Disponibile da gennaio 2018
 
 
 

D.O.G.E. : UNA VITTORIA DELL’ IDEOLOGIA CALIFORNIANA

Il progressivo sovrapporsi della vittoria di Musk a quella di Trump costituisce l’immagine plastica di una mutazione epocale in corso in tutto il mondo, definita genericamente “crisi della democrazia”:

-nell’Impero Americano, il più grande guru dell’ informatica, un finanziere che già domina tutti i mercati strategici, preme (apparentemente, con successo) per essere nominato capo di un progettato “Department of Goverment Efficiency” (“D.O.G.E.”), destinato a porre l’intero Stato americano, che domina il mondo intero,sotto la tutela del Gruppo Musk;

-in Cina, la digitalizzazione si spinge fino a controllare ogni azione dei cittadini, la loro salute, i loro spostamenti;

-in Israele, l’intero popolo palestinese è controllato ininterrottamente dai vari sistemi digitali dell’Esercito e dei servizi segreti, e i ministri possono essere “licenziati” senza motivazione e senza alcun impatto sull’appoggio dei partiti al Governo; inoltre, il Paese, divenuto, grazie a quanto sopra, il massimo esperto mondiale di tecnologie di controllo, rivende queste ultime a tutti i Paesi del mondo;

-in Russia, gli organi governativi sono perennemente riuniti in una tele-conferenze con il Presidente, e perfino le loro relazioni individuali al Presidente sono trasmesse in diretta: il trionfo del “Talk Show”;

-nella UE, si sta preparando una sorta di “mobilitazione generale”(“Rapporto Niinistö),civile e militare,  e vige una censura generale pan-europea contro chiunque non sia allineato sul “politicamente corretto”(il “Digital Services Act”);

-in Ucraina, sono stati sciolti 11 partiti politici ed espropriata la maggior parte delle Chiese, colpevoli di essere restate fedeli al Patriarcato di Mosca.

E si potrebbe andare avanti all’ infinito…

In questo intervento, cercheremo di analizzare le ragioni di questo trend, con particolare riguardo al ruolo di Elon Musk nella nuova costellazione di potere conseguente alla vittoria di Trump.

1.Brave New Word (ll mondo nuovo)

Rivivono in Musk certi aspetti del bolscevismo originario, come il cosmismo (la “colonizzazione dello spazio di Tsiolkovskij,  di Vernadskij , di Bogdanov e del movimento ingegneristico kievano “Do Marsa”= “su Marte”).

Dovunque, l’accresciuta conflittualità fra il progetto  post-modernista incarnato dai GAFAM (le Grandi Piattaforme americane) e quello conservatore (rappresentato dai BRICS) -conflittualità ramificata attraverso tutti gli Stati del mondo-, ha generato una situazione di guerra strisciante e di preparazione bellica permanente fra i grandi Paesi, che rende inevitabile la centralizzazione di tutti i poteri intorno al rispettivo leader e al suo “cerchio magico”, per essere sicuri della rapidità della mobilitazione bellica, per mantenere intatta la retorica ufficiale, per evitare ogni “infiltrazione” ostile, per razionalizzare un’economia sinistrata in vista di una guerra prolungata, per contrastare le catastrofi derivanti dalla crisi ecologica…Questa centralizzazione si appoggia sulle nuove tecnologie digitali di controllo capillare della popolazione, che finiranno per risultare le uniche vere vincitrici di questo confronto, come scritto profeticamente da Manuel De Landa nel suo “La guerra nell’ era delle macchine intelligenti”.

In queste condizioni, che senso ha ripetere stancamente le retoriche della libertà individuale, della separazione fra Stato e Chiesa, della divisione dei poteri, della libertà di opinione, della “privacy” che avevano caratterizzato il XX° secolo? Qui si fa solo più a gara a chi abolisce più libertà, considerandosi ogni realtà indipendente come un focolaio di pericolo, in quanto è possibile che venga conquistato da un “nemico”, e usato per “destabilizzarci”.

L’insistere a tentare di spiegare tutto ciò con gli stereotipi del XX° Secolo è non solo inutile, ma anche sospetto, in quanto è molto probabile che si voglia nascondere in mala fede la realtà delle cose, e in particolare il fallimento di una cultura irrealistica (i “parametri utopico-liberali” di cui parla Giovanni Ursina), che per altro ha sostenuto le carriere di intere generazioni d’intellettuali e di politici.

Quando si attaccano,  con l’accusa di “democrazia illiberale”, alcuni Paesi dell’Unione Europea (Ungheria, Slovacchia) o della NATO (Turchia), in realtà si vuole condannare non già la loro pretesa illibertà, bensì la loro eccessiva indipendenza, che permette loro di non schierarsi al 100% con l’ America, divenendo così a loro volta un pericolo per il controllo centralizzato e militarizzato,da parte  da parte della stessa, degli “alleati” occidentali. Tuttavia, questi Stati  non fanno che ripetere in piccolo quello che già succede in grande nelle grandi potenze (a cominciare dagli Stati Uniti), e anticipando quello che accadrà ancora in tanti altri Stati. Essi debbono centralizzarsi per resistere ai potentissimi condizionamenti del Complesso Informatico-Digitale occidentale (di cui Musk è il tipico esempio)..

D’altronde, le contraddizioni della Modernità che stanno esplodendo ora, e, in particolare, quelle della “democrazia” occidentale, erano già iscritte fin dall’ inizio nel suo DNA. Per esempio, pur parlando di democrazia, lo stessoGeorge Washington ne criticava già,  in nome del “Repubblicanesimo”,  gli aspetti fondamentali: i partiti, il voto popolare e lo spirito di parte.

Il punto è che la democrazia è per sua natura illiberale. Mentre il liberalismo è un’ideologia tipica dell’ aristocrazia del ‘700 che lottava contro lo Stato assoluto inneggiando alla “liberalità” dei signori (pensiamo a Rochefoucauld), la democrazia è quella deriva delle antiche Poleis, denunziata fin da Omero (Tersite), per passare a Socrate, Aristotele e lo “Pseudo-Senofonte”, che le aveva portate ad essere dominate da un pathos plebeo, dalla demagogia, dall’“oclocrazia”(l’”apistos demos” di Aristotele), e, infine, dalla tirannide (i Trenta Tiranni). E che altro è il “trumpismo” (o il “populismo”:la “pancia” del popolo), se non lo spirito plebeo elevato a virtù civica, in quanto la più pura espressione del “popolo” tanto esaltato negli ultimi 200 anni?

“Democrazia illiberale” è un termine assolutamente equivoco, sia se usato in senso dispregiativo, sia usato in senso elogiativo, perché, nell’attuale gergo americaneggiante, tanto “democrazia” quanto “liberale” designano il contrario di quanto avevano significato per almeno mezzo secolo in Europa (per esempio, in “Democrazia Cristiana” e “Partito Liberale”). D’altronde, la traduzione del l’omonimo libro di Zakaria parla giustamente di “democrazia senza libertà”, che ben si attaglia a praticamente tutti gli Stati attuali. Sarebbe forse meglio parlare di  “sistema carismatico-rappresentativo”, in quanto esso  tenta di conciliare l’esigenza di un leader, provocata dalla mobilitazione generale mondiale, con le forme giuridiche della democrazia rappresentativa (così come, nel Principatus augusteo, l’esigenza di un principe provvidenziale veniva conciliata con le forme tradizionali del cursus honorum repubblicano)

Del resto, vi è sempre stato un legame fra “mobilitazione generale” e idolatria del “popolo”, che è quello che, come ben studiato da Jünger, aveva portato ai totalitarismi del 20° Secolo. L’unico modo per por fine alla mentalità da mobilitazione generale è far finire la Terza Guerra Mondiale, rendendo nuovamente possibile, all’interno di ciascuno dei blocchi concorrenti, una forma di pluralismo, non più accusabile di “intelligenza con il nemico”. Vediamo se Trump ne sarà veramente capace.

Questa situazione smentisce in modo definitivo la credenza che, nel XXI° secolo, possano avere ancora una qualche utilità le categorie di “Destra” e di “Sinistra”, ma anche di “Democrazia” e “Autocrazia”, essendo restata in campo solo la distinzione fra “governo degli algoritmi” (come quello che si è instaurato in America grazie alla convergenza delle azioni di Eric Schmidt e di Elon Musk) e il (almeno più “umano”) “governo del leader” (come quelli di Cina, Russia, India, Turchia..).

In questo contesto, l’Europa, disabituata a pensare dall’egemonia del “pensiero unico”, non sa più come orientarsi. Perfino coloro che, per un motivo o per l’altro, amerebbero defilarsi dal Governo delle Macchine Intelligenti, dell’America e della NATO, sono in seria difficoltà, visto che c’è una corsa sfrenata da parte di tutti ad accattivarsi la coppia, ormai onnipotente, “Trump-Musk”, mentre le effettive intenzioni di Trump non sono ancora neppure note. Come ha affermato sprezzantemente Putin, “ciò che manca all’ Europa sono i cervelli”.

La vicenda Trump-Musk dimostra almeno quanto siano ancora diverse l’Europa e l’America.

2.Il ruolo di Elon Musk nell’amministrazione Trump

Come anticipato, vogliamo qui concentrarci però su quella che appare come la vera novità del secondo mandato di Trump, il quale forse ha vinto in questo modo schiacciante non già per l’appoggio di nuove correnti di opinione o all’ “endorsement” di autorevoli “opinion leader”, bensì grazie a un impero finanziario e tecnologico -quello di Musk- che già domina l’Occidente, sui mercati dei media, delle biotecnologie, dell’ intelligenza artificiale, dello spazio,  dell’ autoveicolistica,  delle telecomunicazioni, essendo così in grado di pilotare l’intera società americana e di mettere in ombra gli stessi GAFAM “minori”. E, difatti, Musk ha messo a disposizione di Trump un congruo numero di miliardi, di cui una quota precisa dedicata al voto di scambio, oltre che l’accesso senza limiti e senza censura alla piattaforma “X”, quella che era stata un tempo Twitter, e che Musk ha comprato. Gli mancava solo il timbro di “Direttore tecnico degli Stati Uniti”,cosa che oramai sembrerebbe avere. Infine, è lui il migliore intermediario con Zelenskij, perché buona parte dell’ esito della guerra dipende dalla disponibilità, o meno, della rete Starlink.

Si è superato perfino il concetto marxiano di “Comitato d’affari della borghesia”: l’Amministrazione americana è il dominio privato di due imprenditori-soci, dei quali l’uno, il Presidente e il “junior partner”, anche se rappresenta formalmente lo Stato, ma l’altro, da “CEO”, controlla l’intera società, realizzando così il sogno tecnocratico di Saint-Simon. Altro che “conflitto di interessi”!

Il gigante aerospaziale SpaceX e Tesla di Musk sono entrambe tra le aziende che valgono di più al mondo al mondo. SpaceX è la seconda più grande azienda privata al mondo, con una valutazione di 210 miliardi di dollari. La società di veicoli elettrici Tesla è la decima società quotata, con una capitalizzazione di mercato di oltre 900 miliardi di dollari.

Musk ha una quota del 42% in SpaceX e una quota del 13% in Tesla, e ha anche quote di controllo in X, la piattaforma precedentemente nota come Twitter, e nella startup di intelligenza artificiale generativa xAI. Musk è di gran lunga la persona più ricca del mondo, con un patrimonio netto di circa 280 miliardi di dollari, più di 60 miliardi di dollari in più rispetto al secondo uomo più ricco, il fondatore di Amazon Jeff Bezos.

Ma, soprattutto, Musk incarna nel modo più trasgressivo la “hybris” del Postumanesimo, nei suoi aspetti più inquietanti: l’Intelligenza Artificiale Generativa, le microchip nel cervello, i twitter senza alcuna moderazione, la colonizzazione privata dello spazio, la disoccupazione tecnologica, la maternità surrogata.

In effetti, il progetto di Musk, cioè quello di ufficializzare il controllo dei GAFAM sullo Stato americano, e, con ciò, sull’ Occidente,  non è nuovo. Esso era stato teorizzato da Schmidt e Cohen nel loro libro “The New Digital Age”, concepito dai due autori nel 2003, nella Baghdad ridotta in cenere ed occupata dall’ esercito americano, in cui si suggeriva che Google avrebbe dovuto sostituire la Lockheed nel guidare l’America alla conquista del mondo (“Googleization of the World”). Ed è stato criticato da Evgeny Morozov  quale ultimo tentativo, da parte di una civiltà fallimentare, per bloccare l’esito della Storia, che, di per sé, starebbe voltando le spalle all’ Occidente.

Sempre Schmidt aveva incominciato a mettere in pratica quel progetto, con la creazione di NSCAI, la commissione incaricata dal Congresso di elaborare una strategia per contrastare il superamentodegli USA da parte della Cina, da cui nacque l’Inflation Reduction Act, con cui il Senatore Schumer si proponeva di “mettere fuori mercato il mondo intero”.

Ora, è stata colmata una lacuna nel progetto,  perché Musk (anche se aborre la California, preferendole il Texas) sta non soltanto teorizzando, bensì incarnando nella propria persona, la “ideologia californiana”, che fonde cultura nichilista e intelligenza artificiale, politica tecnocratica e monopolio universale.

Facendo ciò, egli ha dato un significato concreto all’ ideologia M.A.G.A., oscillante vagamente fra l’isolazionismo e il nazionalismo.

3.Il “programma di governo” di Musk

Musk, nonostante che provenga dal campo progressista e abbia sostenuto Trump solo da luglio, ne è divenuto ormai il compagno inseparabile, perfino nei colloqui con Zelenskij, anche se è improbabile che assuma un ruolo ufficiale. Egli ha, inoltre, affermato che “non è necessario alcun compenso, alcun titolo, alcun riconoscimento” per i suoi servizi (ampiamente compensati evidentemente dalla possibilità di difendere dall’ alto i propri interessi), guidando un “Dipartimento per l’efficienza governativa” (D.O.G.E.) che Trump ha pubblicizzato come  “Segretariato per la riduzione dei costi”, con l’obiettivo di tagliare da 2.000 miliardi di dollari o più dal bilancio federale (evidentemente subappaltando funzioni pubbliche alle multinazionali del web, e, in primis, a quelle di Musk, che è già l’insostituibile fornitore dell’ Amministrazione). In un’intervista al podcast Joe Rogan Experience ha detto che spera di “sgomberare il ponte” da regolamenti e agenzie federali indebiti e “ridurre le agenzie [federali] per renderle molto più piccole….assicurarsi che …si attengano a ciò che il Congresso ha autorizzato”.

D’altra parte, le aziende di Musk sono al lavoro anche in Italia per darsi assegnare (vedi scandalo S.O.G.E.I.) delle commesse strategiche, nell’outsourcing dei servizi pubblici, con le quali anche il nostro Paese diventerà dipendente da Musk per il funzionamento stesso dello Stato, così come stafacendo in America, e come avevano già fatto le Istituzioni europee con Microsoft.

Quali siano le sue intenzioni lo ha dimostrato ancora il 13 novembre, con un post sulla sua piattaforma dedicato alle sentenze dei giudici italiani (ed europei) circa i “paesi sicuri”. La forma e il contenuto del post costituiscono un esempio ineguagliato delo stile  di Musk, che interviene non sollecitato su una vicenda giudiziaria italiana ed europea, indicando una soluzione, le dimissioni dei giudici, che è agli antipodi, non solo dell’ ordinamento italiano, ma anche sull’ “ordine giuridico basato sulle regole” di cui l’ America si fa vanto. Per quanto sia pericoloso, e/o sgradito, essere sommersi da immigranti che porteranno anche da noi l’insanabile contraddizione americana fra “Whites” e “Non-Whites”, ancor peggio è essere governati contra legem da Washington da un informatico sud-africano, quasi fossimo un “bantustan” qualunque. Questo dimostra plasticamente che cosa dovrebbe impedire l’ “autonomia strategica” italiana ed europea.

Musk ha affermato inoltre  che, dopo queste elezioni, non ha alcuna  intenzione di smettere di pesare sulla politica. Il suo super comitato di azione “continuerà dopo queste elezioni e si preparerà per le elezioni di medio termine e per eventuali elezioni intermedie”, evidentemente tentando anche di interferire nelle politiche interne degli “alleati”, come faceva già Bannon. Fortunatamente, Trump si era presto stancato di quell’ alleato scomodo.

4. Musk e l’Antitrust

L’idea che il più grande monopolista del mondo sia incaricato dal Presidente di ristrutturare lo Stato americano mette  una fine definitiva dell’illusione  che la “destra” sia favorevole al libero mercato. E’ come incaricare il lupo di guidare una mandria di agnelli. Il che è per altro logico, perché la “destra” trumpiana non è liberista, bensì interventista nell’ economia, ma nell’ ottica attuale della mobilitazione bellica, secondo il collaudato modello del “keynesismo militare”, applicato negli Stati Uniti di Roosevelt, nella Germania nazista e oggi nella Russia di Putin. Il ruolo degli imprenditori è quello di “oligarchi”, fedelissimi del “leader” che possiedono le imprese, ma le gestiscono secondo le esigenze della programmazione bellica (pensiamo per esempio alla programmazione di Todt e di Speer e alle Reichswerke Hermann Göring).

Come ovvio, Musk si è scontrato spesso con i regolatori dell’amministrazione Biden. La FTC guidata da Khan ha colpito X, allora nota come Twitter, con una multa di 150 milioni di dollari, e ha ordinato restrizioni sui metodi di raccolta dati per la pubblicità della società di social media per la pubblicità. La SEC guidata da Gensler si è scontrata con Musk per il suo uso di Twitter nel contesto del suo ruolo in Tesla, risalente a un controverso tweet del 2018 in cui Musk ha affermato di aver ottenuto i fondi necessari per rendere privata la Tesla.

Ci sono poi una serie di cause legali in sospeso e indagini governative contro Musk e le sue aziende,  che  naturalmente apprezzerebbe il clima normativo più leggero lanciato da Trump. Tra le questioni legali e normative che Musk deve affrontare ci sono un appello per ripristinare il suo bonus da 50 miliardi di dollari in azioni Tesla, annullato da un giudice del Delaware a gennaio, un’indagine sui sistemi di guida autonoma di Tesla da parte della National Highway Traffic Safety Administration e un avvertimento segnalato dal Dipartimento di Giustizia sui premi da 1 milione di dollari dell’American PAC ad alcuni elettori di stati indecisi.

Tesla, che rappresenta la maggior parte della ricchezza di Musk rispetto a qualsiasi altra sua azienda, sta già ricevere una formidabile spinta dalle proposte economiche di Trump che probabilmente danneggerebbero i suoi concorrenti di veicoli elettrici, un vantaggio che si è tradotto nel rally delle sue azioni mercoledì, fatto che ha già fatto aumentare il valore delle azioni di Tesla fino a un trilione di dollari.

Al diavolo il conflitto di interessi!

Eppure, la resa incondizionata degli Stati  ai guru dell’informatica non sarebbe in teoria affatto inevitabile. Lo dimostra il caso della Cina.

5.Il precedente di Jack Ma

Ricordiamo che uno scenario analogo si era prodotto recentemente in Cina, dove esistono multinazionali digitali che, seppure presenti solo in quel Paese, hanno dimensioni analoghe a quelle americane (i “BAATX”). Questo è uno degli aspetti più appariscente della presunta defezione della Cina verso il capitalismo, sulla quale non concordiamo, perché, tecnicamente, il socialismo non è la statizzazione di tutta l’economia, bensì “il controllo sociale sui mezzi di produzione”, che è ciò che si sta realizzando in Cina attraverso meccanismi giuridici complessi, comprendenti anche il mercato.

Anche  Jack Ma aveva creato un impero privato simile a quello di Musk (oltre ad assumere atteggiamenti spettacolari ricalcati su Musk, come quando si era presentato ai dipendenti vestito come Michael Jackson.).

Nel frattempo, la Cina aveva approvato a tempo di record una serie di leggi sull’ ICT ispirate a quelle europee, ma più concrete e applicabili, in base alle quali tutte le multinazionali cinesi si sono viste esposte a una pioggia di sanzioni, in quanto, come le loro colleghe occidentali, intralciano continuamente la concorrenza, trascurano la privacy, ecc…(il “Crackdown sui BAATX”).

Quando Ma aveva lanciato una campagna di stampa contro il sistema bancario cinese, che gli negava quel sostegno finanziario che invece Musk ha in Occidente, per trasformare il suo impero industriale e tecnologico cinese in un impero finanziario mondiale, è stato arrestato e detenuto per alcuni mesi, finché ha rinunziato ai ruoli operativi nelle sue società, trasferendosi all’ estero e limitandosi a incassare i dividendi dovutigli in quanto socio di minoranza delle società stesse.

7.Trump e i conservatori

Un altro “miracolo” di Trump è stato quello di trasformare i conservatori, da sempre considerati “dei pariah” della politica, specie europea, in protagonisti ambiti delle politiche nazionali e della UE.

Grazie a ciò, l’”accoppiata” Trump-Musk  ha indebolito con una duplice mossa  un probabile ostacolo al dominio mondiale dei GAFAM: la resistenza in nome dell’umano al “Governo degli algoritmi” di Musk,  così simile al “Governo delle Regole” tanto caro al liberalismo di sinistra. Questa resistenza non potrà venire se non da ambienti “lato sensu” conservatori, come per esempio le Chiese. Probabilmente, la coppia Trump-Musk spera che, essendole essi grati per averli fatti uscire dai loro ghetti, vari tipi di “conservatori”  lascino per un momento da parte le loro legittime ragioni ideali, che concettualmente li opporrebbero al “governo delle macchine” – chi per orgoglio nazionale, chi per umanesimo, che per difesa della libertà-…, e “lavorino” come si dice oggi, con la coppia Trump-Musk e con gli altri grandi soggetti geopolitici modo da non contrastare, bensì da agevolare, il progetto della “Singularity Tecnologica”. Ricordiamoci che Musk, come persona, tiene comportamenti ricalcati sui grandi transumanisti, come Ray Kurzweil e l’iraniano Fereidun Esfandiari. Quest’ultimo (il cui nome originario era la traduzione in Farsi, di quello del Salvatore dell’ Avesta, Thraetona) aveva fatto modificare all’ anagrafe il proprio nome e cognome in  FM-2030, anno in cui, secondo i transumanisti, sarebbero state curate certe malattie, come quella al pancreas di cui egli sarebbe morto dopo poco, e, contestualmente, s’ era fatto ibernare. Ebbene, anche Musk, oltre a fare ricosto alla gestazione surrogata,  ha chiamato il proprio figlio “X Æ xii” (quasi fosse un nuovo modello di macchina).

La battaglia politica che, fino ad oggi, si era svolta essenzialmente all’ interno  dei “parametri utopico-liberali” di Ursina (anche la Democrazia Cristiana, e perfino il Fascismo, erano a loro modo  stregati dal  mito del Progresso), oggi lo spazio  concettuale entro cui si combatte per l’egemonia politica mondiale è sostanzialmente “conservatore” (dall’interpretazione delle varie religioni e tradizioni nazionali a quella del mito moderno del Superuomo, fino ai critici moderni  della Modernità: Ricci, Ibn Khaldun, Nietzsche, Dostojevskij, Huxley, Dumont, Teilhard de Chardin, Burgess, Compagnon).

Come scrive sempre Orsina, “l’ordine utopico-liberale  non abbia saputo  mantenere le sue promesse e … il suo fallimento ne abbia fatto emergere  chiaramente i consistenti tratti di disumanità, l’affidarsi a un esistente essere umano e astratto. Disincantato, decontestualizzato, perfettamente morale e perfettamente razionale”. In sostanza, si è compiuta la Dialettica dell’ Illuminismo descritta da Horkheimer e Adorno.

E’ all’ interno di quest’ ampio spazio politico e culturale (l’unico rimasto oggi relativamente vivo al di fuori del postumanesimo) che si può, e si deve, ora, lanciare una battaglia sulla preservazione dell’ Umano, sulla libertà minacciata, sulla pace nel mondo, sul ruolo delle classi sociali, dei popoli e dei Continenti…). Se necessario, contro tanti falsi “conservatori” che operano come apripista per la Singularity Tecnologica e per il “Governo degli Algoritmi”. Tale critica al progetto post-umanista non dev’essere preconcetta, bensì partire dalle sue (per quanto discutibili) radici storiche :il Mistero dell’ Incarnazione, l’“Antiquatezza dell’Uomo”, il mito dell’ Eterno Ritorno...

BIBLIOGRAFIA

ANDERS, Günther,L’uomo è antiquato, 2 volumi, Bollati Boringhieri, Torino (2003) (prima edizione, Milano 1963);

ARISTOTELE,

  • Politica e Costituzione di Atene, a cura di Carlo Augusto Viano, Collezione Classici politici, Torino, UTET, 1955. – II ed. 1966; Classici della filosofia, UTET, 1992; Classici del pensiero, UTET, 2006, 
  • Politica, a cura di Arturo Beccari, Collana «I classici della filosofia», Torino, SEI, 1958.
  • Politica. Costituzione degli Ateniesi, a cura di Renato Laurenti, Collana Universale n.212, Roma-Bari, Laterza, 1972-1993.
  • Politica, introduzione, traduzione e note di Carlo Augusto Viano, Collana Classici greci e latini, Milano, BUR, 2002, 
  • Politica. Volume I (Libri I-IV), traduzione di R. Radice e T. Gargiulo, Introduzioni di Luciano Canfora e Richard Kraut, a cura di Piero Boitani, commento di Trevor J. Saunders e Richard Robinson, Fondazione Lorenzo Valla, Milano, Mondadori, 2014 
  • Politica. Volume II (Libri V-VIII), traduzione di R. Radice e T. Gargiulo, Commento di David Keyt e Richard Kraut, Fondazione Lorenzo Valla, Milano, Mondadori, 2015, 
  • Politica, A cura di Federico Ferri, Collana Testi a fronte, Milano, Bompiani, 2016, 
  • Scritti politici. Costituzioni, Costituzione degli Ateniesi, Politica, Economia, Lettera ad Alessandro sul Regno, Frammenti dei dialoghi politici, a cura di Federico Leonardi, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2021, 

BRENNAN, Jason, Contro la democrazia. L’era dell’incompetenza e i rischi per la democrazia, Luiss University Press, Roma, 2023

CAMPA, Riccardo

  • Mutare o perire. La sfida del transumanesimo, Sestante Edizioni, Bergamo 2010, p. 310.
  • Trattato di filosofia futurista, Avanguardia 21 Edizioni, Roma 2012, p. 230.
  • La specie artificiale. Saggio di bioetica evolutiva, Deleyva Editore, Monza 2013, p. 196.
  •  Humans and Automata. A Social Study of Robotics, Peter Lang, Frankfurt am Main 2015, p. 170.
  • La società degli automi. Studi sulla disoccupazione tecnologica e il reddito di cittadinanza, D Editore, Roma 2017, p. 160.
  • Le armi robotizzate del futuro. Il problema etico, Licosia Edizioni, Ogliastro Cilento 2017, p. 174.
  • Credere nel futuro. Il lato mistico del transumanesimo, Orbis Idearum Press, Kraków 2019, p. 184.
  • Eterna giovinezza. Il ritorno di un sogno antico tra studi scientifici e dilemmi etici, Orbis Idearum Press, Kraków 2019, p. 202.
  • Tutto il potere ai cyborg! Pillole di futurismo (1993-2019), Orbis Iderum Press, Kraków 2022, p. 206.

CANFORA, Luciano, Democrazia, storia di un’ideologia, Laterza, Bari, 2023

CERETI,Carlo,  The Zand i Wahman Yasn. A Sasanian Apocalypse, Roma 1995. 

CIOLKOVSKIJ, K., Ė. Izbrannye trudy [Opere scelte], Mosca, Accademia delle Scienze dell’URSS, 1962.

COMPAGNON, Antoine, Les Antimodernes, De Joseph de Maistre à Roland Barthes,Gallimard, Parigi,2005

DE LANDA, Manuel, La guerra nell’ era delle macchine intelligenti,Feltrinelli, Milano, 1999

DIGITAL SERVICE ACT, Digital Services Act (DSA, in italiano Normativa sui servizi digitali, approvato come Regolamento UE 2022/2065) https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A32022R2065

DIMITRI, Francesco, Comunismo magico: leggende, miti e visioni ultraterrene del socialismo reale, Castelvecchi, 2004, ISBN 978-88-7615-007-4.

DJORDJEVIC, R. Russian Cosmism (with the Selective Bibliography) and its Uprising Effect on the Development of Space Research (PDF), in Serbian Astronomical Journal, n. 159, 1999, pp. 105-109.

