Parafrasando il discorso del Vice Presidente americano J.D. Vance alla Conferenza di Monaco sulla Sicurezza, il massimo pericolo viene oggi, non già dalla Russia o dalla Cina (e neanche, come ha detto Vance, dalle retoriche europee), bensì dalla stessa Amministrazione Americana, e, in particolare, da un collega di Vance, il responsabile del dipartimento D.O.G.E., Elon Musk (che, infatti, incomincia ad essere inviso ai propri colleghi, alla magistratura e perfino ai clienti di Tesla), il quale rappresenta, dentro l’ Amministrazione, l’ormai onnipotente lobby dei GAFAM, le società digitali americane, che già ora controllano totalitariamente le nostre società, e che, se lasciate indisturbate, cederanno fra brevissimo il controllo dell’ Umanità alle Macchine Intelligenti da esse create. E’ per questo che, misteriosamente, in Occidente si stanno smantellando tutte le possibili resistenze (alleati, Costituzioni, cultura, pubbliche amministrazioni). L’evoluzione, in corso, della “presidenza imperiale” americana verso una “democrazia illiberale” (concentrazione di tutti i poteri nel Presidente, violazione delle norme di salvaguardia, applicazione estremistica dello “spoil system”, applicazione pretestuosa del diritto), così pure quella dal tradizionale timore riverenziale per gli USA a uno smaccato servilismo, rientrerebbero in un comprensibile trend mondiale generalizzato, inevitabile nell’ era delle Macchine Intelligenti; invece, l’inedita unione fra il potere presidenziale di Trump e il potere digitale di Musk costituisce un ulteriore salto in avanti, che va ben oltre la Società delle Macchine Intelligenti, per trapassare nel Postumanesimo e nella Singularity Tecnologica. Addirittura, Trump ha portato ufficialmente al vertice del potere politico occidentale un guru digitale dichiaratamente adepto del “cosmismo”, la forma più integrale di transumanesimo, erede, nonostante le apparenza, della forma più estrema del progressismo, i “Costruttori di Dio” bolscevichi. Per fortuna, parte del movimento MAGA (come per esempio, Rubio e Bannon) aborre Musk quasi fosse l’Anticristo, e Trump ha già fatto parzialmente marcia indietro, togliendo a Musk stesso il principale potere originariamente attribuitogli: quello di licenziare in massa i pubblici funzionari americani, oggetto centrale dell’attività del suo dipartimento. Speriamo che la crisi economica dei GAFAM, che per ora li ha resi solo più aggressivi, e soprattutto della Tesla di Elon Musk, finisca per depotenziare il loro esorbitante potere politico. Questo pericolo viene effettivamente evidenziato anche nell’ultima newsletter del Movimento Europeo, ma, a nostro avviso, in termini troppo blandi, che finiscono per depotenziare il necessario potere di urto sugli Europei, contribuendo alla continuazione dell’ avanzata dei GAFAM:“Oggi la Resistenza europea ha nuovi nemici: deve difendersi dalle tecno-oligarchie digitali che accumulano ricchezze inaudite appropriandosi dei nostri dati e dagli imperi che vogliono l’Europa divisa per meglio dominarla e controllarla.” Si continua a pensare, e a scrivere, che i problemi economici rappresentati dal capitalismo della sorveglianza, e quelli politici rappresentati da USA e Russia, siano due cose distinte. A nostro avviso, invece, si tratta di un unico problema: il rischio esistenziale che le Macchine Intelligenti sostenute dalle Grandi Potenze si sostituiscano completamente all’ Umano nel pensiero, nella biologia e nelle decisioni politiche, compresa quelle sulla guerra nucleare.
1.Il cosmismo di Musk Durante la rivoluzione bolscevica, i cosmisti (Bogdanov, Tsiolkovskij, Vernadskij-i “Costruttori di Dio”, sostenuti da Trockij-), volevano in sostanza far luogo all’attuazione radicale del “Primo Programma Sistemico dell’ Idealismo Tedesco”, realizzando nell’ immanenza le promesse escatologiche delle religioni, a cominciare dalla Conquista del Regno dei Cieli attraverso l’ astronautica e la Resurrezione dei Morti attraverso la clonazione. Nel fare ciò, essi invocavano il concetto di “comunismo fortyano”, riferendosi ad un eccentrico tycoon newyorkese che cumulava simpatie bolsceviche e hobbies postumanisti. Il culmine di questo trend fu costituito dall’ affermazione, dallo spazio, del cosmonauta Jurij Gagarin: “Boga niet!” (“Dio non c’è”). In ultima analisi, tutte le tendenze progressiste, dal superomismo alla tecnocrazia, dall’ateismo cristiano al liberalismo di sinistra, dalla socialdemocrazia al comunismo, mirano a quello stesso obiettivo, senza peraltro avere il coraggio di affermarlo apertamente. In concreto, oggi, l’Umanità non attende più il ritorno del Messia, bensì le meraviglie della tecnologia; la salvezza non è ricercata nella fede o nella virtù, bensì nella politica (la democrazia) e nell’ economia (Stato o mercato), che vengono difese con un accanimento degno dell’ Inquisizione. Musk è anch’egli, come i Cosmisti, un fautore della migrazione dell’uomo su Marte e di un’”Enhancement” dell’Umanità ottenuto collegando ogni singolo cervello con un computer centrale, attraverso un impianto neurale sottocutaneo, trasformandoci tutti in una “macchina mondiale” che sarebbe l’incarnazione materialistica dello Spirito Oggettivo di Hegel. Si rivela così qual’era, ed è, l’obiettivo segreto ultimo di tutti i totalitarismi: fare di tutti gli uomini un’unica “noosfera” (termine non per nulla inventato dal cosmista Vernadskij e ripreso dal teologo Teilhard de Chardin). Trump si è avvicinato progressivamente ai progetti di Musk, firmando un ordine esecutivo con cui incoraggiava le aziende americane a estrarre risorse dalla luna e dagli asteroidi limitrofi. Non percependo essi lo spazio come un bene e una proprietà comune (global commons), come previsto invece dal vigente diritto spaziale internazionale pattizio, hanno rifiutato un coordinamento multilaterale, e inoltre hanno dato il via allo sfruttamento commerciale della Luna, senza curarsi di negoziare e redigere alcun trattato internazionale, e legittimando, inoltre, la possibilità di formare partnership tra il governo federale e le aziende private per l’estrazione di materie prime dalla Luna, tra cui acqua e minerali rari. Gli Stati Uniti, inoltre, non hanno mai firmato il «Moon Treaty» del 1979, che stipulava che qualsiasi attività spaziale avrebbe dovuto conformarsi alle direttive internazionali. Ma, a vero dire, non lo avevano accettato neanche la Russia e la Cina, le altre due potenze intergalattiche avversarie. Si apre una nuova era astro-politica, che applicherà la dottrina colonialista americana del Destino Manifesto allo spazio profondo: «Gli Stati Uniti siedono sull’orlo di un precipizio: l’impero deve decidere se procedere a manifestarsi come una sovranità de-territorializzata oppure restare a terra e provocare un collasso ambientale di proporzioni apocalittiche». Si spiega così la frenesia di Trump di raggiungere un accordo con le altre superpotenze, per poter realizzare questa spartizione dell’Universo. Si realizzerebbe così, grazie agli USA, l’”Opera Comune” di Tsiolkovskij che diverrebbe così un’ estensione del mito americano della Frontiera (Frederick Turner) e della “Nuova Frontiera” (Kennedy, Clinton). Il tutto condito con le rivendicazioni territoriali sul Canada e della Groenlandia:”la colonizzazione della Groenlandia rappresenta l’apertura di un nuovo territorio agli uomini occidentali, una frontiera che forgerà , mel tempo, un nuovo popolo, condizionato dal clima freddo e dalla durezza del terreno”.Già secondo Turner, “l’Ovest era una fonte di eterna giovinezza, immergendosi nella quale, l’America ringiovanisce”, e con la pretesa di essere ‘la guida del mondo libero’”. Il recente decreto italiano sull’ economia dello spazio apre agli USA il mercato dell’economia spaziale, frustrando il tentativo dell’ Europa di creare una propria infrastruttura spaziale. Il provvedimento è stato approvato con i voti favorevoli dei partiti che sostengono il governo Meloni, mentre tutti partiti all’opposizione hanno votato contro. Essi hanno criticato il provvedimento perché, a detta loro, sarebbe un (ennesimo) favore a Elon Musk:«Questo disegno di legge sull’economia dello spazio è al centro di un ricatto fin dall’inizio. Musk da tempo lavora al suo monopolio: il rischio che lo spazio diventi nuova terra di conquista ora è realtà», ha dichiarato Marco Grimaldi, vicepresidente del gruppo parlamentare di Alleanza Verdi-Sinistra alla Camera. Durante il suo esame alla Camera, le critiche dei partiti all’opposizione si sono concentrate sull’articolo 25 del disegno di legge, che prevede la creazione, da parte del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, di una “riserva di capacità trasmissiva nazionale” aperta alla gestione da parte di operatori privati appartenenti all’Unione europea o alla NATO. In pratica, questa riserva di capacità trasmissiva nazionale consiste in una rete di satelliti, che potranno essere gestiti da imprese private, per garantire la comunicazione degli apparati dello Stato in caso di emergenza e di assenza di altri mezzi di comunicazione.
