di un’aspirina.” 3.Il “Liberation Day” ha spiazzato i settari europei di tutte le fedi. E’ chiaro che, con la sua politica dei dazi, Trump ha rivoluzionato il sistema geopolitico mondiale (anche a costo di danneggiare gli USA), pur di realizzare il suo progetto politico di riportare in America la manifattura, rivitalizzando il “Rust Belt” come vorrebbero gli operai americani. Quanto ciò sia realistico in una situazione di alta occupazione e in parallelo al blocco dell’ immigrazione, lo si vedrà. Tuttavia, non si tratta di una politica nuova per gli USA, che l’hanno tradizionalmente adottata tutte le volte che si sono sentiti deboli. Come scriveva già 200 anni fa Friedrich List, dazi e liberalizzazioni hanno scandito fin dall’ inizio alternativamente l’espansione dell’Anglosfera, prima Impero Britannico, poi Stati Uniti. e i risultati sono stati sempre inconcludenti se non addirittura catastrofici. Il XIX secolo aveva segnato addirittura l’età dell’oro dei dazi negli Stati Uniti, con un tasso medio che sfiorava regolarmente il 50 per cento: un’estensione della dottrina adottata sin dalla fondazione del Paese, che sosteneva la protezione dell’economia americana durante la fase dell’industrializzazione: “Studi accurati di quel periodo suggeriscono che i dazi hanno contribuito a proteggere in una certa misura lo sviluppo interno dell’industria”, ha affermato Keith Maskus, professore presso l’Università del Colorado, “Ma i due fattori più importanti erano l’accesso alla manodopera internazionale e al capitale che fluiva negli Stati Uniti durante quel periodo”.Io aggiungerei anche l’appropriazione delle terre e delle risorse naturali degli Indiani. Secondo Christopher Meissner,infatti, oltre a questi fattori un altro “motivo per il quale negli Stati Uniti il settore industriale era fiorente, era legato alla grande disponibilità di risorse naturali”:carbone, petrolio, minerale di ferro, rame e legname, tutti essenziali per l’industria. Ma “il settore industriale non sarebbe stato meno sviluppato se avessimo avuto dazi molto più bassi”, ha aggiunto Meissner. 3.La ‘Gilded Age’ Spesso Donald Trump cita come modello l’ex presidente degli Stati Uniti William McKinley, il ‘padre’ dell’ondata di dazi approvata nel 1890 negli anni tra il 1870 e il 1913 – la cosiddetta ‘Gilded Age’ – il periodo in cui gli Stati Uniti sono stati più ricchi. Eppure, la tassazione doganale voluta da McKinley non impedì alle importazioni di continuare a crescere negli anni successivi al 1890, tanto che, quando nel 1894 fu deciso di abbassarla, la quantità di beni che gli Stati Uniti acquistavano all’estero rimase al di sotto dei picchi raggiunti negli anni precedenti. Nel 1929, George Roorbach aveva scritto che “dalla fine della guerra civile, durante la quale gli Stati Uniti erano stati sotto un sistema protettivo quasi, se non del tutto, senza interruzione, l’importazione si era enormemente espansa e le fluttuazioni che si verificarono sembrano essere correlate principalmente a fattori diversi dagli alti e bassi delle tasse doganali”. Un anno dopo fu il presidente repubblicano Herbert Hoover a imporre una stretta ai dazi: lo Smoot-Hawley Tariff Act del 1930 è ricordato soprattutto “per aver innescato una guerra commerciale globale e aver aggravato la Grande depressione”, afferma il Center for Strategic and International Studies. La fine della Seconda Guerra Mondiale aveva segnato l’inizio di una nuova era nel commercio internazionale , definita dalla ratifica nel 1947 da parte di 23 paesi, tra cui gli Stati Uniti, dell’accordo di libero scambio Gatt che creò le condizioni per lo sviluppo del commercio internazionale, imponendo dazi doganali più moderati. Questo slancio fu mantenuto dal North American Free Trade Agreement (Nafta) tra Stati Uniti, Messico e Canada, entrato in vigore nel 1994. Accanto al Nafta, il libero scambio negli Stati Uniti fu ulteriormente ampliato dalla creazione dell’Organizzazione mondiale del commercio nel 1995 e da un accordo di libero scambio del 2004 tra gli Stati Uniti e diversi Paesi dell’America centrale. 4.I dazi di Trump si scontrano contro la Grande Muraglia Nel XX Secolo, l’America puntava a liberalizzare i commerci per permettere alle sue multinazionali, in vantaggio dal punto di vista tecnico ed economico, di fare affari ovunque, senza interferenze degli Stati esteri. Le norme liberalizzatrici avevano un carattere generale, ma così favorivano chi era più forte nella sostanza (allora, l’America). Ora che le imprese più forti sono divenute quelle cinesi, l’America decide di separare i singoli mercati nazionali, per poter negoziare con ciascun Paese in base a criteri extra-economici (affinità ideologica, alleanze, interessi della famiglia Trump..), sfruttando le debolezze di ciascuno, e imporre sanzioni, dazi, bandi, preferenze, limitazioni, esenzioni, caso per caso (l’“Advocacy” delle imprese nazionali). In questo come in altri infiniti campi (ideologia, Stato-mercato, rapporti con le oligarchie), gli USA, come molti altri Paesi) si stanno dunque allineando (con quella che Girard ha chiamato “Rivalità mimetica”) al modello cinese di negoziati sovrani fra Capi di Stato (come nell’ antico “sistema tributario” del Celeste Impero. Comunque vadano le cose, la Cina vincerà dunque almeno la sua guerra culturale. Durante il suo primo mandato, Trump aveva già deciso nuove misure contro la Cina, molte delle quali furono mantenute sotto Biden. Ma nonostante quelle imposte, il deficit commerciale degli Stati Uniti con la Cina aveva continuato a crescere fino al 2022, quando il gigante asiatico fu colpito da un rallentamento economico non correlato alle tariffe. Di fronte a questo scenario inedito, tutto l’”establishment” italiano ed europeo, nato dalla lottizzazione partitocratica e culturale -liberali, cattolici, marxisti-, non sa più come atteggiarsi. La Cina “comunista” è risultata più “efficiente” dell’Occidente “liberale”; il “fascista” Trump è stato il primo a portare i sindacalisti a parlare dalla sua tribuna alla Casa Bianca, con tanto di casco antinfortunistico e “gilet jaune”; la sinistra europea parteggia per Wall Street; la Germania sta pensando di ritirare 1.200 tonnellate d’oro (per il valore di 24miliardi di dollari), dalla U.S. Federal Reserve, e di investire 1000 miliardi in armamenti. Il preteso “liberismo” non esiste ormai più, con lo Stato americano che decide centralmente dove comprare e vendere, quali imprese favorire e quali svantaggiare, a chi trasferire enormi masse monetarie (sussidi, investimenti, pensioni, commesse pubbliche), e tutto è gestito da “oligarchie” che vivono in simbiosi con i vertici politici (basti vedere la famiglia Trump, i GAFAM, ecc…). Da parte sua, la Cina stava preparandosi da almeno un trentennio alla guerra dei dazi con gli USA. Infatti, due colonnelli cinesi, Qiao Liang e Wang Xiangsui, avevano definito, già nel 1996, Osama Bin Laden, prima degli attacchi agli Usa, come l’interprete più efficace di un nuovo tipo di guerra, descritto in “Guerra senza limiti”(tradotto a cura della CIA e con il commento in Italiano, di Fabio Mini), che riverdiva una millenaria tradizione del loro Paese nella trattazione delle tecniche militari, che vanta tra i suoi capostipiti il celeberrimo “L’arte della guerra” di Sun Tzu. 5.”La Voce del Patriota“ Su La Voce del Patriota del 2019 si leggeva: “’Mentre Russia e Cina da anni continuano a comprare oro per liberarsi del dollaro, in Europa nazioni come Germania e Austria stanno riportando in patria i loro lingotti custoditi nelle banche estere, per mettersi al riparo da eventuali crisi. E’ bene ricordare che l’Italia è la terza nazione più ricca di oro al mondo, ma più della metà dei nostri lingotti sono detenuti fuori dai nostri confini, a differenza delle altre grandi nazioni che lo custodiscono gelosamente in casa propria. La nostra mozione per il rimpatrio dell’oro italiano è stata bocciata da tutte le altre forze politiche, ma il futuro Governo con Fratelli d’Italia restituirà l’oro agli italiani. E’ una promessa!’. Lo dichiara Giorgia Meloni, Presidente di Fratelli d’Italia, commentando il rischio di una tempesta finanziaria mondiale alle porte. L’Italia ha la quarta riserva aurea al mondo, ma il 52% è all’estero. L’Italia, con 2.452 tonnellate di oro costituito prevalentemente da lingotti (95.493) e per una parte minore da monete è quarta al mondo per riserve auree, dopo Stati Uniti, Germania e FMI. Il nostro tesoro, tuttavia, si trova per il 52% all’estero, mentre solo la restante parte è custodita nel caveau della Banca d’Italia. Il valore complessivo della riserva è di oltre 100 miliardi di euro. Fratelli d’Italia aveva presentato una mozione, bocciata da tutti, Lega compresa, nonostante Borghi e Bagnai predichino bene, razzolando male. ‘L’Italia riporti subito in Patria le sue riserve auree custodite all’estero. È partita la corsa all’oro in tutto il mondo per timore di una tempesta finanziaria: Russia e Cina aumentano le riserve auree, Germania e Austria lo rimpatriano; Usa, Uk, Francia e Svizzera costituiscono il “Golden Billion Group” e detengono riserve auree di molti Stati esteri. Mentre l’Italia, che è il terzo Stato possessore di riserve auree al mondo, lascia all’estero gran parte dei suoi lingotti. Una assurdità alla quale Fratelli d’Italia ha provato a mettere fine con una mozione, a mia firma, che è stata vergognosamente bocciata con il voto contrario di tutte le altre forze politiche: PD, M5S, Lega e FI. Oggi che il tema torna prepotentemente di attualità ed espone la Nazione a gravissime conseguenze, Fratelli d’Italia torna a chiedere che il governo e Bankitalia si attivino immediatamente per riportare all’interno dei confini nazionali l’oro degli italiani’. Lo dichiara il senatore di Fratelli d’Italia, Giovanbattista Fazzolari, responsabile nazionale del programma di FdI.” Come mai, dopo che Fratelli d’Italia è andata al governo, questa promessa è stata bellamente dimenticata? Non sarebbe ora che, visto che l’Italia vuole trattare “tête-à-tête” con Trump, venisse rispolverato questo tema, come ha fatto recentemente la Germania, che ha già riportato a casa almeno parte del suo oro?
“Qui in Europa siamo governati in sostanza dagli Americani(…) Non siamo nazioni sovrane (…). Non possiamo decidere sui nostri destini, perché su questi decide Washington”(Klaus von Dohnanyi, ex-Ministro per la cultura e la scienza ed ex-Sindaco di Amburgo) Sono 80 anni che gli Europei perdono tempo a discutere se sia meglio una federazione o una confederazione, quando i due termini sono stati usati in modo quanto meno promiscuo in tutti tempi e in tutte le lingue (Berith, Lega, Bund, Confoederatio, Confédération, Unia, Union, Confederation, Rzeczpospolita, Sojuz, Savez, Respublika, Federacija, Soobscestvo…). Intanto, l’Europa moderna ha fatto effettivamente insieme ben poche cose, e, spesso, le più interessanti, come cooperazioni fra Stati (Mitropa, Arbed, Concorde, Ariane, Cooperazione allo Sviluppo, BEI, Tornado, Airbus, Eurofighter, Galileo, TGV, Euro)…Oggi, la cosiddetta “Coalizione dei Volenterosi” vorrebbe seguire sostanzialmente quegli esempi. Tuttavia, tutto ciò potrebbe andar bene finché si resti sul piano teorico, mentre, se si arrivasse veramente a una guerra con la Russia, il problema della condotta delle ostilità si porrebbe comunque in modo drammatico, com’è dimostrato dal dibattito in corso in Germania, che ci riporta alla tanto esecrata esperienza dell’Asse, dove il mancato coordinamento fra Italia e Germania (ma anche fra i generali nazisti) aveva portato a una serie di sconfitte: in Africa, nei Balcani, in Russia… Ricapitoliamo qui di seguito i concetti fondamentali dei dibattiti in corso.
1.L’impossibilità per l’ Europa di vincere la Russia Come già le invasioni della Russia da parte della Svezia, di Napoleone, della coalizione per la Crimea e di Hitler, un’eventuale guerra fra i “Volenterosi” e la Russia non potrebbe in nessun caso essere vinta,già perché i “Volenterosi” non dispongono di una deterrenza nucleare neppur lontanamente comparabile a quella russa, e gli Stati Uniti hanno chiaramente manifestato l’intenzione di non utilizzare la loro (presumibilmente perché anch’essa oggi inferiore a quella russa: vedi missile Oreshnik), e una guerra in Europa non varrebbe il rischio. In ogni caso, l’articolo 5 del Trattato Nord-Atlantico, e tanto meno la parallela clausola dei trattati UE, non potrebbero funzionare, se non altro perché non sono automatica, mentre invece le guerre nucleari post-moderne sarebbero semplicemente istantanee. Come sarebbe possibile discutere a 27 (ma anche solo a sue o tre) l’uso dell’arma nucleare? Per ovviare a questo stallo, si sta cercando di fare della Germania l’ago della bilancia, che oggi non può funzionare perché, attualmente, lo stesso governo tedesco deve astenersi dal voto nell’UE se i ministeri competenti e i partiti partner della coalizione nazionale non riescono a trovare una posizione comune ( un meccanismo noto come “Voto Tedesco”). La richiesta dei Cristiano-democratici ai Socialdemocratici sarebbe quella di consentire a Merz di “assumere il coordinamento fin dall’inizio o di impadronirsene durante il processo se la cancelleria lo ritiene necessario per garantire una posizione coerente del governo”. Si tratta di un’impostazione assolutamente governativa, evidentemente nella previsione che i meccanismi federali europei non vengano implementati in tempi utili. Di fronte a questo sconquasso, Gabriele Segre propone di rinunziare al progetto federalista (che, come scrive Cacciari, non è mai stato preso sul serio da nessuno). Come abbiamo scritto in precedenza, l’idea di creare una federazione chiamata “Stati Uniti d’ Europa” è sempre stata molto debole, in quanto costituiva una confessione palese di ancillarità esistenziale dell’ Europa nei confronti dell’ America, a cui non poteva che seguire anche un’ancillarità di fatto, da cui ancora non ci siamo liberati.Invece, come scriveva Tocqueville contrapponendola all’ America, l’Europa ha un’eredità di governance fondata sul pluralismo (l’”Antica Costituzione Europea”), con Papa e Imperatore, Ordini e Regni, Monasteri e Leghe, Principati e Comuni, Feudi e Corporazioni…, che, “mutatis mutandis”, potrebbe valere ancor oggi, salvo che nel campo della Difesa. In quest’ultimo, vale il discorso sulla mancanza di coordinamento e alle caotiche assemblee dei Generali di Hitler. E, lì, sarebbe forse il caso di guardare agli antichi Progetti di Crociata, aggiornati con la parziale automatizzazione dei processi decisionali.
2.Il “trilemma” della difesa nucleare europea Ancor più problematica è la situazione in campo nucleare. Qui, secondo Foreign Affairs, si tratterebbe di conciliare tre disparati obiettivi: una deterrenza credibile ed efficace contro la Russia; la stabilità strategica, intesa come minimizzazione degl’incentivi per ntutti gli Stati a fare uso per primi delle armi nucleari(first strike); non-proliferazione dagli Stati nucleari ad altri Stati. Secondo Foreign Affairs, questi obiettivi non possono essere raggiunti tutti contemporaneamente. L’unica soluzione efficace sarebbe, a nostro avviso, quella discussa a suo tempo fra Gorbaciov e Mitterrand: una “Casa Comune Europea” in cui Russia ed Europa non rappresentassero più una fonte di minaccia reciproca, perché accomunate da prospettive culturali simili. E’ ancora possibile conseguire questa situazione dopo trentacinque anni di azioni volte costantemente ad attizzare l’odio reciproco? Certo, è difficile, e richiederebbe un lungo processo di avvicinamento, ma meno lungo di quanto lo sarebbe stato nel 1989. Infatti, oggi si tratta in realtà di conciliare due situazioni di fatto e due culture politiche meno lontane di allora. Intanto, oramai, dopo l’utilizzo, da parte di Ursula von der Leyen, dell’ Art. 122 del Trattato di Lisbona per fare passare RearmEurope a semplice maggioranza, l’ Unione si è già mossa decisamente sulla strada di uno Stato militarizzato, com’è attualmente la Russia. Anche gli sforzi del Governo Italiano di introdurre il Premierato vanno nella stessa direzione. Nel contempo, dal punto di vista ideologico, la Russia ha rivitalizzato il “Russkij Konservatizm”, mentre, nell’ Unione Europea, si è scatenata una vera febbre identitaria (funzioni religiose, bandiere, inni, commemorazioni, eroi), non dissimile dalla Pasionarnost’ che, secondo Gumiliev, caratterizzerebbe l’identità russa. Tutto ciò non incontra più nessuna controspinta sostanziale, né dagli Stati Uniti, che anzi invitano l’ Europa a dare più spazio alle proprie politiche identitarie (vedi Vance), né da parte dell’Unione, che si fa promotrice di manifestazioni sovraniste europee (basate sull’inflazione della bandiera e dell’ inno). Sarebbe il caso di cogliere quest’occasione di europeizzazione, e sembra paradossale che siano i sedicenti “conservatori” ad opporvisi.
3.L’”Establishment” non crede, e non ha mai creduto a Ventotene. Come abbiamo scritto, le realizzazioni concrete delle organizzazioni europee, e, in generale, degli Europei insieme, nacquero, non già da un‘ideologia federalista (quale?), bensì da un lavoro sotterraneo dell’America e dall’applicazione delle idee dei Funzionalisti Mitrany e Haas, veicolate dalla “Dichiarazione Schuman” e dai Trattati europei scritti dallo studio americano Allen Overy (l’Europa dei piccoli passi, l’Europa degli Stati).Spinelli e i suoi seguaci avevano seguito un percorso, assolutamente condivisibile, ma del tutto differente, che sarebbe stato ancor più distante se non vi fossero state pressioni di vario tipo (La Malfa, Nenni), per far loro accettare l’inserimento in delle Comunità Europee assolutamente funzionalistiche e atlantiste, e, addirittura, per inserirvisi dal punto di vista personale. Per parte loro, le politiche europee degli Stati Membri e delle Istituzioni sono state sempre ispirate solamente agl’interessi del “deep State” dei singoli Stati Membri, che non hanno mai avuto l’intenzione di cedere le proprie competenze all’ Europa, ma preferiscono cederle, semmai, come già diceva De Gaulle quando parlava del “Federatore Esterno”, agli Stati Uniti, che, almeno, erano lontani. ReArm Europe segna infine il trionfo dei “deep State” nazionali, che sognano oggi di costruire giganteschi eserciti nazionali, funzionali non già alla difesa dell’Europa, bensì a far primeggiare Germania, Francia, Inghilterra o, rispettivamente, Polonia, all’ interno di un fantomatico “Occidente” che conta sempre meno in un’ottica mondiale, ma salvando così la ragion d’essere delle diverse burocrazie. Però, con Trump, il velo d’ ipocrisia sui rapporti transatlantici si sta diradando, sì che sta divenendo impossibile continuare ad affermare (come accade ancor oggi) che il legame transatlantico sia compatibile con l’autonomia strategica europea. Infatti, Trump e i suoi ministri attaccano insistentemente l’Europa e l’Unione Europea, si rifiutano d’ incontrare le sue Istituzioni, danno tutta l’impressione di non prendere minimamente sul serio il cosiddetto “ombrello nucleare” dell’ Art. 5, e si propongono espressamente, con i loro dazi, di peggiorare la situazione economica degli Europei , colpevoli di aver “fregato” l’ America. Stanno perfino studiando come addebitare agli Europei i costi della guerra in Yemen, asserendo (assai poco credibilmente) ch’ essa è fatta essenzialmente per tutelare gl’interessi europei.
4.La falsità dell’ “Identità Europea” di Benigni e Vecchioni, ma anche di Meloni. Noi, che abbiamo difeso l’Identità Europea quando nel ’68, si voleva imporci un internazionalismo privo di radici e che sfociò nel terrorismo – noi, che abbiamo organizzato le manifestazioni studentesche per Jan Palach, per il KOR, per gl’intellettuali ucraini; noi che abbiamo lavorato per 4 anni in quella roccaforte della cultura e del diritto europei che è la Corte di Giustizia a Lussemburgo; noi che abbiamo organizzato centinaia di alleanze fra imprese europee, tra l’altro nei settori della difesa e dell’ aerospazio e nell’ Europa Centrale e Orientale; noi che siamo concentrati da decenni sullo studio della storia dell’ Identità Europea- sappiamo distinguere l’identità autentica da quella fasulla distillata dai gatekeepers e recitata da attori prezzolati, che pretendono vi sia un’unica “Identità Atlantica”(a seconda delle preferenze, con o senza Trump). In realtà, l’America di Trump, che viene incolpata di ogni male, è l’America di sempre, ma senza l’ipocrisia puritana dei “liberals”. E’ l’America che nasce con il giuramento del Mayflower, dove i membri della Congregazione di Scrooby imposero agli altri passeggeri di giurare loro fedeltà. Essa continuava con la strage delle streghe di Salem, ben descritta ne “La Lettera Scarlatta” di Hawthorn. Nella Dichiarazione d’ Indipendenza si giustificava la loro “conspitacy” contro il Re d’Inghilterra con il fatto che questi parteggiava per i barbari Indiani e per i Canadesi papisti. Si dava per scontata la schiavitù in un momento in cui i tribunali la bandivano dall’ Impero Britannico. Appena resisi indipendenti, gli Americani avviarono il “Trail of Tears”, spossessando gl’ Indiani e deportandoli a Ovest, dove strapparono al Messico la metà del loro territorio, e dove impediscono ancor ora ai latinos di ritornare. Gl’intellettuali come Emerson, Whitman, Friske, Turner, Mead e Willkie teorizzavano il Destino Manifesto degli Stati Uniti di conquistare il mondo con il pretesto di portarvi la libertà. Cacciarono la Spagna da Cuba, da Puerto Rico e dalle Filippine, ma vi instaurarono colonialismo e neo-colonialismo. Finanziarono Trockij, Stalin e Hitler. Fecero esplodere, primi e unici nella storia, due bombe atomiche sulla popolazione civile di un Giappone già sconfitto. Invasero la Corea, il Vietnam, l’Irak e l’Afghanistan. Controllano il mondo intero con le intercettazioni e i social networks, lo occupano da ottant’anni con migliaia di basi, e lo taglieggiano con il signoraggio del dollaro e la monopolizzazione dei commerci. Fin dai tempi dell’invenzione dell’informatica, progettano un impero mondiale delle Macchine Intelligenti, diretto dagli amministratori delegati delle loro multinazionali (l’”America-Nondo” di Valladao). A sua volta, l’intellighentija europea (Dickens, Kafka, Céline, Alvaro, Simone Weil) ha stigmatizzato costantemente lo spirito dell’America come materialista, sfruttatore, volgare, livellatore, anticulturale, associandosi, in ciò, agl’intellettuali indipendenti americani (Boas, Eliot, Pound, Miller, Dos Passos, Chomski) L’ipocrisia (oggi Biden, domani Trump) ha costituito fin dall’inizio lo strumento principe dei Puritani, che si atteggiano a vittime e liberatori quando invece smaniano per stabilire il loro controllo totale sul mondo. Perciò, nei Paesi conquistati, come l’Europa, i fiduciari dei Puritani si sono presentati fino ad ora come Progressisti. Hanno costruito la loro narrazione occultando il ruolo distruttivo dell’America, innanzitutto nella Rivoluzione Francese, figlia del “Comitato di Corrispondenza” dei rivoluzionari americani, e, poi, quello nelle rivoluzioni dell’ Ottocento e nei totalitarismi. Dunque, “Oportet ut scandala eveniant.”: Trump e i Trumpiani ci stanno aprendo gli occhi sul vero volto dell’America. Suscitando l’entusiasmo degli amministratori delegati e proprietari dei monopoli dell’informatica, fino a poco fa vicinissimi a Biden, e improvvisamente si convertiti a Trump, chiedendogli si schiacciare i seppur modesti tentativi della UE di controllarli e di tassarli.
5.Cercare una via di uscita diversa A causa di tutto ciò che precede, è sempre più difficile nascondere lo “status” di vassallaggio degli Europei, e, di conseguenza, la natura collaborazionistica dell’ intero “Establishment” . Basti pensare al fatto che l’Unione non viene mai, né menzionata, né nemmeno contattata, dai successivi presidenti americani, che Kaja Kallas è stata fatta venire a Washington con il Segretario di Stato Rubio, che però non si è nemmeno fatto trovare. Nel mondo parallelo del web si sta addirittura ipotizzando che Vance potrebbe venirci imposto come presidente dell’ Europa. Sembra quasi che l’amministrazione USA si sforzi di disgustare l’Europa, per cancellare le precedenti retoriche atlantiste troppo lente e inefficaci, ed eventualmente sospingere l’Europa verso la Russia, in modo da non essere costretta a difenderla. In questo contesto, si pone il difficilissimo progetto di Giorgia Meloni di “costituire un ponte” fra il trumpismo e la Coalizione dei Volenterosi europei. Ponte che sarebbe teoricamente nella natura delle cose, perché vi è un’obiettiva discrasia fra il preteso “isolazionismo” (ovvero nazionalismo), di Trump e il suo “Europe Bashing”. L’Europa viene vista (in parte giustamente ) dai Trumpiani come una roccaforte “Woke” da annientare, o almeno da conquistare. Tuttavia, le aspirazioni tradizionaliste di MAGA, legate al realismo in politica, al leaderismo, alle radici cristiane, alla libertà di pensiero, porterebbero, sempre teoricamente, a un atteggiamento molto più rispettoso verso l’Europa, radice delle tradizioni americane. Oggi, nei fatti, nessun leader sovranista europeo potrebbe essere veramente trumpiano, perché dovrebbe fare gl’interessi dell’America contro quelli dell’Europa. Questo soprattutto in considerazione del fatto che, in parallelo alle varie battaglie di Trump, e quasi indistinguibile da esse, si sta consumando la mutazione ontologica del mondo attraverso l’azione dei GAFAM, e, in particolare, attraverso l’azione di Elon Musk. Mutazione che dovrebbe costituire il nemico per eccellenza di tutti i Conservatori Europei, sì che non capiamo proprio perché nessuno ne parli, in particolare, i leader sovranisti. Invece, l’atteggiamento doveroso dei veri “sovranisti europei” dovrebbe essere quello indicato, sulla stampa di lunedì , da Asma Mhalla: «È un cittadino che sa di essere un soldato che combatte in una guerra ibrida, invisibile ma costante. Perché tutte le tecnologie hanno un impiego civile esplicito e uno militare non esplicito».
