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FRA I GAFAM PER TRUMP E IL GATTOPARDISMO EUROPEO

In mezzo alle tragedie, l'”establishment” ostenta soddisfazione.

La scorsa settimana, mentre il Parlamento Europeo ha ratificato il rinnovo dell’incarico a Ursula von Der Leyen, si è svolta a Milwaukee una convention repubblicana che, dopo il fallito attentato a Trump, non ha potuto che consacrarne a gran voce la nomination per il Partito Repubblicano.

Mentre il voto europeo è stato caratterizzato  dall’allagamento ai Verdi dell’alleanza a favore della Presidente uscente, una mossa in sostanza in sostanziale coerenza con il passato, la scelta dei Repubblicani americani sembrerebbe seguire una linea politica, ma soprattutto ideologica, di apparente  rottura con il “mainstream”. In particolare:

-rafforzato messianesimo, sostenuto da un’interpretazione taumaturgica del fallito attentato;

-venature monarchiche (Yarvin);

-teorizzazione della tecnocrazia del web (Srinivasan).

Rottura per altro anche questa a nostro avviso solo apparente perché, come non ci stanchiamo di ripetere da sempre, il vero filo conduttore della storia americana è stato costituito dal messianesimo, prima religioso, poi politico, e, alla fine, tecnologico, che sfocia nel chiliasmo della missione dell’America, sul quale sono d’accordo tutti i partiti.

Dalla presunzione dei primi puritani di costruire in America la biblica “casa sulla collina”, che  tutti avrebbero dovuto imitare, al “White Man’s Burden” che l’America avrebbe ripreso dall’ Inghilterra per portare ovunque la civiltà, per passare poi alla battaglia reaganiana contro l’ “Impero del Male”, al progetto di Kurzweil di realizzare attraverso Google la “Singularity Tecnologica”e l’idea di Eric Schmidt  che Google deve guidare gli USA alla conquista del mondo.

Sulla strada verso la Singularity, Musk ha superato Schmidt e Kurzweil

1.Al di là dei GAFAM

Oggi però si è raggiunto un livello di vicinanza alla Singularity mai fino ad ora nemmeno intravisto, grazie in particolare all’ intervento diretto nella campagna elettorale di “tycoons” informatici come Musk, Thiel e lo stesso Vance, che spostano clamorosamente le loro “donations” da un candidato all’ altro, con l’intento evidente d’imporre le rispettive strategie per il controllo  tecnologico del mondo.

I teorici trumpiani vogliono andare al di là dello stesso  progetto schmittiano di “Googleization of the World”. proclamando apertamente il progetto di Saint Simon: gl’imprenditori quali sacerdoti della Religione della Umanità, attraverso l’attribuzione formale del potere alle multinazionali del web : “Silicon Valley governi il Paese”(Srinivasan).

Si realizza così la previsione di Morozov, che l’informatizzazione costituirà l’arma finale dell’ America-mondo per bloccare a proprio favore la Storia mondiale. Progetto per altro oggi contrastato dalla nascita di un’industria digitale cinese (i BAATX, speculari ai GAFAM, ma soggetti a una disciplina ben più reale: il “crackdown sui BAATX”).

Non per nulla Elon Musk si è qualificato quale il massimo finanziatore di Trump, con 45 milioni di dollari al mese per la campagna elettorale. Come resistere a queste coalizioni di tycoons? E come impedire che l’intero “establishment” europeo, senza nemmeno lo spauracchio di una repressione di tipo “asiatico”, si faccia comprare in blocco sottobanco dagli stessi “donors” che finanziano in modo aperto la politica americana? Ammesso che non l’abbia già fatto, visto come, nonostante le varie finte, si è guardata bene da attaccare seriamente (per esempio sul fisco, sull’antitrust, sulla privacy)i GAFAM, nonostante che questi siano inauditi monopoli che vivono in simbiosi con l’apparato informatico-digitale americano.

Quegli atteggiamenti degl’ideologhi di Trump, che potrebbero sembrare isterici e privi di agganci con la realtà, sono perciò assolutamente comprensibili e razionali in un’America la cui cultura è dominata da sempre dal funesto incrocio fra  messianesimo e plutocrazia, e che si trova anche, oggi, di fronte alla drammatica prospettiva di essere scavalcata in efficienza da Paesi ritenuti “inferiori”, come la Cina e l’India. In questa situazione, è normale che l’establishment ricerchi freneticamente nuovestrategie politiche,se necessario voltando le spalle alle tradizionali retoriche americane dell’ egualitarismo e del liberismo, per abbracciare varie forme di realismo politico, dall’ autoritarismo all’interventismo economico, ritenute più idonee a rallentare l’ascesa dell’ Asia, e, con ciò, la decadenza dell’ Occidente. In questo s’inserisce un ulteriore rafforzamento della figura carismatica di Trump e della sua famiglia, sostenuto, da un lato, dalla sentenza della Corte Suprema del 1° luglio, che sancisce di fatto il principio della superiorità del Presidente sulla legge, caratteristico delle monarchie assolute (“Princeps legibus solutus”).

Uno di questi nuovi percorsi  potrebbe essere costituito dalla scelta di un’ alleanza con la Russia per contrastare la Cina, invertendo così il percorso iniziato a suo tempo da Kissinger negli anni ‘70 del XX secolo. E’ questa la prospettiva più temuta dall’establishment europeo, sbilanciatosi in modo autolesionistico a favore una guerra in Ucraina che, checché esso affermi, costituisce la negazione dei suoi interessi e valori.

Per ciò che riguarda Trump, da un lato,  egli si è immedesimato nello Zeitgeist inaugurato da Putin, Xi Jinping e Modi, basato su una rinascita religiosa, sul nazionalismo economico e su un leader carismatico, una formula divenuta quasi un obbligo per i governi delle grandi potenze in una fase, come questa, caratterizzata da forti rivalità geopolitiche e dall’ imminenza della IIIa Guerra Mondiale, e, dall’ altro, non ha fatto altro che approfondire un trend già avviato sotto Reagan e i due Bush, verso una “presidenza imperiale”.

Anche sotto questo punto di vista, il “motore immobile” verso l’accentramento è costituito dall’ Intelligenza Artificiale, che s’identifica con l’essenza ultima della transizione digitale: un’unica mega-macchina super-intelligente che pensa per tutti, come nei romanzi di Asimov, per il bene di tutti. Il sistema politico occidentale, che sarebbe “basato sulle regole” serve appunto a tenere tutti “legati e imbavagliati” in attesa che i GAFAM completino la costruzione della megamacchina. Le “regole” si riveleranno alla fine essere quegli algoritmi “etici” da tutti auspicati, nei quali la cosiddetta “algoretica” tradurrà il moralismo puritano, nelle sue varie declinazioni de “politicamente corretto” e del “woke”.

Il primo uomo in cui Musk ha fatto inserire una chip cerebrale

2.”Bisogna cambiare tutto perché nulla cambi”

Alla febbrile agitazione della politica americana e dei GAFAM fa da riscontro l’immobilismo europeo, che continua a proporci da decenni lodevoli obiettivi fondati su ideologie tradizionali, ma che sono soffocati sotto un mare di libri “verdi” e “bianchi” e di retoriche buoniste, senza l’ombra di una realizzazione concreta.

A mancare all’ appello non è solo la Federazione Europea, ma anche l’Esercito Europeo, l’Identità Europea,  i Campioni Europei, la Rete Europea, che non possono certo essere surrogati da sempre nuove autorities, da un mare di finanziamenti a pioggia con chiari “biases” ideologici, da generiche politiche per le piccole e medie imprese o   dall’Artificial Intelligence Act. Quello che manca è soprattutto ciò che oggi è più urgente: un piano europeo globale di comprensione, dibattito, controllo e rinnovamento dell’ Intelligenza Artificiale.

Quell’impostazione mistificatrice  risulta evidente da una anche solo rapida lettura del programma presentato dalla von der Leyen, i cui titoli sono bellissimi, ma, quando ci si guarda dentro, tradiscono il vuoto, quando non la falsità:

a)a cominciare dalla pretesa che l’economia sociale di mercato stia dando all’ Europa un vantaggio competitivo, mentre invece l’economia europea sta soffrendo proprio per l’assenza di quella politica, come per esempio la mancanza di programmazione, le carenze della partecipazione dei lavoratori, la mancanza di Campioni Europei, l’assenza dalle grandi piattaforme europee…;

b)per passare al preteso “rispetto delle regole”, quando le multinazionali americane sono in continua violazione delle regole stesse con la connivenza delle Istituzioni europee (vedi sentenze Schrems);

c)continuando con l’informatica, di cui l’ Europa è un consumatore, non un produttore, e di cui si fa solo qualche vago accenno, fra i tanti altri temi molto meno importanti, confessando così, implicitamente, che si vuole la continuazione dell’ attuale situazione di svendita del Continente;

d)e ancora con la Politica di Difesa, che viene vista solo come un finanziamento aggiuntivo alle industrie nazionali, non già come un problema di creazione di un’élite europea, di cultura comune, di patriottismo europeo, di intelligence e di alte tecnologie, e, non ultima, di disponibilità a battersi;

e)Per finire ancora con il discorso sui diritti umani, da imporre agli altri Stati, mentre noi siamo i primi a non rispettare le minoranze etniche (come quelle dei Russi – di milioni di persone sparse in tutto l’UE ma la cui lingua non è riconosciuta-,dei Serbi cacciati irreversibilmente dalla Krajina; dei Catalani, i cui rappresentanti eletti hanno dovuto scontare lunghe pene detentive nelle carceri spagnole); ideologiche (come l’islam politico ,  il cristianesimo integralista-vedi Lefebvre e Viganò-, e perfino quel post-fascismo da cui l’attuale Governo italiano trae in realtà il nocciolo duro dei suoi voti).

Ursula von der Leyen ha espresso efficacemente quest’atteggiamento quando ha affermato, al Vertice Sociale di Porto, citando “il Gattopardo”: bisogna cambiare tutto perché nulla cambi”.

Tra l’altro, una questione di stile: perché il programma della Commissione e il discorso inaugurale sono in Inglese, quando l’ Inghilterra non fa parte della UE? Molto più opportunamente la Maltese Metsola usa spesso l’Italiano.

Occorre riproporre prepotentemente la questione della lingua, ma in modo radicalmente innovativo (uso moderno dell’ lingue classiche, più tradizione digitale -cfr. il nostro libro “Es patrìda gaian”-).

Un’opposizione all’ impostazione dominante ci sarebbe, anche al Parlamento Europeo, oltre che in quelli nazionali,  tanto a destra quanto a sinistra (pensiamo as esempio a Melenchon e Sahra Wagenknecht), ma sembrerebbe proprio che anche i partiti “sovranisti” siano in realtà parte del grande gioco, prestandosi essi a un’opposizione di comodo, ma non attaccando mai gl’interessi strategici dell’ “establishment”. Basti pensare che, sommando i voti di quei vari partiti (assolutamente intercambiabili), quello sovranista risulterebbe essere il primo gruppo politico di questo Parlamento, superiore perfino al PPE, e potrebbe perfino aspirare a proporre il presidente della Commissione.

In realtà, i vari gruppi “sovranisti” si agitano soprattutto  per far credere che esistano davvero, , per mettersi in mostra nei confronti dei loro attuali o potenziali sponsors (Biden, Trump, Putin, GAFAM?) facendo ciò che nella Marina delle Due Sicilie, si chiamava “ammuina”, vale a dire muoversi senza uno scopo sui vascelli.

Per esempio, il Parlamento, così deciso nella scelta pro-ucraina imposta dal Presidente Biden, incomincia già a sfilacciarsi, non solo con Orbàn, ma perfino con Michel, in previsione della vittoria elettorale di Trump in America, a cui tutti finiranno per allinearsi. Il Parlamento Europeo risulta essere, in tal modo, solo la cassa di risonanza delle vicende politiche americane. E’ lì che si adottano le vere scelte politiche, anche per l’ Europa. Del resto, l’idea stessa dell’ integrazione europea postbellica era stata lanciata, nell’ arena politica, da un voto in tal senso del Senato Americano (su proposta del Senatore Fulbright). Come si può pensare che, con una tale premessa, le Istituzioni Europee si esprimano in un senso contrario alla posizione di volta in volta egemonica in America?

Certo, l’attuale situazione kafkiana, con un’America profondamente divisa, il tentativo di Russia e Cina d’influenzare la politica occidentale, la forte consistenza numerica, ma anche la debolezza strutturale, dei sovranisti di destra e di sinistra, aprirebbe parecchi spiragli per una eventuale strategia di critica da parte di minoranze attive desiderose di unificare l’Europa sul serio, e non a parole come si è fatto fino ad ora.

Chi avrà il coraggio d’ incominciare?

« RETOUR À HRADČANY » APRÈS LA GUERRE

RELANCER L’AVENIR DE L’EUROPE

I.UNE APPROCHE INNOVATIVE À LA REPRISE DE L’INTÉGRATION EUROPÉENNE

Dans ce moment, quand la « Guerre Mondiale en Morceaux », en cours actuellement, ne donne aucun signe d’amélioration, et l’espoir originaire de l’ Occident de sortir victorieux à court terme de l’Ukraine s’éloigne de jour en jour, il est indispensable, d’une part, pour conjurer l’apocalypse nucléaire, et, d’autre part, pour garantir à l’Europe une guide sûre dans une phase difficile de son histoire, de repérer des approches nouvelles aux rapports entre, d’une part, l’Europe Occidentale et Centrale et, de l’autre, les espaces au-delà de l’ ancien « Rideau de Fer ». Si cela n’était pas fait, la crédibilité du Mouvement Européen en tant que guide intellectuelle de l’intégration européenne, et, plus en général, de l’Europe, serait compromise, et l’Europe entière pourrait devenir un champs de bataille d’une guerre fratricide, comme l’Ukraine et Gaza.

Pour éviter ces perspectives extrêmes, pourquoi pas ne pas revenir sur des approches essayées dans le passé, mais abandonnées plus tard, pour esquisser un, ou plusieurs, plans alternatifs de stabilisation, en premier lieu celui suggéré par Mitterrand en 1989 et esquissé en 1991 aux Assises de Prague? Et si Mitterrand et Gorbačëv avaient eu raison, et Havel et Kohl avaient eu tort ? Nous aurions évité les guerres civiles yougoslaves et soviétiques, et aujourd’hui nous ne serions pas au milieu d’une interminable guerre entre Européens, qui détruit notre moral, notre économie et notre avenir.

Sans oublier les questions ouvertes dans les autres « Périphéries » de l’Europe : l’Atlantique du Nord, les Balkans, les ACP3 et le Levant, ni le fait que, comme déclaré à plus reprises, et dernièrement lors de la visite à Péking de Vladimir Poutine, l’objectif russe (et chinois) dans la guerre d’Ukraine n’est pas celui d’un agrandissement territorial ou d’un avantage stratégique, mais celui de bloquer dans toutes les directions l’élargissement de la sphère d’influence américaine accéléré par la chute du Mur de Berlin, si que les deux puissances eurasiatiques seraient prêtes à beaucoup de concessions en échange d’une délimitation de l’espace américain – fût-il en faveur d’un nouveau pouvoir européen-.

Ici, nous allons nous concentrer sur une seule hypothèse et sur un seul projet, ce que nous appellerons le « Projet de Hradčany », développé en 1990 et 1991 par Mitterrand, Gorbatchev et Havel lors de leur rencontre au Chateau de Prague -. Ce projet pourrait être aussi la clef pour aborder d’autres thèmes urgents et également ouverts.

Le plan de Mitterrand partait de l’idée que l’Europe, pour devenir vraiment unie et parvenir à la hauteur de ses importantes ambitions, devrait atteindre une taille bien plus grande de celle actuelle (et comparable à celles de l’Inde et de la Chine), et cela pourrait avoir lieu seulement an agrégeant, dans une Confédération Pan-Européenne, d’une part, une fédération de l’Europe Occidentale (héritière de l’UE), et, d’autre part, une ou plus autres entités étatiques européennes, non tenues à respecter l’Acquis Communautaire. Ce dessin rassemble beaucoup à l’idée d’une « Europe à cercle concentriques », mais avec la différence qu’il ne suppose aucune supériorité de l’Europe Occidentale, parce qu’il serait « polyédrique », pour utiliser une expression de Pape François.

Un tel changement de perspective serait déterminant, permettant aussi de dépasser les principaux conflits en cours :

-les différences d’opinion sur la structure future de l’Europe Occidentale (et, donc, la stratégie pour le Futur de l’ Europe, qui devrait être étalée sur un horizon plus large);

-les rapports d’ hostilité entre le « Monde Russe » et « le Collectif Occidental », qui, dans cette nouvelle perspective, sortiraient de l’état de guerre pour revenir sur la voie des négociations entamées en son temps par Mitterrand et Gorbačëv.

De cette manière :

On by-passerait les problème insurmontables d’une réforme de l’Union telle qu’elle est aujourd’hui (laquelle se trouve dans l’impasse de la Conférence sur le Futur de l’Europe), parce que l’ « Europe » se dissoudrait dans différents échelons de la Gouvernance Multi-Niveaux, chacun réglé d’une manière conforme à sa mission;

-On pourrait offrir aux puissances antagonistes de l’Occident une voie de sortie des guerres en cours qui ne soit, ni « une victoire » ni une « débâcle », ni pour l’Ukraine, ni pour la Russie (« win-win »), pouvant revitaliser aussi les « Nouvelles Voies de la Soie », entravées par les hostilités en Ukraine et dans la Mer Rouge, mais dont tout le monde ressent la nostalgie.

Le « Projet de Hradčany » devrait permettre aussi de faire renaitre l’autre grand dessin d’avenir discuté dans les années ‘90 et laissé tomber par l’Occident – une architecture commune de sécurité pour l’Europe, et faciliter aussi une série d’autres objectifs :

-contribuer à donner une fin aux guerres en cours, avec une proposition d’intérêt pour tous les acteurs concernés ;

-soutenir un effort international pour un contrôle structuré de l’Intelligence Artificielle et de la Cyber-guerre dans le cadre de négociations sur les armements sur le modèle des vieux accords pour le contrôle du nucléaire;

-garantir la liberté des peuples d’Europe contre les menaces avancées contre eux par tous le pouvoirs mondiales;

-faire repartir l’économie et la culture, écrasées entre les sanctions et les boycottages.

Objectifs qui nous apparaissent moins utopiques qu’on ne le pense, si on examine l’histoire avec une approche équilibré et non plus sectaire comme aujourd’hui, et qui feront l’objet d’une esquisse synthétique dans les pages qui suivent.

La Confédération de Mitterrand avait été abandonnée parce qu’elle genait les pouvoirs existants, qui préférèrent exaspérer la conflictualité entre

« les démocraties » et les « autocraties » pour garder les privilèges acquis. Toutefois, maintenant que nous avons vu les résultats de ce choix, pourquoi ne pas admettre notre erreur, et y remédier ?6

D’autre part, ce qui oppose l’Europe de l’Est à l’Europe de l’Oust n’est pas tellement la question de la « démocratie », mais, au contraire, celle de la Pasionarnost’. Notion développée par Lev Gumilëv (le fils persecuté d’Anna Akhmatova) sur les traces d’Ibn Khaldûn et de Vernadskij: une synthèse de « romantisme » et de « théorie des nationalités », qui nous pouvons retrouver un peu partout dans les cultures de l’ Europe Orientale :me dans le « Déluge » de Sienkiewicz, dans « Les Payens » de Herczeg comme « Eschile, l’éternel perdant » de Kadaré; dans les sculptures de Meštrovic, dans les films de Tarkovskij comme dans les « Litanies » de Theodorakis.

La Pasionarnost’ suppose que, comme avait écrit Nietzsche, « le bonheur vienne seulement si non voulu », tandis que la « recherche de la félicité » prévue dans la constitution américaine se traduit, par effet de l’hétérogenèse des fins, dans l’aplatissement des désirs et dans l’entropie généralisée, qui préparent le royaume des Machines Intelligentes.

1.Insuffisance du paradigme de l’ « Élargissement »

À partir de la 1ère Guerre Mondiale, les projets d’intégration européenne avaient été axés sur l’objectif, d’un côté, d’éviter une continuation de cette première « Guerre Civile Européenne », et, de l’autre, de mettre l’Europe dans la condition d’intervenir avec une autorité suffisante dans les grandes questions géopolitiques, qui, compte tenu de l’intégration mondiale croissante, étaient de plus en plus dominées par les Grandes Puissances extra-européennes (USA, URSS, Empire Britannique).Cela aboutit sur le projet présenté à la Société des Nations par Aristide Briand, dont la faillite avait été le point de départ de la Déclaration Schuman.

Les Communautés Européennes et l’Union Européenne avaient donné l’impression que ces objectifs étaient en train d’être acquis par la méthode fonctionnaliste proposée par la Déclaration, mais cela n’a pas été le cas. Ce roman contient l’expression plus ouverte des croyance réligieuses et politiques de l’auteur russe

Depuis 45 ans, la dissolution de la Yougoslavie et de l’URSS a entrainé des guerres de succession qui ne se sont encore conclues, et, de l’autre, parce que les principes consolidés en matière d’ »élargissement » européen, qu’on aurait voulu appliquer, n’avaient pas été conçus en vue de ce véritable « dédoublement » de l’ espace européen, tel qu’il s’est manifesté à la fin du XXème Siècle. L’application mécanique de ces principes, imposée par l’Occident, s’est révélée impossible et contreproduisante et que, en tout cas, elle serait inapplicable à cause de la structure e du grand nombre des peuples européens. D’autant plus que, après Brexit, l’importance relative de l’Europe Occidentale par rapport à celle orientale a ne pouvait que décroitre.

Si deux parties paritaires fusionnent entre eux, il s’agit d’un « merger among equals », si qu’une des deux parties ne peut pas prétendre que l’autre accepte toutes ses règles, ni mêe pas sa propre vision du monde. Dans le cas d’espèce, on n’a pas eu d’un «élargissement » vers Est des Communautés Européennes, mais, bien au contraire, une « Fusion à Chaud » entre Est et Ouest, qui est loin d’être accomplie. Les guerres en cours ne sont qu’une suite de la « Guerre Civile Européenne », pour établir une hégémonie sur le Continent, fondée sur un prétendue « supériorité », comparable à celle de la Grande Nation, de l’Orthodoxie ou de la « Race Arienne ». Cette supériorité de l’Occident n’a pas été accepté ni par la Russie, ni par la Turquie, ni par la Biélorussie, ni par la Serbie, mais non plus par la Hongrie et, peut-être, mêeme pas par la Slovaquie et la Pologne.

Pur comprendre l’importance historique de la partie orientale du Continent, au-delà de l’Elbe, des Alpes Orientales et de la Mer Adriatique, il suffit de penser que, parmi les premières réflexions sur l’Identité Européenne nous trouvons celles d’Hippocrate, de Cos, a quelque kilomètres de la côte de l’ Anatolie, celles de Jordanes, un Goth de l’Est qui revendiquait pour Théodoric l’héritage de Rome, de Podiebrad, le roi hussite de Bohème qui proposait le traité pour la fondation d’une Alliance Européenne contre les Ottomans, et d’Alexandre I de Russie, qui lança la Sainte Alliance « russe » conçue comme fondation de la « Nation Chrétienne » européenne.

Coudenhove Kalergi avait des origines Japonaises, byzantines, tchèques et autrichiennes et le siège de sa Pan-europa était à Vienne, et Jean-Paul II était polonais et reprenait textuellement les mots de Viačeslav Ivanov sue les « Deux Poumons » de l’ Europe.

Pour cette raison, il est grave que toutes les institutions principales de l’Union soient restées dans l’espace rhénan (Bruxelles, Strasbourg, Luxembourg, Francfort), tandis que le centre géographique de l’Europe se situe beaucoup plus à Est (en Lituanie, Biélorussie, Ukraine ou, à la limite, Hongrie).

2.La mécanique réelle de la chute du Mur
aux apologètes de « l’esprit du capitalisme » qui aurait triomphé en 1989, au début des révolutions de 1989 il y avait trois éléments : le défi « national » de la Pologne, soutenue par le Pape Jean Paul II, contre un « système soviétique» qui la humiliait ; l’idée révolutionnaire de Michail Gorbatchev d’intégrer pacifiquement l’Union Soviétique dans les Communautés Européennes (ou, mieux, la « Maison Commune Européenne »), comme sera requis plus tard par Yeltsine et Poutine, mais jamais pris au sérieux par l’Occident ; enfin, les pressions des États Unis, surtout à travers les Guerres des Étoiles et l’aide à la guérilla afghane.

Ces trois projets parallèles trouvaient leur bases culturelles:

-dans la conviction de l’Église catholique que l’Europe Occidentale e celle Orientale partagent une seule origine culturelle – la civilisation chrétienne médiévale, qui s’était développée dans deux branches principales, celle de l’Est (l’Orthodoxie), e celle de l’Ouest (le Catholicisme), comme anticipé par Ivanov par sa métaphore des « Deux poumons de l’Europe »- ;

-dans l’espoir de Gorbatchev, de Walesa et de Shevardnadze d’une forme d’hybridation entre le socialisme réel et l’économie sociale de marché de l’Europe communautaire (partant de l’observation de Marx que le capitalisme européen s’était développé de manière différente de l’Américain parce qu’il était né dans un contexte féodal) ;

-enfin, dans la convergence tactique entre le projet globaliste américain et les aspirations hégémoniques des l’intégrismes salafite et shiite présents dans l’espace soviétique (Tchétchénie et Talibans).