DOSTOJEVSKIJ, Fiodor, Discorso su Puskin, a cura di Paolo Nori, Mondadori, Milano, 2024

DUMONT,Louis, Homo hierarchicus, Traduzione di Delia Frigessi, Adelfi,1991

FËDOROV, Nikolaj F., La filosofia dell’opera comune in Occidente, cristianesimo e progresso. Antologia dagli scritti di C. Leont’ev e N. Fëdorov, a cura di G. Riconda e N. Bosco, Torino, Giappichelli, 1981, pp. 95–157

FM 2030, Up-Wingers: A Futurist Manifesto, John Day Co, 1973,

FRANCESCHELLI, Michele, Suggestioni per il nuovo millennio: il cosmismo russo, questo sconosciuto, 2013

GORGONE, Sandro,Alle soglie dell’umano,L’oltreuomo nietzscheano e il postumanismo, © Logoi.ph – Journal of Philosophy – ISSN 2420-9775 – N. VIII, 19, 2022 – An ABC of Citizenship, vol. 2 (by G. Adesso, S. Cafagna, A. Caputo, B. Cioce, M. Casolaro, M. Losapio, L. Parente, L. Romano, B. Roselli, M. rdone)

HORKHEIMER, M., ADORNO,T.W. Dialettica dell’ Illuminismo, Einaudi, Torino, 2010

HUXLEY, Aldous, Il mondo nuovo-Ritorno al mondo nuovo, Mondadori, Milano 2021

IBN KHALDŪN:

  • al-Muqaddima. Prolégomènes historiques (Prolegomeni alla storia universale), traduzione [in francese] del Barone de Slane, 3 volumi, Parigi, 1858.
  • Prolégomènes d’Ibn Khaldoun. Texte arabe par E. Quatremère, 3 volumi, Parigi, 1862–68
  • Discours sur l’histoire universelle (al-Muqaddima), 3 voll., trad. nouvelle, préface, notes et index par Vincent Monteil, Beyrouth, Commission Libanaise pour la Traduction des Chefs-d’oeuvre, 1968
  • The Muqaddimah. An Introduction to History. Translated from the Arabic by Franz Rosenthal, 3 volumi, New York, 195

INFLATION REDUCTION ACT of 2022 as enacted (PDF/details) in the US Statutes at Large https://www.govinfo.gov/content/pkg/PLAW-117publ169/uslm/PLAW-117publ169.xml

INIZIATIVA POLITICA DI PARLEY, L'”Ordine internazionale basato sulle regole”, https://www.parleypolicy.com/post/the-rules-based-international-order-explained

JUENGER, Ernst, La mobilitazione totale, in id., Scritti politici e di guerra, 1919-1933, Libreria Editrice Goriziana, 2005

JUNG, Carl Gustav  , Lo «Zarathustra» di Nietzsche. Seminario tenuto nel 1934-39. Maggio 1934-marzo 1935 (Vol. 1)  Bollati Boringhieri, Torino 17 2011

KURZWEIL, Ray, The singularity is nearer: when we merge with AI, 2025

LYTKIN, Vladimir, FINNEY, Alepko, BEN, Liudmila ,Tsiolkovsky – Russian Cosmism and Extraterrestrial Intelligence, in Quarterly Journal of the Royal Astronomical Society, vol. 36, n. 4, dicembre 1995, pp. 369-376.

MOROZOV, Evgeny, Silicon Valley: i signori del silicio, Codice,Torino,  2016

NATIONAL SECURITY COMMISSION, The Final Report, https://reports.nscai.gov/final-report/

NIINISTÖ,Sauli , Safer Together, Strengthening Europe’s civil and military preparedness and readiness: Report by Special Adviser Niinistö,A path towards a fully prepared Union (Safer together: A path towards a fully prepared Union – European Commission (europa.eu)

OMERO, Iliade, Maria Grazia Ciani (a cura di), Elisa Avezzù (Commento) , Universale Economica Feltrinelli, Milano

ORSINA, Giovanni, Non possiamo più parlare di populismo. Trump rappresenta la destra di oggi, La Repubblica, 11 novembre 2024

PLATONE, La Repubblica Franco Sartori (a cura di) Mondadori, Milano, 2007

PSEUDO-SENOFONTE,

  • La Costituzione degli Ateniesi dello Pseudo-Senofonte, a cura di Giuseppe Serra, Roma, 1979.
  • Anonimo Ateniese, La democrazia come violenza, a cura di a cura di L. Canfora, collana La Memoria, n. 42, Palermo, Sellerio, 1982
  • Contro la democrazia. La Costituzione degli ateniesi, a cura di Tommaso Gazzolo e Remo Viazzi, Le Mani, 2012

RICCI, Matteo, Il vero significato del ‘Signore del Cielo‘, a cura di: CHIRICOSTA Alessandra, Urbaniana, Roma, 2006

SCHMIDT, Eric ,  COHEN Jared,  MERLINI, Roberto (Traduttore),La nuova era digitale: La sfida del futuro per cittadini, imprese e nazioni, 2003, Formato Kindle

SEMЁNOVA, S.G, GACEVA, A.G. (a cura di), Russkii kosmizm: Antologiia filosofskoi mysli (“Cosmismo russo: Antologia del pensiero filosofico”), Mosca, Pedagogika-Press, 1993.

TAGLIAGAMBE, Silvano, La “Filosofia dell’opera comune” di Fëdorov e il cosmismo russo in La filosofia della seconda metà del Novecento a cura di Gianni Paganini,

TEILHARD DE CHARDIN,Pierre,L’avvenire dell’uomo (1959), Il Saggiatore, Milano 1972

VATINNO, Giuseppe, Il comunismo magico ed i cosmisti sovietici, su estropico.com. URL consultato il 22 giugno 2012 (archiviato dall’url originale il 29 giugno 2012).

VATINNO, Giuseppe, Il Transumanesimo. Una nuova filosofia per l’Uomo del XXI secolo, Armando Editore, 2010

VERNADSKIJ, Vladimir Ivanovic, Pensieri filosofici di un naturalista, Roma, Edizioni, Teknos, 1994

YOUNG, George M., I cosmisti russi: il futurismo esoterico di Nikolai Fedorov e dei suoi seguaci , Tre Editori, Roma, 2017,

ZAKARIA, Fareed, Democrazia senza libertà, in America e nel resto del mondo,trad. Lorenza Di Lella, Rizzoli, Milano, 2003

CRISI STELLANTIS/ CRISI DELLA MODERNITA’

“Un giorno, a Mirafiori torneranno a crescere i fiori”

(Edoardo Agnelli)

Gli attuali scontri e polemiche intorno all’eredità degli Agnelli e alla crisi di Stellantis, per quanto di per se stessi rilevantissimi e interessanti, costituiscono soprattutto un’ottima occasione per riflettere sui rapporti fra cultura e tecnica. In effetti, la FIAT ha avuto un ruolo così centrale nella configurazione di Torino e dell’Italia, che la sua vera e propria sparizione  non può non lasciare perplessi circa molte delle “Grandi Narrazioni” in cui siamo vissuti immersi: quella del Progresso, quella dell’industrialismo, quelle del Capitalismo e del Socialismo, quella dell’Imprenditore, quella della classe operaia, quella della società opulenta.

Ma prima occorre ripercorrere i momenti salienti della storia di Torino e della FIAT, nonché dell’ attuale crisi dell’ industria automobilistica in Europa, ai quali questo post è dedicato, riservandoci di svolgere in altra sede le nostre considerazioni più generali sui temi di cui sopra.

1.Duemilacinquecento anni di storia di Torino (cfr. il nostro “Intorno alle Alpi Occidentali/Autour des Alpes Occidentales”).

Nonostante che Torino sia oramai identificata, nei luoghi comuni, con l’industria automobilistica, in realtà la nostra “parentesi FIAT” è durata non più di un secolo, mentre le tradizioni millenarie della città sono soprattutto militari (Giulio Cesare, Emanuele Filiberto, Eugenio di Savoia, Vittorio Emanuele II), religiose (Claudio di Torino, i Valdesi, Don Bosco, Papa Bergoglio) e culturali (Alfieri, Nietzsche, Michels, Gramsci, Gobetti, Einaudi,Olivetti, Galimberti, Pavese, Del Noce). Anche senza la FIAT, Torino sarebbe quindi rimasta una grande città europea.

Intorno all’800, il vescovo Claudio di Torino sostiene tesi iconoclastiche.Dal 1280 al 1418, Torino  fa parte dei feudi degli Acaia. Nel 1404: Ludovico di Savoia-Acaia promuove la formazione di un centro di insegnamento superiore, su sollecitazione di alcuni “magistri” fuggiti dalle sedi universitarie di Pavia e Piacenza. Nel 1506, Erasmo da Rotterdam consegue a Torino la laurea in Teologia. 

Nel 1562, Emanuele Filiberto, vittorioso a San Quintino, trasferisce a Torino la capitale e dichiara l’Italiano lingua ufficiale nei feudi orientali del Ducato di Savoia.

Nel 1706, Torino sfugge, con l’apporto del Principe Eugenio, all’ assedio dei Francesi, e viene  a fare parte del Regno di Sardegna (la cui capitale resta però Sassari, mentre la corte risiede a Torino, almeno fino alla conquista francese).

Nel 1800, Torino viene annessa all’ Impero Napoleonico.

Nel 1854,il Regno partecipa alla Guerra di Crimea

Nel 1859: Seconda Guerra d’indipendenza, e,nel 1861, Torino diviene capitale del Regno d’Italia

Nel 1862, Luserna di Rorà diventa sindaco di Torino. Durante il suo mandato,  la città perde il ruolo di capitale, che nel 1864viene assegnato a Firenze. La notizia provoca accese proteste, che sfociano in una manifestazione in Piazza San Carlo, davanti alla sede della Prefettura, che vengono represse nel sangue, con ben 52 morti fra la popolazione civile.Per la città inizia un periodo difficile,paragonabile agli anni che stiamo vivendo ora, per  una perdita, non soltanto di prestigio, ma anche di posti di lavoro: solo nel primo anno, Torino perde 32.000 dei suoi 224.000 abitanti.

1888: Nietzsche a Torino scrive “L’Anticristo”, “Il crepuscolo degli idoli” ed “Ecce Homo” .Sempre a Torino, il 3 gennaio 1889 avviene il suo crollo mentale: mentre si trova nei pressi del suo alloggio in piazza Carignano,  vedendo un cavallo che traina una carrozza fustigato a sangue dal cocchiere, abbraccia l’animale, piangendo e baciandolo.

Il 9 gennaio 1889, l’amico Franz Overbeck, allarmato dai contenuti delle ultime lettere e preoccupato per il suo crollo psichico, lo porta in treno a Basilea.

2.Momenti salienti della storia della FIAT

La Fiat era divenuta, nel corso del XX Secolo, non solo il maggior gruppo economico italiano, ma anche il simbolo delle civiltà industriale. Per questo, la sua vera e propria scomparsa costituisce oggi un presagio del superamento della società industriale e delle sue mitologie.

Viene fondata a Torino l’11 luglio 1899 (sei mesi dopo la pazzia di Nietzsche), in un periodo di vivace espansione industriale della città. Il primo stabilimento viene inaugurato nel 1900 in Corso Dante; vi lavorano 35 operai e vi si producono24 autovetture. Il presidente della società è Ludovico Scarfiotti, mentre Giovanni Agnelli è segretario del Consiglio.
Giovanni Agnelli nel 1902 diviene amministratore delegato. Dal 1903 la Fiat viene quotata in borsa e sorgono nuove società con funzioni specifiche: Società Carrozzeria industriale, Fiat Brevetti, S.A. Garages Riuniti Fiat-Alberti-Storero. Gli stabilimenti Fiat, accanto alle auto per uso civile e per competizione, producono veicoli industriali, motori marini, autocarri, tram, taxi, cuscinetti a sfera.
Il 23 giugno 1908 Giovanni Agnelli  divenuto dal 1906, a seguito di un aumento di capitale, azionista di maggioranza della Fiat, venne denunciato dal questore di Torino per “illecita coalizione, aggiotaggio in borsa e falsi in bilancio”. Nel 1913, Agnelli sarà assolto.

Nel 1911: Guerra italo-turca.

1915: Prima Guerra Mondiale. Inizio della progettazione dello Stabilimento del Lingotto.

Con lo scoppio della guerra, grande sviluppo ha la produzione di camion militari, di aerei, di autoambulanze, di mitragliatrici e di motori per sommergibili. La FIAT crea a Mosca la FIAT-Izhorski, che fornisce carri armati allo Stato russo, prima impero, poi Repubblica sovietica, oltre ad altri diversi eserciti europei.

La fabbrica del Lingotto, la più grande d’Europa, diventerà rapidamente il simbolo dell’industria automobilistica italiana, un modello di architettura futuristica e una delle immagini più note della stessa città di Torino.In quegli anni, la Fiat amplia le proprie attività nel settore siderurgico e ferroviario, in quello elettrico e nel campo delle linee di trasporto pubblico

 Alla Grande Guerra segue un decennio di estrema complessità e di profonde trasformazioni. Ne viene coinvolta anche la Fiat, le cui fabbriche vengono occupate dagli operai nel settembre 1920 (il “Biennio Rosso”). Nel novembre dello stesso anno Giovanni Agnelli diviene presidente del consiglio di amministrazione.
Nel1922: Marcia su Roma

Nel 1923, entra in funzione il nuovo stabilimento del Lingotto.Fiat dà vita alla SAVA, società di credito al consumo, con lo scopo di favorire la vendita rateale delle automobili. Cresce la partecipazione a società italiane e straniere e nasce l’IFI (Istituto Finanziario Industriale) per coordinarne la fitta rete. Nel 1924 incominciano ad operare gli impianti di Mosca per la costruzione di automobili e di camion su licenza Fiat.
Per conto delle Ferrovie dello Stato viene organizzata, per la prima volta al mondo, la costruzione in serie di automotrici elettriche e diesel.
Nel 1928, Vittorio Valletta è nominato direttore generale.

Nel 1934 viene progettata una vettura di piccola cilindrata: la 508 chiamata “Balilla”. Ne saranno prodotte 113.000 unità, con una versione sportiva (508 S) ed una a quattro marce (71.000 unità).

Nel 1936, esce la Fiat 500 “Topolino”, disegnata da Dante Giacosa: da quell’anno al 1955 se ne produrranno 510.000 esemplari. A conferma dell’orientamento verso la produzione di massa, nel 1937 iniziano a Torino i lavori per la costruzione dello stabilimento di Mirafiori. Inaugurato da Mussolini il 15 maggio 1939, ospita 22.000 operai su due turni, i dipendenti Fiat in quegli anni sono circa 55.000.
Nel 1945 muore il senatore Giovanni Agnelli e nel luglio del ’46 Vittorio Valletta assume la presidenza della Fiat.
I finanziamenti del piano Marshall nel 1948 consentono di completare la ricostruzione degli impianti. Il personale passa da 55.674 a 66.365, gli utili, stazionari nel corso della guerra, azzerati dopo il 1943, e in perdita nel 1946, ricominceranno a crescere nel 1948.
La ripresa produttiva postbellica vede l’uscita della Fiat 500 B berlinetta e giardinetta, dei modelli 1100E e 1500E, e di una vettura a carrozzeria portante, la Fiat 1400. Continua la ricerca nel campo dei motori marini e aerei, e nel 1951 è prodotto dalla Sezione Velivoli il primo velivolo militare italiano a reazione : il G 80. Nel 1956, il G 91 di Fiat, progettato dal team dell’ Ingegner Gabrielli vince un concorso NATO per la produzione di un caccia tattico.

Nel 1955 è presentata la Fiat 600, utilitaria di cui saranno costruite oltre 4.000.000 di unità.
Segue due anni dopo, la Nuova 500 che raggiungerà i 3.678.000 esemplari.
Il numero complessivo dei dipendenti passa in questo decennio dai 70 agli 80.000, la produzione passa dalle 70.800 autovetture del 1949 alle 339.300 del 1958.

Tra il 1956 e il 1958, si conclude il raddoppio degli stabilimenti di Mirafiori, che alla fine degli anni 60 arriverà a toccare la cifra di oltre 50 mila lavoratori. Si sviluppa la produzione di trattori agricoli e di macchine movimento terra.
Nascono nuovi stabilimenti in Sudafrica, Turchia e Jugoslavia, Argentina e Messico.
Le attività di impianti e costruzioni edili di Fiat coordinate dalla Impresit conoscono un forte sviluppo internazionale: l’impianto elettrico di Kariba sullo Zambesi, la diga di Dez in Iran e quella di Roiseires sul Nilo blu in Sudan, il salvataggio dei tempi egizi di Abu Simbel, la galleria autostradale del Gran San Bernardo.

Nel decennio compreso tra il 1959 e il 1968 la produzione Fiat passa da 425.000 a 1.751.400 autovetture, e il rapporto tra numero di abitanti e numero di autovetture passa da 96 a 28 abitanti per ogni auto. Anche le esportazioni conoscono una forte crescita: da 207.049 autovetture a 521.534
Aumentano inoltre la produzione di veicoli commerciali, da 18.968 a 68.200, e quella di trattori, da 22.637 a 52.735. Il personale raddoppia: da 85.117 dipendenti, passa a 158.445, con un incremento più accentuato degli operai rispetto agli impiegati.

Nel 1964 nasce la Fiat 850, nuova utilitaria di vasta diffusione cui seguono ben presto altri modelli di cilindrata superiore: la 124 e la 125 che assumeranno nel 1968 il marchio Fiat a rombi, ancora oggi utilizzato.
1966: Costruzione di Togliattigrad, la città-fabbrica in URSS.
Nel 1966, Giovanni Agnelli, nipote del fondatore, diviene presidente della Società.

Viene deciso il potenziamento della presenza Fiat nel Sud, che già si era articolata attorno agli impianti di Reggio Calabria, Bari, Napoli. Si avvia così la realizzazione degli stabilimenti di Termini Imerese, Cassino e Termoli, per la produzione di autovetture, e di Sulmona, Lecce, Brindisi e Vasto.
Al boom economico fa seguito un lungo periodo di assestamenti sociali: il 1969 è l’anno in cui la conflittualità aziendale raggiunge il culmine, con un totale di 15 milioni di ore di sciopero.
L’ondata di conflittualità ha pesanti ripercussioni sui livelli di redditività aziendale.

Nasce nel 1971 la 127, la prima Fiat a trazione anteriore. La vettura incontra molto successo di mercato e alla fine del 1974 sarà prodotta la milionesima 127.
Crisi petrolifera e innovazione tecnologica spingono verso una crescente automazione dei processi produttivi: già nel 1972 entrano in funzione a Mirafiori i primi 16 robot nella linea di produzione del modello 132, e nel 1974 quelli di Cassino. Nel 1978 nasce “Robogate”, il nuovo sistema robotizzato e flessibile di assemblaggio delle scocche, attivo negli stabilimenti di Rivalta e di Cassino, realizzato da Comau che diventerà ben presto leader mondiale

Nel 1978 avviene la fusione per incorporazione della Lancia Spa in Fiat Spa, rimane il marchio Lancia per la commercializzazione. Nel 1979, il settore Auto si costituisce in società autonoma di cui Giovanni Agnelli è presidente e comprende i marchi Fiat, Lancia, Autobianchi, Abarth e Ferrari. Il marchio Ferrari era già stato acquisito nel 1969 al 50%, quota che salirà poi all’87%.

Alla fine degli anni ’70, Fiat si consolida in una struttura a holding. Le molteplici attività produttive, che nel lungo periodo di Valletta erano distribuite in sezioni, costituiscono società autonome che si ripartiscono in Settori. Nel 1980, Cesare Romiti, entrato alla Fiat come direttore finanziario nel 1974, diviene amministratore delegato del Gruppo.
Grandissimo sviluppo conoscono in questo periodo sia la Fiat Ferroviaria che l’Iveco. Fiat Ferroviaria progetta avanzate tecnologie con carrelli a ruote indipendenti e ad assetto variabile che porteranno alla produzione del Pendolino, treno ad alta velocità con cui si aggiudicherà importanti commesse in molte nazioni europee. Iveco diventa il marchio internazionale in cui confluiscono le attività di produzione dei veicoli industriali. Il marchio Iveco comprende Fiat, Om, Lancia, Magiruz, Unic e lo spagnolo Pegaso dal 1991.

 
Nel1980, “Marcia dei 40000” contro il predominio dei sindacati

Nel 1983 viene presentata la Uno. Ne saranno prodotte 6.272.796 unità. L’anno seguente la Fiat Auto Spa acquisisce l’Alfa Romeo Spa e le sue consociate, mentre nel 1993, con il prestigioso marchio Maserati, ai raggiunge l’attuale composizione dei marchi auto.
Continuano a crescere gli accordi internazionali per la produzione su licenza Fiat e le partecipazioni societarie, sviluppando in modo particolare le attività industriali nel campo delle telecomunicazioni e le attività industriali nella componentistica.
In quest’area, attraverso un programma di acquisizioni e scorpori, viene data attuazione ad un nuovo assetto organizzativo che porta Magneti Marelli ad assumere nel 1987, attraverso UFIMA,  il ruolo di holding industriale con funzioni di governo e controllo di oltre 60 imprese in tutto il mondo. Con la diffusione dell’elettronica, la componentistica viene o a giocare un ruolo determinante nello sviluppo del mezzo di trasporto privato.
Nel 1991 inizia la costruzione di nuovi stabilimenti a Pratola Serra e a Melfi. Il Gruppo Fiat affronta la crisi dei primi anni ’90 con l’ampliamento della presenza internazionale che le consente di realizzare più del 60% del fatturato fuori Italia.

Con l’acquisizione, nel 1991, delle attività trattoristiche ed agricole della Ford Motor Co, il settore delle macchine di movimento terra si internazionalizza assumendo il marchio New Holland.
Nel 1993 si accorda con la Hitachi Co Machinery Ltd ed estende le joint venture esistenti, giungendo così ad essere uno dei principali produttori mondiali con circa il 20% della produzione globale.
Iveco stabilisce joint venture e attività produttive in India e in Cina per la produzione dei veicoli leggeri Daily.
Il 28 febbraio 1996, Cesare Romiti subentra come presidente, funzione che svolgerà fino al 1998, quando gli succederà l’avvocato Paolo Fresco. Paolo Cantarella viene nominato amministratore delegato.
L’auto innovativa di questi anni è la Fiat Punto

A partire dal settembre 1997, la Capogruppo lascia corso Marconi per trasferirsi nella storica palazzina Fiat del Lingotto, nel comprensorio che nel frattempo si è trasformato in centro fieristico e congressuale.
Gli stabilimenti in Brasile e in Argentina vengono ampliati, viene lanciata la Palio, una world car studiata per adattarsi a usi diversi e molteplici mercati. Ben presto Fiat diviene il maggior produttore in Brasile, Argentina, Polonia e Turchia.


In quel momento, quando  la FIAT era un gruppo multidivisionale e multiprodotto di primaria importanza a livello mondiale, incomincia però un’opera di smantellamento dello stesso, assai più avanzata di quelli comunque in corso negli stessi anni nell’ industria europea a causa della posizione subordinata dell’ Europa sullo scenario geopolitico.

3.Lo smantellamento del Gruppo FIAT

Fra le due guerre mondiali, il motto della FIAT era stato, in coerenza con la politica imperialistica dell’ epoca: “terra, mare, cielo”.

Nel dopoguerra, anche in seguito a contatti riservati fra la direzione aziendale e il Governo americano, si operò con un profilo più dimesso, preparando perfino il terreno, con dismissioni come SIMCA, RIV e  Sezione Velivoli, ad un’opposta politica di ridimensionamento del gruppo.

Nel 1985, una disputa con Ford sul controllo azionario, al quale questa non vuole rinunciare, offre a Cesare Romiti ottimi argomenti per convincere l’avvocato alla rinuncia ad un previsto accordo.

Una storia destinata a ripetersi nel 2000 quando l’offerta della Daimler Chrysler per l’acquisto di una Fiat Auto già minata da una crisi che sarebbe esplosa in tutta la sua gravità solo pochi mesi più tardi, viene sdegnosamente rifiutata. ll costruttore tedesco è pronto a conferire alla holding torinese il 12% delle azioni.

Nel 2000, Accordo con la General Motors, che si tramuterà in una vittoria del Gruppo nel 2005 grazie ad un’abile gestione del contratto da parte di Sergio Marchionne.

2002.Cessione della Fiat Ferroviaria

2003 Morte dell’ Avvocato Agnelli

2007 Accordo FIAT-Chrysler

L’intesa iniziale prevede la possibilità per Fiat di acquistare una quota del 35% di Chrysler, accompagnata da un’opzione per prendere il controllo della società, ed arrivare cosi a detenere il 55% in un momento successivo.

2009-2014: creazione della FCA. La sede di FIAT Auto è spostata in Olanda e i suoi centri direzionali divengono Londra e Dearborn.

2004: Vendita della FIAT Avio al fondo Carlyle.

2012: Morte di Marchionne

2014: Estinzione di FIAT spa

2015 Dalla fusione fra FCA e, nasce Stellantis, a trazione francese.La sede operativa viene trasferita a Parigi e l’Amminstratore Delegato è Tavares.

2019: Cessione della Magneti Marelli

2022: Operazione Militare Speciale. Cessione da Stellantis allo Stato russo dello stabilimento di Togliattigrad

2024: Chiusura della Maserati e cessione  di Magirus (parte del gruppo IVECO)

4.Gli ultimi sviluppi

Nell’ambito della causa fra Margherita Agnelli e il figlio Alain Elkann, i difensori di Margherita hanno affermato che  il ruolo di Presidente della Stellantis (e il controllo della Exor) potrebbe essere sottratto a John Elkann, per effetto dell’azione penale promossa dallo Stato. Queste parole sono contenute in una lettera dell’avvocato Dario Trevisan, legale di fiducia di Margherita Agnelli.

Al centro delle critiche di Trevisan e della sua assistita, c’è soprattutto Dicembre, società che controlla Exor e quindi Stellantis, Ferrari e Juventus. L’avvocato di John, Clark, sostiene che il controllo della Dicembre sarebbe “blindato” grazie a un atto notarile, firmato allo studio Grande Stevens il 24 marzo 1999, in cui si legge rebbe: “Qualora il signor Giovanni Agnelli mancasse o per qualsiasi ragione fosse impedito, l’amministrazione nella sua identica posizione con gli stessi poteri e prerogative sarà assunta dal signor John Philip Elkann”».

2024 Sequestro da 74,8 milioni per frode fiscale ai fratelli Elkann. Nel  settembre 2024,la Procura di Torino, dopo un sopralluogo nelle case degli Elkann e nell’ufficio del commercialista Ferrero, ha emesso un provvedimento di sequestro nei confronti di John, Lapo e Ginevra Elkann Eredità Agnelli, sequestro da 74,8 milioni per frode fiscale ai fratelli Elkann. La difesa: «Ricostruzioni non condivisibili»

La Procura di Torino emette il provvedimento nei confronti di John, Lapo e Ginevra. Trovato memorandum per eludere il fisco: Irpef evasa per 42,8 mln

La presenza di un unico produttore su tutto il territorio nazionale aveva a rappresentato per mezzo secolo un’eccezione rispetto ad altri Paesi, come Germania e Francia, dove coesistono più gruppi. Tale anomalia è da ricondurre naturalmente al ruolo non solo industriale, ma anche e soprattutto politico che la Fiat aveva avuto in questo Paese. L’indotto che si è sviluppato intorno ai siti ex-Fiat è di conseguenza fortemente integrato con la produzione di questi stabilimenti, arrivando in molti casi a lavorare in monocommittenza per il gruppo italo-francese. Diventa quindi evidente che le dismissioni innescate da Stellantis non si fermano ai muri degli impianti della multinazionale, ma il loro  impatto ha dei risvolti negativi per le tutte aziende che producono componentistica.

Lo stabilimento di Mirafiori è al suo diciassettesimo anno consecutivo di cassa integrazione, mentre a Pomigliano d’Arco la cassa integrazione durata quindici anni si è conclusa solo a inizio 2024, ma senza certezza alcuna per i prossimi modelli allocati. 

Il crollo nella produzione di autovetture rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, -23,8%. A questo calo contribuiscono tutti gli stabilimenti di assemblaggio di auto, fatta eccezione per Pomigliano d’Arco, mentre Mirafiori e Melfi hanno dimezzato la produzione e Cassino registra un -40%.  