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Nel momento in cui, pressata, da un lato, da Trump, e, dall’altro, da Zelenskij, la UE si è affrettata ad affermare la propria disponibilità a “sforare” le “sacre” regole di bilancio per poter investire di più nella difesa, diviene più che mai essenziale chiarire in che modo le nuove politiche di difesa dell’Europa s’inquadrerebbero in un discorso – culturale, etico e politico-, di respiro più ampio, che, lungi dal limitarsi a una contingente ripicca, tocca innanzitutto la guerra e la pace, ma poi anche le nuove tecnologie e il futuro dell’ Europa e del mondo, e, in secondo luogo, come possono contrastare dazi di Trump. 1.”Pax Aeterna” Accanto a un’indubbia tradizione guerriera dell’ Europa, che risale agli Yamnaya, ai Greci, ai Romani, ai “barbari”, alle diverse monarchie e repubbliche (e che erroneamente viene interpretata come “democratica”), vi è stata fin dagli inizi, in Europa come altrove, una tradizione “pacifista”, ereditata dai grandi imperi orientali e divenuta dominante nella cultura del periodo augusteo (la “Pax Augusta”), quella che, paradossalmente, sembra la radice vera dell’ideologia “progressista”. Anche la parola d’ordine della “Pace Perpetua” è tutt’altro che nuova, essendo stata già lanciata dall’imperatore romano Filippo l’Arabo (il primo imperatore cristiano dell’Impero Romano), di cui ci è pervenuta una bella moneta con questa dicitura. Del resto, l’invocazione “ai costruttori di pace” contenuta nel Discorso della Montagna, sembra inserirsi proprio in questo secondo filone. Questa dialettica ricorre in tutta la storia europea. Ogni impero, per sua natura, ha una vocazione universale, attraverso la sottomissione degli altri Paesi, creando una forma di pace, come annunziavano già le epigrafi sulle tombe degli Achemenidi: “parcere victis et debellare superbis”, il che è esattamente ciò che i teorici della “Fine della Storia” pensavano fino ad ora(e forse pensano ancora), i teorici dell’ Impero Americano. I Persiani firmarono con i Bizantini, nel 532, un trattato di pace con, la “Pax Aeterna”, ai sensi del quale l’imperatore bizantino s’impegnava a pagare 11 000 libbre d’oro, destinate alla difesa dei passi del Caucaso contro i barbari, di cui si sarebbero dovuti occupare i Sassanidi( “Pace cinquantennale”, o “Trattato di Dara”), qualcosa che ricorda il 2% del PIL dovuto dagli Europei alla NATO per la difesa contro la Russia. Il trattato doveva durare 50 anni, ma rimase in vigore solo fino al 572, quando Giustino II lo denunziò, dando inizio alla guerra del 572-591. Questa è stata sempre la sorte del trattati “di Pace Perpetua”, forse perché questa è possibile solo dopo la morte. Il Sacro Romano Impero riprese il concetto della “Pax Aeterna” („Ewiger Landfriede“), ed, anzi, avviò un vero e proprio “movimento per la pace perpetua”, avviato con la “Pace dell’ Impero” del 1235, che sarebbe poi stato continuato da sovrani e intellettuali. Le pretese territoriali dei feudatari tedeschi si sarebbero dovute esprimere, d’ allora in avanti, non più con le faide, bensì attraverso azioni giudiziarie. Alla Dieta di Worms, del 1495, fu adottata la “Reichsgesetz”, che, creando il Reichskammergericht (il Tribunale Camerale Imperiale) di Francoforte , sanciva il monopolio imperiale dell’ uso della forza, mentre questa restava libera fra gli Stati indipendenti dall’ Impero. 2.I Progetti di crociata Già allora la Pace Perpetua era legata a una politica di difesa dell’Europa. Se, all‘ interno dell‘ Impero, e, della Cristianità, doveva valere la Pace Perpetua, contro gl’infedeli (fossero essi mussulmani, albigesi, slavi o baltici) vigeva invece il diritto di guerra (così come nel mondo mussulmano, allo “Spazio dell’ Islam”, “Dar al-Islam”, si contrapponeva lo “Spazio della Guerra” (“Dar al-Harb”). Il concetto era che, quando il proprio impero avesse vinto contro tutti gli avversari, avrebbe potuto iniziare il “Millennio”, degna preparazione per il ritorno del Salvatore (lo Shaoshant mazdeo, il Mashiah ebraico, Gesù/Issa per Cristiani e i Mussulmani). Ad esempio, l’accordo fra sovrani cristiani, il “Tractatus Pacis Fiundae”, proposto dal re boemo Giorgio Podiebrad, era un progetto di crociata. L’organizzazione delle crociate, originariamente compito del Papa e dell’ Imperatore, era stata così successivamente assunta da monarchi come i re di Francia e di Boemia, sotto la cui egida furono adottati i progetti di crociata (quelli di Dubois, di Podiebrad e di Sully), che introducevano organi politici paneuropei anticipanti quelli dell’ Unione Europea, potenzialmente alternativi a quelli dell’ Impero. Nonostante la decadenza dell’Impero e la frammentazione delle Chiese, non ci si rassegnava all’ idea che neppure fra i Cristiani potesse regnare la Pace Perpetua, e quindi si proponeva di attribuire ad organi collettivi la funzione regolatrice che, per Dante, spettava all’ Imperatore. Il progetto di pace perpetua erroneamente attribuito a Kant, era, in realtà, dell’Abate di Saint-Pierre, un negoziatore del trattato di Utrecht, che si ispirava a quei precedenti medievali. Kant l’aveva semplicemente commentato, durante la Campagna d’Italia di Napoleone (quando si pensava che l’ascesa delle cassi borghesi avrebbe sostituito l’etica del commercio a quella della “gloria ed onore” di sovrani e aristocratici). Esso verrà ripreso nella versione russa della Santa Alleanza.Si noti che Kant, nonostante il suo commento favorevole alla proposta di Saint-Pierre, aveva paragonato anche, e giustamente, la Pace Perpetua a un cimitero. Il Manifesto di Ventotene, scritto da alcuni antifascisti confinati nell’ isola di Ventotene, che si poneva come obiettivo quello si conseguire la pace in Europa mediante la creazione di una federazione, si riallacciava dunque al progetto di Saint-Pierre. Confondeva però, come questo e come i Progetti di Crociata, pace mondiale e pace europea, ordinamento internazionale e integrazione europea, ignorando fatti fondamentali come gli USA, la Russia, la Cina, il colonialismo e il dominio della tecnica. Tuttavia, coerentemente con le ambigue origini antiche del movimento per la pace, non ignorava invece la problematica bellica, ché, anzi, prevedeva che l’organizzazione militare dell’Europa fosse di competenza della Federazione. E’vero che il Manifesto contiene molte affermazioni pacifistiche, in particolare quella che “la federazione europea riduce al minimo le spese militari, permettendo così l’impiego della quasi totalità delle risorse a scopi di elevazione del grado di civiltà”. Gli estensori del Manifesto non potevano per altro immaginare che, nel nostro secolo, molte fra le spese “militari” sarebbero state dedicate proprio all’ “elevazione del grado di civiltà”, vale a dire quelle per la lotta della cultura contro il prevalere delle Macchine Intelligenti. Questo perché si dichiaravano fautori di un indifferenziato blocco di “Progresso” che proprio in quegli anni alcuni, come per esempio Heidegger , e poco dopo Horkheimer e Adorno, cominciavano invece a porre in discussione, perché tale “Progresso” riguardava le macchine, capaci di produrre la Bomba Atomica, non già la costruzione di un uomo superiore. Oggi la stessa problematica si pone per l’ Intelligenza Artificiale. 3.La politica estera e di difesa e le nuove tecnologie. A causa dell’ inscindibile nesso fra pace e guerra, posto dai precedenti della Pax Romana, della Landfriede e dei Progetti di Crociata, anche l’ Unione Europea era stata concepita originariamente come un’alleanza militare, la CED, che però non fu ratificata dal Parlamento francese, sostanzialmente perché non si era riusciti a definire una credibile catena di comando (problema tutt’ora irrisolto). Così, la politica estera e di difesa dell’Europa è rimasta sostanzialmente nelle mani della NATO, vale a dire degli Stati Uniti, con una funzione di “federatore esterno”, nei confronti del quale gli Stati europei si comportano come a suo tempo gli “auxilia” dell’ Impero Romano. In tal modo, le azioni militari comuni degli Europei si svolgono sotto il comando diretto della presidenza americana, così come sono state condotte le guerre di Corea, Irak, Bosnia,Kossovo e Ucraina. Questo è sempre stato un ulteriore grave limite dell’integrazione europea, anche perché, piaccia o no, le sempre nuove tecnologie (energia atomica, missili, radar, satelliti, computer, rete, droni, robot, microchip, intelligenza artificiale), che, nell’ultimo secolo, non hanno cessato di venire create, hanno tutte per lo più un carattere “duale”, vale a dire che servono tanto per il civile, quanto per il militare, e sono determinanti in ambo i settori. Il loro monopolio da parte degli USA limita quindi grandemente lo sviluppo civilizzatorio dell’ Europa, sospingendo sempre più quest’ultima verso il sottosviluppo. Le guerre attualmente in corso lo dimostrano, con il ruolo sempre più determinante di intelligenza artificiale, di satelliti, missili e droni, che conferisce il ruolo decisionale a chi li controlla, cioè gli Stati Uniti, e, ultimamente, ai loro “guru”informatici. Come se ciò non bastasse, infatti, gli Stati Uniti costituiscono il terreno di elezione delle grandi aziende informatiche che controllano l’ Occidente, e, in primo luogo, dell’ impero tecnologico di Elon Musk, membro del Governo americano e grande elettore di Trump. Da Musk dipende niente pò pò di meno che l’esito della guerra in Ucraina, che egli può far cessare in qualunque istante spegnando Starlink.Ciò evidenzia la superiorità di Musk rispetto a Trump, dimostrata simbolicamente dai segni esteriori di mancanza di rispetto istituzionale, come il rifiuto del “formal blue” e l’intreduzione dei figli nella Camera Ovale. La previsione di un dominio mondiale dell’America-Mondo identificantesi con la megamacchina digitale -una transizione antropologica inquietante- è stata la molla principale che ha spinto, già dal secolo scorso, la “Maggioranza del Mondo”(“Bol’shinstvo Mira”) alla resistenza contro un’ occidentalizzazione che s’identifica oramai con l’inserimento di tutti nella Megamacchina: Poteri Forti, basi americane, cultura “Mainstream”, Internet, intercettazioni della NSA… La “Guerra senza Limiti”, studiata dai generali cinesi in funzione di questo prevedibile scontro con gli USA, comprende quindi in larga misura una competizione sulle nuove tecnologie che è divenuta addirittura il cuore delle politiche americane e cinesi, fino al punto che i GAFAM, rappresentati da Elon Musk, sovrastano in USA il Presidente Trump e lo trascinano in progetti transumanisti come la conquista di Marte, che rivelano la vera natura del Progetto Incompiuto della Modernità, riallacciantesi alla religione tecnologica di Saint Simon e al Cosmismo russo. Già per Sun Zu l’“intelligence” costituiva la chiave dell’Arte della Guerra di: “Se conosci te stesso e il tuo nemico, vincerai cento battaglie” Per questo, la questione della difesa dell’Europa non può essere disgiunta da quella delle nuove tecnologie e delle ideologie della tecnica. L’Europa non è certo inferiore alla Russia quanto a investimenti nella Difesa (anzi, spende il doppio di quest’ultima), ma è incredibilmente più debole di essa per la mancanza di investimenti nella parte “software”, che è quella delle nuove tecnologie, stranamente (?) riservate (dopo la morte di Adriano Olivetti e Mario Tchou e la chiusura della Olivetti Elettronica), a imprese e forze americane. Grazie a questa “divisione di compiti” transatlantica, le forze europee, quand’anche fossero meglio coordinate a livello continentale, non potrebbero risultare autonome dagli USA, come invece dichiarano oggi ottimisticamente molti leader europei diffidenti verso Trump (i “Volenterosi”). Ma questa è, come ha detto Witkoff, “solo una posa”, priva di credibilità politica e tecnica. Non per nulla, l’impostazione data all’azione ReArm Europe/Readiness 2030 risulta incredibilmente arretrata rispetto alle effettive esigenze del presente momento storico, caratterizzato, da un lato, dal desiderio degli USA di “ridurre il proprio impegno in Europa”, e, dall’ altro, dall’ emergere di armi rivoluzionarie come i missili ipersonici.Infatti, il piano si limita, da un lato, a rimuovere gli ostacoli finanziari all’ aumento della spesa dei singoli Stati Membri, proprio secondo quanto richiesto da Trump, e, dall’ altro lato, a prevedere un miglior coordinamento tecnico nella politica industriale, quale quello perseguito da tempo, con discutibili risultati, con l’Agenzia Europea degli Armamenti. Essa non tocca invece le questioni gravissime dell’assenza di una programmazione e comando comune, alternativi a quello NATO, di una cultura militare comune, dei sistemi di difesa più moderni, come una sorta di “Iron Drome” israeliano e qualcosa di simile ai missili ipersonici russi e cinesi, e infine di campioni europei nel campo delle tecnologie avanzate. Nel vuoto così creato, si stagliano come uniche realtà effettive i progetti di riarmo tedeschi, francesi, inglesi e polacchi, e gli acquisti di armamenti in America, il tutto restando nel campo delle tecnologie tradizionali e rafforzando il nazionalismo degli Stati membri. Il suo significato è dunque prima di tutto psicologico/propagandistico, in quanto costituisce comunque una manifestazione d’indipendenza (almeno parziale) nei confronti dell’America di Trump, e “sdogana” l’idea del “riarmo” della Germania, che era stato “venduto” nei passati 80 anni come una delle principali ragioni d’essere dell’ ordinamento postbellico e delle limitazioni alla Politica Estera e di Difesa. Come scrive la Frankfurter Allgemeine, „Die Deutschen haben in ihrem Vulgärpazifismus versagt“(“I Tedeschi hanno fallito con il loro ‘pacifismo volgare’”). Non serve per altro in alcun modo come deterrente contro la Russia, e tanto meno gli USA, in vista dei conflitti di oggi (Ucraina e Groenlandia). 4.Le tecnologie duali Attualmente, le politiche tecnologiche dell’Europa sono disperse in mille rivoli, europei e nazionali, senza l’indicazione di alcun tipo di priorità, in modo che la politica dell’Europa viene di fatto progettata dall’America (dal DoD, dal DARPA, dalle multinazionali della difesa, dai GAFAM). Gli USA entrano fin nei dettagli delle nostre politiche industriali, come nel caso della governance di Pirelli (un fabbricante di pneumatici con un socio cinese), a cui si pretende di dettare la governance da Washington, rovinandone le prospettive di mercato. Questo contesto, che sembra fatto apposta per confermare le previsioni di Trockij (che gli USA avrebbero contingentato il capitalismo europeo), ridicolizza tutte le narrazioni del “Mainstream” -quelle “tradizionali” dei Cinesi che “rubano” la tecnologia agli Americani, mentre qui si vogliono costringere gl’Italiani a “rubare” la tecnologia ai Cinesi; dell’America liberale e liberista, ecc..-, e quelle nuove, dell’ America che vuole disinteressarsi dell’ Europa, mentre invece ci detta nei minimi particolari le politiche delle nostre imprese…D’altronde, la decisione dell’ allora FIAT di costruire solo automobili di piccola cilindrata era già stata imposta, a guerra mondiale ancora in corso, da un funzionario americano, negli uffici di Allen Dulles, responsabile della CIA in Europa, al Dott. Camerana, inviato dalla Fiat a Berna. Infine, il, pur lodevole, principio della “Preferenza Europea”, invocato da molti, non può trovare oggi una reale attuazione a causa della debolezza, e/o dell’assenza, di campioni europei, e, anzi, il controllo americano su molte imprese europee. Gli unici campioni che siano stati creati in questi anni (Airbus, Ariane, Tornado, Eurofighter), nati, paradossalmente, in base ai principi gollisti della cooperazione intergovernativa e pubblico-privato, che si vorrebbero reintrodurre ora, furono in passato sabotati dai Governi. In particolare, l’unico grande conglomerato nato in base a questi principi, l’EADS, European Defense and Space, fra Francia, Germania, Inghilterra e Spagna, fu presto privatizzato e smantellato, per il prevalere d’ interessi nazionali e privati. Suo peccato originario: l’assenza di un forte presidio a tutela dell’interesse europeo, come avrebbe potuto essere costituito da una partecipazione azionaria forte dell’Unione Europea (per esempio, attraverso la BEI) , e uno statuto societario basato veramente sulla cogestione, secondo i principi del Modello Carbosiderurgico tedesco, o, ancor meglio, della Volkswagengesetz, che riserva ai poteri pubblici una sorta di “Golden Share” e sancisce il controllo sociale sui mezzi di produzione strategici. Intanto, mentre si impongono agli Europei contorti, costosi e contraddittori atteggiamenti, come sanzioni e dazi, l’America continua a fare i suoi affari con la Russia e con la Cina “a margine” della vicenda Ucraina.Una qualunque seria politica estera e di difesa dovrebbe avere oggi come corrispettivo una politica tecnologica completamente diversa. 5.”Readiness 2030”: un obiettivo ambizioso, ma irrazionale Con la modifica del nome del progetto (“Readiness 2030” anziché “ReArm Europe”), si è voluto “chiarire” (ma in modo ipocrita) che l’obiettivo della nuova politica estera e di difesa dell’Europa sarebbe quello di essere pronti entro 5-10 anni a contrastare autonomamente un eventuale attacco russo a Paesi Baltici e Polonia. Quindi, nulla a che fare con la Guerra in Ucraina, e, soprattutto, con la necessità di difendere, hic et nunc, il Canada e la Groenlandia dalla dichiarata volontà americana di aggressione. Esprimo un mio motivato punto di vista su questa problematica perché posso dire di possedere almeno i rudimenti di “Military Preparedness”, essendo stato, nel lontano 1974, ufficiale dell’ Amministrazione Militare italiana, e avendo partecipato proprio a esercitazioni di mobilitazione generale. La base per l’orientamento del Piano verso la preparazione bellica quinquennale sarebbe costituita da una previsione (non si sa quanto disinteressata) dei servizi segreti britannici, sulle intenzioni della Russia, ma non vi alcun motivo per cui quella russa sia veramente la minaccia militare più immediata per l’Europa. Per esempio, gli USA stanno minacciando in questo momento preciso di annettere entro questo mandato presidenziale, ma possibilmente prima, e se necessario con la forza, la Groenlandia, paese terzo associato con la Danimarca, e Vance, insieme al responsabile della sicurezza americana, è già perfino andato a prenderne simbolicamente possesso, visitando, contro la volontà delle autorità groenlandesi, una base americana nel Paese. Gli Europei intendono difenderlo? Come farlo, con centinaia di migliaia di soldati americani stanziati in Europa, e la Groenlandia già presidiata, seppure debolmente, dagli USA? Questo modello si ripeterà altrove, per esempio in Norvegia? In secondo luogo, anche un’eventuale guerra fra la Russia e l’Europa, quand’anche arricchita di nuovi armamenti grazie a ReArm Europe e al contributo del Commonwealth, ci vedrebbe inevitabilmente sconfitti a causa delle nostre carenze di cui sopra, a meno che Musk non continuasse a fornirci la copertura dell’intelligence satellitare e, se del caso, gli USA una protezione nucleare, il cui venir meno è proprio il rischio che ha scatenato l’urgenza del piano di riarmo. Non è pensabile che gl’ideatori del piano siano così sprovveduti da non avere considerato questi semplici dati di fatto, sicché l’ipotesi più plausibile è che, una volta di più, non si voglia affatto fare una vera politica estera e di difesa autonoma, bensì si voglia semplicemente dimostrare agli USA di avere aumentato le spese di difesa almeno del 2%, comprando per giunta in America nuovi equipaggiamenti. Poi, depositatosi il polverone, si farebbero accordi con Musk per Starlink, divenendo ancora più dipendenti di oggi dallo “scudo” americano. Insomma, solo un modo per fare pressione sugli USA, “vendicandosi” per il declassamento consumato sull’ Ucraina e per i dazi. Come ha detto Vance, “Queste persone vogliono trasformare l’Europa in un protettorato permanente. Il problema: se mai fosse stata una buona idea, non è semplicemente sostenibile con duemila miliardi di dollari di deficit all’anno”. Ma non sarebbe comunque una buona idea, perché i protettorati sono aree che vengono svuotate di ogni vitalità, come è accaduto all’ Europa, ed è veramente singolare che ce lo debba ricordare proprio il Vice-presidente americano (che per altro viene indicato da taluni come futuro presidente dell’ Europa). 5.Una politica estera e di difesa gradualistica, ma accelerata Un avvio graduale, ma ragionevole, di una politica estera comune potrebbe essere costituita invece dalla creazione immediata delle basi culturali e scientifiche (Accademia militare e digitale comuni), di quelle tecnologiche (sviluppo di un ecosistema digitale comune), e organizzative (un’Agenzia Tecnologica Europea), e, infine, giuridiche e finanziarie (la rinascita di una Società Europea per la Difesa e lo Spazio), con la partecipazione azionaria di Governi e imprese, sul modello di EADS ed Arianespace. Infatti, oggi l’Europa manca di tutto quanto sopra: in sostanza, manca della sostanza effettiva della soggettività politica nell’Era delle Macchine Intelligenti. Fino ad ora, l’Europa, schiacciata fra una dipendenza puntuale ai poteri forti occidentali e un’ egemonia culturale di sinistra contraria al principio di realtà, non ha potuto fare nessuno di questi passi, ed, anzi, ha fatto di tutto per ostacolarli (demonizzazione delle culture europee d’anteguerra, cfr.Lukàcs; distruzione degli Istituti di Educazione e demonizzazione dell’epistocrazia; svendita delle imprese strategiche).. Certamente, la lotta per la conquista (e la difesa?) della Groenlandia costituirà un ennesimo grande shock per gli Europei. Resta il fatto che ci si abitua a tutto, e il risultato potrebbe essere un rapporto ancora più coloniale fra USA ed Europa. Per evitarlo, occorre una grande mobilitazione di popolo contro l’annessione e per la difesa dell’isola artica, se necessario di concerto con altri partner interessati, come per esempio il Canada e il Regno Unito. 6.L’ “European Technology Agency” e l’ideologia olivettiana Nell’ ideare e descrivere l’agenzia sopra indicata, ci siamo ampiamente ispirati a molti aspetti dell’attività di Adriano Olivetti, il quale aveva compreso, con l’anticipo di almeno 70 anni, il carattere determinante delle tecnologie digitali per l’intero orientamento della società del futuro, e anche l’inscindibile collegamento fra informatica, cultura e politica. Quanto al primo punto, Olivetti aveva fatto della sua impresa il punto d’incontro fra tecnologia e società, partecipando al rinnovamento dell’ architettura industriale, al movimento per la normazione tecnica, all’elaborazione del Piano Regolatore di area larga di Ivrea e Valle d’Aosta nell’ ambito della Corporazione degli Industriali, nonché alla Resistenza, all’ amministrazione della città di Ivrea, di cui fu sindaco, alla vita parlamentare nazionale, e alla creazione del Movimento Comunità, di cui gettò egli stesso le basi teoriche. Soprattutto, raccolse intorno a sé intellettuali di tutte le specialità, dalla letteratura alla sociologia, al design, all’ architettura, alla fisica e all’ ingegneria, che poi avrebbero operato come un fertilizzante nei più svariati ambiti della società italiana. Quanto al secondo punto, Olivetti sviluppò il rapporto università-impresa con una collaborazione con l’Università di Pisa, e per primo compì un’opera di attiva ricerca internazionale di talenti cibernetici (come oggi fanno gli Americani), con l’assunzione in America, con il supporto di Enrico Fermi, del giovanissimo e geniale fisico italo-cinese Mario Tchou, che, con un piccolo team d’ingegneri, progettò in pochissimi anni tanto un mainframe, l’ELEA, quanto, e soprattutto, il primo e fortunatissimo personal computer, il modello 101, che ebbe un incredibile successo nonostante che la divisione elettronica dell’ Olivetti fosse stata nel contempo venduta alla IBM per essere chiusa. Le incredibili vicende di questa cessione, e la contemporanea morte, in circostanze misteriose, tanto di Olivetti che di Tchou, lasciano capire l’enormità degl’interessi in gioco intorno alla nascita dell’informatica. Di fatto, nessuno in Europa ha mai più tentato l’avventura di Olivetti e di Tchou, tanto più che, quasi contemporaneamente, si spingeva al suicidio l’altro geniale inventore europeo Alan Turing, e si sabotava l’aereo di Enrico Mattei. Infine, in quel momento Italia, Francia e Germania stavano lavorando a una bomba atomica europea, che fu poi rapidamente stoppata. Occorre ora individuare una nuova via, attraverso una più seria strategia unitaria europea sulle nuove tecnologie e, in particolare, sulle tecnologie militari, e la ricerca di altri partner, economici e tecnologici, come la Cina. A questa nuova, complessa e rischiosa attività avevamo dedicato a suo tempo un importante studio, European Technology Agency, che avevamo inviato a tutti i vertici dell’ Unione, dalla Presidente della Commissione von der Leyen al Commissario Breton, al Presidente dell’ Europarlamento Sassoli, al Presidente della Banca Europea degl’ Investimenti Heuer, invitandoli ad abbandonare il grottesco progetto EIT, di dimensioni infinitesime, e ad affrontare con serietà la questione di una programmazione centralizzata e di lungo periodo dello sviluppo tecnologico nel continente, da affidarsi a una nuova, potente, istituzione europea, comparabile per certi versi al DARPA americano. Solo Sassoli aveva dato seguito alla nostra iniziativa nell’ambito della Commissione Tecnologia del Parlamento Europeo. Tutta una serie di pubblicazioni di Alpina/Dialexis: “Re-starting EU Economy via Technology-intensive Industries”; “Il Ruolo dei Lavoratori nell’Era dell’Intelligenza Artificiale”,, infine, “La Regolamentazione Internazionale dell’ Intelligenza Artificiale”, che andiamo a presentare il 19 maggio al Salone del Libro di Torino. Da allora, la situazione è ancora peggiorata, con il continuo susseguirsi di documenti europei puramente teorici in materia di finanza, di ricerca, di difesa, che si sovrappongono e si elidono, mentre gli Stati Membri creano ciascuno propri enti specialistici (e mentre gli Stati Uniti e la Cina investono pesantemente in concreti programmi operativi come l’”Inflation Reduction Act”, il “Chip and Science Act”, “Made in Cina 2025, Chinese Standards 2030”, ecc…). All’ epoca, nessuno ci aveva dato retta, affermando che bisognava lasciar fare al mercato, ma ora le stesse massime Istituzioni dell’Unione Europea stanno andando esattamente sulla strada da noi indicata, imponendo soluzioni dirigistiche a livello continentale, come il piano ReArm Europe, approvato con il ricorso all’ art.122 del Trattato di Lisbona, che disciplina lo Stato di Eccezione. Resta però misteriosamente il tabù delle tecnologie duali, in cui tra l’altro l’Italia vanta precedenti unici nel loro genere (Olivetti, lanciatori SCOUT e VEGA, satelliti-spia, navette di rientro Thales-Leonardo, facilmente convertibili in missili ipersonici…). Anche in Italia si sta già dibattendo, con linee di frattura che attraversano gli schieramenti politici. Come scrive La Stampa dell’1° Aprile, “c’è chi vorrebbe accodarsi a Trump, entrando nella corte di Mar-a-Lago (Fratelli d’Italia). C’è chi vorrebbe accodarsi alla Cina, magari ritirando fuori dal cassetto la Via della Seta (i Cinque Stelle). C’è chi non ha mai nascosto i legami con Mosca (la Lega). C’è chi è disposto a fare scelte difficili, come aumentare gli investimenti in tecnologie militari, pur di rafforzare la sovranità europea (una parte del centrosinistra). E c’è chi svicola, evitando di prendere posizione e disegnando la propria identità intorno ad altri crinali, destra contro sinistra, apertura contro chiusura (un’altra parte del centrosinistra). Difficilmente ne uscirà premiato chi farà lo struzzo. I crinali politici vanno affrontati. Gli struzzi possono vincere qualche elezione, ma non vanno lontano”. 7.Sostituire l’industria americana dei servizi Quando Ursula von der Leyen afferma che siamo pronti a vendicarci per i dazi americani, intende dire che la Commissione sta preparandosi a tassare le prestazioni di servizi dall’ America, per esempio di banche come J.P. Morgan e la Bank of America, e le piattaforme digitali come X, Google e Amazon. La UE esporta auto, farmaceutici e prodotti agroalimentari, e importa servizi, sì che la bilancia cvommerciale transatlantica non è affatto sbilanciata, bensì è in sostanziale pareggio.
Oltre agli strumenti già applicabili ai vari settori dei servizi dall’ America, la UE dispone dello specifico “Anti-Coercion Instrument, con cui potrebbe disattivare , limitare i diritti di proprietà intellettuale dei GAFAM o sescluderli dai mercati della UE. Il punto è: come uscire da un sistema di interrelazioni, come quello attuale, che affida agli USA il ruolo dominante di esportatori di servizi “nobili”, e agli Europei il ruolo di “auxilia” o di manifattura. La Cina ha già risposto da tempo espellendo praticamente gli Americani dal proprio mercato, e costruendone uno interno altrettanto possente e concorrenziale di quello occidentale nel suo insieme. L’atteggiamento mercantilista e neo-coloniale americano sta fornendo finalmente la leva per applicare questa ricetta anche in Europa.
Nel momento in cui, pressata, da un lato, da Trump, e, dall’altro, da Zelenskij, la UE si è affrettata ad affermare la propria disponibilità a “sforare” le “sacre” regole di bilancio per poter investire di più nella difesa, diviene più che mai essenziale chiarire in che modo le nuove politiche di difesa dell’Europa s’inquadrerebbero in un discorso – culturale, etico e politico-, di respiro più ampio, che, lungi dal limitarsi a una contingente ripicca, tocca innanzitutto la guerra e la pace, ma poi anche le nuove tecnologie e il futuro dell’ Europa e del mondo, e, in secondo luogo, come possono contrastare dazi di Trump.