Surtout, on avait sous-estimé le poids spécifique de l’exceptionnalisme américain, dont le caractère religieux a fait obstacle à accepter une nouvelle narration concurrente, celle européiste, devenue nécessaire pour la réunification culturelle des « Deux Poumons » du Continent. 80 ans après le débarquement en Normandie, le pouvoir d’interdiction par rapport à n’importe quelle manifestation de créativité européenne (voir Olivetti, Zhu, Mattei, Moro) reste absolu. Il suffit de rappeler la fameuse phrase « Fuck the EU », prononcé par Victoria Nulanden même temps qu’elle dictait à l’ambassadeur américain la position du Département d’État sur la personne à nommer comme Premier Ministre ukrainien après l’ Euro- Maidan, qui avait été dressé contre l’Europe avant que contre la Russie .

Le risque de l’Europe est qu’elle, s’identifiant trop avec la Modernité (l’ »Homme sans Qualité », l’ »Homme à une Dimension »), soit entrainée par cette dernière dans son abîme quand elle ne survivra pas à l’Age des Machines Intelligentes. Le même vaut pour son rapport trop étroit avec l’Amérique lors que cette dernière se retirera de l’Europe de l’Est, comme, dans le passé, du Vietnam et de l’Afghanistan. Nous devons nous préparer à tous développements.

Le « Déclin de l’Occident » doit donc être compris plus comme une maladie culturelle, bien décrite par des auteurs tels que Max Weber, Friedrich Nietzsche, Oswald Spengler, Thomas Mann, la psychanalyse e l’Orientalisme, que comme un phénomène historique et politique. Une maladie qui s’est manifesté dans la forme que Lukács avait défini « la Destruction de la Raison » ; Benda, « la Trahison des Clercs » ;et, Anders, «die Antiquiertheit des Menschen », et s’est élargie avec le refus du principe de causalité (de Finetti), ainsi que du  concept même de « méthode » (Feyerabend).Et qui confine avec la destruction de l’identité européenne sous le poids du « mainstream » américain.Insuffisence des logiques occidentales

Au cours du 20ème Siècle, l’Europe s’était donc tellement désintégrée du point de vue intellectuel et politique (c’est là la racine de la « mort cérébrale » préconisée par Macron pour l’OTAN), que, aujourd’hui elle n’arrive même plus à prendre les décisions fondamentales pour soi-même, telles que celles sur les hautes technologies, la guerre et la paix, la nature, la procréation, la pauvreté. Elle est encore moins à même d’être, comme elle prétendrait encore maintenant, une avant-garde culturelle, étique, culturelle et technique du monde entier (le « Trendsetter of Worldwide Debate »).

Une telle avant-garde avait été, à partir de la Deuxième Guerre Mondiale,l’Amérique, mais elle aussi est entrée maintenant dans une situation d’« over-stretching » à partir de la crise des « sub-primes » et du retrait de l’Afghanistan. Surtout, son identité est divisée entre la défense à tout pris du « noyau dur » WASP et l’adoption d’une « Culture Woke » qui est l’expression de la majorité « non-WASP », entre la défense à tout prix de l’ «Empire Démocratique » et la poursuite des intérêts de la majorité des électeurs. Jusqu’au point qu’on a imaginé la possibilité d’une nouvelle guerre civile.27

Dans cette situation, au «Zeitalter der Vergleichung », toutes les logiques de la culture occidentale (aristotélique, cartésienne, post-euclidée) ne sont plus suffisantes pour expliquer le monde de la complexité, si que nous sommes obligés chaque jour plus, bon gré mal gré, à faire recours, pour décrire nous-mêmes, à des concepts différents, à partir d’une « Intelligence Artificielle » qui nous est fournie par la Silicon Valley globalisée, pour passer à celui d’une « Démocratie Illibérale » étudiée par un Indo- Américain  tel  que  Fareed  Zakaria  faisant  référence  à  d’expériences asiatiques, pour arriver à l’« Epistocratie » mandarine, suggérée par Zhang Weiwei, un ancien interprète de Deng Xiaoping.

Tout cela est applicable encore plus en ce qui concerne l’Europe Orientale, que nous ne pouvons pas comprendre sans rappeler à l’esprit les Peuples des Steppes, la Deuxième et la Troisième Rome, le Bogoumilisme, le mythe du Golem, le Sarmatisme, le Socialisme Réel, le Cosmisme, l’Eurasiatisme et la Pasionarnost’. Mais, si nous ne comprenons pas l’Europe Centrale et Orientale, comment pourrions-nous la juger, et même l’orienter, comme nous prétendons?

Une refondation culturelle s’impose au préalable, dont le Mouvement Européen devrait se faire porteur.

3.Les erreurs de l’ Europe

En effet, les difficultés de toutes sortes rencontrées dans l’ »élargissement » des Communautés Européennes et, après, de l’Union Européenne, découlent de leurs blocages culturels. Notamment:

-l’involution de la Russie, du « Socialisme au Visage Humain » de Gorbatchev au libéralisme autoritaire de Yeltsine, et, après, à l’ »Esprit de Pratica di Mare » du premier Putine, jusqu’au « Russkij Konzervatizm » et, enfin, à l’ »Opération Militaire Spéciale », dépend en grand partie de l’ »arrogance romano-germanique », de la présomption immotivée des Occidentaux que leurs propres processus culturels et politiques, témoignant d’une mission messianique immanente à la Modernité, constituent un parcours obligé pour tout le monde (la « Théorie du Développement »). De telle manière, l’intégration dans les Communautés Européennes aurait du impliquer nécessairement l’adoption rigide, par les pays de l’Est, de l’ »Acquis Communautaire », et même de soi-disant « valeurs européens », quand d’autres parties du monde -même les Etats Unis, ou l’Inde-, ne demandent plus l’adhésion contraignante à des soi-disant valeurs « americains » ou « indiens » (lesquels ? le puritanisme WASP ou le  LGBTQIA+?; le « Néo-conservatisme » ou la « Cancel Culture”;

-Les rhétoriques de l’Europe ont impliqué le refus de toute concession à la Russie en ce qui concerne son désir d’être admise dans la « Maison Commune Européenne » (l’ OTAN et les CEE) sans un processus humiliant d’examens, qui, si acceptés, auraient sanctionné sa prétendue infériorité, si que Poutine a refusé;

-les mêmes concepts valent pour les involutions comparables en Turquie, et même en Hongrie et au Levant;

-l’incapacité de l’Europe Occidentale de se doter d’une industrie de haute technologie et d’une armée, découle de son refus de reconnaitre de manière objective le développement, dans tout le monde, au-delà des différentes idéologies, d’un « keynésianisme militaire » (américain, russe, chinois), qui a fait croitre des barrières insurmontables autour l’Europe, incapable d’être compétitive avec les autres grandes espaces du monde, et notamment avec l’Amérique et la Chine, protégés par l’interventionnisme des gouvernements;

-les chocs continus entre l’officialité européenne et les opinions publiques des pays orientaux (tels, par exemple, que le refus des différentes démarches pour adhésion de la Russie et de la Turquie, ou la surévaluation du « Processus d’Helsinki» , qui a cristallisé l’application, au processus de Nation-building, des anciennes constitutions soviétique et yougoslave encore après leur échéance juridique, ou, enfin, le double standard sur les « règles du droit » s’il d’agit des Pays Baltes ou de la Hongrie), ont nourri une hostilité généralisée envers l’Union, accusée, non sans motif, d’être un « vassal » des États-Unis;

-l’incapacité de concevoir des sujets politiques différents des Etats nationaux qui dominent l’Union d’aujourd’hui, tandis que le modèle plus actuel dans le XXIème siècle, auquel s’inspirer, paraitraient être les »États-

Civilisation », comme la Chine, et, peut-être, même les États Unis et l’Inde, dont les « états » ne sont, en réalité, que des énormes provinces avec des centaines de millions d’habitants.

Toutefois, la première raison de l’ échec de Hradčany fut « le refus américain d’une structure nouvelle pouvant limiter son influence croissante. George H.W. Bush songeait à attribuer un rôle politique à l’Organisation du traité de l’Atlantique Nord et s’interrogeait sur son extension géographique dont le principe n’était pas arrêté et qui n’était pas la priorité du moment. « La « faute » de l’Europe fut de ne pas s’y opposer, parce que paralysée par l’intériorisation forcée du model américain.

4.Revenir à Hradčany

Malgré l’hostilité générée dans ces 35 ans entre Europe et Monde Russe par les faits du Kossovo, de l’Irak, des révolutions colorées, de Géorgie et d’Ukraine, revenir à Hradčany n’est pas impossible. Il suffirait de faire maintenant, sous l’impression des échecs ainsi provoqués (une douzaine de guerres, le refus, par les peuples, de la Constitution Européenne, Brexit), toutes les démarches que nous n’avions eu le courage de faire en 1990/1991, reprenant les mots de passe oubliés de cette saison politique:

ouvrir les portes des États et des systèmes politiques », comme prêchait Jean-Paul II, à travers un dialogue interculturel en bonne foi, qui ne craigne pas d’aborder les différences théologiques ou politiques, essayant de voir, au-delà d’elles, les problèmes et les exigences communes. S’ouvrir à une paix effective comporte de prendre au sérieux les motivations expresses des actions des adversaires, et notamment la requête aux États Unis de renoncer à leur prétentions hégémoniques en faveur d’un système polyédrique (« polycentrique » et « multiculturel ») de droit international sans abolir le principe de légalité, mais l’interprétant de manière équitable- ce qui pourrait se réaliser maintenant grâce à un nouveau probable isolationnisme USA-;

-« une nouvelle Glasnost », à travers une révision critique des Grandes Narrations qui nous cachent aujourd’hui la véritable histoire de l’Identité Européenne;

-une « Confédération de Fédérations » (entre Ouest, Nord-Est e Sud- Est de l’ Europe), comme celle discutée en son temps à Hradčany, qui soit la matérialisation juridique d’une Europe «polyédrique, qui aurait été le contraire de la « Pensée Unique », fusionnant messianisme post-humaniste et exceptionnalisme américain, qui a dominé la politique européenne de cette phase historique;

une nouvelle Perestrojka »: une réorganisation radicale des sociétés européennes pour faire face aux défis géopolitiques de l’Intelligence Artificielle, avec la transformation des ouvriers en des auto-entrepreneurs numériques liés à des réseaux publiques-privés; des employés en des managers autogestionnaires de nouvelles plateformes eurasiatiques ; des professionnels en des actionnaires; des entrepreneurs traditionnels en des dirigeants d’agences public-privé pour la digitalisation; des administrateurs locaux en des réorganisateurs du système industriel…

-“une nouvelle Liberalizacija”: l’élimination définitive des entraves à la libre circulation des biens, des capitaux, des personnes, mais surtout des idées, dans toute l’Europe, abattant à cet effet le nouveau « Mur de Berlin » créé par le « De-coupling », les sanctions, le « Re-Shoring », les « Golden Shares », les droits de douane, les délits d’opinion, le « Friend-shoring »,les discriminations cachées; les restrictions contre les « Fake News » et les « Agents étrangers » ;

-« une nouvelle Demokratizacija » : la fin de la subordination des institutions européennes aux pouvoirs forts et aux diktats idéologiques, pour permettre aux peuples d’exprimer leur désir de paix et d’intégration continentale révélé par les sondages, sans la censure toujours plus stricte, typique de ce temps de guerre dans lesquels nous sommes en train d’entrer.

I.LA CONFÉDÉRATION EUROPÉEENNE DANS UNE GOUVERNANCE MONDIALE MULTI-NIVEAUX

  1. La défense de la liberté face aux « Empires Inconnus »

Le fédéralisme mondial doit être conçu aujourd’hui surtout comme une tentative de réagir à l’exigence de centralisation des décisions requise par la Société des Machines Intelligentes tout en sauvegardant les différences (-ou « différances »-) individuelles, sexuelles, de classe, culturelles, locales, ethniques, nationales et continentales, les traduisant en pouvoirs concrets de proposition, décisionnels, de critique et d’action, structurés selon les différentes identités.

Cette centralisation qui ne cesse de s’accroitre est le résultat de la complexité, de la professionnalisation des connaissances et de la politique, de la lutte entre les visions du monde implicite dans le « Zeitalter des Vergleichens»,du rôle de l’ Intelligence Artificiale, et, enfin, de l’état de guerre permanente. Elle se manifeste, au-delà des différentes constitutions formelles, dans l’accroissement du pouvoir des multinationales, des services secrets, des Exécutifs et de leurs chefs, ainsi que dans la restriction de la « Fenêtre d’Overton » imposée au pluralisme culturel par effet de la Pensée Unique, des différentes « Mémoires Partagées » et de la censure (et auto-censure) de guerre. Si chacun a la tendance à en accuser des forces politiques de son propre pays (Trump, Meloni, Erdoğan, Nethaniahu, Modi, outre, bien-entendu, Poutine e Ji Jinping), cette tendance est présente partout dans le monde, modifiant ainsi les « constitutions matérielles » de tous les pays, et les rendant toujours plus similaires parmi elles: des dictatures technologiques orientés à la guerre (Patriot Act, Echelon, Prism, Fake News, EUvsDesinfo).

La base du Fédéralisme est le réseau des « différances », basées sur les libertés individuelles, la famille, les entreprises, les associations, les villes, les régions, les États et les Continents. C’est pour cela que le Fédéralisme est, à moyen terme, la seule force capable de sauvegarder la liberté, e, plus encore, l’existence même, de l’Humanité contre la Société du Contrôle Total. Un droit fédéral européen devrait avoir pour but de bâtir, autour de ces réalités sociales en évolution, des règles juridiques claires, efficaces et flexibles, à même de régler de manière « polyédrique » la vie des sujets sociaux, et permettant ainsi leurs synergies.

L’ordre juridique international actuel correspond à un stade inaccompli de l’évolution du fédéralisme mondial. Il n’a aucune prétention d’être parfait, ni même complet, mais pourrait se révéler utile pour soutenir les forces de l’Europe dans cette phase de résistance à la Société du Contrôle Total. Comme tel, il mérite d’être préservé et perfectionné à travers la nouvelle architecture européenne que nous proposons.

2.La Confédération Pan-Européenne

Une Confédération Pan-Européenne telle que celle discutée en son temps à Hradčany devrait grouper tous ces territoires qui se reconnaissent dans la continuité de l’Identité Européenne (les Europes Occidentale, Méditerranéenne, Centrale et Boréale, Orientale et Pontique-, ainsi que la

« Magna Europa » -des fragments d’ Europe dans les autres Continents-).

Elle devrait être conçue comme un des maillons de la Gouvernance Mondiale Multi-Niveaux, expression de la conception « polyédrique » du monde.

La Confédération devrait être organisée selon le principe de pluralité des ordres juridiques, typique del l‘ »Ancienne Constitution Européenne » de Tocqueville, et de « L’Europe à différentes vitesses », mais sans une hégémonie, ni de l’Europe Occidentale, ni de l’ Amérique, ni d’aucun autre.

A son intérieur, se situeraient des Fédérations Intra-Européennes, telle qu’une Fédération Européenne (héritière de la UE), une Fédération Pan- Russe (ou « eurasiatique », héritière de la Communauté des Etats Indépendants et/ou de l’Union Eurasiatique), probablement une Fédération du Levant, et plusieurs Territoires Confédéraux, non attribuables à d’autre sujets. Enfin, les liaisons structurées spéciales existant à l’heure actuelle, comme celles avec l’Amérique, les ACP (Afrique, Caraïbes et Pacifique), le Moyen-Orient, la Chine (les « Nouvelles Voies de la Soie « devraient etre maintenues et revitalisées. . Le rôle des Pays Britanniques (Angleterre, Ecosse, Galles, Irlande du Nord et Iles Normandes) serait, après Brexit, à définir, partant des accords négociés et signés avec l’Union Européenne.

Les différentes fédérations devraient être organisées selon des principes leurs propres, au moyen d’une pyramide coordonné de Constitutions (sur le modèle de la « Constitution Italienne et Européenne » de Duccio Galimberti), qui garantisse la certitude du droit. Il est significatif que soit l’Empire Russe, soit les États Unis, se basaient, à leurs débuts, sur la lecture de « L’Esprit des Lois » de Montesquieu. Dans les Federalist Papers,

« Publius » se rattachait à l’idée de ce dernier (ainsi que le faisait Catherine II de Russie dans le « Instructions à la Commission Législative »), selon laquelle les « États de grande taille » pourraient être organisés, soit comme des États absolus, soit comme des fédérations. Les États Unis auraient choisi la voie de la fédération, tandis que Catherine avait choisi celle de l’État absolu. C’est de à qui est née la bifurcation (par trop simpliste) entre

« Démocraties » et « Autocraties » («samoderzhavija»)

Certaines des taches typiques d’un État ne pourraient être accomplies

aujourd’hui que par la Confédération :

-Le Système global Européen de Sécurité;

-Les Hautes technologies ;

-Les Politiques économique et industrielle;

-Les Transports;

L’Environnement;

-Les Migrations.

D’autres seraient du ressort des Fédérations:

-La Culture

-Les Armées;

-La Justice;

-L’ Aménagement du territoire .

Autres encore, des entités euro-régionales, nationales et locales.

Le Système Européen de Sécurité devrait se baser sur des principes parallèles à ceux du contrôle des Armements, à travers une Agence Confédérale de Sécurité, présidant à l’équilibrage des systèmes de défense

, et notamment des systèmes d’Intelligence Artificielle, dans le cadres de futurs, nécessaires, accords globaux, à développer et négocier en parallèle avec la nouvelle architecture européenne de sécurité.

L’Armée de la Fédération Européenne devrait être mise à même d’être un élément d’équilibre avec celles du bloc pan-russes grâce à des traités constitutionnels de l’Union Européenne et de traités sur la dévolution de compétences, de biens et de personnel, avec les USA et la Fédération Russe, tandis que l’Ukraine, en tant que District fédéral, devrait être neutralisée.

3.L’espace central de la Confédération

Le centre de la Fédération se situerait au croisement entre Europe Latine, Europe Germanique et Europe Slave, et, donc, probablement dans des territoires non faisant partie d’aucun de ces grands blocs etno-culturels, tels que la Hongrie ou les Pays Baltes.

Une localisation parfaite pour la capitale confédérale serait Kyiv, qui aime se considérer comme une charnière entre l’ Ouest et l’Est. D’autre part, Tripillya, a coté de Kyiv40, a été la première ville d’Europe, ainsi que Nestor de Kiev écrivait au Moyen Age que « le pays de Rus’ n’a pas des frontières »41 ; l’Ukraine avait accueilli les Huns et les Avars, les Bulgars et les Khazars, les Magyars et les Variagues, les Polovésiens et les Karaïtes, les Gênois et les Vénitiens, les Mongoles et les Tatars, les Nogaï el les Cosaques, les Cherkasses et les Ottomans.

Dans l’Age Moderne, l’Ukraine a été partagée entre les Polonais et les Lithuaniens, les Autrichiens et les Hongrois, les Russes et les Juifs, les Allemands et les Blancs, les Anarchistes et les Bolchéviques…

« Euromaidan » c’est un nom qui est en même temps un programme politique. « Maidan » est Arabe, mais existe aussi en Persan, Turc et Hindi, et signifie simplement « Place » : donc, la « Place de l’Europe ».

Pur pouvoir jouer un rôle en tant que Métropole Confédérale, l’Ukraine devrait se donner un statut fédéral, polyédrique et multilingue, fondé sur des régions largement autonomes, à partir des villes métropolitaines de Kyiv, Kharkiv, Odessa e L’iv, pour passer aux régions du Donbass, de Crimée, de Novorossiya, de Bessarabie, de Budjak, de Boukovine, de Routhénie Cis- carpatique e Trans-carpatique, de Galice, de Polésie, de Volhynie et de Podolie. Ce régime rassemblerait beaucoup au cadre administratif proposé, avant l’Euromaidan, par le parti de Yanukovič.

Le statut d’indépendance et de neutralité de l’Ukraine devrait être garanti par des troupes de ses Régions, de la Confédération, des Fédérations et des Territoires Confédéraux, si nécessaire avec l’aide des Nations Unies.

L’ambition de centralité de tous les peuples de cette zone, que les Polonais appellent « Międzymorze »(« Intermarium ») en serait exaltée, ce qui pourrait compenser leur contrariété pour le fait de devoir convivre avec les Russes.

4.Les Balkans Occidentaux et la Turquie

Les Balkans Occidentaux et la Turquie représentent deux paradoxes, parce que les premiers sont les plus proches à l’Union, et y sont même déjà entrés en partie, et, la deuxième, a présenté sa demande d’accession depuis 1952.

Quant aux premiers, la difficulté de les faire entrer est constitué par leur incapacité à se transformer dans des véritables « états nationaux » comme supposé par le système de l’Union, ayant constitué, dans le temps, un espace de frontière entre l’empire Ottoman et l’ Empire autrichien, la « Vojina Krajina », ou,   en Allemand, « Militärgrenze» .   Y vivaient des Musulmans et des Orthodoxes -des Slaves, des Albanais et des Valacques-…, ainsi que des Catholiques -Croates, Hongrois, Allemands, Italiens, Dalmatiens et Albanais-..es petits États issus de la désintégration de la Yougoslavie défendaient et défendent l’autonomie de leurs exclaves à « l’étranger », mais la nient aux enclaves à leur intérieur. Les principes d’intégrité territoriale et d’auto- détermination des peuples sont défendus à tour de rôle, mais ne sont pas vraiment applicables

La solution plus simple serait celle d’insérer tous ces pays parmi les territoires confédéraux, sans faire même pas l’effort de les rattacher à des états « nationaux ».En tous cas, il faudrait reconnaitre leur enracinement dans la tradition de la loyauté ethnique déterritorialisée, typique des Empires Ottoman e Autrichien.

Quant à la Turquie, le fait de l’avoir faite attendre plus que 60 ans a certainement exaspéré l’opinion publique d’un pays très orgueilleux, d’autant plus que la Turquie n’est plus un pays pauvre qui avait besoin de l’Union Européenne, mais, bien au contraire, est devenue un pays riche, en plein essor, avec la deuxième armée de l’OTAN et une grande force d’attraction culturale en direction des États islamiques avoisinants.

Son importance, son identité et sa différence par rapport aux autres pays européens suggéreraient d’en faire un partenaire « tous azimuts » dans la Confédération, au même niveau que la Fédération « Eurasiatique » -qu’elle s’appelle « Communauté d’États Indépendants ou « Union Économique Eurasiatique », ou autre encore.

5.Les Fédérations

Les états qui pourraient résulter des évolutions de l’Union Européenne, de la Confédération d’ États Indépendants, de la Turquie et du Levant , seraient régis par des principes différents selon les traditions et les cultures de chaque territoire. D’autre part, chaque zone e la Pan-Europe fait maintenant l’objet de processus de transformation (îles britanniques, Péninsule ibérique, Balkans, Ukraine, Caucase, Palestine).

Dans ce contexte, le fait que la Russie aspire, après la guerre, à représenter une voix unitaire de l’espace euro-asiatique ne serait pas nécessairement en contradiction avec le dessein d’une Confédération Pan-Europeéenne. D’autre part, en 1991 les républiques soviétiques n’avaient pas voté pour la séparation de la Russie (à laquelle elle n’étaient pas liées), mais, au

contraire, pour la dissolution de l’URSS e sa transformation dans l’Union d’États Indépendants, qui existe toujours.

Le même pourrait s’appliquer à une potentielle fédération du Levant , telle qu’imaginé tout au début, englobant Israël, la Cisjordanie et Gaza, mais, peut-être, aussi le Golan, la Jordanie et le Liban. Moins claire la situation dans les Balkans, ou, en tout cas, il y a un commencement d’alliance entre la Turquie, la République Bosniaque e le Kossovo, tandis que, à Est, les Kurdes aspirent à une subjectivité séparée, mai qui pourrait même se réaliser avec la Turquie.

6.Les accord structurés existants

De toutes les côtés on entend parler de la revitalisation de rapports avec le reste du monde que l’Union aurait négligé. Le fait est que, au fil des années, l’Europe avait entamé des rapports avec tous les continents, mais, malheureusement, à cause de sa faiblesse vis-à-vis les états membres, et, surtout, vis-à vis des États Unis, la plupart de ces rapports n’ont pas été cultivé d’une manière sérieuse, au point que quelques-uns ont même été négligemment oubliés, comme ça a été le cas des ACP, abandonnés aux islamistes, aux Russes, au Chinois et à la Turquie.

La restructuration de l’Europe sous la forme d’une Confédération superposée a plusieurs Fédérations pourrait constituer l’occasion pour reprendre le discours sur et avec les ACP au-delà des lieux communs.