Che esista un trend di delocalizzazione verso l’est Europa non è una novità: gli stabilimenti in Polonia e in Serbia sono in diretta competizione con i siti italiani per l’allocazione dei modelli produttivi ormai da tempo. Sia lo stabilimento di Tychy che quello di Gliwice si trovano nella Zona Economica Speciale (ZES) di Katowice, che avrebbe dovuto avere un carattere temporaneo, ma invece continua ad esistere. Gli sgravi fiscali, uniti ad un costo del lavoro molto più esiguo – in Polonia un operaio Stellantis guadagna intorno gli €800 al mese – rendono particolarmente attrattivi questi due siti industriali. Si è molto parlato anche del caso di Kragujevac, lo stabilimento serbo dove è attualmente in produzione la 500L e dove è stata assegnata la nuova ‘Pandina’ elettrica, grazie a €190 milioni di investimenti di cui €48 messi dal governo serbo. Anche qui, oltre al contributo pubblico negli investimenti, va notato che un operaio serbo guadagna circa €600 al mese.  

La vera novità sembrerebbe rappresentata dal nuovo impulso di investimenti verso il Nord-Africa, nell’ottica di un’espansione nel mercato della regione. Nonostante i volumi dei siti in Algeria e in Marocco non siano ancora sostitutivi rispetto alle produzioni in Italia, gli investimenti sono stati ingenti, coerentemente con una politica di sfrenata compressione dei costi: lo stipendio medio di un operaio Stellantis in Marocco si aggira sui €320 al mese, mentre in Algeria €250 al mese. In Marocco, nella fabbrica di Kenitra, dove attualmente si produce la nuova Fiat Topolino e che in futuro vedrà la produzione della Fiat Multipla, Stellantis ha avviato €300 milioni di investimenti per allargare lo stabilimento con l’obiettivo di raddoppiare la capacità produttiva. Nello stabilimento algerino di Orano, aperto a fine 2023, si produce invece la Fiat 500 Hybrid, e sono stati di recente annunciati €200 milioni di investimenti.(cfr. Report Fim Cisl su dati produzione e occupazione 1° trimestre 2024, 5 aprile 2024. https://www.cisl.it/wp-content/uploads/2024/04/Stellantis-FIM-CISL-Report-produzione-I%C2%B0-Trimestre-2024).

5.La crisi della Volkswagen

Purtroppo, la crisi dell’ auto in Europa non è limitata, né alla FIAT, né al Gruppo Stellantis. Anche la VW, uno dei gruppi più forti del mondo, è in mezzo alla tempesta. I risultati economici sono deludenti, a causa del l’insieme della situazione geopolitica dell’ Europa: aumento del costo dell’ energia a causa delle guerre in corso; inflazione mondiale; blocco degli intercambi con i mercati più promettenti (Cina e Russia), su cui la Germania di Angela Merkel aveva scommesso, inadeguata programmazione delle transizioni ecologica e digitale, su cui la UE a traino tedesco aveva fortemente, ma maldestramente, puntato…

E’ in discussione non solo l’industria manifatturiera, bensì l’intero “Modell Deutschland”, di cui la Volkswagen, con la VW-Gesetz,  costituiva la punta di diamante.(video”Stimmung äußerst eisig”, Annette Deutskens, NDR, zu den Tarifverhandlungen bei VW

tagesschau24, 30.10.2024) video”Deutsche Standorte sind teurer”, Markus Gürne, HR, zu den Problemen bei Volkswagen)

6.L’arrivo in Europa  delle auto cinesi.

 Con o senza dazi, queste auto si faranno strada sulle strade europee perché il forte sostegno del governo centrale consente loro di proporre continuamente prodotti “freschi”.

Ma non tutto è perfetto neanche per questi marchi.L’immagine della Cina e dei suoi prodotti è ancora un problema in Europa e soprattutto negli Stati Uniti. Dopo aver prodotto per molti anni copie di bassa qualità di prodotti occidentali, i produttori cinesi stanno ora cercando di accaparrarsi una fetta dei mercati occidentali con prodotti di alta qualità. Tuttavia, molti consumatori sono ancora riluttanti perché associano la Cina alla bassa qualità.

I marchi provenienti dalla Cina sono così tanti che è impossibile fare un bilancio complessivo. Mentre alcuni puntano sul proprio know-how per esportare le loro auto (BYD è uno di questi), altri nascondono la loro vera identità creando nuovi marchi esclusivamente per i mercati occidentali.

Una di queste è DR Automobiles e i suoi sottomarchi EVO, Tiger, ICH-X e Sportequipe. I loro prodotti non sono diversi dai modelli di Chery, BAIC e JAC,tuttavia, per la maggior parte del pubblico si tratta di auto italiane o comunque non cinesi. L’operazione di “rebadge” consente a questi marchi cinesi di evitare problemi di percezione negativa e di guadagnare più facilmente terreno in mercati come l’Italia e la Spagna. Nel 2023, i marchi di DR Automobiles hanno immatricolato più di 34.000 unità, principalmente in Italia e Spagna. Nel 2023,  era il secondo produttore cinese in Europa, dietro solo a MG. Quest’ultimo è un altro esempio di come la Cina si nasconda utilizzando un marchio occidentale. Sebbene sia nato 100 anni come marchio britannico fa, MG, acquisito nel 2007 dalla cinese SAIC, è stato interamente progettato, prodotto e pianificato in Cina.

L’anno scorso, questo marchio ha venduto 840.000 nuovi veicoli a livello globale, di cui 248.000 unità sono state immatricolate in Europa. È di gran lunga il marchio cinese più venduto nella regione e rappresenta circa il 70% di tutte le auto cinesi vendute in Europa.  Paradossalmente, MG è estremamente impopolare in Cina,  perché, in un periodo di forte nazionalismo,  è considerato un marchio straniero.

Recentemente, la Cirelli Motor Company ha iniziato a vendere auto in Italia ribattezzando veicoli Dongfeng, BAIC, Seres e FAW. Nel primo trimestre di quest’anno sono state immatricolate in Italia 25 unità.EMC, che sta per Eurasia Motor Company, offre due SUV di Geely e Chery e un’utilitaria di Yudo. Poi c’è Elaris, che ribattezza prodotti di Hycan, AION e Skywell.Infine, altrte case automobilistiche, come Chery, hanno appena creato i propri marchi per i mercati esteri. Jaecoo e Omoda sono due di questi i. Omoda, ad esempio, fino a marzo ha registrato 330 unità del suo primo SUV in Europa. Lynk & Co è un altro marchio dal nome inglese. Questa strategia funzionerà?

NUMERO DI AUTO VENDUTE IN EUROPA CON I NUOVI MARCHI CINESI 
MG58.524
BYD7.602
DR Automobiles5.922
Lynk & Co1.711
GWM1.121
Xpeng1.036
Zeekr466
Nio401
Maxus338
Omoda330
EMC313
Sportequipe301
DFSK282
Ayways192
Beijing165
Leapmotor152
Hongqi112
Geely93
Jac88
Forthing66

EUROPA HA GIA’ PERSO, INDIPENDENTEMENTE DAL FATTO CHE ABBIA VINTO TRUMP

Lo diceva la rivista online POLITICO October 31, 2024 :”It doesn’t matter if Trump or Harris win. Europe has already lost.”di  Nicholas Vinocur

Secondo quell’Autore, il momento del massimo splendore dei rapporti transatlantici (“Peak America”), era stato raggiunto il June 6, 1994, con la celebrazione dei 50 anni dello Sbarco in Normandia.

1L’età dell’oro dell’ egemonia americana

A quell’ epoca, l’egemonia “culturale” degli USA era incontrovertibile nello sport, nell’entertainment (“EuroDisney — a sort of American colony”); i giornali americani erano fortemente presenti in Europa. Oggi, invecve, gli USA hanno ridimensionato la loro presenza i Europa, salvo che nel settore digitale (per altro intimidito dalla legislazione europea), e le truppe americane nel nostro Continente sono state ridotte da 450.000 a meno di 100.000.

L’inizio di questo disinteresse americano coincise con la presidenza di Barack Obama e con il  suo “Pivot to Asia”.

Secondo Ben Hodges, ex comandante americano in  Europa,  il costo di mantenere tanti soldati ha generato vantaggi proporzionali:  “It was always mystifying to me that people didn’t see what a huge advantage we have with our leadership inside NATO and our relationship with European countries,”

2. Senza gli Stati Uniti, l’Europa sarà persa, oppure sarà salvata?

 La Commissione si sta preparando a un ridimensionamento dell’ impegno americano, ma è divisa quanto alla configurazione dell’ “autonomia strategica europea” .

L’ex Primo ministro finlandese Niniisto ha presentato un rapporto dettagliato sullo stato di preparazione bellica e per la difesa civile L’ Europa non è preparata ad una guerra mondiale, per cui il primo compito sarebbe quello di spiegare ai cittadini europei come sopravvivere nelle prime 72 ore del conflitto. Qualcosa che la Svezia stava facendo 5o anni fa, con la diffusione capillare degli opuscoli “Om kriget komer” (“se viene la guerra”) e “Inte samarbejde”(“non collaborare”). E’ grottesco che vengano riproposte soluzioni  così invecchiate, senza tener conto del mutato scenario tecnologico e geopolitico. La “military preparedness” (EU Preparedness Law) è divenuto un termine corrente nel linguaggio brussellese.stiamo programmando, con folle ritardo e senza un piano concreto, un’economia di guerra.

3.Autonomia strategica e autonomia culturale

 Nicolas Tenzer ha scritto:“Without the United States, Europe is lost

In realtà, l’Europa che “è già perduta” sono gli “Stati Uniti d’ Europa”, cioè il progetto di fare, dell’ Europa, un clone degli Stati Uniti, a questi ultimi subordinato. Al momento del dunque, quando gli USA stanno considerando di usare veramente il loro inaudito arsenale culturale, sociale, tecnologoco, poliziesco, politico, accumulato, per imporre l’accettazione, da parte di tutto il mondo, del Modello Incompiuto della Modernità, non tutti sembrano accettare a scatola chiusa questa decisione, né di qua, né di là dell’ Atlantico.

Come avevano illustrato alcuni Autori, come Simone Weil, Pierre drieu la Rochelle e Pietro Barcellona, l’Europa rappresenta oggi, dal punto di vista culturale, il Katechon di paolina memoria, quella forza che trattiene il mondo dall’Apocalisse (rappresentata dal chiliasmo americano). Essa ha combattuto da secoli contro l’ansia millenaristica della “Dissidence of Dissent” (Huntington), per esempio con le critiche di Sant’Agostino al manicheismo, con le prediche di Lutero contro gli Anabattisti, con la dissertazione di Rousseau per l’accademia di Digione, con “Les Soirées de Saint Petersbourg” di De Maistre, con “La crise de la modernité” di Guénon e la “Rivolta contro il mondo moderno” di Evola, con le opere di Dostojevskij, Soloviov, Leontijev, Trubeckoj , Gumilev, Solzhenitsin.

L’Europa costituisce così l’unica vera alternativa al Progetto della Modernità, ed è per questo che, da quando gli USA hanno l’egemonia mondiale, si fa di tutto per sminuirla: finanziando gli “opposti estremismi”; liquidando le imprese come l’ Eni e l’ Olivetti, che avrebbero potuto contestarne la primazia; ricoprendola di basi militari e di testate nucleari che la espongono a rappresaglie russe; obbligandola a guerre intestine e a sanzionare mezzo mondo…

Non ostante tutto ciò, non è  affatto detto che, nella Terza Guerra Mondiale, l’Europa starà dalla parte degli USA. Ricordiamoci che l’indipendenza degli USA fu imposta all’ Inghilterra dalla Francia vincitrice, con l’aiuto della Spagna. Similmente, non è improbabile che un’autonomia europea risulti da una nuova e diversa ripartizione delle sfere di influenza mondiali.

E’ a questo che l’Europa dev’essere preparata: ad assumere, attraverso la cultura, il controllo di quell’apparato politico, militare e tecnologico che si sta preparando con ben divere intenzioni.

STATO, NAZIONE, EUROPA,  IMPERO, STATO-CIVILTA’

Di fronte ai conflitti mortali che attanagliano l’Umanità, la disputa su Stato e Nazione ingaggiata in questi giorni con Giorgia Meloni da alcuni giornalisti, come Ezio Mauro, appare addirittura surreale.

1.Stato o nazione, una falsa alternativa

Mentre le critiche contro l’attuale premier ruotano intorno ad un’accusa di criptofascismo, l’idea della nazione che prevale sullo Stato (di cui Mauro accusa la Meloni) è esattamente il contrario della tradizionale critica fascista (mussoliniana e gentiliana) verso il nazionalismo, in quanto, per essi, non era la nazione che creava lo Stato, bensì lo Stato che creava la nazione (“Nation Building”). E, comunque, l’impero aveva oramai superato Stato e nazione, come risulta più che mai evidente oggi, quando assistiamo ad un conflitto generalizzato fra le grandi aree del mondo.

2.Un  mondo dominato dai GAFAM e dalle Macchine Intelligenti

Ambedue quelle teorie sono infatti fuori tempo massimo di fronte alla realtà dei fatti di un mondo macchinico che assedia, tanto gli Stati, quanto le Nazioni, e minaccia perfino l’Europa, l’Impero americano e lo Stato-Civiltà cinese. Quando Elon Musk dialoga alla pari con Trump, Putin e Xi Jinping sulla guerra in Ucraina e sul futuro di Taiwan, rischiando di scatenare in America una nuova guerra civile. Quanto gli “spioni” di tutto il mondo, ma prima di tutto americani, hanno costituito dossiers su tutti noi, e in particolare sui nostri politici, per ricattarli e fare scattare scandali a orologeria quando non rispettino le direttive atlantiche.

Con Musk (e con gli “spioni”)possono dialogare alla pari solo la Cina e, forse, gli Stati Uniti e la Russia.I difensori di uno status quo ammantato di retorica “democratica” (è il caso di Mauro) si preoccupano del “nazionalismo democratico” di Meloni che avrebbe la colpa di tracciare i propri limiti  sulla base di “tradizione”, “pratica religiosa”, “famiglia”, “identità culturale”, non già sul “patriottismo costituzionale”. Invece, non si rendono conto  che, né l’uno, né l’altro, può sopravvivere in un mondo governato centralmente dai GAFAM secondo meccanismi tecnici impersonali.Né lo Stato nazionale italiano, né la “nazione” italiana, hanno neppure le risorse intellettuali per partecipare a questo dibattito. Un dibattito che, senza Ippocrate, Cartesio, Pascal, Lessing, Voltaire, Kant, Hegel, de Maistre, Kierkegaard,Dostojevskij,  Nietzsche, Freud, Coudenhove Kalergi, Saint-Exupéry,Drieu La Rochelle, non può neppure iniziare.

Chi spadroneggia nel mondo è l’”Impero nascosto” americano con i suoi GAFAM, a cui possono opporsi soltanto altri imperi di pari spessore.

Seguendo due opposte, ma convergenti, scuole di pensiero, i politici di sinistra e di destra vivono invece in simbiosi con i GAFAM, ne accettano le lusinghe, delegano loro importantissime funzioni pubbliche e di sicurezza, disattendendo sistematicamente sentenze come quelle Schrems, e teorizzando addirittura questo loro comportamento, come ha fatto il garante europeo della privacy, il polacco Wewiòrowski, in base al fatto che“è meglio condividere le informazioni con chi ha gli stessi nostri valori”. Certo, la nostra privacy è in ottime mani.

Abbiamo l’impressione che gli uni e gli altri facciano deliberatamente a gara nel “parlare di altro” per distrarre l’attenzione dell’ opinione pubblica, delle Autorità e delle Forze Armate, dal vero e urgente pericolo che siamo correndo: quello di una guerra mondiale tecnologica combattuta, sul territorio europeo, dalle Macchine Intelligenti dei due blocchi, senza che l’Europa si possa difendere, ma, anzi, essendo invasa da bombe atomiche e droni assassini altrui, attirati dalle basi NATO e dalle testate nucleari che queste contengono. Peggio che ai tempi della Guerra Fredda, la cui definizione ufficiale era “coesistenza pacifica”, ed era davvero più “pacifica” dell’ attuale “Terza Guerra Mondiale”.

Da questa prospettiva non ci può salvare, né lo Stato nazionale italiano, semplice “clone” dello standard “occidentale”, né la “nazione” moderna, espressione, secondo le idee di Fichte, Herder e Mazzini, del generale moto verso il “Progresso”, che ci hanno invece portati alla “Guerra nell’ Era delle Macchine Intelligenti”. Ci vuole un’ Europa che, come l’India e la Cina, ricostruisca, in modo moderno, gli antichi Imperi in cui si erano incarnate le sue variegate tradizioni, divenendo essa stessa uno “Stato-Civiltà”, e dando così il proprio contributo, originale ma non egemonico, alla definizione del futuro del mondo.

L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

NELLA TERZA GUERRA MONDIALE

Uno dei recenti libri più preveggenti e premonitori sull’avvenire dell’ Umanità è stato“La guerra al tempo delle macchine intelligenti” di Manuel De Landa, del 1991.

L’Autore, partendo dalla “teoria del Caos”, descrive, in modo assolutamente originale (anche se ispirato, in ultima analisi, da Eraclito), la storia umana come una storia di armi, intesa cioè come l’evoluzione, con una forma di parassitismo, delle macchine dal comportamento umano, e, in particolare, dal comportamento bellico.

Le macchine sono sempre state prioritariamente armi, dall’amigdala, all’ arco, alle armature, alle armi bianche, fino a quelle da sparo, ai veicoli, e, finalmente, alle macchine intelligenti, anch’esse nate come sottoprodotto dei finanziamenti pubblici per la Difesa (il DARPA, fondatore di DARPANET, alias Internet).

In questi ultimi 30 anni, le macchine hanno fatto progressi da gigante, incominciando a sostituirsi agli umani in molti compiti, a cominciare da quelli bellici. Con questa “Guerra Mondiale a Pezzi”, il “Phylum Macchinico” (come lo chiama De Landa) incomincia a orientare il comportamento degli umani, innanzitutto influenzando le elezioni, e, poi, guidando le strategie belliche, commerciali e finanziarie.

E’ significativo che i vertici delle società informatiche (che potrebbero essere visti come degli “ambasciatori del Phylum Macchinico”) svolgano un ruolo sempre più importante nella politica americana, e, di riflesso, riescano ad incidere in modo decisivo anche sui Paesi occidentali  influenzati dalle scelte americane. Ultimi casi, la presunta corruzione dei vertici di Sogei da parte del gruppo Musk, come pure l’acquisizione, da parte di un fondo americano, della principale impresa robotica italiana.

1. l’Intelligenza Artificiale in Ucraina, Palestina e Iran

Nel frattempo, le guerre in Ucraina e nel Medio Oriente proseguono con un ampio utilizzo dell’intelligenza artificiale, e, in primo luogo, dei droni assassini, usati tra l’altro nell’ uccisione mirata di leaders politici o militari avversari (in cui eccelle Israele, ma anche Hamas ci sta tentando).

Come è oramai  abbastanza chiaro a tutti, il rischio che le armi guidate dall’intelligenza artificiale sfuggano di mano è elevatissimo, anche perché esistono compiti di tecnica militare (come la programmazione e la guida di scenario, come la sorveglianza contro attacchi imprevisti, come l’antiaerea – pensiamo all’ “Iron Drome” israeliano-), che sono oggi svolti quasi esclusivamente da macchine intelligenti, il cui funzionamento, specie in condizioni di stress, non sempre è ineccepibile, così come aveva dimostrato plasticamente già  nel 1983 il fallimento del sistema sovietico “OKO”.

Per questo motivo, per quanto importanti possano essere i vari settori di applicazione dell’algoretica, e le diverse discipline giuridiche che sono state escogitate per farvi fronte, nessuno di esse supera per rilevanza il settore Difesa. Anche perché, con l’abbandono della Coesistenza Pacifica e dei Trattati per il Controllo degli Armamenti,  l’entrata in campo di nuovi attori, i missili ipersonici e la proliferazione nucleare, gli scenari bellici divengono sempre più indecifrabili, rendendo quasi impossibile il compito degli strateghi “umani”, come illustrato brillantemente da Eric Schmidt ai vertici dell’aeronautica militare americana.

al Circolo dei Lettori di Questo tema è stato illustrato e discusso Torino il 28 ottobre da Francesca Farruggia, dell’ Università di Roma 1 e da Ettore Greco, vice-Direttore dell’IAI.

Il risultato del dibattito è stato piuttosto sconfortante.

Innanzitutto, gli oratori hanno constatato  che, purtroppo, negli ultimi decenni, la situazione del controllo degli armamenti si è deteriorata per una serie concomitante di sviluppi: il deterioramento dei rapporti fra Ovest, Est e Sud del Mondo; i conflitti armati in corso; la maggior efficienza delle armi di distruzione di massa (in particolare i missili ipersonici e i droni di tutti i tipi). Ciò ha portato all’ uscita, da parte delle grandi potenze, dalla quasi totalità dei trattati per il controllo degli armamenti. Le discussioni in corso presso le Nazioni Unite e il Consiglio d’Europa, a cui si riferisce il nostro libro “La regolamentazione internazionale dell’Intelligenza Artificiale”

2.L’esigenza di nuovi trattati internazionali sull’Intelligenza Artificiale nel settore della Difesa

Il principio basilare del controllo umano, sancito dalle scarse norme esistenti in materia, diviene sempre più evanescente di fronte a guerre nucleari che si potrebbero concludere anche solo in pochi minuti. Questo ha reso l’uso dell’ Intelligenza Artificiale inevitabile. Probabilmente, il controllo va spostato alla fase della programmazione, ma l’esito diventa sempre più aleatorio. Probabilmente, occorrerà tonare a limitazioni delle disponibilità di certi tipi di armi di distruzione di massa.

Nello stesso tempo, nonostante l’intercessione in tal senso da parte di eminenti personaggi super partes – come  il Papa Henry Kissinger(poco prima della sua morte), e, infine, il Segretario generale delle Nazioni Unite, Guterres-, i negoziatori dei nuovi trattati internazionali sono lontanissimi dall’ estendere al settore Difesa (ma perfino a quello delle grandi piattaforme) gli atti normativi sull’ IA in discussione di fronte al legislatore europeo e internazionale.

Addirittura, quello che è in discussione alle Nazioni Unite sarebbe un trattato molto limitativo, limitato all’ uso bellico dei soli droni. Eppure, anche questo trattato è fermo da moltissimi anni.

In questa situazione, vi è, parallelamente alla corsa agli armamenti, anche quella all’ Intelligenza Artificiale. Ciò che è più preoccupante è il fatto che, fra i “vantaggi” dei robot, vi è anche e soprattutto quello di essere in grado di sopravvivere anche in condizioni ambientali che sarebbero esiziali per gli umani, primo fra questi, quello della guerra NBC (la “Guerra Nucleare, Batteriologica e Chimica”), il che rende sempre più realistico lo scenario della sostituzione dell’uomo con le macchine in occasione della guerra in corso, e grazie ad essa.

Infine, desta preoccupazione anche il fatto che molte delle ideologie più in voga (a cominciare dal Postumanesimo, per continuare con la “Fine della Storia”, fino ai diversi integralismi religiosi), abbiano un’origine e una matrice prettamente apocalittiche, dove l’Apocalisse, coerentemente con le sue radici zoroastriana e biblica, non costituisce un evento traumatico e isolato, bensì un processo che avvolge tutta la storia,e che è, per alcuni, positivo, e, per i più, inevitabile. Ciò restringe sempre più il ruolo riconosciuto al Libero Arbitrio, già soffocato dalle teologie protestanti, e, poi, dalle impostazioni scientistiche, secondo cui non esisterebbe la libertà umana, in quanto ogni azione sarebbe preordinata da natura, genetica, storia, economia e medicina.

3.E’un pericolo evitabile?

Certo, neppure le tesi di coloro che credono che l’umanità possa determinare, almeno parzialmente, la propria sorte, sono esenti da contraddizioni. Intanto, normalmente si tratta di scettici, che, in coerenza con le idee di Wittgenstein, Heisenberg, De Finetti e Feierabend, non credono di avere alcuna garanzia che le proprie azioni possano avere un qualsivoglia impatto sulla realtà. In secondo luogo, negando che vi sia alcuna comunicazione fra essere e dover essere, non possono fondare le proprie scelte su nulla. In terzo luogo, quand’anche essi ravvisino la radice dei comportamenti umani a elementi irrazionali, come l’istinto, l’intuito, la fede o il sentimento, non possono chiamare questo “libertà”, perché anche in questi casi gli umani sono più trascinati che non attivi.

Vi è una contradizione fra l’onnipotenza e l’onniscienza di Dio.

Forse, l’unico fondamento credibile in un mondo relativistico è costituito dall’ identità, elemento contestato fin dal suo”scopritore”, Hume, ma sempre risorgente sotto nuove forme, individuali o collettive, quale ragion d’essere misteriosa ma efficiente del comportamento di persone, gruppi e popoli. Ciò che ci spaventa delle Macchine Intelligenti è proprio che esse ci tolgono l’Identità. Se i nostri comportamenti sono sempre più conformati da meccanismi impersonali e comunque non umani, dove vanno a finire la nostra unicità, i nostri legami, le nostre tradizioni? Questa è la grande paura a cui si danno molti e contraddittori nomi: nichilismo, comunismo, relativismo, globalizzazione, capitalismo…

I più cercano di convincerci che la tecnica è “neutra”, nel senso che se ne può fare tanto un uso “buono” (per esempio, alleviare le malattie) quanto un uso “cattivo” (per esempio, bombardare). Non condividiamo questo semplicismo. La tecnica è “antiumana” per il fatto stesso che mira a  sostituirci. Questo è “un bene” per coloro che da tempo predicavano la necessità di  cancellare l’Umanità (i primi buddhisti, Teilhard de Chardin, forse Nietzsche), ma non lo è per coloro che credono che l’istinto di auto-conservazione (“Selbst-behauptung”) sia legittimo, e, forse, provvidenziale.

Così come ci risulta difficile comprendere come possa funzionale la libertà umana, altrettanto difficile sembra immaginare come si possa por fine a questa corsa verso l’autodistruzione. Alcuni affermano, facendo seguito, chi al determinismo marxista , chi alla teoria dello sviluppo di Rostow, che è impossibile frenare lo sviluppo tecnico, e che non resta che adeguarsi (l’”Uomo Antiquato” di Anders; l’”Anarca”di Juenger). Altri, come Heidegger, pensano che solo una Teofania (l’”Evento”) possa salvarci.

Questi dubbi filosofici spiegano forse la difficoltà di convincere l’opinione pubblica e le autorità ad impegnarsi in questa materia, tanto sul piano teorico (cercando di trovare una teoria convincente su quanto ci sta accadendo), e sul piano pratico (cercando di delineare dei percorsi per la fuoriuscita da questo pericolo).Infatti, è facile scoraggiarsi di fronte all’ enormità della sfida e alla vaghezza delle idee in proposito

Nessuno nega la difficoltà  di questo compito, specie per una popolazione deresponsabilizzata da decenni di propaganda, di partitocrazia, di burocrazia, di declino economico. Eppure, se mai vi fu l’esigenza di un impegno pubblico, questo è ora. I pericoli della Bomba, del surriscaldamento atmosferico, delle migrazioni incontrollate, sono nulla in confronto al pericolo di una guerra totale accompagnata dal sopravvento delle Macchine Intelligenti.

4.La nostra campagna

Buona parte delle nostre attività ruotano intorno a questa problematica:

a)la cultura contemporanea offre strumenti per progettare il futuro?

b)Vale ancora il principio che “è meglio che vi sia qualcosa piuttosto che non vi sia nulla?”

c)Quale forza può restituire all’ Umanità ormai insterilita la motivazione a vivere e a svilupparsi?

d)Un adeguato mix di culture mondiali può supplire al nichilismo di quella occidentale?

e)In che modo trarre profitto dall’auto-affermazione del Sud del Mondo per ringiovanire il dibattito filosofico?

f)Quale apporto può fornire l’Europa a questo dibattito?

g)Come può l’Europa portare avanti questo contributo nonostante la sua debolezza geopolitica e militare?

h)Come giocano in tutto questo le lotte politiche all’ interno degli Stati Uniti?

i)I BRICS e le Nazioni Unite possono esercitare un ruolo proattivo davanti allo spadroneggiare dei GAFAM nei Paesi occidentali?

l)Quali contenuti dare ai trattati internazionali in gestazione, per colmare le intollerabili lacune in materia di Intelligenza Artificiale Militare e di predominio incontrastato dei GAFAM?