1.”Pax Aeterna” Accanto a un’indubbia tradizione guerriera dell’ Europa, che risale agli Yamnaya, ai Greci, ai Romani, ai “barbari”, alle diverse monarchie e repubbliche (e che erroneamente viene interpretata come “democratica”), vi è stata fin dagli inizi, in Europa come altrove, una tradizione “pacifista”, ereditata dai grandi imperi orientali e divenuta dominante nella cultura del periodo augusteo (la “Pax Augusta”), quella che, paradossalmente, sembra la radice vera dell’ideologia “progressista”. Anche la parola d’ordine della “Pace Perpetua” è tutt’altro che nuova, essendo stata già lanciata dall’imperatore romano Filippo l’Arabo (il primo imperatore cristiano dell’Impero Romano), di cui ci è pervenuta una bella moneta con questa dicitura. Del resto, l’invocazione “ai costruttori di pace” contenuta nel Discorso della Montagna, sembra inserirsi proprio in questo secondo filone. Questa dialettica ricorre in tutta la storia europea. Ogni impero, per sua natura, ha una vocazione universale, attraverso la sottomissione degli altri Paesi, creando una forma di pace, come annunziavano già le epigrafi sulle tombe degli Achemenidi: “parcere victis et debellare superbis”, il che è esattamente ciò che i teorici della “Fine della Storia” pensavano fino ad ora(e forse pensano ancora), i teorici dell’ Impero Americano. I Persiani firmarono con i Bizantini, nel 532, un trattato di pace con, la “Pax Aeterna”, ai sensi del quale l’imperatore bizantino s’impegnava a pagare 11 000 libbre d’oro, destinate alla difesa dei passi del Caucaso contro i barbari, di cui si sarebbero dovuti occupare i Sassanidi( “Pace cinquantennale”, o “Trattato di Dara”), qualcosa che ricorda il 2% del PIL dovuto dagli Europei alla NATO per la difesa contro la Russia. Il trattato doveva durare 50 anni, ma rimase in vigore solo fino al 572, quando Giustino II lo denunziò, dando inizio alla guerra del 572-591. Questa è stata sempre la sorte del trattati “di Pace Perpetua”, forse perché questa è possibile solo dopo la morte. Il Sacro Romano Impero riprese il concetto della “Pax Aeterna” („Ewiger Landfriede“), ed, anzi, avviò un vero e proprio “movimento per la pace perpetua”, avviato con la “Pace dell’ Impero” del 1235, che sarebbe poi stato continuato da sovrani e intellettuali. Le pretese territoriali dei feudatari tedeschi si sarebbero dovute esprimere, d’ allora in avanti, non più con le faide, bensì attraverso azioni giudiziarie. Alla Dieta di Worms, del 1495, fu adottata la “Reichsgesetz”, che, creando il Reichskammergericht (il Tribunale Camerale Imperiale) di Francoforte , sanciva il monopolio imperiale dell’ uso della forza, mentre questa restava libera fra gli Stati indipendenti dall’ Impero.
2.I Progetti di crociata Già allora la Pace Perpetua era legata a una politica di difesa dell’Europa. Se, all‘ interno dell‘ Impero, e, della Cristianità, doveva valere la Pace Perpetua, contro gl’infedeli (fossero essi mussulmani, albigesi, slavi o baltici) vigeva invece il diritto di guerra (così come nel mondo mussulmano, allo “Spazio dell’ Islam”, “Dar al-Islam”, si contrapponeva lo “Spazio della Guerra” (“Dar al-Harb”). Il concetto era che, quando il proprio impero avesse vinto contro tutti gli avversari, avrebbe potuto iniziare il “Millennio”, degna preparazione per il ritorno del Salvatore (lo Shaoshant mazdeo, il Mashiah ebraico, Gesù/Issa per Cristiani e i Mussulmani). Ad esempio, l’accordo fra sovrani cristiani, il “Tractatus Pacis Fiundae”, proposto dal re boemo Giorgio Podiebrad, era un progetto di crociata. L’organizzazione delle crociate, originariamente compito del Papa e dell’ Imperatore, era stata così successivamente assunta da monarchi come i re di Francia e di Boemia, sotto la cui egida furono adottati i progetti di crociata (quelli di Dubois, di Podiebrad e di Sully), che introducevano organi politici paneuropei anticipanti quelli dell’ Unione Europea, potenzialmente alternativi a quelli dell’ Impero. Nonostante la decadenza dell’Impero e la frammentazione delle Chiese, non ci si rassegnava all’ idea che neppure fra i Cristiani potesse regnare la Pace Perpetua, e quindi si proponeva di attribuire ad organi collettivi la funzione regolatrice che, per Dante, spettava all’ Imperatore. Il progetto di pace perpetua erroneamente attribuito a Kant, era, in realtà, dell’Abate di Saint-Pierre, un negoziatore del trattato di Utrecht, che si ispirava a quei precedenti medievali. Kant l’aveva semplicemente commentato, durante la Campagna d’Italia di Napoleone (quando si pensava che l’ascesa delle cassi borghesi avrebbe sostituito l’etica del commercio a quella della “gloria ed onore” di sovrani e aristocratici). Esso verrà ripreso nella versione russa della Santa Alleanza.Si noti che Kant, nonostante il suo commento favorevole alla proposta di Saint-Pierre, aveva paragonato anche, e giustamente, la Pace Perpetua a un cimitero. Il Manifesto di Ventotene, scritto da alcuni antifascisti confinati nell’ isola di Ventotene, che si poneva come obiettivo quello si conseguire la pace in Europa mediante la creazione di una federazione, si riallacciava dunque al progetto di Saint-Pierre. Confondeva però, come questo e come i Progetti di Crociata, pace mondiale e pace europea, ordinamento internazionale e integrazione europea, ignorando fatti fondamentali come gli USA, la Russia, la Cina, il colonialismo e il dominio della tecnica. Tuttavia, coerentemente con le ambigue origini antiche del movimento per la pace, non ignorava invece la problematica bellica, ché, anzi, prevedeva che l’organizzazione militare dell’Europa fosse di competenza della Federazione. E’vero che il Manifesto contiene molte affermazioni pacifistiche, in particolare quella che “la federazione europea riduce al minimo le spese militari, permettendo così l’impiego della quasi totalità delle risorse a scopi di elevazione del grado di civiltà”. Gli estensori del Manifesto non potevano per altro immaginare che, nel nostro secolo, molte fra le spese “militari” sarebbero state dedicate proprio all’ “elevazione del grado di civiltà”, vale a dire quelle per la lotta della cultura contro il prevalere delle Macchine Intelligenti. Questo perché si dichiaravano fautori di un indifferenziato blocco di “Progresso” che proprio in quegli anni alcuni, come per esempio Heidegger , e poco dopo Horkheimer e Adorno, cominciavano invece a porre in discussione, perché tale “Progresso” riguardava le macchine, capaci di produrre la Bomba Atomica, non già la costruzione di un uomo superiore. Oggi la stessa problematica si pone per l’ Intelligenza Artificiale.
3.La politica estera e di difesa e le nuove tecnologie. A causa dell’ inscindibile nesso fra pace e guerra, posto dai precedenti della Pax Romana, della Landfriede e dei Progetti di Crociata, anche l’ Unione Europea era stata concepita originariamente come un’alleanza militare, la CED, che però non fu ratificata dal Parlamento francese, sostanzialmente perché non si era riusciti a definire una credibile catena di comando (problema tutt’ora irrisolto). Così, la politica estera e di difesa dell’Europa è rimasta sostanzialmente nelle mani della NATO, vale a dire degli Stati Uniti, con una funzione di “federatore esterno”, nei confronti del quale gli Stati europei si comportano come a suo tempo gli “auxilia” dell’ Impero Romano. In tal modo, le azioni militari comuni degli Europei si svolgono sotto il comando diretto della presidenza americana, così come sono state condotte le guerre di Corea, Irak, Bosnia,Kossovo e Ucraina. Questo è sempre stato un ulteriore grave limite dell’integrazione europea, anche perché, piaccia o no, le sempre nuove tecnologie (energia atomica, missili, radar, satelliti, computer, rete, droni, robot, microchip, intelligenza artificiale), che, nell’ultimo secolo, non hanno cessato di venire create, hanno tutte per lo più un carattere “duale”, vale a dire che servono tanto per il civile, quanto per il militare, e sono determinanti in ambo i settori. Il loro monopolio da parte degli USA limita quindi grandemente lo sviluppo civilizzatorio dell’ Europa, sospingendo sempre più quest’ultima verso il sottosviluppo. Le guerre attualmente in corso lo dimostrano, con il ruolo sempre più determinante di intelligenza artificiale, di satelliti, missili e droni, che conferisce il ruolo decisionale a chi li controlla, cioè gli Stati Uniti, e, ultimamente, ai loro “guru”informatici. Come se ciò non bastasse, infatti, gli Stati Uniti costituiscono il terreno di elezione delle grandi aziende informatiche che controllano l’ Occidente, e, in primo luogo, dell’ impero tecnologico di Elon Musk, membro del Governo americano e grande elettore di Trump. Da Musk dipende niente pò pò di meno che l’esito della guerra in Ucraina, che egli può far cessare in qualunque istante spegnando Starlink.Ciò evidenzia la superiorità di Musk rispetto a Trump, dimostrata simbolicamente dai segni esteriori di mancanza di rispetto istituzionale, come il rifiuto del “formal blue” e l’intreduzione dei figli nella Camera Ovale. La previsione di un dominio mondiale dell’America-Mondo identificantesi con la megamacchina digitale -una transizione antropologica inquietante- è stata la molla principale che ha spinto, già dal secolo scorso, la “Maggioranza del Mondo”(“Bol’shinstvo Mira”) alla resistenza contro un’ occidentalizzazione che s’identifica oramai con l’inserimento di tutti nella Megamacchina: Poteri Forti, basi americane, cultura “Mainstream”, Internet, intercettazioni della NSA… La “Guerra senza Limiti”, studiata dai generali cinesi in funzione di questo prevedibile scontro con gli USA, comprende quindi in larga misura una competizione sulle nuove tecnologie che è divenuta addirittura il cuore delle politiche americane e cinesi, fino al punto che i GAFAM, rappresentati da Elon Musk, sovrastano in USA il Presidente Trump e lo trascinano in progetti transumanisti come la conquista di Marte, che rivelano la vera natura del Progetto Incompiuto della Modernità, riallacciantesi alla religione tecnologica di Saint Simon e al Cosmismo russo. Già per Sun Zu l’“intelligence” costituiva la chiave dell’Arte della Guerra di: “Se conosci te stesso e il tuo nemico, vincerai cento battaglie” Per questo, la questione della difesa dell’Europa non può essere disgiunta da quella delle nuove tecnologie e delle ideologie della tecnica. L’Europa non è certo inferiore alla Russia quanto a investimenti nella Difesa (anzi, spende il doppio di quest’ultima), ma è incredibilmente più debole di essa per la mancanza di investimenti nella parte “software”, che è quella delle nuove tecnologie, stranamente (?) riservate (dopo la morte di Adriano Olivetti e Mario Tchou e la chiusura della Olivetti Elettronica), a imprese e forze americane. Grazie a questa “divisione di compiti” transatlantica, le forze europee, quand’anche fossero meglio coordinate a livello continentale, non potrebbero risultare autonome dagli USA, come invece dichiarano oggi ottimisticamente molti leader europei diffidenti verso Trump (i “Volenterosi”). Ma questa è, come ha detto Witkoff, “solo una posa”, priva di credibilità politica e tecnica. Non per nulla, l’impostazione data all’azione ReArm Europe/Readiness 2030 risulta incredibilmente arretrata rispetto alle effettive esigenze del presente momento storico, caratterizzato, da un lato, dal desiderio degli USA di “ridurre il proprio impegno in Europa”, e, dall’ altro, dall’ emergere di armi rivoluzionarie come i missili ipersonici.Infatti, il piano si limita, da un lato, a rimuovere gli ostacoli finanziari all’ aumento della spesa dei singoli Stati Membri, proprio secondo quanto richiesto da Trump, e, dall’ altro lato, a prevedere un miglior coordinamento tecnico nella politica industriale, quale quello perseguito da tempo, con discutibili risultati, con l’Agenzia Europea degli Armamenti. Essa non tocca invece le questioni gravissime dell’assenza di una programmazione e comando comune, alternativi a quello NATO, di una cultura militare comune, dei sistemi di difesa più moderni, come una sorta di “Iron Drome” israeliano e qualcosa di simile ai missili ipersonici russi e cinesi, e infine di campioni europei nel campo delle tecnologie avanzate. Nel vuoto così creato, si stagliano come uniche realtà effettive i progetti di riarmo tedeschi, francesi, inglesi e polacchi, e gli acquisti di armamenti in America, il tutto restando nel campo delle tecnologie tradizionali e rafforzando il nazionalismo degli Stati membri. Il suo significato è dunque prima di tutto psicologico/propagandistico, in quanto costituisce comunque una manifestazione d’indipendenza (almeno parziale) nei confronti dell’America di Trump, e “sdogana” l’idea del “riarmo” della Germania, che era stato “venduto” nei passati 80 anni come una delle principali ragioni d’essere dell’ ordinamento postbellico e delle limitazioni alla Politica Estera e di Difesa. Come scrive la Frankfurter Allgemeine, „Die Deutschen haben in ihrem Vulgärpazifismus versagt“(“I Tedeschi hanno fallito con il loro ‘pacifismo volgare’”). Non serve per altro in alcun modo come deterrente contro la Russia, e tanto meno gli USA, in vista dei conflitti di oggi (Ucraina e Groenlandia).
4.Le “tecnologie duali” Attualmente, le politiche tecnologiche dell’Europa sono disperse in mille rivoli, europei e nazionali, senza l’indicazione di alcun tipo di priorità, in modo che la politica dell’Europa viene di fatto progettata dall’America (dal DoD, dal DARPA, dalle multinazionali della difesa, dai GAFAM). Gli USA entrano fin nei dettagli delle nostre politiche industriali, come nel caso della governance di Pirelli (un fabbricante di pneumatici con un socio cinese), a cui si pretende di dettare la governance da Washington, rovinandone le prospettive di mercato. Questo contesto, che sembra fatto apposta per confermare le previsioni di Trockij (che gli USA avrebbero contingentato il capitalismo europeo), ridicolizza tutte le narrazioni del “Mainstream” -quelle “tradizionali” dei Cinesi che “rubano” la tecnologia agli Americani, mentre qui si vogliono costringere gl’Italiani a “rubare” la tecnologia ai Cinesi; dell’America liberale e liberista, ecc..-, e quelle nuove, dell’ America che vuole disinteressarsi dell’ Europa, mentre invece ci detta nei minimi particolari le politiche delle nostre imprese…D’altronde, la decisione dell’ allora FIAT di costruire solo automobili di piccola cilindrata era già stata imposta, a guerra mondiale ancora in corso, da un funzionario americano, negli uffici di Allen Dulles, responsabile della CIA in Europa, al Dott. Camerana, inviato dalla Fiat a Berna. Infine, il, pur lodevole, principio della “Preferenza Europea”, invocato da molti, non può trovare oggi una reale attuazione a causa della debolezza, e/o dell’assenza, di campioni europei, e, anzi, il controllo americano su molte imprese europee. Gli unici campioni che siano stati creati in questi anni (Airbus, Ariane, Tornado, Eurofighter), nati, paradossalmente, in base ai principi gollisti della cooperazione intergovernativa e pubblico-privato, che si vorrebbero reintrodurre ora, furono in passato sabotati dai Governi. In particolare, l’unico grande conglomerato nato in base a questi principi, l’EADS, European Defense and Space, fra Francia, Germania, Inghilterra e Spagna, fu presto privatizzato e smantellato, per il prevalere d’ interessi nazionali e privati. Suo peccato originario: l’assenza di un forte presidio a tutela dell’interesse europeo, come avrebbe potuto essere costituito da una partecipazione azionaria forte dell’Unione Europea (per esempio, attraverso la BEI) , e uno statuto societario basato veramente sulla cogestione, secondo i principi del Modello Carbosiderurgico tedesco, o, ancor meglio, della Volkswagengesetz, che riserva ai poteri pubblici una sorta di “Golden Share” e sancisce il controllo sociale sui mezzi di produzione strategici. Intanto, mentre si impongono agli Europei contorti, costosi e contraddittori atteggiamenti, come sanzioni e dazi, l’America continua a fare i suoi affari con la Russia e con la Cina “a margine” della vicenda Ucraina.Una qualunque seria politica estera e di difesa dovrebbe avere oggi come corrispettivo una politica tecnologica completamente diversa.
5.”Readiness 2030”: un obiettivo ambizioso, ma irrazionale Con la modifica del nome del progetto (“Readiness 2030” anziché “ReArm Europe”), si è voluto “chiarire” (ma in modo ipocrita) che l’obiettivo della nuova politica estera e di difesa dell’Europa sarebbe quello di essere pronti entro 5-10 anni a contrastare autonomamente un eventuale attacco russo a Paesi Baltici e Polonia. Quindi, nulla a che fare con la Guerra in Ucraina, e, soprattutto, con la necessità di difendere, hic et nunc, il Canada e la Groenlandia dalla dichiarata volontà americana di aggressione. Esprimo un mio motivato punto di vista su questa problematica perché posso dire di possedere almeno i rudimenti di “Military Preparedness”, essendo stato, nel lontano 1974, ufficiale dell’ Amministrazione Militare italiana, e avendo partecipato proprio a esercitazioni di mobilitazione generale. La base per l’orientamento del Piano verso la preparazione bellica quinquennale sarebbe costituita da una previsione (non si sa quanto disinteressata) dei servizi segreti britannici, sulle intenzioni della Russia, ma non vi alcun motivo per cui quella russa sia veramente la minaccia militare più immediata per l’Europa. Per esempio, gli USA stanno minacciando in questo momento preciso di annettere entro questo mandato presidenziale, ma possibilmente prima, e se necessario con la forza, la Groenlandia, paese terzo associato con la Danimarca, e Vance, insieme al responsabile della sicurezza americana, è già perfino andato a prenderne simbolicamente possesso, visitando, contro la volontà delle autorità groenlandesi, una base americana nel Paese. Gli Europei intendono difenderlo? Come farlo, con centinaia di migliaia di soldati americani stanziati in Europa, e la Groenlandia già presidiata, seppure debolmente, dagli USA? Questo modello si ripeterà altrove, per esempio in Norvegia? In secondo luogo, anche un’eventuale guerra fra la Russia e l’Europa, quand’anche arricchita di nuovi armamenti grazie a ReArm Europe e al contributo del Commonwealth, ci vedrebbe inevitabilmente sconfitti a causa delle nostre carenze di cui sopra, a meno che Musk non continuasse a fornirci la copertura dell’intelligence satellitare e, se del caso, gli USA una protezione nucleare, il cui venir meno è proprio il rischio che ha scatenato l’urgenza del piano di riarmo. Non è pensabile che gl’ideatori del piano siano così sprovveduti da non avere considerato questi semplici dati di fatto, sicché l’ipotesi più plausibile è che, una volta di più, non si voglia affatto fare una vera politica estera e di difesa autonoma, bensì si voglia semplicemente dimostrare agli USA di avere aumentato le spese di difesa almeno del 2%, comprando per giunta in America nuovi equipaggiamenti. Poi, depositatosi il polverone, si farebbero accordi con Musk per Starlink, divenendo ancora più dipendenti di oggi dallo “scudo” americano. Insomma, solo un modo per fare pressione sugli USA, “vendicandosi” per il declassamento consumato sull’ Ucraina e per i dazi. Come ha detto Vance, “Queste persone vogliono trasformare l’Europa in un protettorato permanente. Il problema: se mai fosse stata una buona idea, non è semplicemente sostenibile con duemila miliardi di dollari di deficit all’anno”. Ma non sarebbe comunque una buona idea, perché i protettorati sono aree che vengono svuotate di ogni vitalità, come è accaduto all’ Europa, ed è veramente singolare che ce lo debba ricordare proprio il Vice-presidente americano (che per altro viene indicato da taluni come futuro presidente dell’ Europa).
6.Una politica estera e di difesa gradualistica, ma accelerata Un avvio graduale, ma ragionevole, di una politica estera comune potrebbe essere costituita invece dalla creazione immediata delle basi culturali e scientifiche (Accademia militare e digitale comuni), di quelle tecnologiche (sviluppo di un ecosistema digitale comune), e organizzative (un’Agenzia Tecnologica Europea), e, infine, giuridiche e finanziarie (la rinascita di una Società Europea per la Difesa e lo Spazio), con la partecipazione azionaria di Governi e imprese, sul modello di EADS ed Arianespace. Infatti, oggi l’Europa manca di tutto quanto sopra: in sostanza, manca della sostanza effettiva della soggettività politica nell’Era delle Macchine Intelligenti. Fino ad ora, l’Europa, schiacciata fra una dipendenza puntuale ai poteri forti occidentali e un’ egemonia culturale di sinistra contraria al principio di realtà, non ha potuto fare nessuno di questi passi, ed, anzi, ha fatto di tutto per ostacolarli (demonizzazione delle culture europee d’anteguerra, cfr.Lukàcs; distruzione degli Istituti di Educazione e demonizzazione dell’epistocrazia; svendita delle imprese strategiche).. Certamente, la lotta per la conquista (e la difesa?) della Groenlandia costituirà un ennesimo grande shock per gli Europei. Resta il fatto che ci si abitua a tutto, e il risultato potrebbe essere un rapporto ancora più coloniale fra USA ed Europa. Per evitarlo, occorre una grande mobilitazione di popolo contro l’annessione e per la difesa dell’isola artica, se necessario di concerto con altri partner interessati, come per esempio il Canada e il Regno Unito. 6.L’ “European Technology Agency” e l’ideologia olivettiana Nell’ ideare e descrivere l’agenzia sopra indicata, ci siamo ampiamente ispirati a molti aspetti dell’attività di Adriano Olivetti, il quale aveva compreso, con l’anticipo di almeno 70 anni, il carattere determinante delle tecnologie digitali per l’intero orientamento della società del futuro, e anche l’inscindibile collegamento fra informatica, cultura e politica. Quanto al primo punto, Olivetti aveva fatto della sua impresa il punto d’incontro fra tecnologia e società, partecipando al rinnovamento dell’ architettura industriale, al movimento per la normazione tecnica, all’elaborazione del Piano Regolatore di area larga di Ivrea e Valle d’Aosta nell’ ambito della Corporazione degli Industriali, nonché alla Resistenza, all’ amministrazione della città di Ivrea, di cui fu sindaco, alla vita parlamentare nazionale, e alla creazione del Movimento Comunità, di cui gettò egli stesso le basi teoriche. Soprattutto, raccolse intorno a sé intellettuali di tutte le specialità, dalla letteratura alla sociologia, al design, all’ architettura, alla fisica e all’ ingegneria, che poi avrebbero operato come un fertilizzante nei più svariati ambiti della società italiana. Quanto al secondo punto, Olivetti sviluppò il rapporto università-impresa con una collaborazione con l’Università di Pisa, e per primo compì un’opera di attiva ricerca internazionale di talenti cibernetici (come oggi fanno gli Americani), con l’assunzione in America, con il supporto di Enrico Fermi, del giovanissimo e geniale fisico italo-cinese Mario Tchou, che, con un piccolo team d’ingegneri, progettò in pochissimi anni tanto un mainframe, l’ELEA, quanto, e soprattutto, il primo e fortunatissimo personal computer, il modello 101, che ebbe un incredibile successo nonostante che la divisione elettronica dell’ Olivetti fosse stata nel contempo venduta alla IBM per essere chiusa. Le incredibili vicende di questa cessione, e la contemporanea morte, in circostanze misteriose, tanto di Olivetti che di Tchou, lasciano capire l’enormità degl’interessi in gioco intorno alla nascita dell’informatica. Di fatto, nessuno in Europa ha mai più tentato l’avventura di Olivetti e di Tchou, tanto più che, quasi contemporaneamente, si spingeva al suicidio l’altro geniale inventore europeo Alan Turing, e si sabotava l’aereo di Enrico Mattei. Infine, in quel momento Italia, Francia e Germania stavano lavorando a una bomba atomica europea, che fu poi rapidamente stoppata. Occorre ora individuare una nuova via, attraverso una più seria strategia unitaria europea sulle nuove tecnologie e, in particolare, sulle tecnologie militari, e la ricerca di altri partner, economici e tecnologici, come la Cina. A questa nuova, complessa e rischiosa attività avevamo dedicato a suo tempo un importante studio, European Technology Agency, che avevamo inviato a tutti i vertici dell’ Unione, dalla Presidente della Commissione von der Leyen al Commissario Breton, al Presidente dell’ Europarlamento Sassoli, al Presidente della Banca Europea degl’ Investimenti Heuer, invitandoli ad abbandonare il grottesco progetto EIT, di dimensioni infinitesime, e ad affrontare con serietà la questione di una programmazione centralizzata e di lungo periodo dello sviluppo tecnologico nel continente, da affidarsi a una nuova, potente, istituzione europea, comparabile per certi versi al DARPA americano. Solo Sassoli aveva dato seguito alla nostra iniziativa nell’ambito della Commissione Tecnologia del Parlamento Europeo. Tutta una serie di pubblicazioni di Alpina/Dialexis: “Re-starting EU Economy via Technology-intensive Industries”; “Il Ruolo dei Lavoratori nell’Era dell’Intelligenza Artificiale”,, infine, “La Regolamentazione Internazionale dell’ Intelligenza Artificiale”, che andiamo a presentare il 19 maggio al Salone del Libro di Torino. Da allora, la situazione è ancora peggiorata, con il continuo susseguirsi di documenti europei puramente teorici in materia di finanza, di ricerca, di difesa, che si sovrappongono e si elidono, mentre gli Stati Membri creano ciascuno propri enti specialistici (e mentre gli Stati Uniti e la Cina investono pesantemente in concreti programmi operativi come l’”Inflation Reduction Act”, il “Chip and Science Act”, “Made in Cina 2025, Chinese Standards 2030”, ecc…). All’ epoca, nessuno ci aveva dato retta, affermando che bisognava lasciar fare al mercato, ma ora le stesse massime Istituzioni dell’Unione Europea stanno andando esattamente sulla strada da noi indicata, imponendo soluzioni dirigistiche a livello continentale, come il piano ReArm Europe, approvato con il ricorso all’ art.122 del Trattato di Lisbona, che disciplina lo Stato di Eccezione. Resta però misteriosamente il tabù delle tecnologie duali, in cui tra l’altro l’Italia vanta precedenti unici nel loro genere (Olivetti, lanciatori SCOUT e VEGA, satelliti-spia, navette di rientro Thales-Leonardo, facilmente convertibili in missili ipersonici…). Anche in Italia si sta già dibattendo, con linee di frattura che attraversano gli schieramenti politici. Come scrive La Stampa dell’1° Aprile, “c’è chi vorrebbe accodarsi a Trump, entrando nella corte di Mar-a-Lago (Fratelli d’Italia). C’è chi vorrebbe accodarsi alla Cina, magari ritirando fuori dal cassetto la Via della Seta (i Cinque Stelle). C’è chi non ha mai nascosto i legami con Mosca (la Lega). C’è chi è disposto a fare scelte difficili, come aumentare gli investimenti in tecnologie militari, pur di rafforzare la sovranità europea (una parte del centrosinistra). E c’è chi svicola, evitando di prendere posizione e disegnando la propria identità intorno ad altri crinali, destra contro sinistra, apertura contro chiusura (un’altra parte del centrosinistra). Difficilmente ne uscirà premiato chi farà lo struzzo. I crinali politici vanno affrontati. Gli struzzi possono vincere qualche elezione, ma non vanno lontano”. 7.Sostituire l’industria americana dei servizi Quando Ursula von der Leyen afferma che siamo pronti a vendicarci per i dazi americani, intende dire che la Commissione sta preparandosi a tassare le prestazioni di servizi dall’ America, per esempio di banche come J.P. Morgan e la Bank of America, e le piattaforme digitali come X, Google e Amazon. La UE esporta auto, farmaceutici e prodotti agroalimentari, e importa servizi, sì che la bilancia cvommerciale transatlantica non è affatto sbilanciata, bensì è in sostanziale pareggio.