Dans le cas des États-Unis et du Royaume-Uni, ces rapports se confondent avec ceux dans l’OTAN et le G7, dont la réforme a été beaucoup discuté des deux côtés, sans rien faire de concret. L’éventuelle élection de Trump, toujours plus probable, rend l’étude de cette réforme encore plus urgente, si que le moment semblerait arrivé de faire de la clarté , d’autant plus que cela est ce que demande depuis longtemps le même candidat Trump. Les chancelleries européennes avaient fait savoir qu’elles étaient en train de préparer un « Plan B » pour le cas d’« abandon » de l’Europe de la part des États-Unis sous Trump. Or, l’heure de ce possible abandon se situe à Novembre, c’est-à-dire dans 5 mois. Le moment est venu d’y penser.

Trump a donné seulement l’impression de souhaiter une réduction des rapports Europe-UE. Toutefois, on peut imaginer que, au moment ou

l’Europe voulait vraiment rationnaliser ces rapports, le pressions deviendraient frénétiques pur éviter l’élimination de beaucoup de privilèges américains en Europe, concernant leurs bases militaires, les technologies, l’intelligence et l’antitrust, privilèges sans lesquels les États Unis ne seraient plus une Grande Puissance.

III.APROFONDIR CETTE ÉTUDE

Si cette approche peut trouver une attention de la part de la société civile et du Mouvement Européen, nous sommes à disposition pour approfondir, soit les thèmes illustrés dans ces pages, soit des thèmes ultérieurs, à partir de possibles plans « B C, D.. ».

Objectif : que l’Europe ne soit pas impréparée même en cas d’extension des hostilités hors de l’Ukraine, Palestine et Afrique du Nord, et aussi dans le celui d’évènements traumatiques à l’intérieur des États-Unis, tous évènement qui ne seraient sans conséquences directes pour l’Europe.

En toutes ces hypothèses, la société civile et le Mouvement Européen pourraient, et devraient, donner une contribution importante pour surmonter des situations d’émergence, même dans des situations de défaut des institutions.

LE IDENTITA’ CONTINENTALI :

SOLO ARGINE CONTRO

LA SINGULARITY TECNOLOGICA

In questi giorni, assistiamo alla riscoperta dell’Identità Europea (e di tutte le identità continentali) quale elemento essenziale per affrontare le sfide più attuali, dalla guerra in Ucraina all’Intelligenza Artificiale. Questa riscoperta non è immotivata, poiché le scelte che ci attendono sono così drammatiche, che potranno essere fatte solo in base ad una consapevolezza profonda delle identità che ci uniscono (e spesso ci dividono). Questo si ripercuote anche positivamente sulla campagna elettorale per le Elezioni Europee, nella quale finalmente fanno finalmente capolino le questioni identitarie.

Intanto, l’incitamento del Segretario Generale della NATO, Stoltenberg, agli Stati membri della NATO affinché autorizzino l’uso, contro il territorio russo, delle armi da essi messe a disposizione  dell’Ucraina,  ha messo in evidenza l’imbarazzo degli Europei circa la guerra in corso che -lo si voglia o no- è una guerra fra Europei, che, per origine e meccanica, potrebbe riprodursi un po’ dovunque nel nostro Continente (in Catalogna, Bosnia, Kossovo, Cipro, Kurdistan, Nagorno-Karabagh, Gagauzia, Moldova, Transnistria, Carpazi, Paesi Baltici..), tenendo conto che quasi tutti gli Stati che si pretendono “nazionali” in realtà comprendono una percentuale non indifferente di “popoli minoritari”. Ma, soprattutto, la guerra in corso è innanzitutto la terza guerra civile europea, e i discorsi fatti da molti sull’Identità Europea, se non riescono a frenarla, sono soltanto chiacchere in malafede.

L’Italia è particolarmente determinata nell’ opporsi a tale iniziativa, mentre l’Ungheria ha minacciato perfino di uscire dalla NATO. E’ chiara anche nei sondaggi l’insoddisfazione della maggior parte degli Europei per l’immotivato incancrenirsi, negli ultimi 30 anni, della frattura fra Europa Occidentale e Comunità di Stati Indipendenti, che potrebbe portare in qualunque momento a una guerra nucleare nel cuore dell’Europa, scatenata per esempio da un malfunzionamento dei sistemi elettronici di contrasto agli attacchi nucleari, quale quello verificatosi nel 1983 con il sistema sovietico “OKO”.

Perciò, il dibattito scatenato da quell’ affermazione di Stoltenberg ha richiamato anche la centralità dell’uso bellico dell’Intelligenza Artificiale. Infatti, il primo caso di uso di armi a lunga distanza denunziato dalla Russia riguarda proprio un impianto di avvistamento radar, che costituisce un elemento essenziale della difesa digitale. Accecare i sistemi di allerta elettronica dell’avversario è la prima possibile  causa di un’eventuale scoppio accidentale della guerra nucleare.  Eppure, gli Stati si ostinano a sostenere addirittura che “le armi autonome non esistono”.

Questa situazione, che, tra altro, può avere effetti immediati sulle Elezioni Europee (come è stato recentemente in Serbia e in Slovacchia) porterà, in caso di guerra generalizzata, ad ancor più drammatiche fratture all’ interno dell’Europa, che accelereranno la presa di controllo, sull’ intera società, delle macchine intelligenti. Infatti, “Le guerrier du futur est un robot.”, cfr. L.Alexandre, La guerre des intelligences à l’ère de ChatGTP”.Che costituisce il massimo dei pericoli, ancor prima di quello di una guerra nucleare.

Per questo motivo, è utile richiamare brevemente le ragioni degli attuali conflitti, e le questioni in base alle quali gli Europei sono chiamati pressantemente a schierarsi.

La Francia vuole ripetere l’avventura napoleonica?

1.La politica dei blocchi quale effetto della seconda globalizzazione

Le Guerre Mondiali erano state tali perchè fin da un secolo si era assistito a una forma di globalizzazione, vale a dire la costituzione d’imperi intercontinentali che si contendevano il primato sul mondo: americano, britannico, francese, russo, tedesco, giapponese, cinese, che avevano partecipato al conflitto coinvolgendo i loro sudditi extraeuropei, morti a decine di milioni per queste guerre fra Europei.

Dopo le Guerre Mondiali, gl’imperi giapponese, tedesco e francese si erano dileguati, mentre gli altri avevano assunto una natura ideologica (democrazia, comunismo, socialismo con caratteristiche cinesi). L’Europa era stata resa impotente dividendola fra Impero americano e Blocco Sovietico, e le culture “mainstream” erano state mobilitate per dare una base culturale credibile a quella realtà contronatura. Infatti, i due “blocchi” avevano le loro radici comuni nelle “Rivoluzioni Atlantiche” e condividevano il Mito del Progresso.

Nel 1989, l’establishment americano aveva preteso che la caduta del Muro di Berlino avesse rappresentato la “Fine della Storia” quale la intendevano Kant, Hegel, Marx e Kojève, sicché si sarebbe instaurato finalmente un solo Stato mondiale fondato sull’ etica puritana e sui GAFAM (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft), e, governato da Washington e da New York (lo “One-Worldism” di Wilkie, o l’ “America-Mondo” di Valladao). In questo scenario, proliferarono i teorici del Post-Umanesimo, che miravano, e ancora mirano, all’utopia definita da Ray Kurzweil come “Singularity Tecnologica”, vale a dire la fusione dell’ uomo con la macchina, della macchina con la natura e dell’Universo con il nulla: l’Apocalisse tecnologica, altimo avatar di quelle religiose e rivoluzionarie.

Alla fine del ‘900, le resistenze esercitate dalla Serbia e dall’integralismo islamico contro l’allargamento al Vecchio Continente  dell’ “America-Mondo” avevano però costretto l’establishment a correggere il tiro, proclamando, con George Bush Jr.,  la “Giustizia senza limiti”, vale a dire l’applicazione pratica, con a guerra in Afghanistan,  dello “Scontro di Civiltà”, o dell’“Occidente contro Tutti”, come sintetizzato, nel libro “Scontro di Civiltà”, da Samuel Huntington. Vale a dire che l’allargamento dell’ America-Mondo non sarebbe più avvenuto in forma relativamente pacifica, bensì con uno sforzo coordinato, culturale e militare. A tale fine, il Parlamento Americano ha stanziato negli anni somme enormi (l’”Endowment for Democracy”) per realizzare, fuori della sfera d’influenza occidentale, le cosiddette “Rivoluzioni Colorate”, usando, quale strumento principe, i social networks, secondo un vero e proprio “manuale operativo” scritto da Gene Sharp, “From Dictatorship to Democracy”.

Rivoluzioni che furono effettivamente tentate, ma con scarso successo, in Serbia, Georgia, Siria, Iran, Egitto, Libia, Tibet, Hong Kong e, finalmente, in Ucraina, dove l’”Euromaidan” è sfociato, prima, in una guerra civile, poi, nell’ attuale guerra di attrito. Non per nulla, nel frattempo, i GAFAM espandevano a tutto il mondo la propria influenza con le grandi piattaforme e l’”Ideologia Californiana”, mentre le 16 agenzie di Intelligence avvolgevano il globo con una rete inestricabile di controlli digitali (Echelon e Prism). Le due reti, quella privata dei GAFAM e quella pubblica delle agenzie di intelligence, si sono praticamente fuse, grazie a una consolidata legislazione americana sul segreto epistolare, che è forzabile dall’ intelligence militare con procedure semplici e segrete.

Come sappiamo, questi tentativi di omogeneizzare il mondo con Internet, le Guerre Umanitarie e le Rivoluzioni Colorate si è per ora arenato, non tanto e non soltanto per la resistenza diretta dei Governi interessati, bensì anche e soprattutto perché il caos provocato dalle Rivoluzioni Colorate ha spesso prodotto effetti non voluti, come il nascere di nuovi regimi altrettanto, se non più, anti-americani dei precedenti.

Soprattutto, varie parti del mondo (come la Russia e la Turchia), sentendosi particolarmente esposte a queste pressioni (per esempio il colpo di Stato di Guelen), hanno modificato le loro precedenti politiche di dialogo, per rendere le loro società meno permeabili alle Guerre Umanitarie e alle Rivoluzioni Colorate, appoggiandosi, in ciò, alle loro tradizioni storiche -per lo più antiche tradizioni imperiali che le configurano quali centri egemoni di soggetti politici continentali più vasti (Cina, India, Islam),e in ciò adeguandosi  paradossalmente, con una forma di “rivalità mimetica”, al modello dell’ “Impero Nascosto” americano- .Questo sforzo  sembra avere sempre più successo, con la creazione dei BRICS, dei BAATX cinesi e della Via della Seta, con l’abbandono americano dell’ Afghanistan e con l’esito delle guerre in Cecenia, in Georgia, in Siria, in Libia e in Palestina.

Come ha scritto il 22 maggio Massimo Cacciari sulle pagine de “La Stampa”, “la vera questione: che l’ Occidente, oggi l’Occidente americano, non è più strutturalmente in grado di confrontarsi con gli altri Grandi Spazi sulla base di una propria volontà egemonica. Occorre saper ‘tramontare’ da tale volontà, non per sparire, ma, all’ opposto, per dar vita a un nuovo Nomos della Terra multipolare, policentrico”.

Sotto un altro punto di vista, proprio lo sviluppo tumultuoso dei GAFAM ha reso evidente che la storia sarà decisa da una “Guerra fra Intelligenze” (fra intelligenza naturale e artificiale, fra GAFAM e BAATX cinesi, cfr. Alexandre, La Guerre des Intelligences), che l’umanità potrà frenare solo organizzandosi in una Comunità Internazionale con progetti condivisi. Oggi, i due pilastri di tale comunità sono due grandi blocchi (l’Occidente a guida americana e l’Organizzazione di Shanghai),che “mettono a disposizione” le loro enormi risorse ciascuno a favore di uno dei contendenti della “Guerra fra Intelligenze”(La Singularity Tecnologica o il Socialismo con caratteristiche Cinesi). La “Guerra delle Intelligenze” tende così a sfociare nella Terza Guerra Mondiale, mentre il dialogo fra USA e Cina avviato dalle iniziative di Kissinger costituisce solo un pallido tentativo di pacificazione,  che non frena affatto la Terza Guerra Mondiale.

Quelle due superpotenze digitali non riescono infatti  neppur esse a rappresentare adeguatamente le istanze delle loro parti componenti, e quindi ad esprimere, nello sforzo per controllare l’IA, il meglio delle rispettive tradizioni. Nell’Occidente, si distinguono un’America che è totalmente soggetta alle scelte dei GAFAM, che costituiscono la sua forza nel mondo, e un’Europa Occidentale con tradizioni, interessi e comportamenti molto divaricati, ma che non riesce neanche a concepire un progetto autonomo. Fra i BRICS, si distinguono una Cina all’avanguardia mondiale nei campi economico e digitale, e con la propensione a limitare il peso delle sue multinazionali (il “Crackdown sui BAATX”), una Russia più arretrata tecnologicamente, e culturalmente vicina all’Europa, un’India avanzata digitalmente ma con scarso peso politico, e un mondo islamico estremamente frammentato. In definitiva,“L’extraordinaire diversité des discours sur l’IA e sur les réponses à y apporter est inquiétante :nous ne pouvons pas gérer un tel changement de civilisation sans un consensus minimum».

Massimo Cacciari invita a percorrere vie nuove

2.Il suggerimento di Cacciari: riscoprire culture europee dimenticate

Per questo, il chiarirsi delle strategie digitali di ciascuna parte del mondo, con un dibattito “piramidale” a tutti i livelli e un riaccorpamento generalizzato dei poteri decisionali secondo il Principio di Sussidiarietà, costituisce un necessario presupposto per quel tentativo di risposta unitaria all’ IA – che, purtroppo, verrà forse solo dopo che quest’ennesima guerra mondiale avrà dimostrato l’evidenza e l’urgenza dei pericoli qui da noi denunziati (e perciò troppo tardi)-.

Ne consegue tra l’altro che, al fine di inserirsi anch’essa in modo fattivo in questo processo collettivo di chiarimento a livello mondiale, l’Europa dovrebbe aprirsi a prospettive nuove, nella direzione indicata, sempre da Cacciari, nell’ articolo citato, cioè rifuggendo tanto dalla provinciale tentazione che sembrerebbe emergere dal trend elettorale populista, quanto dall’arroganza della cultura progressista e occidentale.

Può sembrare  sorprendente, ma non per noi,  che Cacciari, conscio dello slittamento culturale in corso nell’ opinione pubblica in vista delle Elezioni Europee, indichi la speranza di una nuova prospettiva per l’Europa nella riscoperta delle tradizioni minoritarie “orientalistiche” del conservatorismo europeo, quello che in altra sede abbiamo chiamato “conservatorismo critico”:”Eppure vi è stato un pensiero conservatore, per quanto assolutamente minoritario in queste destre, che si è mosso in una direzione opposta, di riconoscimento pieno  della grandezza delle altre civiltà, nel senso della comparazione e dell’ approfondimento reciproco. Queste correnti andrebbero meditate, anche da parte di molte ‘sinistre’, che mai hanno fatto sul serio i conti con il pensiero ‘in grande’ di certa destra europea.”

Pensiamo che Cacciari si riferisca ad esempio a Pannwitz, a Fenollosa,  a Spengler, a Eliade, a Guénon, a Trubeckoj, a Saint-Exupéry, a Pound, a Evola, a Gumilev. Tutti autori ben più vicini alle culture indica, medio-orientale, delle steppe e dei deserti, cinese.., che non a quelle occidentali. Autori che le “culture di destra” apprezzavano e studiavano fin dagli Anni ’30 (gli “Anticonformistes des Années Trente”, ma che il “mainstream” ha sempre tenuto ai margini, con una vera e propria “censura”, costata, a taluni di essi, anche vere e proprie persecuzioni.

Secondo Alexandre: “Les choix que nous allons faire d’ici au 2100 nous engagent pour toujours et certains seront irréversibles. La gouvernance et la régulation des technologies qui modifient notre identité – manipulation génétique, sélection embryonnaire, IA, fusion neurone-transistor, colonisation du cosmos -seront fondamentales. »A questo punto si comprende bene perché, nonostante la retorica pacifistica generalizzata, sia impossibile impedire oggi  lo scatenamento guerre molto pesanti e rischiose: semplicemente, le poste in gioco sono troppo elevate per potervi rinunziare, anche se per lo più gli attori in gioco non ne sono completamente consapevoli. Si tratta, “mutatis mutandis”,  delle stesse poste in gioco, ad esempio, nelle Guerre Persiane, nella “fitna” fra Sunniti e Sciiti, nello scontro fra l’Impero Cinese e i Taiping: della sfida fra la “hybris” millenaristica e l’”autonomia” pluralistica (Ippocrate ed Erodoto).  Solo che,  allora, si trattava di dispute teoriche; qui, invece, della loro realizzazione pratica (del loro “inveramento”) grazie alla potenza della tecnica.

Ma, prima ancora della “Singularity Tecnologica” che annullerebbe l’Umanità, se non il cosmo stesso,  già ora siamo sottoposti a un unico totalitario ecosistema digitale governato dagli algoritmi secondo la loro logica intrinseca, da cui ogni vitalità (l’”Elan Vital” di Bergson)viene , in un modo o nell’ altro,  eliminata. Peggio che nel Socialismo Reale. Già ora, un anticipo della tirannide post-umana promossa dai GAFAM, ci viene fornito dalla “Religione Woke”, che, negli Stati Uniti, ha praticamente eliminato, nel mondo intellettuale,  la libertà di pensiero e di espressione, instaurando una censura assoluta di tutto ciò che possa ricordare anche vagamente le tradizioni, il passato e perfino qualche brandello si soggettività autonoma (Braunstein, “La Réligion Woke”):tutto ridotto a “orrori” che non bisogna più ripetere. Qualcosa di molto simile alle frenesie sessantottine e all’”Eros e Civiltà” marcusiano, poi sfociati nelle Brigate Rosse e nella Rote Armee Fraktion.

Non per nulla, il “Woke” è sospinto energicamente avanti dai GAFAM, che vedono, nell’appiattimento universale, il necessario presupposto per il proprio controllo totalitario su tutte le società umane.

Per questo vari soggetti politici (Chiese, Cina, Russia, Islam, India) accomunati dall’ istinto di autoconservazione, hanno tentato in vario modo di ostacolare l’omologazione mondiale, e questo ha dato luogo a vari tipi di scontro (dalle guerre dell’ex Unione Sovietica, della ex Jugoslavia, e del Medio Oriente, fino ai disordini generalizzati in Africa e agli attuali movimenti sociali e studenteschi in Europa).

La posizione sull’ AI dei grandi blocchi geopolitici si può sintetizzare come segue:

-l’America ha inventato l’IA con le Conferenza Macy, con ARPANET, Internet e i GAFAM, e il Governo Americano, pur riconoscendo in principio la necessità di una regolamentazione, di fatto lascia ai GAFAM la massima  libertà di azione, perché essi costituiscono di fatto il più potente strumento della sua espansione mondiale (l’”Impero Sconosciuto” di cui parla il Pontefice), e preme per rallentare la regolamentazione internazionale, sperando di rendere irreversibile il controllo dei GAFAM almeno sull’Occidente, come prevedeva già qualche anno fa Evgeny Morozov. D’altronde, come ben messo in evidenza da Braunstein, la “Religione Woke” si pone in continuità con i vari “Awakenings” protestanti americani, che sono all’ origine, tanto della Rivoluzione Americana, quanto della “Giustizia senza Limiti” di Bush;

-La Cina è stata da sempre consapevole dei pericoli costituiti da un internet a guida americana, ed è riuscita, con un lavoro pluridecennale a più strati, a creare un proprio ecosistema digitale, con le proprie piattaforme e con i propri controlli, a tutela dei cittadini (copiato dalle leggi europee), ma anche e soprattutto dello Stato e dell’ Esercito (con interventi pesanti sui guru dell’ informatica che non vi si adeguino: il “Crackdown sui BAATX”). Essa ha accettato di buon grado l’appello di Henry Kissinger per una regolamentazione internazionale che parta dagli usi militari, e ne ha parlato con il vertice americano;

-L’Europa ha scelto deliberatamente, per non entrare in rotta di collisione con gli USA, di non avere una propria industria digitale, restando tributaria degli USA per tutta una serie di attività vitali (intelligence, internet, difesa, nuove tecnologie). In cambio, essa si vanta di essere all’ avanguardia della regolamentazione dell’ICT, tanto per la privacy quanto per l’IA. Peccato che le sue regolamentazioni non abbiano alcun effetto pratico, perché i GAFAM e l’Intelligence Community americani controllano l’intero ecosistema digitale e perfino la politica, e quindi sfuggono a qualsiasi controllo dell’Unione;

-gli Organismi Internazionali hanno tentato, come doveroso dal punto di vista istituzionale, di fare qualcosa, per esempio con la “Bozza di Convenzione-Quadro” elaborata da una commissione del Consigli d’Europa, o come la Dichiarazione delle Nazioni Unite, ma  sono state bloccate dalle Grandi Potenze, che desiderano che queste decisioni siano in mano a un club ristretto, che poi presenterà il fatto compiuto come un verdetto inesorabile della Storia, a cui nessuno penserà neppure lontanamente di opporsi.

3.L’Europa, anello indispensabile della governance mondiale dell’ IA.

In tutto ciò, la posizione dell’Europa è particolarmente ondivaga.

Dopo avere approvato, e abbondantemente propagandato, due importanti pacchetti legislativi, il DGPR e l‘AI Act, l’Europa è sostanzialmente assente dal dibattito internazionale sull’ IA, nonostante che il Papa e le Nazioni Unite abbiano chiaramente indicato quale dovrebbe essere il prossimo percorso:

-un pacchetto negoziale basato su un trattato generale applicabile al civile e al militare, al pubblico e al privato, da elaborare fin da subito;

-creazione di un’Agenzia Internazionale delle Nazioni Unite sul modello dell’ AIEA.

La realtà è che gli Stati Uniti e i GAFAM non cessano di fare pressione sugli Stati membri e sulla Commissione perché si segua invece un percorso diverso:

-postposizione del trattato;

-esclusione delle imprese private e del militare;

-firma solo da parte dei Paesi occidentali.

Un trattato  così depotenziato non servirebbe a nulla in quanto:

-il pericolo più grave è costituito dall’ uso militare dell’ IA, su cui si deve trovare un accordo anche con la Cina e con la Russia;

-il secondo è costituito dal controllo dei GAFAM su tutte le società umane, che non viene contrastato con vaghe enunciazioni di principio;

-manca del tutto un risvolto culturale, educativo e formativo fuori dal conformismo tecnocratico e moraleggiante imperante.

Se vi è oggi una “missione culturale dell’ Europa”, essa è quella di svelare che l’attuale “mainstream” occidentale, che trae le sue “radici” dal Vecchio Mondo, non è -che si tratti del “wokismo” o del tradizionale atteggiamento WASP-, un fenomeno universale, bensì un qualcosa di tipicamente americano (“the Dissidence of Dissent”, per dirla con Huntington), che ha estremizzato a tal punto vecchie idee europee del messianesimo, del relativismo e della democrazia, dal renderle insostenibili e irriconoscibili.

In questa luce, occorre, come proponevano gli autori sopra citati e come propone oggi  Cacciari, studiare e  rivalutare le culture asiatiche, anche se la soluzione indicata nell’ articolo di cui sopra ci sembra troppo semplicistica:”L’Autorità non sta nelle mani di un Capo, né in un Paese né sulla faccia della terra, ma è la Relazione stessa, sono le norme e le leggi che la stabiliscono e regolano e che tutti riconoscono perché vedono in esse le garanzie della loro stessa pace.”Questa è infatti semplicemente la definizione del “Dao” contenuta nel Dao De Ching di Lao Tse e nei Classici Confuciani.

E, secondo Cacciari, questa costituirebbe addirittura la fine del dissidio fra Destra e Sinistra (se non della pace mondiale) Ma qui cadiamo di nuovo in una prospettiva utopica. Infatti, il Dao è il risultato della dialettica fra Yin e Yang (maschile e femminile) proprio quella che la cultura woke vuole eliminare. E, infatti, Mao pensava che la dialettica destra-sinistra sia ineliminabile. Cacciari è ancora nostalgico della Fine della Storia, solo che, invece di concepirla secondo il “mainstream” occidentale, la concepisce secondo il filone cinese della “Grande Armonia” (“Datong”).

Comunque, il mondo multipolare non può, per definizione, essere dominato da una sola cultura, fosse pure la millenaria cultura cinese, che sembra avere comunque la meglio in una prospettiva di lungo termine. Questo perché il compito che attende la nuova generazione è assolutamente inedito, e richiede un contributo intellettuale di tutti, al di fuori della portata di ogni singola cultura. Del resto, più saggio appare l’approccio islamico, secondo cui “se Dio avesse voluto, avrebbe fatto di noi un’unica setta”.

Ciò che l’Europa può fare è essere il catalizzatore, il “Trendsetter”, di questo dibattito mondiale (come voleva l’attuale Commissione, che però non sapeva neppure da dove cominciare, perché manca dei necessari presupposti culturali e della necessaria indipendenza politica).