Per questo abbiamo redatto il documento di lavoro “La regolamentazione internazionale dell’ Intelligenza Artificiale” .

Invitiamo tutti a dare il loro contributo di idee e di azione.

5.”Non copiare”?(cfr.Francesco Giavazzi, Corriere della Sera)

Per quanto  vari aspetti dell’ Intelligenza Artificiale che ad altri sembrano essenziali (come roboetica, transizione verde, arretratezza europea) siano messi in ombra, a nostro avviso, dall’ incombere della Terza Guerra Mondiale, purtuttavia, quest’ultima ha anche un impatto così onnipervasivo, da condizionare tutti i settori della vita umana, e, in primo luogo, la competizione economica mondiale, che anche quest’ultima, all’ alba della Singularity, non può essere descritta se non come una “guerra economica”.

Senza perderci in complesse elucubrazioni teoriche, vorremmo ricordare alcuni esempi nella storia industriale piemontese, in cui si vede che, a dispetto delle consolanti “grandi narrazioni” dell’ “establishment”, l’avanzamento tecnologico nel XX° secolo è stato strettamente legato a fattori bellici. Incominciando dal sostegno della RIV all’esercito russo zarista già nel 1912, allo “spezzatino” della SKF ordinato dall’ antitrust americano, dal ruolo determinante esercitato sullo sviluppo di Torino dal contributo della Fiat allo sforzo bellico, nella guerra italo-turca, nella 1° e nella 2° guerra mondiale, per passare ai ruoli di intelligence dell’ Ing. Olivetti e alle singolari circostanze della morte sua e del Prof.Chu, “padre” dell’ informatica Olivetti, come pure all’ importanza del militare e dell’ aerospaziale per FIAT Avio e Alenia, con collaborazioni tanto con la Russia, quanto con l’Ucraina.

La politica di privilegiare il “copiare” rispetto all’ “inventare” risale proprio alla subordinazione dell’economia italiana ai grandi gruppi internazionali, che sta dietro al delitto Matteotti, come alla cancellazione dell’ Olivetti informatica, agli accordi nel settore aerospaziale, al boicottaggio dei campioni europei, come Concorde, Auditel, Airbus, EADS…

Gli Americani, divenuti dominanti, non potevano accettare di essere secondi a un loro “alleato” in nessun campo, come si vide con l’inspiegabile ordine dato alla General Motors di comprare (per chiuderla), la Olivetti elettronica proprio mentre stava realizzando (clandestinamente, sotto la nuova governance americana), di 44000 personal computers al mercato americano.

Il timore di fare la fine di Olivetti e di Mattei ha spinto gl’imprenditori italiani verso una politica di bassissimo profilo. Ricordo un’indagine all’ interno del  Gruppo FIAT, in cui i 12 Capi-Settore avevano risposto unanimemente che era meglio copiare che non inventare. Ricordo anche il grande stupore di tutti quando avevo intrapreso un’indagine simile all’ interno del Settore Componenti, basata su una raccolta di dati sulle licenze attive e passive, da cui risultava che, contrariamente ai miti correnti, le società del settore ricevano, per brevetti e know-how, più canoni di quanto ne pagassero a terzi. Evidentemente, la paura di ritorsioni aveva spinto tutti, anche coloro che la proprietà intellettuale l’avevano, a nasconderla accuratamente. Ma, come scrive Giavazzi sul Corriere della Sera, “Quando un’economia raggiunge la frontiera della tecnologia, ‘crescere per imitazione’ ,non è più possibile: bisogna innovare, saperlo fare”.

Orbene, non è che gl’Italiani non lo sappiano fare, è che gli si è impedito di farlo, e per un periodo così lungo, che essi vi si sono veramente disabituati.La frontiera della tecnologia la si era raggiunta molto tempo fa, con i primi motori a reazione e i primi computer, che si è manovrato in modo che restassero per sempre appannaggio degli USA, o, qualche volta, degli Anglosassoni in generale, sempre per mantenere l’Europa sottomessa. Pensiamo per esempio ai cacciabombardieri Tornado e Typhoon, o ai motori Safran, co-prodotti con imprese americane e inglesi con formule di “risk and revenue sharing” in cui il “lead partner” è sempre stato un’impresa anglosassone.

Ancor peggiore è la situazione nell’ informatica, in cui,60 anni dopo i primi computer Olivetti, imprese europee di dimensioni apprezzabili non ce ne sono ancora, e i Governi trattano sempre (in modo poco trasparente) con i  soli GAFAM.

La soluzione suggerita da Gavazzi è quella sempre adottata in realtà in questi 80 anni: dare incentivi a imprese (o filiali) localizzate in Europa (ma magari di proprietà americana), per progetti americani (basti pensare a tutto il settore aeronautico). L’incremento della spesa militare  conseguente alla guerra in Ucraina non ha fatto che peggiorare questa situazione, a causa della gran massa di acquisti diretti negli USA (magari con i soldi del PNRR). E questo proprio quando il Parlamento Americano, con l’Inflation Reduction Act, ha fatto proprio l’obiettivo del Senatore Shumer, quello di “mettere fuori mercato il mondo intero”.

Cosa che si sta realizzando puntualmente (ma nei soli paesi occupati dagli USA, come Germania-vedi VW-, Europa e Giappone), mentre il resto del mondo (p.es., Cina, Paesi Arabi, Russia) sta procedendo a gonfie vele.

DALL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE ALL’ UCRAINA: LA GUERRA CIVILE TECNOLOGICA

Uno dei pochi pregi di  questi Anni ’20 del XXI° Secolo è stato quello di aver portato in superficie le contraddizioni dell’età postmoderna, e, questo, soprattutto, nella nostra Europa:

-Prima contraddizione- la neutralità della tecnica, demitizzata dalla politicizzazione dell’ informatica

-Seconda contraddizione- la Fine della Storia, demitizzata dalla “Guerra senza Limiti”

-Terza contraddizione- la Pace Perpetua, demitizzata dalla guerra ormai millenaria in Palestina

Alla fine del secolo precedente ,era stata diffusa l’idea che l’economia sarebbe stata la forza trainante della politica, e ciò avrebbe reso la vita di tutti più semplice e pacifica. Ciò era stato interpretato,  al tempo dell’ “egemonia culturale della sinistra”, come equivalente ad un preteso “carattere irreversibile del socialismo”, in quanto il marxismo avrebbe risolto in senso materialistico l’”Enigma della Storia”; poi, dopo la caduta del Muro, come il convergere di tutto il mondo sul modello consumistico (l’”Uomo a una Dimensione”), e, infine, dopo le Guerre del Golfo, come il sigillo del prevalere definitivo del sistema occidentale: la “Fine della Storia” teorizzata dal primo Fukuyama.

Negli ultimi decenni, si è visto invece che la storia, lungi dall’essere terminata, si è messa a correre più che mai, con  l’Islam politico, la Società del Controllo Totale, il multipolarismo, i GAFAM, le guerre in Irak, Afghanistan, Georgia, Siria, Libia, Yemen, Ucraina, la Via della Seta….In questa storia rinnovata, l’informatica svolge non casualmente un ruolo centrale, con la Transizione Verde, i Droni, i Missili ipersonici, l’Intelligenza Artificiale, Echelon, Prism, Snowden, Assange, l’invasione di campo nella politica da parte di Kurzweil, Zuckerberg, Schmidt, Musk, Jack Ma…

In particolare, il  Ventunesimo si annunzia, non già come la Pace Perpetua, bensì come un secolo di conflitti immani. Avevamo infine subito per tutto questo tempo un indottrinamento martellante circa il fatto che, grazie alla IIa Guerra Mondiale, all’Alleanza Atlantica e all’ Unione Europea, saremmo alfine pervenuti a quell’era fortunata, profetizzata nell’ Apocalisse e laicizzata da Kant e da Hegel, in cui, finiti tutti i conflitti, l’unico fatto rilevante per il divenire umano sarebbe stato lo sviluppo della scienza e della tecnica (la “Posthistoire” di Kojève e di Gehlen). Invece, non solo i conflitti ancestrali, come quelli palestinese-israeliano (che ha radici nella Bibbia), indo-pakistano (dei tempi delle invasioni islamiche) e greco-turco (che risale alla caduta di Costantinopoli), non hanno cessato d’infuriare in sempre nuove forme, ma perfino nel cuore dell’Europa si è riacceso ora più che mai, prima in Transnistria e in Georgia, e,  poi in Ucraina,  uno scontro fra la Russia e l’ Occidente, che rischia, secondo le stesse dichiarazioni dei protagonisti,  di degenerare in una Terza Guerra Mondiale combattuta con armi atomiche.

Si tratta di una trasversale “guerra di religione”, fra i seguaci di un’interpretazione immanentistica e deterministica dell’Apocalisse e i sostenitori di una concezione “aperta” della storia, che si apparenta alla Seconda Lettera di San Paolo ai Tessalonicesi, ma anche alle concezioni cicliche della storia, indica e sinica. Essa può anche essere definita, come avevano scritto dei generali cinesi, come una “Guerra Senza Limiti”, combattuta in tutti i campi della convivenza umana: teologia, cultura, società, scienza, tecnica, politica, economia…ma anche “sul campo di battaglia” (per usare un termine tornato drammaticamente di moda).

Sul  “fronte europeo”  di questa guerra combattono, dunque, da un lato, l’”ideologia californiana”, sintesi fra provvidenzialismo puritano e transumanesimo (incarnatasi nella NATO e nella UE), e, dall’ altro, l’idea paolina del Katèchon, tramandataci da Ottone di Frisinga, Timoteo di Pskov, von Baader, Dostojevskij, Soloviov, Schmitt , Pietro Barcellona,  e, per ultimi, Dugin e il Patriarcato di Mosca. Esso si presenta dunque qui come una Guerra Civile, anzi, la prosecuzione  (in termini più radicali) delle due Guerre Mondiali, già definite appunto, da Ernst Nolte, come “Guerra Civile Europea”. Infatti, sono europei tanto la Russia, quanto l’Ucraina, tanto i filo-americani, quanto i “sovranisti europei”. Anche ideologicamente, vengono mobilitati Cosacchi e Chiese ortodosse, la Terza Roma e l’Europa delle Nazioni, l’ebraismo internazionale e il Parlamento europeo….

Questa paradossale coincidenza fra le due parti in conflitto, che addirittura si confondono e si scambiano i ruoli, rende questa vicenda particolarmente dolorosa. Basti ricordare come le opere letterarie classiche (Nestore di Kiev, il Canto della Schiera del Principe Igor, Mazeppa, la Fontana di Bahcisaray, Taras Bul’ba, l’Armata a Cavallo..) non facciano alcuna distinzione fra i due Paesi in guerra oggi in guerra. Oppure guardare qualche puntata del serial “Sluga Naroda”, che ha costituito la singolare “campagna elettorale” dello Zelenskij attore comico. Nel serial, tutti, a cominciare da Zelenskij stesso, allora esclusivamente russofono e perfino ignaro dell’ Ucraino, parlavano russo, e, quando qualcuno si azzardava anche soltanto a parlare con accento ucraino, veniva sbeffeggiato da tutti nella sala del Consiglio dei Ministri di Kiev.

Quella dolorosa sensazione è ancor più acuita dalla confusione che si è riscontrata all’ Europarlamento sulla votazione circa l’autorizzazione all’ Ucraina all’uso delle armi occidentali contro il territorio russo, che ha dimostrato ancora una volta, qualora ce ne fosse bisogno, che, sulle grandi questioni storiche, l’”establishment” non ha un progetto per l’ Europa, e si lascia guidare, chi dal servilismo verso gli USA, chi da un ben motivato timore per le basi americane in Italia che custodiscono bombe nucleari, chi, infine, da riflessi condizionati del tempo della Guerra Fredda.

1.Fine degli  equivoci europei

Il crollo dei tre miti, quello dell’egemonia dell’economia, quello della Fine della Storia e quello della Pace Perpetua, ha comportato automaticamente  la perdita di credibilità delle Retoriche dell’Europa quali consolidatesi dopo la caduta del Muro di Berlino. Il progetto di integrazione europea quale delineatosi nell’ immediato Dopoguerra conteneva in effetti un elevato grado di ambiguità. Da un lato, la tradizione europeistica “alta” risalente a Ippocrate, Erodoto, Strabone, Eginardo, Dante, Dubois, Podiebrad, Sully, Saint-Pierre e Coudenhove-Kalergi, che vedeva l’ Europa unita come un’esigenza permanente di carattere geopolitico (una “Translatio Imperii” parallela a quelle della Cina e dell’ India, incarnantasi nell’”Ancienne Constitution Européenne” di Tocqueville). Dall’altra, l’ideologia della Fine della Storia, incarnatasi nel messianismo persiano ed ebraico, nel provvidenzialismo imperiale romano, nel gioachimismo, nella “Dissidence of Dissent” protestante  (Anabattismo, Komensky, Puritanesimo),nella filosofia tedesca ( Kant, Hegel, Marx, Nietzsche), nel One-Worldism di Willkie e di  Benda, nella teologia materialistica di Teilhard de Chardin, nel funzionalismo di Mitrany e di Haas, nello storicismo di Kojève e perfino nel federalismo di  Spinelli e, soprattutto, di Albertini.

In una prima fase, che va dalla fondazione di Paneuropa da parte d Coudenhove Kalergi (1923) fino alla Dichiarazione di Copenhaghen del 1973 sull’Identità Europea, caratterizzato dall’ opera di Coudenhove Kalergi, Simone Weil, Duccio Galimberti, Altiero Spinelli, De Gaulle, Schuman.., le due tradizioni si erano equilibrate in un modo che tutto sommato corrispondeva alla “Ragion di Stato europea” delle Comunità Europee, stretta fra ortodossia atlantica e “modello sociale renano”.

Invece a partire dagli Anni Novanta, sotto l’influenza congiunta della “Lunga Marcia attraverso le Istituzioni” del Sessantottismo, teorizzata da Rudy Dutschke, dell’ Ideologia Californiana e del massiccio afflusso di reduci dal Socialismo Reale (come la stessa Merkel), s’impose sempre più la visione della costituenda  nuova Unione Europea quale Fine della Storia, una visione parallela all’ideologia americana della Singularity Tecnologica, ambedue eredi dell’egemonia culturale marxista, che non poteva però più coniugarsi con il blocco del Socialismo Reale.

Il confluire di queste tendenze nichilistiche stava (e sta) portando l’Umanità, e comunque, l’Occidente, verso l’autodistruzione, generata dalla sostituzione dell’uomo con le macchine, passando per il nichilismo, il moralismo, il razionalismo, l’egualitarismo, la burocrazia, il Worldwide Web, Prism, l’ideologia gender, il Manifesto Cyborg, la Società del Controllo Totale, il Pensiero Unico, il Politically Correct, la bioingegneria…Sembrava certo che, come profetizzato  da Kurzweil, l’”Ultimo Uomo” nietzscheano avrebbe passato le consegne alle “Macchine Spirituali”, vero “Uebermensch”, e queste avrebbero “deciso il destino dell’ Universo”, come scriveva, appunto, Kurzweil. Solo alcuni, isolati, autori (come Simone Weil e Pietro Barcellona ), avevano visto invece ”, sulla scia di Dostojevskij, l’ Europa quale punto di partenza per un rovesciamento della prospettiva modernistica (l’”Europa quale Katèchon).Una base, ahimè, troppo ristretta per fondarvi un vero movimento politico o anche culturale. In generale, prevaleva il pessimismo culturale (il “Mito Incapacitante”: Huxley, Asimov, Heidegger, Anders, Guénon, Evola, Zolla), finché, dal “di Fuori”, per dirla con Roberto Esposito, non sono venute le spinte che stanno sconvolgendo i termini della questione.

Il richiamo, fatto da Giorgia Meloni alla consegna del Global Citizen Award, al “Tramonto dell’ Occidente” è  quindi anacronistico. Quel celeberrimo libro di Spengler si riferiva in realtà alla fine dell’ Occidente Europeo,  che coincideva con l’inizio dell’ Occidente Americano, quale celebrato nel curriculum della Columbia University sui “Western Studies”. Il declino di oggi è invece quello dell’Occidente Americano, che, come diremo in conclusione, potrebbe essere una splendida occasione per la rinascita dell’ Occidente Europeo. Non è che gli Europei, contrariamente agli Americani,  “si vergognino delle loro tradizioni”: essi si rendono semplicemente conto che queste (eccellenza, cultura alta, differenza) non sono le stesse dell’America (egualitarismo, “midbrow”, omologazione). Mentre il “patriottismo europeo” è un sentimento costruttivo e necessario (per quanto raro, e, quasi, casuale), il preteso “patriottismo occidentale” di nuovissimo conio è una trappola, che permette agli omologatori e alle Macchine Intelligenti di calpestare le nostre identità. Quello italiano infine, non può “funzionare” nella storia se non è parte di quello europeo.

2.Le metamorfosi del “Sud del Mondo”

Nel periodo che va dalla Conquista dell’ America alla creazione dell’Unione Indiana e della Repubblica Popolare Cinese (nel 1949), i popoli del Sud del Mondo, e, più in generale, quelli “non occidentali”, avevano subito la storia in modo essenzialmente passivo, dalla festa avvelenata ordita da Pizarro contro gl’Incas (cfr. Blas Valera, Exsul Immeritus), alla Tratta Atlantica, alla distruzione delle Reducciones, al Trail of Tears, alle Guerre dell’ Oppio, all’Assedio di Delhi, allo Stato Libero del Congo, alla dissoluzione degl’imperi ottomano e russo, fino alle bombe di Hiroshima e Nagasaki.

Oggi invece essi si pongono quale elemento propulsivo della cultura e dell’economia mondiale.

E’ vero che i “14 Punti” di Wilson, la Conferenza di Baku dell’ Internazionale Comunista e la “Sfera Asiatica di Co-prosperità” del Giappone avevano già affermato il principio della decolonizzazione, ma si trattava sempre e soltanto di spinte “umanitarie” dei nuovi Stati emergenti del Nord del Mondo, per portare dalla loro parte i popoli coloniali, sostituendo, al “colonialismo” classico, il “neo-colonialismo”.

Invece, con la creazione della Unione Indiana, della Repubblica Popolare Cinese e, perché no, anche di Israele, e con il classico “Dialettica dell’ Illuminismo” di Horkheimer e Adorno,  iniziava ad affermarsi il principio della “Teshuvà” (Leo Strauss), del “ritorno” alle civiltà tradizionali. Il Mahatma Gandhi era vestito come un Sadhu dell’ India Meridionale, e usava l’arcolaio (oggi sulla bandiera dell’ India), metafora del “Cakravartin”, l’imperatore universale Hindu. La sua evoluzione ideologica era iniziata dalla lettura del Bhagavad Gita (il “Canto dell’ Illuminato” del Mahabharata); la sua prima opera programmatica, “Hind Swaraj”(“L’Indipendenza dell’ India”) partiva dal rifiuto della civiltà occidentale moderna..Anche l’inno della RPC incomincia con le parole 起来!不愿做奴隶的人= alzatevi voi che non volete essere schiavi!”

Inizia così la fase storica della vera e propria “decolonizzazione”, che avrà, come punti salienti, le rivoluzioni nazionali arabe e africane. Alla Conferenza di Bandoeng, il Sud del Mondo si identifica con i “Paesi non Allineati” e con la Cina. Tuttavia, questo movimento è ancora caratterizzato dall’ essere quei Paesi “in Via di Sviluppo”, per cui vi si destinavano programmi internazionali, appunto, di aiuto allo sviluppo. E’ solo con il crollo dell’Unione Sovietica che la Cina assurge a modello privilegiato per i Paesi non occidentali, e che la Russia intraprende un percorso di trasformazione, che la spinge,  alla fine, a porsi come  vertice ideologico del movimento di opposizione alla modernizzazione, riallacciandosi così alle tesi  di Roma “Terza Roma” e alle profezie di Soloviov sull’ Anticristo. Nello stesso tempo, l’ascesa delle “Tigri Asiatiche”, e, poi, le “Nuove della Via della Seta” promuovono il sorpasso dell’Asia sull’ America quale centro economico e tecnologico del mondo, sospingendola alla ricerca di “Valori Asiatici” comuni quale contrappeso a quelli “Occidentali”.

C’è solo da chiedersi  (come affermava alla TV russa Viaceslav Nikonov) se non sia un po’ paradossale che la Russia, il Paese nordico per eccellenza, si proponga come leader del Sud del Mondo.

La guerra generalizzata in corso in Ucraina, Medio Oriente e Sahel, che rischia in ogni momento di estendersi al Mar della Cina, e, quindi, al mondo intero, costituisce l’occasione in cui i ciascuno dei due contendenti: la NATO e il Sud Globale,  rivelano in modo palese (anche se tutt’altro che esaustivo) le loro rispettive motivazioni, che vengono ricondotte soprattutto alla “lotta per il riconoscimento”. Il “Sud Globale” contesta all’ Occidente (e soprattutto agli Stati Uniti), di pretendere,  pur rappresentando poco più del 10% della popolazione mondiale , di negare, in teoria come in pratica, ogni  legittimità alla gran varietà di culture del mondo( fra cui anche l’ Europa), considerate semplice “preistoria” dell’ America. A sua volta, l’”Occidente”, nelle sua due varianti -imperial-progressista e isolazionista-populista- insiste nel suo “eccezionalismo”(che si traduce nell’ “eccezionalimo americano”). Le “regole” tanto invocate dall’ Occidente, si rivelano essere quelle che tutelano, come ha detto Boris Johnson, l’egemonia occidentale, e vengono perciò regolarmente disattese quando a fruirne  potrebbero essere gli “altri”: pensiamo ad esempio all’ “autodeterminazione” dell’Europa dall’ America, della Catalogna dalla Spagna, del Donbass dalla Russia, della Palestina da Israele, che viene respinta quali lesione dell’ integrità territoriale di Stati sovrani nell’ ambito dell’ intoccabile Ordine Mondiale postbellico, mentre simili concetti non sono valsi per gli Stati Uniti nei confronti dell’ Inghilterra, degli Stati italiani pre-unitari invasi dal Regno di Sardegna, del Kossovo  sottratto alla Serbia, di Timor Leste e del Sudan Meridionale. Del resto, l’intero diritto internazionale si regge sulla consuetudine e, in sostanza, sul diritto del più forte (“ex facto oritur ius”). La maggior parte degli Stati del mondo è di costruzione recente, frutto di compromessi fra le Grandi Potenze e/o di atti fondativi quanto meno equivoci. Dedurne l’esistenza di altrettante “Nazioni” con una loro autonoma missione nella Storia è quindi fuorviante. Si pensi all’ indipendenza degli USA, dovuta in gran parte all’influenza della Francia di Luigi XIV, o a quella della Grecia, concordata fra Russia, Inghilterra e Stati tedeschi, e ambedue fondate su quella “sostituzione etnica” che i pretesi “sovranisti” dicono di voler oggi evitare come il fumo negli occhi.

3.La lotta per l’Intelligenza Artificiale

Della contrapposizione fra “The West and the Rest”, teorizzata già da Huntington in “Clash of Civilisations” non viene posta tuttavia in evidenza la natura più profonda: questa Guerra di Religione fra due ideologie (“democrazie” e “autocrazie”) è in realtà solo l’aspetto exoterico di un conflitto più profondo ed esistenziale, fra, da un lato,  l’Intelligenza Artificiale, e , dall’ altro le culture dell’ epoca assiale (San Jiao, Sanata Karma, cultura classica europea, Religioni del Libro, filosofie dei popoli pre-alfabetici). Infatti, l’Intelligenza Artificiale pretende oramai di costituire l’avvenire stesso del mondo, sostituendo  il mondo umano, e riallacciandosi così alle sette apocalittiche e all’ idea di un Intelletto Attivo/Spirito Assoluto/Superuomo/Punto Omega, secondo cui “L’Uomo è qualcosa che va superato”. Mentre l’”Occidente” (Teilhard de Chardin, Kurzweil) saluta questa sostituzione come il compimento di antiche profezie le varie culture del mondo non intendono affatto  essere “superate”, perché hanno, della storia, una visione ciclica (gli Eoni,il  DaTong), quando proprio non ignorano addirittura (Cinese, Giapponese) il futuro grammaticale, oppure si attengono all’ idea paolina che la Parusìa “verrà come un ladro”, e non va “accelerata”.

Giacché, come affermato da gran tempo da Vladimir Putin, “chi controlla l’intelligenza artificiale controlla il mondo”, è ovvio che questa “guerra di religione” si combatta, in modo sempre più evidente, intorno all’ Intelligenza Artificiale. Già i progetti Echelon e Prism consistevano nel tentativo dell’Intelligence Community americana di avvolgere il mondo intero in una rete digitale capace di controllare ogni singolo movimento dell’ Umanità. Con i Social Networks, questo controllo si era diffuso a livello capillare attraverso le 6 grandi multinazionali americane dell’ informatica (i GAFAM). Come reazione, da un lato la Cina aveva creato le proprie multinazionali (i BAATX, di dimensioni ancor maggiori di quelle americane), e, dall’ altro, l’Unione Europea aveva tentato di mascherare la propria assenza con la pretesa efficacia extraterritoriale del proprio diritto dell’ informatica (il GDPR, l’Artificial Intelligence Act e il Digital Service Act), che però, come hanno dimostrato le sentenze Schrems, non può funzionare    verso i GAFAM per la connivenza delle Autorità europee e nazionali con quelle americane. Del resto, il primo che abbia tentato di applicare in modo extraterritoriale il Digital Services Act una norma (per quanto assurda) del Digital Services Act (il Commissario Breton), si è dovuto dimettere nel giro di pochi giorni  denunziando un preteso complotto contro di lui di Ursula von der Leyen.

I lodevoli principi (difesa della privacy, controllo umano sull’ AI) tradotti così male nella pratica dal legislatore europeo, sono stati invece recepiti in toto dalla legislazione cinese, con la sola differenza che, giacché la legge cinese è applicabile direttamente senza sconti alle multinazionali di quel Paese, ha portato immediatamente ad un’ondata di sanzioni (il “Crackdown sui BAATX”), fino a giungere all’ arresto di Jack Ma, il carismatico guru dell’informatica cinese, ridotto a un “silent partner” dell’impero da lui creato.

A questo punto, la lotta per il controllo dell’ AI si è frazionata in molti rivoli, confondendosi da un lato con la politica interna americana (con Musk che sostiene Trump e la Commissione Europea che pretende di censurare la sua creatura X), e con la guerra in Ucraina (con Musk che prima concede Starlink all’ Ucraina, poi gliela nega), e, dall’ altra, con la politica europea (la campagna, attualmente in corso su pressione delle multinazionali e capeggiata da Mario Draghi, per alleggerire le  ,già inefficaci, norme sull’Intelligenza Artificiale, e l’ennesimo ,ma infruttuoso, rilancio, per esempio, da parte di Roberta Bria, della proposta di creare delle imprese informatiche europee –come se non esistessero già le inefficienti QWANT e GAYA-X, che occorrerebbe intanto far funzionare-).

Oggi, i GAFAM scendono nell’ arena politica  “a gamba tesa”, con Schmidt che dirige ufficialmente la loro lobby al Congresso, Altman in bilico fra gli Arabi e Macron, e Musk che “premia” Giorgia Meloni a Washington, in attesa che Trump gli affidi un incarico di governo. E ne hanno ben d’ondevisto che c’è, una qualche timida mossa da parte dell’antitrust americano che agita per l’ennesima volta lo spuntato spauracchio dello “spezzatino” di Google (cosa che si sarebbe dovuta fare da decenni). Peccato che a nessuno venga in mente di fare un vero “spezzatino” come quello attuato dalla Cina, dove, per ogni servizio reso in Occidente dai GAFAM, c’è un analogo servizio cinese reso da uno o più BAATX, ma con un maggior numero di utenti e con più concorrenza.

La Russia, anche in considerazione delle diverse dimensioni del mercato e della diversità delle lingue, ha percorso un iter intermedio.Già a partire dalla metà degli anni Novanta, essa aveva proposto agli Stati Uniti una bozza di trattato internazionale sulla sicurezza delle informazioni che fu però rifiutata da Washington, in quanto – secondo gli Americani – implicava un controllo statale sui dati nel web (cosa che per altro negli USA è continua, da parte della NSA, come sanno Snowden e Schrems). La Russia propose poi, senza successo, la stessa nozione di sicurezza delle informazioni in seno alle Nazioni Unite (da sempre schierate a fianco dei GAFAM).