Oltre agli strumenti già applicabili ai vari settori dei servizi dall’ America, la UE dispone dello specifico “Anti-Coercion Instrument, con cui potrebbe disattivare , limitare i diritti di proprietà intellettuale dei GAFAM o sescluderli dai mercati della UE. Il punto è: come uscire da un sistema di interrelazioni, come quello attuale, che affida agli USA il ruolo dominante di esportatori di servizi “nobili”, e agli Europei il ruolo di “auxilia” o di manifattura. La Cina ha già risposto da tempo espellendo praticamente gli Americani dal proprio mercato, e costruendone uno interno altrettanto possente e concorrenziale di quello occidentale nel suo insieme. L’atteggiamento mercantilista e neo-coloniale americano sta fornendo finalmente la leva per applicare questa ricetta anche in Europa.
Parafrasando il discorso del Vice Presidente americano J.D. Vance alla Conferenza di Monaco sulla Sicurezza, il massimo pericolo viene oggi, non già dalla Russia o dalla Cina (e neanche, come ha detto Vance, dalle retoriche europee), bensì dalla stessa Amministrazione Americana, e, in particolare, da un collega di Vance, il responsabile del dipartimento D.O.G.E., Elon Musk (che, infatti, incomincia ad essere inviso ai propri colleghi, alla magistratura e perfino ai clienti di Tesla), il quale rappresenta, dentro l’ Amministrazione, l’ormai onnipotente lobby dei GAFAM, le società digitali americane, che già ora controllano totalitariamente le nostre società, e che, se lasciate indisturbate, cederanno fra brevissimo il controllo dell’ Umanità alle Macchine Intelligenti da esse create. E’ per questo che, misteriosamente, in Occidente si stanno smantellando tutte le possibili resistenze (alleati, Costituzioni, cultura, pubbliche amministrazioni). L’evoluzione, in corso, della “presidenza imperiale” americana verso una “democrazia illiberale” (concentrazione di tutti i poteri nel Presidente, violazione delle norme di salvaguardia, applicazione estremistica dello “spoil system”, applicazione pretestuosa del diritto), così pure quella dal tradizionale timore riverenziale per gli USA a uno smaccato servilismo, rientrerebbero in un comprensibile trend mondiale generalizzato, inevitabile nell’ era delle Macchine Intelligenti; invece, l’inedita unione fra il potere presidenziale di Trump e il potere digitale di Musk costituisce un ulteriore salto in avanti, che va ben oltre la Società delle Macchine Intelligenti, per trapassare nel Postumanesimo e nella Singularity Tecnologica. Addirittura, Trump ha portato ufficialmente al vertice del potere politico occidentale un guru digitale dichiaratamente adepto del “cosmismo”, la forma più integrale di transumanesimo, erede, nonostante le apparenza, della forma più estrema del progressismo, i “Costruttori di Dio” bolscevichi. Per fortuna, parte del movimento MAGA (come per esempio, Rubio e Bannon) aborre Musk quasi fosse l’Anticristo, e Trump ha già fatto parzialmente marcia indietro, togliendo a Musk stesso il principale potere originariamente attribuitogli: quello di licenziare in massa i pubblici funzionari americani, oggetto centrale dell’attività del suo dipartimento. Speriamo che la crisi economica dei GAFAM, che per ora li ha resi solo più aggressivi, e soprattutto della Tesla di Elon Musk, finisca per depotenziare il loro esorbitante potere politico. Questo pericolo viene effettivamente evidenziato anche nell’ultima newsletter del Movimento Europeo, ma, a nostro avviso, in termini troppo blandi, che finiscono per depotenziare il necessario potere di urto sugli Europei, contribuendo alla continuazione dell’ avanzata dei GAFAM:“Oggi la Resistenza europea ha nuovi nemici: deve difendersi dalle tecno-oligarchie digitali che accumulano ricchezze inaudite appropriandosi dei nostri dati e dagli imperi che vogliono l’Europa divisa per meglio dominarla e controllarla.” Si continua a pensare, e a scrivere, che i problemi economici rappresentati dal capitalismo della sorveglianza, e quelli politici rappresentati da USA e Russia, siano due cose distinte. A nostro avviso, invece, si tratta di un unico problema: il rischio esistenziale che le Macchine Intelligenti sostenute dalle Grandi Potenze si sostituiscano completamente all’ Umano nel pensiero, nella biologia e nelle decisioni politiche, compresa quelle sulla guerra nucleare.
1.Il cosmismo di Musk Durante la rivoluzione bolscevica, i cosmisti (Bogdanov, Tsiolkovskij, Vernadskij-i “Costruttori di Dio”, sostenuti da Trockij-), volevano in sostanza far luogo all’attuazione radicale del “Primo Programma Sistemico dell’ Idealismo Tedesco”, realizzando nell’ immanenza le promesse escatologiche delle religioni, a cominciare dalla Conquista del Regno dei Cieli attraverso l’ astronautica e la Resurrezione dei Morti attraverso la clonazione. Nel fare ciò, essi invocavano il concetto di “comunismo fortyano”, riferendosi ad un eccentrico tycoon newyorkese che cumulava simpatie bolsceviche e hobbies postumanisti. Il culmine di questo trend fu costituito dall’ affermazione, dallo spazio, del cosmonauta Jurij Gagarin: “Boga niet!” (“Dio non c’è”). In ultima analisi, tutte le tendenze progressiste, dal superomismo alla tecnocrazia, dall’ateismo cristiano al liberalismo di sinistra, dalla socialdemocrazia al comunismo, mirano a quello stesso obiettivo, senza peraltro avere il coraggio di affermarlo apertamente. In concreto, oggi, l’Umanità non attende più il ritorno del Messia, bensì le meraviglie della tecnologia; la salvezza non è ricercata nella fede o nella virtù, bensì nella politica (la democrazia) e nell’ economia (Stato o mercato), che vengono difese con un accanimento degno dell’ Inquisizione. Musk è anch’egli, come i Cosmisti, un fautore della migrazione dell’uomo su Marte e di un’”Enhancement” dell’Umanità ottenuto collegando ogni singolo cervello con un computer centrale, attraverso un impianto neurale sottocutaneo, trasformandoci tutti in una “macchina mondiale” che sarebbe l’incarnazione materialistica dello Spirito Oggettivo di Hegel. Si rivela così qual’era, ed è, l’obiettivo segreto ultimo di tutti i totalitarismi: fare di tutti gli uomini un’unica “noosfera” (termine non per nulla inventato dal cosmista Vernadskij e ripreso dal teologo Teilhard de Chardin). Trump si è avvicinato progressivamente ai progetti di Musk, firmando un ordine esecutivo con cui incoraggiava le aziende americane a estrarre risorse dalla luna e dagli asteroidi limitrofi. Non percependo essi lo spazio come un bene e una proprietà comune (global commons), come previsto invece dal vigente diritto spaziale internazionale pattizio, hanno rifiutato un coordinamento multilaterale, e inoltre hanno dato il via allo sfruttamento commerciale della Luna, senza curarsi di negoziare e redigere alcun trattato internazionale, e legittimando, inoltre, la possibilità di formare partnership tra il governo federale e le aziende private per l’estrazione di materie prime dalla Luna, tra cui acqua e minerali rari. Gli Stati Uniti, inoltre, non hanno mai firmato il «Moon Treaty» del 1979, che stipulava che qualsiasi attività spaziale avrebbe dovuto conformarsi alle direttive internazionali. Ma, a vero dire, non lo avevano accettato neanche la Russia e la Cina, le altre due potenze intergalattiche avversarie. Si apre una nuova era astro-politica, che applicherà la dottrina colonialista americana del Destino Manifesto allo spazio profondo: «Gli Stati Uniti siedono sull’orlo di un precipizio: l’impero deve decidere se procedere a manifestarsi come una sovranità de-territorializzata oppure restare a terra e provocare un collasso ambientale di proporzioni apocalittiche». Si spiega così la frenesia di Trump di raggiungere un accordo con le altre superpotenze, per poter realizzare questa spartizione dell’Universo. Si realizzerebbe così, grazie agli USA, l’”Opera Comune” di Tsiolkovskij che diverrebbe così un’ estensione del mito americano della Frontiera (Frederick Turner) e della “Nuova Frontiera” (Kennedy, Clinton). Il tutto condito con le rivendicazioni territoriali sul Canada e della Groenlandia:”la colonizzazione della Groenlandia rappresenta l’apertura di un nuovo territorio agli uomini occidentali, una frontiera che forgerà , mel tempo, un nuovo popolo, condizionato dal clima freddo e dalla durezza del terreno”.Già secondo Turner, “l’Ovest era una fonte di eterna giovinezza, immergendosi nella quale, l’America ringiovanisce”, e con la pretesa di essere ‘la guida del mondo libero’”. Il recente decreto italiano sull’ economia dello spazio apre agli USA il mercato dell’economia spaziale, frustrando il tentativo dell’ Europa di creare una propria infrastruttura spaziale. Il provvedimento è stato approvato con i voti favorevoli dei partiti che sostengono il governo Meloni, mentre tutti partiti all’opposizione hanno votato contro. Essi hanno criticato il provvedimento perché, a detta loro, sarebbe un (ennesimo) favore a Elon Musk:«Questo disegno di legge sull’economia dello spazio è al centro di un ricatto fin dall’inizio. Musk da tempo lavora al suo monopolio: il rischio che lo spazio diventi nuova terra di conquista ora è realtà», ha dichiarato Marco Grimaldi, vicepresidente del gruppo parlamentare di Alleanza Verdi-Sinistra alla Camera. Durante il suo esame alla Camera, le critiche dei partiti all’opposizione si sono concentrate sull’articolo 25 del disegno di legge, che prevede la creazione, da parte del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, di una “riserva di capacità trasmissiva nazionale” aperta alla gestione da parte di operatori privati appartenenti all’Unione europea o alla NATO. In pratica, questa riserva di capacità trasmissiva nazionale consiste in una rete di satelliti, che potranno essere gestiti da imprese private, per garantire la comunicazione degli apparati dello Stato in caso di emergenza e di assenza di altri mezzi di comunicazione.
L’aspetto più contestato di questo articolo è stato il fatto che il governo ha previsto l’accesso alla “riserva di capacità trasmissiva” ad aziende provenienti da Paesi membri della NATO, tra cui gli Stati Uniti. Secondo i partiti all’opposizione, questo permetterebbe anche a SpaceX, l’azienda statunitense di Musk, di poter gestire le comunicazioni istituzionali italiane in casi di emergenza, e ciò si configurerebbe come un problema di sicurezza nazionale, vista l’influenza politica di Musk, i suoi rapporti con l’amministrazione degli Stati Uniti e il carattere ondivago dei suoi rapporti con i Paesi clienti (vedi Ucraina). Questa formulazione era stata adottata in luogo di una più limitativa verso gli USA in seguito a una minaccia del rappresentante italiano di Musk, Andrea Stroppa, che aveva accusato Fratelli d’Italia di piegarsi alle richieste del PD: «Agli amici di Fratelli d’Italia: evitate di chiamarci per conferenze o altro», aveva scritto Stroppa su X. La reticenza dei legislatori verso Space X deriva: (i)dall’importanza strategica dei satelliti-spia di cui trattasi, che non consiglia di cederli a Stati stranieri,né a persone private;(ii) dall’uso spregiudicato che Musk e gli USA stanno facendo dei satelliti-spia come strumento per coartare la volontà del Governo ucraino; (iii)dal pericoloso precedente dello scandalo SOGEI; (iv) dall’ atteggiamento tracotante dell’organizzazione di Musk nei confronti del Governo italiano e di tutti i partiti europei (compreso Fratelli d’Italia); (v) dalla scoperta che tutte le forniture militari o duali americane contengono una “backdoor” che consente al Governo americano di influenzarne a distanza il comportamento, fino allo spionaggio e all’ eventuale spegnimento. A ciò si aggiunga la stretta parentela del cosmismo con tutte le forme di trans-umanesimo, basata sull’ idea che la migrazione nello spazio obbligherà l’umanità a modificare la sua struttura psicosomatica, fondendosi con la macchina (il “Cyborg”).La cosa più preoccupante è che Musk abbina l’esigenza dell’ “Enhancement” per rendere possibile la migrazione nello spazio con l’idea che occorra abbandonare la Terra ai robot. In quanto ex dirigente del settore aerospaziale della FIAT, avevo partecipato alla creazione della società VEGA Spa, con l’Agenzia Spaziale Italiana e l’EADS, che fabbricava, e fabbrica, l’unico missile italiano(realizzato con collaborazioni con Russia e Ucraina), che serve anche come lanciatore per i satelliti militari italiani e come primo stadio per il lanciatore europeo Ariane. Arianespace aveva realizzato in pratica, sulla scia delle politiche gaulliste, l’autonomia spaziale europea, integrando anche i lanciatori russi Sojuz. Tuttavia, per l’assenza di un sufficiente appoggio pubblico, si è ridotta anch’essa ad acquistare i lanciatori di Starlink, e, per colpa delle sanzioni e contro-sanzioni con la Russia, ha dovuto rinunziare alla collaborazione con Sojuz, cedendo quindi il mercato a Elon Musk.
2.Samantha Cristoforetti La convergenza verso il transumanesimo da parte del mondo dell’astronautica è generale a livello mondiale. Come Musk, anche l’astronauta italiana Samantha Cristoforetti ritiene che la specie umana debba diventare multi-planetaria per sopravvivere a disastri imprevedibili ma non per questo impossibili, tra cui rientrano le collisioni con gli asteroidi e le pandemie. Bastano questi rischi per giustificare la necessità dei viaggi spaziali e di eventuali ricollocazioni intergalattiche. Il programma di Musk, sulla scia di Tsiolkovskij, è quello di abbandonare al più presto la Terra, presto dominata dalle Macchine Intelligenti, per migrare nello spazio. I progetti per le nuove colonie lunari sono pronti: includeranno uomini e donne, così da garantire la preservazione della specie. I membri dell’equipaggio spaziale della NASA, con i loro piccoli Uomini Vitruviani diligentemente ricamati sulla tuta, non possono lasciare nulla al caso Ci troviamo di fronte allo slancio di colonizzazione di più ampio respiro da cinquecento anni a questa parte, quando l’espansionismo coloniale europeo aveva appena mosso i primi passi. Cristoforetti ha espresso soddisfazione per i 26 nuovi posti di astronauta riservati a un nucleo di persone che rappresentano la diversità. L’analogia che questo progetto stabilisce fra le donne e le persone disabili offre un’ occasione di riflessione sui sorprendenti colpi di scena della condizione postumana, affermando che «quando si tratta di viaggi nello spazio, siamo tutti disabili» (Reuters, 17 febbraio 2021). In effetti, a gravità zero, tutti i corpi galleggiano liberamente. Si realizzerebbero così alcune delle condizioni previste nel “Manifesto Cyborg” di Donna Haraway, punto di collegamento fra il transumanesimo e il movimento LGTB+. Tutto ciò spiega il conflitto con ministri ultratradizionalisti come Rubio che invece va in giro con una croce di cenere sulla fronte, Vance che fa l’esegesi dell’ “Ordo Amoris” di Sant’ Agostino, e Hegseth che esalta i “valori guerrieri”.
3.Un’autocrazia cosmica Contrariamente a quanto affermato dalla retorica del Mainstream, uno Stato Mondiale non costituirebbe una situazione idilliaca, foriera di pace perpetua, bensì il massimo della tirannide. Lo diceva già Erodoto quando faceva pronunziare a Serse un discorso programmatico palesemente ispirato all’ egemonia achemenide, contrapponendogli lo spirito particolaristico e bellicistico di Leonida:”avendo conquistato tutta l’ Europa, il nostro regno confinerà con quello degli Dei”. Il primo esprimeva una “hybris” considerata barbarica, e, il secondo, la “virtù” degli eroi omerici. Continuava su questa strada Maometto, che, nell’ instaurare la “dhimma”, esaltava la pluralità delle religioni come forza incentivante della competizione internazionale. Vi insistevano Rousseau e Kant, quest’ultimo paragonando la Pace Perpetua a quella di un cimitero. Lo Stato Cosmico in via di costruzione da parte di Musk sarebbe evidentemente ancora peggio di tutto quanto si è fino ad ora immaginato. Già il primo federalismo mondiale, quello di Coudenhove-Kalergi (“Paneuropa”) non prevedeva la “Pace Perpetua”, bensì era basato su una dialettica fra gli Stati-Civiltà (quello che oggi viene chiamato “multipolarismo”), e si contrapponeva, in questo, allo Stato Mondiale ipotizzato da Thierry, da Jouffray, da Willkie e da Juenger. Oggi, sembra sempre universalmente accettato il concetto di “multipolarismo” in luogo dell’equivoco “multilateralismo”, maschera dell’ “America-Mondo”. Certo, quest’ultimaimpostazione porta con sé un cambio di paradigmi, che non può essere esente da conflitti.E’ inevitabile che forze trasversali oggi in campo lottino per affermare il proprio ruolo all’ interno di questo Nuovo Ordine Mondiale, se non addirittura cosmico, ed eventualmente per dominarlo. Non è esatto parlare di “sfere di influenza”, bensì di grandi blocchi di potere (post-umanesimo, nazionalismo americano, PCC, “establishment” modernista, Russkij Mir, sionismo), che lottano per il predominio, per spartirsi l’attuale “America Mondo”-costretta, quest’ultima, dall’avanzare del “Resto del Mondo”, ad accettare, almeno tatticamente, la propria finitezza (come dimostrano le attuali trattative con la Russia) ”,e, al di là di questa, lo spazio siderale -. Ciò si traduce in una “guerra culturale” fra il post-Umanesimo e le differenti tradizioni continentali. Si sta tentando di concretizzare il quadro (lasciato incompiuto per la prematura follia di Nietzsche), dell’ Ultima Grande Battaglia”(Zarathustra), attraverso la quale si sarebbe realizzata la transizione fra gli “Ultimi Uomini” e il “Superuomo” (il “Grande Meriggio”). Le guerre in Ucraina e in Medio Oriente, come pure i dazi commerciali, sono un epifenomeno di questa competizione. L’ eccezionalismo americano (vistosi bloccato, da Islam, Cina e Russia, il tentativo di dominare il mondo colla globalizzazione), cerca, attraverso il movimento MAGA, una nuova strategia per confrontarsi in modo parzializzato con tutti i Paesi del mondo (“divide et impera”), condizionandoli uno per uno senza arrivare allo scontro finale (la “Guerra Mondiale a Pezzi”). L’internazionalismo liberale professato (con sempre meno convinzione) dai presidenti precedenti a Trump, è stato invece abbandonato proprio perché inefficace dal punto di vista dell’ eccezionalismo americano, avendo esso di fatto permesso, se non favorito, la crescita della Cina e della Russia. La tendenza all’ accentramento è la prima conseguenza di questa lotta mortale. In siffatta lotta (sia essa una guerra o una guerra civile), il “comandate in capo” di ciascun blocco deve avere mani libere. Per questo Trump governa con gli Executive Orders e Russia e Cina hanno abolito il divieto del 3° mandato dei rispettivi presidenti. Ora, con l’utilizzo dell’ Art 122 del Trattato di Lisbona, anche l’Unione Europea ha decretato lo Stato di Emergenza (in Polacco, “Stan Wojenny”, “Stato di Guerra”), by-passando l’unanimità nel consiglio e il dibattito al Parlamento Europeo, ed avviandosi così sulla strada della dittatura militare. E’ paradossale che, mentre, per le solite esasperanti questioni di lana caprina (come l’unione bancaria o la transizione green) si devono seguire iter ultra-democratici che durano anni, per stanziare 800 miliardi per preparare la guerra si eviti ogni dibattito pubblico. Se lo si facesse, lo stanziamento verrebbe bocciato, come i 400 miliardi per l’Ucraina chiesti da Kaja Kallas. Con questo precedente, si è dimostrato che l’Unione Europea, in questo momento convulso, non può esimersi dall’ evoluzione accentratrice e bellicistica che caratterizza oggi tutte le parti del mondo, proprio se vuole mantenere un barlume di autonomia e di libertà di azione rispetto ai colossi molto accentrati che la circondano. Ora, si tratta d’inquadrare questo fenomeno all’ interno di un contesto culturale europeo, mentre in altra sede studieremo logiche e problemi di ReArm Europe, per sfruttarle a favore di un autentico Sovranismo Europeo. Il problema, qui come altrove, è che lo “Stato di Eccezione”, per sua natura, appunto, eccezionale, diviene permanente, divenendo una “legge dei pieni poteri”, coincidente con la “dittatura a vita”, come quella attribuita dal Senato a Giulio Cesare. A quel punto, la pretesa differenza dell’Europa dalle “autocrazie”, e, fra queste, dagli Stati Uniti, diviene minima. Un passo però forse necessario se si vuole creare in fretta un Esercito Europeo senza avere un solido Stato europeo.
Otto anni fa, avevo pubblicato il libro Da Qin, Un’Europa sovrana in un mondo multipolare. Tredici ipotesi di studio per un federalismo europeo del XXI secolo, con cui additavo la “lezione cinese” quale modello per la costruzione di un’Europa veramente unita e autonoma. In effetti, nel corso degli ultimi 75 anni, la Cina, ridotta a un deserto da un secolo di guerre e occupazioni straniere (“il Secolo dell’ Umiliazione”), si è già trasformata, nel 2021, nel Paese con il maggior PIL nel mondo, all’ avanguardia nell’ intelligenza artificiale, nella legislazione sull’ informatica, nella transizione green, nelle Smart Cities, nell’ auto elettrica, nel numero di brevetti e di laureati STEM, il leader della più grande alleanza del mondo, i BRICS…Invece, l’Europa, che 75 anni fa era ancora, malgrado la IIa Guerra Mondiale, il centro del mondo (perché gli USA e l’URSS se la contendevano, permettendo così il Miracolo Economico e una cultura critica con personaggi come Mann, Brecht, Lukacs, Sartre, Heidegger, Schmitt..), oggi è in crisi permanente e non conta più nulla. E’ ovvio che qualche riflessione sulla Cina dobbiamo ben farla, sicché lode all’ Ambasciatore per questo suo intervento.
1.Un interlocutore nuovo o vecchio? Nelli Feroci parte dall’ osservazione che l’Europa è “alla ricerca di una nuova collocazione sulla scena internazionale e di nuovi interlocutori” In realtà, non è tanto l’Europa che è alla ricerca, bensì l’America che ve la costringe. Quando non parla mai di Europa se non per criticarla, quando afferma che le Istituzioni Europee sono state create per “fregare gli USA”, quando le impone dazi del 25%, quando si rifiuta si incontrare i suoi leader, Trump costringe gli Europei a cercare alternative, pur giurando e spergiurando di non avere nulla contro l’America. Non concordiamo con Nelli Feroci sul fatto che “non è facile individuare contenuti in un rapporto con Pechino che consenta di tutelare gl’interessi europei”. Innanzitutto perché ci sono stati molti esempi di collaborazione , quasi tutti terminati bruscamente per imposizioni provenienti dall’ America, e, poi, perché il nostro libro aveva precisamente questo obiettivo. Incominciando addirittura da Marco Polo e Matteo Ricci, che in Cina sono considerati eroi nazionali, e dai Gesuiti che, con un secolo di pubblicazioni dalla Cina, prepararono l’Illuminismo in Europa sulla base di osservazioni sull’ Impero Cinese. Poi, dal ruolo fondamentale negli anni 50 dell’Italo-Cinese Professor Mario Tchou nella Divisione Elettronica della Olivetti, che aveva permesso a quest’ultima di creare il primo personal computer al mondo, il P101, e di venderne clandestinamente in pochi giorni 44.000 esemplari negli USA mentre la divisione veniva ceduta alla IBM. Poi ancora, ci fu, nel 2° decennio di questo secolo, l’organizzazione internazionale “17+1”, che univa la Cina a tutti i Paesi dell’ Est Europa. Inoltre, un’ondata di investimenti europei in Cina (IVECO, Piaggio, VW, BMW, Mercedes) e cinesi in Europa (Volvo, Pirelli, Huawei Italia). Infine, e soprattutto, l’adesione, alla Nuova Via della Seta, di molti Paesi europei (in primis, dell’ Italia), poi troncata per precisa richiesta del Segretario americano Pompeo, con linee ferroviarie dirette Cina-Europa e l’acquisizione dei porti del Pireo, di Genova, di Rotterdam, di Duisburg,ecc.. Ancora recentemente si tenevano periodicamente incontri del partenariato strategico UE-Cina, con Ursula von der Leyen, Macron e Scholz. Non parliamo poi delle iniziative culturali, a partire dagli Istituti Confucio alle mostre e film sui Gesuiti e Marco Polo. Tutte queste iniziative sono state congelate su richiesta americana, e la prima cosa da fare ora è “scongelarle” fino alle loro estreme conseguenze, come da noi illustrato con dovizia di particolari nel nostro libro Da Qin. In questo articolo, proveremo ad andare ancora oltre.
2.Dopo Mario Tchou L’Ambasciatore Nelli Feroci si riferisce poi in particolare al “ritardo pesante nello sviluppo di strategie innovative collegate all’ uso del digitale e nell’ utilizzo dell’ intelligenza digitale” dell’ Europa, che potrebbe essere colmato con l’aiuto della Cina.In quanto persona vissuta nell’ epicentro piemontese della tecnologia italiana, fra il Lingotto e l’Olivetti, fra i caccia Tornado ed Eurofighter, e i lanciatori Ariane e Vega, vorrei definire “eufemistico” il concetto espresso dall’ Ambasciatore. L’Ing. Tchou morì nel 1960 in un misterioso incidente d’auto, dopo che il Prof. Visentini, membro del Comitato di gestione dell’ Olivetti dopo la morte dell’ Ing. Adriano, aveva affermato che la Olivetti era un’azienda sana, ma aveva “un neo, che andava estirpato”, la Divisione Elettronica, che, infatti fu frettolosamente ceduta alla IBM (che, da parte sua, non la voleva, come scritto dal negoziatore Paolo Fresco), evidentemente eseguendo ordini da un livello molto elevato. La moglie di Tchou affermò: “Quello sì fu un complotto, tutto industriale e finanziario, volto a indebolire l’Olivetti e l’Italia e a fare un favore agli americani”. Da allora, gli Europei si sono praticamente astenuti da qualunque attività seria in campo digitale. Quando lo hanno fatto, lo hanno fatto “per finta”, come nei casi del Minitel, di Qwant e di GAIA-X. Secondo la tesi ufficiale, ciò deriverebbe dalla mancanza in Europa, di un idoneo mercato di capitali, e gli Stati non dovrebbero intervenire perché “il mercato” è capace a fare di meglio. Orbene, in Europa il mercato non è riuscito a fare nulla nel digitale, e i Governi di tutto il mondo, a cominciare da quelli americano e cinese (come diceva già Mario Tchou), intervengono in tutti i modi, perché considerano quel mercato un fattore di potenza e sicurezza nazionale . Sarebbe il caso che anche in Europa che lo facessero gli Stati, o meglio, visto che l’utilizzo centrale dell’ informatica è quello militare, che lo facessero i nostri eserciti, e, più precisamente, i nostri servizi segreti, e, meglio ancora, un esercito digitale europeo. Tutti gli altri problemi citati dall’ Ambasciatore si risolverebbero perfettamente se avessimo un’impresa digitale per ciascun settore: reti, motori di ricerca, IOT, supercalcolatori, quantum computing, robotica, neuroingegneria, web marketing, web security, web intelligence, social networks…, così come li ha la Cina. Tutti i miliardi che si stanno stanziando dovrebbero andare lì, e non a comprare armi dagli Americani. E, infatti, il nocciolo duro dell’articolo di Nelli Feroci si può individuare nella proposizione “Non dovrebbe essere una impresa impossibile definire con la Cina una collaborazione che consenta all’ Europa di ridurre le dipendenze e migliorare la performance senza mettere a rischio la sicurezza”. Basterebbe rendere veramente operative le collaborazioni già esistenti e brutalmente interrotte: -rilanciare gli Istituti Confucio, implementandoli con degli “Istituti Matteo Ricci”, o “Mario Tchou”, in cui gli Europei si sforzassero di elaborare le tante cose che essi hanno in comune con la Cina: dalla comparazione, religiosa, linguistica, storica, filosofica, giuridica, al turismo, all’ arte.. -unire le reti infrastrutturali delle Vie della Seta con quelle del Programma Partnership for Global Infrastructure and Investment (PGII) dell’ Unione Europea, come proposto a Monaco da Wang Yi; -creare imprese congiunte nel campo delle alte tecnologie e sviluppare meglio quelle esistenti (per esempio, Pirelli, Huawei Italia, VW, BMW, Mercedes) -lavorare seriamente nel campo del diritto comparato del digitale. Infatti, la pretesa iper-regolamentazione del digitale in Europa ha costituito un modello per quella cinese, che, lungi dall’ ostacolare la crescita delle imprese informatiche cinesi, l’ha favorita. Il punto è che la Cina legifera sulle imprese cinesi, mentre la UE legifera su quelle americane, che, non solo, legittimamente, le sfuggono, ma anche condizionano la UE stessa, specie ora che Musk è al governo, e che chiede semplicemente la cancellazione della normativa europea. Occorrerebbe ora un accordo internazionale sull’ Intelligenza Artificiale proposto da Kissinger prima di morire(che, tra l’altro gli eserciti americano e cinese stanno negoziando fra di loro, ma come sempre, con l’esclusione dell’ Europa). Non sarebbe da escludersi che l’ Europa potesse rientrare in gioco grazie a Wang Yi.