L’aspetto più contestato di questo articolo è stato il fatto che il governo ha previsto l’accesso alla “riserva di capacità trasmissiva” ad aziende provenienti da Paesi membri della NATO, tra cui gli Stati Uniti. Secondo i partiti all’opposizione, questo permetterebbe anche a SpaceX, l’azienda statunitense di Musk, di poter gestire le comunicazioni istituzionali italiane in casi di emergenza, e ciò si configurerebbe come un problema di sicurezza nazionale, vista l’influenza politica di Musk, i suoi rapporti con l’amministrazione degli Stati Uniti e il carattere ondivago dei suoi rapporti con i Paesi clienti (vedi Ucraina). Questa formulazione era stata adottata in luogo di una più limitativa verso gli USA in seguito a una minaccia del rappresentante italiano di Musk, Andrea Stroppa, che aveva accusato Fratelli d’Italia di piegarsi alle richieste del PD: «Agli amici di Fratelli d’Italia: evitate di chiamarci per conferenze o altro», aveva scritto Stroppa su X. La reticenza dei legislatori verso Space X deriva: (i)dall’importanza strategica dei satelliti-spia di cui trattasi, che non consiglia di cederli a Stati stranieri,né a persone private;(ii) dall’uso spregiudicato che Musk e gli USA stanno facendo dei satelliti-spia come strumento per coartare la volontà del Governo ucraino; (iii)dal pericoloso precedente dello scandalo SOGEI; (iv) dall’ atteggiamento tracotante dell’organizzazione di Musk nei confronti del Governo italiano e di tutti i partiti europei (compreso Fratelli d’Italia); (v) dalla scoperta che tutte le forniture militari o duali americane contengono una “backdoor” che consente al Governo americano di influenzarne a distanza il comportamento, fino allo spionaggio e all’ eventuale spegnimento. A ciò si aggiunga la stretta parentela del cosmismo con tutte le forme di trans-umanesimo, basata sull’ idea che la migrazione nello spazio obbligherà l’umanità a modificare la sua struttura psicosomatica, fondendosi con la macchina (il “Cyborg”).La cosa più preoccupante è che Musk abbina l’esigenza dell’ “Enhancement” per rendere possibile la migrazione nello spazio con l’idea che occorra abbandonare la Terra ai robot. In quanto ex dirigente del settore aerospaziale della FIAT, avevo partecipato alla creazione della società VEGA Spa, con l’Agenzia Spaziale Italiana e l’EADS, che fabbricava, e fabbrica, l’unico missile italiano(realizzato con collaborazioni con Russia e Ucraina), che serve anche come lanciatore per i satelliti militari italiani e come primo stadio per il lanciatore europeo Ariane. Arianespace aveva realizzato in pratica, sulla scia delle politiche gaulliste, l’autonomia spaziale europea, integrando anche i lanciatori russi Sojuz. Tuttavia, per l’assenza di un sufficiente appoggio pubblico, si è ridotta anch’essa ad acquistare i lanciatori di Starlink, e, per colpa delle sanzioni e contro-sanzioni con la Russia, ha dovuto rinunziare alla collaborazione con Sojuz, cedendo quindi il mercato a Elon Musk.
2.Samantha Cristoforetti La convergenza verso il transumanesimo da parte del mondo dell’astronautica è generale a livello mondiale. Come Musk, anche l’astronauta italiana Samantha Cristoforetti ritiene che la specie umana debba diventare multi-planetaria per sopravvivere a disastri imprevedibili ma non per questo impossibili, tra cui rientrano le collisioni con gli asteroidi e le pandemie. Bastano questi rischi per giustificare la necessità dei viaggi spaziali e di eventuali ricollocazioni intergalattiche. Il programma di Musk, sulla scia di Tsiolkovskij, è quello di abbandonare al più presto la Terra, presto dominata dalle Macchine Intelligenti, per migrare nello spazio. I progetti per le nuove colonie lunari sono pronti: includeranno uomini e donne, così da garantire la preservazione della specie. I membri dell’equipaggio spaziale della NASA, con i loro piccoli Uomini Vitruviani diligentemente ricamati sulla tuta, non possono lasciare nulla al caso Ci troviamo di fronte allo slancio di colonizzazione di più ampio respiro da cinquecento anni a questa parte, quando l’espansionismo coloniale europeo aveva appena mosso i primi passi. Cristoforetti ha espresso soddisfazione per i 26 nuovi posti di astronauta riservati a un nucleo di persone che rappresentano la diversità. L’analogia che questo progetto stabilisce fra le donne e le persone disabili offre un’ occasione di riflessione sui sorprendenti colpi di scena della condizione postumana, affermando che «quando si tratta di viaggi nello spazio, siamo tutti disabili» (Reuters, 17 febbraio 2021). In effetti, a gravità zero, tutti i corpi galleggiano liberamente. Si realizzerebbero così alcune delle condizioni previste nel “Manifesto Cyborg” di Donna Haraway, punto di collegamento fra il transumanesimo e il movimento LGTB+. Tutto ciò spiega il conflitto con ministri ultratradizionalisti come Rubio che invece va in giro con una croce di cenere sulla fronte, Vance che fa l’esegesi dell’ “Ordo Amoris” di Sant’ Agostino, e Hegseth che esalta i “valori guerrieri”.
3.Un’autocrazia cosmica Contrariamente a quanto affermato dalla retorica del Mainstream, uno Stato Mondiale non costituirebbe una situazione idilliaca, foriera di pace perpetua, bensì il massimo della tirannide. Lo diceva già Erodoto quando faceva pronunziare a Serse un discorso programmatico palesemente ispirato all’ egemonia achemenide, contrapponendogli lo spirito particolaristico e bellicistico di Leonida:”avendo conquistato tutta l’ Europa, il nostro regno confinerà con quello degli Dei”. Il primo esprimeva una “hybris” considerata barbarica, e, il secondo, la “virtù” degli eroi omerici. Continuava su questa strada Maometto, che, nell’ instaurare la “dhimma”, esaltava la pluralità delle religioni come forza incentivante della competizione internazionale. Vi insistevano Rousseau e Kant, quest’ultimo paragonando la Pace Perpetua a quella di un cimitero. Lo Stato Cosmico in via di costruzione da parte di Musk sarebbe evidentemente ancora peggio di tutto quanto si è fino ad ora immaginato. Già il primo federalismo mondiale, quello di Coudenhove-Kalergi (“Paneuropa”) non prevedeva la “Pace Perpetua”, bensì era basato su una dialettica fra gli Stati-Civiltà (quello che oggi viene chiamato “multipolarismo”), e si contrapponeva, in questo, allo Stato Mondiale ipotizzato da Thierry, da Jouffray, da Willkie e da Juenger. Oggi, sembra sempre universalmente accettato il concetto di “multipolarismo” in luogo dell’equivoco “multilateralismo”, maschera dell’ “America-Mondo”. Certo, quest’ultimaimpostazione porta con sé un cambio di paradigmi, che non può essere esente da conflitti.E’ inevitabile che forze trasversali oggi in campo lottino per affermare il proprio ruolo all’ interno di questo Nuovo Ordine Mondiale, se non addirittura cosmico, ed eventualmente per dominarlo. Non è esatto parlare di “sfere di influenza”, bensì di grandi blocchi di potere (post-umanesimo, nazionalismo americano, PCC, “establishment” modernista, Russkij Mir, sionismo), che lottano per il predominio, per spartirsi l’attuale “America Mondo”-costretta, quest’ultima, dall’avanzare del “Resto del Mondo”, ad accettare, almeno tatticamente, la propria finitezza (come dimostrano le attuali trattative con la Russia) ”,e, al di là di questa, lo spazio siderale -. Ciò si traduce in una “guerra culturale” fra il post-Umanesimo e le differenti tradizioni continentali. Si sta tentando di concretizzare il quadro (lasciato incompiuto per la prematura follia di Nietzsche), dell’ Ultima Grande Battaglia”(Zarathustra), attraverso la quale si sarebbe realizzata la transizione fra gli “Ultimi Uomini” e il “Superuomo” (il “Grande Meriggio”). Le guerre in Ucraina e in Medio Oriente, come pure i dazi commerciali, sono un epifenomeno di questa competizione. L’ eccezionalismo americano (vistosi bloccato, da Islam, Cina e Russia, il tentativo di dominare il mondo colla globalizzazione), cerca, attraverso il movimento MAGA, una nuova strategia per confrontarsi in modo parzializzato con tutti i Paesi del mondo (“divide et impera”), condizionandoli uno per uno senza arrivare allo scontro finale (la “Guerra Mondiale a Pezzi”). L’internazionalismo liberale professato (con sempre meno convinzione) dai presidenti precedenti a Trump, è stato invece abbandonato proprio perché inefficace dal punto di vista dell’ eccezionalismo americano, avendo esso di fatto permesso, se non favorito, la crescita della Cina e della Russia. La tendenza all’ accentramento è la prima conseguenza di questa lotta mortale. In siffatta lotta (sia essa una guerra o una guerra civile), il “comandate in capo” di ciascun blocco deve avere mani libere. Per questo Trump governa con gli Executive Orders e Russia e Cina hanno abolito il divieto del 3° mandato dei rispettivi presidenti. Ora, con l’utilizzo dell’ Art 122 del Trattato di Lisbona, anche l’Unione Europea ha decretato lo Stato di Emergenza (in Polacco, “Stan Wojenny”, “Stato di Guerra”), by-passando l’unanimità nel consiglio e il dibattito al Parlamento Europeo, ed avviandosi così sulla strada della dittatura militare. E’ paradossale che, mentre, per le solite esasperanti questioni di lana caprina (come l’unione bancaria o la transizione green) si devono seguire iter ultra-democratici che durano anni, per stanziare 800 miliardi per preparare la guerra si eviti ogni dibattito pubblico. Se lo si facesse, lo stanziamento verrebbe bocciato, come i 400 miliardi per l’Ucraina chiesti da Kaja Kallas. Con questo precedente, si è dimostrato che l’Unione Europea, in questo momento convulso, non può esimersi dall’ evoluzione accentratrice e bellicistica che caratterizza oggi tutte le parti del mondo, proprio se vuole mantenere un barlume di autonomia e di libertà di azione rispetto ai colossi molto accentrati che la circondano. Ora, si tratta d’inquadrare questo fenomeno all’ interno di un contesto culturale europeo, mentre in altra sede studieremo logiche e problemi di ReArm Europe, per sfruttarle a favore di un autentico Sovranismo Europeo. Il problema, qui come altrove, è che lo “Stato di Eccezione”, per sua natura, appunto, eccezionale, diviene permanente, divenendo una “legge dei pieni poteri”, coincidente con la “dittatura a vita”, come quella attribuita dal Senato a Giulio Cesare. A quel punto, la pretesa differenza dell’Europa dalle “autocrazie”, e, fra queste, dagli Stati Uniti, diviene minima. Un passo però forse necessario se si vuole creare in fretta un Esercito Europeo senza avere un solido Stato europeo.