Per fare ciò, l’Europa deve avere una propria identità, che non può essere, né quella americana, né quella cinese, né quella islamica. Essa deve riscoprire senza paraocchi l’integralità la propria cultura, che non è solo una sommatoria di razionalismo greco, di legalismo romano e di monoteismo giudaico-cristiano, ma anche lo spirito dionisiaco dei nomadi delle steppe, il misticismo euro-islamico, la pasionarnost’ slava, lo spirito critico degl’intellettuali indipendenti, classificati abusivamente come “illuministi”…Basta con le censure a Omero, Ippocrate, Erodoto, Eraclito, Socrate, Tacito, Jordanes, i Provenzali, Machiavelli, i Gesuiti, Nietzsche, Soloviov, Dostojevskij, Simone Weil, Burgess…

Solo sulla base di un’antropologia personalistica assertiva e critica (opposta alle cosiddette “Educazioni anti-autoritarie”, e soprattutto alla “cultura woke”), il singolo cittadino potrà avere la forza intellettuale e di volontà necessaria per opporsi al determinismo della tecnocrazia e alle coercizioni quotidiane della rete e del “politicamente corretto”.

L’Europa nel suo complesso dev’essere libera di confrontarsi alla pari, senza complessi d’inferiorità, con gli altri continenti (“orgogliosamente volta al mondo” come scriveva Vörösmarty)  : con l’ America, certo, ma soprattutto con la Russia, con la Turchia, con Israele, con l’Islam (con i quali essa è intrinsecamente connessa), con la Cina, l’India, il Sud-America…, prendendo spunto, ove sia necessario, da tutte le alte culture.

Innanzitutto, deve uscire al più presto da questa guerra fratricida, motivata da un falso confronto fra l’Europa ortodossa e quella romano-germanica inventato a tavolino dai think tanks americani (Huntington), e deve fare anche di tutto per fare terminare quello fra Israele e il mondo mussulmano, che è alle soglie della sua casa.

Essa deve formulare su queste basi una sua proposta di pace, che veda l’Europa e la sua missione al centro del nuovo sistema multipolare, in quanto punto di equilibrio del “Parallelogramma delle Forze” mondiale. Per fare ciò, non può e non deve identificarsi unilateralmente con nessuno dei blocchi oggi in conflitto, come giustamente incominciano a suggerire alcuni intellettuali e politici.

Così, quando tutto ciò sarà finito, potremmo dedicarci alla vera battaglia del nostro tempo: quella per il controllo dell’Intelligenza Artificiale, intorno alla quale dovremmo coalizzare il mondo intero.

E’ PASQUA: VOGLIAMO VERAMENTE FARE QUALCOSA PER

FERMARE LA GUERRA?

Osservazioni a margine della  Piattaforma sul Futuro dell’ Europa

Ho partecipato con interesse (in modo virtuale) alla riunione della Piattaforma sul Futuro dell’ Europa che si è tenuta Venerdì  30 marzo presso la sede della CGIL di Roma.

Ho constatato con soddisfazione che, nonostante il caos che regna nelle Istituzioni e, in generale, nel “mainstream”, i Federalisti continuano a seguire con estrema attenzione e con occhio critico e sistematico l’evolversi dell’ integrazione europea, sì che il Movimento Europeo resta uno dei pochi forum in cui il futuro dell’ Europa possa ancora essere discusso. Anzi, non c’è più, neanche qui, quell’ “endorsement” acritico delle posizioni delle Autorità che inficiava tradizionalmente la pretesa di costituire un’ alternativa all’ Europa funzionalistica che si è affermata nel tempo. Al contrario, si osa oramai criticare apertamente l’inconcludenza e l’incoerenza dei vertici europei e nazionali e la vuotezza dei programmi dei partiti.

In particolare, il documento presentato alla riunione dal Movimento sulla difesa europea mette giustamente in evidenza, in polemica con il “mainstream”, che i rapporti fra UE e la Russia “si sono progressivamente interrotti  per la conflittuale volontà degli Stati Uniti  di George Bush, ma anche di Barack Obama di consolidare il vantaggio strategicoi dell’ egemonia americana , ottenuto con la fine della Guerra Fredda  e la decisione di Vladimir Putin, dopo la momentanea presidenza di Dmitri Medvedev, di riprendere il mano il controllo della Russia come attore internazionale e non più regionale”, anche se noi vedremmo qui anche e soprattutto la ovvia delusione della Russia per non essere stata ammessa a fare parte sostanziale e paritetica dell’ Europa (la “Casa Comune Europea”), come si era sperato ai tempi della Conferenza di Praga con Gorbachev e Mitterrand.

Inoltre, il Libro Verde predisposto dal Movimento e presentato alla riunione ribadisce  a più riprese l’urgenza della ricerca di un’Identità Europea attraverso “cultural and educational policies”. Che, precisiamo noi, dovrebbero essere concepite in un senso molto diverso dagli attuali, timidi e ideologici, tentativi, per orientarsi verso lo studio obiettivo e approfondito della linguistica, della filosofia e della storia europee e mondiali, partendo dalla filologia generale e comparata, dall’ uso dell’ Intelligenza Artificiale, dalle lingue classiche europee e orientali, dalla filosofia e dalle religioni comparate, dalla preistoria europea, dalla lettura degli autori classici, dal dibattito senza censure, dai progetti europei dalle Crociate agl’Illuministi ,agli Anni ’20, ’30 e ’40 del Novecento, dalla psicoanalisi, dall’epistemologia e dalla storia delle tecnologie (cfr. il nostro “10.000 anni di identità europea”, Alpina, Torino, 2006).

Da questo studio dovrebbero nascere gli stimoli per una profonda autocritica della “vulgata” sulla storia europea, riconoscendo che il mito del continuo miglioramento dell’Umanità della filosofia ottocentesca è stato smentito dall’ esperienza esistenziale della nostra generazione, la quale, nella “Società delle aspettative decrescenti”,  non può che assentire sul  carattere tragico e imperfetto della realtà espresso in modo costante nei secoli dalla nostra cultura: la tragedia greca, il Neoplatonismo, Tertulliano, Dante, Rousseau, De Maistre, Leopardi, Kierkegaaard, la psicoanalisi, lo spiritualismo, la Dialettica dell’ Illuminismo…

In particolare, il movimento verso l’integrazione dell’ Europa non è, oggi, sospinto dal generale moto del progresso, bensì dall’ urgenza di coalizzare le forze contro il progetto postumanistico, anche quelle fuori dell’ Occidente. In questo senso, il progetto originario di “Casa Comune Europea”  di Gorbaciov, e Giovanni Paolo II  e Mitterrand è ancora totalmente recuperabile.

Infatti, come credevano Leibniz, De Maistre, Dostojevskij e Blok, non vi è nessuna incompatibilità di fondo fra Europa e Eurasia, che hanno attraversato, seppure con traiettorie diverse, la stessa “Età Critica” (Saint -imon), e ora si trovano nella stessa situazione drammatica descritta da Soloviov nella “Leggenda dell’ Anticristo”.

Anche la presunta inconciliabilità fra vari i popoli dell’ Intermarium (l’antica Rzeczpospolita polacco-lituana) e quelli di “tutte le Russie”, di cui parlano le retoriche nazionalistiche baltiche, polacche e ucraine, è smentita dalla loro culturale: Pushkin e Mickiewicz, Gogol e Tolstoj, De Maistre e Ivanov…Basti pensare a tutta la filmografia di Sokurov.

Negli Anni ’80 si darebbe dovuti partire dunque da un movimento culturale paneuropeo centripeto, quale espresso per esempio da Tarkowski, Kieslowski, Kusturica e Zviagintsev, dall’incontro fra i giovani di tutti i Paesi, dallo smussare gli angoli ideologici e giuridici delle società orientale e occidentale, dalla creazione di un’economia integrata (i “campioni paneuropei”!) e da un sistema paneuropeo di sicurezza, per arrivare alla Confederazione Europea, fra l’ Unione Europea e l’Unione Eurasiatica.

Cose tutte che vanno fatte adesso o mai più. Invece, le lamentazioni e gli auspici fatti un po’ da tutti, dal Vaticano al Presidente turco, dai politici italiani  ai giornalisti, sembrano solo un artificio retorico per non fare nulla. Meglio certo di coloro che sobillano l’inasprimento della situazione, che basta un nonnulla per poter degenerare. Basti pensare all’ incrocio sui cieli del Baltico fra i caccia italiani e quelli russi.

1.L’eterogenesi dei fini

Che la visione tragica della storia sia più realistica di quella progressiva, è dimostrato proprio dal fatto che l’Europa che abbiamo di fronte è l’esatto contrario di quella a cui aspiravano le minoranze europeiste dell’immediato dopoguerra, e anche gli uomini del dissenso dell’ Europa Centale e Orientale (pensiamo a Lev Gumilev, figlio di Anna Achmatova, al Cardinale Mindszénthy, a Nàgy e Màleter, a Sol’zhenitsin, a Rudolph Bahro). Come scriveva alcuni anni fa il compianto Giulietto Chiesa,”L’Unione Europea costituisce l’esempio più evidente dell’“Eterogenesi dei Fini”.

In sostanza, non si sarebbe mai dovuto parlare di “Fine della Storia”, se non come di un pericolo da scongiurare. Infatti, la Fine della Storia tanto agognata dalla “vulgata” occidentale è proprio quello che ci attendiamo adesso da un momento all’ altro, cioè l’ Apocalisse.

Nel Manifesto di Ventotene, si parlava di “Pace”, e invece abbiamo avuto la guerra civile greca,  i terrorismi alto-atesino, irlandese, basco, corso, brigatista e islamico, le interminabili (e non terminate)guerre di Corea, Cipro, Palestina, del Golfo, dell’ Afganistan, Siria, Libia, Yemen, ex Jugoslavia, ex URSS, nonché continue invasioni, prima dell’ URSS, poi delle sue ex-Repubbliche (non solo la Russia), nelle Repubbliche Autonome, e oggi leaders come Macron e Tusk parlano apertamente di guerra con la Russia, mentre Putin promette di attaccare gli F-16 della NATO non appena essi decollino per andare in Ucraina.Proprio ieri, aerei italiani hanno intercettato sul Mar Baltico i caccia russi.

I Padri Fondatori avevano descritto l’Europa Unita come la roccaforte della libertà, mentre invece abbiamo avuto le Gladio rosse e nere, i “cadaveri eccellenti”, i reati di opinione, le censure a Horkheimer e Adorno, Pasternak, Dziuba e  Dugin, il Politicamente Corretto, la “Cancel Culture”, la cultura “woke”, Echelon, Prism, i casi Assange, Snowden e Schrems, e ora la censura delle pretese “Fake News”.

Coudenhove-Kalergi e Simone Veil avevano propugnato un’Europa garante della cultura occidentale, e la Dichiarazione di Copenhagen (1973) aveva ufficializzato l’idea di un’ Identità Europea, e invece ci troviamo sommersi da un post-umanesimo omologatore, dalla diseducazione nelle scuole e sui media, dalle cangianti mode pseudo-culturali (“mid-brow” e “low-brow”) che arrivano dall’ America.

L’Europa aveva sostenuto fin dall’ inizio il principio di non-discriminazione, in particolare, fra le popolazioni maggioritarie e minoritarie di ciascuno Stato (una distinzione ripresa dall’Austromarxismo e dalla teoria sovietica delle nazionalità), ribadito dalla Carta di Maribor delle Minoranze, ed attuato in  Finlandia, Italia, Spagna, Belgio, Regno Unito.Invece, le minoranze presenti un po’ dovunque (Paesi Baltici, Ucraina, Georgia, Azerbaidzhan, Moldova,Francia, Germania, Inghilterra), ma anche in Spagna, in Croazia e nel Kossovo,  non godono di tale trattamento, poiché dopo 25 anni i Serbi della Krajna non sono ancora potuti tornare alle loro case, il Governo catalano è stato semplicemente imprigionato e  le minoranze russofone nell’ Unione Europea vengono trattate come apolidi (“nepilsonis”),mentre il Russo, pure essendo la lingua di una decina di milioni di abitanti dell’ Unione, di cui più di 6 milioni risultano come “migranti”, a cui si aggiungono i Russofoni naturalizzati e gli “apolidi” (più degli abitanti della maggioranza -16- degli Stati Membri), non è una  lingua ufficiale della stessa. Non parliamo infine della situazione anomala dell’ Ucraina, Paese inequivocabilmente plurilingue, più dello stesso Belgio e della Spagna.

Giscard d’Estaing  aveva parlato di un’ “Europe-Puissance”, che avrebbe potuto essere alla pari con l’America e la Russia, e, invece, ci vediamo impoveriti ed esclusi dalle trattative sul futuro del mondo.

Galimberti, Spinelli, Delors e Albert descrivevano un’ Europa  “terza via” (il “Modello Renano”), fondata sulla partecipazione a tutti i livelli, sul controllo sociale delle industrie strategiche e sui Campioni Europei, e invece abbiamo una società turbo-capitalistica dove cinque o sei guru dell’ informatica controllano la cultura, l’economia e la politica mondiali, con il plauso e l’attiva cooperazione dei vertici europei.

Infine, il discorso politico odierno ha semplicemente cancellato la memoria delle politiche avviate da decenni dalle Comunità Europee, come gli accordi di Yaoundé, Lomé e Cotonou (cfr. Riccardo Lala, Les procédures de a coopération financière et technique dans le cadre de la II Convention de Lomé, Giappichelli, 1991), che avevano attuato quanto oggi si propaganda come se fosse una politica nuova (per esempio, il “Piano Mattei”): la cooperazione europea con l’ Africa, ivi compreso il diritto di migrazione dagli Stati aderenti.

Anche i partiti europei fanno esattamente il contrario di ciò che sarebbe legittimo aspettarsi da loro. Il “centro” e la “sinistra” hanno gestito l’economia in modo tale da rovinare le nostre imprese e i nostri lavoratori, con le conseguenze che oggi vediamo. La Olivetti Informatica è stata “estirpata” come voleva Visentini; Mattei è stato ucciso; il Concorde è stato chiuso; l’EADS (European Aerospace and Defence), si è ridotta alla sola  Airbus; la FIAT non esiste più, anche grazie alle oscure vicende di cui si sta occupando la mogistratura; la Stellantis sta licenziando  i suoi ingegneri; la Renault  ha venduto per 1 rublo la fabbrica di Togliattigrad; i prestigiosi marchi tedeschi, senza l’interscambio con la Cina, non riescono a sopravvivere.

A loro volta, i “Patrioti” corrono a Washington e a Ramstein per prendere ordini sui tributi da versare alla NATO sotto forma di denaro, di armi o addirittura di soldati.

2.Le radici della guerra

Finalmente, nel dibattito pubblico, tanto in Europa che in America, comincia a farsi strada la consapevolezza che nessuno ha finora neppure progettato una via di uscita dalla guerra. Obiettiamo che Diàlexis aveva già proposto fin dal 2014 una via di uscita, attraverso il  rilancio della Confederazione Europea di Mitterrand e Gorbaciov, per “evitare un’ inutile strage (”No a un’ Inutile Strage”, prima edizione 2014)

Ora, se il Movimento Europeo ha il merito di avere ricostruito in modo obiettivo le premesse immediate della guerra, per arrivare a una soluzione si dovrebbe andare oltre, e analizzare con cura le motivazioni, ufficiali e ufficiose, della guerra, innanzitutto quelle  fornite dalla Russia stessa, attraverso il suo comportamento  fattuale, poi attraverso documenti ufficiali.

Dal momento della dissoluzione dell’ URSS, la Russia non aveva  cessato di sostenere le minoranze russe, russofone e/o russofile. Non avrebbe potuto fare altrimenti, perché lo  fanno tutti gli Stati del mondo, dalla Francia alla Cina, dall’Ungheria all’ Albania, dalla Romania a Israele. In più, il principale dissidente sovietico, lo scrittore Sol’zhenitsin, aveva scritto, subito prima del crollo dell’ Unione Sovietica, un fondamentale libello, “Kak nam obostruit’ Rossiju?”(“Come ristrutturare la nostra Russia”), che ha costituito la base su cui si sono costruiti gli Accordi di Bieloviezha, e, quindi, l’Unione di Stati Indipendenti (SNG), una confederazione sul modello dell’ Unione Europea attuale, che avrebbe dovuto sostituire l’Unione Sovietica, ma comprendendo solo gli Slavi dell’ Est e le Repubbliche eventualmente interessate.

Il referendum con cui si dice che le Repubbliche rifiutarono l’unione con la Russia parlava proprio di trasformazione dell’ URSS nell’ SNG, non di separazione, e vinsero i “Sì”. Il “progetto di ricostituire l’URSS” è in realtà solo il tentativo di trasformare l’SNG nell’ Unione Eurasiatica, con un passaggio simile a quello che  i federalisti perseguono con la sperata trasformazione dell’ Unione Europea “funzionalista” in una Federazione Europea “politica”.

La guerra civile in Ucraina era cominciata nel 2014 con la cacciata manu militari del presidente ucraino Janukovich, e con l’assemblea a Kharkiv degli amministratori locali dell’Ucraina Orientale, in cui si era deciso che i comuni russofoni avrebbero arruolato milizie di autodifesa. Di lì partirono le occupazioni armate delle sedi delle amministrazioni locali, e l’attacco alle città russofone da parte dei battaglioni nazionalisti.

La dichiarazione congiunta con la Cina pubblicata prima dell’ invasione dell’ Ucraina da parte dell’ Armata Russa non parlava di rivendicazioni territoriali verso l’Ucraina, così come non ne parlavano le due bozze di trattato  indirizzate dalla Russia alla NATO e all’ UE. La prima parlava di un Nuovo Ordine Mondiale multipolare; la seconda, dell’ arretramento ad Occidente di tutte le forze americane. Nonostante tanto parlare da tutte le parti, è logico pensare che gli obiettivi della guerra in corso siano rimasti quelli, ed a quelli bisogna rispondere. Essi non riguardano se non marginalmente l’Ucraina, che, in un Nuovo Ordine Mondiale, potrebbe vivere benissimo senza scissioni od occupazioni straniere.

3.Un possibile percorso negoziale verso la Confederazione Europea.

Se si vuole trattare, bisogna che si muovano gli Stati Uniti e probabilmente anche la Cina, che sono i reali interlocutori di questa guerra, coinvolgendo ovviamente Russia e Ucraina, ma anche l’Europa, l’India e l’Islam. Si noti che USA e Cina hanno già iniziato trattative sul problema che per loro è più scottante: l’Intelligenza Artificiale.

In ogni caso, non si può fare finta che il problema posto in quei documenti non esista: l’”Occidente” (che rappresenta solo il 25% della popolazione mondiale) pretende da almeno 80 anni di essere l’unica realtà culturale, politica, militare, economica, tecnologica, che conta nel mondo, non riconoscendo pari dignità a Cina, Russia, India, Islam, e neppure Europa. E’ impensabile che il resto del mondo continui indefinitamente ad accettare questa situazione, senza successivi, sempre più gravi, sconquassi

Qualche concessione dovrà essere fatta, su tutti i piani: ampliando lo studio e la divulgazione delle culture non occidentali; riducendo i privilegi dell’Occidente in campo finanziario, tecnologico e logistico: stipulando nuovi trattati universali per disciplinare i settori oggi non regolamentati, in primo luogo, l’ Intelligenza Artificiale.

Il primo passo dovrebbe essere costituito da una Convenzione-Quadro Universale sull’ Intelligenza Artificiale, che oggi tutto condiziona, e sulla quale si è praticamente fermi.

All’ interno di questa trattativa a livello mondiale, che potrebbe congelare la guerra in corso,  Unione Europea, Ucraina e Unione Eurasiatica potrebbero riprendere le fila della Confederazione Europea di Gorbachev e Mitterrand, all’ interno della quale un’Ucraina federalizzata (“Autonomia Differenziata” sul modello italiano: Kiev/Kyiv, Kharkov/Kharkiv, Donbass, Nuova Russia, Crimea, Bessarabia, Rutenia transcarpatica e ciscarpartica, Galizia, Polessia…), come la stava creando Janukovic (il “Partito delle Regioni”), potrebbe costituire il “territorio federale” (come  negli USA il District of Columbia), e Kiev/Kyiv essere la capitale della Confederazione. In ambedue la parti dell’Eurasia,dovrebbe essere garantito uno stock minimo di diritti, a cominciare da quelli delle minoranze.

Le truppe russe e occidentali dovrebbero essere ritirate dall’ Ucraina, e l’Unione Europea dovrebbe creare un Esercito Europeo comparabile a quello russo (anche mediante apporti di basi e materiali delle attuali truppe russe e americane). L’Europa spende già oggi per la Difesa più della stessa Russia, ma lo spende male. Ambedue gli eserciti dovrebbero garantire lo status quo attraverso appositi trattati di disarmo e sull’ Intelligenza Artificiale.

Le preoccupazioni della Cina e della Russia verrebbe prese in considerazione allontanando truppe e movimenti politici ostili dalla frontiera russa, quelle dell’Ucraina garantendone l’indipendenza e l’integrità, e addirittura promuovendo Kiev/Kyiv a capitale confederale dell’ Eurasia. La Cina e gli USA ne trarrebbero anch’esse un loro tornaconto, spianando la strada a un accordo globale sull’ Intelligenza Artificiale sotto la loro egida, che costituirebbe  la migliore prova della loro egemonia congiunta.

Qualcosa di simile si potrebbe fare anche in Asia (per esempio in Palestina e a Taiwan).

Certo, un siffatto progetto lederebbe gravemente molte attuali rendite di posizione, e, per questo, comporterebbe anch’esso nuovi conflitti molto duri, ma certamente garantirebbe il “Futuro dell’ Europa” meglio di quanto accada oggi.

Chissà se qualche candidato alle Elezioni Europee potesse parlarne? Perché il Movimento Europeo non prende in considerazione un progetto di questo genere ?

A UN PASSO DALLA GUERRA NUCLEARE MONDIALE: Più che mai, “no a un’inutile strage”

I Gesuiti e gl’Illuministi presentavano Russia e Cina come modelli per l’ Europa

Nonostante le loro affermazioni, gli  Stati membri della UE stanno operando in senso contrario alla costituzione di una Politica Estera e di Difesa Europea, in quanto si sono orientati verso una serie di accordi militari bilaterali con l’ Ucraina, che ci si può chiedere quanto siano compatibili con le rispettive costituzioni, con lo spirito europeo e perfino con l’appartenenza alla NATO.

Soprattutto, essi pongono la premessa per uno scontro diretto fra Europei e Russi, che è quanto gli USA hanno sempre cercato di ottenere, e contro cui era stata ideata la Perestrojka. Se, infatti, nel 1989non fosse arrivato al castello di Praga Bill Clinton, sarebbe forse partita la “Confederazione Europea” fra CEE e Comecon, voluta da Mitterrand e Gorbačev, primo passo verso la “Casa Comune Europea”, l’esatto opposto della guerra in Europa che tutti stanno oggi preparando.

Perciò, chi, come noi, si era sempre adoperato per il dissenso est-europeo (per esempio, Sol’ženitsin), nella speranza che esso, abbattendo l’Unione Sovietica, avrebbe costruito un ponte fra i popoli dell’ Europa Occidentale con quelli dell’ Europa Centrale e Orientale (“respirare con due polmoni”, come scriveva Ivanov), non può che essere contrario a questa guerra, che vuole dividere definitivamente gli Europei (cfr. il nostro Quaderno “No a un’inutile strage” del 2014).

Vi è ora forse in qualcuno anche un legittimo desiderio di sfruttare questa guerra per fare nascere una qualche Europa Militare (cfr.A.Spinelli), ma, come dimostra la storia dell’ integrazione militare europea (Crociate, Napoleone, Crimea, Asse), l’esito più probabile  sarà un’ immane catastrofe, da un lato, per l’impreparazione degli Europei, e, dall’ altro, per l’eterodirezione da parte degli “Imperi Sconosciuti”(come dice il Papa). L’unico modo per rimediarvi all’ultimo momento sarebbe, forse, prepararsi a prendere in mano le redini della situazione nel caso (non improbabile) in cui gli Stati Uniti lasciassero soli gli Europei nel bel mezzo di una guerra. Però, come scriveva Domenico Quirico su La Stampa, la soluzione non potrà venire da coloro che ci hanno portati fino a questo sfascio. Infatti, non si tratterebbe di portare quella guerra fino alle estreme conseguenze, bensì di usare la nostra rinnovata forza per far valere i nostri valori e interessi (la Casa Comune Europea).