3.Un rapporto strategico, non tattico Infine, giustamente Nelli Feroci si preoccupa che “è verosimile che nei prossimi mesi aumenteranno le pressioni americane sugli Europei perché si allineino alle politiche di contenimento della Cina”.Ciò è quanto è sempre stato fatto in passato, per esempio a proposito delle politiche tecnologiche europee (Olivetti, EADS, Huawei, Vie della Seta). Tuttavia, la prosecuzione dell’ attuale politica provocatoria di Trump nei confronti dell’ Europa renderà inevitabile una reazione violenta da parte dell’ Europa stessa, che in passato non c’era mai stata. Sentiamo che cosa ha detto Trump nell’ ultimo Consiglio dei Ministri:“Siamo onesti: (l’Unione Europea) è stata formata per fregarci e hanno fatto un buon lavoro in questo, ma ora ci sono io alla presidenza”. Trump ha denunciato un deficit commerciale eccessivo pari a 300 miliardi di dollari e osservato come una loro ritorsione potrebbe non avere successo. “Possono provarci ma noi – ha minacciato – possiamo non comprare più e se accade questo vinciamo”. Peccato che il mercato dei BRICS+ rappresenti il 25% del PIL mondiale, contro un 15% degli USA. E’ chiaro che, se ci sarà la volontà politica, non sarebbe difficile sostituire l’export verso gli USA con quello verso i BRICS. Teniamo anche presente che la metà delle esportazioni USA verso l’ Europa sono costituite da esportazioni di servizi essenziali (finanziari, digitali, consulenziali, bancari, assicurativi), sicché non vi è poi quel grande sbilancio di cui parla Trump, e sostituire queste importazioni con prodotti cinesi o indiani non sarebbe difficile. D’altra parte, la vicenda delle sanzioni a Mosca dimostra che l’economia russa si è rafforzata, perché si è rivolta ai mercati BRICS, mentre quella UE si è indebolita, perché ha dovuto restringersi al solo Occidente. La replica dell’Ue è stata infatti chiara:”L’Ue reagirà in modo fermo e immediato alle barriere ingiustificate al commercio libero ed equo, anche quando i dazi vengono utilizzati per contestare politiche legittime e non discriminatorie”, “L’Ue è stata una manna per gli Stati Uniti”. E, aggiungiamo noi, se le Comunità Europee sono state create dagli USA, con la mozione Fulbright, con i finanziamenti della CIA e delle fondazioni americane, con l’ACUE, con i rapporti di Jean Monnet con Dean Acheson e lo studio Allen & Overy, non è certo stato per “fregare” gli USA, quanto per “tenere gli USA dentro, la Russia fuori e la Germania sotto”. Se gli USA vogliono ora smontarlr, saranno i primi a subirne le conseguenze negative Soprattutto, la Cina è un partner fondamentale per la cultura europea, che, se non fosse ostracizzato come negli ultimi anni, potrebbe dare un contributo enorme alla rinascita della cultura europea, anch’essa in grave crisi. Avevamo intitolati il nostro libro “Da Qin” perché questo era il nome dato dalla Dinastia Han all’ Impero Romano, per essa simile alla precedente dinastia Qin. In effetti, fino da quei tempi i Cinesi avevano considerato l’Impero Romano il gemello dell’ Impero Cinese. Durante il Medioevo, vi erano stati scambi così intensi, che era stata creata una Chiesa cristiana cinese (chiamata anch’essa Da Qin), un arcivescovado cristiano a Pechino, una missione permanente dei Gesuiti presso l’ Imperatore, fino a quando, anche per via dei Riti Cinesi, l’Ordine era stato sciolto, lasciando una pesante traccia nell’ Intelligetija cinese. In particolare, Leibniz con i Novissima Sinica e Voltaire con il “Rescrit de l’ Empereur de la Chine” avevano caldeggiato per primi l’unificazione dell’ Europa sul modello cinese. Alla luce di tutto quanto precede, ci pare assurda la definizione data negli ultimi tempi dalla UE della Cina quale “rivale sistemico”. E questa rivalità deriverebbe dalla solidarietà con gli USA in quanto “Faro della democrazia”. Ora, almeno, nessuno sta riproponendo quelle definizioni, che, dopo pochi anni, appaiono oramai grottesche. Occorrerebbe trovare con urgenza degli spazi dove affrontare questi temi innovativi, per poterli portare al più presto sul piano operativo.
Le trasformazioni in corso in tutto il mondo in connessione con la seconda vittoria elettorale di Trump avranno, sul nostro futuro, un tale impatto, che è, a nostro avviso, essenziale seguirle e studiarle con la massima attenzione per elaborare una strategia culturale e politica innovativa, adeguata ai tempi. Infatti, nel giro di un mese, la nuova leadership americana intorno a Trump ha dimostrato un attivismo e una versatilità ideologica inaspettati, attaccando con indubbia abilità l’ideologia “mainstream” americana ed europea, in alcuni dei settori più importanti della società, con una strategia di “rottura dei tabù” che Carlo Caracciolo ha definito come “rivoluzione”. Questo sta comportando una radicale trasformazione anche nelle strategie delle altre grandi potenze e nella politica europea.
Alessandro Orsini, su “Il Fatto Quotidiano”, afferma che ciò corrisponde a una prima fase di elaborazione dello Choc: “E’ come se i leader europei scoprissero soltanto oggi che la Russia ha seimila testate nucleari che userebbero in caso di guerra con l’ Europa”. In realtà, si tratta in buona parte di missili ipersonici a traiettoria casuale, non intercettabili e più “letali” dei tradizionali missili nucleari. Riteniamo pertanto necessario seguire il tutto con grande cura e obiettività, sempre tenendo presente le esigenze molto diverse dell’Europa e dell’ America, e la nostra pluridecennale dedizione alla causa europea. Senza soffermarci troppo sugli aspetti folcloristici, che invece tanto solleticano i media, e concentrandosi invece sempre sul vero problema del nostro tempo: la dittatura dei GAFAM post-umanisti, rappresentati da Elon Musk.
Von der Leyen: una dinastia tedesca
1.Balch Salute; Bellamy Salute; Saluto Romano; Hitlergruss Ha suscitato grande scandalo il fatto che due luogotenenti di Trump abbiano accennato, in fondamentali eventi pubblici governativi americani, qualcosa che assomiglia al saluto romano o all’ Hitlergruss nazista. E’ora di sfatare l’enorme coltre di disinformazione su quest’argomento: il cosiddetto “saluto romano” non è affatto romano, bensì fu inventato di sana pianta nell’ Ottocento da un solerte funzionario di New York, e poi imitato dai film “peplum” di Hollywood, da Gabriele d’Annunzio, e solo alla fine da Mussolini, Hitler e tutti i Paesi fascisti, a cominciare dalla Spagna, dalla Grecia, dalla Romania e dall’ Ucraina. Più in generale, si è voluto nascondere il fatto che i Nazionalismi (o Patriottismi) europei (o in generale moderni) sono in realtà (come altre ideologie) epifenomeni della Rivoluzione Americana, che, attraverso di essi, con il processo di “Nation Building”, è riuscita ad esportare l’”Etica puritana” e a creare un’ “America-Mondo”(basti pensare a Lincoln inviato in Francia per preparare la Rivoluzione Francese, a Garibaldi che, prima dell’impresa dei Mille, lavora a New York, al supporto americano per il Sinn Féin irlandese, ai finanziamenti a Hitler di Ford e della Banca Schroeder..). Perfino il nazismo riconobbe implicitamente questo debito concettuale, inviando in America un intero transatlantico pieno di giuristi, per studiare e clonare le “Jim Crow Laws”, che governarono per più di un secolo la segregazione razziale e ancora conformano di sé l’habitus mentale dell’America. Certo, la tradizionale critica federalista del federalismo è più che motivata. Occorre però non confondere il “nazionalismo”, sottoprodotto delle rivoluzioni atlantiche, che è l’esaltazione della sovranità di un’etnia, con l’”autoaffermazione delle identità collettive” (famiglia, clan, tribù, villaggio, popolo, città, Stato, Regno, impero, che è un elemento ineliminabile nella storia umana, dagli uomini primitivi fino ai grandi blocchi continentali di oggi. Anche la critica al nazionalismo europeo ha un senso, in quanto coloro che lo proposero (Benda, Drieu la Rochelle, Moseley) erano ancora troppo influenzati dal nazionalismo borghese e poi socialista (le famose “Repubbliche Socialiste”) per comprendere il mondo contemporaneo. In realtà, I grandi blocchi continentali (per usare un termine cinese, gli Stati Civiltà) sono espressione, non già di una nazione, bensì di una cultura. Per esempio, la Pan-Europa proposta da Coudenhove Kalergi era un tentativo di salvare le élites della Europa borghese (con una fusione fra aristocrazie mitteleuropee, Hofjuden e nomenklatura bolscevica. Essa sarebbe coesistita con una Pan-America, una Pan-Asia e un Commonwealth britannico. Di fatto, gli Stati-Civiltà tendono alla pace, al multipolarismo e alla stabilità, mentre i blocchi di nazioni ideologizzate aspirano all’ unità mondiale sotto l’egida di ideologie livellatrici.
Il Pledge of Aiiance
2.Il “Pledge of Alliance” In una forma semplificata (per non essere confuso con i più propagandati casi italiano e tedesco), il Bellamy Salute è ancora in vigore oggi, in quanto esso è il quotidiano saluto alla bandiera di tutti gli scolari americani. Normale che i nazionalisti americani, come Bannon e Musk, lo usino per salutare il loro presidente e in generale nei loro raduni. La provocazione sta nell’usarlo nella sua forma piena, vietata dal 1942 per l’evidente identità con il saluto dei “nemici” dell’ Asse. Meno normale che molti personaggi europei, da Zelenskij, a Nordio a Bocelli, lo usino (nella sua forma semplificata) quando ascoltano i rispettivi inni nazionali. Esso era stato creato dal capitano George T. Balch, veterano della Guerra Civile e “professore di patriottismo” (un equivalente della “Mistica Fascista”) nelle scuole di New York City , sotto lo slogan” one country; one language; one flag!”( il corrispettivo di “ein Reich, ein Volk, ein Fuehrer”)“, per impulso delle DAR (Daughters of the American Revolution),e dei GAR (Grand Army of the Republic) (quello che sono oggi i “Proud Boys”). Il saluto fu perfezionato da Francis Bellamy, un battista e socialista cristiano, nel 1892. Il Pledge of Allegiance ( Giuramento alla Bandiera ), da pronunziare contemporaneamente al Bellamy Salute, fu pubblicato su “The Youth’s Companion”, nell’ ambito delle celebrazioni del 400° anniversario del Columbus Day; “I pledge allegiance to my Flag and the Republic for which it stands, one nation, indivisible, with liberty and justice for all,” Il 12 Ottobre 1892 cominciò ad essere recitato nelle scuole, come accade ancor oggi. Il Balch Salute adottato nel 1887 consisteva nel tendere il braccio destro verso la bandiera, poi piegarlo verso la fronte, e infine posarlo sul cuore. Il successivo Bellamy Salute comprendeva solo il primo movimento (come il “Saluto Romano”). Dal 1942, fu sostituito dalla mano sul cuore, per distinguerlo dal saluto nazista L’uso del saluto da parte di Musk e di Bannon è deliberatamente provocatorio, costituendo esso un invito all’estrema destra in Europa, dove il gesto è vietato, ad unirsi alla loro iniziativa MEGA, d’altra parte in sé contraddittoria, perché tanto la Germania nazista, quanto l’Italia Fascista, durante la Seconda Guerra Mondiale avevano coerentemente dichiarato guerra agli Stati Uniti, rientranti fra “le potenze plutocratiche e reazionarie dell’ Occidente”. Inversamente provocatoria Maria Zakharova che canta “Bella Ciao” alla televisione russa. E’ il momento di affrontare un dibattito a tutto tondo sulle radici all’ interno delle destre europee, che non si riduca alle solite logore e strumentali diatribe sul nazifascismo e sui migranti. Per esempio, Massimo Giannini, su “La Repubblica” si sofferma sul relativo mistero dell’ ideologia di Musk, lasciando intendere che, a suo parere, si tratta solo di dare un nuovo volto al fascismo. Invece, dimentica che tutte le idee espresse da Musk si ritrovano proprio in un preciso movimento storico, apparentemente diversissimo : il cosmismo russo (per Trockij, “la religione del proletariato”), con la sua fissazione per i voli spaziali, per Marte e il Pianeta Rosso effigiato infinite volte dal comunismo internazionale come una Stella Rossa (dal romanzo “Il Pianeta Rosso” di Bogdanov). E’ quello l’ideale teo-tecnocratico verso cui convergono tutti i totalitarismi moderni e post-moderni.
Nietzsche: tutta la vita è una battaglia per i gusti
3.»De gustibus est disputandum » Nella generale confusione culturale generata dai movimenti MAGA e MEGA, si è scatenata una caccia alle streghe priva di spessore culturale, in cui tutto viene reclutato maldestramente per sostenere le tesi dell’uno o dell’ altro dei contendenti. Prendiamo il Bauhaus, imprudentemente richiamato da Ursula von Der Leyen quale memoria sacra dei “Valori dell’Europa”, tanto da battezzarvi una delle infinite campagne dell’Unione a cui non ha fatto seguito alcun interesse, né da parte degli architetti, né da parte dei cittadini. Adesso, l’AfD, al potere in Sassonia-Anhalt, ha condannato il Bauhaus (nato in quel Land), quale simbolo delle aberrazioni del Modernismo. Modernismo che aveva fra i suoi fondatori i Futuristi italiani e Russi, poeti americani come Eliot e Pound, e le stesse sempre deplorate architetture piacentiniana e brutalista. Un’arte strettamente legata alla società (e ai totalitarismi) del ‘900, tra cui, il funzionalismo capitalistico (vedi fabbrica del Lingotto a Torino), il costruttivismo bolscevico (il famoso grattacielo della nomenklatura sulla riva della Moscova), l’edilizia monumentale fascista (la Casa del Fascio di Como, l’EUR), e perfino il Ponte Morandi e i campi di concentramento… Come si fa ad arruolare un movimento così trasversale sotto questa o quella bandiera? Non casualmenteBarbara Carnevali finisce il suo articolo su La Stampa con un’indiretta citazione di Nietzsche : “come sarebbe che ‘de gustibus non est disputandum’, se tutta la vita non è che una lotta per i gusti!” E, siccome i gusti sono molteplici, Nietzsche, con la sua prematura pazzia, ci ha lasciato da risolvere un bel rebus!
L’insegna araldica dei Von Der Leyen
4.L’Autonomia Strategica Europea La questione ucraina sta facendo tornare di attualità anche il dibattito sulla difesa europea, che si trascina da 80 anni senza avere fatto, dai tempi della CED(1954), il seppur minimo passo in avanti, e forse non li può fare neppur oggi, a meno che l’Europa non subisca una drastica trasformazione esistenziale. Il punto è che le attività militari possiedono il requisito dell’ unità di comando, che poteva essere facilmente delegata in passato (come quando perfino gli Ateniesi delegarono allo spartano Leonida il comando delle operazioni contro la Persia), ma non oggi, quando la “guerra senza limiti” (culturale, digitale, nucleare, ibrida, tecnologica, economica..) richiede un grado di rapidità, imprevedibilità e di riservatezza, che mal si conciliano, tanto con una gestione collettiva, quanto con una dipendenza dall’esterno. Tant’è vero che i due casi effettivamente verificatisi nella storia di un esercito europeo (ambedue, si noti, orientati contro la Russia): l’armata napoleonica e l’Operazione Barbarossa, avevano, nella potenza egemone, un comando comune, che qui non si intravvede (a meno di non riaffidarlo all’ America, che è proprio quel che tutti dicono oggi di voler evitare). Inoltre, l’enorme distanza fra il livello quantitativo, ma soprattutto qualitativo, degli eserciti europei (in particolare, quelli francese e inglese) e quelli delle Grandi Potenze (in termini di intelligence, IA, arma spaziale, missili ipersonici..), fa sì che la deterrenza europea, per quanto possa essere coordinata, non potrà divenire paragonabile a quella americana. Ma poi, quale solidità avrebbe una garanzia congiunta franco-inglese dipendente da accordi contrattuali o momentanei, quando nessuno si fida più neppure della garanzia apparentemente solida fornita dall’ Art. 5 del Trattato NATO e delle centinaia di basi americane? Il che è un peccato, perché, come dimostrato recentissimamente dall’ ultima analisi dell’ OCPI, diretta dal Professor Cottarelli, la spesa annua complessiva dell’ Europa è superiore del 58% a quella della Russia, sicché ci si chiede perché mai ci sia bisogno dell’ America. Infine, come dimostrato dalla drammatica notte del 1983 in cui il Maggiore Popov bloccò la risposta nucleare automatica del sistema “OKO”, molte decisioni, in una guerra contemporanea, hanno un carattere esistenziale, che richiede la preesistenza di una solida cultura ed etica degli ufficiali, che oggi in Europa non esiste perché non esistono, né un’élite culturale europea, né un sistema di formazione specifico all’ Esercito Europeo. Purtroppo, gli ufficiali europei, formati alla scuola americana, pensano e parlano come i loro colleghi USA. Non si capisce come possano essere in grado di ideare ed attuare (come si dice) strategie di indipendenza dagli USA, o, addirittura, combattere contro gli USA, come potrebbe rivelarsi necessario per la difesa della Groenlandia.
Paneuropa, il vero inizio del federalismo mondiale
5.La Bomba Europea Perciò, occorre qui innanzitutto richiamare alla mente i tentativi più recenti di difesa comune, e, in particolare, il progetto per realizzare la “bomba europea”. La Francia voleva realizzare la sua atomica (cosa che effettivamente poi fece), e vennero coinvolte nell’iniziativa anche le Germania e Italia. In sette diverse occasioni – nelle cosiddette “riunioni del caminetto” – si ritrovano i tre ministri della difesa: il francese Jacques Chaban-Delmas, il tedesco Franz Joseph Strauss e l’italiano Paolo Emilio Taviani. Italia e Germania, potenze sconfitte, non avrebbero potuto dotarsi dell’arma atomica, ma, dopo due anni di discussioni, fu elaborato un progetto che avrebbe dovuto essere finanziato al 45% dalla Francia, al 45% della Germania e per il restante 10% dall’Italia. Il primo impianto per la realizzazione dell’atomica si sarebbe realizzato a Pierrelatte, in Francia. Ma, alla fine del 1958, il progetto, così come era nato improvvisamente, era tramontato. Tre sono i fattori che ne determinano la fine. Non c’era una struttura di comando e controllo ben definita. Non si sapeva chi avrebbe avuto “le chiavi”. Il secondo era che il generale Charles De Gaulle, non appena diventato presidente, aveva iniziato a coltivare l’idea (poi realizzata) di allestire un arsenale interamente francese:la force de frappe “tous azimuts” (cioè anche contro gli Stati Uniti). Il terzo motivo è l’opposizione manifestata da questi ultimi. Misteriosamente, in capo a pochi anni, Enrico Mattei viene ucciso da una bomba posta nel suo aereo, il leader del progetto nucleare civile italiano, Felice Ippolito, e il mentore della ricerca farmaceutica di punta, Domenico Marotta, vengono arrestati con accuse che molti ritengono vistosamente esagerate se non del tutto infondate, e infine la morte in un incedente stradale dell’ingegnere Mario Tchou, il capo del Dipartimento Elettronica dell’Olivetti di Ivrea che aveva realizzato il primo computer elettronico a transistor al mondo. A questo punto, si capisce bene perché nessuno abbia più voluto occuparsi dell’ Autonomia Strategica Europea.
La morte di Tchou: l’inizio della fine per l’autonomia digitale europea
6.I requisiti minimi
r tutto quanto precede, nella situazione presente, la Difesa Europea potrebbe essere usata al massimo quale (seppure poco credibile) argomento per influenzare gli USA, ma non certo per sconfiggere la Russia. Come Zelenskij, gli Europei “non hanno le carte” per trattare (come dice Trump). Ciò non significa affatto che non si debba procedere per quanto possibile fin da ora a tutto quanto potrà servire un giorno (cambiato lo scenario) per una difesa dell’ Europa indipendente dall’ America Per questo, bene ha fatto il Movimento Europeo in Italia a proporre 7 domande sulla politica estera e di difesa, come avvio di un dibattito. Tentiamo qui di rispondere ad alcune di esse: “si tratta di fondare un esercito unico nonostante le differenze linguistiche con una organizzazione sovranazionale nel quadro di una sovranità condivisa e una rinuncia alle apparenti autonomie nazionali o mantenere gli eserciti nazionali con l’eccezione di limitate strutture comuni?” Si possono affiancare contingenti europei e contingenti nazionali. La lingua non può essere l’Inglese. 0ccorre risolvere la Questione della Lingua, spinosa ovunque (prendiamo per esempio l’Hindi) “gli uomini e le donne chiamati a svolgere un servizio militare avranno una educazione politica-militare europea o nazionale qualunque sia la scelta fra un unico esercito o più eserciti nazionali?”Ci vuole un’ Accademia Federale Europea, un’ Accademia Militare Europea e un’ Accademia Militare Europea (vedi infra) “sarà costituita preventivamente o parallelamente una autorità politica sovranazionale agli ordini della quale la forza armata europea o le forze armate nazionali dovranno rispondere oppure gli Stati membri conserveranno il potere di constatare le aggressioni ad uno degli Stati membri, di ordinare la mobilitazione, di dichiarare la guerra o di fare la pace?”Oggi, tutte queste cose non si fanno più. Tutto è gestito informalmente dai Comandanti Supremi, che compiono infine Operazioni Militari Speciali. Aggiungiamo alcune proposte squisitamente nostre: a)l’”Unione del Civile e del Militare” (sul modello cinese), nei campi della cultura, della formazione, della ricerca, dell’ IA e dell’industria; b)la creazione con fondi pubblici europei di imprese digitali europee comparabili Alphabet, Apple, Microsoft, Palantir, PayPal, TikTok, Meta, Tesla, Tencent, Baidu, Alibaba; c) uno Stato Maggiore Europeo, con sue capacità di strategia e di pianificazione indipendenti dalla NATO; d)servizi di intelligence europei; e)un’arma missilistica, digitale, nucleare e spaziale, europea, con armi comparabili ai più recenti missili ipersonici russi, come il Kinzhal, il Sarmat e l’Oreshnik; f)truppe europee di pronto intervento (come i Navy Seals, gli Spetsnazy e la Legione Straniera) da affiancarsi a contingenti nazionali. Ma, più in fondo ancora, occorrerebbe liberarsi dal “pensiero unico” in cui siamo stati educati, un puzzle artificiale di tecnocrazia, di Selbsthass, di irrealismo, ipocrisia e utopismo, costruito artificialmente per giustificare l’innaturale egemonia dell’ America sull’ Europa, e per costringerci a combattere contro la Russia, che è europea come noi, per difendere gl’interessi e i valori dell’America, espressi, ieri, da Biden, Blinken e la Nuland, e, oggi, da Trump, Musk e Bannon. Addirittura, occorre ritornare aipotizzare, con Gorbaciov, che l’unico pensabile “Federatore Esterno”(de Gaulle) di un’Automia Strategica Europea è proprio la Russia, nell’ ambito della vecchia “Casa Comune Europea”. Quindi, non un avversario, bensì un partner (come del resto lo è per Trump). Ma non è che non lo si pensi, ché altrimenti non vi sarebbe in giro tutta quest’isteria antirussa; solo, ci si vieta di dirlo. Però, il fatto stesso che Trump abbia accettato di discutere sulla proposta di Putin, che ha sempre incluso nel suo “pacchetto” una nuova architettura della sicurezza europea, lascia presagire che qualcosa di quel genere affiorerà ben presto. Di questo si sta già discutendo fra Trump, Putin e Ji Xinping, in particolare sotto le voci “Architettura comune di difesa” e “Regolamentazione Internazionale dell’ IA”. Ed è lì che siamo veramente esclusi, mentre non dovremmo.
7.La dinastia dei Von der Leyen Con l’articolo dell’ultimo numero di Politico (“Ursula von der Leyen tightens her grip on power”), la testata euro-americana ci informa che , silenziosamente, la Presidente della Commissione sta portando avanti quello stesso processo di centralizzazione che, in America, sta realizzando Trump, in Europa Orbàn e Fico, e altrove Erdogan, Modi, Putin e Xi Jinping. Questo trend ha portato al conflitto con il commissario Breton, costretto a dimettersi per avere pubblicato una lettera di diffida a Elon Musk senza previa concertazione con von der Leyen. La realtà è che, in un mondo dominato dal conflitto di tutti contro tutti e dall’ economia di guerra, al vertice dello Stato ci vuole, in pratica, un leader militare, possibilmente inamovibile, come stabiliscono d’altra parte molte costituzioni. La stessa idea di Macron di rafforzare enormemente l’esercito per proporre la Francia come sostituto degli Stati Uniti parte dall’aspirazione a proporre se stesso quale capo militare degli Europei, forte della bomba atomica, dei caccia e della Legione Straniera. D’altra parte, il personaggio “Ursula” rientra nell’idea della personalizzazione e rafforzamento del potere, anche grazie all’ “appropriazione culturale” del nome di un’antica e prestigiosa casata aristocratica. Il ramo dei von der Leyen a cui appartiene il marito di Ursula, Heyko, di religione mennonita, discende dal mercante Peter von der Leyen, attestato nel 1579 in Westfalia, dove esiste un quartiere chiamato Leye. La nobilitazione della casata fu realizzata durante l’occupazione napoleonica. Un’altra famiglia Von der Leyen, di origine carattere cavalleresca, era esistita i fin dall’Alto Medioevo nel principato ecclesiastico di Treviri. Nel 1828 , gli operai dei von der Leyen si ribellarono ad una riduzione di stipendio; questa era stata ricordata da Carlo Marx, anch’egli renano, come la prima insurrezione operaia nella storia tedesca. Il trend “imperiale” della von der Leyen potrebbe per altro essere rallentato nel caso di un governo Merz in Germania, perché Merz mal sopporterebbe la preminenza della von der Leyen (come anche
Da quando Trump ha vinto per la seconda volta le elezioni americane, si è evidenziata ormai senza veli l’enorme complessità dell’attuale situazione del mondo, sì che è divenuto difficile perfino descriverla. A dispetto di questa complessità, sui giornali mainstream europei è stata, in questi giorni, tutta una sequela di isteriche lamentele per il “destino cinico e baro” che, per motivi incomprensibili, avrebbe stracciato il preteso “sogno” del “Pensiero Unico” (basato sul laicismo, sull’economicismo, sull’ egualitarismo e su norme generali e astratte), in cui le classi dirigenti europee si sono crogiolate in 80 anni, pretendendo addirittura che esso fosse la base culturale dell’ integrazione europea. Le istituzioni italiane ed europee si stanno associando al coro di piagnistei, senza, per altro, suggerire nessuna nuova alternativa, che pure esisterebbe, alla dittatura internazionale delle società digitali americane (i GAFAM), rappresentate platealmente da Musk (per dirla con Marina Berlusconi, “la dittatura dell’ algoritmo”) , le quali costituiscono il più grave problema della nuova presidenza, degno coronamento, in ciò, della precedente presidenza Biden. Ma, come ha scritto bene Stefano Stefanini su La Stampa, queste lamentele sono “vane”. Il problema è costituito “dalla sproporzione della potenza messa in campo” fra America ed Europa (Gabriele Segre). Occorre ora pensare a un’”Europe-Puissance”(Coudenhove-Kalergi, Giscard d’Estaing), e a una “lunga marcia sulle istituzioni” per ottenerla. Ciò è tanto più vero in quanto l’Amministrazione Trump non si è limitata a perseguire da sola (in questa fase?) le trattative con la Russia, ma ha anche chiarito di non condividere affatto il “sogno” dell’establishment europeo, sostenendo di averne un altro, tutto suo, che, come al solito, vorrebbe imporci. In realtà, il preteso “scavalcamento” dell’Europa (meglio, “protettorato”) da parte di USA e Russia, era in atto fino dai tempi di Yalta, anche se, tanto il “Mainstream”, quanto i “Sovranisti”, hanno fatto sempre di tutto per nascondercelo, soprattutto prima del 1989, quando l’URSS e, in parte, gli USA, erano ambedue, a loro modo, “progressisti”. I leaders dell’Europa occidentale e orientale erano stati collocati originariamente nelle loro rispettive posizioni per fare gl’interessi dell’una o dell’ altra superpotenza. A quell’ epoca, nessuno si agitava un gran ché per la Germania Est, l’Ungheria, la Polonia o la Cecoslovacchia, né tanto meno per l’Ucraina, e, anzi, se qualcuno lo faceva, veniva ignorato e aggredito. In realtà, fin dalla nascita degli USA l’Europa era stata ininterrottamente influenzata dalle lobby americane; a partire dalla 2° guerra Mondiale, l’ Europa Occidentale era stata pesantemente occupata dagli USA, e, a partire dal 1989, gli USA si sono ingeriti nella politica di tutti i paesi del mondo (a cominciare dall’ Europa), presentandosi come il messianico salvatore dell’ Umanità, ai quali tutto sarebbe stato permesso in nome della salvifica Fine della Storia. Se vogliamo trovare una strada per uscire da quest’”impasse”, occorre quindi gettare un minimo di sguardo retroattivo sulla storia europea. L’aspirazione, a partire dalla Rivoluzione Francese, verso una Nuova Età Organica (Saint-Simon, “Ancien régime e rivoluzione”, Mirabeau), e, dopo la IIa Guerra Mondiale, verso una progressiva centralizzazione del potere, interno e internazionale (Maccartismo, “Dottrina Brezhnev”, Patriot Act), è una tendenza di lungo periodo, perfettamente percettibile da molti decenni, e il Mainstream europeo ne è stato, non solo complice, ma uno dei principali vettori, mentre i sedicenti sovranisti, una volta entrati nelle grazie del potere americano, incominciano anch’essi a minimizzare il pericolo della Singularity Tecnologica e dello Stato Mondiale, tipici obiettivi dei progressisti, da loro un tempo almeno a parole avversati. Il fatto che tutti abbiano insistito , in questi anni, che sarebbe invece stata in corso un’evoluzione in senso contrario (il loro “sogno”: l’”abolizione dello Stato”, la “liberal-democrazia”, la “democrazia socialista”, l’”anti-autoritarismo”, il “welfare State”, l’egualitarismo, il “diritto mite”, la “crescita”) è stato solo un ennesimo “fuoco di copertura” per evitare che i popoli si ribellassero all’allineamento dei Governi ai dettami di Washington, al dominio dei GAFAM e alle “guerre umanitarie”. L’unica seria alternativa a questo processo a lungo termine era stata fornita dalla cultura alta europea (“die guten Europaeer” di Nietzsche)-per esempio da Leopardi, Foscolo, Saint-Exupéry, Simone Weil, Coudenhove-Kalergi-, che però, nonostante lodevoli sforzi, non era riuscita a incidere sulla storia politica del Continente, e che ora occorre invece riscoprire in connessione con le “culture alte” delle grandi aree del mondo.