Le trasformazioni in corso in tutto il mondo in connessione con la seconda vittoria elettorale di Trump avranno, sul nostro futuro, un tale impatto, che è, a nostro avviso, essenziale seguirle e studiarle con la massima attenzione per elaborare una strategia culturale e politica innovativa, adeguata ai tempi. Infatti, nel giro di un mese, la nuova leadership americana intorno a Trump ha dimostrato un attivismo e una versatilità ideologica inaspettati, attaccando con indubbia abilità l’ideologia “mainstream” americana ed europea, in alcuni dei settori più importanti della società, con una strategia di “rottura dei tabù” che Carlo Caracciolo ha definito come “rivoluzione”. Questo sta comportando una radicale trasformazione anche nelle strategie delle altre grandi potenze e nella politica europea.
Alessandro Orsini, su “Il Fatto Quotidiano”, afferma che ciò corrisponde a una prima fase di elaborazione dello Choc: “E’ come se i leader europei scoprissero soltanto oggi che la Russia ha seimila testate nucleari che userebbero in caso di guerra con l’ Europa”. In realtà, si tratta in buona parte di missili ipersonici a traiettoria casuale, non intercettabili e più “letali” dei tradizionali missili nucleari. Riteniamo pertanto necessario seguire il tutto con grande cura e obiettività, sempre tenendo presente le esigenze molto diverse dell’Europa e dell’ America, e la nostra pluridecennale dedizione alla causa europea. Senza soffermarci troppo sugli aspetti folcloristici, che invece tanto solleticano i media, e concentrandosi invece sempre sul vero problema del nostro tempo: la dittatura dei GAFAM post-umanisti, rappresentati da Elon Musk.
Von der Leyen: una dinastia tedesca
1.Balch Salute; Bellamy Salute; Saluto Romano; Hitlergruss Ha suscitato grande scandalo il fatto che due luogotenenti di Trump abbiano accennato, in fondamentali eventi pubblici governativi americani, qualcosa che assomiglia al saluto romano o all’ Hitlergruss nazista. E’ora di sfatare l’enorme coltre di disinformazione su quest’argomento: il cosiddetto “saluto romano” non è affatto romano, bensì fu inventato di sana pianta nell’ Ottocento da un solerte funzionario di New York, e poi imitato dai film “peplum” di Hollywood, da Gabriele d’Annunzio, e solo alla fine da Mussolini, Hitler e tutti i Paesi fascisti, a cominciare dalla Spagna, dalla Grecia, dalla Romania e dall’ Ucraina. Più in generale, si è voluto nascondere il fatto che i Nazionalismi (o Patriottismi) europei (o in generale moderni) sono in realtà (come altre ideologie) epifenomeni della Rivoluzione Americana, che, attraverso di essi, con il processo di “Nation Building”, è riuscita ad esportare l’”Etica puritana” e a creare un’ “America-Mondo”(basti pensare a Lincoln inviato in Francia per preparare la Rivoluzione Francese, a Garibaldi che, prima dell’impresa dei Mille, lavora a New York, al supporto americano per il Sinn Féin irlandese, ai finanziamenti a Hitler di Ford e della Banca Schroeder..). Perfino il nazismo riconobbe implicitamente questo debito concettuale, inviando in America un intero transatlantico pieno di giuristi, per studiare e clonare le “Jim Crow Laws”, che governarono per più di un secolo la segregazione razziale e ancora conformano di sé l’habitus mentale dell’America. Certo, la tradizionale critica federalista del federalismo è più che motivata. Occorre però non confondere il “nazionalismo”, sottoprodotto delle rivoluzioni atlantiche, che è l’esaltazione della sovranità di un’etnia, con l’”autoaffermazione delle identità collettive” (famiglia, clan, tribù, villaggio, popolo, città, Stato, Regno, impero, che è un elemento ineliminabile nella storia umana, dagli uomini primitivi fino ai grandi blocchi continentali di oggi. Anche la critica al nazionalismo europeo ha un senso, in quanto coloro che lo proposero (Benda, Drieu la Rochelle, Moseley) erano ancora troppo influenzati dal nazionalismo borghese e poi socialista (le famose “Repubbliche Socialiste”) per comprendere il mondo contemporaneo. In realtà, I grandi blocchi continentali (per usare un termine cinese, gli Stati Civiltà) sono espressione, non già di una nazione, bensì di una cultura. Per esempio, la Pan-Europa proposta da Coudenhove Kalergi era un tentativo di salvare le élites della Europa borghese (con una fusione fra aristocrazie mitteleuropee, Hofjuden e nomenklatura bolscevica. Essa sarebbe coesistita con una Pan-America, una Pan-Asia e un Commonwealth britannico. Di fatto, gli Stati-Civiltà tendono alla pace, al multipolarismo e alla stabilità, mentre i blocchi di nazioni ideologizzate aspirano all’ unità mondiale sotto l’egida di ideologie livellatrici.