Il canto della Schiera del Principe Igor depreca l’inutile strage lungo il Donetz

1.L’escalation degli Stati Europei in Ucraina

Con l’alleanza firmata con l’Ucraina, il Governo inglese, ancora una volta, ha tentato di scongiurare la possibilità di un negoziato per porre termine al conflitto. Dopo la Gran Bretagna, nuovi accordi bilaterali sono stati stipulati con la Germania e la Francia. Secondo una fonte giornalistica, con l’accordo, valido dieci anni, Germania e Ucraina hanno concordato che, in caso di un futuro attacco russo, ciascuna delle due parti potrà richiedere consultazioni, e che i passi successivi saranno decisi entro 24 ore. Se la Germania riterrà necessario intervenire, fornirà all’Ucraina «assistenza rapida e duratura in materia di sicurezza, equipaggiamento militare moderno in tutti i settori, se necessario, e assistenza economica». L’accordo con la Francia, invece, delinea un quadro per gli aiuti umanitari e finanziari a lungo termine, il sostegno alla ricostruzione e l’assistenza militare. Parigi si è in ogni caso impegnata a fornire nel 2024 «fino a 3 miliardi di euro» in aiuti militari «supplementari» a Kiev, dopo un aiuto stimato a 1,7 miliardi nel 2022 e 2,1 miliardi nel 2023. Per giunta, Macron non ha escluso che la Francia possa inviare truppe sul campo di battaglia.  Da ultima la Danimarca, il 22 febbraio, ha firmato un accordo bilaterale con l’Ucraina che prevede la fornitura in dieci anni di aiuti militari per 250 milioni di dollari. Nella scadenza del secondo anniversario dell’invasione russa, il Primo ministro Meloni si è recata a Kiev per firmare, in occasione del Forum dei leader del G7, un accordo bilaterale sulla “sicurezza” con l’Ucraina. L’accordo italiano, illustrato da Tajani, prevede «la consultazione e la collaborazione con l’Ucraina per aiutarla a costituire una sua capacità nazionale nel settore della difesa» per «provvedere alla propria sicurezza nel medio-lungo termine». Un altro pilastro sarà «l’assistenza in campo economico» e per la «ricostruzione». E poi ancora, «la tutela delle infrastrutture critiche ed energetiche», il «sostegno umanitario per i civili».

Tajani ha cercato di minimizzare il significato dell’accordo, assumendo che «non sarà giuridicamente vincolante [poiché] dal testo non derivano obblighi sul piano del diritto internazionale né impegni finanziari”. Il ministro probabilmente intendeva dire che dal testo  non emerge un obbligo automatico dell’Italia di entrare in guerra in soccorso all’Ucraina nel caso in cui questa perda definitivamente la guerra. Tuttavia, l’accordo è comunque in violazione dell’obbligo di sottoporre al Parlamento la creazione di nuove alleanze militari, e fa dell’ Italia un possibile obiettivo dei missili russi, così come l’invio della flotta italiana nel Mar Rosso lo fa per il terrorismo islamico.

E’ singolare che, nonostante che Macron e von der Leyen facciano intendere che un eventuale intervento sarebbe fatto anche e soprattutto in contrasto con un disimpegno americano,  anche il Capo di Stato Maggiore USA, Austin, parli oramai di “guerra della NATO contro la Russia”. Confermando con ciò l’interpretazione data da sempre, da parte dei media russi, della natura profonda della guerra in corso.

Per tutto questo, ci sembra non irrilevante ricapitolare qui di seguito la storia degli aspetti militari dell’integrazione europea, che stanno rapidamente emergendo quali punto focale degli attuali dibattiti e disvelamento delle reali intenzioni, per capire in che modo essi si connettano all’attuale situazione.

Il Popolo dei Kurgan, gli antenati degli Europei, vivevano fra Russia e Ucraina

2.Dagli “Autonomoi”  all’impero romano

L’idea di una qualche integrazione europea era nata molti secoli fa proprio dall’esigenza d’ inquadrare in un unico esercito le sparse schiere dei primitivi popoli europei, quelli che Ippocrate chiamava “Autonomoi”, valentissimi guerrieri, ma divisi fra di loro in base a criteri clanici, tribali, cittadini, di classe, etnici, regionali e culturali. Per questo, non c’è da scandalizzarsi se i politici europei ricominciano a parlare, dopo 2500 anni, di guerra come forma di integrazione del Continente.

Roma stessa era nata quale idea multiculturale e multietnica, non nazionale, proprio per esprimere questo senso di unione sotto l’elemento militare. “Rhoma” (in Attico, “Rhome”) è la parola dorica che esprime il concetto di “forza”, quindi, non un popolo, bensì un programma politico (imperialistico), simboleggiato dai Fasci Littori. I pochi abitanti del primitivo villaggio, il Palatium, avevano origini troiane, doriche, latine, sabine, etrusche. Tutta l’Eneide non è altro che un’esaltazione delle pretese genealogia troiana (lidia?, frigia?); tanto Evandro quanto i Tarquini erano originari del Peloponneso; il “Ratto delle Sabine” è autoesplicativo; l’ultima dinastia fu etrusca. La città stessa fu una federazione di villaggi (i “Sette Colli”). Fu Roma a dare un nome alle regioni italiane e alle nazioni europee, e l’Impero fu comandato da un “Imperator”, un comandante militare vittorioso, non necessariamente romano o latino, ma anche italico, illirico, africano, siriaco, arabo. La Translatio Imperii è stata la successione di questi imperatori, fino a quelli bizantini, franchi, serbi, bulgari, germanici, russi, francesi, tanto che se ne sono conservate le tracce perfino nelle più svariate lingue: Romei, Romiossini, Rumeli, Rumi, Rum, Rom, Kaisar, Kaiser, Tsar..

L’idea della Pace Perpetua era in realtà il contraltare implicito della guerra continua: si aspirava a tornare alla mitica Età dell’Oro, ma “solo un Dio poteva salvare l’ Impero”: l’Imperatore Divinizzato, che, per realizzare il suo obiettivo, doveva combattere infinite battaglie. La sconfitta di Teutoburgo segnalò ben presto che la Pax Augusta non poteva essere perfetta, perché il potere di Augusto non era infinito. Neanche l’impero cristiano avrebbe potuto essere pacifico, perché il Cristianesimo è caratterizzato proprio dall’idea dell’imperfezione dello stato creaturale: sugli scudi dei legionari, vennero inserite le iniziali di Cristo XP:”In hoc signo vinces”.L’Apocalisse non va accelerata come vorrebbero i postumanisti; va fermata, se necessario, con la forza.

Continuiamo a ripubblicare un libro che purtroppo è sempre attuale

3. Dai progetti di crociata all’idea zarista del diritto umanitario bellico

I progetti dei sovrani europei europei (Dubois, Podiebrad, Sully) nascono, al tempo delle Crociate, quando si vede che la guida congiunta dell’ esercito cristiano da parte della diarchia  feudale Papa – Imperatore era inefficace di fronte alla superiore organizzazione delle monarchie islamiche (“De Recuperanda Terra Sancta”), e che neppure la Trewa Dei e  il Landfrid dell’ Impero bastavano per evitare le sanguinose faide intestine. Occorreva scatenare i cavalieri europei contro un nemico esterno. Ai tempi dell’uccisione di Corradino di Svevia, dell’Oltraggio di Anagni, della cattività avignonese e dello Scisma d’Occidente, i re di Francia e di Boemia, gli Hussiti e i  Calvinisti pretesero un’organizzazione federale e collegiale, in cui il potere dell’ Imperatore tedesco e del Papa di Roma risultasse diluito, se non annullato. Questo divenne poi (con il Gran Dessin di Sully) un pretesto per distruggere l’egemonia degli Asburgo, che stavano ricostituendo l’unità dell’ Impero,e per spartirsi l’Impero Ottomano, secondo paradigmi che echeggiano ancor oggi.

Si noti che le grandi linee istituzionali dei Progetti di Crociata (un’Assemblea itinerante, un Consiglio, un istituto finanziario, un Corte di Giustizia) sono rimasti gli stessi per 8 secoli, anche se durante tutti questi secoli non hanno mai funzionato. Infatti, mancava, e manca tutt’ora, un vero esercito, che era proprio la ragione per cui erano nati. Ed è per questo che oggi c’è l’America, un “federatore esterno” (per dirla con De Gaulle), che dà l’illusione di un’alleanza fra eguali, e soprattutto che fornisce un esercito, e per giunta che esercito! E’ per questo che tutti temono Putin, perché questi si era proposto ufficialmente fin dall’ inizio, nel discorso alla Confindustria tedesca, quale “federatore” alternativo all’ America.Paragonando se stesso a Kohl, aveva dichiarato fra l’altro: “ora bisogna rimboccarsi le maniche!”,affermando anche: “In quanto pietroburghese, sono a pieno titolo europeo”.La classe dirigente “mainstream” mai avrebbe accettato che venisse sostituito quel “federatore” che garantisce le loro carriere.

La versione più perfezionata dei Progetti di Crociata, quello “per la Pace Perpetua” dell’ Abate di Saint Pierre, inviato a tutti i sovrani e ai più grandi philosophes illuministi, fu messo in burletta da Voltaire, il quale, alla visione federalistica di Saint Pierre (e di Rousseau), opponeva brutalmente il modello dell’ Impero Cinese, incomparabilmente superiore ai piccoli Stati europei (“Kleinstaaterei”) perché retto da un sovrano assoluto, come quelli (Luigi XIV, Federico II di Prussia, Maria Teresa e Giuseppe II d’Austria, Pietro il Grande e Caterina II di Russia) appoggiati e lodati dagli Illuministi. Primo fra i quali Leibniz, che puntava (“Novissima Sinica”)su un’”accoppiata” fra gl’imperi russo e cinese. Non per nulla, il pamphlet di Voltaire si chiamava “Rescrit de l’Empereur de la Chine”, e ricalcava lo stile sdegnoso e sarcastico dell’ “Editto Rosso” di Kaanxi contro la condanna, da parte del Papa, dei “Riti Cinesi”, e dell’ altro editto con cui Qianlong aveva cacciato l’ambasciatore inglese Macartney, reo di non essersi inchinato al modo cinese dinanzi al Figlio del Cielo.

L’unico ordinamento paneuropeo che funzionò almeno parzialmente  fu  in effetti una lega degl’Imperi europei sotto l’egemonia (culturale) russa (la Santa Alleanza), che conobbe una rinascita nelle varie conferenze per la Pace di Ginevra a cavallo fra ‘800 e ‘900. Cosa di cui mai si parla oggi, quando si spacciano gli Stati Uniti quali l’inventore dell’ “Ordinamento Internazionale basato sulle regole”, e si accusa la Russia neo-zarista di essere il nemico giurato di quelle regole (che ha inventato e imposto essa stessa più di un secolo fa).

Promotore dell’iniziativa, lo zar Nicola II, che perseguiva come ideale il “mantenimento della pace generale e la possibile riduzione degli armamenti in eccesso“(tema ancora non esaurito). Si tratta dello stesso zar che fu ucciso con la famiglia dai Bolscevichi e santificato ora dalla Chiesa russo-ortodossa. Nel 1898, Nicola II, ispirato dalle teorie di Jan Gotlib Bloch, il quale aveva pubblicato un’approfondita ricerca sulle possibili conseguenze di una guerra mondiale – su consiglio del ministro Vitte – lanciava a tutti i paesi un appello al «disarmo e alla pace mondiale», riferendosi alle «conseguenze commerciali, finanziarie e morali della corsa agli armamenti». Nel 1899, lo zar sceglierà la città dell’Aja per una conferenza internazionale tesa a discutere questo problema.

Le altre potenze imperiali come il Regno Unito e la Germania accolsero freddamente l’invito; venti nazioni europee, tuttavia, partecipano all’incontro accanto a Stati Uniti d’America, Messico, Giappone, Cina, Siam e Persia, alla presenza di esperti di diritto internazionale di vari Paesi. La proposta di disarmo fu respinta, ma si pervenne almeno a una convenzione sulle regole belliche (“ius in bello”)che prevedeva, e ancora prevede, la tutela di persone e strutture civili e la proibizione dell’uso di gas venefici. Il risultato più importante ottenuto dallo zar e i suoi collaboratori fu però la firma della Convenzione dell’Aia, per la mediazione e composizione dei conflitti tra gli Stati.

In questa iniziativa, Nicola II fu sostenuto principalmente da Bertha von Suttner, fondatrice del movimento pacifista tedesco, e da Henry Dunant, fondatore della Croce Rossa, e da Papa Benedetto XV. Era infatti il tempo dei “Gute Europaeer” di cui parlava Nietzsche.

Uno dei principali risultati delle conferenze fu lo sviluppo delle regole riguardanti la guerra terrestre, basate sul principio che i belligeranti non dispongono di un diritto illimitato nella scelta dei mezzi per nuocere al nemico e che i civili e i soldati messi fuori combattimento vanno risparmiati. Integrando la convenzione di Ginevra del 1864 (sulla Croce Rossa)  circa la protezione di militari feriti o ammalati, la quarta convenzione del 1907 e il relativo regolamento affrontarono tutti i grandi temi del diritto umanitario internazionale: i prigionieri di guerra, le regole sulla condotta delle ostilità (questo ambito in particolare fu all’origine dell’importanza del “Diritto dell’Aia“) e la questione dei territori occupati (vedi Gaza e Donbass). Il regolamento del 1907 contemplava inoltre il divieto di usare veleni o armi avvelenate, mentre altri testi adottati nel 1899 o nel 1907 proibirono l’impiego di determinate armi. Ad eccezione del divieto dei bombardamenti aerei, i principi e i divieti adottati all’Aia hanno mantenuto la loro validità e fanno tuttora parte (anche se disattesi) del diritto consuetudinario internazionale bellico. Finita, all’inizio del XX secolo,  l’utopia pacifista degli Zar, incominciò, più sanguinosa che mai, la Guerra Civile Europea. Per questo, sembra paradossale che si pretenda di fondare la pace in Europa sulla sconfitta di uno Stato che rivendica l’eredità neo-zarista, dimenticandosi da tutti (a cominciare dalla Russia stessa) l’eredità di Nicola II.Questo travisamento fu iniziato dal Professor Korbel, dal sua figlia Albright e dalla sua allieva Condoleeza Rice, che si succedettero al Dipartimento di Stato, traducendo i concetti tendenzialmente chiari del diritto internazionale con quelli sfuggenti e ideologizzati della Common Law.

Gli Stati Uniti rivendicano l’eredità di Roma

4.L’Unione Europea non riesce a riprendere la “Translatio Imperii”

Tutte quelle vicende che abbiamo citato nei capitoli precedenti vengono  sorprendentemente eliminate dalle narrazioni apologetiche dell’ Unione Europea, perché mostrano la grande continuità del dibattito federalista europeo nel tempo e nello spazio, banalizzando le poche vicende degli ultimi secoli che invece il “mainstream” ingigantisce indebitamente: Rivoluzioni Atlantiche; Guerra Civile Europea; alleanza occidentale.

Eppure, senza quelle premesse, il presente non è intelleggibile.

Infatti, neanche l’Unione Europea ha mai potuto funzionare correttamente, perché anch’essa non  ha mai avuto un seppur minimo esercito, che ne garantisca il “monopolio legale della forza”  almeno sul proprio territorio. Per questo, il suo “diritto” non è veramente coercibile, come hanno dimostrato ancora una volta le due sentenze Schrems, disattese dalla stessa Commissione. Gli Europei sono ridotti così a rivestire, nei confronti dell’ Impero Americano, il ruolo che gli Auxilia (Sarmati, Germani, Siriani, Arabi) avevano per l’Impero Romano, i quali non potevano certo permettersi di far valere i propri diritti contro quello romano.

La “delega” della difesa europea, agli Stati Uniti(su “Il Sole 24 Ore” Fabbrini parlava di “coordinamento”) è un pietoso eufemismo, per mascherare quello che il Papa ha chiamato un “Impero Sconosciuto”, che occupa il nostro territorio e il nostro spazio politico con un’intensità che nessun impero “palese” ha mai avuto nella storia. Aldo Cazzullo ha definito gli Stati Uniti il vero erede dell’ Impero Romano. Peccato che la stessa cosa pensino di sé la Russia e la Turchia. Ora che si sta arrivando al dunque, vale a dire a uno scontro frontale fra questo impero onnipresente e il resto del mondo, con strumenti letali fino ad ora sconosciuti, come i missili ipersonici e le armi spaziali, è l’impero stesso a esprimere dei dubbi sul se continuare su questa strada, date le difficoltà della “Guerra Mondiale a Pezzi”  che esso ha provocato, l’opinabilità delle motivazioni della stessa, ma, soprattutto, il rischio di mettere a repentaglio l’ incolumità della “Metropoli” nordamericana per “proteggere” le “province” europee. Per questo è così “di moda” mettere in avanti gli Europei, i quali, invece, farebbero bene a non combattere per interessi e principi altrui.

Gl’imperi del passato avevano potuto produrre grandi civiltà perché non erano gli unici, anzi, coesistevano e commerciavano fra di loro, scambiandosi anche idee e valori. Gl’Imperi romano, persiano, indiano, cinese….Questa è per altro l’eterna contraddizione degl’imperi: si reggono su una pretesa di unicità, ma in realtà funzionano bene solo quando sono tanti.

Oggi, invece, con la disponibilità dell’arma atomica e della cibernetica, ciascuno degl’imperi si sta illudendo di cancellare gli altri, conquistando il mondo intero. La guerra in Ucraina non verte sull’ Ucraina, bensì su questa pretesa di creare un Impero Universale.

La battaglia della Beresina, fine dell’ impero napoleonico

5La Francia e l’Italia vogliono veramente combattere in prima persona contro la Russia?

In questa situazione, l’Europa, qualunque politica essa voglia adottare nei confronti dei propri vicini, non potrà fare a meno di occuparsi di difesa. Per questo, l’Unione Europea ha predisposto un ennesimo progetto in materia di politica di difesa comune, ma, come scrive sempre su “Il Sole”Sergio Fabbrini, anche questo è insoddisfacente, perché, nelle parole di Fabbrini,  “occorre guardare più in alto”.

Questo è precisamente ciò che abbiamo cercato di fare con vari nostri  post precedenti, e che rifacciamo ora alla luce del nuovo progetto predisposto dall’ Unione (che per altro si limita purtroppo a occuparsi dell’ industria militare, e per giunta con l’incredibile orizzonte del 2030 , quando i giochi saranno tutti fatti), e del rischio immediato di guerra nucleare totale nel cuore dell’ Europa.

La Sacca del Don, inizio della fine per l’Asse

6.Un grande piano europeo per l’”Europa Potenza” (Coudenhove Kalergi, Giscard d’Estaing)

Come avevamo anticipato nel post precedente, occorrerebbe invece che le forze politiche che concorreranno a maggio alle Elezioni Europee, subito dopo le elezioni, formulassero un piano a breve, ma completo e articolato lungo tutta la prossima legislatura, di mobilitazione bellica europea, un processo complessissimo, ma che non può più essere dilazionato. Questo al di là della pretesa “guerra con la Russia”, bensì come necessità logica perché l’Europa abbia una consistenza e sia presa sul serio dalle grandi potenze per le discussioni sul futuro del mondo.

Esso dovrebbe comprendere una fase di studio e dibattito; una seconda di lotta politica e ristrutturazione, una terza di approntamento degli strumenti operativi, una quarta di produzione di massa e di messa a punto, e una quinta di azione geopolitica.

(i)Studio e dibattito

Quello che manca innanzitutto all’ Europa è una propria cultura della guerra e della pace, che invece hanno USA, Russia, Cina e Israele.

All’Europa si è preteso addirittura fino a poco fa di far pensare che la guerra fosse un fenomeno storico superato dalla storia, e questo solo perché gli Europei non possono fare la guerra, avendone ceduto gli strumenti agli Americani. Ma questo presupporrebbe che fossimo arrivati alla Fine della Storia, vale a dire al superamento di tutte le contraddizioni storiche (cosa pretesa controfattualmente da vari autori, come Hegel, Teilhard de Chardin e Fukuyama). Ma, come ognuno può vedere,  ciò non è, perché permangono tutti i limiti dell’umano: il mistero sull’inizio e sulla fine, sulla vita e sulla morte; le differenze genetiche, sociali e culturali; l’egoismo; la conflittualità; la pulsione di morte…

Siamo anzi, come diceva Nietzsche, nell’ “Era Comparatistica”. Se non è possibile stabilire a priori quale sia la verità (anche soltanto fisica, cfr. Heisenberg), e quali le decisioni più “giuste” (cfr.Vattimo), è inevitabile che gli individui e le società si scontrino, e che, portati alle estreme conseguenze, i loro conflitti producano delle guerre. Addirittura, in queste condizioni,  le guerre sono la garanzia suprema del pluralismo fra le concezioni del mondo. Certo, la ragionevolezza e la “pietas” spingono gl’ individui, gli Stati e gli stessi militari, a minimizzare il danno agli esseri umani (di qui l’arte della guerra di Sun Zu, come pure il diritto internazionale bellico di cui sopra).

Se la guerra, come si dimostra, continua ancor oggi, occorre innanzitutto comprenderne, con le “Scienze Strategiche”, le ragioni e la dinamica, da un lato, per vincerla, e, dall’altro, per minimizzarne l’effetto distruttivo.

L’Europa si trova “in mezzo al guado” di questa transizione culturale, stretta fra un pacifismo “senza se e senza ma”, che però non trova un fondamento logico, ma neanche religioso,  credibile, e un bellicismo fanatico, incentrato sull’idea manichea (e americana) del “Male Assoluto”, che era, il secolo scorso, il nazifascismo, l’altro ieri, il comunismo, ieri, l’islamismo, oggi, le autocrazie, e, domani, chissà. Ambedue concezioni messianiche secolarizzate, consustanziali alla fine dell’uomo per mano delle Macchine Intelligenti. Il sottotesto è: l’attuale società occidentale è il “Bene Assoluto”, il “Dito di Dio sulla Terra”, il  Messia Collettivo, il Popolo Eletto, addirittura, il “Dio Mortale”, a cui tutto è permesso. Ma tale “Dio Mortale” non è l’ Europa, bensì il Complesso Informatico Militare americano.

Questa schizofrenia si ritorce contro l’Europa stessa, perché, senza un esercito, essa manca dell’elemento centrale della statualità, quello che permetterebbe, come dice  Blinken, “di essere al tavolo delle trattative, non sul menù”. Ma non può permettersi un esercito perché non ha una propria concezione del mondo, distinta da altre, e non ce l’ha perché deve ripetere pappagallescamente quella americana.

Così stando le cose, gli Stati Nazionali, lasciati a se stessi e alla NATO, stanno portando l’Europa a una guerra totale, alla quale essi non sono preparati, né culturalmente, né politicamente, né militarmente, né economicamente, e da cui uscirebbero distrutti.

L’Europa deve quindi darsi al più presto tutto ciò che le manca.

Il primo passo verso la Politica Estera e di Difesa Comune è dunque un dibattito serrato sull’ Identità Europea, sul ruolo dei militari nella società, sulla “guerra nell’Era delle Macchine Intelligenti” (De Landa) e sul rapporto fra le grandi civiltà mondiali.

Subito dopo, occorrerà crearsi una competenza (che oggi non c’è) sulle tecnologie più recenti (Intelligenza Artificiale, computer quantistici, missili ipersonici) e sul collegamento fra civile, militare, intelligence e covert operations.

Poi, riflettere attentamente su una Governance europea compatibile con la gestione “in real time” di crisi internazionali come quella in cui siamo oggi immersi (con la minaccia continua dell’inizio di una guerra nucleare, che potrebbe diventare reale da un momento all’ altro con la pretesa di alcun Stati europei d’inviare truppe in Ucraina).

Infine, studiare un approccio gradualistico per il passaggio dagli attuali eserciti nazionali integrati nella NATO a un sistema europeo con eserciti locali integrati nell’ Esercito Europeo.

(ii)Lotta politica e ristrutturazione

La probabile vittoria elettorale di Trump produrrebbe un terremoto nella politica di tutti i Paesi europei, oggi fanaticamente sostenitori di Biden e della sua linea bellicistica, ma domani costretti (soprattutto le destre), ad accodarsi alla linea isolazionista dei Repubblicani.

In queste condizioni, si aprirebbe presumibilmente un ampio spazio di dissidenza nei confronti dell’attuale appiattimento della UE sulla NATO, e, nello stesso tempo, si farebbe sentire l’esigenza di una forte difesa europea per compensare l’assenteismo dell’ America. In queste condizioni, il “mainstream” sarebbe forzato ad allentare il controllo sulla “finestra di Overton”, permettendo finalmente un dibattito culturale e politico  più ampio e articolato sulla pace, sulla guerra e sulle alleanze.

Ciò potrebbe dare spazio a nuove forze politiche più autenticamente europeistiche, che potrebbero trovare un riscontro in frange delle forze armate desiderose di creare una classe militare culturalmente omogenea.

Potrebbero allora partire contemporaneamente tentativi di ricerche e di innovazione comuni nei campi delle piattaforme, della missilistica, dei computer quantistici, dell’ intelligence, del nucleare e tentativi politici di nuovi raggruppamenti.

(iii)Operatività

Tutto ciò potrebbe (e dovrebbe) dare luogo, anche a trattati invariati, a soluzioni operative d’ urgenza, quali lo sviluppo comune e segreto delle nuove tecnologie, la creazione di un’accademia militare europea che formi l’ufficialità comune, quella di corpi speciali comuni (spaziale-nucleare-missilistico; di pronto intervento; di difesa territoriale; di mobilitazione dei riservisti; di intelligence; di produzione bellica); a fusioni fra imprese militari come era stato il caso (fallito) dell’ EADS.