“2005 Odissea nello Spazio” anticipa i dilemmi dell’ avventura spaziale
1.I segni premonitori dell’odierno totalitarismo Ricordiamo che: a)Horkheimer e Adorno, recatisi in America invitati dalla locale Comunità Ebraica per studiare il “carattere autoritario”, ne ritornavano segnalando che l’ America non aveva, quanto a totalitarismo, nulla da invidiare al nazismo. b)in America,vari teorici, come Wolin, Voegelin e Molnar, avevano riscontrato l’esistenza di una forma americana di “totalitarismo invertito”. c)Non per nulla lo stesso Generale Eisenhower, presidente degli Stati Uniti e generale vincitore, a mmoniva sulle ambizioni del sistema burocratico-militare americano. d) Sol’zhenitsin, emigrato negli Stati Uniti, vi aveva constatato una illibertà non minore di quella sovietica: nel caso di dissenso, negli USA ti veniva semplicemente tolto il microfono. e)Contemporaneamente, Isaac Asimov dimostrava in centinaia di opere che le Tre Leggi della Robotica (oggi diremmo l’”Algoretica”) , non possono funzionare perché i robot stanno divenendo più intelligenti dell’ Umanità, tant’è vero che Teilhard de Chardin li identificava come il vero Messia (il “Punto Omega”), Guenther Anders spiegava che, per questo, l’Uomo è Antiquato, e De Landa precisava che ciò avviene perché i robot sono oramai in grado di farsi la guerra fra di loro, e, quindi, non hanno più bisogno degli umani per fornire loro un obiettivo. f)fin dal 1960, i “poteri forti” avevano deciso che, nello sviluppo dell’informatica, l’imprenditoria illuminata europea (p.es., Olivetti, con il supporto di Enrico Fermi) non avrebbe dovuto ingerirsi, sì che la Divisione Elettronica della Olivetti fu “estirpata” secondo un’ingiunzione di Visentini e con il “braccio armato” dell’IBM. g)Assange e Snowden hanno dimostrato nei fatti che l’Occidente sta usando le tecnologie informatiche per ingannare, spiare e condizionare il mondo intero. h) Evgenij Morozov ha spiegato che l’obiettivo è divenuto quello di impedire la fine dell’ egemonia WASP all’ interno degli USA, e dell’ egemonia americana sul mondo, dove l’informatica viene utilizzata per creare un sistema di controllo capace di sostituirsi, come collante, a un consenso popolare che non c’è. Questo è il senso della grande alleanza dei GAFAM, capeggiati da Musk, con il Presidente Trump. E questo è il grande problema da risolvere ora, non già il fatto che la nuova Amministrazione americana sia più sfacciata delle precedenti nel violare le regole inventate e imposte dalla stessa America, e nel farcelo pure sapere. E allora, se autorevoli osservatori avevano avvertito proprio da ottant’anni che ciò stava avvenendo, perchè tanti altri hanno aspettato fino ad ora per lamentarsi, e altri, che sembravano allora essersene accorti, oggi minimizzano, giocando sul tasto della nostalgia per un’era ingiustamente definita “Trente Glorieuses”? E’ chiaro che ciò deriva dallo sforzo incessante un po’ di tutti per adeguarsi al mutevole corso del potere americano, da cui tutte le loro carriere dipendono, e che quindi “occorre non fare innervosire”. Tutto ciò, fino a giungere alla presente situazione kafkiana, in cui gli establishments americano ed europeo, entrati finalmente in collisione, si stanno accusando reciprocamente di “autoritarismo”, cioè di un qualcosa che, invece, è generalizzato sul piano mondiale.
La gabbia d’ acciaio di Max Weber si è tramutata nelle reali gabbie d’ acciaio di Camp Derby e di Guantanamo
2.Il totalitarismo invertito Il tentativo di mantenimento dell’egemonia mondiale americana nonostante la sfida cinese ha infatti ora imposto in Occidente un’ ulteriore centralizzazione del potere (quello che si sta incominciando a chiamare “democratura di Trump”, che si allinea su metodi di governo orientali): a)l’assalto dei BRICS all’ anglosfera ha infatti, come background, da un lato, una strisciante guerra civile americana fra WASP e NON-WASP (“Black Lives Matters”), e, dall’ altro, una guerra senza limiti fra l’Occidente e “il Resto” (Cina, Russia, India, Sahel, Sudamerica cfr. Huntington, “Lo scontro di civiltà”..). Ciò richiede, per l’America, di essere in grado di adottare in modo centralizzato e senza preavviso decisioni impreviste (come i ben noti “Executive Orders”), in modo da spiazzare costantemente gli avversari (come direbbero i Cinesi, con “i 16” e “i 24” stratagemmi), e di poter dare ordini (possibilmente segreti) ai propri vassalli, in modo che colpiscano il nemico in modo coordinato; b)l’antidoto ideato da Trump è costituito innanzitutto dai dazi generalizzati (e reciproci), che, implicando una rinegoziazione quotidiana con tutti gli Stati del mondo, forniscono agli USA un veicolo particolarmente agevole per ingerirsi nelle politiche interne di tutti ancor di più di quanto non lo facessero già i precedenti presidenti “globalisti”(altro che “isolazionismo”!); c)Ne consegue che anche all’ interno di ciascuno degli “Stati vassalli”, il leader che gode della fiducia del potere americano deve poter manovrare senza disturbi. Ed è così che si spiega uno smantellamento ovunque dei servizi segreti e una delegittimazione della magistratura. L’opposizione “centrista”, essendo tradizionalmente filoamericana, resta priva di argomenti “spendibili”, e si accoda all’ ossequio ai nuovi padroni, quali ch’essi siano. Per un’esigenza di difesa (la “Rivalità Mimetica”), le stesse dinamiche si sono sviluppate da tempo (ovviamente, invertite) in ciascuno dei poli alternativi agli USA (ivi compresi paesi minori), perché, come dimostrato dai casi dei Paesi Arabi e di quelli dell’ex Unione Sovietica, per mantenere e allargare la propria sfera di influenza si ricorre sempre di più a metodi violenti, come nel caso delle Rivoluzioni Colorate e delle Primavere Arabe, sicché qualunque governante che non voglia essere esautorato con le cattive da interventi esterni e manifestazioni di piazza (come Sadat, Yanukovich o Gheddafi) dev’essere disposto a usare maniere sempre più forti. Ovunque, ma in particolare in Cina, in Russia e in India, il grado di centralizzazione è aumentato vertiginosamente dopo le Guerre del Golfo, dopo Echelon e Prism, dopo le Rivoluzioni Colorate e le Primavere Arabe, i disordini a Hong Kong, l’”Euromaidan”… Il risultato complessivo è stato l’esatto contrario di quell’“Ordine Basato sulle Regole”, che dovrebbe essere, secondo il “Mainstream”, il carattere distintivo del sistema occidentale: a)la retroattività delle pene irrogate dai Tribunali Internazionali (creati ex post factum); b)il rifiuto fin dall’ inizio, da parte delle neo-create Nazioni Unite, di riconoscere le rivendicazioni, circa i Diritti Umani, dell’ Associazione Americana di Antropologia, dell’allora Unione Sovietica, della Cina allora nazionalista, e dell’ Arabia Saudita; c)il giganteggiare delle società informatiche americane, i GAFAM, in spregio delle esistenti normative antitrust, fiscali, sulla privacy, non solo europee, ma anche americane; d)la delegittimazione di tutte le organizzazioni internazionali; e)il progetto di espansionismo militare ai danni degli stessi alleati degli USA (Danimarca, Canada, Panama). Tutto ciò era in corso, o in gestazione, almeno fino dai tempi di Reagan, ma la classe dirigente “mainstream”, che ora se ne lamenta, l’ha sempre coperto e avallato, minimizzandone le conseguenze.
Il carattere seducente del Progresso cela in sé un risvolto diabolico
3.I vizi di progettazione dell’ “Ordine Internazionale basato sulle Regole” Gli USA di Trump e di Musk stanno per altro riempiendo di contenuti estremi e ancora imprevedibili gli enormi vuoti lasciati dalle contraddizioni e dagli errori progettuali degli originari fondatori del mondo post-guerra fredda, realizzando così la transizione piena fra il Modernismo e il Post-Umanesimo, profetizzata da Fiodorov e da Kurzweil. Processo che a nostro avviso va, non solo controllato, bensì anche “dirottato” verso obiettivi coerenti con le grandi tradizioni del mondo. Che il Progetto Incompiuto della Modernità (il famoso “sogno infranto” del “Mainstream”) fosse irrealizzabile fin dal principio lo aveva dimostrato il fatto che la maggior parte delle religioni (dal buddismo allo zoroastrismo, dall’ ebraismo al cristianesimo all’ Islam), nella loro fase primitiva, avevano predicato un’escatologia immanente (il Paradiso in terra, come il moderno progressismo), ma, con il passare del tempo, si erano trasformati in un’ opposta narrazione, atta a permettere ai loro fedeli di collocarsi armoniosamente nel mondo reale, imperfetto e contingente (il “legno storto dell’ umanità”). Invece, coloro (come i buddhisti Hinayana, i Catari, i Karmati, gli Anabattisti, i Doenmeh o i Bahai), che hanno preteso di attenersi all’originaria purezza delle rispettive fedi, hanno normalmente incontrato enormi resistenze, oppure hanno instaurato, per reazione, come i Karmati o gli Anabattisti (la cui bandiera era l’arcobaleno, oggi divenuto il vessillo di molti), un regime terroristico. Si trattava infatti del tentativo di rovesciare delle realtà di fatto (come il mistero, la finitezza e la differenza), che prima o poi si vendicano. Lo stesso sta accadendo ora con il Pensiero Unico oggi dominante, che è la traduzione in termini materialistici delle Religioni di Salvezza (le cosiddette “Radici Giudaico-Cristiane”). Si tratta però di una dialettica diversa da quella descritta per esempio da Mancuso, secondo cui i “conservatori” sarebbero fondamentalisti e vicini al potere politico, mentre i nostalgici dell’anarchica religione primitiva sarebbero “i veri religiosi”. A noi pare che i “fondamentalisti” fanatici e arroganti siano quelli che propugnano un’escatologia terrena e materialistica (come il puritanesimo americano, il sionismo, e, specialmente, il transumanesimo), siano essi di “destra” o di “sinistra”. Come giustamente conclude Mancuso, vi sarebbe un percorso alternativo (per quanto stretto e accidentato) fra il fanatismo apocalittico e la cosmesi di un potere diabolico, quale quella che si esprime nel “Racconto dell’ Anticristo” di Soloviov. Quello che invece si sta realizzando di fatto mentre tutti discutono è la “Singularity Tecnologica”, la fusione fra tecnica e natura, uomo e macchina, sotto l’egida dei guru dell’ informatica, sorprendentemente con la benedizione di “tradizionalisti” come Vance. Tutto ciò si è ripercosso “a cascata” in tutti gli ambiti del moderno Occidente: filosofico, storico; sociale, politico, economico, giuridico: -in ambito filosofico, si è privilegiato un pensiero escatologico immanentistico (es., marxismo), che a sua volta non si è potuto applicare concretamente per gli stessi motivi, ma sopravvive, nascosto, nel linguaggio corrente di tutti, compresi i pretesi “conservatori”; -in ambito storico, si è costruita una “Storia sacra” sui generis, che coincide con l’evoluzionismo e si chiude con la Singularity Tecnologica (anche se nessuno ne vuole parlare); -in ambito politico, si è imposta una ferrea “Finestra di Overton”, con la criminalizzazione di tutte le forme di pensiero alternativo ai due “partiti” (“progressisti” e “conservatori”) ammessi nella dialettica politica “occidentale”; -in ambito economico, si sono chiuse o svuotate tutte le grandi iniziative europee (Concorde, EADS, FIAT…), sostituendole con una galassia d’imprese insignificanti manovrate dai GAFAM e da fondi americani; -in campo giuridico, si è creata una “ragnatela” di norme e istituzioni (cfr. Ikenberry: trattati anti-proliferazione, ONU, NATO, GATT, WTO, Corti Penali Internazionali, normative sui ICT), che solo l’Europa ha rispettato, mentre tutti gli altri le hanno sempre ignorate, traendone il massimo vantaggio. La pretesa delle voci del Mainstream, secondo cui l’Occidente (prima di Trump) rispettava almeno la libertà, mentre il resto del mondo (liquidato come “le autocrazie”), no, è falsa. Le libertà di pensiero, di parola e di associazione, non sono state rispettate. La “cancel culture” è solo l’espressione ufficiale di una censura che ha colpito da sempre il discorso pubblico, espungendovi tutto quanto non coincideva con la Teologia Politica dominante: -dalla lettura senza paraocchi della Bibbia e dei Classici (dalle stragi a Canaan alle contraddizioni del Nuovo Testamento, all’ esaltazione in Omero di ogni forma di violenza, alla classificazione, da parte dei filosofi greci, della “democrazia” fra le forme degeneri di governo); -al privilegiamento delle tradizioni ereticali e protestanti del Cristianesimo (Catari, Calvinisti, Puritani, Mormoni) contro Cattolicesimo e Ortodossia; -alla censura sulle stragi delle Rivoluzioni Atlantiche e degli Stati Uniti per enfatizzare quelle della Spagna e degli Stati Totalitari; -all’ esaltazione dei pensatori politicizzati e progressisti e censura su quelli scettici o conservatori ( Cartesio, Pascal, Rousseau, Berkeley, Malebranche, Hume, De Maistre, Nietzsche, Wittgenstein, Heisenberg, Feyerabend, De Finetti, Gehlen, Anders, Voegelin…). Si sono moltiplicati nel tempo i tabù di cui è impossibile parlare: gerarchie, maschilismo, Shoah, strage armena, Massoneria. brigantaggio meridionale… Le violazioni recenti della libertà di pensiero e di parola , imputate da Vice-presidente americano Vance all’ Unione Europea, sono solo un’ultima, limitata manifestazione di un generale atteggiamento censorio, che ci ha accompagnati per tutta la vita. Non c’è mai stata libertà di associazione, perché il sistema mirava a favorire grandi organizzazioni e grandi partiti già esistenti (tipico il bipartitismo americano), con il risultato che più della metà degli elettori non va a votare. Vance ha affermato perfino che il vero pericolo per l’ Europa non è costituito dalla Russia e dalla Cina, bensì dalla restrizione della libertà da parte dell’ Unione Europea: “The threat I worry the most about vis-à-vis Europe is not Russia, it’s not China, it’s not any other external actor. What I worry about is the threat from within, the retreat of Europe from some its most fundamental values, values shared with the United States of America.” Si riferiva alla censura sui media e alla criminalizzazione della religione, Soprattutto, si riferiva all’ annullamento, da parte della Corte Suprema rumena, del primo turno delle elezioni presidenziali, perché vinto, grazie a una campagna su Tik Tok, da un candidato sospettato unicamente di essere sostenuto dalla Russia. Ma poi si è scoperto che il candidato aveva semplicemente sfruttato abilmente la campagna di hackeraggio di un partito concorrente, dirottandola a proprio favore. Avrebbe potuto benissimo parlare dei Baltici (dove esiste perfino la categoria dei “Non Cittadini”). Le critiche di Vance potrebbero applicarsi benissimo anche agli USA. Si dice anche, a sua discolpa, che il sistema occidentale avrebbe incrementato il benessere del “ceto medio”. Tuttavia, mentre quest’ultimo in Occidente è in costante declino, nello stesso periodo (il Dopoguerra), il resto del mondo, e, in primis, la Cina, è passata, dall’ essere un deserto devastato da 100 anni di guerre e di occupazione, al Paese tecnologicamente più avanzato del mondo, con il più grande PIL a parità di potere di acquisto, e questo proprio a favore del “ceto medio” più vasto del mondo.Secondo Elsa Fornero, lo stesso potrebbe dirsi dell’ Arabia Saudita. Si dice infine che, se non facesse parte della NATO, l’ Europa sarebbe già stata conquistata dalla Russia. Ma intanto proprio la Russia di Gorbaciov e di Eltsin aveva deciso lo scioglimento dell’ URSS e aveva chiesto di entrare nelle Comunità Europee e nella NATO, essendone però respinta, mentre in Occidente nessuno ha mai pensato di sciogliere la NATO. E’ ovvio che, dopo 40 anni di rifiuti e di prepotenze, alla fine la Russia si sia ribellata all’ atteggiamento impositivo dell’Occidente, ma se, invece, quell’atteggiamento non vi fosse stato, Putin avrebbe mantenuto il punto di vista espresso nel 2006 su “La Stampa”, secondo cui l’Unione Europea costituiva la massima conquista del XX secolo, e solo nel 2007, proprio alla Conferenza annuale a Monaco, aveva cominciato a denunziare gli eccessi dell’ egemonia americana. Infine, che cosa dovrebbe fare la Russia quando il Russo non è considerato come una lingua ufficiale dell’Unione Europea, mentre il suo numero di parlanti è superiore a quello degli abitanti di una decina di Stati membri, e certamente di quelli parzialmente anglofoni (in Irlanda e a Malta), e ciononostante l’Inglese è utilizzata abusivamente nell’ Unione senza alcuna base giuridica, per una pura volontà di sopraffazione culturale delle elites occidentaliste? E’ vero che, in questi 80 anni vi è stata l’assenza di guerre “ufficiali” sulla maggior parte del territorio comunitario, ma guerre con la partecipazione europea ce ne sono state moltissime (civili balcaniche, irlandese, basca; di Corea; in Medio Oriente; nel Vietnam; in Afghanistan; in URSS; in Jugoslavia; in Africa; “interventi umanitari” a cui tutti abbiamo partecipato; terrorismi). L’unico punto su cui tutti sembrano d’accordo è che l’ Europa dovrebbe aumentare la propria spesa per la difesa, ma i dati sembrano dimostrare che la questione sia stata molto mal posta. Intanto, l’ Europa Occidentale spende da sempre in difesa più della Russia (457 miliardi contro 145), e non si capisce perché non sarebbe in grado di difendersi da sola se non aumentasse ulteriormente la spesa. In secondo luogo, se aumentasse la spesa al 5% mentre gli altri la diminuiscono, finirebbe per avere l’esercito più grande del mondo. In terzo luogo, perché tale esercito dovrebbe essere concepito per fronteggiare la Russia (che, come scritto nel 2006 da Putin, è a tutti gli effetti europea), e non per fronteggiare gli USA, che non lo sono, che ci occupano, ci insultano e ci minacciano?
Il bullismo americano è tutt’altro che nuovo
4.La dittatura dei GAFAM (“dell’ algoritmo”): il vero problema del XXI Secolo. A nostro avviso, il vero problema oggi è la dittatura dei GAFAM sull’ Occidente, che sta portando al dominio delle macchine intelligenti e alla sparizione dell’umano. Anche su questo, tutto si sapeva da molto tempo, fino da quando Saint-Simon, all’ inizio dell’ Ottocento, aveva teorizzato apertamente che, nella “Nuova Società Organica” fondata, dopo la Rivoluzione Francese, sulla scienza e sulla tecnica, il “Potere Spirituale” sarebbe spettato “agl’industriali”: esattamente ciò che abbiamo visto realizzarsi all’ “Inauguration” di Trump.Per Bogdanov (un leader bolscevico vicino a Trockij), la conquista di Marte (che ora vorrebbe realizzare Musk) sarebbe stato il compito della Russia bolscevica, e questo avrebbe coinciso con l’istaurazione del comunismo (dove, secondo Gustev, le macchine avrebbero impartito ordini agli uomini). Ancora nel secolo scorso, De Landa e Kurzweil ,avevano profetizzato la presa del controllo mondiale da parte dei robot, e, nel 2003, in “The new Industrial Age”, Schmidt e Cohen avevano previsto che Google avrebbe superato la Lockheed nel guidare l’ America verso la conquista del mondo. Nelle distopie del ‘900 (Čapek, Asimov), i robot, che domineranno l’universo, sarebbero stati fabbricati e gestiti da società private (p.es, R.U.R. Universal Robots, che anticipano Musk). Di fatto, già oggi il sistema informatico-militare americano ci controlla nei minimi dettagli come nei romanzi di Zamiatin e di Orwell, intercettando tutte le nostre comunicazioni (Echelon, Prism, Paragon Solutions), censurando ciò che leggiamo (la cosiddetta “moderazione”), mostrandoci solo ciò che è funzionale al nostro indottrinamento (“software di raccomandazione”), orientando le elezioni (Cambridge Analytica, X),in sostanza impedendoci di parlare o fare qualunque cosa contro il sistema (la “Wehrhafte Demokratie” sostenuta dalla Baerbock, che si traduce nella criminalizzazione degli avversari). Nonostante le pretese dell’Amministrazione americana di voler difendere gli Europei contro tutto ciò, invece questo stato di cose è destinato ad essere moltiplicato esponenzialmente dalle iniziative di Musk nei settori degl’impianti cerebrali, delle comunicazioni e dell’Intelligenza Artificiale. Ma anche l’idea di un controllo diretto degli USA sul mondo intero non è un’ invenzione di Trump, dato che era stato teorizzato in tutti i suoi aspetti da Emerson, Whitman, Fiske, Willkie, Cabot Lodge, Valladão…e portato avanti con strumenti ufficiali, come il National Endowment for Democracy e lo USAID, o ufficiosi, come la “Open Society” di Soros, finalmente sotto la lente della nuova Amministrazione americana. Così stando le cose, il cambio di amministrazione può essere addirittura positivo. Addirittura, secondo Cacciari, “potremmo anche considerare i primi atti della presidenza Trump un commendevole sforzo per liberare il campo da infingimenti e ipocrisie…La chiarezza è sempre preferibile alla confusione. Meglio un populismo quasi razzista esplicito che un umanitarismo d’accatto e sempre disposto a tradirsi”. Le tardive lamentele contro questo stato di cose da parte del “mainstream” sono quindi l’ennesimo avatar della “rana di Chomsky”, che si accorge di essere stata bollita quando oramai è troppo tardi. Mentre, invece, l’improvvisa infatuazione dei “sovranisti” per Trump e Musk nonostante le loro continue ingerenze nella politica interna degli Europei (dalla Groenlandia, all’ AfD) è anch’essa quanto mai strumentale.