Il Pledge of Aiiance
2.Il “Pledge of Alliance” In una forma semplificata (per non essere confuso con i più propagandati casi italiano e tedesco), il Bellamy Salute è ancora in vigore oggi, in quanto esso è il quotidiano saluto alla bandiera di tutti gli scolari americani. Normale che i nazionalisti americani, come Bannon e Musk, lo usino per salutare il loro presidente e in generale nei loro raduni. La provocazione sta nell’usarlo nella sua forma piena, vietata dal 1942 per l’evidente identità con il saluto dei “nemici” dell’ Asse. Meno normale che molti personaggi europei, da Zelenskij, a Nordio a Bocelli, lo usino (nella sua forma semplificata) quando ascoltano i rispettivi inni nazionali. Esso era stato creato dal capitano George T. Balch, veterano della Guerra Civile e “professore di patriottismo” (un equivalente della “Mistica Fascista”) nelle scuole di New York City , sotto lo slogan” one country; one language; one flag!”( il corrispettivo di “ein Reich, ein Volk, ein Fuehrer”)“, per impulso delle DAR (Daughters of the American Revolution),e dei GAR (Grand Army of the Republic) (quello che sono oggi i “Proud Boys”). Il saluto fu perfezionato da Francis Bellamy, un battista e socialista cristiano, nel 1892. Il Pledge of Allegiance ( Giuramento alla Bandiera ), da pronunziare contemporaneamente al Bellamy Salute, fu pubblicato su “The Youth’s Companion”, nell’ ambito delle celebrazioni del 400° anniversario del Columbus Day; “I pledge allegiance to my Flag and the Republic for which it stands, one nation, indivisible, with liberty and justice for all,” Il 12 Ottobre 1892 cominciò ad essere recitato nelle scuole, come accade ancor oggi. Il Balch Salute adottato nel 1887 consisteva nel tendere il braccio destro verso la bandiera, poi piegarlo verso la fronte, e infine posarlo sul cuore. Il successivo Bellamy Salute comprendeva solo il primo movimento (come il “Saluto Romano”). Dal 1942, fu sostituito dalla mano sul cuore, per distinguerlo dal saluto nazista L’uso del saluto da parte di Musk e di Bannon è deliberatamente provocatorio, costituendo esso un invito all’estrema destra in Europa, dove il gesto è vietato, ad unirsi alla loro iniziativa MEGA, d’altra parte in sé contraddittoria, perché tanto la Germania nazista, quanto l’Italia Fascista, durante la Seconda Guerra Mondiale avevano coerentemente dichiarato guerra agli Stati Uniti, rientranti fra “le potenze plutocratiche e reazionarie dell’ Occidente”. Inversamente provocatoria Maria Zakharova che canta “Bella Ciao” alla televisione russa. E’ il momento di affrontare un dibattito a tutto tondo sulle radici all’ interno delle destre europee, che non si riduca alle solite logore e strumentali diatribe sul nazifascismo e sui migranti. Per esempio, Massimo Giannini, su “La Repubblica” si sofferma sul relativo mistero dell’ ideologia di Musk, lasciando intendere che, a suo parere, si tratta solo di dare un nuovo volto al fascismo. Invece, dimentica che tutte le idee espresse da Musk si ritrovano proprio in un preciso movimento storico, apparentemente diversissimo : il cosmismo russo (per Trockij, “la religione del proletariato”), con la sua fissazione per i voli spaziali, per Marte e il Pianeta Rosso effigiato infinite volte dal comunismo internazionale come una Stella Rossa (dal romanzo “Il Pianeta Rosso” di Bogdanov). E’ quello l’ideale teo-tecnocratico verso cui convergono tutti i totalitarismi moderni e post-moderni.
Nietzsche: tutta la vita è una battaglia per i gusti
3.»De gustibus est disputandum » Nella generale confusione culturale generata dai movimenti MAGA e MEGA, si è scatenata una caccia alle streghe priva di spessore culturale, in cui tutto viene reclutato maldestramente per sostenere le tesi dell’uno o dell’ altro dei contendenti. Prendiamo il Bauhaus, imprudentemente richiamato da Ursula von Der Leyen quale memoria sacra dei “Valori dell’Europa”, tanto da battezzarvi una delle infinite campagne dell’Unione a cui non ha fatto seguito alcun interesse, né da parte degli architetti, né da parte dei cittadini. Adesso, l’AfD, al potere in Sassonia-Anhalt, ha condannato il Bauhaus (nato in quel Land), quale simbolo delle aberrazioni del Modernismo. Modernismo che aveva fra i suoi fondatori i Futuristi italiani e Russi, poeti americani come Eliot e Pound, e le stesse sempre deplorate architetture piacentiniana e brutalista. Un’arte strettamente legata alla società (e ai totalitarismi) del ‘900, tra cui, il funzionalismo capitalistico (vedi fabbrica del Lingotto a Torino), il costruttivismo bolscevico (il famoso grattacielo della nomenklatura sulla riva della Moscova), l’edilizia monumentale fascista (la Casa del Fascio di Como, l’EUR), e perfino il Ponte Morandi e i campi di concentramento… Come si fa ad arruolare un movimento così trasversale sotto questa o quella bandiera? Non casualmenteBarbara Carnevali finisce il suo articolo su La Stampa con un’indiretta citazione di Nietzsche : “come sarebbe che ‘de gustibus non est disputandum’, se tutta la vita non è che una lotta per i gusti!” E, siccome i gusti sono molteplici, Nietzsche, con la sua prematura pazzia, ci ha lasciato da risolvere un bel rebus!
L’insegna araldica dei Von Der Leyen
4.L’Autonomia Strategica Europea La questione ucraina sta facendo tornare di attualità anche il dibattito sulla difesa europea, che si trascina da 80 anni senza avere fatto, dai tempi della CED(1954), il seppur minimo passo in avanti, e forse non li può fare neppur oggi, a meno che l’Europa non subisca una drastica trasformazione esistenziale. Il punto è che le attività militari possiedono il requisito dell’ unità di comando, che poteva essere facilmente delegata in passato (come quando perfino gli Ateniesi delegarono allo spartano Leonida il comando delle operazioni contro la Persia), ma non oggi, quando la “guerra senza limiti” (culturale, digitale, nucleare, ibrida, tecnologica, economica..) richiede un grado di rapidità, imprevedibilità e di riservatezza, che mal si conciliano, tanto con una gestione collettiva, quanto con una dipendenza dall’esterno. Tant’è vero che i due casi effettivamente verificatisi nella storia di un esercito europeo (ambedue, si noti, orientati contro la Russia): l’armata napoleonica e l’Operazione Barbarossa, avevano, nella potenza egemone, un comando comune, che qui non si intravvede (a meno di non riaffidarlo all’ America, che è proprio quel che tutti dicono oggi di voler evitare). Inoltre, l’enorme distanza fra il livello quantitativo, ma soprattutto qualitativo, degli eserciti europei (in particolare, quelli francese e inglese) e quelli delle Grandi Potenze (in termini di intelligence, IA, arma spaziale, missili ipersonici..), fa sì che la deterrenza europea, per quanto possa essere coordinata, non potrà divenire paragonabile a quella americana. Ma poi, quale solidità avrebbe una garanzia congiunta franco-inglese dipendente da accordi contrattuali o momentanei, quando nessuno si fida più neppure della garanzia apparentemente solida fornita dall’ Art. 5 del Trattato NATO e delle centinaia di basi americane? Il che è un peccato, perché, come dimostrato recentissimamente dall’ ultima analisi dell’ OCPI, diretta dal Professor Cottarelli, la spesa annua complessiva dell’ Europa è superiore del 58% a quella della Russia, sicché ci si chiede perché mai ci sia bisogno dell’ America. Infine, come dimostrato dalla drammatica notte del 1983 in cui il Maggiore Popov bloccò la risposta nucleare automatica del sistema “OKO”, molte decisioni, in una guerra contemporanea, hanno un carattere esistenziale, che richiede la preesistenza di una solida cultura ed etica degli ufficiali, che oggi in Europa non esiste perché non esistono, né un’élite culturale europea, né un sistema di formazione specifico all’ Esercito Europeo. Purtroppo, gli ufficiali europei, formati alla scuola americana, pensano e parlano come i loro colleghi USA. Non si capisce come possano essere in grado di ideare ed attuare (come si dice) strategie di indipendenza dagli USA, o, addirittura, combattere contro gli USA, come potrebbe rivelarsi necessario per la difesa della Groenlandia.
Paneuropa, il vero inizio del federalismo mondiale
5.La Bomba Europea Perciò, occorre qui innanzitutto richiamare alla mente i tentativi più recenti di difesa comune, e, in particolare, il progetto per realizzare la “bomba europea”. La Francia voleva realizzare la sua atomica (cosa che effettivamente poi fece), e vennero coinvolte nell’iniziativa anche le Germania e Italia. In sette diverse occasioni – nelle cosiddette “riunioni del caminetto” – si ritrovano i tre ministri della difesa: il francese Jacques Chaban-Delmas, il tedesco Franz Joseph Strauss e l’italiano Paolo Emilio Taviani. Italia e Germania, potenze sconfitte, non avrebbero potuto dotarsi dell’arma atomica, ma, dopo due anni di discussioni, fu elaborato un progetto che avrebbe dovuto essere finanziato al 45% dalla Francia, al 45% della Germania e per il restante 10% dall’Italia. Il primo impianto per la realizzazione dell’atomica si sarebbe realizzato a Pierrelatte, in Francia. Ma, alla fine del 1958, il progetto, così come era nato improvvisamente, era tramontato. Tre sono i fattori che ne determinano la fine. Non c’era una struttura di comando e controllo ben definita. Non si sapeva chi avrebbe avuto “le chiavi”. Il secondo era che il generale Charles De Gaulle, non appena diventato presidente, aveva iniziato a coltivare l’idea (poi realizzata) di allestire un arsenale interamente francese:la force de frappe “tous azimuts” (cioè anche contro gli Stati Uniti). Il terzo motivo è l’opposizione manifestata da questi ultimi. Misteriosamente, in capo a pochi anni, Enrico Mattei viene ucciso da una bomba posta nel suo aereo, il leader del progetto nucleare civile italiano, Felice Ippolito, e il mentore della ricerca farmaceutica di punta, Domenico Marotta, vengono arrestati con accuse che molti ritengono vistosamente esagerate se non del tutto infondate, e infine la morte in un incedente stradale dell’ingegnere Mario Tchou, il capo del Dipartimento Elettronica dell’Olivetti di Ivrea che aveva realizzato il primo computer elettronico a transistor al mondo. A questo punto, si capisce bene perché nessuno abbia più voluto occuparsi dell’ Autonomia Strategica Europea.