Nel 2014, la Russia ha adottato una legge che obbliga tutte le aziende che operano online a mantenere e gestire i dati dei cittadini russi su server locati sul territorio nazionale.. La legge dimostra anche il crescente allineamento politico tra Russia e Cina, dopo la firma di accordi bilaterali che delineano una visione condivisa per il futuro di internet. Uno di questi è l’accordo di cooperazione sulla sicurezza internazionale delle informazioni del 2015: già allora si sottolineò l’importanza di diffondere l’idea di un “internet sovrano”.

Nel 2019,è  entrata in vigore anche una legge che vieta la diffusione online di “fake news” da parte di mezzi di comunicazione di massa e singoli cittadini, simile a quella europea che Breton ha improvvidamente tentato di applicare a Musk e a Trump. Questa stretta legislativa sulla libertà d’espressione può essere spiegata come tentativo per arginare le manifestazioni di dissenso popolare Tuttavia, la guerra in corso dimostra che il controllo su Internet serve, più che ad arginare proteste popolari, ad impedire alle piattaforme ostili di utilizzare i dati degli utenti nazionali, che sono, innanzitutto, una risorsa commerciale determinante, ma, soprattutto, forniscono dati fondamentali sulla preparazione bellica (andamento della popolazione e dell’ economia, consumo di energia e materie prime…, orientamenti dell’ opinione pubblica.. ), che permettono di orientare le azioni belliche nella guerra in corso.

Nonostante questo, la legge russa non prevede ,come quella cinese,  l’isolamento totale dell’ internet nazionale da quello occidentale (e questa può essere la ragione di varie “débacles” nell’ Operazione Militare Speciale, dovute alla cooperazione delle intelligence occidentali), bensì si limita a porre in essere le condizioni per staccarsene in caso di emergenza. Paradossalmente, questa completa frattura non si è ancora verificata, forse perché (anche a causa delle dimensioni del mercato) le piattaforme russe non sono in grado di soddisfare tutte le esigenze degli utenti locali. La collaborazione con la Cina potrebbe colmare questa lacuna.

4.Le Grandi Piattaforme (GAFAM e BAATX) non sono imprese, bensì Stati totalitari

Nei giorni scorsi, il “team” di Facebook ha rimosso un articolo pubblicato sul sito “Nessun dorma” di Franco Cardini e, appunto, condiviso sulla sua pagina social. Franco Cardini ha risposto che “La motivazione iniziale – ‘il post non rispetta gli standard della community’ – risponde al solito refrain di una piattaforma che spesso non si fa scrupoli nel rimuovere contenuti “scomodi” che non rispondono al pensiero unico ma all’opinione individuale, “libera”, espressa altresì in modo civile. Forse nessuno di noi ha ancora veramente capito in cosa consistano ‘gli standard della community’ e quali siano le circumnavigazioni algoritmiche che decidono di rimuovere un contenuto senza troppi complimenti. “

Sul fatto che le piattaforme digitali siano un fenomeno abnorme, che stravolge tutti i concetti sui quali si sono basati fino ad oggi diritto ed economia, sono oramai d’accordo tutti, perfino l’FMI, che suggerisce agli USA di dare più spazio all’ antitrust, imbavagliato da quando, essendo caduto, nel 1989, il Muro di Berlino, i GAFAM hanno potuto esercitare senza limiti (anche e soprattutto a vantaggio della NSA) i loro poteri esorbitanti.

Come ha scritto su Milano Finanza Emilio Cavano, “abbiamo creato mostri. E’ tempo di arginarli.”

Nessuno, per altro, si è curato di descrivere nel dettaglio tutti i settori in cui l’informatica è determinante, e quindi i tipi di diritto con cui dovrebbe venire in contatto, e da cui dovrebbe, ma non viene , essere regolato. Tentiamo qui di farlo noi:

AREE DI ATTIVITA UMANERUOLO ATTUALE DEI GAFAMDIRITTO APPLICABILE
ReligioneLa religione della tecnologia si è sostituita, come previsto da Saint-Simon e Teilhard de Chardin, a quelle tradizionaliDiritto costituzionale. Diritto ecclesiastico
CulturaL’Intelligenza Artificiale si è sostituita a quella umanaDiritto dei mezzi di comunicazione
PoliticaIl web è il principale canale di dibattitoDiritto costituzionale
DifesaL’IT è essenzialmente spionaggioDiritto sul segreto militare Diritto penale militare
EconomiaI GAFAM sono le imprese con il maggior livello di capitalizzazioneLegislazione di banca e borsa Antitrust
FiscalitàI GAFAM sfuggono quasi completamente al fiscoDiritto fiscale internazionale
Liberà di espressioneIl web, divenuto il più importante mezzo di comunicazione, condiziona pesantemente l’opinione pubblicaLegislazione sulla stampa, la censura e le elezioni

E’ impressionante che tutti i politici europei e nazionali intrattengano rapporti strettissimi con i guru dei GAFAM, che palesemente sfruttano il mercato europeo senza dare nulla in cambio, sottraendo all’ Europa  miliardi di dati dei cittadini europei, senza mai neanche porsi la questione che invece si pongono a ragione le autorità cinesi e perfino americane, vale a dire che quei guru contano molto più di loro e hanno assoggettato i loro Stati ad una vera e propria tutela. Una tutela totalitaria, perché essa non ammette concorrenza: si infiltrano nelle nostre menti, le controllano e le censurano, e, comunque, spostano inimmaginabili flussi finanziari fuori dai nostri Paesi.

L’idea che la tecnica sia “neutra” è smentita dai fatti: i guru dell’ informatica sono  dichiaratamente partigiani di una visione del mondo millenaristica, e costituiscono, con le loro idee, le loro alleanze, i loro soldi, le loro lobbies, le loro macchine, dei portatori potentissimi delle ideologie postumanistiche.

5.L’obiettivo dell’ Europa, ma anche delle Nazioni Unite, non può essere la Pace Perpetua

L’esperienza storica dimostra che il conflitto è coessenziale all’Umanità, come affermavano già Eraclito, Bertran de Borns, De Maistre, Nietzsche e Freud. Abolire l’alterità equivale ad abolire l’Umanità, come ben sapeva lo stesso Kant, a torto indicato come il cantore della “Pace Perpetua”. Infatti, come scriveva lo stesso Kant, non si può “raddrizzare il legno storto dell’ Umanità” (Isaiah Berlin). Proprio questo costituisce infatti la Hybris, fonte prima dell’ Eterogenesi dei Fini (Wolff), in forza della quale i comportamenti umani sortiscono normalmente l’effetto opposto a quello perseguito dai loro autori. Ciò che i Greci chiamavano “fthonos ton theon”(“invidia degli Dei”), la stessa che, nella mitologia mesopotamica e nella Bibbia, aveva provocato il Diluvio Universale, e che oggi si manifesta nelle nevrosi, nella disoccupazione tecnologica, nelle Macchine Intelligenti e nella minaccia atomica. Esempio tipico, il tentativo di Serse, descritto da Erodoto nelle sue Storie, di portare la Persia, con la conquista dell’intera Europa, a “confinare con il regno degli Dei”. Una pretesa millenaristica  del mazdeismo ereditata, in Europa, non già dalle culture classiche, bensì dalle eresie delle Religioni del Libro, alle quali si è riallacciata la Modernità.

Per questo motivo, il “Patto per il Futuro” delle Nazioni Unite, appena adottato al Palazzo di Vetro con l’opposizione della Russia e dei suoi alleati e con l’astensione della Cina, suona come l’ennesima kafkiana “grida manzoniana” in un momento in cui centinaia di migliaia di soldati combattono su sempre nuovi fronti e gragnuole di missili, droni e altre armi intelligenti radono al suolo interi Paesi (come la Palestina, il Libano e il Donbass), mentre le potenze nucleari si minacciano reciprocamente l’uso dell’ arma nucleare. Basti, per convincersene, scorrere alcuni paragrafi del documento allegati al presente post.Questo, in palese contrasto con quanto affermato da Giorgia Meloni, che le organizzazioni internazionali non devono costituire un club dove si redigono “documenti inutili”.

Le Organizzazioni Internazionali, e perfino le Chiese, non raggiungeranno nessuno dei loro obiettivi fintantoché seguiranno la retorica di un mondo perfetto, mentre potranno invece essere determinanti se si renderanno conto che, oggi più che mai,  l’obiettivo primario, comune a tutti, è quello di sopravvivere (alla fame, alle bombe, alle macchine intelligenti): obiettivo per altro brillantemente conseguito per molti millenni grazie alle culture tradizionali, e che rischia di andare perduto a causa della frenesia perfettistica imperante, che andrebbe stroncata alla base, con una dottrina totalmente opposta.

6.L’Europa  deve passare dal campo dei fanatici millenaristi a quello della preservazione del Cosmo

Dalla più tenera infanzia, eravamo stati educati a credere a una Grande Narrazione occidentale che partiva dalla centralità del materialismo volgare rivestito di un moralismo ipocrita (la Prima Repubblica, le Comunità Europee); ci spiegava che la Storia è un faticoso percorso dalla scimmia al Superuomo (la “Teoria dello Sviluppo”); che i popoli antichi ed extraeuropei erano arretrati (Fukuyama); che i Moderni e gli Americani sono superiori (Huntington), e che il futuro dell’ Umanità sarebbe stato radioso (Teilhard de Chardin, Kurzweil). Se ci si provava ad obiettare che , mentre noi oggi siamo divenuti incapaci di creare (in tutti i sensi)perché le macchine ci hanno sostituiti,   gli antichi avevano le piramidi e Gilgamesh, il Partenone e Omero, la Bibbia e il Colosseo, l’esercito di Terracotta e il Genji Monogatari, l’Alhambra e la Divina Commedia, l’Ermitage e i Sepolcri, tutti ti “saltavano addosso” in nome del Progresso. Ora, un po’ meno.

Oggi, questa Grande Narrazione si presenta nella sua forma più pura, quella dello “Scontro di Civiltà” teorizzato nel secolo scorso da Samuel Huntigton. Un blocco di parole d’ordine ”auf  nichts gestellt”, per dirla con Goethe,cioè di  assai dubbio significato, messe insieme e ripetute maniacalmente per dare una fittizia illusione di realtà e coerenza: Centralità dell’ Uomo, Libertà, Democrazia, Governo delle Regole, Nazione, Autodeterminazione, Integrità Territoriale, Comunità Internazionale, Multilateralismo.

Ammesso che  avessero originariamente un senso reale, l’hanno perduto con la Guerra Fredda, il crollo dell’ URSS, l’informatica, le Covert Operations…

Oggi, invece, l’”establishment” dovrebbe addirittura esercitare una radicale autocritica, constatando che la scienza moderna ha distrutto la fede nel mondo obiettivo (Wittgenstein, Heisenberg, De Finetti, Feierabend); che lo sviluppo della cultura comporta anche la crescita della violenza (Auschwitz, Hiroshima, Nagasaki); che la tecnologia non sa più come ovviare ai suoi “effetti collaterali” (surriscaldamento atmosferico); che Internet  ci rende stupidi (Nicholas Carr); che l’obiettivo dell’ Intelligenza Artificiale è la distruzione dell’ Umanità (Bill Joy, Martin Rees). Contrariamente a quanto scrive Ezio Mauro su “La Repubblica”, non solo, nel “sistema occidentale”, non siamo mai stati liberi, ma tanto meno lo siamo ora nell’ Era delle Macchine Intelligenti. E’ vero che, come scrive Mauro, l’Intelligenza Artificiale e la guerra stanno anche stravolgendo concetti che parevano consolidati – nel caso specifico, quello di libertà-. Ma questo stravolgimento era in corso da gran tempo nella cultura “mainstream”, per esempio con l’attribuzione di  una connotazione di libertà a delle Rivoluzioni Atlantiche violente e genocidarie (pensiamo al colonnello Lynch, alle stragi di Lione); a movimenti nazionali non condivisi ed invece eterodiretti, per esempio dal Governo inglese, dalla Loggia Ausonia, dai finanziamenti occidentali a Mussolini…

A partire dalla Rivoluzione Americana e fino ad oggi,  veniva considerato ovvio che qualunque impegno civico, a sinistra come a destra, fosse volto verso una “società ideale”, con più etica, più cultura, più scienza, più tecnica, più benessere per tutti (il “mondo migliore” a cui ha fatto riferimento ancor ieri a Washington Giorgia Meloni). Oggi, l’impegno civico presuppone invece una scelta, pro o contro un “nuovismo” privo di logica e di progetto, e comunque deve dare la priorità alla reale preservazione del cosmo, senza retoriche “gride manzoniane” che nascondono soltanto una generale complicità con l’avanzata della Società del Controllo Totale.

Giustamente, Giorgia Meloni ha affermato che occorre invece agire. Combattere per la libertà europea è cetamente, oggi,più necessario che mai, ma ciò non significa certo appiattirsi sugli ordini da Occidente per fare la “guerra contro le autocrazie”, bensì elaborare una strategia con cui l’Europa possa uscire da questa guerra come indipendente da tutte le potenze esterne, divenendo essa stessa un autonomo Stato-Civiltà, capace di dare il proprio contributo, innanzitutto intellettuale, alla lotta mondiale attualmente in corso per il controllo sulle Macchine Intelligenti e, quindi, per la sopravvivenza dell’ Umanità.

ALLEGATO

ESTRATTO DAL “PATTO PER IL FUTURO”DELLE NAZIONI UNITE

“Action 21. We will adapt peace operations to better respond to existing

challenges and new realities.

42. United Nations peace operations, understood as peacekeeping

operations and special political missions, are critical tools to maintain

international peace and security. They face increasingly complex challenges

and urgently need to adapt, taking into account the needs of all Member States

and troop- and police-contributing countries, and the priorities and

responsibilities of host countries. Peace operations can only succeed when

political solutions are actively pursued and they have predictable, adequat e

and sustained financing. We reaffirm the importance of enhanced

collaboration between the United Nations and regional and subregional

organizations, in particular the African Union, including their peace support

operations and peace enforcement authorized by the Security Council to

maintain or restore international peace and security. We decide to:

(a) Call on the Security Council to ensure that peace operations are

anchored in and guided by political strategies, deployed with clear, sequenced

and prioritized mandates that are realistic and achievable, exit strategies and

viable transition plans, and as part of a comprehensive approach to sustaining

peace in full compliance with international law and the Charter;

(b) Request the Secretary-General to undertake a review on the future

of all forms of United Nations peace operations, taking into account lessons

learned from previous and ongoing reform processes, and provide strategic

and action-oriented recommendations for the consideration of Member

States on how the United Nations toolbox can be adapted to meet evolving

needs, to allow for more agile, tailored responses to existing, emerging and

future challenges;

18

(c) Ensure that peace operations engage at the earliest possible stage

in planning transitions with host countries, the United Nations country team

and relevant national stakeholders;

(d) Take concrete steps to ensure the safety and security of the

personnel of peace operations and improve their access to health facilities,

including mental health services;

(e) Ensure that peacekeeping operations and peace support

operations, including peace enforcement, authorized by the Security Council

are accompanied by an inclusive political strategy and other non -military

approaches and address the root causes of conflict;

(f) Encourage the Secretary-General to convene regular high-level

meetings with relevant regional organizations to discuss matters pertaining

to peace operations, peacebuilding and conflicts;

(g) Ensure adequate, predictable and sustainable financing for African

Union-led peace support operations mandated by the Security Council in line

with Security Council resolution 2719 (2023) of 21 December 2023.

Action 22. We will address the serious impact of threats to maritime

security and safety.

43. We recognize the need to address the serious impact of threats to

maritime security and safety. All efforts to address threats to maritime

security and safety must be carried out in accordance with international law,

including particularly as reflected in the principles embodied in the Charter of

the United Nations and the 1982 United Nations Convention on the Law of the

Sea,13 taking into account other relevant instruments that are consistent with

the Convention. We decide to:

(a) Enhance international cooperation and engagement at the global,

regional, subregional and bilateral levels to combat all threats to maritime

security and safety, in accordance with international law;

(b) Promote information-sharing among States and capacity-building

to detect, prevent and suppress such threats in accordance with international

law.

Action 23. We will pursue a future free from terrorism.

44. We strongly condemn terrorism in all its forms and manifestations

committed by whomever, wherever, whenever. We reaffirm that all terrorist

acts are criminal and unjustifiable regardless of their motivation or how their

perpetrators may seek to justify them. We highlight the importance of putting

measures in place to counter the dissemination of terrorist propaganda,

preventing and suppressing the flow of financing and material means for

terrorist activities, as well as recruitment activities of terrori st organizations.

We reaffirm that terrorism and violent extremism conducive to terrorism

cannot and should not be associated with any religion, civilization or ethnic

group. We will redouble our efforts to address the conditions conducive to the

spread of terrorism, prevent and combat terrorism, build States’ capacity to

prevent and combat terrorism and strengthen the role of the United Nations

system. The promotion and protection of international law, including

international humanitarian law and international human rights law, and

respect for human rights for all and the rule of law are the fundamental basis

__________________

13 United Nations, Treaty Series, vol. 1833, No. 31363.

19

of the fight against terrorism and violent extremism conducive to terrorism.

We decide to:

(a) Implement a whole-of-government and whole-of-society approach

to prevent and combat terrorism and violent extremism conducive to

terrorism, including by addressing the drivers of terrorism, in accordance with

international law;

(b) Address the threat posed by the misuse of new and emerging

technologies, including digital technologies and financial instruments, for

terrorist purposes;

(c) Enhance coordination of the United Nations counter -terrorism

efforts and cooperation between the United Nations and relevant regional and

subregional organizations to prevent and combat terrorism in accordance

with international law, while considering revitalizing efforts towards the

conclusion of a comprehensive convention on international terrorism.

Action 24. We will prevent and combat transnational organized crime and

related illicit financial flows.

45. Transnational organized crime and related illicit financial flows can pose

a serious threat to international peace and security, human rights and

sustainable development, including through the possible links that can exist

in some cases between transnational organized crime and terrorist groups.

We decide to:

(a) Scale up efforts in addressing transnational organized crime and

related illicit financial flows through comprehensive strategies, including

prevention, early detection, investigation, protection and law enforcement,

tackling the drivers, and engagement with relevant stakeholders;

(b) Strengthen international cooperation to prevent and combat

transnational organized crime in all its forms, including when committed

through the use of information and communications technology systems, and

we welcome the elaboration of the draft United Nations Convention against

Cybercrime.

Action 25. We will advance the goal of a world free of nuclear weapons.

46. A nuclear war would visit devastation upon all humankind and we must

make every effort to avert the danger of such a war, bearing in mind that “a

nuclear war cannot be won and must never be fought”. We will uphold our

respective obligations and commitments. We reiterate our deep concern over

the state of nuclear disarmament. We reaffirm the inalienable right of all

countries to develop research, production and use of nuclear energy for

peaceful purposes without discrimination, in conformity with their r espective

obligations. We decide to:

(a) Recommit to the goal of the total elimination of nuclear weapons;

(b) Recognize that, while the final objective of the efforts of all States

should continue to be general and complete disarmament under effective

international control, the immediate goal is elimination of the danger of a

nuclear war and implementation of measures to avoid an arms race and clear

the path towards lasting peace;

(c) Honour and respect all existing security assurances undertaken,

including in connection with the treaties and relevant protocols of nuclear –

weapon-free zones and their associated assurances against the use or threat

of use of nuclear weapons;

20

(d) Commit to strengthening the disarmament and non-proliferation

architecture and work to prevent any erosion of existing international norms

and take all possible steps to prevent nuclear war;

(e) Seek to accelerate the full and effective implementation of

respective nuclear disarmament and non-proliferation obligations and

commitments, including by adhering to relevant international legal

instruments and through the pursuit of nuclear-weapon-free zones to enhance

international peace and security and the achievement of a nuclear -weaponfree

world.

Action 26. We will uphold our disarmament obligations and commitments.

47. We express our serious concern at the increasing number of actions that

are contrary to existing international norms and non -compliance with

obligations in the field of disarmament, arms control and non -proliferation.

We will respect international law that applies to weapons, means and methods

of warfare, and support progressive efforts to effectively eradicate the illicit

trade in arms. We recognize the importance of maintaining and strengthening

the role of the United Nations disarmament machinery. An y use of chemical

and biological weapons by anyone, anywhere and under any circumstances is

unacceptable. We call for full compliance with and implementation of relevant

treaties. We reaffirm our shared determination to exclude completely the

possibility of biological agents and toxins being used as weapons and to

strengthen the Convention on the Prohibition of the Development, Production

and Stockpiling of Bacteriological (Biological) and Toxin Weapons and on

Their Destruction.14 We decide to:

(a) Revitalize the role of the United Nations in the field of disarmament,

including by recommending that the General Assembly pursue work that could

support preparation of a fourth special session devoted to disarmament

(SSOD-IV);

(b) Pursue a world free from chemical and biological weapons and

ensure that those responsible for any use of these weapons are identified and

held accountable;

(c) Address emerging and evolving biological risks through improving

processes to anticipate, prevent, coordinate and prepare for such risks,

whether caused by natural, accidental or deliberate release of biological

agents;

(d) Identify, examine and develop effective measures, including

possible legally binding measures, to strengthen and institutionalize

international norms and instruments against the development, production,

acquisition, transfer, stockpiling, retention and use of biological agents and

toxins as weapons;

(e) Strengthen measures to prevent the acquisition of weapons of

mass destruction by non-State actors;

(f) Redouble our efforts to implement our respective obligations under

relevant international instruments to prohibit or restrict conventional weapons

due to their humanitarian impact and take steps to promote all relevant

aspects of mine action;

(g) Strengthen our national and international efforts to combat, prevent

and eradicate the illicit trade in small arms and light weapons in all its aspects;

__________________

14 Ibid., vol. 1015, No. 14860.

21

(h) Address existing gaps in through-life conventional ammunition

management to reduce the dual risks of unplanned conventional ammunition

explosions and the diversion and illicit trafficking of conventional ammunition

to unauthorized recipients, including to criminals, organized criminal groups

and terrorists.

Action 27. We will seize the opportunities associated with new and

emerging technologies and address the potential risks posed by their

misuse.

48. We recognize that rapid technological change presents opportunities

and risks to our collective efforts to maintain international peace and security.

International law, including the Charter, will guide our approach to addressing

these risks. We decide to:

(a) Advance further measures and appropriate international

negotiations to prevent an arms race in outer space in all its aspects, which

engage all relevant stakeholders, consistent with the provisions of the Treaty

on Principles Governing the Activities of States in the Exploration and Use of

Outer Space, including the Moon and Other Celestial Bodies; 15

(b) Advance with urgency discussions on lethal autonomous weapons

systems through the Group of Governmental Experts on Emerging

Technologies in the Area of Lethal Autonomous Weapons Systems with the

aim to develop an instrument, without prejudging its nature, and other possible

measures to address emerging technologies in the area of lethal autonomous

weapons systems, recognizing that international humanitarian law continues

to apply fully to all weapons systems, including the potential development and

use of lethal autonomous weapons systems;

(c) Enhance international cooperation and capacity-building efforts in

order to bridge the digital divides and ensure that all States can safely and

securely seize the benefits of digital technologies;

(d) Continue to assess the existing and potential risks associated with

the military applications of artificial intelligence and the possible

opportunities throughout their life cycle, in consultation with relevant

stakeholders;

(e) Request the Secretary-General to continue to update Member

States on new and emerging technologies through the report of the Secretary-

General on current developments in science and technology and their

potential impact on international security and disarmament efforts.

III. Science, technology and innovation and digital cooperation

49. Science, technology and innovation have the potential to accelerate the

realization of the aspirations of the United Nations across all three pillars of its

work. We will only realize this potential through international cooperation to

harness the benefits and take bold, ambitious and decisive steps to bridge the

growing divide within and between developed and developing countries and

accelerate progress on the 2030 Agenda. Billions of people, especially in

developing countries, do not have meaningful access to critical life-changing

technologies. If we are to make good on our promise to leave no one behind,

sharing science, technology and innovation is essential. Innovations and

scientific breakthrough that can make our planet more sustainable and our

__________________

15 Ibid., vol. 610, No. 8843.

22

countries more prosperous and resilient should be affordable and accessible to

all.

50. At the same time, we must responsibly manage the potential risks posed

by science and technology, in particular the ways in which science, technology

and innovation can perpetuate and deepen divides, in particular the gender

gap and patterns of discrimination and inequality within and between

countries and adversely impact the enjoyment of human rights and progress

on sustainable development. We will deepen our partnerships with relevant

stakeholders, especially the international financial institutions, the private

sector, the technical and academic communities and civil society, and we will

ensure that science, technology and innovation is a catalyst for a more

inclusive, equitable, sustainable and prosperous world for all, in which all

human rights are fully respected.

51. Digital and emerging technologies, including artificial intelligence, play a

significant role as enablers of sustainable development and are dramatically

changing our world. They offer huge potential for progress for the benefit of

people and planet today and in the future. We are determined to realize this

potential and manage the risks through enhanced international cooperation,

engagement with relevant stakeholders, and by promoting an inclusive,

responsible and sustainable digital future. We have an nexed a Global Digital

Compact to this Pact in this regard.

Action 28. We will seize the opportunities presented by science, technology

and innovation for the benefit of people and planet.

52. We will be guided by the principles of equity and solidarity, and promote

the responsible and ethical use of science, technology and innovation. We

decide to:

(a) Foster and promote an open, fair and inclusive environment for

scientific and technological development and cooperation worldwide,

including through actively building trust in science and global collaboration on

innovation;

(b) Increase the use of science, scientific knowledge and scientific

evidence in policymaking and ensure that complex global challenges are

addressed through interdisciplinary collaboration;

(c) Encourage talent mobility and circulation, including through

educational programmes, and support developing countries to retain talent

and prevent a brain drain while providing suitable educational and working

conditions and opportunities for the workforce.”

IL “RAPPORTO DRAGHI” è insufficiente per la salvezza dell’ Europa

Dopo mesi di attesa, è stato finalmente stato pubblicato il “Rapporto Draghi”, commissionato dalla Presidente von der Leyen,  che avrebbe avuto l’ambizione (veramente sproporzionata) di risolvere l’annosa, e sempre più spinosa, questione del declino , economico ma anche civilizzatorio, etico, culturale, politico e militare, dell’ Europa.

Il documento è stato accolto, senza avere neanche il tempo di leggere le sue centinaia di pagine, da un coro di critiche provenienti da tutte le parti, a cominciare dal ministro tedesco Lindner, alla rivista online Politico, su base americana, fino al Movimento Europeo in Italia.Sergio Fabbrini, sulle pagine de “Il Sole 24 Ore”, si azzarda perfino  a dire che il rapporto finirà probabilmente nel cassetto.

Abbiamo giusto avuto la possibilità di scorrere il documento, evidenziandone i passaggi più determinanti. Cercheremo  di illustrare perché  esso appaia anche a noi fortemente inadeguato in un momento in cui, di fronte a sfide inaudite (IIIa Guerra Mondiale, Società del Controllo Totale,declino economico), l’Europa avrebbe però anche davanti a sé, se lo volesse, importanti opportunità di salvezza , in particolare attraverso un’ autentica sovranità europea, in tutti i  campi (culturale, sociale, politica, economica, giuridica, militare),opportunità che il documento sembra deliberatamente non voler cogliere, a nostro avviso per tre sostanziali motivi:

-è limitato all’ economia, senza considerare le fondamentali sfide culturali e politiche sottostanti;

-anche in campo economico, finge di non tener conto della subordinazione agli Stati Uniti dell’ Europa, che  limita enormemente i margini di azione di quest’ultima anche in campo economico (vedi caso Olivetti, industria militare, dazi e sanzioni con Russia e Cina);

-minimizza deliberatamente il ruolo dell’ informatica nella società contemporanea, per non essere costretto a toccare gl’interessi di quella ristrettissima élite che oramai domina il mondo (i “GAFAM”).

Per questo, è necessario premettere, alle considerazioni specifiche sul Rapporto, una panoramica del contesto politico  odierno, in cui esso s’inserisce

1.Le vittorie “sovraniste” alle recenti elezioni

I media dell’ establishment ci stanno sommergendo di allarmismo per l’esito delle elezioni tedesche (ma, prima ancora, slovacche, francesi, ungheresi….),che hanno premiato più che mai i cosiddetti “sovranisti”, senza però affrontare seriamente le ragioni di questi risultati. Secondo molti opinionisti, più che “sovranisti”, questi partiti sarebbero addirittura “neonazisti”, mentre  a noi sembrano qualcosa di molto diverso, visto che, semmai, hanno una visione “kleindeutsch”(Piccolo-tedesca) della Germania (com’era quella di Bismarck, di Rathenau, dei congiurati  del 20 luglio e della DDR, e che Hitler aveva invece contrastato) , non certo una visione “ariana” orientata verso un “Grossdeutsches Reich” imperiale, come quella dei nazisti. Si noti che il partito nazionaldemocratico, ostracizzato nella Repubblica Federale, faceva parte, nella DDR, del “Fronte Popolare” insieme al Partito Socialista Unitario (comunista), al Partito Liberal-Democratico e alla Democrazia Cristiana (Ost-CDU).