Le vittorie di Schrems dinanzi alla CVorte di Giustizia sono state nullificate dalla Commissione
5.Le proteste di Mattarella e di Ursula von der Leyen La maggior parte degli “orfani di Biden” si consola pensando che, almeno, ci sono Mattarella e Ursula von der Leyen che “ne dicono quattro” a Trump e a Musk. In realtà, ambedue queste personalità stanno dimostrando plasticamente i limiti della capacità europea di reagire. Il Presidente italiano se la prende giustamente con il “nuovo feudalesimo” dei guru dell’ informatica, che occupano abusivamente beni pubblici, come l’informazione, la rete e perfino lo spazio siderale, e con il “vassallaggio felice” degli Europei. Ma, commenta Alessandro Aresu su “Il Fatto Quotidiano”, egli non si sofferma affatto sulle ragioni dell’incapacità dell’Europa di costruire una propria industria digitale. Balzano, su il Fatto Quotidiano, ricorda che anche il Presidente, come la pubblicistica Mainstream, ha taciuto per un decennio su tanti altri atti di vassallaggio degli Europei nei confronti degli USA. Che cosa intenda Aresu lo si capisce leggendo il suo recente libro “Geopolitica dell’Intelligenza Artificiale”, che descrive un ambiente americano profondamente intriso di post-umanesimo (l’”Ideologia Californiana”), in cui la creazione di nuove imprese e nuovi prodotti immateriali è un fatto naturale, che non può essere imitato perché è un humus culturale, quando non religioso. E, difatti, tutta l’”ideologia” di Musk è ripresa di pari passo dal Cosmismo russo (La “Filosofia dell’ Opera Comune” di Fiodorov e i Principi dell’Astronautica” di Tsiolkovkij), che postulavano la conquista dello spazio quale dovere religioso, per popolare lo spazio con i nostri antenati, resuscitati mediante la clonazione ottenuta con le nuove tecnologie. Tuttavia, sotto questo punto di vista, l’ideologia di Musk dopo la sua conversione trumpiana è alquanto contorta. Dopo avere preso atto in modo appariscente che esiste il pericolo concreto che i robot si sostituiscano all’ uomo, Musk ha fatto un’ardita capriola concettuale, tutt’altro che convincente. Secondo lui, visto che i robot supereranno le capacità degli uomini sulla Terra, questi ultimi dovranno emigrare verso altri pianeti (come i Ghazawi secondo Trump). Inoltre, dovranno essere forniti di impianti cerebrali (Neuralink) per poter superare i robot in intelligenza (quindi, diverranno in realtà dei Cyborg, o meglio un’”Intelligenza Collettiva”, parte della Megamacchina Mondiale, governata centralmente dalle macchine stesse). Da ciò si capisce che le recenti evoluzioni ideologiche di Musk sono strumentali e funzionali alla conciliazione dei suoi contrastanti obiettivi politici e imprenditoriali. Apparentemente, sarebbe passato dal fanatismo per il transumanesimo ad appoggiare le idee conservatrici di Trump per reazione alla transessualità di suo figlio. Però, le motivazioni da lui fornite non sono convincenti. Inoltre, stranamente, anche tutti i suoi colleghi amministratori delegati dei GAFAM hanno fatto, contemporaneamente, lo stesso “salto della quaglia”. Con ciò, sono riusciti a realizzare il progetto di Schmidt (“The New Digital Age”), di fondere i GAFAM con l’espansionismo americano, costringendo l’amministrazione Trump ad abbandonare le sue, per quanto modeste, velleità antitrust, e, anzi, a farsi loro avvocata presso la UE per eliminare le multe già irrogate per violazione di varie norme europee, inserendola addirittura nei dazi che l’UE dovrà pagare agli USA. Ma soprattutto, il suo vero problema è il conflitto con Altman per il controllo di OpenAI: l’anello mancante nella sua catena assoluta di comando, e una minaccia al suo rapporto esclusivo con Trump e i GAFAM. A nostro avviso, è lì che ci si dovrebbe concentrare per una critica effettiva a Trump e a Musk, mostrando le contraddizioni delle loro posizioni, la loro incapacità (non diversa da quella dei progressisti) ad affrontare seriamente i problemi dell’era delle Macchine Intelligenti, e, in particolare, a creare un’alternativa alla Singularity, meglio dei loro avversari, che, in pratica, non se ne erano neppure occupati. Il problema è che, per fare ciò, le classi dirigenti europee dovrebbero essere più intelligenti di quelle americane e russe -cosa che oggi non è-. Infatti, ancora meno convincenti le difese di Ursula von der Leyen, che dovrebbe a preparare un solido piano contro i nuovi dazi (anche perché è lo stesso Trump che li concepisce come “reciproci”), ma in pratica sta semplicemente accettando di accrescere le spese militari. Resta il fatto che anche l’arrendevolezza della Commissione verso gli USA, e, in particolare, i GAFAM, è stata conclamata da gran tempo (Schrems, contratti Microsoft, Wewiòrowski), e stupisce che solo ora essa finga di svegliarsi. Del resto, quest’arrendevolezza è anche il tallone di Achille di coloro che si autodefiniscono “sovranisti” ma non lo sono affetto. Non parliamo poi dei patetico summit di Macron, sull’AI, dove si è che insistito sull’approccio trionfalistico e inconcludente già dimostratosi perdente con QWANT e GAIA-X, e sull’ Ucraina, dove sono emerse posizioni inconciliabili fra gli Europei. In effetti, non si affronta mai la questione centrale dell’ “Autonomia strategica digitale”: avere un proprio “nocciolo duro” di scienziati, militari, intellettuali, imprenditori e imprese, ingegneri, tecnici, legati a progetti europei (civili e militari), e non infeudati ai GAFAM. Il punto è che ora si vorrebbe finalmente essere trattati da eguali agli USA quando non si è nemmeno capaci di contrastare la loro appropriazione culturale delle nostre tradizioni, sicché essi si possono presentare come i veri eredi di Grecia, Roma, Cristianità e Illuminismo, gli unici di cui occorra tener conto nel dialogo fra le grandi civiltà, ormai in corso a Riad.
Dopo anni di reclusione, Assange è stato costretto a dichiararsi colpevole e a ritirarsi in Australia
6.Contrastare lo Stato Mondiale dei GAFAM In particolare, i governanti europei avevano deciso ottant’anni fa (o vi erano stati costretti, vedi Olivetti) di lasciare all’ America lo sviluppo delle nuove tecnologie, che costituiscono l’essenza del XXI secolo, così condannando l’Europa, non solo alla dipendenza politica e militare, bensì anche alla sterilità intellettuale e al declino economico. Sotto questo punto di vista, la critica all’ approccio all’ AI meramente “normativo” della UE è pienamente giustificata. E’ impensabile che le imprese di una superpotenza (gli USA), che detiene il controllo politico dell’ Occidente e il controllo tecnico dei GAFAM accettino che il digitale sia disciplinato a livello internazionale da un’altra realtà politica (la UE), che non ha, né la competenza tecnica, né la giurisdizione, né il potere militare, per gestire una realtà così esplosiva. E infatti, tanto Zuckerberg quanto Vance, hanno chiamato alle armi l’Amministrazione americana perché annulli le patetiche sanzioni della UE contro i GAFAM (considerandole assurdamente come dazi impropri, mentre esse sono in realtà il residuo dell’illusione di poter contrastare le Macchine Intelligenti con ricette liberiste del Secolo XIX). Se la UE vuole legiferare sulle società informatiche, deve crearsi le proprie società informatiche. Di fatto, vi è un solo attore che voglia, e possa, tener testa alla dittatura mondiale dell’ algoritmo: la Cina, le cui competenze tecnologiche e le cui dinamiche politiche e giuridiche in materia di digitale sono deliberatamente ignorate in Europa, mentre i vertici americani, pur deprecandole, tentano segretamente di copiarle e di conciliarle. La Cina: a)ha stabilito una chiara indipendenza dai poteri forti americani (sette, lobby, finanza, tecnologia, forze armate, intelligence, media), sì che essa è l’unico territorio del mondo dove essi non arrivino con il loro spionaggio e con il loro furto di dati; b)ha creato proprie piattaforme eguali e contrarie a quelle americane (i BAATX); c)ha informatizzato tutta la sua vita sociale, esportando largamente i suoi beni e servizi più avanzati (pannelli solari, auto elettriche, treni ad alta velocità, Intelligenza Artificiale); d)ha introdotto regolamentazioni ispirate a quelle europee, ma più complete e concrete, applicandole senza indugio proprio alle imprese cinesi, e sanzionando tutti i BAATX per le loro trasgressioni; e)ha esautorato ed esiliato (senza espropriarlo) Jack Ma, che stava trasformandosi, sul modello di Musk, in un mostro finanziario capace di dominare tutta la scena imprenditoriale e politica cinese (il “crackdown sui BAATX”, che dovrebbe costituire il modello per un analogo “Crackdown” in Occidente). f)ha immesso sul mercato internazionale, con perfetta tempistica su “Made in China 2025”, due programmi di Intelligenza Artificiale conformi alle normative UE, “open source”, più potenti di quelli americani e realizzati, con un costo infinitesimo, da start-ups di giovani teste d’uovo, così ridicolizzando 10 anni di politica legislativa europea e americana, che ha stanziato (e ancora sta stanziando) fondi pubblici enormi con l’obiettivo “di fare dell’Europa l’area più competitiva del mondo”, e, rispettivamente, “di mettere fuori mercato il mondo intero”. g)ha proposto a Monaco, per bocca di Wang Yi, di unire alla Nuova Via della Seta gli analoghi sforzi della Commissione, unico modo per trovare subito enormi sbocchi commerciali alternativi al mercato americano (unica ancora di salvezza per l’economia europea). Poi ci si lamenta per le simpatie di Musk per la Cina. Musk (che possiede la maggiore fabbrica di Tesla in Cina), sa bene che Xi Jinping non si fa manipolare, come l’Unione Europea, e perfino Trump, dalle società informatiche, e quindi lo tratta da pari a pari. E’ lì che l’Europa dovrebbe guardare per non restare indietro di 80 anni, come sta accadendo oggi, aspettando addirittura lo sbarco miracoloso di Musk, che, giustamente, invece, dal suo punto di vista, non è andato agl’incontri con i suoi meschini adulatori, né a Madrid, né a Parigi, né a Monaco, troppo occupato, com’è, su fronti per lui ben più sfidanti, come il Progetto D.O.G.E. e l’OPA su OpenAI. Certo, bene ha fatto il Presidente Macron a invitare il Primo Ministro indiano a co-presiedere il summit di Parigi sull’ Intelligenza Artificiale, perché l’India di Modi, totalmente immersa nell’induismo e, nel contempo, centro di eccellenza dell’AI, avrebbe tutte le caratteristiche per divenire un partner importante per l’Europa in una strategia di intelligenza artificiale basata, non già su regole astratte, bensì su educazione e cultura. Oggi, tuttavia, nel settore specifico dell’ AI, essa è molto arretrata rispetto alla Cina, e non gode neppur essa di quell’ Autonomia Strategica Digitale che Macron vorrebbe proporre come obiettivo per gli Europei (e che potrebbe conseguire solo con una stretta alleanza con l’ Europa). D’altronde, l’ Europa, grazie alle scelte sciagurate della Commissione, ha reso in pratica disponibili i dati degli Europei, oltre che ai servizi segreti americani, anche alle imprese americane per addestrare la loro AI, lucrando cifre immense sull’abuso delle nostre intelligenze naturali. E, nell’ ambito delle trattative con Trump, c’è il rischio che quest’espropriazione addirittura si legalizzi. Un’eventuale vera alleanza con l’India imporrebbe anche accordi molto più seri sull’ utilizzo reciproco dei dati dei due miliardi di cittadini europei e indiani, e anche un’alleanza di tipo politico, militare e culturale.
Solo De Gaulle aveva raggiunto l’Autonomia Strategica Europea
7.L’Europa ignorata sull’ Ucraina Come detto sopra, sono lacrime di coccodrillo anche quelle sull’esclusione dell’Europa da ogni dibattito sul futuro ordine internazionale, a cominciare dalla pace in Ucraina, a cui è stato dedicato l’abortito summit parigino, che non ha portato a nessuna conclusione. Peskov ha detto testualmente: “gli europei dovranno probabilmente parlare con Washington per chiedere un posto” al tavolo delle trattative. E’ chiaro che l’Unione Europea non è, di fatto, sullo stesso livello di America, Russia e Cina, anche se è certo doloroso per il nostro establishment vederselo ricordare in modo così umiliante come con quest’esclusione dalle trattative per l’ Ucraina. Era anche chiaro che le spese europee per l’Ucraina sono state costruite come un vero tributo all’America, e non avrebbero dato alcun diritto alla co-decisione. È l’America stessa ad aver creato le Comunità Europee nei territori occupati, con la risoluzione Fulbright del Senato americano, con i finanziamenti della CIA attraverso l’ACUE, con l’intervento di Dean Acheson su Monnet per la Dichiarazione Schuman e con il lavoro sui Trattati di Roma dello Studio Allen & Overy, per creare un fittizio interlocutore europeo da contrapporre al blocco sovietico.L’America non ha mai voluto che l’ Europa raggiungesse il suo stesso status, e ha sempre avuto le leve necessarie per impedirlo. I tanto gli esaltati politici nazionali, come Churchill, Adenauer, Degasperi e Schuman, quanto lo stesso Spinelli, svolsero un ruolo di comparse, tanto nella Dichiarazione Schuman, quanto nella redazione dei Trattati. Invece, per arrivare al suo status di eccezionalità, l’America aveva dovuto combattere ininterrottamente, in 250 anni, 250 guerre, di cui almeno 5 contro delle potenze europee. L’America ha anche inventato un’ideologia (gli “Stati Uniti d’Europa”), che l’Europa ha semplicemente copiato, appropriandosi della ricchissima eredità culturale europea. Ha centinaia di basi militari in tutto il mondo, di cui la maggioranza in Europa. Le sue imprese informatiche le permettono di condizionare le coscienze degli Europei. Possiede armi nucleari e spaziali che l’Europa non possiede, in quantità pressoché pari a quelle della Russia e della Cina. Come si può pensare che accetti di discutere alla pari con noi della guerra e della pace, in un momento, come questo, in cui la Russia e la Cina la sfidano ad affrontare questioni esistenziali? Addirittura, l’Amministrazione Trump punta proprio a umiliare l’Europa, per esempio con le accuse (per altro non immotivate) del Vice-Presidente Vance, di limitare la libertà di parola. Tra l’altro, chi dovrebbe rappresentarci in queste discussioni, l’alto commissario Kaja Kallas, è la più accanita nemica della Russia, ha negato per anni nel suo Paese i diritti civili (compreso il voto) alla minoranza russofona, e ha come programma esplicito, quello d’invadere la Russia per ridurla a una miriade di repubblichette piccole come l’ Estonia. Perché mai la Russia dovrebbe essere smaniosa di discutere con la Kallas? L’Europa postbellica aveva avuto molte eccezionali occasioni per influire pesantemente sulla politica di pace in Europa (dal missile italiano SCOUT, previsto vettore dell’ atomica europea), al viaggio a Mosca di De Gaulle, al ’68 di Parigi e di Praga, alla Conferenza di Praga del 1989, alla visita di Elcin al Parlamento Europeo, ai viaggi di Putin in Germania, all’incontro a Kaliningrad fra Putin, Schroeder e Chirac, quando la Russia era ancora molto filo-europea, fino alle sentenze Schrems e all’ adesione, fra cui l’ Italia di alcuni Stati Membri alla Via della Seta, e all’ invio all’ Unione Europea della proposta russa di nuovo ordine mondiale prima dell’Operazione Militare Speciale), ma non ne ha mai voluto approfittare al momento opportuno. Allora, la Russia voleva, non solo trattare con l’ Europa, ma addirittura fare parte della UE, e non era stata accettata. Perché l’Ucraina si e la Russia no? Adesso, ci si lamenta se la Russia tratta direttamente con gli Stati Uniti, che, a loro volta, non ci hanno mai preso sul serio. Oggi, Trump e Musk dicono “apertis verbis” ciò che tutti i presidenti americani hanno sempre pensato: gli USA, in quanto prima potenza, discutono di ciò che conta (guerra e pace, difesa, alte tecnologie, economia mondiale), con chi ne possiede le competenze e gli strumenti (Cina e Russia). Ma anche la Russia, prima dell’ Operazione Militare Speciale, aveva inviato richieste formali differenziate a USA, NATO e Unione Europea (a cui nessuno aveva risposto), e, quindi, si aspettava trattative differenziate.E’ quindi normale che sia preliminare un incontro USA-Russia per parlare di Intelligenza Artificiale, di Non Proliferazione e di basi militari nel mondo, che non riguardano l’Unione Europea, che non ha nessuna di queste cose. Certo, sarebbe importantissimo che l’Europa non si fosse ridotta in questa situazione (senza industrie di alta tecnologia, senza Stato Maggiore, Accademia Militare, Servizi Segreti, bombe atomiche, con la recessione in Germania e in Italia oramai da molti anni), ma tutto ciò è stato voluto proprio dall’Establishment (filo-americano), e i Sovranisti non solo non vi hanno obiettato, ma vi hanno collaborato attivamente. Adesso, tutti vorrebbero che la situazione fosse l’opposto di quella reale, ma crediamo che non la si potrà rovesciare senza un radicale sconvolgimento di tutta la classe dirigente responsabile di questo sfacelo. Nel caso in cui, “per grazia ricevuta”, l’Unione Europea fosse invitata al tavolo delle trattative per l’Ucraina, dovrebbe rilanciare, rivendicando la rappresentanza un’Europa che sia veramente “Great Again”, cioè che non sia solo l’Unione Europea, ma anche il Vaticano, la Comunità Eurasiatica, l’Ucraina, la Turchia, i Balcani Occidentali, il Caucaso, la Svizzera e la Scandinavia Occidentale (Norvegia, Islanda e Groenlandia), che, anche loro, avrebbero molto da dire. Ora la questione più urgente è quella di dotare l’Europa di una potenza equivalente a quella americana (Gabriele Segre). Purtroppo, la potenza non è solo una questione di soldi, come si vede nella discussione sul 2%,3%,5%. Basta vedere come i Vietnamiti e i Talibani hanno sconfitto gli Stati Uniti, e i Palestinesi siano ancora vivi e vegeti dopo 80 anni di occupazione israeliana. Il problema è che gli Europei non hanno, contrariamente a Vietnamiti, Afghani e Palestinesi, un’identità vera che li motivi a battersi per la loro patria comune, perché i loro presunti valori sarebbero in realtà quelli degli Americani. Occorre dunque costruirla, quest’identità, partendo dalla cultura, per passare alla politica, alla società, all’ economia, alla tecnologia, all’ esercito. Solo alla fine, non all’ inizio, potrà venire il diritto costituzionale. 8.Cos’ è l’Ucraina? Con la telefonata fra Putin e Trump si è comunque aperta una fase in cui è lecito sollevare qualunque questione e parlare apertamente, come ha affermato, alla Conferenza di Monaco, Ursula von der Leyen. Per ciò che ci riguarda, avevamo sollevato già nel 2014 la questione di che cosa l’Ucraina rappresenti per l’Europa, con un Quaderno di Azione Europeista intitolato “No a un’inutile strage”. Poi, questa strage si è puntualmente verificata. A dire il vero, facendo una piccola digressione autobiografica, personalmente avevo già organizzato nel 1970 un “sit-in” degli studenti torinesi alla Facoltà di Giurisprudenza per protestare contro l’arresto del Professor Dziuba e del progettista aereonautico Antonov, per la loro lettera aperta al Primo Segretario del Partito Comunista Ucraino, intitolata “Internacijonalizm čy Russifikacija?”, in cui si sollevavano già gli stessi temi di oggi: in un territorio pluriculturale come l’ Ucraina, che senso hanno le successive ondate di russificazione e di ucrainizzazione che si sono succedute da metà Ottocento, e continuano sotto i nostro occhi? Il risultato era stata un’aggressione ai nostri studenti da parte degli antenati del “mainstram” attuale: i gauchisti, allora mosche cocchiere del PCUS. Questo non è un problema solo dell’Ucraina, ma anche dei Paesi Baltici, della Moldova, della Turchia, dei Balcani, dell’ Irlanda, ecc…L’Europa è un continuum etnico, culturale, linguistico e storico (Papa Francesco). E’ impossibile costringerla dentro i limiti rigidi dei confini degli “Stati nazionali”: Si possono inventare tutte le “autonomie differenziate”, gli “Statuti speciali”, i regimi delle minoranze, ma il risultato sarà sempre che c’è un patrimonio culturale comune, che reclama una posizione comune sullo scenario mondiale (un unico “Stato-Civiltà”, come la Cina e l’India). Quanto, in particolare, all’ Ucraina, essa è, per noi, il vero cuore dell’ Europa, il luogo dove si è formato, con l’apporto di popoli precedenti, il popolo “Yamnaya” (alias “Popolo dei Kurgan”, alias Proto-indoeuropei), che è l’antenato di buona parte degli Europei. Essa fu il centro degl’imperi unno, gotico, bulgaro, khazaro, dei popoli Cumani e Peceneghi (i Polovesiani del Canto del Principe Igor), dei Caraiti, dei Cosacchi, dei Tartari di Crimea, di letterati russi, tedeschi ed ebrei, come Gogol’, von Masoch, von Rezzori, Bebel,Grossmanm, Bialik , ben Jehuda..)..Ascriverla alla Russia, alla Turchia, alla Polonia, all’Austria o alla Germania, fu sempre arbitrario. E’ un caso tipico di “territorio pan-europeo”. Per questo, un’ interpretazione ristretta del conflitto di oggi non è adeguata, e occorre, come ha richiesto Putin proprio in questi giorni, in coerenza con i documenti russi del 2021, di “andare alle radici del conflitto”, che, a nostro avviso, si possono ricondurre in ultima analisi alla pretesa occidentale della “Fine della Storia”, e alla conseguente eliminazione delle diversità. La soluzione non sta quindi evidentemente nella spartizione dell’Ucraina secondo linee falsamente “etniche” (che non esistono), bensì nel riconoscimento che l’Europa è un ininterrotto “continuum” poliedrico, e che il suo regime politico dev’essere conforme alla sua natura, non già un insieme di Nazioni rissose, incolte e arroganti. In particolare, basta con l’antropomorfizzazione delle Nazioni (“aggressore” e “aggredito”), ultimo avatar delle Teologie Politiche della Modernità! L’Ucraina non è la frontiera dell’ Europa: è il suo centro, da cui si dipartono la Mitteleuropa, il mondo pontico-caucasico e quello delle pianure eurasiatiche. E’ offensivo trattarla come un Paese in via di sviluppo, che Trump vuole espropriare, approfittando del momento di difficoltà, delle sue risorse naturali.
L’Europa Una, e signora del mondo: il progetto di Nietzsche
9.Riequilibrare gli armamenti, sì, ma come? Se c’è un aspetto interessante nell’orgia di esternazioni e di prese di posizione di tutti, questo è la proposta di Trump di limitare gli armamenti, in particolare quelli delle grandi potenze (USA, Cina e Russia), le quali dovrebbero dimezzare le loro spese militari (oggi rispettivamente di 1300, 145 e 232 miliardi di dollari (quindi, a 600, 70 e 120). Se si considera che, invece, secondo Trump, gli Europei dovrebbero triplicare le loro (arrivando al 5% del PIL, cioè a 850 miliardi), ci si troverebbe alla fine in Europa con un esercito pari a più della somma degli altri tre. Quindi, altro che debolezza dell’ Europa, bensì finalmente l’”Europa Una e signora del mondo” di cui parlava Nietzsche. Ma, visto che in Europa non si è andati, come pensava Nietzsche, verso il Superuomo, bensì spadroneggia ancora l’”Ultimo Uomo”(Fukuyama), chi gestirebbe questo potere enorme? Ed ecco spiegata l’operazione “Make Europe Great Again”. Questa mostruosa Europa iper-militarizzata ma incapace di autogovernarsi, sarà etero-governata dai GAFAM, come e più ancora dell’America, attraverso una serie di politici-marionette militaristi e nazionalisti scelti e gestiti da Musk e da Trump, in modo che nessuno possa sfuggire alla Singularity, che intanto va avanti indisturbata con base in America, finché la Cina non glielo impedirà L’attacco contro l’attuale classe politica europea serve solo per coprire e razionalizzare il ricambio del ceto politico, da quello “woke” filo-democratico, a quello “sovranista” pro-Musk. Gli Europei diventerebbero così un enorme esercito mercenario dei GAFAM, pronto a reprimere Americani, Russi e Cinesi se provassero ad opporsi alla Singularity. Ammesso che ciò si verificasse, sarebbe più urgente che mai una battaglia culturale per modificare le basi culturali dell’ ufficialità europea, unica garanzia di Autonomia Strategica, in modo che l’enorme potenziale celato nell’ Europa non venga utilizzato per fini apocalittici, bensì venga in aiuto di tutti coloro che, nei diversi continenti, si battono per la sopravvivenza dell’umano.
Il professor Natalino Irti, una colonna della cultura italiana, ha pubblicato, con encomiabile tempistica, sul supplemento culturale de Il Sole 24 Ore di questa domenica 15 febbraio, un articolo su un tema che è un po’ al centro delle attività della nostra Associazione Diàlexis: il “Modernismo Reazionario”, tema che sembrava caduto nell’ oblio dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, ma, invece, attraverso i suoi numerosi avatar (il cosmismo russo, il “sublime tecnologico” americano, il trans-umanesimo) è sopravvissuto, e, anzi, è riemerso in forma carsica, per trovare poi oggi la sua più compiuta manifestazione nell’ inedita alleanza fra, da un lato, i guru post-umanisti dell’informatica, e, dall’ altro, l’amministrazione Trump. Da un punto di vista analitico, siamo di fronte a tre fenomeni distinti: -la marcia verso il potere dei proprietari delle grandi società informatiche (guidati da Musk), che, operano in condizioni di monopolio e sono sostenute dallo Stato americano, grazie al quale hanno esteso il loro potere all’intero Occidente, costituendo oggi lo strumento principe dell’ egemonia USA e influenzando, così, lo “Zeitgeist” mondiale, e, ora, lo stesso Presidente; -la strategia internazionale del 2° mandato di Trump, volta a fare recuperare all’ America un ruolo centrale nel mondo facendo leva sull’ economia, e, in particolare, su dazi generalizzati e reciproci, che permettono di fare pressione in ogni momento su ogni Stato per ottenere vantaggi di ogni tipo; -il nuovo orientamento ideologico degli Stati Uniti, che fonde il sostegno incondizionato alle industrie informatiche, rappresentate da Musk, con il tentativo di assumere la leadership mondiale dei movimenti conservatori, sottraendola così a Putin. Tentativo ardito, vista l’opposizione logica fra conservatorismo e transumanesimo, che può per altro venire superata grazie alle aspettative di “sdoganamento” fatte balenare dal team trumpiano alle destre più radicali e alla stessa Russia.
1.Il concetto proposto da Herf Per tenere insieme questo collage eterogeneo, si è resa necessaria un’ideologia, che, secondo l’articolo di Irti, richiama il “modernismo reazionario” studiato nel 1988 da Jeffrey Herf con riferimento al nazionalsocialismo, e, a mio avviso, è perfettamente estendibile a tutte le “culture dell’Asse” intese in senso lato, dal Futurismo italiano e russo alla Rivoluzione Conservatrice di Ernst Jünger, al “Romanticismo d’Acciaio” di Goebbels. Secondo Herf, queste culture”riuscirono ad integrare la tecnologia nel simbolismo e nel linguaggio della Kultur -comunità, sangue, volontà, io, forma, produttività e infine razza -estraendola dalla sfera della Zivilisation – ragione, intelletto, internazionalismo, materialismo e finanza”. A mio avviso, il tramite più potente ed evidente di questa trasformazione fu la Rivoluzione Conservatrice, e, in particolare, Ernst Juenger, che, riproponendo intorno alla Prima Guerra Mondiale idee correnti già nel Reich bismarckiano, aveva disegnato un parallelo fra la figura del “soldato” e quella dell’ “operaio” (o, più propriamente, “il lavoratore”):i “Soldaten der Arbeit”, come li chiamava il Kaiser. L’”operaio” diviene così, per Jünger, la figura centrale degli “Stati Nazionali del Lavoro”(fascismo, nazismo e comunismo): non solo un nuovo guerriero, ma anche un titano, che si fonde con la materia in movimento. Nel 2° Dopoguerra, Jünger, in modo non del tutto inaspettato, diverrà poi un cantore dello Stato Mondiale e di una fusione fra l’Umanità e la Tecnica, destinata a riconformare tecnicamente la terra. Quindi, un post-umanista ante-litteram.
2.Genealogia del “Modernismo Reazionario” Come giustamente osserva Irti, questo fenomeno non può essere compreso se non situandolo in un contesto più ampio, dove la tecno-economia “sembra come attendere una risposta ideologica, una presa di posizione che, andando oltre la scienza e gli impieghi tecnici, offra un senso complessivo e unitario della vita”. La risposta al disorientamento esistenziale del mondo tecnologizzato è, a mio avviso, più antica e profonda del “Modernismo Reazionario” . Essa risale all’idea, ch’era stata di Lessing, della religione quale educazione di un genere umano che non riesce più a credere nei “miti” della Religione, e per questo ha bisogno di una nuova mitologia, di una religione secolarizzata. A questa esigenza fa presto riscontro l’offerta del “Primo Programma Sistemico dell’ Idealismo Tedesco”(attribuito a Hegel, Schelling e Hölderlin), in base al quale si sarebbe dovuta costruire una nuova mitologia basata su una nuova scienza, con la quale l’Uomo si sarebbe “salvato da sé”. Tutta l’opera di Saint-Simon non è che un allargamento smisurato di questa prospettiva, dove la “Religione dell’ Umanità” è fondata sul culto della scienza, a cui sono devoti gli”industriali”, che in tal modo vengono investiti del “potere spirituale” Gli eredi più cospicui di Saint-Simon saranno i Cosmisti russi, che, con Fiodorov, elaboreranno “la filosofia dell’ Opera Comune”, che promuoverà uno sviluppo radicale della tecnica, fino a giungere a resuscitare i morti, adempiendo, così, alle profezie escatologiche delle religioni, e, con Tsiolkovskij, padre della missilistica, formulerà addirittura il sogno di popolare, con i morti così resuscitati, lo spazio siderale (adempiendo così anche alla profezia del Regno dei Cieli). Come si vede, siamo giunti fino alla nascita di una nuova religione, quella della “Costruzione di Dio” come la definì Lunačarskij, commissario alla cultura della Russia Sovietica. Secondo Trockij, questa sarebbe stata la religione del proletariato.