La morte di Tchou: l’inizio della fine per l’autonomia digitale europea
6.I requisiti minimi
r tutto quanto precede, nella situazione presente, la Difesa Europea potrebbe essere usata al massimo quale (seppure poco credibile) argomento per influenzare gli USA, ma non certo per sconfiggere la Russia. Come Zelenskij, gli Europei “non hanno le carte” per trattare (come dice Trump). Ciò non significa affatto che non si debba procedere per quanto possibile fin da ora a tutto quanto potrà servire un giorno (cambiato lo scenario) per una difesa dell’ Europa indipendente dall’ America Per questo, bene ha fatto il Movimento Europeo in Italia a proporre 7 domande sulla politica estera e di difesa, come avvio di un dibattito. Tentiamo qui di rispondere ad alcune di esse: “si tratta di fondare un esercito unico nonostante le differenze linguistiche con una organizzazione sovranazionale nel quadro di una sovranità condivisa e una rinuncia alle apparenti autonomie nazionali o mantenere gli eserciti nazionali con l’eccezione di limitate strutture comuni?” Si possono affiancare contingenti europei e contingenti nazionali. La lingua non può essere l’Inglese. 0ccorre risolvere la Questione della Lingua, spinosa ovunque (prendiamo per esempio l’Hindi) “gli uomini e le donne chiamati a svolgere un servizio militare avranno una educazione politica-militare europea o nazionale qualunque sia la scelta fra un unico esercito o più eserciti nazionali?”Ci vuole un’ Accademia Federale Europea, un’ Accademia Militare Europea e un’ Accademia Militare Europea (vedi infra) “sarà costituita preventivamente o parallelamente una autorità politica sovranazionale agli ordini della quale la forza armata europea o le forze armate nazionali dovranno rispondere oppure gli Stati membri conserveranno il potere di constatare le aggressioni ad uno degli Stati membri, di ordinare la mobilitazione, di dichiarare la guerra o di fare la pace?”Oggi, tutte queste cose non si fanno più. Tutto è gestito informalmente dai Comandanti Supremi, che compiono infine Operazioni Militari Speciali. Aggiungiamo alcune proposte squisitamente nostre: a)l’”Unione del Civile e del Militare” (sul modello cinese), nei campi della cultura, della formazione, della ricerca, dell’ IA e dell’industria; b)la creazione con fondi pubblici europei di imprese digitali europee comparabili Alphabet, Apple, Microsoft, Palantir, PayPal, TikTok, Meta, Tesla, Tencent, Baidu, Alibaba; c) uno Stato Maggiore Europeo, con sue capacità di strategia e di pianificazione indipendenti dalla NATO; d)servizi di intelligence europei; e)un’arma missilistica, digitale, nucleare e spaziale, europea, con armi comparabili ai più recenti missili ipersonici russi, come il Kinzhal, il Sarmat e l’Oreshnik; f)truppe europee di pronto intervento (come i Navy Seals, gli Spetsnazy e la Legione Straniera) da affiancarsi a contingenti nazionali. Ma, più in fondo ancora, occorrerebbe liberarsi dal “pensiero unico” in cui siamo stati educati, un puzzle artificiale di tecnocrazia, di Selbsthass, di irrealismo, ipocrisia e utopismo, costruito artificialmente per giustificare l’innaturale egemonia dell’ America sull’ Europa, e per costringerci a combattere contro la Russia, che è europea come noi, per difendere gl’interessi e i valori dell’America, espressi, ieri, da Biden, Blinken e la Nuland, e, oggi, da Trump, Musk e Bannon. Addirittura, occorre ritornare aipotizzare, con Gorbaciov, che l’unico pensabile “Federatore Esterno”(de Gaulle) di un’Automia Strategica Europea è proprio la Russia, nell’ ambito della vecchia “Casa Comune Europea”. Quindi, non un avversario, bensì un partner (come del resto lo è per Trump). Ma non è che non lo si pensi, ché altrimenti non vi sarebbe in giro tutta quest’isteria antirussa; solo, ci si vieta di dirlo. Però, il fatto stesso che Trump abbia accettato di discutere sulla proposta di Putin, che ha sempre incluso nel suo “pacchetto” una nuova architettura della sicurezza europea, lascia presagire che qualcosa di quel genere affiorerà ben presto. Di questo si sta già discutendo fra Trump, Putin e Ji Xinping, in particolare sotto le voci “Architettura comune di difesa” e “Regolamentazione Internazionale dell’ IA”. Ed è lì che siamo veramente esclusi, mentre non dovremmo.
7.La dinastia dei Von der Leyen Con l’articolo dell’ultimo numero di Politico (“Ursula von der Leyen tightens her grip on power”), la testata euro-americana ci informa che , silenziosamente, la Presidente della Commissione sta portando avanti quello stesso processo di centralizzazione che, in America, sta realizzando Trump, in Europa Orbàn e Fico, e altrove Erdogan, Modi, Putin e Xi Jinping. Questo trend ha portato al conflitto con il commissario Breton, costretto a dimettersi per avere pubblicato una lettera di diffida a Elon Musk senza previa concertazione con von der Leyen. La realtà è che, in un mondo dominato dal conflitto di tutti contro tutti e dall’ economia di guerra, al vertice dello Stato ci vuole, in pratica, un leader militare, possibilmente inamovibile, come stabiliscono d’altra parte molte costituzioni. La stessa idea di Macron di rafforzare enormemente l’esercito per proporre la Francia come sostituto degli Stati Uniti parte dall’aspirazione a proporre se stesso quale capo militare degli Europei, forte della bomba atomica, dei caccia e della Legione Straniera. D’altra parte, il personaggio “Ursula” rientra nell’idea della personalizzazione e rafforzamento del potere, anche grazie all’ “appropriazione culturale” del nome di un’antica e prestigiosa casata aristocratica. Il ramo dei von der Leyen a cui appartiene il marito di Ursula, Heyko, di religione mennonita, discende dal mercante Peter von der Leyen, attestato nel 1579 in Westfalia, dove esiste un quartiere chiamato Leye. La nobilitazione della casata fu realizzata durante l’occupazione napoleonica. Un’altra famiglia Von der Leyen, di origine carattere cavalleresca, era esistita i fin dall’Alto Medioevo nel principato ecclesiastico di Treviri. Nel 1828 , gli operai dei von der Leyen si ribellarono ad una riduzione di stipendio; questa era stata ricordata da Carlo Marx, anch’egli renano, come la prima insurrezione operaia nella storia tedesca. Il trend “imperiale” della von der Leyen potrebbe per altro essere rallentato nel caso di un governo Merz in Germania, perché Merz mal sopporterebbe la preminenza della von der Leyen (come anche
Da quando Trump ha vinto per la seconda volta le elezioni americane, si è evidenziata ormai senza veli l’enorme complessità dell’attuale situazione del mondo, sì che è divenuto difficile perfino descriverla. A dispetto di questa complessità, sui giornali mainstream europei è stata, in questi giorni, tutta una sequela di isteriche lamentele per il “destino cinico e baro” che, per motivi incomprensibili, avrebbe stracciato il preteso “sogno” del “Pensiero Unico” (basato sul laicismo, sull’economicismo, sull’ egualitarismo e su norme generali e astratte), in cui le classi dirigenti europee si sono crogiolate in 80 anni, pretendendo addirittura che esso fosse la base culturale dell’ integrazione europea. Le istituzioni italiane ed europee si stanno associando al coro di piagnistei, senza, per altro, suggerire nessuna nuova alternativa, che pure esisterebbe, alla dittatura internazionale delle società digitali americane (i GAFAM), rappresentate platealmente da Musk (per dirla con Marina Berlusconi, “la dittatura dell’ algoritmo”) , le quali costituiscono il più grave problema della nuova presidenza, degno coronamento, in ciò, della precedente presidenza Biden. Ma, come ha scritto bene Stefano Stefanini su La Stampa, queste lamentele sono “vane”. Il problema è costituito “dalla sproporzione della potenza messa in campo” fra America ed Europa (Gabriele Segre). Occorre ora pensare a un’”Europe-Puissance”(Coudenhove-Kalergi, Giscard d’Estaing), e a una “lunga marcia sulle istituzioni” per ottenerla. Ciò è tanto più vero in quanto l’Amministrazione Trump non si è limitata a perseguire da sola (in questa fase?) le trattative con la Russia, ma ha anche chiarito di non condividere affatto il “sogno” dell’establishment europeo, sostenendo di averne un altro, tutto suo, che, come al solito, vorrebbe imporci. In realtà, il preteso “scavalcamento” dell’Europa (meglio, “protettorato”) da parte di USA e Russia, era in atto fino dai tempi di Yalta, anche se, tanto il “Mainstream”, quanto i “Sovranisti”, hanno fatto sempre di tutto per nascondercelo, soprattutto prima del 1989, quando l’URSS e, in parte, gli USA, erano ambedue, a loro modo, “progressisti”. I leaders dell’Europa occidentale e orientale erano stati collocati originariamente nelle loro rispettive posizioni per fare gl’interessi dell’una o dell’ altra superpotenza. A quell’ epoca, nessuno si agitava un gran ché per la Germania Est, l’Ungheria, la Polonia o la Cecoslovacchia, né tanto meno per l’Ucraina, e, anzi, se qualcuno lo faceva, veniva ignorato e aggredito. In realtà, fin dalla nascita degli USA l’Europa era stata ininterrottamente influenzata dalle lobby americane; a partire dalla 2° guerra Mondiale, l’ Europa Occidentale era stata pesantemente occupata dagli USA, e, a partire dal 1989, gli USA si sono ingeriti nella politica di tutti i paesi del mondo (a cominciare