Questi e simili riferimenti fantasiosi e propagandistici al passato contribuiscono ulteriormente all’incomprensione dei grandi problemi dell’ Europa, passati e presenti, sì che s’impone una vera e propria “riscrittura della storia”.

Come ha affermato Sahra Wagenknecht, grande vincitrice, in Germania Orientale, con Alice Weidel, delle recenti elezioni amministrative in Turingia e Sassonia, la verità è che gli elettori tedeschi  hanno semplicemente voluto uscire da una conflittualità con la Russia che, oltre a mettere in pericolo Germania (e Italia), con i loro magazzini pieni di testate nucleari americane, e quindi primi bersagli dei missili nucleari russi, ha palesemente portato alla rovina l’economia tedesca -occidentale come orientale-(e, indirettamente, anche quella italiana): basti guardare alla Volkswagen che, dopo la distruzione del North Stream, chiude le fabbriche in Germania, e agli Americani che vogliono riprendersi la Chrysler dalla Stellantis, sì che la Regione Piemonte è costretta a corteggiare i Cinesi per poter riavere una qualche industria automobilistica. Viene celebrato come una vittoria il fatto che, mentre Stellantis chiude Mirafiori, la Dongfeng abbia almeno aperto a Torino una concessionaria e abbia invaso di suoi modelli il Salone dell’ Auto.

Qui c’entra ben poco la presunta “mentalità autoritaria” dei cittadini dell’ Est tedesco e europeo (che io chiamerei piuttosto, con Gumilev, “Passionarnost’’, cioè, allo stesso tempo, impegno emotivo in ciò che si fa, e capacità di “soffrire” per conseguire obiettivi importanti e condivisi), quanto piuttosto una maggiore lucidità propria di chi ha potuto confrontare dal vivo le tre ideologie del Novecento, e quindi constatarne quella sostanziale equivalenza, fra di esse già rilevata da Eric Voegelin. Comunque, ci si chiede perché mai dovrebbero essere dei fans dell’ideologia anglosassone gli eredi degli Slavi Occidentali (Vendi, Sorbi, Lusaziani), di Martin Lutero, della Prussia, di Nietzsche e della DDR, e, in particolare, i cittadini di Karl-Marx-Stadt (ora Chemnitz).

In realtà, oggi è tutto il progetto degli establishment del secondo dopoguerra ad essere finito in crisi, a cominciare dall’economia per arrivare alla cultura. Come affermava Italia Oggi (“ O l’Europa è unita, oppure è niente”), questa è infatti la crisi della democrazia nazionale, vale a dire della democrazia dei singoli Paesi qui in Europa: “Stanno venendo al pettine le contraddizioni tra le dinamiche globali dell’economia e della finanza e il fragile tessuto della nazionalità/statualità della politica e delle politiche” (democratiche)….Le classi dirigenti di Francia, di Germania, di Inghilterra, di Spagna, d’Italia… hanno continuato a filtrare il mondo e a far politica interna e estera sulla base del consenso democratico dei propri elettorati. Potevano fare diversamente? No. Perché non soltanto i loro elettorati hanno continuato a collocarsi mentalmente nel mondo in base a immarcescibili vissuti e categorie, ma anche perché le strutture statuali e giuridiche sono nazionali.” Professionalità della politica, carattere nazionale degli Stati e democrazia rappresentativa hanno fra loro legami strettissimi: come messo in rilievo da vari autori, “simul stabunt, simul cadent”.

Nonostante la loro propaganda, gli Stati nazionali non sono più in grado di svolgere una qualche funzione reale in un mondo solcato da conflitti globali esistenziali, ai quali è impossibile non reagire.

1.Gli Stati-civiltà

Come scriveva Italia Oggi, “La causa ultima non è il collasso dell’ordine mondiale di Yalta. È la globalizzazione dell’economia, la globalizzazione della comunicazione e, si intende, l’ascesa di nuovi soggetti  mondiali: CinaIndiaNigeriaBrasile ecc…”Infatti, “La globalizzazione è politicamente, giuridicamente e istituzionalmente ingovernabile dagli Stati nazionali…..” Eppure, “ Le opinioni pubbliche e i pubblici elettorali non vedono alternative possibili alle minacce della globalizzazione, pur sfruttandone tutte le opportunità, se non una: lo Stato-nazione..”

In realtà, le opinioni pubbliche europee sono pilotate per mille rivoli da una “società dell’1%”, con baricentro nel mondo anglosassone (cfr. Kipling, Mead), che ha manovrato da tre secoli la storia per sostituire gl’imperi europei (e anche quelli Qing e Mogul), con  i manovrabili  “Stati nazionali” (vedi i cosiddetti “Risorgimenti nazionali” ,  la “Guerra Civile Europea”, ma anche la Rivolta dei Sepoys e la Guerra dell’ Oppio), e non ammetterà mai, fino all’ orlo della sua sconfitta finale, che possa nascere un’Europa forte e competitiva con gli USA, ai quali ultimi  i membri dell’ establishment devono le loro carriere, legandovi le proprie fortune. E’ questo, e non le presunte trame dei “sovranisti”, il motivo per cui una “vera” Europa (Coudenhove Kalergi, Galimberti, Spinelli) non si è ancora fatta nel giro di ben 75 anni dai Trattati di Roma.

Non è però neanche esatto che, come afferma Italia Oggi, “PutinTrumpXi Jin-ping Narendra Modi hanno rilanciato la sfida dello Stato-nazione”. Quelli che  costoro dirigono non sono Stati-“nazioni”, bensì Stati-civiltà (ciascuno composto da decine di “nazioni”-Moscovia, Siberia, Cecenia,  Tatarstan, Daghestan, Donbass, Crimea..;East Coast, Far West, Midwest, California, Texas,Dixieland, Porto Rico, Guam,Hawaii; Grandi Pianure, Cina Meridionale, Mongolia, Tibet, Xinjiang,”Greater Gulf Area”, Taiwan; Kashmir, Punjab, Rajasthan, Valle del Gange, Assam, Gujarat, Deccan, Tamil Nadu, Kerala, Karnataka, Orisha, Bengala, Andamane, Nicobare…).

Gli Occidentalisti, che si guardano bene dal condannare l’impero americano, pretenderebbero invece, in ossequio al principio “divide et impera”, che tutti quegli Stati Nazionali che abbiamo enumerato si staccassero dall’ India o dalla Cina, come il Pakistan o Taiwan (ma non dagli Stati Uniti). Qualcosa di nuovo a questo proposito si sta muovendo anche al confine fra India e Bangladesh dopo il colpo di Stato contro Sheikh Hasina.

Gli Stati-civiltà incarnano, ciascuno, una sua specifica visione del mondo e una specifica strategia  per salvare l’ Umanità dalla tecnica dispiegata (“the Final Century” di Martin Reed). Però,”con qualche differenza tra i quattro: quello russo non è uno Stato-nazione, ma uno Stato-nazioni e perciò rivendica territori ex-imperiali, quale l’Ucraina; Trump rinuncia definitivamente a collocare gli Usa come baricentro dell’ordine mondiale, per affidare loro la più modesta missione di difendere la propria egemonia economica e finanziaria, mediante accordi/conflitti bilaterali; Xi-Jin-ping tende a porsi quale fabbrica del mondo, pratica un imperialismo commerciale su scala mondiale, rivendica Taiwan quale parte integrante dell’antico territorio cinese; Narendra Modi è, per ora, più rivolto ad affermare l’egemonia politico-religiosa indù rispetto a oltre 200 milioni di mussulmani indiani.”

Quello che conta è che, “quale che sia il giudizio storico-politico che si dà di queste quattro manifestazioni del nazionalismo, occorre riconoscere che hanno tutte lo stesso physique du rôle: numero di abitanti, potenza economica e/o militare, influenza sul mondo. Il loro discorso ha una sua forza materiale.”

“Physique du rôle” che, né gli Stati membri della UE, né la UE stessa, hanno. Di conseguenza, “quello degli inglesi e dei francesi (che continuano a partecipare per diritto al Consiglio di sicurezza dell’Onu) e quello dei tedeschi e degli italiani ecc… è un nazionalismo straccione. Il nazionalismo non ha più fondamento storico-politico, è diventato un ‘signaculum in vexillo’, da affiggere sugli stendardi nel corso delle campagne elettorali”.

Paradossalmente, i primi ad avere preso atto della fine degli Stati nazionali europei, sostituiti dagl’imperialismi, erano già stati Lenin e Mussolini, e l’unico ad avere tentato di costruire (sotto altro nome) un nuovo impero inglobante tanti Stati nazionali (quelli creati da Lenin) era stato Stalin  (di cui ancora  sopravvive l’inestricabile intrico di Repubbliche, Repubbliche Autonome e Province Autonome). Tutti, per altro, tentativi falliti, per l’ostilità del solo “Impero Nascosto” (quello americano, cfr. Daniel Immerwahr).

Lo stesso si può dire, ad ancor maggior ragione,  anche del “sovranismo europeo” post-gollista (Giscard, Macron), a cui non corrisponde, a oggi, nessuna visione del mondo alternativa a quella americana, sicché non si capisce perché in Europa gli “integrati”  dovrebbero sostenere l’Europa anziché l‘ America, e come i “dissidenti”  potrebbero votare in modo alternativo, se, da Macron a Le Pen, da Weber a Scholz, da Schlein a Meloni, tutti fanno a gara per sostenere le scelte dell’America, catastrofiche per l’ Europa.

In realtà, dovunque nel mondo ci sarebbe bisogno di culture “continentali” capaci di sostituire quelle “nazionali”, e, invece, questo processo è appena agl’inizi in ciascuno Stato-Civiltà (e in Europa non è ancora neppure iniziato; cfr. l’ultimo numero di “Domino”; “L’Europa eravamo noi”.).

In America, vi è l’ovvia polarizzazione, prevista già da Tocqueville, fra “Whites” e “Non-Whites”, una distinzione più forte che mai, anche se, ormai, dispersa per vari rivoli: Woke, MAGA, Tedesco-americani… In Russia, la transizione, dall’originario cosmismo e futurismo di Trotskij e Lunacharskij, a un’interpretazione  “quasi demestriana” del “pensiero russo” (sulla falsariga delle “Soirées de Saint Petersbourg”), è ancora incompiuta. In Cina, la ciclopica sintesi fra il complesso mondo dei San Jiao confuciani e il socialismo con caratteristiche cinesi non ha ancora trovato un teorico adeguato; in India, non è ancora stata scritta una versione attualizzata delle varie sintesi messianiche proposte in passato (fra quelle di Tagore, Aurobindo, Savarkar, Ambedkar e Gandhi, e altre). Non parliamo della confusione ideologica nel mondo islamico, il più grande agglomerato di popoli del mondo, che si dimostra tutto fuorché totalitario, con le sue poliedriche sfaccettature teologiche, etniche, storiche, linguistiche, istituzionali, partitiche e sociologiche).

Su tutto ciò incombe la nascita della “Società del Controllo Totale”, che, come oramai tutti stanno ammettendo, sta oramai permeando senza più infingimenti innanzitutto il mondo del web, livellando di fatto tutte le identità. Sostituire, a questo  questo livellamento, un’umanità variegata e vitale costituisce il grande “compito comune” del XXI Secolo.

Nonostante la grande positività delle culture non-europee, per il loro contributo a scalfire la “grande narrazione” tecnocratica occidentale (per dirla con John Ness ,“From Plato to NATO”), manca ancora un “trait d’union”, capace d’ interconnettere i grandi temi comuni dei vari continenti nell’ottica del XXI Secolo. Tali non sono stati infatti i tentativi di sintesi operati, per esempio, dall’ Imperatore Mughal Akbar (“Din-i -Ilahi”), o le opere occidentali sulla Philosophia Perennis (Leibniz, Guénon, Evola, Zolla, Besant), che mancavano di spessore comparatistico e filologico.

I teorici dell’“occidentalismo” vedono questo “trait d’Union” (per loro negativo) nella cosiddetta “autocrazia”, che, però, è un concetto tutt’altro che univoco ed efficiente. Che cosa c’è di comune fra la repubblica turca, dove l’opposizione ha potuto ancora recentemente sfidare alle elezioni il Presidente; quella iraniana, dove la competizione fra i politici “costituzionali”, cioè islamici sciiti (come da noi sarebbe fra i partiti “democratici e moderati”), si fa nelle urne; la Cina, dove  quest’ultima ha luogo all’ interno del partito comunista, ma questo ha un numero di iscritti proporzionalmente superiore a quello di quanti svolgono politica attiva in qualsivoglia altro Paese; la Russia, dove ci sono decine di partiti, e già solo in Parlamento ce ne sono 7 come nella maggior parte dei Paesi occidentali, e il partito di Putin non ha la maggioranza assoluta, ma è costretto a fare un governo di coalizione con il Partito Liberal-democratico?

D’altronde, la tendenza al centralismo accomuna tutti gli Stati del mondo a causa della natura della Società del Controllo Totale, dove tutto è concentrato in grandi server, che sono controllati, o da una multinazionale, o uno Stato, che ne usano ed abusano per mantenere il loro potere. Il più grande di questi, che conserva dati dei GAFAM e del Governo americano, si troverebbe a Salt Lake City. Basti vedere i casi di Echelon, Prism, Wikileaks, Schrems, Cambridge Analytica, Trump, X…

Anche quando oggi in Europa si parla di “multiculturalismo” si compie, in realtà, una grande mistificazione: anziché valorizzare le culture “altre”, “sfruttando” l’immigrazione per accrescere la cultura dei nostri cittadini e delle nostre Istituzioni, si pretende invece di “integrare” gl’immigrati e i loro figli in una cultura occidentale che neppure è nostra, per farli diventare come noi o per egualizzare tutti su un modello di “uomo senza qualità”, governato dagli algoritmi. In realtà, tutta l’insolubile problematica dell’immigrazione e del “razzismo” è, come buona parte dei dibattiti attuali, una semplice scopiazzatura di fenomeni  degli USA , che serve solo a farci assomigliare sempre più agli Americani, in modo da non potercene più staccare. L’Europa non è un paese di immigrati, bensì un Paese di emigrazione, e, quindi, le sue esigenze sono molto diverse da quelle dell’ America.

Ciò rientra nel generale sforzo per rimodellare una futura società europea rendendola priva delle doti che sono necessarie per riconquistare la nostra indipendenza e creatività: cultura, assertività, patriottismo, salute, forza di volontà… Occorrerebbe perciò fare chiarezza a livello mondiale sulle cause, le modalità e le direttrici del fenomeno migratorio.

Molto più appropriato sarebbe parlare, come fa Panikkar, di “transculturalità”

2.L’Europa nel dibattito mondiale

Ma, soprattutto, stiamo perdendo l’occasione per recuperare una futura cultura originale europea quale nostro contributo aggiuntivo al grande dibattito mondiale, soprattutto sui temi seguenti:

-il relativismo dall’ Ecclesiaste a Eraclito, a  Protagora, a Tertulliano,a  Montaigne, a Pascal, a Kant, a Nietzsche, a Wittgenstein, a Heisenberg, a De Finetti e Feyerabend, da leggersi in relazione ai RgVeda, e quale presupposto per il ritorno alla cultura del tragico;

-l’alleanza ecumenica delle religioni e delle culture mondiali contro l’appiattimento indotto dalla “Religione del Progresso”;

-la concezione cinese dell’armonia universale (DaTong, Héxié), da leggersi, in relazione a quelle di “Kosmos” e di “Karma”, quali  basi culturali per un mondo multipolare;

-il culto degli eroi omerici e dei Patriarchi biblici , modelli della nostra cultura classica, non dissimili da quelli del Mahabharata e del Ramayana, rivissuto dal mito dell’ eroe romantico di Byron, Leopardi e Carlyle;

-il senso delle gerarchie sociali tipico del confucianesimo e dell’induismo, letto alla luce della Patrios Politeia greca e dell’Ancienne Constitution Européenne di Tocqueville;

 -l’”Ecologia dell’anima” dei Giapponesi e dei popoli andini, vista con la lente della lettera pastorale “Laudato sì”;

-la ricerca occidentale dell’ eccellenza, speculare all’epistocrazia del sistema estremo-orientale dei concorsi pubblici e opposto al presente culto dell’ eguaglianza e dell’ indifferenziazione;

-la “Passionarnost” dei popoli nomadi , teorizzata da Ibn Khaldun e da Gumilev- fondamento ideale degl’imperi delle steppe (Yamnaya, unno, turchi, avaro, bulgaro, magiaro, mongolo, tataro, polacco e russo)-.

Su “La Repubblica” è comparsa recentemente una perorazione di Linda Laura Sabbadini sulla necessità del multiculturalismo nel rapporto con le giovani generazioni di migranti, descritto come ”valori del rispetto della persona e della sua libertà, dei diritti e della democrazia”, contrapposta all’ “oscurantismo medioevale, che regna in molti paesi da cui si fugge”. Questo però non è il classico multiculturalismo europeo, come lo intendevano, per esempio, Matteo Ricci, Nietzsche, Guénon o Panikkar, concepito per  permettere anche a noi di difendere le nostre tradizioni culturali contro il livellamento modernistico, bensì il tentativo dell’imposizione ad altri, da parte del nostro establishment,  delle concezioni del mondo occidentale, quale propugnata per esempio da Condorcet, Whitman e Kipling.

Affinché l‘Europa possa divenire uno “Stato-Civiltà” capace di competere con USA, Russia, India e Cina, essa deve darsi  una sua autonoma politica culturale, che comprenda anche un suo specifico punto di vista sui rapporti con il resto del mondo (Stati-civiltà, minoranze interne e immigrazione). A nostro avviso, la comprensione  di questi rapporti dialettici potrebbe e dovrebbe costituire il contributo specifico dell’ Europa alla costruzione di un ordine mondiale interculturale. Per questo è importante studiare attentamente le opere di coloro che si sono sforzati di tematizzare ciò che le culture extraeuropee possono insegnare all’ Occidente. Mi riferisco innanzitutto  a Raimòn Panikkar, teologo gesuita indo-spagnolo, teorico del “disarmo culturale”, termine che oggi fa inorridire molti, ma che è più che mai attuale, come unico rimedio all’ incipiente IIIa Guerra Mondiale.

Come abbiamo scritto in precedenti post,  quest’ultima è una guerra di religione fra due differenti progetti escatologici: quello della fuoriuscita dal mondo umanistico quale conosciamo e abbiamo studiato, verso una società di macchine intelligenti dove non vi sia più Storia (la “Singularity Tecnologica”), e quello, opposto, della prosecuzione in forme diverse della Storia umana ereditata dalle grandi civiltà del passato: il Mondo Multipolare.

3.Una soluzione effettiva per la pace dovrà avere un ben maggiore spessore culturale e storico

Il fatto che tutti si affannino a escogitare e proporre sempre nuove formule per la pace in Ucraina e in Palestina, ma nessuna di queste venga neppur presa in considerazione dalle altre parti in causa, dimostra che la possibile pace non potrà limitarsi a stabilire una nuova sistemazione  per i territori contesi, bensì, tenendo conto delle poste molte più ampie in gioco, dovrà dare un orientamento per la geopolitica del futuro, non solo per la Russia, l’Ucraina, o gli Stati Uniti, ma per gli equilibri del mondo intero. E questo significa  creare un contesto che disinneschi innanzitutto il conflitto sino-americano per l’egemonia mondiale. Ma ciò non potrà avvenire senza la previa individuazione di un nuovo ordine mondiale accettabile da tutti, e, in particolare, da tutti gli Stati-civiltà e dalle loro concezioni del mondo.

Gli sforzi in corso da parte di India, Cina e Germania per suggerire una proposta di pace poggia, invece, su assai deboli fondamenti culturali, da sostituirsi con un rinnovato atteggiamento di interculturalità quale sopra delineato.

Innanzitutto, si dovrà abbandonare la convinzione, ahimé, troppo diffusa, che ci sia bisogno comunque di uno “Stato-Guida” mondiale, che conduca l’Umanità verso il Progresso. Abbiamo avuto la Persia achemenide, Israele, Roma, il Califfato, il Sacro Romano Impero, la Spagna asburgica, la Francia rivoluzionaria, l’Impero inglese, l’URSS e gli Stati Uniti. Ora è entrata in lizza anche la Cina. Se, però, l’obiettivo comune non  dovrebbe più essere quello di accelerare il corso del Progresso, bensì, come dice ormai la maggioranza, quello di frenarlo, l’idea del Paese-Guida perde di attualità. Si tratta ora, più che di “fare”, di “non fare”: non inquinare, non esplodere bombe atomiche, non creare intelligenze artificiali troppo intelligenti, non spiare i cittadini…Queste cose possono essere fatte anche “in parallelo”, in base ad accordi internazionali, senza che nessuno debba necessariamente “guidare”.

In secondo luogo, occorrerà estendere, e di molto, il concetto di “tolleranza”, abolendo concetti come “fake news”, “discorsi di odio”, “arretratezza”, “male assoluto”, “correttezza politica”, e ammettendo, nel linguaggio pubblico internazionale, concetti che sono stati fino ad oggi tabù, come per esempio “tradizioni”, “valori asiatici”, “tribù”, “costituzioni non scritte, e/o comunitarie”, ….Come è stato più volte affermato, l’idea di tolleranza è una forma di arroganza: io ti tollero anche se so che sei inferiore e hai torto, perché io sono migliore, più potente, più saggio e magnanimo. Invece della tolleranza, occorre tornare all’”humanitas” (in cinese, “Ren= ”):homo sum, nihil humanum mihi alienum puto.

In terzo luogo, occorrerà regolamentare l’equilibrio internazionale dei potere, istituendo procedure (sulla falsariga di quelle parzialmente esistenti per il nucleare), che pongano sotto controllo i conflitti totali, in particolare nei settori del digitale e dell’ Intelligenza Artificiale, come affermato tra gli altri, da Kissinger, da Harari e perfino dal Papa. Tema centrale: l’escalation e il “first strike”.

4.Il Rapporto Draghi nella guerra mondiale.

Il “Rapporto Draghi” risulta intanto troppo datato, in quanto molti dei dati citati risalgono a 2/4 anni fa, mentre la situazione dell’ economia e delle società europee si è nel frattempo ulteriormente deteriorata.

In secondo luogo, il “Rapporto” non ha preso atto del fatto che l’attuale situazione di guerra guerreggiata ha messo in evidenza in modo definitivo che l’economia è oggi solo più uno dei vari campi di battaglia nella “guerra senza limiti”, sicché  nulla si muove oggi in base ad un’ottica puramente economica. Gl’investimenti sono sostenuti, o almeno orientati,  dagli Stati, in considerazione di obiettivi strategici: per esempio con il “Made in China 2015”, e la corrispondente legislazione americana, fatta, a detta dei promotori, “per mettere fuori mercato il mondo intero”. Perciò, mentre il Rapporto si preoccupa, giustamente ,della necessità di enormi nuovi investimenti pubblici europei a favore dell’ innovazione (investimenti s cui, tra parentesi, non sono già d’accordo, né la von der Leyen, né il Governo tedesco), e mentre invoca un molto migliore coordinamento delle politiche industriali, tecnologiche e scolastiche, indica poi però, come strumenti operativi ,

istituti che noi già quattro anni fa indicavamo come superati nel nostro libro “European Technology Agency” e nel nostro carteggio con Ursula Von der Leyen e con i membri della Commissione  e del Consiglio, vale a dire, tra gli altri,  lo European Innovation Center,  lo European Innovation Center e il cloud europeo di GAYA-X.

Avevamo suggerito, in quell’ occasione, la creazione di una European Technology Agency capace di coordinare, “hands on”, tutti gli sforzi europei nel settore delle nuove tecnologie.Inoltre, avevamo indicato quale compito prioritario la creazione di un Ecosistema Digitale Europeo, completamente mancante da 50 anni per non urtare gli interessi dei GAFAM americani, ma sempre più indispensabile perché lo sviluppo di qualsivoglia economia si fonda sul controllo assoluto di proprie tecnologie informatiche, quale quello detenuto da USA e Cina.

 .

Di quest’obiettivo non vi è praticamente traccia, ma solo qualche vago accenno, mentre invece Draghi si è dilungato, nella sua intervista con la stampa, ad attaccare l’effetto deterrente della legislazione europea sull’ ICT sull’operatività in Europa  multinazionali del web, che egli considera evidentemente utili ed ineliminabili:  ‘Abbiamo proclamato che l’innovazione era al centro della nostra azione, e poi abbiamo fatto tutto il possibile per mantenerla a un livello basso’.”, ha osservato.“Su questo”, ha continuato, “la posizione normativa dell’Ue nei confronti delle aziende tecnologiche ostacola l’innovazione: l’Ue ha ora circa 100 leggi incentrate sulla tecnologia e oltre 270 regolatori attivi nelle reti digitali in tutti gli Stati membri. Molte leggi dell’UE adottano un approccio precauzionale, dettando specifiche pratiche commerciali ‘ex ante’ per evitare potenziali rischi ‘ex post’. Ad esempio, l’AI Act impone requisiti normativi aggiuntivi sui modelli di Intelligenza artificiale per uso generale che superano una soglia predefinita di potenza di calcolo, una soglia – si puntualizza nel rapporto – che alcuni modelli all’avanguardia superano già’.

‘In terzo luogo” – ha aggiunto l’ex presidente della Bce, citando sempre il proprio rapporto -, “le aziende digitali sono scoraggiate dal fare affari in tutta l’UE tramite filiali, poiché devono affrontare requisiti eterogenei, una proliferazione di agenzie di regolamentazione e la ‘gold plating’ (ovvero un’applicazione che va oltre i requisiti minimi richiesti, ndr) della legislazione Ue da parte delle autorità nazionali. In quarto luogo, le limitazioni all’archiviazione e all’elaborazione dei dati creano elevati costi di conformità’. Secondo Draghi, quindi, ‘la conclusione è che gran parte di questa legislazione si applica alle grandissime aziende, a cinque o sei grandi aziende statunitensi, e in realtà noi stiamo uccidendo le nostre piccole aziende. Non abbiamo grandi aziende come negli Stati Uniti, le nostre sono tutte piccole aziende, quindi con questa legislazione che ci siamo dati siamo in realtà autodistruttivi, stiamo uccidendo le nostre aziende’”.

5.L’industria militare

Secondo l’interpretazione datane dalla stampa, l’elemento qualificante del “Rapporto Draghi” sarebbe il peso particolare dato all’ industria europea della Difesa. Personalmente, credo di saperne qualcosa in quanto, oltre alle tradizioni familiari, ho diretto per una dozzina di anni il Servizio Giuridico del Settore Aviazione della FIAT, coinvolto, fra l’altro, mei progetti dei caccia europei Tornado ed Eurofighter, nei missili dell’ Esercito Italiano e degli Emirati Arabi Uniti, in Eurocopter, nei residui delle attività nucleari italiane, oltre che nelle collaborazioni  per i lanciatori con la Francia e con l’Ucraina.

Pertanto, credo di comprendere la logica che potrebbe presiedere a un rafforzamento dell’ industria europea della Difesa e le logiche seguite da Draghi. Visto che, sotto pressione americana, gli Europei sono sempre più sospinti a spendere di più per il militare, il concetto furbescamente  adottato è che, almeno, si spenda in prodotti europei, e non in quelli americani.

Personalmente, ho avuto da sempre un approccio molto diverso, basato su una visione olistica dell’ “industria della difesa”.Perciò, mi riservo di ritornare sull’ argomento commentando la serie di articoli che compariranno su “Il Sole XIV Ore”.