(iv)Produzione di massa e messa a punto

In quel momento, si potrebbe iniziare a dare corpo all’ Esercito Europeo, formandone anche i quadri intermedi; creando un regime giuridico specifico per le industrie strategiche europee; iniziando la produzione in serie dei nuovi armamenti e la loro introduzione sperimentale presso unità scelte.

(v) Azione geopolitica

Solo nella quinta fase, quando l’Europa disponesse finalmente delle necessarie risorse, essa potrebbe infine pensare a una revisione del sistema dei trattati internazionali, e, in particolare, della governance europea, ivi compresa la Politica Estera e di Difesa, della NATO e soprattutto a nuovi sistemi di sicurezza transnazionali, fondativi di un mondo multipolare, in cui i vari Imperi, oggi “Stati Civiltà” accettino di convivere competendo in modo non disarmonico per la definizione delle grandi questioni aperte.

I politici che emergeranno da queste elezioni avranno la grande responsabilità della guerra e della pace

7.Conclusioni

Tutto ciò è ovviamente subordinato agli esiti della guerra in corso:

-se scoppierà la guerra nucleare, essa si svolgerà almeno in parte in Europa, e questa ne sarà distrutta;

-se non ci sarà la guerra nucleare,  subentrerà una generale destabilizzazione, in cui il costituendo Esercito Europeo potrebbe rivelarsi prezioso quand’anche avesse fatto soltanto i primi passi, perché potrebbe costituire, per gli Europei, quel punto di riferimento ch’essi non trovano, né nella cultura “mainstream”, né nelle Istituzioni.

“CULTURA DELLA PACE”?

Limiti concettuali delle retoriche pacifiste

I soliti discorsi natalizi oscillanti fra auguri e buoni propositi sono risultati, quest’anno, più improponibili che mai a causa delle immagini di Gaza e dell’Ucraina perennemente sui nostri televisori, che smentivano il sempre più surreale ottimismo dell’ “establishment” sulle “magnifiche sorti e progressive” dell’ Umanità.

Tuttavia, una seppur labile traccia di essi è rimasta nei discorsi d’occasione che sono stati comunque pronunziati dai rappresentanti delle Istituzioni.

Il nocciolo di questo discorsi è stato, come sempre, che la marcia del Progresso non si arresta, e che anche un qualche progresso verso la pace e si potrebbe comunque ottenere attraverso un’”educazione alla pace”, vale a dire l’ennesima iniziativa propagandistica basata sul lavaggio dei cervelli, avente come obiettivo quello di convincere tutti che, per risolvere gl’infiniti conflittiaperti, basterebbe educare a  dialogare con argomenti persuasivi, i quali sarebbero  fondati su un “utile generale” che nessuno sa definire.Qualcosa come la “Cura Federico” de “l’Arancia Meccanica”, con cui il teppista assassino veniva “rieducato” attraverso la somministrazione forzata di filmati di violenza. La stessa cosa che si vorrebbe fare per i femminicidi con la legge appena approvata.

Purtroppo, la realtà si è incaricata, da più di 2000 anni, di smentire l’efficacia di siffatti propositi, da sempre ripetuti con esiti catastrofici, sì che non c’è da stupirsi se questi discorsi dell’ “establishment” suscitino sempre  più scetticismo.

Gl’Indoeuropei si sono espansi in Europa con la guerra

1.Breve storia del pacifismo

La prima enunciazione ufficiale di un programma pacifistico la troviamo scolpita, nel 5° Secolo a.C, sulle tombe di Behistun e di Naqs-e-Rustam, ove le conquiste degli Achemenidi vengono “lette” come una missione divina, mirante ad instaurare la pace fra i popoli, sotto l’egida dell’ Impero Universale. Un’idea che sentiamo echeggiare ancor oggi, e ancor più di allora.

Gli Achemenidi furono sconfitti dai Greci, che Ippocrate, chiamandoli Europaioi, aveva giustamente definito come dei guerrieri “autonomoi”, che combattevano per acquisire terre e schiavi, non per il proprio Imperatore, bensì per se stessi. E dire che l’”establishment” vorrebbe fare dei Greci gl’”inventori della democrazia”.

Lontanamente ispirate all’ ideologia pacifistico-imperialistica  degli Achemenidi sono anche la profezia di Isaia, secondo cui “spezzeranno le loro spade per farne aratri, trasformeranno le loro lance in falci”, e le opere dei poeti augustei (“quis fuit horrendos primus qui protulit enses?”)

In quegli anni, il Discorso della Montagna parlava dei “Costruttori di pace”(riferendosi per altro al “Regno dei Cieli”; gl’imperatori Costantino e Cosroe avevano firmato, nel 532 un trattato per la “Pax Aeterna” fra Roma e la Persia, che fu per altro subito violato); la proposta di Giorgio Podiebrad ai sovrani d’Europa, del 1464, venne chiamata “Tractatus Pacis Fiundae”, mentre, nel 1495, l’imperatore Massimiliano I proclamava, alla Dieta di Worms, l’”Ewiger Landfriede” (la Pace Eterna nel Regno”), cioè l’abolizione delle faide feudali.

Il Progetto dell’ Abate di Saint Pierre (1708-1712), negoziatore della Pace di Utrecht, era intitolato “Trattato per la Pace Perpetua”, e Kant vi aveva imbastito una sua molto citata filosofia della Pace (1795). La Santa Alleanza, soprattutto nella sua versione russa, mirava a creare la pace fra le monarchie europee dopo le Guerre napoleoniche, e,  nel 1898, lo zar  Nicola  aveva proposto II la  prima Conferenza per la Pace.

Benedetto XV aveva definito la Ia Guerra Mondiale “un’inutile strage”, mentre il presidente americano Wilson l’aveva battezzata “la guerra per fare finire tutte le guerre”.

La Società delle Nazioni era stata creata proprio con lo scopo di evitare il ripetersi della Ia Guerra Mondiale, ma si sa come andò a finire, anche perché gli Stati Uniti, che l’avevano proposta, si erano rifiutati di aderirvi.Dopo la IIa Guerra Mondiale, anche la Carta Atlantica, le Nazioni Unite e il federalismo europeo si proponevano di garantire la pace mondiale, e i vari movimenti pacifistici del II° Dopoguerra si ripromettevano  anch’essi quest’ obiettivo.

Nella teorizzazione della “Fine della Storia” di Fukuyama (1992), si dava ancora per scontato che, una volta finita la contrapposizione con le ideologie “totalitarie” (socialcomunista e nazifascista), con la vittoria di quelle democratico-borghesi, non ci sarebbero più state guerre, perché, dalla Storia, si sarebbe passati alla “post-istoria”, dominata dall’ economia (Gehlen).

Nel nostro secolo, la retorica  che vorrebbe imminente una qualche forma di pace perpetua è divenuta sempre più ossessiva a mano a mano che l’impero americano si è ramificato nel mondo, e la pace  è stata concepita come uno strumento di consolidamento dell’ “America-Mondo”. Diego Fabbri ha infatti dimostrato, nel suo recente pamphlet “Geopolitica Umana”, che il pacifismo incondizionato imposto agli Europei è stato ed è strumentale a renderli inidonei a condurre una politica internazionale autonoma.

La prima menzione epigrafica di israele, la Stele di Meneptah:“Israele è stato distrutto”

2.Le smentite della storia

Come ci si poteva attendere, nel corso di questi 2.500 anni, il comportamento di quegli stessi soggetti collettivi (Stati, Chiese, imperi) che si erano ammantati nelle vesti dei pacificatori, ha sortito risultati opposti  a quanto progettato e promesso, in ossequio al principio puritano dell’ ipocrisia, che, secondo Nadia Urbinati, costituisce un elemento costitutivo della democrazia.Addirittura, più il tempo passa, più i conflitti più antichi ( Donbass, Gaza) tornano inesorabilmente a infuriare in un modo addirittura senza precedenti, mostrando una loro radice quasi superumana.

Il tanto pacifista Impero Persiano, che aveva invaso con più di un milione di uomini la Grecia che gli aveva rifiutato “terra e acqua”, cioè le basi militari,  fu sconfitto dagli Spartani, dagli Ateniesi e poi da Alessandro Magno. Gli antichi Ebrei non cessarono un istante di combattere contro i Macedoni, i Romani, i Persiani e i Romani le loro “Guerre del Signore”, aizzati da profeti che si affermavano ispirati da Dio ed esaltandole in tutto il Vecchio Testamento.

 I Romani si trovarono in uno stato di guerra permanente, che comportò un’estrema militarizzazione della società, che, dopo l’avvento del Cristianesimo, fu giustificata con la “Dilatatio Christianitatis”(Sant’Agostino), da cui derivarono poi l’ idea islamica della “Piccola Jihad” e la reazione speculare delle Crociate. Gl’ ideali cavallereschi e feudali, e le guerre di religione, costituirono la sublimazione di questa centralità del ceto militare nella società medievale (Laudatio Novae Militiae, Chanson de Roland, Nibelungenlied, Orlando Furioso).

L’introduzione delle armi da fuoco e i progressi nel settore dei trasporti ingigantì la micidialità delle guerre, che raggiunsero la loro massima ferocia con il colonialismo e le due Guerre Mondiali.

Dopo la IIa Guerra Mondiale, che avrebbe dovuto costituire “l’ultima delle guerre”, ci sono state guerre micidiali come quelle civile greca, coreana, vietnamita, palestinese, indo-pakistana, del Vietnam, russo-cinese, arabo-persiana, del Golfo, afgane, siriana, libica, ex jugoslave ed ex sovietiche.Oggi sono in corso due “guerre senza limiti”, che rischiano di trasformarsi nella Terza Guerra Mondiale: in Ucraina e in Palestina.Addirittura, queste ultime non sono mai cessate da 6000 anni.

Gli archeologi hanno infatti recentemente dimostrato che l’antico popolo Yamnaya, antenato degl’Indoeuropei era partito intorno al 4000 a.C., dall’area fra il Volga e il Don e, forte della sua tecnologia del cavallo, aveva sconfitto tutti i popoli della steppa pontica, sterminando completamente gli uomini e schiavizzando le donne, così creando la premessa per la conquista originaria dell’ Europa da parte degl’Indo-Europei. Qui combatterono gli Sciti e gli Argonauti, le Amazzoni e i Sarmati, i Romani e il Regnum Bospori, i Goti e gli Unni, gli Avari e i Bulgari, i Khazari, i Magiari, i Khazari, i Cumani, i Peceneghi, gli Unni e i Cosacchi. Qui si svolsero la battaglia del Principe Igor e quella di Ivan Donskoj, quelle di Stepan Razin e di Mazeppa, quelle di Pugaciov e del Khanato di Crimea, la Guerra di Crimea, la Rivoluzione d’Ottobre, l’Operazione Barbarossa e la guerra del Donbass.

Il Vecchio Testamento è sostanzialmente la narrazione della conquista e riconquista  della Palestina da parte degli Ebrei, con centinaia di battaglie ed assedi, concludentisi sempre con la distruzione delle città e un genocidio di Filistei e Cananei. A Gaza, capitale dei Filistei, Sansone uccisegli abitanti, morendo al contempo egli stesso.In memoria di ciò, l’esercito israeliano ha una sua “Dottrina Sansone”, per cui, nel caso in cui sue unità rischino di cadere prigioniere, vengono annientate (come pare sia accaduto il 7 ottobre).

Le lettere di Tell el-Amarna chiedevano sistematicamente aiuto al Faraone contro gli ‘Aperu (o ‘Apiru, o Hapiru, o Habiru), gli Ja’su e gli Jahu. Il Faraone Merneptah si vanta, nell’ omonima stele, “di avere sterminato Israele” (“ysrỉꜣ rfk.tbnpr.t=f”).

Dopo quell’ epoca, si erano combattuti in Palestina Egizi, Ittiti, Babilonesi, Assiri, Medi, Persiani, Macedoni, Romani, Nabatei, Ghassanidi, Bizantini, Persiani, Arabi, Selgiuchidi, Crociati,Mamelucchi, Mongoli,  Ottomani, Inglesi, Sionisti, Palestinesi.

E’ stupefacente che, dopo 2500 anni, il nostro establishment pretenda di avere “la bacchetta magica” per risolvere conflitti così risalenti e che neppure conosce. Ci dovrebbero spiegare com’è possibile che ciò che è stato impossibile per millenni divenga ora improvvisamente possibile. Non possono essere così ignoranti o presuntuosi da crederci in buona fede. Si tratta dell’ ennesimo messaggio trasversale: andiamo avanti così che va bene lo stesso, tanto nessuno ci chiederà conto delle promesse irrealistiche e non mantenute.

La battaglia delle Termpili, mito fondativo dell’Europa

3.Le religioni quali fonti di conflitto

La ragione prima di quella presunzione risiede nella pretesa che l’uomo moderno, in base alla sua superiore saggezza, abbia finalmente compreso che le religioni erano solo una forma di “Educazione dell’ Umanità”(Lessing), e che, una volta smesso di credere alle religioni dell’ Epoca Assiale (con la loro grande varietà), non ci sarebbero più state ragioni per nuovi conflitti, perché vi sarebbero stati dovunque gli stessi “valori”. Per questo s’ insiste molto sul fatto che le religioni non devono incitare i loro seguaci “all’ odio”, bensì promuovere la somiglianza reciproca, e, con ciò, lo spirito di collaborazione.

La realtà è invece che le religioni contemporanee costituiscono un motivo di conflitti ancora più grave di quelle del passato; questo perché una di esse, la “Religione del Mondo Industriale” per dirla con le parole del suo massimo promotore, Saint-Simon, dopo essersi sostituita di soppiatto a quelle tradizionali, ha la pretesa di essere l’unica “Religione Universale”, l’unica ad avere un collegamento reale con il Divino della Modernità, vale a dire con la potenza della Tecnica. Per questo, essa, a dispetto della conclamata “non dogmaticità” e “tolleranza” vuole imporsi con ogni mezzo su tutti gli altri credi (vedi Condorcet e Whitman) , suscitando una generalizzata reazione di ostilità. E’ per questo che le religioni”costituite” (cioè quelle dell’ Epoca Assiale) assumono di giorno in giorno un volto più aggressivo e dogmatico, ma non già verso le altre religioni “tradizionali”, bensì contro la religione del Progresso, che si propone come egemone in tutte le latitudini in modo quanto mai proteiforme (liberalismo, nazionalismo, socialismo, cristianesimo sociale, comunismo, islam politico).

Addirittura , le religioni tradizionali sono state  riformate, con “rivalità mimetica” rispetto alla Religione del Progresso”, come concezioni del mondo nuove, dogmatiche e burocratizzate, per poter servire direttamente da ideologie politiche anti-progressiste (come per esempio il Fondamentalismo Protestante, il Sionismo,l’Islam Politico e  il culto di Rama competendo con “rivalità mimetica”, in assertività e intolleranza, con la Religione della Scienza e della Tecnica.

L’astronauta disconnette il computer di bordo in “Odissea nello spazio”

4.Un progetto comune: la resistenza al Postumanesimo

Se c’è invece qualcosa che dovrebbe accomunare oggi, non solo  le “religioni tradizionali” , ma anche le concezioni del mondo dei grandi aggregati sub-continentali, è la loro volontà di bloccare l’avanzata della teo-tecnocrazia incarnata, oggi, dal culto del web. Solo facendo leva su questa comunanza si potranno stabilire relazioni pacifiche fra i grandi blocchi culturali  e politici del mondo. Manca però ancora un discorso culturale che permetta quest’ alleanza fra le varie visioni del mondo.L’Europa potrebbe, e dovrebbe, darsi il compito di elaborarne una.

Questa dovrebbe partire da una lettura adeguatamente contestualizzata del ruolo delle religioni nella storia, incentrata sulla relazione con il paradigma dell’ Apocalisse, che esse hanno fra di loro in comune.

Nel corso dell’ Epoca Assiale, e fino ad oggi, la guerra ha costituito e costituisce la normalità. Le guerre di Israele erano addirittura “le Guerre del Signore”, e Dio stesso era il Dio degli Eserciti. Per Democrito, la guerra era la struttura stessa della realtà, e per Tucidide è essa che stabilisce chi sia libero, chi schiavo. Per Il Bhagavad Gita, per il Corano, per la Laudatio Novae Militiae di  Bernardo di Chiaravalle e per l’Hagakure, la guerra è la forma suprema di ascetismo. Per Democrito e De Maistre  essa è eterna: un tribunale che seleziona i gruppi umani più solidi e motivati. Essa si rende necessaria per la pluralità di questi gruppi e delle loro visioni del mondo: ed è perciò da essa che, come scrivono Ippocrate e Tucidide, germoglia la libertà. Per Freud corrisponde a un istinto irrefrenabile dell’ Umanità.

A ben vedere, la stessa Apocalisse è la narrazione di una guerra cosmica, combattuta fra angeli e demoni, e solo per un lasso di tempo, il Millennio (Hazar) quando il dio del Male è incatenato, l’Umanità potrà godere di un periodo di pace.

Ed è proprio questo Millennio  lo spiraglio che rende possibile pensare, dopo molti millenni, un progetto di pace fra gli uomini.

Durante l’era dominata dall’Apocalisse, le regole del tempo profano, e quindi anche l’onnipresenza della guerra, sono abolite, se non altro perché si tratta non più di una guerra umana, bensì cosmica. E’ questo il motivo, da tutti sottaciuto, per cui diventa pensabile proporre la fine delle guerre. Come nella visione apocalittica, la transizione alla Società delle Macchine Intelligenti è un fatto nuovo che de-costruisce  il ruolo della guerra intesa come strumento di selezione fra visioni del mondo. Oggi, la ragione umana viene superata dall’ Intelligenza Artificiale, e la guerra diviene sta divenendo la vocazione per eccellenza delle Macchine Intelligenti (De Landa).Da un lato, viene meno il lato agonistico della guerra (cfr. l’attacco di Ariosto contro le armi da fuoco), e, dall’ altro, la guerra che conta è ormai quella fra gli Umani e le Macchine Intelligenti (cfr. p.es. 2001 Odissea nello Spazio).

La Terza Guerra Mondiale oramai avviata sarà comunque quella che vedrà il sorpasso dei guerrieri umani da parte della Armi Autonome, capaci anche di sopravvivere in ambiente di guerra chimico-batteriologica. La Terza Guerra Mondiale oramai iniziata sarà effettivamente l’ultima (almeno per l’Umanità).

Se così è, però, la Singularity Tecnologica, presentata dai post-umanisti come una Parusia, un mistico ritorno all’Uno attraverso la nascita di un unico ecosistema digitale mondiale, si avvicina pericolosamente alla figura dell’Anticristo (o del Dajjal o dello Pseudo-Messia): una pseudo-salvezza immanente (la “Quasi Immortalità”) che mima i miti delle escatologie occidentali, ma in realtà costituisce il manto ideologico della Fine dell’Umanità senza alcun “lieto fine” .

Occorreva da tempo approfondire questi temi

5.La “Guerra Mondiale a Pezzi”

Questa “escalation” della Guerra Mondiale è rapida e complessa. Ci limiteremo qui a riassumerne per sommi capi i momenti salienti.

Tutto era cominciato con l’idea, enunziata dai dirigenti di Google Schmidt e Cohen nel loro “New Digital Age”(avviato nella Baghdad bombardata e occupata), che la multinazionale “guidasse l’America alla conquistadel mondo”  grazie all’onnipervasività della rete, che tutto penetra e condiziona(“Googleization of the World”). Come scriveva Evgeny Morozov, l’informatica costituiva oramai l’ancora di salvezza a cui l’”establishment” occidentale si aggrappava per puntellare la sua traballante egemonia, erosa, come si sta vedendo, dalle sue stesse contraddizioni.

Alla presa del potere da parte del Complesso Informatico-Militare avevano risposto, proprio in nome delle stesse tradizioni  culturali occidentali, le disperate iniziative di Assange e di Snowden, che  avevano messo in evidenza il potere oramai illimitato di tale Complesso, creando allarme in  Cina per la propria sicurezza. Essa aveva perciò incominciato a favorire i propri “BAATX” per poter contendere agli USA il cyberspazio, concepito come l’area in cui si sarebbe potuto realizzare il superamento dell’America. Lo sviluppo senza precedenti dell’ informatica nella società cinese,  messo in evidenza dai meccanismi per la prevenzione e il controllo del Covid, aveva scatenato in America un’ondata di sinofobia e  portato alla creazione (sempre per iniziativa di Schmidt)del Comitato NSAI e dell’ Inflation Reduction Act, per “mettere fuori mercato il mondo intero”, secondo le parole del suo proponente, il Senatore Schumer, e delle “Rivoluzioni Colorate” quale strumento del “Régime Change”attraverso i nuovi mezzi di comunicazione.

A questa  pretesa americana di controllare il mondo attraverso un accerchiamento logistico dell’ Eurasia (basi militari all’ estero) e l’informatica (web, intelligenza artificiale) ha risposto la Russia con la sua “Operazione Militare Speciale”, mirante non tanto a piegare l’Ucraina e/o a proteggere gl’insorti russofoni del Donbass, bensì a sabotare  il sistema complessivo dell’ egemonia americana (dal signoraggio del dollaro alla catena di basi in tutta l’Eurasia, dal “soft power” alla satellizzazione dell’ Europa Centro-Orientale).Basta leggere a questo proposito i documenti recapitati  alle cancellerie occidentali prima dell’ “Operazione Militare Speciale”): un vero ultimatum con cui si intimava alla NATO di  abbandonare tutte le “conquiste” realizzate a partire dalla caduta del Muro di Berlino.Ultimatum non irrealistico se si pensa alla multiformità delle offensive lanciate da Mosca a partire dal 2022.

Proprio per gli obiettivi dichiarati da Mosca e perseguiti da tutto il Sud globale, l’Occidente non poteva non reagire per dimostrare la propria residua forza, e per questo ha garantito, fino ad oggi,  all’ Ucraina un appoggio senza precedenti. Giacché l’”Operazione Militare Speciale” si è trasformata così in una “guerra di attrito” di vecchio tipo, a sua volta, la Russia, non potendo stravincere sul campo,  ha attivato contro-misure a largo raggio, sulla falsariga del vecchio manuale cinese “Guerra Senza Limiti”: influenza su membri della UE come Ungheria e Slovacchia; aggiramento delle sanzioni e contro-sanzioni; colpi di Stato in tutta l’Africa. Il “Fronte del Rifiuto” ha approfittato della situazione per l’ attacco di Hamas del 7 Ottobre, a cui Israele ha risposto in modo ancor più energico, esponendosi però alle reazioni di tutto il mondo islamico e all’entrata nel conflitto degli Houthi.

Come si vede, un’escalation ininterrotta, che sta coinvolgendo gradualmente il mondo intero, e non si fermerà fintantoché non si giungerà a un nuovo equilibrio di forze complessivo a livello mondiale.

Impossibile quindi fermare le guerre in corso solo con le buone parole, senza intervenire a monte sulle cause prime dello scontro mondiale in atto.

I problemi si affrontano solo insieme
e a un livello adeguato

6.Qualche barlume di ragionevolezza?

In questo contesto, si comprende come l’invocare semplicemente l’”educazione alla pace”  costituisca veramente, contrariamente a quanto ha detto il Presidente della Repubblica, un atto di impotente buonismo.

Intanto, occorrerebbe abbandonare l’impostazione concettuale propria di buona parte del pensiero politico occidentale, che, nonostante lo storicismo, continua ad illudersi che la politica possa ridursi eternamente alla contrapposizione fra schemi ideali statici e fra loro escludentisi (democrazia contro tirannide; liberalismo contro socialismo; nazionalismo contro internazionalismo .

La Pace e la Guerra non sono stati, nella cultura europea, due principi statici fra loro contrapposti, perché “la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi(Clausewitz), e quindi hanno assunto significati diversi nelle varie epoche storiche.

Come abbiamo visto  in precedenza, l’alternanza di  pace e guerra ha avuto un peso decisivo  in tutta l’Epoca Assiale (dalla scoperta della scrittura fino ad oggi) perché costitutiva della dialettica dell’ alterità, che è il motore della storia, ed anzi della stessa vita.La guerra fra gli uomini continuerà ad imperversare fintantoché questi avranno idee diverse sul futuro del mondo, idee di fatto indecidibili con la “ragione”, a causa dell’imperfezione del pensiero umano. Lo stesso ruolo dell’ Intelligenza Artificiale costituisce, e costituirà sempre più, la causa prima dei conflitti, perché  incide profondamente sui fini e la fine della Storia. Il fronte “occidentale” dimostra una sostanziale connivenza con i GAFAM, mentre il Sud del mondo, nonostante i progressi fatti, ne diffida per una serie di ottimi motivi.

Nel momento in cui le macchine supereranno l’uomo, si potranno presentare tre scenari:

-l’uomo sarà in un modo o nell’ altro semplicemente cancellato;

-o saranno le macchine  a decidere al suo posto;

-o queste ultime saranno poste sotto il controllo di un’Umanità “enhanced” (vale a dire potenziata per reggere al confronto delle macchine..