dall’ Europa), presentandosi come il messianico salvatore dell’ Umanità, ai quali tutto sarebbe stato permesso in nome della salvifica Fine della Storia. Se vogliamo trovare una strada per uscire da quest’”impasse”, occorre quindi gettare un minimo di sguardo retroattivo sulla storia europea. L’aspirazione, a partire dalla Rivoluzione Francese, verso una Nuova Età Organica (Saint-Simon, “Ancien régime e rivoluzione”, Mirabeau), e, dopo la IIa Guerra Mondiale, verso una progressiva centralizzazione del potere, interno e internazionale (Maccartismo, “Dottrina Brezhnev”, Patriot Act), è una tendenza di lungo periodo, perfettamente percettibile da molti decenni, e il Mainstream europeo ne è stato, non solo complice, ma uno dei principali vettori, mentre i sedicenti sovranisti, una volta entrati nelle grazie del potere americano, incominciano anch’essi a minimizzare il pericolo della Singularity Tecnologica e dello Stato Mondiale, tipici obiettivi dei progressisti, da loro un tempo almeno a parole avversati. Il fatto che tutti abbiano insistito , in questi anni, che sarebbe invece stata in corso un’evoluzione in senso contrario (il loro “sogno”: l’”abolizione dello Stato”, la “liberal-democrazia”, la “democrazia socialista”, l’”anti-autoritarismo”, il “welfare State”, l’egualitarismo, il “diritto mite”, la “crescita”) è stato solo un ennesimo “fuoco di copertura” per evitare che i popoli si ribellassero all’allineamento dei Governi ai dettami di Washington, al dominio dei GAFAM e alle “guerre umanitarie”. L’unica seria alternativa a questo processo a lungo termine era stata fornita dalla cultura alta europea (“die guten Europaeer” di Nietzsche)-per esempio da Leopardi, Foscolo, Saint-Exupéry, Simone Weil, Coudenhove-Kalergi-, che però, nonostante lodevoli sforzi, non era riuscita a incidere sulla storia politica del Continente, e che ora occorre invece riscoprire in connessione con le “culture alte” delle grandi aree del mondo.
“2005 Odissea nello Spazio” anticipa i dilemmi dell’ avventura spaziale
1.I segni premonitori dell’odierno totalitarismo Ricordiamo che: a)Horkheimer e Adorno, recatisi in America invitati dalla locale Comunità Ebraica per studiare il “carattere autoritario”, ne ritornavano segnalando che l’ America non aveva, quanto a totalitarismo, nulla da invidiare al nazismo. b)in America,vari teorici, come Wolin, Voegelin e Molnar, avevano riscontrato l’esistenza di una forma americana di “totalitarismo invertito”. c)Non per nulla lo stesso Generale Eisenhower, presidente degli Stati Uniti e generale vincitore, a mmoniva sulle ambizioni del sistema burocratico-militare americano. d) Sol’zhenitsin, emigrato negli Stati Uniti, vi aveva constatato una illibertà non minore di quella sovietica: nel caso di dissenso, negli USA ti veniva semplicemente tolto il microfono. e)Contemporaneamente, Isaac Asimov dimostrava in centinaia di opere che le Tre Leggi della Robotica (oggi diremmo l’”Algoretica”) , non possono funzionare perché i robot stanno divenendo più intelligenti dell’ Umanità, tant’è vero che Teilhard de Chardin li identificava come il vero Messia (il “Punto Omega”), Guenther Anders spiegava che, per questo, l’Uomo è Antiquato, e De Landa precisava che ciò avviene perché i robot sono oramai in grado di farsi la guerra fra di loro, e, quindi, non hanno più bisogno degli umani per fornire loro un obiettivo. f)fin dal 1960, i “poteri forti” avevano deciso che, nello sviluppo dell’informatica, l’imprenditoria illuminata europea (p.es., Olivetti, con il supporto di Enrico Fermi) non avrebbe dovuto ingerirsi, sì che la Divisione Elettronica della Olivetti fu “estirpata” secondo un’ingiunzione di Visentini e con il “braccio armato” dell’IBM. g)Assange e Snowden hanno dimostrato nei fatti che l’Occidente sta usando le tecnologie informatiche per ingannare, spiare e condizionare il mondo intero. h) Evgenij Morozov ha spiegato che l’obiettivo è divenuto quello di impedire la fine dell’ egemonia WASP all’ interno degli USA, e dell’ egemonia americana sul mondo, dove l’informatica viene utilizzata per creare un sistema di controllo capace di sostituirsi, come collante, a un consenso popolare che non c’è. Questo è il senso della grande alleanza dei GAFAM, capeggiati da Musk, con il Presidente Trump. E questo è il grande problema da risolvere ora, non già il fatto che la nuova Amministrazione americana sia più sfacciata delle precedenti nel violare le regole inventate e imposte dalla stessa America, e nel farcelo pure sapere. E allora, se autorevoli osservatori avevano avvertito proprio da ottant’anni che ciò stava avvenendo, perchè tanti altri hanno aspettato fino ad ora per lamentarsi, e altri, che sembravano allora essersene accorti, oggi minimizzano, giocando sul tasto della nostalgia per un’era ingiustamente definita “Trente Glorieuses”? E’ chiaro che ciò deriva dallo sforzo incessante un po’ di tutti per adeguarsi al mutevole corso del potere americano, da cui tutte le loro carriere dipendono, e che quindi “occorre non fare innervosire”. Tutto ciò, fino a giungere alla presente situazione kafkiana, in cui gli establishments americano ed europeo, entrati finalmente in collisione, si stanno accusando reciprocamente di “autoritarismo”, cioè di un qualcosa che, invece, è generalizzato sul piano mondiale.
La gabbia d’ acciaio di Max Weber si è tramutata nelle reali gabbie d’ acciaio di Camp Derby e di Guantanamo
2.Il totalitarismo invertito Il tentativo di mantenimento dell’egemonia mondiale americana nonostante la sfida cinese ha infatti ora imposto in Occidente un’ ulteriore centralizzazione del potere (quello che si sta incominciando a chiamare “democratura di Trump”, che si allinea su metodi di governo orientali): a)l’assalto dei BRICS all’ anglosfera ha infatti, come background, da un lato, una strisciante guerra civile americana fra WASP e NON-WASP (“Black Lives Matters”), e, dall’ altro, una guerra senza limiti fra l’Occidente e “il Resto” (Cina, Russia, India, Sahel, Sudamerica cfr. Huntington, “Lo scontro di civiltà”..). Ciò richiede, per l’America, di essere in grado di adottare in modo centralizzato e senza preavviso decisioni impreviste (come i ben noti “Executive Orders”), in modo da spiazzare costantemente gli avversari (come direbbero i Cinesi, con “i 16” e “i 24” stratagemmi), e di poter dare ordini (possibilmente segreti) ai propri vassalli, in modo che colpiscano il nemico in modo coordinato; b)l’antidoto ideato da Trump è costituito innanzitutto dai dazi generalizzati (e reciproci), che, implicando una rinegoziazione quotidiana con tutti gli Stati del mondo, forniscono agli USA un veicolo particolarmente agevole per ingerirsi nelle politiche interne di tutti ancor di più di quanto non lo facessero già i precedenti presidenti “globalisti”(altro che “isolazionismo”!); c)Ne consegue che anche all’ interno di ciascuno degli “Stati vassalli”, il leader che gode della fiducia del potere americano deve poter manovrare senza disturbi. Ed è così che si spiega uno smantellamento ovunque dei servizi segreti e una delegittimazione della magistratura. L’opposizione “centrista”, essendo tradizionalmente filoamericana, resta priva di argomenti “spendibili”, e si accoda all’ ossequio ai nuovi padroni, quali ch’essi siano. Per un’esigenza di difesa (la “Rivalità Mimetica”), le stesse dinamiche si sono sviluppate da tempo (ovviamente, invertite) in ciascuno dei poli alternativi agli USA (ivi compresi paesi minori), perché, come dimostrato dai casi dei Paesi Arabi e di quelli dell’ex Unione Sovietica, per mantenere e allargare la propria sfera di influenza si ricorre sempre di più a metodi violenti, come nel caso delle Rivoluzioni Colorate e delle Primavere Arabe, sicché qualunque governante che non voglia essere esautorato con le cattive da interventi esterni e manifestazioni di piazza (come Sadat, Yanukovich o Gheddafi) dev’essere disposto a usare maniere sempre più forti. Ovunque, ma in particolare in Cina, in Russia e in India, il grado di centralizzazione è aumentato vertiginosamente dopo le Guerre del Golfo, dopo Echelon e Prism, dopo le Rivoluzioni Colorate e le Primavere Arabe, i disordini a Hong Kong, l’”Euromaidan”… Il risultato complessivo è stato l’esatto contrario di quell’“Ordine Basato sulle Regole”, che dovrebbe essere, secondo il “Mainstream”, il carattere distintivo del sistema occidentale: a)la retroattività delle pene irrogate dai Tribunali Internazionali (creati ex post factum); b)il rifiuto fin dall’ inizio, da parte delle neo-create Nazioni Unite, di riconoscere le rivendicazioni, circa i Diritti Umani, dell’ Associazione Americana di Antropologia, dell’allora Unione Sovietica, della Cina allora nazionalista, e dell’ Arabia Saudita; c)il giganteggiare delle società informatiche americane, i GAFAM, in spregio delle esistenti normative antitrust, fiscali, sulla privacy, non solo europee, ma anche americane; d)la delegittimazione di tutte le organizzazioni internazionali; e)il progetto di espansionismo militare ai danni degli stessi alleati degli USA (Danimarca, Canada, Panama). Tutto ciò era in corso, o in gestazione, almeno fino dai tempi di Reagan, ma la classe dirigente “mainstream”, che ora se ne lamenta, l’ha sempre coperto e avallato, minimizzandone le conseguenze.