3.Il Modernismo Reazionario quale espressione della crisi occidentale della civiltà Come nota Irti, il motore occulto di questo trend culturale è costituito dallo sforzo per “sorreggere il povero e smarrito io dinanzi alle grandezze scientifiche e finanziarie del nostro tempo”. In effetti, il problema principe dell’era contemporanea è quello di fare sopravvivere qualche parte dell’ Umano in quest’ era dominata dalle Macchine Intelligenti e dall’ Intelligenza Artificiale. Problema che non è certo risolto dalle retoriche della “algoretica” cara alle Chiese, poiché le Macchine Intelligenti sono, nella sostanza, un prolungamento dell’ uomo (una “protesi”, cfr. Gehlen), e quindi possono, sì, essere progettate per conseguire questo o quello scopo imitando l’uomo stesso, ma, di certo, non possono restituire all’ uomo la sua autenticità, che lo caratterizzava in epoche passate (l’”aura” di Benjamin), né impedire che perda del tutto la sua soggettività, già fortemente scalfita dalla retorica anti-personalistica del wokismo. La soluzione a questo problema da parte del Modernismo Reazionario era stata quella dell’estetizzazione della tecnica (Todt, Speer), grazie a cui quella era divenuta oggetto di un culto dionisiaco, equiparabile a quello del Futurismo. In quel contesto, lo spirito eroico (l’arditismo) diveniva una sorta di “supplemento di anima”, dove il combattente dimostrava la propria soggettività, e il proprio dominio sulla materia, nell’ utilizzare le armi come strumento di auto-affermazione, individuale o collettiva, in modo parallelo a quanto facevano gli eroi epici nelle opere fondanti dell’Epoca Assiale (Gilgamesh, Sansone, Achille, Ulisse, Rama, Arjuna, Cú Chulainn, Sigfrido..):”The Technological Sublime”. E, tuttavia, questa identificazione del combattente con la tecnica dispiegata non è stata sufficiente a colmare il suo vuoto interiore, ché, anzi, questo si è ingigantito con la guerra di trincea, la bomba atomica e l’Olocausto, sicché “radici e miti comunitari e fedi religiose e patriottismi di luoghi vengono chiamati in difesa : che non ci lascino soli dinanzi alla tecno-economia; che questa ideologia sia capace di fronteggiare o compensare l’esaltato progresso tecnologico.” Il richiamo alla cultura che spesso viene fatto come antidoto sperato al livellamento imposto dalle Macchine Intelligenti viene implicitamente assimilato nell’ articolo di Irti alla visione un po’ consolatoria dell’“Anarca” di Juenger, che vive libero perché si astrae dal mondo della tecnica. E’ così che, secondo Irti, “l’ideologia conservatrice stringe alleanza con la ‘democrazia’ tecnologica, e così provano insieme a disegnare il volto del nostro tempo. Quel piccolo io, di cui prima si diceva, che non si asservisce per intero alla logica degli apparati tecnologici, e neppure vuole abbandonarsi alle inquietudini fluttuanti dell’ auto-determinazione, trova un salvagente, in vesti nobili e antiche, nella comoda sintesi dell’ ideologia conservatrice” Una versione moderna del “Lâthe biôsas” epicureo. Tutto ciò rientra, a mio avviso, nella capacità seduttiva della società occidentale, che, da un lato, “distrae” continuamente con l’effimero, ma, dall’ altra, avvinghia anche a una lotta ininterrotta per la sopravvivenza, in campo lavorativo e/o finanziario. Forse è, almeno sul piano concettuale, un esito inevitabile della cultura “occidentale”, e della secolarizzazione da parte della tecnica, delle religioni di salvezza (cfr.supra), che va comunque contrastato.
4.Le ragioni di un dialogo multiculturale A mio avviso, che la cultura occidentale (nelle sue varianti cattolica, puritana, tecnocratica…) non sia riuscita a soddisfare in modo autentico la domanda di senso nell’ era delle macchine intelligenti, e che per questo la nostra società vada verso la perdita dell’umano, e forse la sua totale scomparsa, deriva essenzialmente dalla sua ancestrale concezione lineare e deterministica della storia, che deve avere un fine, e una fine. Questo fine coincide con il perfezionamento delle qualità “ascetiche” (ragione, etica, disciplina), che portano alla fine dell’Io, e, quindi, al dominio dell’Apparato, che si trasforma quasi naturalmente in una Megamacchina impersonale. Altre civiltà (come quelle dell’India e dell’ Estremo Oriente), che non hanno una simile cultura apocalittica, non hanno neppure quest’ urgenza che spinge l’Occidente a ricercare un senso unitario dell’ Essere, né l’idea che la Storia sia un percorso inevitabile verso un Fine. In India, il concetto degli infiniti Eoni (“Kalpas”) fa sì che non vi sia un senso preciso dell’ inizio e della fine. Inoltre, il fatto che, nei libri sacri dell’Induismo, vi sia un’ampio ricorrere di macchine, soprattutto macchine da guerra (i Vimana, i Pashupatastra), ha abituato gl’Indiani all’ idea di una coesistenza da tempi immemorabili fra Dei, uomini e macchine. Ciascuno ha, hic et nunc, un compito da assolvere (il suo “dharma”), che è a lui specifico. Ciò permette agli Indiani di impegnarsi con successo nella Società delle Macchine Intelligenti senza i corollari escatologici degli Occidentali, e, in particolare, degli Americani. I Giapponesi sono ancora più familiari con le macchine intelligenti perché, per la loro religione, ogni essere è animato (non solo gli animali, bensì anche le macchine), anzi, sono tutti degli dei (i “Kami”). La vita nella moderna tecnologia è una prosecuzione dell’antica mitologia, come ben testimoniano i famosi cartoni animati giapponesi. L’idea cinese dell’Età dell’ Oro (il “Datong”) , non è un destino ineluttabile, bensì solo un “ideale normativo”. Inoltre, essa è ciclica (anche perché in Cinese non c’era un’idea chiara di presente, passato e futuro). Essa si ripresenta quando appare un Imperatore Saggio. L’ideale dell’Uomo Nobile (“Junzi”) è quello di svolgere il proprio ruolo nella gerarchia dell’ Impero universale (“Tian Xia”): “Huang Huang, Wang Wang, Fu Fu, Zi zi”:l’Imperatore faccia l’Imperatore, il Re faccia il re; il Padre faccia il padre, il figlio faccia il figlio.”. I fatti hanno dimostrato che la società cinese riesce ancora dopo millenni a funzionare in base a questi principi. L’obiettivo posto a questa generazione da Xi Jinping non è il Datong, bensì il più modesto “Xiao Kang” (“una società moderatamente prospera”). Per raggiungere questo risultato, uno “Stato-civiltà” del XXI° secolo non può evitare di confrontarsi con la tecnologia. Anzi, nel caso della Cina, essa, essendo il maggiore Stato del mondo, deve primeggiare. Per questo, il Presidente ha indicato degli obiettivi e delle scadenze. Nel caso dell’Intelligenza Artificiale, l’obiettivo di “Made in China 2025” è stato raggiunto già all’inizio dell’Anno del Serpente, quando sono stati diffusi in tutto il mondo due software di IA cinesi più efficienti e meno costosi di quelli americani, prodotti da piccole start-ups di giovani teste d’uovo (così ridicolizzando decenni di promesse e di investimenti faraonici da parte degli States). Per tutti questi motivi, l’Asia è divenuta il “golden standard” a cui tutti , a cominciare dall’ America, si ispirano pur senza dirlo: sistema tributario (contributi dei Paesi esteri alla difesa, terre rare); un uomo solo al comando; fusione pubblico-privato; investimenti miliardari nell’ alta tecnologia e nella difesa; alleanze trasversali. È in Asia che si realizza in pratica il “Modernismo reazionario” (come già capitava nel Giappone della Rivoluzione Meiji, nella Russia dei Costruttori di Dio e nelle pagine del Da Tong Shu di Kang You Wei, uno degli ultimo ministri Ching, che ,caduto in disgrazia con la Reggente Cixi, peregrinò per lunghi anni tentando una sintesi di Oriente e Occidente: 中體西用= “zhōngtǐ xīyòng”= “valori cinesi, tecnica occidentale”). La complessità di queste questioni, unita all’enorme efficienza dei sistemi asiatici, che hanno occupato uno spazio così centrale nell’ equilibri mondiale da costringere l’ America al “Pivot to Asia”, dimostrano che è giunto il tempo di un approccio nuovo al dialogo interculturale, che non sia più una forma di divagazione intorno all’ Occidente servendosi di nozioni orientali, bensì un confronto attivo e bilaterale fra le visioni del mondo di tutte le grandi civiltà, americana ed europea, eurasiatica e sinica, medio orientale e africana, e perfino sudamericana e pre-alfabetica.
5.Comprendere il “Modernismo Reazionario” Le questioni poste dalla Secolarizzazione e dal Modernismo Reazionario” non sono state risolte. Il carattere limitato dell’Umanità, tanto dal punto di vista gnoseologico (il “dubbio sistematico”, quanto da quello esistenziale (la finitezza dell’uomo) non sono stati eliminati da 200 anni di Illuminismo, ma, anzi, si infittiscono. Tanto la comunicazione interculturale, quanto la ricerca scientifica, non fanno che dimostrare in modo sempre più evidente l’assenza di un solido terreno su cui poggiare. Intanto, la Tecnica prosegue il suo cammino, irreggimentandoci sempre di più, nel suo cammino, all’ interno di una “gabbia di acciaio” di cui parlava Max Weber. In particolare, l’Intelligenza Artificiale Generale, gl’impianti neurali, la neuroingegneria, le reti sociali, le tecniche riproduttive, la clonazione, i viaggi spaziali, configurano un mondo non adatto agli umani, i quali, per sopravvivervi, dovranno come minimo mutare, divenendo dei Cyborg. Quest’ inevitabile transizione passa attraverso la risposta ad alcune fra le domande più antiche e irrisolte: È lecito modificare gli esseri umani? Che fare nel caso in cui il numero di umani costituisca un peso eccessivo per la natura? In che misura è lecito coartare per esigenze superiori la libera determinazione delle persone? Dove finisce l’educazione, e dove incomincia la manipolazione? Quand’è che una decisione è condivisa? Può questa condivisione estendersi al mondo intero? Una sorta di referendum telematico continuo in tutto il mondo garantisce un coinvolgimento sensato? Non vi è alcuna garanzia circa il fatto che le risposte dei guru dell’informatica siano più ragionevoli di altre, né ch’esse siano disinteressate. Lo dimostrano i molti salti logici nelle esternazioni di Elon Musk. In particolare, il suo “salto della quaglia”, dal Partito Democratico a Donald Trump, ma poi anche la sua idea (mutuata dal cosmista Bogdanov) che bisogni emigrare su Marte perché, sulla Terra, i robot avranno il sopravvento, ed essa sarà comunque troppo inquinata. Ma, intanto, sono i Robot quelli sono fatti per i viaggi spaziali, non gli uomini. Poi, Marte è più piccolo della Terra. Poi ancora, installare un impianto cerebrale nel cervello di tutti gli Umani, collegato alla rete mondiale di elaboratori, è il contrario dell’ “Enhancement” per rendere gli uomini più forti e indipendenti: significa semplicemente farne dei pezzi intercambiabili della Macchina Mondiale. Infine, se Musk si preoccupa tanto del sovraffollamento della Terra, perché continua a fare figli? L’affollarsi di queste questioni irrisolte rende più che mai necessaria la costruzione di una nuova classe dirigente, che, abbandonando le diatribe dei secoli XIX e XX, affronti finalmente le domande dell’epoca in cui viviamo. La cultura può e deve fornire il proprio contributo a questo compito.
La storia culturale della Modernità è piena di paradossi, che derivano in ultima sintesi dal contrasto fra, da una parte, la pretesa trionfalistica di avere superato, grazie alle “idee chiare e distinte”, l’interminabile era del mito, e, dall’altro, l’incapacità di definire in modo soddisfacente un qualunque termine del mondo dell’esistenza: soggetto, oggetto, ragione, verità, mondo…
1.Dalla Dialettica dell’Illuminismo al Nichilismo Da quell’ incapacità deriva un susseguirsi spasmodico di intuizioni, affermazioni e ipotesi, in cui l’unico aspetto costante è la ferma volontà di occultare in ogni modo, sotto il velo della apparente logica, della pretesa verità, della falsa obiettività, del metodo “scientifico”, dei “valori non negoziabili”, l’assoluta inconoscibiltà del mondo, e perfino dell’Io. Nel corso dei secoli, solo alcuni,pochi, autori, come Eraclito, Pirrone, Tertulliano, al-Ghazzali, Hume, Leopardi, Nietzsche, Wittgenstein, Heisenberg, De Finetti e Feyerabend, hanno osato rivelare appieno questo meccanismo, che non soltanto scardina tutti i sistemi religiosi, filosofici e politici, ma, addirittura, paralizza la capacità di progettare (il “nichilismo”).Eppure, questa situazione è ben presente all’interno di ciascuno di noi, sì che chiunque deve affrontarla e gestirla, oggi come sempre. Nonostante la crescente complessità e raffinatezza dei miti (trasformatisi gradualmente in lingua, religione, storia, politica, diritto, filosofia, arte), la loro debolezza e precarietà non cessa di rivelarsi nelle diverse epoche storiche; e compito primario delle classi dirigenti è sempre stato, ed è ancor sempre, quello di coprire con nuove creazioni le crepe delle narrazioni dominanti per evitare crisi culturali, e quindi politiche. Proprio da quest’ esigenza ininterrotta di “Riparazione del mondo” (“Tikkun ha-Olam”) deriva l’asprezza delle guerre culturali, che, anziché arrestarsi con l’avvento dell’ attuale era ipertecnologica, s’intensificano vieppiù, come dimostra l’attuale lotta per l’egemonia culturale e per il dominio sui mezzi di comunicazione.
2.Dai paradossi della Modernità al contrattacco MAGA All’ interno del processo di disvelamento, il presente potrebbe costituire un momento di presa di coscienza, da una parte del mondo politico e culturale, circa la conflittualità del progetto occidentale con gl’ideali umanistici e in larga misura conservatori che pure animano il discorso pubblico di buona parte dell’ establishment europeo. E’ il cosiddetto “scossone” per l’ Europa auspicato,tra gli altri, dall’ex-Commissario Gentiloni, anche se non si vede proprio quale potrebbe essere il soggetto attivato da questo scossone, visto che ancor oggi nessuno è capace, ma neanche desideroso, di assumere un ruolo di autentica “leadership” europea. Siamo innanzitutto di fronte a un effetto intimidatorio di lungo periodo, sulle classi dirigenti, delle vicende Olivetti, Chu, Mattei e Moro, che hanno dimostrato che chiunque fa veramente gl’interessi dell’ Italia e dell’ Europa viene comunque punito; poi, del risultato degli sforzi sistematici del sistema educativo di formare caratteri deboli e menti confuse,.. Inoltre, non è affatto detto che modeste innovazioni istituzionali (come il voto a maggioranza o l’aumento delle risorse proprie) possano supplire alla mancanza di identità e di leadership. Certo, dovrebbero fare sobbalzare gli Europei il preventivato contratto italiano con Starlink, il sostegno di Musk agli elementi più estremi dell’UKIP e all’ AfD, la rivendicazione, da parte di Trump, di Groenlandia, Canada e Panama, oltre che l’innalzamento della richiesta di aumento delle spese militari, dal 2% al 5%. Richieste che, se accettate, comporterebbero la distruzione dell’economia europea e lo smantellamento delle seppur modeste parvenze di politiche europee commerciali e di difesa. Ma che, soprattutto, mettono comunque in evidenza quali siano gli obiettivi bipartisan americani, al di là dei veli ideologici , siano questi anti-woke, siano essi progressisti. La realtà è che, come prevedeva Morozov(ne “I Signori del Silicio”), le classi dirigenti dell’ Occidente, e soprattutto degli USA, si preparano a difendere con l’informatica le loro posizioni di privilegio (cfr. “The New Digital Age”), e questo, non potendo toccare, né la Cina, né l’ India, né l’Iran, viene fatto accrescendo ai danni degli alleati -innanzitutto europei-(“mettere fuori mercato il mondo intero”, cfr.l’”Inflation Reduction Act”).
Droni assassini
3.Le debolezze del discorso “occidentale” e l’incapacità di usarle. La contropartita negativa, per gli USA, di questo gioco allo scoperto, sarebbe che diviene per essi sempre più difficile utilizzare le loro usuali retoriche del “mondo libero”, del libero mercato, della concorrenza e dell’indipendenza nazionale, quando invece il potere americano (statuale e informatico) si comporta in modo così specularmente e platealmente opposto, licenziando via tweet governi e magistrati indipendenti, rivendicando territori stranieri per pure esigenze di sicurezza nazionale, imponendo all’ Europa cambiamenti radicali della propria legislazione. Come fare a sostenere che gli USA si ispirano a regole obiettive nell’ interesse dell’Umanità, quando non rispettano i principi ch’essi stessi hanno imposto (democraticità, reciprocità, autodeterminazione, antitrust, rispetto dei trattati)? I fatti dimostrano anche che non si tratta qui solo di una scelta tattica e soggettiva, legata a questo o quel presidente, ma del comportamento sistemico di un Paese che applica in tutto il mondo tariffe discriminatorie, sanzioni ed altri tipi di “coercion” che allo stesso tempo dichiara totalmente vietati. Un ennesimo caso di “double standard”, che s’inquadra perfettamente nel panorama di nascondimento generalizzato che caratterizza la Modernità (che, a questo punto, s’identifica con l’ipocrisia puritana). Ebbene, per i motivi che abbiamo sopra evidenziato, nei fatti, quello “scossone” di cui avevamo parlato all’ inizio non c’è, nei fatti e neppure nelle coscienze. Ci si limita a descrivere con un poco più di realismo del solito i fenomeni in corso, con i quali l’establishment è evidentemente del tutto intenzionato a convivere senza reagire.Anche perché si tratta della roiproposizione, in termini più aggressivi, di idee che giravano da tempo. L’idea che le società informatiche (i GAFAM) dovessero guidare l’America alla conquista del mondo era stata espressa da Schmidt e Cohen già nel 2005 nel loro “The New Digital Age”, ed attuata in pratica con la “NSCAI” NATIONAL SECURITY COMMISSION ON ARTIFICIAL INTELLIGENCE , che redasse, sotto la guida di Schmidt, e fece approvare dal Congresso, il CHIPS and Science Act e l’Inflation Reduction Act, volti a “mettere il mondo stesso fuori mercato”, oltre a gettare le basi per altri 9 provvedimenti legislativi a favore dell’ AI americana. Oggi, furoreggia, inoltre, la singolare idea che gli Stati esteri debbano “ridurre il surplus commerciale con gli USA”, quando tale surplus deriva solo dal fatto che, grazie al signoraggio del dollaro, gli Americani possono comprare gratis qualunque merce in tutto il mondo. L’unico vero modo per eliminare il deficit commerciale americano sarebbe quindi eliminare il signoraggio del dollaro, con la “de-dollarizzazione”; invece, gli USA e i filo-americani d’Europa (come Christine Lagarde e Ursula von der Leyen), vorrebbero che tale surplus venisse eliminato comprando in America prodotti antieconomici di cui gli Europei non hanno alcun bisogno. Ci si potrebbe stupire del fatto che molti osservatori ritengano che Europa e America tendano a divergere, quando, di fatto, quel che si vede in superficie è una sempre maggiore acquiescenza degli Europei agli Americani, e perfino l’erosione di una delle ultime isole di resistenza, l’estrema destra, cooptata così facilmente da Musk. Invece, la divaricazione è nei fatti stessi, nell’ atteggiamento oramai platealmente ostile del potere americano nei confronti degli Europei, e giungerà all’ estremo dei paradossi se, per ipotesi, gli Europei accettassero di aumentare al 5% del PIL le loro spese di difesa. Ciò vorrebbe dire una spesa annua di 850 miliardi di Euro, cioè pari a quella americana. Ma, se ciò fosse, non avrebbe proprio più alcun senso che gli USA dominassero la NATO, Con 850 miliardi l’anno, l’Europa dovrebbe potersi permettere un servizio segreto europeo, un sistema missilistico, spaziale e nucleare, europeo, dei missili ipersonici, oltre che una potentissima industria “duale”. Inoltre, se l’America persisterà a voler annettere territori, come la Groenlandia, che sono “territori d’oltremare” di uno Stato Europeo, l’Europa dovrebbe considerare, nella sua “percezione delle minacce”, anche e soprattutto gli USA. In pratica, la dottrina gaulliana della “Force de Frappe Tous les Azimuts”, cioè i missili puntati su Washington. Cosa che invece è ovviamente assente nel più recente documento europeo, il “Rapporto Niinistoe”.
Jack Ma, oggi in esilio
4.Il “Sistema Informatico-Digitale “al potere Soprattutto, attraverso l’inedita simbiosi fra Musk e Trump (che Giannini ha chiamato “Trusk”), si è evidenziato che il progetto di Schmitt e Cohen era tutt’altro che una chimera, ma, anzi, ha vinto in tutto l’ Occidente. Come scrive Cacciari: “La tecnica domina il dover essere dell’umanità e ne è diventata, in tutta evidenza, la nuova religione.””La Macchina, Macchina divenuta intelligente, ‘spirituale’, rappresenta il fattore fondamentale della nostra vita. E i suoi padroni ne sono quindi, di necessità, i sovrani”“Si sono affermate nel corso degli ultimi decenni culture politiche che hanno assecondato un tale processo e che nulla hanno a che fare con destre e sinistre del Novecento.” Fra queste (a nostro avviso): la cultura della cosiddetta algoretica, sotto l’influenza di Teilhard de Chardin, e il “Movimento 5 Stelle”, creato da un informatico come Casaleggio, che ha alimentato l’illusione di una democrazia digitale (che abbiamo visto essere insostenibile). Ma in realtà sono i GAFAM nel loro complesso ad avere preso il sopravvento sull’Amministrazione americana: Musk come porta-parola ufficiale; Zuckerberg come agitatore aggressivo; Schmidt come lobbista parlamentare; Kurzweil come teorico e teologo.
Il totalitarismo è legato al millenarismo religioso
5.Il totalitarismo del XXI Secolo In definitiva, come scrive Giannini, “il muskismo è una teoria totalitaria dell’ umano tanto quasi quanto lo fu il marxismo”, e questo è ovvio se si pensa al precursore Saint- Simon (che voleva affidare agl’industriali “il potere spirituale”), se non addirittura alle radici gnostiche dei totalitarismi secondo lo schema di Voegelin (Il mito del Mondo Nuovo). Più precisamente, il “Muskismo” è addirittura l’”inveramento” del comunismo(deperimento dello Stato più anarchismo), e, quindi, come scrive Cacciari, una religione fondamentalistica, ennesima riedizione della “Réligion de l’Humanité” di Saint-Simon, già presente un po’ in tutte le culture e le società moderne (Garibaldi ne teneva sempre con sé un esemplare). A questo punto. l’unico serio ostacolo alla creazione di un fondamentalistico Stato Mondiale dei GAFAM (come quello profetizzato da Juenger) è costituito, a oggi dall’alleanza fra Russia e Cina, perché questi due Paesi hanno avuto il coraggio di affrontare di petto il Sistema Informatico-Militare, come si è fatto in Cina con il “Crackdown sui BAATX” e in Russia con il superamento delle tecnologie militari USA. Ed è per questo che il Sistema Informatico-militare incalza la politica americana, a partire da Trump, perché, secondo essi, lo Stato americano non ha fatto abbastanza per coordinare l’espansionismo delle imprese e imbrigliare i partner in accordi commerciali esclusivi (che non accettino la Cina). Secondo quanto scrive Massimo Giannini su “La Repubblica”, il progetto totalitario occidentale consisterebbe ora nel “somigliare alle autocrazie, ibridando tecnica e politica”. In realtà, questo parallelismo regge solo fino a un certo punto. Intanto, come abbiamo visto, l’idea della “creazione di una nuova società organica” sul modello dell’ Ancien Regime, ma con “il potere spirituale nelle mani degl’industriali”, era già presente in Saint-Simon, fu elaboratanei minimi dettagli dal Cosmismo russo e dal Trockismo, e infine espressa in modo mirabile da Kurzweil (oltre ad avere cultori in Garibaldi e in Juenger). Tutto ciò molto prima della recente svolta centralistica in Cina e in Russia, nata, questa sì, dalla rivalità mimetica con l’ America -con il disciplinamento degli oligarchi ai tempi di Khodorkovskij, con la rinazionalizzazione delle imprese strategiche dopo l’exploit dei GAFAM, e con la necessità di contrastare le spinte separatiste tibetana, uighura e di Hong Kong, fomentate dagli USA-.Inoltre, perché tanto in Cina, quanto in Russia, il potere degli oligarchi è subordinato a quello dello Stato (come dimostrano i casi di Khodorkovskij e di Jack Ma), mentre negli USA gli oligarchi fanno ciò che vogliono. L’emersione a Est e a Ovest di sempre nuove società illiberali costituisce certamente un ulteriore dato di fatto, a causa soprattutto della guerra culturale in corso fra “Democrazie” e “Autocrazie”, e in particolare, della centralità, in quest’ultima, dell’informatica: si tratta infatti di un’economia di guerra, dove nessuno spazio può essere lasciato ai nemici, siano essi interni o esterni. Chi ha imitato gli altri in campo informatico è stata in ultima analisi la Cina: innanzitutto, ha forgiato i propri BAATX proprio come l’ARPA ha forgiato i GAFAM, e secondo il modello di questi ultimi, poi, mentre l’Europa ha preteso assurdamente di nascondere la propria impotenza sotto una pletora di grida manzoniane, la Cina ha semplicemente tradotto in Cinese le nostre grida, applicandole immediatamente e integralmente ai suoi BAATX, comminando ad essi migliaia di sanzioni, e giungendo, coerentemente, ad espropriare Jack Ma. E’ ciò che i GAFAM vogliono evitare accada anche in Occidente (lo “spezzatino” dei GAFAM sul modello Standard Oil e AT&T, ed è per questo che sono saltati rapidissimamente sul carro di Trump, “tirandolo per la giacchetta”, come sta facendo in primis Zuckerberg.
6.Le rivendicazioni di Zuckerberg contro l’ Unione Europea
Zuckerberg con la Commissaria Jourovà
L’Europa, che ha preteso a lungo di costituire, con la sua legislazione sul web, il “Trendsetter of the Worldwide Debate”, è stata sonoramente sementita dai fatti: -l’Europa non può legiferare su imprese che esistono solo in USA, e vivono in simbiosi con l’Esercito Americano, che le protegge; -queste imprese sono più forti dei Governi europei, e i più credono che ora siano più forti perfino di Trump, il quale non riesce ad opporsi a Musk; -le stesse Istituzioni Europee violano, per complicità con i GAFAM, le norme ch’esse hanno adottato, perché, nella vita concreta, tutto in Europa è così strettamente connesso con le forze armate americane, con la Intelligence Community, con le fondazioni, università e imprese USA, che il trasferimento di dati dalla UE agli USA è ininterrotto, ed essenziale per il funzionamento stesso dell’Europa, anche se il Parlamento Europeo, il diritto europeo e la Corte di Giustizia ne richiedono l’interruzione; -un siffatto “decoupling” (effettivamente preparato, ma ancora non messo in atto, in Russia e in India), richiederebbe infatti una fortissima volontà politica e una lunga preparazione tecnica ed economica, che in Europa non ci sono. Intanto, Zuckerberg sta aprendo un nuovo fronte:il rifiuto dell’applicazione extraterritoriale del diritto europeo ::“The U.S. government under incoming President Donald Trump should intervene to stop the EU from fining American tech companies for breaching antitrust rules and committing other violations”. Non soltanto, quindi, in America l’antitrust è stato praticamente cancellato per non danneggiare i GAFAM, ma addirittura Zuckerberg pretende che l’Europa disapplichi completamente (almeno nei confronti degli Americani), il proprio intero pacchetto di tutela, di cui essa va fiera. Anche se avevamo visto lo stesso Zuckerberg stringere la mano della Commissaria Jourovà dopo aver concordato tale pacchetto. Sempre secondo Giannini”, “le smunte comparse di quel che resta del teatrino comunitario provano a resistere”. In effetti, la Presidente von der Leyen aveva sempre vantato i presunti successi della Commissione nel controllo mondiale sul digitale, mentre oggi si rivela che l’unica seria discepola della Commissione (con il preteso ”effetto Bruxelles”) è stata la Cina. Intorno all’ attacco comntro la UE, Zuckerberg sta elaborando un’intera ideologia contro gl’interventi della UE sui GAFAM, descritti come un asset americano da difendere:”I think it’s a strategic advantage for the United States that we have a lot of the strongest companies in the world, and I think it should be part of the U.S. strategy going forward to defend that,” Zuckerberg continua così:”If some other country was screwing with another industry that we cared about, the U.S. government would probably find some way to put pressure on them, but I think what happened here is actually the complete opposite” . Ecco che cosa s’intende in pratica con “Make America Great Again”, e ciò contro cui gli attuali politici europei non hanno il coraggio di muoversi.