Premesso che, stante la situazione, sarebbe illogico non pensare a un rafforzamento della nostra industria di difesa, in termini di maggiore coordinamento e di ottimizzazione delle ricadute economiche, noi riteniamo che ci si dovrebbe attenere, anche e soprattutto, ai criteri seguenti:

-dual use, estendendo la programmazione a tutte le industrie connesse,come informatica, Intelligenza Artificiale e aerospazio;

-una cultura europea della difesa intesa quale strumento di unificazione delle élites militari;

-informatizzazione delle forze armate;

-selettività delle spese, privilegiando le tecnologie più avanzate;

-comando unificato sotto un vertice militare forte e coeso;

-consolidamento, grazie all’ investimento pubblico, dell’ industria europea  della Difesa intorno a un gruppo finanziario paneuropeo, quale avrebbe dovuto essere (ma non è stato) l’EADS

IL NUOVO MEMORANDUM ITALIA-CINA

E IL CONGRESSO DI FILOSOFIA DI ROMA

Una volta si chiamava “la politica dei due forni”, quella che il Governo italiano adottava con l’America e con l’Europa. Assecondando l’una o l’altra a seconda dei casi. Oggi, quando la UE, abbandonate le velleità golliste, giscardiane, mitterrandiane e macroniane “prima maniera”, si è allineata completamente con gli USA, il “secondo forno” è costituito sempre più dalla Cina, I rapporti con la quale sono soggetti ai molteplici umori della politica americana, e, di riflesso, europea. Invece, una politica europea di largo respiro verso la Cina non la coltiva nessuno. D’altronde, questo ha radici lontane, dall’ esaurirsi delle missioni in Cina del Patriarca Rabban, di Giovanni di Montecorvino, dei  Gesuiti, che denotano tutte un’incapacità, una carenza, a pensare in grande.

La recente visita di Giorgia Meloni a Pechino, per “ricucire lo strappo con la Cina” si colloca in quella collaudata tradizione italiana (e democristiana). La quale ha fatto scuola in Europa e nel mondo, tanto che si può dire che il “sovranismo” s’identifichi sempre più con questo atteggiamento. Ungheria e Turchia, ma anche Brasile, India, Argentina, Arabia Saudita e Filippine, si distinguono in questo gioco, l’unico che, in un mondo dominato dalle grandi potenze, possa dare un po’ a tutti la possibilità di far valere le proprie ragioni. Ed è questo, per oggi, in pratica, il maggior vantaggio del multipolarismo.

Tuttavia, nel caso dell’ Italia, l’oscillazione in corso, fra il rigetto della Via della Seta e il rinnovato attivismo filo-cinese, è stata veramente repentina e inaspettata.

1.Lo “spirito della Via della Seta”

Lo  “Spirito della Via della Seta”, citato la Li Qiang e Xi Jinping   negl’incontri della settimana scorsa coincide sostanzialmente con il multipolarismo. Su casi concreti, come l’auto elettrica, significa mantenere in piedi  l’apertura dei commerci fra Est e Ovest, quella  che aveva portato alla creazione del WTO e all’ adesione, allo stesso, di Russia e Cina.

Esso non coincide, come invece ha detto qualcuno, con “un progetto di espansione mondiale della Cina”. Infatti, la “Via della Seta” o come veniva chiamata in un lontano passato (“Via Regia” o “Periplum Maris Indici”) non era mai stata un’esclusiva della Cina, bensì coinvolgeva altrettanto le Repubbliche Marinare italiane, gl’ imperi Persiano e  Bizantino, i potentati mussulmani ed indiani, l’Asia Centrale e il Sud-Est Asiatico (tutte le terre visitate da Marco Polo e dai Gesuiti, oltre che da tanti altri viaggiatori cristiani, buddisti, manichei, mussulmani e  cinesi), sì che i suoi punti centrali erano Damasco, Samarcanda, Musiris, Mahabalipuram, Malacca….

Tra parentesi, ai nostri giorni, l’idea di una “Nuova Via della Seta” l’aveva lanciata Hillary Clinton nel 2010.Tuttavia, essa era stata lasciata cadere poco dopo dall’ America, e la Cina se n’era quindi impossessata con gran fragore e grandi investimenti, a partire da un famoso discorso di Xi Jinping nel 2013.

Il concetto centrale delle “Nuove Vie della Seta” è che, dopo lo stallo conseguente all’invasione occidentale, nell’ Ottocento,  di Siberia, India e Cina, l’asse centrale del commercio mondiale  dovrebbe tornare a posizionarsi, nel XXI° secolo,  in Asia, dove viveva (e ancor vivono) i 2/3 della popolazione mondiale. Di questo si erano accorti appunto gli Americani, e per questo avevano abbandonato l’idea della Via della Seta e scoraggiato i loro alleati a parteciparvi, perché uno spostamento dell’asse dei commerci internazionali, da chiunque realizzato,  non potrà non comportare anche un mutamento dei rapporti di forza fra modernità occidentale, nuovo confucianesimo, hindutva e islam. L’allontanarsi dell’Asia dal Marxismo non ha comportato, come sperato in Occidente,  l’accettazione dell’egemonia americana, bensì la rinascita delle rispettive culture pre-rivoluzionarie, cosa che invece l’Europa non ha potuto conseguire perché ingabbiata nell’ Occidente.

 Di qui il primo voltafaccia italiano (l’abbandono del primo Memorandum con la Cina), che oggi viene a sua volta rinnegato.

La giustificazione ufficiosa era stata che, mentre il progetto dell’Occidente, alla caduta del Muro di Berlino, era quello di “assorbire” gradualmente l’ex blocco socialista, paese per paese, fino a inglobare la Cina nel sistema di potere americano-centrico, ci si era presto accorti che l’introduzione, nel sistema cinese, di elementi occidentali, lungi dallo scardinarlo, lo rafforzava. Le trattative fra i vertici degli Stati potevano essere condotte meglio da un Paese a partito unico che da un sistema decentrato come l’Occidente; le enormi imprese cinesi potevano competere molto efficacemente sui mercati mondiali con le multinazionali americane;  gli start-upper cinesi avevano più sostegno da parte del PCC di quanto ne avessero quelli americani dall’ ARPA e dalla finanza di Wall Street; c’erano più intellettuali anglo-americani affascinati dal confucianesimo che intellettuali cinesi filo-americani; infine, la Cina ha un mercato in crescita di un miliardo e mezzo di lavoratori e  consumatori, il cui accesso è diventato un’esigenza vitale per le imprese occidentali.

Questo è ciò che Americani e Europei chiamano “concorrenza sleale”. Ma perché mai, se un Paese ha un sistema più efficiente nel commercio internazionale, dovrebbe modificarlo per rendersi impotente nella competizione mondiale? E perché l’Italia avrebbe dovuto risentirsi di questo tipo di concorrenza, che danneggia semmai l’economia americana, ma non la nostra?

Oggi, si accusa la Cina di una nuova colpa che tale non è: la sovrapproduzione. La Cina produrrebbe di più di quanto essa sia in grado di consumare. Ma ciò è sempre stato, perché essa è, come l’Italia, un Paese esportatore. E c’è di più. La sovracapacità della Cina è semplicemente l’effetto del “signoraggio del dollaro”. Essendo (ancora) il dollaro la valuta internazionale di riserva e di scambio, nulla di più facile per il Governo americano che stampare sempre più dollari per permettere agli Americani di comprare sempre più merci dai Paesi esportatori, e, in primis, dalla Cina, mantenendo, così, a spese degli altri Paesi, un tenore di vita particolarmente dispendioso, e non sostenuto dalla loro economia reale. Inoltre, il deficit commerciale degli USA è un comodo strumento di ricatto verso i Paesi esportatori, perché un’eventuale riduzione di questo deficit significa indebolimento delle economie dei Paesi esportatori. La via di uscita dal deficit commerciale degli Stati Uniti verso la Cina (e il resto del mondo) sta comunque già delineandosi: è la “de-dollarizzazione”, che, togliendo al dollaro il signoraggio, ridurrà gli Usa a un Paese fra gli altri, costringendo il suo Governo a una politica di austerità e gli Americani a una drastica riduzione del loro tenore di vita, con il corrispondente innalzamento di quello dei partner commerciali degli USA, che potranno finalmente permettersi di comprare le sovracapacità dei Paesi esportatori. Di qui la radicalizzazione della politica americana, non avvezza a “tirare una coperta troppo corta”.

2.Dazi e sanzioni non funzionano

Da quando, all’inizio di questo secolo, si era vista quella formidabile espansione dell’economia cinese, era partita una corsa per ideare e imporre soluzioni di vertice atte a frenare la naturale espansione delle idee, delle politiche, dell’economia e delle imprese cinesi, mediante il “decoupling”, il “re-shoring” e il “friend-shoring”. Si era incominciato ipotizzando di  scavalcare il WTO, organizzazione universale delle Nazioni Unite, con due minori associazioni “regionali”, il TFF per l’Occidente e il TIFF per l’Asia-Pacifico, che lasciassero fuori la Cina e la Russia. Quelle due organizzazioni, imposte con trattative segrete, furono bocciate, prima ancora che dai Cinesi, dal mondo imprenditoriale occidentale, che non accettava di vedere la propria libertà di commercio coartata per ambizioni geopolitiche.

Si passò allora ai dazi. Tuttavia, le concomitanti crisi georgiana e ucraina, con le loro sanzioni nei confronti della Russia, offrirono in realtà enormi spazi di mercato alla Cina, per la vendita di beni di consumo, gli investimenti e l’importazione di materie prime, in sostituzione di quelli occidentali.

Adesso, ci si sta rendendo conto che frenare l’ascesa, almeno economica, di un Paese di un miliardo e mezzo di abitanti, non travolto dalle continue crisi che coinvolgono buona parte del mondo, non è materialmente possibile. Ma poi perché la si dovrebbe frenare? Ammesso e non concesso che ne abbiano qualche vantaggio gli Americani, che vantaggio ne avremmo noi Europei, che, da quando siamo prigionieri del nostro cantuccio atlantico, siamo in un’ interminabile fase di sostanziale stagnazione?

Quindi, nuova corsa: questa volta, a riaprire il dialogo.

3.Un nuovo orientamento dell’ Italia?

Così, bene sta facendo il Governo a “ricucire” ciò che aveva esso stesso strappato (cioè il Memorandum sulla Via della Seta). Tanto più che ne è andato di mezzo il nostro sistema industriale, che non ha mai accettato l’esclusione dalla nostra rete delle tecnologie 6G, quasi-monopolio di aziende cinesi, e che si sta sforzando di attirare un investimento cinese nell’automotive per compensare le défaillances di Stellantis. La quale a sua volta ha appena iniziato l’ importazione delle auto elettriche della partner cinese Leapmotors.

Si tratterebbe di uno stabilimento in grado di realizzare 100mila auto in un anno, il primo completamente cinese in Italia (aggirando così i dazi e i divieti europei di incentivi).E, quasi come una beffa, questo produttore sarebbe un (quasi ex) socio di Stellantis, che potrebbe rilevare l’ex stabilimento Maserati di Grugliasco, o insediarsi nella ex Olivetti dell’italo-cinese Professor Chu. Dongfeng è un’azienda a totale capitale pubblico cinese, di Wuhan, ed è fra i partner dell’italiana DR (De Risio), che rimarchia e commercializza auto cinesi in Europa (di recente anche con il marchio Tiger). Ma soprattutto, è socia di Stellantis. Dieci anni fa, difatti, la Dongfeng (una forza produttiva di un paio di milioni di veicoli in patria) fu fra i protagonisti della ricapitalizzazione di PSA Peugeot, arrivando ad averne il 14%. Quota poi ridottasi con Stellantis, ma tutt’ora esistente anche se a poco più dell’1,5%. Per il riacquisto delle sue azioni Stellantis ha già pagato un miliardo e c’era l’intenzione, con l’ultimo buyback in corso, di liberarsi dell’ingombrante partner, soprattutto avendo ormai in corso la Joint Venture con Leapmotor.

In realtà, gli Europei avrebbero tutto l’interesse a non associarsi alla suicida politica americana dei dazi sulle auto elettriche, e a  favorire la propria crescita attraverso imprese congiunte con i Cinesi (che è stata la politica tradizionale dei grandi marchi tedeschi).

Inoltre, restano più vivi che mai tutti i legami storici e culturali, da Marco Polo a Matteo Ricci, ma anche da Leibniz a Voltaire, fra Italia (ed Europa) e Cina,  due antichi imperi aventi tutto l’interesse a ricreare un nuovo multipolarismo di civiltà tradizionali, come ai tempi della Via della Seta. Il termine non piace in Occidente proprio per questo: perché si richiama a un tempo in cui gli Stati Uniti neppure erano concepibili, e invece Cina e India, Islam e Europa, dominavano la scena internazionale.

Sembra che ora, nell’ incertezza dei rapporti con gli USA e con la UE,  il Governo italiano si stia orientando proprio in tal senso, proponendo perfino l’Italia,  sulla scia di Orbàn, quale “ponte” fra la UE e la Cina. Il che, nell’interpretazione dei Cinesi, equivale a una partecipazione informale alla Via della Seta. Ma allora, come lamenta Giuseppe Conte, perché è stato abbandonato il vecchio Memorandum che diceva le stesse cose? Oggi, l’Italia ha portato a casa una serie di accordi bilaterali funzionali al business ma rischiosi per tutti quei settori che da sempre sono considerati più sensibili nel rapporto tra Italia e Stati Uniti, oggetto di attenzioni speciali dell’UE, e più in generale nelle relazioni atlantiche. Il nuovo Memorandum, che sostituisce quello lasciato cadere, parla infatti di cose altrettanto, se non più, concrete, come l’automotive  e l’intelligenza artificiale (i BAATX).Solo attraverso una cooperazione con la Cina potrebbero nascere delle multinazionali a base italiana ed europea nel campo dell’ informatica, che gli USA temono come la peste, come dimostrato dal caso Olivetti, il cui braccio destro, il Professor Chu, era, guarda caso, italo-cinese. Inutilmente la Commissione, per frenare le avances italiane, richiama la competenza europea in materia di commercio con l’estero, quando essa non ha fatto che eseguire i diktat degli Stati Uniti, e nessuno, tanto meno la Francia e la Germania, ha accettato sue ingerenze nei loro rapporti con la Cina.

Purtroppo, sono proprio quei Paesi, grandi investitori in Cina, a dover ora implementare, loro malgrado, le imposizioni europee sui dazi. Il che ne renderà la realizzazione impossibile.

Pe questo, in realtà, i messaggi dall’incontro Xi-Meloni valgono per tutti gli Europei, che non potranno rilanciare la loro economia se non con delle joint ventures paritetiche con le multinazionali cinesi, come da noi a  suo tempo suggerito con “L’Europa corre sulle Vie della Seta”.Proprio per questo, insieme alla premier, sono andati in Cina i leader delle maggiori imprese italiane, ben intenzionate a sfruttare questa finestra di opportunità.

Si sta forse realizzando quanto da noi suggerito con il volume Da Qin?

Come ha detto Xi Jinping, occorrerebbe però, da parte italiana, una maggiore sincerità. Infatti, le cose scritte in questo articolo le sanno tutti, o almeno nel mondo politico e nei ministeri, ma invece si preferisce trincerarsi dietro bugie diplomatiche, quali quelle della “concorrenza sleale” e della “sovracapacità”.

In particolare, le collaborazioni industriali con la Cina dovrebbero partire dal riconoscimento dell’arretratezza tecnologica europea derivante dalle forme attuali di collaborazione all’interno del sistema economico occidentale (e in primis nel settore digitale, e in generale nella alte tecnologie), che potrà essere superato solo con una reale volontà di fare concorrenza alle multinazionali americane.

4.Il Congresso Mondiale di Filosofia a Roma  e la Via della Seta Culturale

Come ha commentato alla televisione l’ambasciatore italiano a Pechino, Ambrosetti,  in occasione della mostra di Pechino su Marco Polo inaugurata dalla premier, se si vuole commerciare, bisogna innanzitutto intendersi. Si impone dunque innanzitutto una Via della Seta Culturale, che è la più difficile da realizzare, perché equivale alla negazione del sistema concettuale dell’ Occidente.

In questo campo, l’arretratezza degli Europei è abissale. Non solo per via dell’ignoranza generalizzata sulla storia, la geografia, le culture e le lingue dell’ Asia, bensì anche per l’arroganza che ha sempre caratterizzato l’”establishment” occidentale, dall’ “Esquisse” di Condorcet, alla Fenomenologia dello Spirito di Hegel,  alle “Leaves of Grass” di Whitman,  fino all’idea del primo Fukuyama di una  “Fine della Storia” con la vittoria finale dell’American Creed – tutte fondate sull’ idea hegeliana che le culture medio-orientali, indiane e cinesi rappresentino delle fasi “superate” della “Storia Universale”-.

Non a caso il Congresso Internazionale di Filosofia, che si è aperto (guarda caso) a Roma ha per titolo”La filosofia attraverso i confini”, partendo dal documento “Convivialità e dialogo fra i popoli. Termine, “Convivialità” , che ricorda da vicino la “Sobornost’”, che è lo slogan del cristianesimo ortodosso russo. ”(cfr. Solomon e Higgins, From Africa to Zen).

Tuttavia, anche gl’intellettuali “mainstream” che inneggiano alla multiculturalità non sono immuni da profondi retaggi dell’”arroganza romano-germanica” (cfr.Trubeckoj, “Europa e Umanità”), quali, ad esempio, la sostanziale riduzione della realtà al mondo empirico, la pretesa di una logica universale, che in realtà è ricalcata su quella, rigidissima, delle lingue occidentali ribattezzate da qualcuno come “nostratiche”, la centralità della politica, che riduce la filosofia ad ideologia, il mito del progresso…Intanto, la “cancel culture” che era partita come  un attacco all’ egemonia WASP nella cultura americana, sta finendo  per colpire anche la cultura europea, e addirittura, a ben guardare, quelle afro-asiatiche, accusate di misticismo, patriarcato, autoritarismo. In tale modo, non si riesce in alcun modo a mettersi nei panni degli altri, bensì si continua ad ergersi sul proprio piedestallo ideologico.

Al contrario, l’insegnamento stesso della filosofia non potrebbe più farsi se non in stretta connessione con la filologia generale e comparata. Infatti, una cosa è il pensiero fondato su sistemi alfabetici, che riproducono i suoni, e altro è una filosofia fondata su una scrittura pittografica, che passa immediatamente dal simbolo al concetto, scavalcando le questioni di grammatica, sintassi e pronunzia, potendo così accomunare le logiche di civiltà così diverse come quelle cinese, coreana, giapponese e vietnamita. Quindi, occorrerebbe invertire le basi stesse dello studio “delle filosofie”, partendo, per esempio, dai “Jiaguwen”, i 230 “radicali” che rappresentano le “idee primordiali” delle civiltà siniche e costituiscono gli elementi costitutivi dei 30.000 caratteri cinesi.

Giustamente Roberto Esposito ha criticato su La Stampa anche l’utilizzo ormai assorbente dell’ Inglese anche nella filosofia comparata (che porta ad un’ulteriore banalizzazione del fatto linguistico).Ma la soluzione non è, a nostro avviso,  un utilizzo indiscriminato della traduzione, che sta diventando per necessità traduzione automatica, bensì nel dovuto accoppiamento fra una cultura linguistica comparata e l’uso intelligente della traduzione automatica resa possibile dall’ Intelligenza Artificiale, che renderà inutile una “lingua veicolare” e rivaluterà tutte le grandi lingue storiche di cultura (Latino, Greco, Ebraico, Arabo, Persiano, Sanscrito, Tamil, Ge’ez, Cinese Classico, Giapponese Classico), nelle quali gl’intellettuali potranno ricominciare a scrivere e a parlare, disponendo di linguaggi più adeguati per i concetti astratti.

Non c’ è dunque una sola “storia della filosofia” (come si insegna nei nostri licei), bensì un “grappolo” di storie della filosofia (quelle “occidentali”: greco-cristiana-moderna, ebraica, islamiche, russo-ortodosse, americane;  quelle “siniche”-le “San Jiao” taoista, confuciana, buddhista-; quelle “indiche”: buddhist e indù; quelle “africane”; quelle pre-colombiane e indigenistiche; quelle pre-alfabetiche).

Quando la cultura europea ha voluto esprimere la sua disperazione per il vuoto creato dagli eccessi del progressismo, essa si è sempre rivolta all’ Oriente (“Il Vero Significato del Signore del Cielo” di Matteo Ricci, i “Novissima Sinica” di Leibniz, il “Rescrit de l’Empereur de la Chine” di Voltaire, il “Westöstlicher Diwan” di Goethe, il “Mondo come Volontà e Rappresentazione” di Schopenhauer, la “ Crisi del Mondo moderno ” di Guénon, la “Waste Land” di Eliot, il “Cammino del Cinabro” di Evola, la “Citadelle” di Saint-Exupéry). I “Conservatori Europei” di oggi, se vogliono costruire credibilmente un’“altra Europa”, non possono certo ignorare questa realtà, che, storicamente, i loro antenati erano stati i primi a individuare. A buon senso, non si può pretendere ch’ essi avallino oltre un certo limite la “cancel culture” della “sinistra bianca” (“Bai Zuo”, cfr:: “La falsa moralità della sinistra bianca occidentale e gli scienziati patriottici”, su “Renren”), che ha trovato espressione, per esempio, nell’ inaugurazione dei Giochi Olimpici di Parigi, mettendosi, con ciò, contro la cultura confuciana dell’ordine, quella indiana delle gerarchie, quella islamica della religione, quella africana e sudamericana della natura.

La riapertura del dialogo con la Cina dovrebbe servire  quindi anche e soprattutto per uscire dall’attuale crisi esistenziale dell’ Umanità (che ha come epicentri convergenti l’egemonia dei GAFAM (messa in evidenza per ultimo dalla sentenza Google e dall’invasione dell’ arena politica da parte di Musk), la “Terza Guerra Mondiale (a Pezzi”?) e la “Cancel Culture”(o “Cultura Woke”), così come raccomandato, prima di morire, da Henry Kissinger, e, più recentemente, dal Papa. In questo, l’Italia potrebbe fungere veramente da “ponte” culturale, al di là dei limiti burocratici dei Trattati Europei, anch’essi da riscriversi per esprimere la vera Identità Europea e i veri interessi dell’ Europa e del mondo (cfr. il libro “Da Qin”, da noi pubblicato nel 2018).

FRA I GAFAM PER TRUMP E IL GATTOPARDISMO EUROPEO

In mezzo alle tragedie, l'”establishment” ostenta soddisfazione.

La scorsa settimana, mentre il Parlamento Europeo ha ratificato il rinnovo dell’incarico a Ursula von Der Leyen, si è svolta a Milwaukee una convention repubblicana che, dopo il fallito attentato a Trump, non ha potuto che consacrarne a gran voce la nomination per il Partito Repubblicano.

Mentre il voto europeo è stato caratterizzato  dall’allagamento ai Verdi dell’alleanza a favore della Presidente uscente, una mossa in sostanza in sostanziale coerenza con il passato, la scelta dei Repubblicani americani sembrerebbe seguire una linea politica, ma soprattutto ideologica, di apparente  rottura con il “mainstream”. In particolare:

-rafforzato messianesimo, sostenuto da un’interpretazione taumaturgica del fallito attentato;

-venature monarchiche (Yarvin);

-teorizzazione della tecnocrazia del web (Srinivasan).

Rottura per altro anche questa a nostro avviso solo apparente perché, come non ci stanchiamo di ripetere da sempre, il vero filo conduttore della storia americana è stato costituito dal messianesimo, prima religioso, poi politico, e, alla fine, tecnologico, che sfocia nel chiliasmo della missione dell’America, sul quale sono d’accordo tutti i partiti.

Dalla presunzione dei primi puritani di costruire in America la biblica “casa sulla collina”, che  tutti avrebbero dovuto imitare, al “White Man’s Burden” che l’America avrebbe ripreso dall’ Inghilterra per portare ovunque la civiltà, per passare poi alla battaglia reaganiana contro l’ “Impero del Male”, al progetto di Kurzweil di realizzare attraverso Google la “Singularity Tecnologica”e l’idea di Eric Schmidt  che Google deve guidare gli USA alla conquista del mondo.

Sulla strada verso la Singularity, Musk ha superato Schmidt e Kurzweil

1.Al di là dei GAFAM

Oggi però si è raggiunto un livello di vicinanza alla Singularity mai fino ad ora nemmeno intravisto, grazie in particolare all’ intervento diretto nella campagna elettorale di “tycoons” informatici come Musk, Thiel e lo stesso Vance, che spostano clamorosamente le loro “donations” da un candidato all’ altro, con l’intento evidente d’imporre le rispettive strategie per il controllo  tecnologico del mondo.

I teorici trumpiani vogliono andare al di là dello stesso  progetto schmittiano di “Googleization of the World”. proclamando apertamente il progetto di Saint Simon: gl’imprenditori quali sacerdoti della Religione della Umanità, attraverso l’attribuzione formale del potere alle multinazionali del web : “Silicon Valley governi il Paese”(Srinivasan).

Si realizza così la previsione di Morozov, che l’informatizzazione costituirà l’arma finale dell’ America-mondo per bloccare a proprio favore la Storia mondiale. Progetto per altro oggi contrastato dalla nascita di un’industria digitale cinese (i BAATX, speculari ai GAFAM, ma soggetti a una disciplina ben più reale: il “crackdown sui BAATX”).

Non per nulla Elon Musk si è qualificato quale il massimo finanziatore di Trump, con 45 milioni di dollari al mese per la campagna elettorale. Come resistere a queste coalizioni di tycoons? E come impedire che l’intero “establishment” europeo, senza nemmeno lo spauracchio di una repressione di tipo “asiatico”, si faccia comprare in blocco sottobanco dagli stessi “donors” che finanziano in modo aperto la politica americana? Ammesso che non l’abbia già fatto, visto come, nonostante le varie finte, si è guardata bene da attaccare seriamente (per esempio sul fisco, sull’antitrust, sulla privacy)i GAFAM, nonostante che questi siano inauditi monopoli che vivono in simbiosi con l’apparato informatico-digitale americano.

Quegli atteggiamenti degl’ideologhi di Trump, che potrebbero sembrare isterici e privi di agganci con la realtà, sono perciò assolutamente comprensibili e razionali in un’America la cui cultura è dominata da sempre dal funesto incrocio fra  messianesimo e plutocrazia, e che si trova anche, oggi, di fronte alla drammatica prospettiva di essere scavalcata in efficienza da Paesi ritenuti “inferiori”, come la Cina e l’India. In questa situazione, è normale che l’establishment ricerchi freneticamente nuovestrategie politiche,se necessario voltando le spalle alle tradizionali retoriche americane dell’ egualitarismo e del liberismo, per abbracciare varie forme di realismo politico, dall’ autoritarismo all’interventismo economico, ritenute più idonee a rallentare l’ascesa dell’ Asia, e, con ciò, la decadenza dell’ Occidente. In questo s’inserisce un ulteriore rafforzamento della figura carismatica di Trump e della sua famiglia, sostenuto, da un lato, dalla sentenza della Corte Suprema del 1° luglio, che sancisce di fatto il principio della superiorità del Presidente sulla legge, caratteristico delle monarchie assolute (“Princeps legibus solutus”).

Uno di questi nuovi percorsi  potrebbe essere costituito dalla scelta di un’ alleanza con la Russia per contrastare la Cina, invertendo così il percorso iniziato a suo tempo da Kissinger negli anni ‘70 del XX secolo. E’ questa la prospettiva più temuta dall’establishment europeo, sbilanciatosi in modo autolesionistico a favore una guerra in Ucraina che, checché esso affermi, costituisce la negazione dei suoi interessi e valori.

Per ciò che riguarda Trump, da un lato,  egli si è immedesimato nello Zeitgeist inaugurato da Putin, Xi Jinping e Modi, basato su una rinascita religiosa, sul nazionalismo economico e su un leader carismatico, una formula divenuta quasi un obbligo per i governi delle grandi potenze in una fase, come questa, caratterizzata da forti rivalità geopolitiche e dall’ imminenza della IIIa Guerra Mondiale, e, dall’ altro, non ha fatto altro che approfondire un trend già avviato sotto Reagan e i due Bush, verso una “presidenza imperiale”.

Anche sotto questo punto di vista, il “motore immobile” verso l’accentramento è costituito dall’ Intelligenza Artificiale, che s’identifica con l’essenza ultima della transizione digitale: un’unica mega-macchina super-intelligente che pensa per tutti, come nei romanzi di Asimov, per il bene di tutti. Il sistema politico occidentale, che sarebbe “basato sulle regole” serve appunto a tenere tutti “legati e imbavagliati” in attesa che i GAFAM completino la costruzione della megamacchina. Le “regole” si riveleranno alla fine essere quegli algoritmi “etici” da tutti auspicati, nei quali la cosiddetta “algoretica” tradurrà il moralismo puritano, nelle sue varie declinazioni de “politicamente corretto” e del “woke”.