Il carattere seducente del Progresso cela in sé un risvolto diabolico
3.I vizi di progettazione dell’ “Ordine Internazionale basato sulle Regole” Gli USA di Trump e di Musk stanno per altro riempiendo di contenuti estremi e ancora imprevedibili gli enormi vuoti lasciati dalle contraddizioni e dagli errori progettuali degli originari fondatori del mondo post-guerra fredda, realizzando così la transizione piena fra il Modernismo e il Post-Umanesimo, profetizzata da Fiodorov e da Kurzweil. Processo che a nostro avviso va, non solo controllato, bensì anche “dirottato” verso obiettivi coerenti con le grandi tradizioni del mondo. Che il Progetto Incompiuto della Modernità (il famoso “sogno infranto” del “Mainstream”) fosse irrealizzabile fin dal principio lo aveva dimostrato il fatto che la maggior parte delle religioni (dal buddismo allo zoroastrismo, dall’ ebraismo al cristianesimo all’ Islam), nella loro fase primitiva, avevano predicato un’escatologia immanente (il Paradiso in terra, come il moderno progressismo), ma, con il passare del tempo, si erano trasformati in un’ opposta narrazione, atta a permettere ai loro fedeli di collocarsi armoniosamente nel mondo reale, imperfetto e contingente (il “legno storto dell’ umanità”). Invece, coloro (come i buddhisti Hinayana, i Catari, i Karmati, gli Anabattisti, i Doenmeh o i Bahai), che hanno preteso di attenersi all’originaria purezza delle rispettive fedi, hanno normalmente incontrato enormi resistenze, oppure hanno instaurato, per reazione, come i Karmati o gli Anabattisti (la cui bandiera era l’arcobaleno, oggi divenuto il vessillo di molti), un regime terroristico. Si trattava infatti del tentativo di rovesciare delle realtà di fatto (come il mistero, la finitezza e la differenza), che prima o poi si vendicano. Lo stesso sta accadendo ora con il Pensiero Unico oggi dominante, che è la traduzione in termini materialistici delle Religioni di Salvezza (le cosiddette “Radici Giudaico-Cristiane”). Si tratta però di una dialettica diversa da quella descritta per esempio da Mancuso, secondo cui i “conservatori” sarebbero fondamentalisti e vicini al potere politico, mentre i nostalgici dell’anarchica religione primitiva sarebbero “i veri religiosi”. A noi pare che i “fondamentalisti” fanatici e arroganti siano quelli che propugnano un’escatologia terrena e materialistica (come il puritanesimo americano, il sionismo, e, specialmente, il transumanesimo), siano essi di “destra” o di “sinistra”. Come giustamente conclude Mancuso, vi sarebbe un percorso alternativo (per quanto stretto e accidentato) fra il fanatismo apocalittico e la cosmesi di un potere diabolico, quale quella che si esprime nel “Racconto dell’ Anticristo” di Soloviov. Quello che invece si sta realizzando di fatto mentre tutti discutono è la “Singularity Tecnologica”, la fusione fra tecnica e natura, uomo e macchina, sotto l’egida dei guru dell’ informatica, sorprendentemente con la benedizione di “tradizionalisti” come Vance. Tutto ciò si è ripercosso “a cascata” in tutti gli ambiti del moderno Occidente: filosofico, storico; sociale, politico, economico, giuridico: -in ambito filosofico, si è privilegiato un pensiero escatologico immanentistico (es., marxismo), che a sua volta non si è potuto applicare concretamente per gli stessi motivi, ma sopravvive, nascosto, nel linguaggio corrente di tutti, compresi i pretesi “conservatori”; -in ambito storico, si è costruita una “Storia sacra” sui generis, che coincide con l’evoluzionismo e si chiude con la Singularity Tecnologica (anche se nessuno ne vuole parlare); -in ambito politico, si è imposta una ferrea “Finestra di Overton”, con la criminalizzazione di tutte le forme di pensiero alternativo ai due “partiti” (“progressisti” e “conservatori”) ammessi nella dialettica politica “occidentale”; -in ambito economico, si sono chiuse o svuotate tutte le grandi iniziative europee (Concorde, EADS, FIAT…), sostituendole con una galassia d’imprese insignificanti manovrate dai GAFAM e da fondi americani; -in campo giuridico, si è creata una “ragnatela” di norme e istituzioni (cfr. Ikenberry: trattati anti-proliferazione, ONU, NATO, GATT, WTO, Corti Penali Internazionali, normative sui ICT), che solo l’Europa ha rispettato, mentre tutti gli altri le hanno sempre ignorate, traendone il massimo vantaggio. La pretesa delle voci del Mainstream, secondo cui l’Occidente (prima di Trump) rispettava almeno la libertà, mentre il resto del mondo (liquidato come “le autocrazie”), no, è falsa. Le libertà di pensiero, di parola e di associazione, non sono state rispettate. La “cancel culture” è solo l’espressione ufficiale di una censura che ha colpito da sempre il discorso pubblico, espungendovi tutto quanto non coincideva con la Teologia Politica dominante: -dalla lettura senza paraocchi della Bibbia e dei Classici (dalle stragi a Canaan alle contraddizioni del Nuovo Testamento, all’ esaltazione in Omero di ogni forma di violenza, alla classificazione, da parte dei filosofi greci, della “democrazia” fra le forme degeneri di governo); -al privilegiamento delle tradizioni ereticali e protestanti del Cristianesimo (Catari, Calvinisti, Puritani, Mormoni) contro Cattolicesimo e Ortodossia; -alla censura sulle stragi delle Rivoluzioni Atlantiche e degli Stati Uniti per enfatizzare quelle della Spagna e degli Stati Totalitari; -all’ esaltazione dei pensatori politicizzati e progressisti e censura su quelli scettici o conservatori ( Cartesio, Pascal, Rousseau, Berkeley, Malebranche, Hume, De Maistre, Nietzsche, Wittgenstein, Heisenberg, Feyerabend, De Finetti, Gehlen, Anders, Voegelin…). Si sono moltiplicati nel tempo i tabù di cui è impossibile parlare: gerarchie, maschilismo, Shoah, strage armena, Massoneria. brigantaggio meridionale… Le violazioni recenti della libertà di pensiero e di parola , imputate da Vice-presidente americano Vance all’ Unione Europea, sono solo un’ultima, limitata manifestazione di un generale atteggiamento censorio, che ci ha accompagnati per tutta la vita. Non c’è mai stata libertà di associazione, perché il sistema mirava a favorire grandi organizzazioni e grandi partiti già esistenti (tipico il bipartitismo americano), con il risultato che più della metà degli elettori non va a votare. Vance ha affermato perfino che il vero pericolo per l’ Europa non è costituito dalla Russia e dalla Cina, bensì dalla restrizione della libertà da parte dell’ Unione Europea: “The threat I worry the most about vis-à-vis Europe is not Russia, it’s not China, it’s not any other external actor. What I worry about is the threat from within, the retreat of Europe from some its most fundamental values, values shared with the United States of America.” Si riferiva alla censura sui media e alla criminalizzazione della religione, Soprattutto, si riferiva all’ annullamento, da parte della Corte Suprema rumena, del primo turno delle elezioni presidenziali, perché vinto, grazie a una campagna su Tik Tok, da un candidato sospettato unicamente di essere sostenuto dalla Russia. Ma poi si è scoperto che il candidato aveva semplicemente sfruttato abilmente la campagna di hackeraggio di un partito concorrente, dirottandola a proprio favore. Avrebbe potuto benissimo parlare dei Baltici (dove esiste perfino la categoria dei “Non Cittadini”). Le critiche di Vance potrebbero applicarsi benissimo anche agli USA. Si dice anche, a sua discolpa, che il sistema occidentale avrebbe incrementato il benessere del “ceto medio”. Tuttavia, mentre quest’ultimo in Occidente è in costante declino, nello stesso periodo (il Dopoguerra), il resto del mondo, e, in primis, la Cina, è passata, dall’ essere un deserto devastato da 100 anni di guerre e di