Si avvicina quindi il momento in cui la guerra potrebbe finire, ma solo nel terzo scenario ciò potrà costituire un vantaggio per il genere umano, e soltanto se una nuova dialettica fra umanità e sistema macchinico garantirà anche il mantenimento di quella conflittualità creativa che è l’unica garanzia del libero arbitrio, e, in definitiva, della vita.

La scelta  del terzo scenario dipenderà dalla “virtus” di un’ Umanità, che sappia applicare, al rapporto uomo-macchina, gl’insegnamenti di tutte le tradizioni culturali, ivi comprese le qualità tradizionali del “guerriero”, quali espresse per esempio nella paideia greca, nell’arte della guerra di Sunzu, negli esercizi spirituali gesuitici, nell’ Hagakure…

In questo risiede oggi il vero dialogo interculturale.

Per fortuna, in gran parte su intuizione di Henry Kissinger, che per questo, prima di morire, era stato accolto in Cina come un imperatore, si è incominciato un seppur timido riavvicinamento fra USA e Cina, partendo proprio dal dialogo fra i rispettivi eserciti sull’ uso militare dell’ Intelligenza Artificiale, che ci ricorda l’apologo di Mozi che, parlamentando con il re nemico assediante, lo persuade a togliere l’assedio alla città presidiata dal filosofo-guerriero. Nello stesso modo ci Mozi, che dimostrò “a tavolimo” che la guerra sarebbe stata persa, anche oggi un’analisi spassionata del ruolo crescente dell’ IA soprattutto nel militare porterebbe alla constatazione che tutti i contendenti ne risulterebbero in definitiva sconfitti.

Sarebbe ora che il discorso pubblico, soprattutto in Europa, si allontanasse finalmente  dalla ripetizione coatta e totalitaria di slogan inneggianti alle “magnifiche sorti e progressive”(che ricordano lo stile del “socialismo reale”, da cui l’attuale “establishment” in gran parte deriva), e si calasse nei veri temi del dibattito attuale. Né la “cultura della pace”, né l’”educazione all’ affettività”, né altre forme di propaganda, devono diventare una forma generalizzata di lavaggio del cervello che nasconda la realtà effettuale, impedendo di risolvere i problemi.

Solo così l’Europa potrebbe sperare di essere rilevante nelle grandi scelte sul futuro del mondo, anziché assecondare ciecamente e passivamente le catastrofiche decisioni prese altrove, anche se ciò comporterebbe sicuramente un enorme sforzo intellettuale e un drammatico rivolgimento politico e sociale.

Ci chiediamo per esempio se, nonostante la discutibile scelta, già annunziata, di dedicare all’ automotive e all’ aerospaziale l’Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale, con sede a Torino, non sarebbe il caso di tentare di allargarne le competenze  alla tematica geopolitica, in modo da fornire all’ Italia e all’ Europa argomenti  per la disciplina internazionale dell’ AI che possano inserirsi veramente nel dialogo da avviarsi  fra le Grandi Potenze, come promesso da Giorgia Meloni alle Nazioni Unite.

Commento agli eventi del festival “Radici” (Torino, Circolo dei Lettori, 1-5 Novembre 2023)

Abbiamo già segnalato  ai nostri lettori l’interessante festival in oggetto, merito soprattutto degli sforzi dell’ Assessore Marrone e della direttrice del Circolo dei Lettori, Elena Loewenthal.

Facciamo qui una breve sintesi degli eventi a cui abbiamo partecipato, per trarne una rapida conclusione.

1.GIORDANO BRUNO GUERRI E LA CARTA DEL CARNARO

Mercoledì 1 Novembre

Come quasi tutti gli eventi della manifestazione, questa serata ha avuto innanzitutto il merito di portare a conoscenza del grande pubblico aspetti deliberatamente trascurati della cultura moderna e contemporanea. In questo caso, la centralità, non solo della Carta del Carnaro, ma, in generale, della Reggenza Italiana del Carnaro, e della stessa figura di Gabriele d’Annunzio, nella storia della cultura italiana ed europea. Una centralità che non può ridursi a quella di precursore del fascismo, bensì anticipa molti dei “topoi” del Novecento: estetismo, immoralismo, trasversalità.

Quanto alla Carta propriamente detta, l’oratore, Giordano Bruno Guerri, direttore del Vittoriale, casa-museo di D’Annunzio,  ha messo in rilievo come buona parte dei suoi articoli anticipino temi della Costituzione repubblicana, che spesso non sono stati attuati neppure ora. Della Carta si dovrebbe però anche dire che la struttura pan-corporativa della rappresentanza, in essa delineata e non recepita pienamente neppure nell’ ordinamento fascista,  fu realizzata , paradossalmente, soprattutto dalla Repubblica Federativa Jugoslava del Maresciallo Tito, con la sua peculiare forma di “federalismo Integrale”(“ Društveno Samoupravlianije”, al contempo cetuale e nazionale.

Quando, nel 2020, Fiume (Rijeka, che D’Annunzio aveva chiamato “Olocausta”, anticipando così anche quest’espressione) fu la Capitale Europea della Cultura, la città ricordò, seppure in forma polemicail Vate, con una mostra chiamata appunto “Olocausta” (“D’Annunzijeva mučenica”).

2.MARCELLO VENEZIANI: IDENTITA’, RADICI E TRADIZIONI

Venerdì 3 Novembre

Quella di Veneziani è stata soprattutto una requisitoria contro la “Cancel Culture” ( da lui tradotta appropriatamente, anche se liberamente, come “Cancellazione della Cultura”), il cui esiti non possono essere che nichilistici, in quanto, con la cancellazione delle tradizioni culturali, si tagliano le radici e si rende di fatto impossibile l’affermazione delle identità, individuali o collettive.

Certo, è mancata una prospettiva volta a situare adeguatamente il fenomeno nel tempo e nello spazio. Intanto, la Cancel Culture è un fenomeno originariamente e ancora prevalentemente americano, che parte come contestazione, da parte dei “non bianchi” ( cioè afroamericani, sino-americani, indo-americani, ma anche Europei del Sud e dell’ Est) dell’ egemonia WASP  che persiste in un’America oramai multiculturale.

In Europa, il fenomeno è meno evidente. Ma, soprattutto, l’Occidente nel suo complesso rappresenta al massimo un quinto del mondo. In tutto il resto, vi è invece una cura ossessiva delle proprie identità e tradizioni collettive: altro che “cancel culture”. Si pensi all’ Ebraismo in Israele, al Medio Oriente che si concepisce come “mondo islamico”, all’ Europa Orientale, a tutta l’Asia…

Così come l’Ebraismo e l’Ortodossia fanno propria la critica alla pretesa, nel passato, d’imporre l’omogeneità religiosa e culturale dell’ Occidente, e la Cina, con la “Via della Seta” riafferma la pari dignità di Oriente e Occidente, l’antidoto europeo alla “Cancel Culture” starebbe proprio nel farne propri qui suoi elementi che si addicono all’ Europa, vale a dire la critica della “Grande Narrazione Whig” (eresie, chiliasmo, Riforma, populismi, tecnocrazia, americanismo); la rivalutazione delle culture tradizionali e dei grandi Imperi Continentali; lo studio delle parti censurate e neglette delle tradizioni europee (come la Civiltà Danubiana, l’”Atena Nera”, il Barbaricum, l’Euroislam, la Rzeczpospolita polacca, l’antimodernismo…).

3.EMIR KUSTURICA E PETER HANDKE

Venerdì 3 Novembre

Kusturica ha presentato il proprio libro “L’angelo ribelle”, dedicato a celebrare l’amico Peter Handke, attaccato dall’ establishment letterario quando aveva ricevuto il Premio Nobel per la letteratura, a causa dei suoi reportages sulle guerre in Jugoslavia, che si sostenne fossero eccessivamente favorevoli alla Serbia. Si tratta in particolare di:

Un viaggio d’inverno ai fiumi Danubio, Sava, Morava e Drina, ovvero giustizia per la Serbia, trad. Claudio Groff, Torino: Einaudi, 1996

Appendice estiva a un viaggio d’inverno, trad. Claudio Groff, Torino: Einaudi, 1997

Un disinvolto mondo di criminali. Annotazioni a posteriori su due attraversamenti della Iugoslavia in guerra – marzo e aprile 1999, trad. Claudio Groff, Torino: Einaudi, 2002

Kusturica ha denunziato il “dirottamento” del movimento di liberazione dell’Europa dal comunismo, che ci ha portato a una situazione di ancor maggiore illibertà, dominata dal Pensiero Unico, di cui Handke non è stato certo l’unica vittima. Ha però espresso la speranza che nei prossimi anni si manifestino delle  crepe nell’ attuale establishment, che occorrerà sfruttare per provocare un radicale cambiamento.

4.PAOLO NORI: A COSA SERVONO I RUSSI? 

La domanda è più che legittima, ma non ci sembra che l’intervento di Nori abbia fornito una risposta. Certo, l’oratore, nel presentare il proprio romanzo sulla vita di Anna Akhmatova, ha manifestato in modo eloquente come la letteratura russa abbia costituito la passione della sua vita. Tuttavia, ci sembra difficile credere che la missione della Russia sia solo quella di fare appassionare Nori alla letteratura.

In effetti, l’intervento di Nori è stato dedicato soprattutto alla sua identità personale piuttosto che all’ identità collettiva dei Russi. Ma neppure così è andato fuori tema. Non dobbiamo dimenticare che le identità possono essere tanto collettive quanto individuali.E l’intervento rientrava anche nel tema delle radici, perché Nori ha fatto intendere che la sua passione per i Russi deriva in gran parte da vere o presunte affinità con le sue radici familiari, e, in particolare, con l’uso del vernacolo, nonché dalla fascinazione per Dante, condivisa, fra gli altri, con Anna Akhmatova.

Infine, l’’intervento rispondeva anche in un altro modo alla domanda contenuta nel titolo. Lev Gumiliov, figlio di quell’ Akhmatova a cui è dedicato il libro di Nori, aveva infatti concepito l’idea della “Pasionarnost’”, quella capacità d’infervorarsi e di sacrificarsi, che caratterizzerebbe non soltanto i Russi, bensì tutti i popoli delle steppe (il padre di Gumiliov era un ufficiale tartaro zarista, fucilato dai Bolscevichi, e anche l’Akhmatova si richiamava ad un’antenata tartara con lo stesso nome).

Ricordiamo anche che gli antenati degli Indoeuropei sono quel popolo di Yamnaya che si era formato nel quinto Millennio fra il Volga e il Don,  dalla fusione fra popoli uralici e caucasici, e che, per la sua straordinaria vitalità, si espanse prima in Eurasia, me, poi, nel resto del mondo.

Ma questo carattere “passionale” dei Russi (l’”Anima Russa”) è proprio quella caratteristica che manca agli Europei moderni, sì che già  Leontiev, alla fine dell’ Ottocento,   aveva definito  “L’Europeo medio” come “l’inizio della distruzione universale”. Con il dono della sua “passionalità”, i Russi, e, in particolare, gl’intellettuali russi, sarebbero stati chiamati, secondo Tiutčev, Dostojevskij e Blok, a salvare l’Europa dal “putrido Occidente”:

“Unisciti a noi! Via dalla guerra,
Vieni nelle nostre pacifiche braccia!
Sei ancora in tempo – la spada sotterra,
Compagno! Fratello, ti abbraccio!”

Certo, tutti questi autori erano “Russi” nel senso di “Slavi Orientali”, anche se non pochi erano ucraini o bielorussi. E, in effetti, anche il comportamento degli attuali Ucraini, impegnati così “passionalmente” contro la Russia, può essere ricondotto a quella visione “messianica” dei “Russi” (o meglio, dei popoli delle steppe, molti dei quali predecessori degli odierni Ucraini: Sciti, Sarmati, Unni, Avari, Bulgari, Magiari, Cumani, Peceneghi, Mongoli, Tartari, Circassi, Nogai, Cosacchi…).

5.RUTH DUREGHELLO E “TIKKUN HA-‘OLAM”

Più direttamente vicino al tema delle identità collettive il colloquio fra Elena Loewenthal, direttrice del Circolo dei Lettori, e Ruth Dureghello, ex-presidentessa della Comunità Ebraica.

Le due speakers si sono impegnate in un pregnante dibattito teologico, culminato nell’ illustrazione del concetto mishnaico di “Tikkun ha-‘Olam”, che Ruth Dureghello ha voluto tradurre non già con il suo dignificato originario di “Riparazione del Mondo”, bensì come “Miglioramento del Mondo”.

Secondo la Kabbala, il Tikkun è un’opera teurgica, volta a riportare Dio nella sua originaria interezza, mentre l’idea del “miglioramento del Mondo” riporta piuttosto al messianesimo immanentistico della Modernità.

7. FRANCO CARDINI E LA “DERIVA DELL’OCCIDENTE”

Riassumendo il suo recente libro, Cardini ha ripercorso la storia del concetto di Occidente, fino al suo cambiamento di significato dopo  le Guerre Mondiali: da essere sinonimo di “Europa”(come in Spengler), esso si trasformò nella definizione di un complesso più vasto, di cui fanno parte gli Stati Uniti. Il “Tramonto dell’ Occidente” di Spengler non è che il tramonto dell’ Europa, già adombrato nelle opere di Hegel e ripreso dagli autori americani.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, diviene evidente che quel complesso ruota intorno agli Stati Uniti, i quali hanno tessuto, intorno a se stessi, “una ragnatela” di accordi (come scrive Ikenberry): ONU, OCSE, NATO, Comunità Europee, Bretton Woods.

Dopo la caduta del muro di Berlino, queste “ragnatele” (ICANN, WTO) coprono oramai tutta la terra, dando vita all’ “America-Mondo”, un “Impero nascosto”(Immerwahr), o “Sconosciuto” (Papa Francesco), che controlla il mondo intero. Per questo Fukuyama parlava di “Fine della Storia”.

Ora siamo alla “Deriva dell’ Occidente”, perché, di fronte all’invasività di questo impero,  si sono manifestate appunto le reazioni delle identità continentali: ebraica, induista, confuciana, islamica, latinoamericana, ortodossa. Per questo, dalla “Fine della Storia” si è passati oramai allo “Scontro di Civiltà”.

In cui, però, avverte Cardini, l’Europa non può essere confusa nel generico “Occidente”, perché essa si distingue nettamente dall’America. In che cosa, non è chiaro, perché neppure i detrattori dell’ America sono espliciti su questo punto.

E’un argomento sui cui anche l’intervento di Cardini è stato poco esplicito, anche perché si era oramai giunti all’una e mezza della domenica,e occorreva evidentemente liberare la sala.

CONCLUSIONI

Tutti gl’interventi hanno affrontato giustamente con priorità il tema delle radici, che campeggiava nel titolo, e hanno solo sfiorato quello delle identità, ad esso collegato, e il quale, come hanno giustamente posto in evidenza un po’ tutti, costituisce la premessa necessaria per i progetti del futuro.

Crediamo che questi temi meritino un approfondimento, di fronte ad una situazioni internazionale sempre più preoccupante e sempre più fluida, che ben presto permetterà (come ha auspicato Kusturica), e, anzi, secondo noi, addirittura necessiterà, un intervento pesante da parte degli Europei, forse anche militare e politico, ma, innanzitutto, di carattere culturale, per orientare e motivare le future drammatiche scelte.

Per questo, mentre andiamo avanti con i nostri lavori sull’ identità europea e sul futuro nell’ era delle macchine intelligenti, continuiamo a caldeggiare che le Istituzioni (nel caso in ispecie, la Regione Piemonte che ha sponsorizzato il festival) proseguano nell’ opera iniziata. Per parte nostra, saremo sempre lieti di collaborare, come del resto avevamo già fatto in passato con il libro “Intorno alle Alpi Occidentali/Autour des Alpes Occidentales”.

PROPOSTE DEL MOVIMENTO EUROPEO PER LA PACE IN UCRAINA

PROPOSTE DEL MOVIMENTO EUROPEO PER LA PACE IN UCRAINA

Riportiamo qui di seguito le proposte di cui sopra, con in seguito un nostro commento:

“Noi riteniamo che l’Unione europea, confermando il pieno sostegno all’Ucraina nella difesa della sua libertà e del diritto all’ inviolabilità del suo territorio insieme all’impegno alla ricostruzione del paese, dovrebbe iniziare a riflettere sulle ipotesi per un avvio di un dialogo indispensabile al raggiungimento di un “cessate il fuoco” e poi dell’inizio di un processo che porti ad una pace duratura ai suoi confini essendo chiaro che la definizione delle condizioni per un accordo appartengono in primo luogo alle autorità  dell’Ucraina e cioè al suo governo e al suo parlamento che sarà rinnovato nelle elezioni legislative che avranno luogo entro l’estate del 2024.

A nostro avviso le ipotesi per l’avvio del dialogo dovrebbero essere basate sui seguenti cinque elementi che potrebbero costituire un embrione di un “piano di pace” dell’Unione europea inserito nel quadro di una visione complessiva della cooperazione e della sicurezza sul continente che potrebbe assumere la forma di un accordo o di un trattato che si ispiri al metodo dei negoziati che condussero nel 1975 alla Dichiarazione di Helsinki e poi nel 1990 alla Carta di Parigi:

  –   La garanzia della integrità territoriale e della inviolabilità delle frontiere dell’Ucraina definite in occasione della sua indipendenza nel 1991 alla caduta dell’Unione Sovietica;

  –  L’attribuzione alle regioni di Donec’kLuhans’k e della Crimea dell’autonomia secondo un modello federale e ispirandosi all’esempio degli accordi De Gasperi-Gruber applicati all’Alto Adige con l’Accordo di Parigi del 5 settembre 1946;

  –   L’adesione dell’Ucraina all’Unione europea al termine dei negoziati di adesione, sulla base delle condizioni stabilite dall’art. 49 del Trattato sull’Unione europea e nel quadro del processo di allargamento ai paesi candidati dei Balcani Occidentali e dell’Europa orientale (Moldavia e Georgia) che prevede:

  • l’accettazione piena e integrale dei principi contenuti nel preambolo del Trattato di Lisbona ivi compreso il processo di una unione sempre più stretta le cui basi dovranno essere gettate entro la prossima legislatura europea superando lo stesso Trattato di Lisbona secondo un metodo democratico costituente,
  • il rispetto dei valori comuni definiti nell’art. 2 e dello Stato di diritto insieme al primato del diritto dell’Unione,
  • il principio della cooperazione leale previsto dall’art. 4 del Trattato sull’Unione europea e della solidarietà previsto dagli articoli 80 e 222 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
  • l’adesione alla Carta dei diritti fondamentali,
  • e l’applicazione dell’art. 42.7 che prevede l’aiuto e l’assistenza degli Stati membri ad uno Stato oggetto di una aggressione armata sul suo territorio conformemente all’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite.

  –   L’applicazione all’Ucraina delle stesse condizioni di neutralità adottate al tempo dell’adesione dell’Austria all’Unione europea nel 1995.

  –   In questo spirito e in questa logica la decisione di escludere l’adesione dell’Ucraina alla Organizzazione dell’Atlantico del Nord e alle sue strutture militari.

Questi elementi dovrebbero essere presentati dall’Alto Rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite secondo l’art. 34.2 del Trattato sull’Unione europea, al Vertice della Nato di Vilnius e al Vertice dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa associandoli alla richiesta di convocare una Conferenza ispirata agli Accordi di Helsinki del 1975 e alla Carta di Parigi del 1990.”

COMMENTI DELL’ ASSOCIAZIONE DIÀLEXIS

Intanto, complimenti al Movimento Europeo per avere ideato soluzioni fuori del coro, senza timore per l’impopolarità. Pur non essendo, ovviamente, soluzioni perfette (perchè concepite come proposte interlocutorie), potrebbero costituire un anticipo di soluzioni più complete e radicali (cfr. punto 2).Quest’idea non appare irrealistica dopo il conferimento da parte del Vaticano del mandato di mediatore a Monsignor Zuppi e con l’avvicinarsi delle elezioni americane.

1.I veri obiettivi delle parti in causa

Il problema è che, come affermato ufficialmente da Russia e Cina prima dell’ avvio dell’ “Operazione Speciale”, l’obiettivo di questa non era tanto o soltanto quello di difendere la Crimea e il Donbass, oggetto dal 2014 di un tentativo di recupero da parte dell’  Ucraina, territori  e che, dopo i referendum e l’incorporazione nella Federazione Russa, devono essere difesi per legge, bensì un nuovo sistema  globale di sicurezza mondiale, fuori dell’egemonia degli USA, che, a loro avviso, starebbero cercando di “strangolare” (con le sanzioni e con l’accerchiamento militare) i Paesi eurasiatici e di impedire le Nuove Vie della Seta in un momento in cui le dinamiche storiche, economiche e politiche, starebbero ponendole al centro della storia. Del resto, gli ultimatum scritti di Lavrov NON erano indirizzati all’Ucraina, bensì a USA e UE,  e vi si chiedeva di confermare per iscritto quelle garanzie “di non allargamento” che Baker  avrebbe promesso a Gorbaciov.

E’ difficile che Russia e Cina desistano dalla “guerra senza limiti”  per ridimensionare l’America, e per garantirsi così la libertà di passaggio negli stretti asiatici ed europei, vitale per il loro sviluppo economico. A meno che America e UE non firmino delle garanzie a questo proposito, come richiesto nel 2021.

Altrettanto difficile che l’America accetti senza colpo ferire di rinunziare alla sua attuale posizione privilegiata (la “Trappola di Tucidide”). Il vertice di Hiroshima non fa che “fotografare” questo scontro in tutta la sua intensità. Le dichiarazioni rese da di Giorgia Meloni sono illuminanti circa gli obiettivi occidentali al vertice.

Indubbiamente, s’imporrebbe anche, come richiesto dal Movimento Europeo,  la rivalutazione in grande scala del concetto di “neutralità” (di tipo “austriaco”, cioè garantita internazionalmente), che dovrebbe estendersi a tutti i territori controversi, ovunque si trovino (per esempio, ai Balcani Occidentali e Caucaso).

Per ciò che riguarda l’Ucraina, la questione delle autonomie territoriali e culturali dovrebbe coinvolgere, a nostro parere, l’intero territorio (come voleva il Partito delle Regioni di Janukovski, che non per nulla era stato deposto con la forza). Infatti, l’Ucraina, come e più degli altri Stati Europei, è una costruzione recente e artificiale (come ad esempio anche il Belgio e la Grecia). Pensiamo a quali forzature sono state fatte per creare la Grecia che conosciamo (di cui, secondo il Fallmerayer, nel 1821, la metà della popolazione non era greca, e fu grecizzata con la forza, così come l’Ucraina viene ora “ucrainizzata”  a viva forza).

L’Ucraina dovrebbe essere, come si diceva un tempo, “federalizzata” sul modello belga (comunità francofona, comunità fiamminga, comunità germanofona, Bruxelles capitale). Così, in Ucraina, vi sarebbero una comunità russofona, una ucrainofona, una rumena, una ungherese, una rutena, e una Kiev capitale…

Ma, più in generale, almeno un terzo dell’ Europa (dall’ Irlanda, alla Scozia, alla Spagna, al Benelux, ai Balcani, alla Turchia, per non parlare dell’ Europa Orientale) dovrebbe costituire una serie di “Territori Federali”, non aggregati a nessuno “Stato Nazionale”. Solo così si garantirebbe la vera identità di quei territori (la Celtia, la Franconia,  i Pirenei, la Macroregione Danubiana, quella baltica, quella caucasica).

Ancora più in generale, lo Stato Nazionale non è l’unità di base ideale di un’ Europa Unita, come ben vedeva per esempio il Federalismo Integrale. Le fantasmatiche “Macroregioni” ed “Euroregioni” corrisponderebbero molto meglio alle identità storiche degli Europei e a una distruzione razional delle competenze in una “multi-level governance”.

Poi, occorrerebbe ricomporre, con questi tasselli, il puzzle di un’ Europa veramente unita e forte sulla scena internazionale.

Infine, la UE dovrebbe concedere di più all’ Est Europa. Il Socialismo Reale non è stato abbattuto dalle Comunità Europee, né dalla NATO, né da Washington, bensì dai Talibani, da Solidarnosc, da Papa Wojtyla, da Gorbaciov e da Eltsin. I loro valori, diversi, debbono entrare a fare parte della cultura comune. I popoli europei orientali si sentono frustrati dall’ essere considerati come dei questuanti e degli eterni imputati. Per questo, si buttano sulle loro glorie passate.

Occorre anche trasferire un po’ di istituzioni a Est (in un domani anche a Kiev, Mosca e San Pietroburgo).

2.Una vera pace (o tregua) fra le Grandi Potenze, può essere basata solo sull’ equilibrio nella intelligenza artificiale.

Però, una vera pace (o almeno tregua),anche per l’Ucraina,  potrebbe farsi solo fra USA, Cina e Russia, e riguardare, come ha detto Kissinger, più che questioni territoriali (forse insolubili), innanzitutto la regolamentazione internazionale dell’Intelligenza Artificiale, che oramai comanda le armi nucleari e la gestione strategica delle guerre (“Hair Trigger Alert”, “Dead Hand”, militarizzazione dello spazio, Cyberguerra). Basti pensare al recentissimo scontro nei cieli di Kiev fra i missili “intelligenti” Patriot e Kinzhal, basato sulla capacità di intercettazione e/o distruzione del sistema avversario.