Il primo uomo in cui Musk ha fatto inserire una chip cerebrale

2.”Bisogna cambiare tutto perché nulla cambi”

Alla febbrile agitazione della politica americana e dei GAFAM fa da riscontro l’immobilismo europeo, che continua a proporci da decenni lodevoli obiettivi fondati su ideologie tradizionali, ma che sono soffocati sotto un mare di libri “verdi” e “bianchi” e di retoriche buoniste, senza l’ombra di una realizzazione concreta.

A mancare all’ appello non è solo la Federazione Europea, ma anche l’Esercito Europeo, l’Identità Europea,  i Campioni Europei, la Rete Europea, che non possono certo essere surrogati da sempre nuove autorities, da un mare di finanziamenti a pioggia con chiari “biases” ideologici, da generiche politiche per le piccole e medie imprese o   dall’Artificial Intelligence Act. Quello che manca è soprattutto ciò che oggi è più urgente: un piano europeo globale di comprensione, dibattito, controllo e rinnovamento dell’ Intelligenza Artificiale.

Quell’impostazione mistificatrice  risulta evidente da una anche solo rapida lettura del programma presentato dalla von der Leyen, i cui titoli sono bellissimi, ma, quando ci si guarda dentro, tradiscono il vuoto, quando non la falsità:

a)a cominciare dalla pretesa che l’economia sociale di mercato stia dando all’ Europa un vantaggio competitivo, mentre invece l’economia europea sta soffrendo proprio per l’assenza di quella politica, come per esempio la mancanza di programmazione, le carenze della partecipazione dei lavoratori, la mancanza di Campioni Europei, l’assenza dalle grandi piattaforme europee…;

b)per passare al preteso “rispetto delle regole”, quando le multinazionali americane sono in continua violazione delle regole stesse con la connivenza delle Istituzioni europee (vedi sentenze Schrems);

c)continuando con l’informatica, di cui l’ Europa è un consumatore, non un produttore, e di cui si fa solo qualche vago accenno, fra i tanti altri temi molto meno importanti, confessando così, implicitamente, che si vuole la continuazione dell’ attuale situazione di svendita del Continente;

d)e ancora con la Politica di Difesa, che viene vista solo come un finanziamento aggiuntivo alle industrie nazionali, non già come un problema di creazione di un’élite europea, di cultura comune, di patriottismo europeo, di intelligence e di alte tecnologie, e, non ultima, di disponibilità a battersi;

e)Per finire ancora con il discorso sui diritti umani, da imporre agli altri Stati, mentre noi siamo i primi a non rispettare le minoranze etniche (come quelle dei Russi – di milioni di persone sparse in tutto l’UE ma la cui lingua non è riconosciuta-,dei Serbi cacciati irreversibilmente dalla Krajina; dei Catalani, i cui rappresentanti eletti hanno dovuto scontare lunghe pene detentive nelle carceri spagnole); ideologiche (come l’islam politico ,  il cristianesimo integralista-vedi Lefebvre e Viganò-, e perfino quel post-fascismo da cui l’attuale Governo italiano trae in realtà il nocciolo duro dei suoi voti).

Ursula von der Leyen ha espresso efficacemente quest’atteggiamento quando ha affermato, al Vertice Sociale di Porto, citando “il Gattopardo”: bisogna cambiare tutto perché nulla cambi”.

Tra l’altro, una questione di stile: perché il programma della Commissione e il discorso inaugurale sono in Inglese, quando l’ Inghilterra non fa parte della UE? Molto più opportunamente la Maltese Metsola usa spesso l’Italiano.

Occorre riproporre prepotentemente la questione della lingua, ma in modo radicalmente innovativo (uso moderno dell’ lingue classiche, più tradizione digitale -cfr. il nostro libro “Es patrìda gaian”-).

Un’opposizione all’ impostazione dominante ci sarebbe, anche al Parlamento Europeo, oltre che in quelli nazionali,  tanto a destra quanto a sinistra (pensiamo as esempio a Melenchon e Sahra Wagenknecht), ma sembrerebbe proprio che anche i partiti “sovranisti” siano in realtà parte del grande gioco, prestandosi essi a un’opposizione di comodo, ma non attaccando mai gl’interessi strategici dell’ “establishment”. Basti pensare che, sommando i voti di quei vari partiti (assolutamente intercambiabili), quello sovranista risulterebbe essere il primo gruppo politico di questo Parlamento, superiore perfino al PPE, e potrebbe perfino aspirare a proporre il presidente della Commissione.

In realtà, i vari gruppi “sovranisti” si agitano soprattutto  per far credere che esistano davvero, , per mettersi in mostra nei confronti dei loro attuali o potenziali sponsors (Biden, Trump, Putin, GAFAM?) facendo ciò che nella Marina delle Due Sicilie, si chiamava “ammuina”, vale a dire muoversi senza uno scopo sui vascelli.

Per esempio, il Parlamento, così deciso nella scelta pro-ucraina imposta dal Presidente Biden, incomincia già a sfilacciarsi, non solo con Orbàn, ma perfino con Michel, in previsione della vittoria elettorale di Trump in America, a cui tutti finiranno per allinearsi. Il Parlamento Europeo risulta essere, in tal modo, solo la cassa di risonanza delle vicende politiche americane. E’ lì che si adottano le vere scelte politiche, anche per l’ Europa. Del resto, l’idea stessa dell’ integrazione europea postbellica era stata lanciata, nell’ arena politica, da un voto in tal senso del Senato Americano (su proposta del Senatore Fulbright). Come si può pensare che, con una tale premessa, le Istituzioni Europee si esprimano in un senso contrario alla posizione di volta in volta egemonica in America?

Certo, l’attuale situazione kafkiana, con un’America profondamente divisa, il tentativo di Russia e Cina d’influenzare la politica occidentale, la forte consistenza numerica, ma anche la debolezza strutturale, dei sovranisti di destra e di sinistra, aprirebbe parecchi spiragli per una eventuale strategia di critica da parte di minoranze attive desiderose di unificare l’Europa sul serio, e non a parole come si è fatto fino ad ora.

Chi avrà il coraggio d’ incominciare?

IL PAPA AL G7:

l’INTELLIGENZA ARTIFICIALE: “FASCINANS ET TREMENDUM”

Il tanto atteso intervento del Papa al G7 si è mosso, almeno parzialmente, nella giusta direzione, soprattutto là dove ha abbandonato la finta neutralità dell’”establishment”, anche ecclesiale, circa l’ “algoretica”, chiarendo, al contrario,  che l’Intelligenza Artificiale è “Fascinans et tremendum”, carattere che Rudolf Otto aveva attribuito come caratteristica specifica al “Sacro”. Quindi, è emerso, anche se implicitamente, che il Papa considera l’Intelligenza Artificiale una nuova religione. Secondo il “Primo Progetto Sistemico dell’ Idealismo Tedesco (attribuito a Hoelderlin, Hegel e Schelling) la “nuova scienza” costituirebbe addirittura la trama occulta della Modernità – contendendo esso, spesso vittoriosamente, come scriveva Saint-Simon (“la Réligion de l’Humanité”) –, il ruolo ch’era stato, per molti millenni, proprio delle “religioni tradizionali”(e in primis del Cristianesimo), che avevano al loro centro una salvezza “spirituale” e individuale, non già materiale e collettiva.

In ciò consiste la “dignità di ogni singola persona”.

Oggi più che mai, alla “vulgata” del “Pensiero Unico” è sottinteso che le singole religioni (come le altre concezioni del mondo) possono coesistere pacificamente fra di loro e con la dominante “religione civile” del Progresso perché sono dei vuoti simulacri, mentre la “vera” religione della Modernità è l’adorazione della Singularity Tecnologica, il “Dio veniente” costruito dagli uomini (i “Bogostriteli” cari al primo Bolscevismo). Quando invece qualche religione, come per esempio l’Islam, pretende d’ informare di sé l’intero comportamento umano, allora scatta l’interdetto dei guardiani dell’ortodossia tecnocratica, e partono nuove guerre di religione.

Il Pontefice ha parlato del “paradigma tecnocratico” come di un pericolo, alimentato dall’ Intelligenza Artificiale, ma in realtà questo paradigma è già dominante almeno dal II° Dopoguerra, quando il mondo fu diviso fra due “blocchi” animati da due diverse, ma convergenti, ideologie materialistiche orientate allo sviluppo economico, che oggi si sono fuse nell’ ideologia “TINA” (“There is no Alternative”).

Certo, vi è un’implicita contraddizione fra il carattere deterministico delle ideologie marxista e liberista e una “dignità della persona” che presuppone il libero arbitrio della singola persona. Il pensiero cristiano, affermando come irrinunziabile la “dignità della persona”, prende  sostenzialmente posizione contro la soteriologia collettivistica e deterministica dominante , e, come tale, si espone all’interdetto dei “gatekeepers” della cultura “mainstream”.

Il Papa si pone in un certo senso ambiziosamente al centro di questo implicito conflitto,  aspirando ad esprimere alcuni principi comuni, che vadano al di là dei diversi sistemi di valori, che così possano coesistere senza confliggere fra di loro (la distinzione, fatta da Hans Kueng, per il suo Weltethos, fra “valori Spessi” e valori “Sottili”, che però restano distinti fra di loro e non si confondono con l’ossequio al determinismo tecnologico ). Concezione, quella esposta dal Papa,  che, a sua volta, costituisce il risvolto etico di quel “mondo poliedrico”, o multipolare, che paradossalmente è proprio quello contro cui il G7 di Borgo Egnazia è stato organizzato.

Quel sincretismo pontificio, per quanto equilibristico, è forse l’unica via di uscita dalla tenaglia che si è creata fra l’unica religione viva e vegeta, quella del progresso senza limiti, e la conflittualità senza fine indotta dall’assolutismo dei singoli, diversi, sistemi di valori (come accade per esempio fra islamici ed ebrei, indù e islamici e fra sunniti e sciiti).

Una precisazione doverosa ed urgente, che la cornice mondano-kitsch del G7 ha indebolito, perché, per forza di cose, il messaggio del Papa ha dovuto essere abbassato al livello degli interlocutori (non già “Grandi della Terra”, come qualcuno li aveva definiti, bensì, più appropriatamente,  “anatre azzoppate”, per dirla con l’espressione usata da pressoché tutti i commentatori). Vale la pena di ricordare il giudizio ancor più severo, per esempio, di Quirico su “La Stampa” del 15 giugno:“sono questi i Grandi della terra?Sono loro a cui affidiamo il compito di fermare il precipizio più cupo e terribile?Una Santa Alleanza di mediocri sopravvissuti all’ Ancien Régime?”Così li apostrofa, giustamente, Quirico.

L’unico che abbia portato al tavolo un problema serio, l’Intelligenza Artificiale, e lo abbia fatto in modo approfondi, è stato dunque il Papa. Ma, come dicevamo, ha dovuto misurare le parole e moderare i toni, e censurare molti temoi, per non stonare troppo nel contesto del G7.

Di conseguenza, fondamentali considerazioni sul carattere non neutrale della tecnica, nonché sulla natura  non “generativa”, bensì “imbalsamatoria” dell’ Intelligenza Artificiale, e, infine, sull’urgenza del pericolo delle armi autonome, che pure sono presenti nel discorso del Papa, non si sono potute sviluppare appieno, potendo dare agli osservatori superficiali l’impressione che si sia trattato di un’ennesima espressione delle retoriche della cultura “mainstream”, mentre questo non è stato il caso.

Ma andiamo con ordine, commentando uno per uno i punti salienti dell’intervento papale.

  1. Nessuna innovazione è neutrale (Heidegger)

Contrariamente al luogo comune secondo cui l’Intelligenza Artificiale, come ogni altra tecnologia, può essere usata tanto per il bene, quanto per il male, il Papa ha chiarito che per lui, come per Heidegger, “la Tecnica non è qualcosa di tecnico”, bensì “uno strumento sui generis”:

“La tecnologia nasce per uno scopo e, nel suo impatto con la società umana, rappresenta sempre una forma di ordine nelle relazioni sociali e una disposizione di potere, che abilita qualcuno a compiere azioni e impedisce ad altri di compierne altre. Questa costitutiva dimensione di potere della tecnologia include sempre, in una maniera più o meno esplicita, la visione del mondo di chi l’ha realizzata e sviluppata.”

Ne consegue che qualunque cosa diciamo o facciamo (o non facciamo) circa l’ Intelligenza Artificiale è una scelta politica, culturale e storica. Anche l’idea dei GAFAM di posticipare la regolamentazione internazionale, che, di fatto, equivale a permettere loro di porre gli Stati dinanzi a dei fatti compiuti determinanti sul futuro dell’ Umanità, a cominciare dalla creazione di ecosistemi bellici autonomi, di cui il Papa ha parlato espressamente. E, purtroppo, questa scelta è quella che presiede all’ andamento delle trattative sulle armi autonome, che, secondo i documenti del G7, sono state aggiornate fino al 2026.

2)Una rivoluzione ontologica

Contrariamente a quanto permesso dal contesto del G7, il Papa ha definito l’Intelligenza Artificiale come “Uno strumento affascinante e tremendo al tempo stesso ed impone una riflessione all’altezza della situazione” ponendola al centro del dibattito internazionale, e non subordinandola ad altri temi importanti ma meno urgenti, “Infatti, l’intelligenza artificiale sul futuro dell’umanità….influenzerà sempre di più il nostro modo di vivere, le nostre relazioni sociali e nel futuro persino la maniera in cui concepiamo la nostra identità di esseri umani”.

Ciò non significa che in passato l’uomo non fosse influenzato e plasmato dalle tecniche ch’egli andava creando. Secondo il Papa, che riecheggia, in ciò, il pensiero tecno-scettico di Weber, Heidegger, Anders, Gehlen (espressamente citato) e De Landa,“l’essere umano ha da sempre mantenuto una relazione con l’ambiente mediata dagli strumenti che via via produceva. Non è possibile separare la storia dell’uomo e della civilizzazione dalla storia di tali strumenti. Qualcuno ha voluto leggere in tutto ciò una sorta di mancanza, un deficit, dell’essere umano, come se, a causa di tale carenza, fosse costretto a dare vita alla tecnologia (l’uomo, quale “animale imperfetto”, cfr. Nietzsche)

In effetti, fino dalla prima antichità, gli ominidi si sono sempre distinti dai pitecantropi per la loro abilità nel costruirsi delle “protesi”, siano esse fisiche o concettuali, per confrontarsi con il mondo (cfr. Gehlen). Con il passare dei millenni, l’uomo è divenuto così ricco di protesi (utensili armi, abiti, abitazioni, linguaggi, leggi, immagini), dal divenire indistinguibile da essi (la “Gabbia di acciaio” di Weber, l’”Apparato” di Heidegger).

3. La  condizione tecno-umana

Ne consegue che, addirittura,”parlare di tecnologia è parlare di cosa significhi essere umani e quindi di quella nostra unica condizione tra libertà e responsabilità”.

Tuttavia, con l’”Intelligenza Artificiale” si crea un rapporto nuovo fra uomo e tecnica, che rende palese quanto profondamente la tecnica influenzi l’uomo: “mentre l’uso di un utensile semplice (come il coltello) è sotto il controllo dell’essere umano che lo utilizza e solo da quest’ultimo dipende un suo buon uso, l’intelligenza artificiale, invece, può adattarsi autonomamente al compito che le viene assegnato e, se progettata con questa modalità, operare scelte indipendenti dall’essere umano per raggiungere l’obiettivo prefissato.”Ciò significa che, in linea di principio, l’uomo potrebbe perdere il controllo del suo “strumento”.

4.L’Intelligenza Artificiale non è propriamente “generativa”, bensì “rafforzativa” delle situazioni esistenti.

C’è chi nega che l’Intelligenza Artificiale possa divenire veramente “autonoma”.Questa negazione persiste anche nei confronti dell’I.A. cosiddetta “generativa: “Quest’ultima, in verità, cerca nei big data delle informazioni e le confeziona nello stile che le è stato richiesto. Non sviluppa concetti o analisi nuove. Ripete quelle che trova, dando loro una forma accattivante. E più trova ripetuta una nozione o una ipotesi, più la considera legittima e valida. Più che “generativa”, essa è quindi ‘rafforzativa’, nel senso che riordina i contenuti esistenti, contribuendo a consolidarli, spesso senza controllare se contengano errori o preconcetti.”

Ma è proprio per questo ch’ essa implica il pericolo della fine dell’ umanità, perché quest’ultima ,caratterizzata dall’ imperfezione, tende sempre a qualcosa fuori di sé, mentre l’Intelligenza Artificiale tende a ripetere all’ infinito gl’ input iniziali.Il risultato è quello “di irrobustire il vantaggio di una cultura dominante, ma di minare altresì il processo educativo in nuce. L’educazione che dovrebbe fornire agli studenti la possibilità di una riflessione autentica rischia di ridursi a una ripetizione di nozioni, che verranno sempre di più valutate come inoppugnabili, semplicemente in ragione della loro continua riproposizione “.

Del resto, questo è il compito affidato alla cultura nella società post-moderna: quello di educare i cittadini al conformismo del “politically correct” ,dell’ “egemonia culturale”, della “memoria condivisa”. Come stupirci se anche l’Intelligenza Artificiale non fa che rafforzare i “bias”, i pregiudizi che essa trova nei materiali umani su cui viene “addestrata”? Perfino la legislazione che pretenderebbe di contrastare i “bias”, in realtà svolge una funzione censoria nei confronti dei punti di vista anticonformistici, rivelandosi così un potente strumento di omologazione.

Il Pontefice ne è chiaramente consapevole:“Non possiamo, quindi, nascondere il rischio concreto, poiché insito nel suo meccanismo fondamentale, che l’intelligenza artificiale limiti la visione del mondo a realtà esprimibili in numeri e racchiuse in categorie preconfezionate, estromettendo l’apporto di altre forme di verità e imponendo modelli antropologici, socio-economici e culturali uniformi.”In sostanza, l’Intelligenza Artificiale, estrapolando le soluzioni dall’ universo dato, con la sola correzione della censura imposta dagli Stati, finisce per appiattire l’umanità sul modello tecnocratico, che allinea ogni forma di conoscenza secondo categorie astratte e quantificabili, perdendo, in sostanza, l’”esprit de finesse” a vantaggio dell’ “esprit de géométrie” (Pascal).

C’è di più: essa tende anche a frustrare gli sforzi fatti da scienziati e filosofi di tener conto del superamento del materialismo volgare realizzato grazie al Principio d’Indeterminazione (cfr. Wittgenstein, Heisenberg, De Finetti, Feyerabend, Faggin).

5.No al paradigma tecnocratico

“Il paradigma tecnologico incarnato dall’intelligenza artificiale rischia allora di fare spazio a un paradigma ben più pericoloso, che ho già identificato con il nome di ‘paradigma tecnocratico’. Non possiamo permettere a uno strumento così potente e così indispensabile come l’intelligenza artificiale di rinforzare un tale paradigma, ma anzi, dobbiamo fare dell’intelligenza artificiale un baluardo proprio contro la sua espansione.”

Per questo, la disciplina dell’ I:A: costituisce il campo di battaglia di una inedita “guerra culturale”. A questo scopo serve la politica, che deve regolamentare l’ AI:“A ciò si aggiungono le strategie che mirano a indebolirla, a sostituirla con l’economia o a dominarla con qualche ideologia. E tuttavia, può funzionare il mondo senza politica? Può trovare una via efficace verso la fraternità universale e la pace sociale senza una buona politica?».

Il senso di quella regolamentazione è che“Di fronte ai prodigi delle macchine, che sembrano saper scegliere in maniera indipendente, dobbiamo aver ben chiaro che all’essere umano deve sempre rimanere la decisione, anche con i toni drammatici e urgenti con cui a volte questa si presenta nella nostra vita. Condanneremmo l’umanità a un futuro senza speranza, se sottraessimo alle persone la capacità di decidere su loro stesse e sulla loro vita condannandole a dipendere dalle scelte delle macchine. Abbiamo bisogno di garantire e tutelare uno spazio di controllo significativo dell’essere umano sul processo di scelta dei programmi di intelligenza artificiale: ne va della stessa dignità umana.”

Ma fare dell’ Intelligenza Artificiale un “baluardo” contro il “paradigma tecnocratico” significa che la Chiesa si schiera in questa “guerra culturale”, cercando di radunare intorno a se i fautori del libero arbitrio contro quelli del determinismo algoritmico.

6.Individuare  principi condivisi

In pratica, è fondata la preoccupazione, espressa da molti, che, anche grazie all’ Intelligenza Artificiale, cioè alla macchinizzazione del mondo, siamo giunti, come ha scritto Martin Reed, al Secolo Finale dell’ Umanità, perché, come voleva Guenther Anders, l’”Uomo è antiquato”. Il Papa, riallacciandosi, in ciò, alla corrente maggioritaria della tradizione cristiana, crede di doversi opporre a questa sorte (“frenare l’Apocalisse”, secondo la tradizione paolina  del “Katechon”), anche se sa che è difficile trovare un accordo su come evitarla. E, diremmo noi, anche sul se sia opportuno evitarla, come dimostrano le opere di Ray Kurzweil, e, in campo cattolico, di Teilhard de Chardin, che sono invece animate dall’ansia “chiliastica” di giungere al più presto alla Fine.

Il Papa vuole comunque tentare una conciliazione dei principi in questa materia propri alle diverse culture mondiali, partendo proprio dall’ accettazione della molteplicità delle culture (essendo fedele, in ciò, alle sue radici gesuitiche; si pensi a Matteo Ricci):“In un contesto plurale e globale, in cui si mostrano anche sensibilità diverse e gerarchie plurali nelle scale dei valori, sembrerebbe difficile trovare un’unica gerarchia di valori. Ma nell’analisi etica possiamo ricorrere anche ad altri tipi di strumenti”

Paradossalmente, in un momento e in contesto, come quello del G7, dove si continua ad affermare che i valori dominanti nel Nord-atlantico all’ inizio del  XXI siano “validi sempre e in ogni luogo”, affermare  che “possiamo ricorrere anche ad altri tipi di strumenti”è rivoluzionario

“Se facciamo fatica a definire un solo insieme di valori globali, possiamo però trovare dei principi condivisi con cui affrontare e sciogliere eventuali dilemmi o conflitti del vivere” (i “Valori spessi”, comuni a tutte le culture, che invece sono caratterizzate da quelli sottili”, cfr. Kueng).

Orbene, a nostro avviso, questo qualcosa che unisce l’Occidente dalle “radici giudaico-cristiane” con l’Islam in quanto “religione del  Libro”, così pure come con l’Asia sincretista (sciamanesimo, mazdeismo, religioni tradizionali popolari, buddhismo, induismo, taoismo, confucianesimo), e con i “popoli prealfabetici” sono le basi culturali dell’”Epoca Assiale” (Jaspers, Eisenstadt,Assmann): Lingua, scrittura, religione, città, gerarchia, imperi. Tutte le cose che definiscono “la civiltà” (perché quel che c’era prima delle lingue scritte è difficile da definire), e che sono messi in forse dalla post-modernità: culto della tecnologia, linguaggio-macchina, lettura del pensiero,  armi autonome, governo degli algoritmi, Stato mondiale.

E, difatti, fuori dell’ Occidente, si sta ricreando sotto i nostri occhi proprio un facsimile del mondo dell’ Età Assiale: “Tian Xia” in Estremo Oriente, Bharat in Asia Meridionale, Dar al-Islam in Medio Oriente, Unione Africana fra i popoli più antichi, “Patria Grande” fra i discendenti degl’Inca, dei Maya e degli Aztechi. Esse si interfacciano nel riconoscimento reciproco, come ai tempi della “Pax Aeterna” firmata nel 532 tra Giustiniano e l’imperatore persiano Cosroe, uniti, allora, salla vecchia, e, oggi,  dalle nuove vie della seta. Mancano all’ appello solo i discendenti dell’Impero Romano, divisi dalle  pretese di primato delle diverse Terze Rome: Washington, Mosca, Istanbul, forse anche Bruxelles… Il Sommo Pontefice avrebbe gli strumenti per porsi al di sopra  delle diverse versioni della “Translatio Imperii”, che sono alla base dei conflitti attualmente in corso.

Sapranno le Chiese, l’Italia, l’Europa e il mondo, allargarsi a una visione tanto ampia in questo momento di grande difficoltà, così come auspicavano già Pufendorf, Novalis e De Maistre?

6.Gli argomenti non trattati a Borgo Egnazia

Ci sono alcuni aspetti che il Papa non ha trattato o ha appena accennato, ma che sono, invece, centrali per comprendere la questione e delineare possibili soluzioni.

Innanzitutto, gl’impianti neurali, per i quali Elon Musk ha ottenuto di recente l’autorizzazione delle autorità americane, e che potrebbero portare al collegamento diretto del cervello umano con un’Intelligenza Artificiale Generale, dal quale “qualcuno” (per ora Musk, domani la NSA, dopodomani il PCC…),  potrà fare muovere l’intera Umanità come un teatro di burattini, finché questo gioco non sarà assunto definitivamente da un’”Intelligenza Artificiale Generativa” (“la Megamacchina”).

Questa innovazione annullerebbe già di per se tutto quanto è stato detto, pensato e fatto in  materia di umanità, perché, abolendo il libero arbitrio, abolirebbe anche la libertà, non solo di azione, ma perfino di pensiero. In tal modo, abolirebbe anche l’Umanità, trasformata in qualcos’altro.

In secondo luogo, le “Armi Autonome”, alle quali il Papa ha accennato, ma soltanto in modo generico, sottacendo i fatti più importanti, quelli che si sarebbero dovuti affrontare in un “G7”, o meglio in un’assise internazionale veramente rappresentativa.

In effetti, lo stesso giorno in cui si chiudeva il G7, il Governo Ucraino ha annunziato, per primo, la creazione di un esercito di automi, la FUS (“Forza dei sistemi senza umani”), al comando del colonnello Vadym Sukharevskyj.

Il problema numero uno per la regolamentazione internazionale dell’ Intelligenza Artificiale è proprio il fatto che questa viene impiegata innanzitutto a scopi bellici, ma il relativo trattato delle Nazioni Unite viene bloccato dalle Grandi Potenze con il pretesto che “Le armi Automome non esistono”- in sostanza perché, come abbiamo visto, l’Intelligenza Artificiale non è veramente “generativa”, bensì segue in ultima analisi un input umano, quand’anche molto lontano-. E, nel caso bellico, un “inpunt lontano” , come le famigerate “Leggi della Robotica” di Asimoov, equivarrebbe semplicemente a lasciare alle macchine di decidere in autonomia. Che cos’è, infatti, “il bene dell’ umanità”? E, questo, in un contesto bellico in cui, per definizione, occorre “colpire il nemico”? Come distinguere fra “armi letali” e “armi non letali”, “obiettivi legittimi” e “effetti collaterali”?

D’altronde, il massimo sistema d’ arma autonomo attualmente impiegato, il “Perimetr’” russo (in Inglese, “Dead Hand”), consiste semplicemente nell’ automatizzare il comando di distruzione totale nel caso di annientamento del comando russo. Questo sistema, lanciato dopo il fallimento del sistema semi-automatico OKO nel 1983, costituisce paradossalmente anche la maggiore remora allo scatenamento della guerra nucleare, perché garantisce ch’ essa non avrebbe vincitori (o, al massimo,  se gli USA non avessero un sistema simile vincerebbe la Russia).

In queste condizioni, come è possibile affermare che le armi autonome non esistono? Al contrario, il motivo per cui non le si vuole regolamentare è che esse svolgono una funzione essenziale nell’ equilibrio nucleare, e, per questo, paradossalmente, anche nel mantenimento della pace.

Se non si affronta questo problema, l’esistenza dell’umanità resta appesa a un filo. Per questo, Kissinger, prima di morire, aveva raccomandato a Biden e a Xi Jinping da incominciare a trattare su questo punto, perché da esso dipende l’equilibrio politico mondiale, e, di conseguenza, anche l’esito delle guerre in corso, che non finiranno fintantoché i due nuovi blocchi contrapposti che abbiamo visto a Ginevra e a Mosca non si accorderanno suuna nuova ripartizione del potere e della ricchezza a livello mondiale.

Le Nazioni Unite hanno richiesto, come previsto nelle ultime opere di Kissinger, la firma di un trattato internazionale onnicomprensivo sull’ Intelligenza Artificiale e la costituzione di un’apposita Agenzia, sul modello di quella per il disarmo nucleare..