Come oramai affermano concordemente tutti i grandi esperti di informatica, bloccare l’intelligenza artificiale è il massimo  problema comune dell’ Umanità. La guerra è infatti  lo strumento di cui l’Intelligenza Artificiale si serve per subentrare agli uomini (Manuel de Landa).

Solo con un’azione culturale trasversale, passando attraverso persone come Kissinger o il Papa, si potrebbe arrivare a un accordo sul controllo dell’ intelligenza artificiale, e, con ciò stesso, al controllo sulla possibilità di scatenare una guerra.

Il problema per l’Europa è ch’essa non può partecipare autorevolmente a questo dialogo, perché, dopo la morte di Adriano Olivetti e del Professor Zhu, non ha mai più avuto la minima autonomia digitale, mancando di un proprio centro ideativo in campo informatico.

Se l’Europa vuole poter contare nella configurazione di un accordo siffatto, deve sviluppare al più presto le proprie competenze digitali, innanzitutto con la creazione di un’accademia europea dell’AI di un’accademia militare europea e di un  servizio segreto europeo, poi con l’”upgrrading” digitale dell’ intero sistema produttivo e di difesa: quello che, inascoltati come sempre, abbiamo proposto co i nostro libro “European Digital Agency””Restarting EU Economy” e “Istituto Italiano dell’ Intelligenza Artificiale di Torino”.

TELECONFERENCE ORE 18

Chi volesse commentare il post di oggi potrebbe farlo sul link seguente:

LINK PER ZOOM CALL Alpina Diàlexis  ti sta invitando a una riunione pianificata in Zoom.

Argomento: 9 MAGGIO 2023 || GIORNATA DELL’ EUROPA
Ora: 9 mag 2023 06:00 PM Torino (TO)

Entra nella riunione in Zoom
https://us06web.zoom.us/j/82282731196?pwd=bHpmbU9MTVBYclRGS3pDRFZ2eDdOdz09

9 MAGGIO 2023 GIORNATA DELL’ EUROPA

I partiti europei dinanzi alle elezioni del 2024

Nonostante molte obiettive difficoltà che ci hanno impedito di organizzare, come tutti gli anni, la tradizionale manifestazione per il 9 maggio, abbiamo voluto comunque dare il nostro contributo a ricordare quest’ importante ricorrenza, che abbiamo ogni anno celebrato con spirito critico, ben consapevoli del fatto che la Dichiarazione Schuman ha costituito, come non ci stanchiamo di ricordare, il momento del trionfo del Funzionalismo sul Federalismo, e, con ciò, l’inizio dei problemi di un’integrazione europea concepita fin dal principio come monca, vale a dire mancante di nerbo politico e culturale, e, come tale, destinata inevitabilmente a confluire nel progetto tecnocratico di omologazione occidentale,che sta sfociando nella Società del Controllo Totale

Abbiamo scelto perciò di diffondere un set di filmati, in cui illustriamo come la politica sia chiamata, in Europa, ad affrontare temi decisivi, a partire dalla Terza Guerra Mondiale, già in corso in Ucraina e in preparazione nel Mar della Cina. Di conseguenza, si pone, prima, al Movimento Europeo, poi, ai partiti politici (che stanno avviando le manovre per le elezioni europee del 2024), la necessità di una profonda rivisitazione di tutte le basi su cui si sono appoggiati fino ad oggi, per essere in grado di riflettere sulla Fine dell’ Uomo, sulla Società delle Macchine Intelligenti, sulla Guerra Totale, e di posizionare l’Europa di conseguenza.

Diàlexis ha pubblicato, a questo proposito, il libro“Verso le elezioni 2024: i partiti europei nella tempesta”

Pubblichiamo qui di seguito un ciclo di 6 filmati su questi temi, e di seguito i testi scritti di commento.

CICLO DI FILMATI SUI PARTITI EUROPEI DINANZI ALLE ELEZIONI DEL 2024

VIDEO 0 – 9 MAGGIO 2023 || GIORNATA DELL’ EUROPA || 0 – LIBRO “VERSO LE ELEZIONI EUROPEE DEL 2024″, Link: https://www.youtube.com/watch?v=HzPrtZAHHIA&t=3s

VIDEO 0 – 9 MAGGIO 2023 || GIORNATA DELL’ EUROPA || 0 – LIBRO “VERSO LE ELEZIONI EUROPEE DEL 2024″, Link: https://www.youtube.com/watch?v=HzPrtZAHHIA&t=3s

VIDEO 1 – 9 MAGGIO 2023 || GIORNATA DELL’ EUROPA || 1 – L’INVOLUZIONE DELL’UNIONE, Link: https://www.youtube.com/watch?v=LFtF2joOHKU&t=4s

VIDEO 2 – 9 MAGGIO 2023 || GIORNATA DELL’ EUROPA || 2 – CRISI DELL’UNIONE E CRISI DELL’ ORDINE MONDIALE, Link: https://www.youtube.com/watch?v=xFYcJQVb8zk&t=7s

VIDEO 3 – 9 MAGGIO 2023 || GIORNATA DELL’ EUROPA || 3 – RITROVARE I VALORI ALL’ ORIGINE DELL’UE, Link: https://www.youtube.com/watch?v=45RNC71wU5Q&t=59s

VIDEO 4 – 9 MAGGIO 2023 || GIORNATA DELL’ EUROPA || 4 – SUL RUOLO DEL MOVIMENTO EUROPEO, Link: https://www.youtube.com/watch?v=GbSHUrD13Yc&t=10s

VIDEO 5 – 9 MAGGIO 2023 || GIORNATA DELL’ EUROPA || 5 – CONTRO LA TERZA GUERRA MONDIALE, Link: https://www.youtube.com/watch?v=fgRyz–tgLg

I partiti politici europei di fronte alle sfide della legislatura 2024-2029

1.IL LIBRO “VERSO LE ELEZIONI EUROPEE DEL 204: I PARTITI EUROPEI NELLA TEMPESTA” (QUADERNO n. 1/2023 DI AZIONE EUROPEISTA).

Non potendo organizzare, per motivi di salute, la tradizionale manifestazione  del 9 maggio, Associazione Diàlexis e Rinascimento Europeo hanno ritenuto comunque di predisporre la seguente serie di filmati, postati sul canale Youtube www.alpinadialexis .com, quale avvio dell’urgente dibattito che si richiede per preparare una legislatura che, in pendenza della guerra in Ucraina e (si teme) anche nel Mar della Cina, sarà decisiva per l’ Europa e per il mondo.

Questi filmati costituiscono, da un lato, la risposta all’editoriale di Lucio Levi s “The Federalist Debate” sullo stesso argomento, e, dall’altra, una sintesi del libro in oggetto, che verrà esposto al Salone 2023 del Libro di Torino.

1.IL LIBRO “VERSO LE ELEZIONI EUROPEE DEL 204: I PARTITI EUROPEI NELLA TEMPESTA” (QUADERNO n. 1/2023 DI AZIONE EUROPEISTA).

Non potendo organizzare, per motivi di salute, la tradizionale manifestazione  del 9 maggio, Associazione Diàlexis e Rinascimento Europeo hanno ritenuto comunque di predisporre la seguente serie di filmati, postati sul canale Youtube www.alpinadialexis .com, quale avvio dell’urgente dibattito che si richiede per preparare una legislatura che, in pendenza della guerra in Ucraina e (si teme) anche nel Mar della Cina, sarà decisiva per l’ Europa e per il mondo.

Questi filmati costituiscono, da un lato, la risposta all’editoriale di Lucio Levi s “The Federalist Debate” sullo stesso argomento, e, dall’altra, una sintesi del libro in oggetto, che verrà esposto al Salone 2023 del Libro di Torino.

Riteniamo fondamentale continuare al più presto e in modo sistematico il dibattito su questi temi.

2.L’INVOLUZIONE DELL’UNIONE

Il processo d’integrazione europeo ha oramai dietro di sé  una storia millenaria. Già l’Impero Romano, il Sacro Romano Impero e gl’imperi asburgico e napoleonico, oltre che la Santa Alleanza, avevano prefigurato, infatti, forme d’ integrazione europea.

L’integrazione postbellica era nata sotto il segno di molte contraddizioni, prima fra le quali il conflitto fra:

-FUNZIONALISMO;

-FEDERALISMO.

Il funzionalismo (Mitrany, Haas, gli stessi Schuman e Monnet) concepiva l’integrazione europea come una delle articolazioni dell’ordine internazionale occidentale, che muoveva verso la Fine della Storia e l’unità del mondo. Esso costitituiva  l’applicazione in campo politico di un movimento più vasto, che comprende l’informatica (la “trasfusione senza spargimento di sangue”, dell’ intelligenza, dall’uomo alle macchine), l’architettura (Futurismo, Bauhaus, Le Corbusier), ed altre branche della cultura. Attraverso  un trasferimento di funzioni, dagli Stati, ad organismi sovrannazionali, si sarebbe realizzato un ordine mondiale armonico e centralizzato.

Il federalismo (Spinelli, Galimberti, Coudenhove-Kalergi, De Rougemont) puntava invece a fare dell’ Europa un autonomo soggetto politico, con un proprio progetto di società, anche se, a causa del suo pluralismo, lasciava aperta una vasta gamma di soluzioni pratiche, comunque alternative a capitalismo e comunismo).

La costruzione concreta dell’Europa attraverso i Trattati di Parigi, di Roma, di Maastricht e di Lisbona, ha realizzato in pratica il progetto funzionalista, pur sfruttando le tematiche del federalismo per dissimulare occidentale, sotto le “Retoriche dell’ Idea di Europa” (pace, democrazia internazionale),la natura passiva del progetto funzionalista, finalizzato allo sviluppo tecnocratico

Oggi, questo gioco delle parti  fra funzionalismo e federalismo ha perduto di credibilità, a causa del sempre maggiore coinvolgimento degli Europei nelle guerre dell’ Occidente,  del relativo declino delle società europee rispetto alla crescita del resto del mondo e della diminuita fede nella capacità degli USA di esercitare un ruolo protettivo, tre cose  che contraddicono le promesse di pace, sicurezza e prosperità fatte dalle Retoriche dell’ Idea di Europa .

Ciò ha eroso anche la credibilità dell’Unione Europea, e la sta forzando ad una qualche, seppur confusa, forma di rinnovamento, che si sta materializzando nello sforzo del PPE, asse portante del Parlamento europeo, di stringere un’alleanza con le opposizioni di destra, che più di altri hanno canalizzato le critiche contro le derive mondialistiche dell’Unione.

Ma, come si è lasciata sfuggire Ursula von der Leyen (che comunque sarebbe sacrificata da questa manovra), si tratterebbe di applicare la formula gattopardesca “cambiare tutto perché nulla cambi”.

3. CRISI DELL’UNIONE  E CRISI DELL’ ORDINE MONDIALE

Le stesse contraddizioni in cui si dibatte l’Europa coinvolgono l’intero Occidente, che ha sposato totalmente le ragioni delle tecnocrazie digitali, finanziarie e farmaceutiche  che puntano alla trasformazione dell’Umanità, prima, nella società del controllo totale, e, poi, in un complesso macchinico, smentendo così  le sue promesse di umanità e di libertà.

Anche se si è fatto tutto per farlo dimenticare, il primo, in un contesto europeistico,  a parlare  di Crisi della Civiltà Moderna, era stato proprio il Manifesto di Ventotene. Ma, se si vuole comprendere questa crisi, occorre andare indietro nel tempo, ristudiando gli autori che hanno parlato di questa crisi: Rousseau, , Saint-Simon, De Maistre, Kierkegaard, Nietzsche, Guénon, Spengler, Huxley, Evola,  Heidegger, Anders..

L’Unione Europea, che aveva preteso, ancora pochi anni or sono,  di ergersi sopra gli altri Continenti quale “Trendsetter del dibattito mondiale”, cioè maestro di saggezza e di virtù, ha assistito impotente all’escalation della Terza Guerra Mondiale che si combatte anche per sua mancanza di preveggenza, di magnanimità e di coraggio, nel cuore stesso dell’ Europa, ma che si sta preparando anche sul Mar della Cina, nonché ad uno sviluppo tentacolare dei GAFAM, oramai denunziato dai loro stessi fondatori, ma di fronte al quale le migliaia di norme tanto esaltate emanate dall’ Unione Europea si rivelano sempre più delle grida manzoniane, perché inapplicabili a casa dei GAFAM: cioè, negli USA.

Per questo, la crisi della politica europea, che ha prodotto una formidabile spinta a destra in Polonia, Ungheria, Italia, Spagna, Finlandia, Svezia, non si potrà risolvere semplicemente associando all’establishment i vittoriosi partiti di destra, bensì solo con una profonda riflessione sull’avvenire del mondo, stretto nella morsa tra la guerra nucleare e il dominio dell’ Intelligenza Artificiale, prodotti tutti dell’ opzione prometeica contenuta nel Primo Programma Sistemico dell’Idealismo Tedesco, secondo cui l’uomo si sarebbe salvato da sé  grazie a una nuova ideologia e una nuova scienza.

Le sempre più convulse prese di posizione, da un lato, dei guru informatici sui pericoli dell’ Intelligenza Artificiale, e, dall’ altro, dei leaders dell’alleanza dell’Est sulla prossimità della guerra nucleare, dimostrano che siamo vicini all’esito finale  di quelle scelte prometeiche degli ultimi tre secoli.

I limiti dello sviluppo sono oramai noti a tutti, tanto che Sir Martin Reed ha parlato del XXI Secolo come “il Secolo Finale”. L’avvicinarsi del Secolo Finale, scandito dalla guerra nucleare e dalla Singularity,ha trasformato tutte le pretese conquiste dell’ Occidente in trappole mortali.E’ impressionante ritrovare in ogni momento tracce di quest’ideologia messianica : a partire dalla bandiera arcobaleno, che è quello dell’eresia anabattista (combattuta innanzitutto da Lutero)alla battaglia di Falkenheim e simboleggia l’ Apocalisse, a cui la maggior parte  dell’ establishment occidentale sembra anelare, travolta dalla mistica dell’autodistruzione.

Lo straordinario sviluppo dei Paesi asiatici si spiega invece, a nostro avviso, non tanto e non soltanto  con la loro massa critica e con la loro etica del lavoro, bensì anche e soprattutto con la loro capacità di affrontare in modo olistico le sfide delle nuove tecnologie, non dimenticando, bensì addirittura incrementando, il ruolo della cultura, delle tradizioni, delle gerarchie. Così si spiega che in Cina, contrariamente che in Europa e negli Stati Uniti, lo sviluppo delle locali imprese digitali (i BAATX) è stato accompagnato con attenzione ed efficacia dallo Stato in tutte le sue fasi: studio, sviluppo, superamento dei concorrenti, informatizzazione della società, regolamentazione. Nel 2021, la Cina si è data una legislazione sul digitale simile a quella europea (anche se più lineare), ma l’ha anche fatta immediatamente applicare, sanzionando inflessibilmente quasi tutte le imprese digitali nazionali e i loro stessi fondatori (il “crackdown sui BAATX”).

Invece, l’Europa, dopo la morte di Olivetti e di Zhu, ha delegato sistematicamente da 60 anni ai GAFAM americani tutte le sue attività digitali, al punto che essi hanno il monopolio perfino sui servizi digitali delle Istituzioni europee (affidati da sempre alla Microsoft). Le sentenze della Corte di Giustizia vengono sistematicamente disapplicate, con la connivenza del Garante Europeo.

Ne consegue anche il continuo ritardo nell’ upgrading digitale delle nostre economie e il conseguente declassamento dei nostri giovani più qualificati, con  la risultante disoccupazione giovanile.

4. RITROVARE I VALORI ALL’ ORIGINE DEI PARTITI POLITICI EUROPEI

Il liberalismo e il nazionalismo  erano nati a metà del 18° secolo; il socialismo nell’800 circa; il comunismo a metà dell’Ottocento; l’ambientalismo negli anni ’60 del Novecento. E’ normale ch’essi siano divenuti obsoleti, travolti dal processo storico ch’essi pretendevano di guidare, ma da cui invece sono stati trascinati.

Nel  processo di adeguamento all’omologazione occidentale, i partiti europei hanno infatti perso di vista gli obiettivi per cui essi erano stati creati : liberare i cittadini dall’ingerenza di Stati sempre più centralizzati; evitare le ingerenze straniere nella vita dei popoli; fornire un ruolo nella società ai vari tipi di lavoro resi necessari dall’ organizzazione tecnica dell’economia; conciliare la vita spirituale con le esigenze della società moderna; difendere la natura dalle attività predatorie della tecnica scatenata. Al contrario, i “liberali” sono diventati fautori dei colossi tecnologici e della militarizzazione della società; i “socialisti” hanno agevolato di fatto lo smantellamento delle imprese europee e dello Stato sociale; i partiti “cristiani” hanno abbandonato la difesa dell’ umano, accettando  la diffusione di valori disgregatori dell’ordine sociale e del messianesimo tecnocratico dei GAFAM, che spianano la strada al controllo totalitario delle tecnologie, e, in particolare, delle biotecnologie; i “patrioti” sono divenuti gli zelanti esecutori degli ordini del complesso informatico-militare occidentale.

Di fronte a questa ritirata generalizzata, solo il conservatorismo, il più antico dei movimenti politici , che risale alla Fronda e alla Rivincita Aristocratica dell’inizio del 700, mantiene un proprio “appeal”. Non per nulla si sta cercando, per esempio, da parte di Fratelli d’Italia, di recuperare i discorsi del “conservatorismo”, che, per altro, in buona parte d’ Europa, non ha radici, se non molto lontane. Perfino il Paese in cui il conservatorismo è nato, l’Inghilterra, ha vissuto un processo di svuotamento dello stesso, che, da partito della difesa tradizioni, è divenuto, con la Thatcher,  un partito liberista e americaneggiante.

Certamente, dinanzi allo strapotere della rivoluzione digitale (controllo totale, social, censura digitale, bioingegneria, guerra digitale) e dell’”esportazione della democrazia”(Corea, Vietnam, Iran,  Kosovo, Irak, Afghanistan, Ucraina, Paesi Arabi), una sana reazione , etica prima che ideologica e giuridica, s’impone. Tuttavia, gli aspiranti “conservatori” hanno idee piuttosto confuse su “che cosa” conservare. Conservare il sistema teocratico basato sul Mito del Progresso e uno Stato rinunziatario che si fa prevaricare dalle lobbies significa continuare a tenerci legati mani e piedi mentre i GAFAM trasformano gli uomini in macchine.

Se vogliono recuperare le loro ragion d’essere, e, di conseguenza, la loro incidenza sulla realtà e la loro capacità di coinvolgere gli elettori, i partiti europei devono compiere una profonda riflessione che sbocchi su una “svolta a U” delle loro traiettorie culturali e politiche.

I liberali debbono tornare a condurre lotte di libertà, come quella per la liberazione di Assange, quelle contro i reati di opinione e la censura, quelle per un’applicazione rigorosa dell’ antitrust ai GAFAM. I socialisti devono volgere il crescente interventismo pubblico conseguente alla guerra, dalla  frenesia bellicistica (la produzione a ritmo frenetico di munizioni), alla difesa dell’ economia europea contro il contingentamento imposto dalla NATO, e al rafforzamento dei diritti dei lavoratori secondo il modello della Mitbestimmung tedesca; i partiti cristiani debbono riscoprire l’idea paolina di “Katechon”, cessando di essere le mosche cocchiere del livellamento sociale per spianare la strada ai GAFAM, e del Complesso Informatico-Digitale per una guerra senza limiti che, come il Papa non si stanca di denunziare, sta portando alla fine dell’ Umanità; i “patrioti” debbono diventare i difensori dell’ Identità Europea contro la sua dissoluzione nell’ Occidente; gli ambientalisti debbono smettere di fare i piazzisti per le industrie verdi, e difendere seriamente un rapporto naturale fra uomo e ambiente.

Infine, e soprattutto, i “conservatori” debbono difendere l’umano contro la disgregazione, nella cultura, nella politica, nel diritto, nell’ economia, ricercando un dialogo senza preconcetti  con i grandi movimenti conservatori che si trovano soprattutto  in Asia e in Europa Orientale.

5.SUL RUOLO DEL MOVIMENTO EUROPEO

Così come, e ancor più, che per i partiti europei,  il Movimento Europeo deve compiere una siffatta radicale riflessione, che gli permetta di rinascere, da movimento marginale e sconosciuto ai più, per divenire finalmente quello che immaginavano Coudenhove-Kalergi e Spinelli: il movimento egemone della politica europea, sul modello del Partito Indiano del Congresso. L’eredità che dobbiamo lasciare alle successive generazioni è quella di un europeismo consapevole e vigoroso, che non si confonda né con il Mito del Progresso, né con il messianesimo puritano, né con gl’interessi del Complesso Informatico-Digitale, ma, anzi, ad essi si opponga come principale alternativa.

Per fare ciò, esso dovrà riflettere profondamente sulla storia dell’integrazione europea e su quella delle altre integrazioni regionali: delle Americhe (Hamilton, ma anche Che Guevara), e anche quelle cinese (Taiping, Kang Youwei,Sun Yat Sen, Mao) , indiana (Tilak, Gandhi, Modi) ed islamica (Mawlana, Aflaq). Solo così essa potrà cogliere il ruolo della cultura, la ricerca dell’eccellenza, la difesa delle differenze, in particolare contro le tendenze livellatrici della globalizzazione (le Rivoluzioni Atlantiche, le guerre coloniali e post-coloniali, la “cancel culture”..), riconoscendo il valore positivo dei movimenti di liberazione continentale dei BRICS, a cui anche l’ Europa dovrebbe riallacciarsi, come suggeriva per esempio Simone Weil.

Solo così esso potrebbe tornare ad essere un elemento propulsivo della ricerca culturale e politica, e, in tale qualità, tornare ad essere un interlocutore autorevole dei partiti europei.

Per potere fare ciò, esso deve uscire dal suo ghetto, e ricomprendere tutti coloro che, sotto diverse bandiere o etichette, riflettono sull’ Europa e di danno da fare per essa. Penso ad esempio a pensatori come Cardini, Brague e Delsol, e a quel che resta di Paneuropa. Questo anche e in considerazione del fatto che i dibattiti decisivi sull’ Europa si stanno svolgendo in questo momento fra il PPE e Fratelli d’ Italia, FIDESZ e il Vaticano., in aree culturali finora inesplorate dai Federalisti.

6.IN 5.IN PARTICOLARE, CONTRO LA TERZA GUERRA MONDIALE.

Non v’è dubbio che, oramai da molti anni, tutte le potenze mondiali stiano preparando la Terza Guerra Mondiale fra Cina e USA, già implicita nella idea di “fusione” dei Taiping: con le guerre dell’ Irak e dell’ Afghanistan; con le Rivoluzioni Colorate e Arabe; con la corsa agli armamenti; con le continue guerre civili in quasi tutti i Paesi ex-sovietici; con la militarizzazioine dell’Artico, dello spazio e dell’Oceano Pacifico. Una guerra mondiale condotta con l’Intelligenza Artificiale sarà particolarmente catastrofica, perché le macchine sono più idonee degli uomini a sopravvivere in condizioni di guerra totale, cosicché la prossima guerra sarà la migliore occasione per il potere macchinico per prendere il controllo del mondo e quel che resta dell’Umanità.

E colpirà in primo luogo l’ Europa: Russia, Georgia, Ucraina, Moldova, ex Jugoslavia, ma anche l’Italia, dove stazionano un centinaio di testate nucleari americane.

Mi chiedo come facciano le sinistre alternative e i cattolici, oltre, ovviamente, ai Federalisti Europei, che da sempre proclamano fragorosamente la Pace Perpetua, a collaborare oggi entusiasticamente alla preparazione culturale, ideologica, politica, tecnologica, poliziesca e militare della Terza Guerra Mondiale e del Secolo Finale. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti!

Questo è il momento di svegliarsi e di agire risolutamente, al di là degli schemi del XX° Secolo, inapplicabili alla guerra delle Macchine Intelligenti.

Il dibattito all’ interno del Movimento Europeo, e, dei partiti europei, non può che avere come punto qualificante la fuoriuscita dalla guerra mondiale in corso.Le strategie per questa fuoriuscita sono di difficile agibilità, perché si tratta di uno scontro effettivo, fra due potenze a vocazione universale, e fra due concezioni del mondo -l’una ciclica e atemporale, l’altra orientata alla Fine della Storia-, che non ammettono la neutralità.

Eppure, visto che la Guerra Senza Limiti non è che l’ennesimo avatar dell’ Arte della Guerra di SunZu, l’intelligenza (umana) potrebbe avere la meglio sui due contendenti: facendo leva sulle risorse culturali, che “vanno a monte” delle motivazioni dei contendenti (Apocalisse vs. DaTong), disinnescandole. Si tratta del “disarmo culturale” predicato da Raimon Panikkar.