occupazione, al Paese tecnologicamente più avanzato del mondo, con il più grande PIL a parità di potere di acquisto, e questo proprio a favore del “ceto medio” più vasto del mondo.Secondo Elsa Fornero, lo stesso potrebbe dirsi dell’ Arabia Saudita. Si dice infine che, se non facesse parte della NATO, l’ Europa sarebbe già stata conquistata dalla Russia. Ma intanto proprio la Russia di Gorbaciov e di Eltsin aveva deciso lo scioglimento dell’ URSS e aveva chiesto di entrare nelle Comunità Europee e nella NATO, essendone però respinta, mentre in Occidente nessuno ha mai pensato di sciogliere la NATO. E’ ovvio che, dopo 40 anni di rifiuti e di prepotenze, alla fine la Russia si sia ribellata all’ atteggiamento impositivo dell’Occidente, ma se, invece, quell’atteggiamento non vi fosse stato, Putin avrebbe mantenuto il punto di vista espresso nel 2006 su “La Stampa”, secondo cui l’Unione Europea costituiva la massima conquista del XX secolo, e solo nel 2007, proprio alla Conferenza annuale a Monaco, aveva cominciato a denunziare gli eccessi dell’ egemonia americana. Infine, che cosa dovrebbe fare la Russia quando il Russo non è considerato come una lingua ufficiale dell’Unione Europea, mentre il suo numero di parlanti è superiore a quello degli abitanti di una decina di Stati membri, e certamente di quelli parzialmente anglofoni (in Irlanda e a Malta), e ciononostante l’Inglese è utilizzata abusivamente nell’ Unione senza alcuna base giuridica, per una pura volontà di sopraffazione culturale delle elites occidentaliste? E’ vero che, in questi 80 anni vi è stata l’assenza di guerre “ufficiali” sulla maggior parte del territorio comunitario, ma guerre con la partecipazione europea ce ne sono state moltissime (civili balcaniche, irlandese, basca; di Corea; in Medio Oriente; nel Vietnam; in Afghanistan; in URSS; in Jugoslavia; in Africa; “interventi umanitari” a cui tutti abbiamo partecipato; terrorismi). L’unico punto su cui tutti sembrano d’accordo è che l’ Europa dovrebbe aumentare la propria spesa per la difesa, ma i dati sembrano dimostrare che la questione sia stata molto mal posta. Intanto, l’ Europa Occidentale spende da sempre in difesa più della Russia (457 miliardi contro 145), e non si capisce perché non sarebbe in grado di difendersi da sola se non aumentasse ulteriormente la spesa. In secondo luogo, se aumentasse la spesa al 5% mentre gli altri la diminuiscono, finirebbe per avere l’esercito più grande del mondo. In terzo luogo, perché tale esercito dovrebbe essere concepito per fronteggiare la Russia (che, come scritto nel 2006 da Putin, è a tutti gli effetti europea), e non per fronteggiare gli USA, che non lo sono, che ci occupano, ci insultano e ci minacciano?
Il bullismo americano è tutt’altro che nuovo
4.La dittatura dei GAFAM (“dell’ algoritmo”): il vero problema del XXI Secolo. A nostro avviso, il vero problema oggi è la dittatura dei GAFAM sull’ Occidente, che sta portando al dominio delle macchine intelligenti e alla sparizione dell’umano. Anche su questo, tutto si sapeva da molto tempo, fino da quando Saint-Simon, all’ inizio dell’ Ottocento, aveva teorizzato apertamente che, nella “Nuova Società Organica” fondata, dopo la Rivoluzione Francese, sulla scienza e sulla tecnica, il “Potere Spirituale” sarebbe spettato “agl’industriali”: esattamente ciò che abbiamo visto realizzarsi all’ “Inauguration” di Trump.Per Bogdanov (un leader bolscevico vicino a Trockij), la conquista di Marte (che ora vorrebbe realizzare Musk) sarebbe stato il compito della Russia bolscevica, e questo avrebbe coinciso con l’istaurazione del comunismo (dove, secondo Gustev, le macchine avrebbero impartito ordini agli uomini). Ancora nel secolo scorso, De Landa e Kurzweil ,avevano profetizzato la presa del controllo mondiale da parte dei robot, e, nel 2003, in “The new Industrial Age”, Schmidt e Cohen avevano previsto che Google avrebbe superato la Lockheed nel guidare l’ America verso la conquista del mondo. Nelle distopie del ‘900 (Čapek, Asimov), i robot, che domineranno l’universo, sarebbero stati fabbricati e gestiti da società private (p.es, R.U.R. Universal Robots, che anticipano Musk). Di fatto, già oggi il sistema informatico-militare americano ci controlla nei minimi dettagli come nei romanzi di Zamiatin e di Orwell, intercettando tutte le nostre comunicazioni (Echelon, Prism, Paragon Solutions), censurando ciò che leggiamo (la cosiddetta “moderazione”), mostrandoci solo ciò che è funzionale al nostro indottrinamento (“software di raccomandazione”), orientando le elezioni (Cambridge Analytica, X),in sostanza impedendoci di parlare o fare qualunque cosa contro il sistema (la “Wehrhafte Demokratie” sostenuta dalla Baerbock, che si traduce nella criminalizzazione degli avversari). Nonostante le pretese dell’Amministrazione americana di voler difendere gli Europei contro tutto ciò, invece questo stato di cose è destinato ad essere moltiplicato esponenzialmente dalle iniziative di Musk nei settori degl’impianti cerebrali, delle comunicazioni e dell’Intelligenza Artificiale. Ma anche l’idea di un controllo diretto degli USA sul mondo intero non è un’ invenzione di Trump, dato che era stato teorizzato in tutti i suoi aspetti da Emerson, Whitman, Fiske, Willkie, Cabot Lodge, Valladão…e portato avanti con strumenti ufficiali, come il National Endowment for Democracy e lo USAID, o ufficiosi, come la “Open Society” di Soros, finalmente sotto la lente della nuova Amministrazione americana. Così stando le cose, il cambio di amministrazione può essere addirittura positivo. Addirittura, secondo Cacciari, “potremmo anche considerare i primi atti della presidenza Trump un commendevole sforzo per liberare il campo da infingimenti e ipocrisie…La chiarezza è sempre preferibile alla confusione. Meglio un populismo quasi razzista esplicito che un umanitarismo d’accatto e sempre disposto a tradirsi”. Le tardive lamentele contro questo stato di cose da parte del “mainstream” sono quindi l’ennesimo avatar della “rana di Chomsky”, che si accorge di essere stata bollita quando oramai è troppo tardi. Mentre, invece, l’improvvisa infatuazione dei “sovranisti” per Trump e Musk nonostante le loro continue ingerenze nella politica interna degli Europei (dalla Groenlandia, all’ AfD) è anch’essa quanto mai strumentale.
Le vittorie di Schrems dinanzi alla CVorte di Giustizia sono state nullificate dalla Commissione
5.Le proteste di Mattarella e di Ursula von der Leyen La maggior parte degli “orfani di Biden” si consola pensando che, almeno, ci sono Mattarella e Ursula von der Leyen che “ne dicono quattro” a Trump e a Musk. In realtà, ambedue queste personalità stanno dimostrando plasticamente i limiti della capacità europea di reagire. Il Presidente italiano se la prende giustamente con il “nuovo feudalesimo” dei guru dell’ informatica, che occupano abusivamente beni pubblici, come l’informazione, la rete e perfino lo spazio siderale, e con il “vassallaggio felice” degli Europei. Ma, commenta Alessandro Aresu su “Il Fatto Quotidiano”, egli non si sofferma affatto sulle ragioni dell’incapacità dell’Europa di costruire una propria industria digitale. Balzano, su il Fatto Quotidiano, ricorda che anche il Presidente, come la pubblicistica Mainstream, ha taciuto per un decennio su tanti altri atti di vassallaggio degli Europei nei confronti degli USA. Che cosa intenda Aresu lo si capisce leggendo il suo recente libro “Geopolitica dell’Intelligenza Artificiale”, che descrive un ambiente americano profondamente intriso di post-umanesimo (l’”Ideologia Californiana”), in cui la creazione di nuove imprese e nuovi prodotti immateriali è un fatto naturale, che non può essere imitato perché è un humus culturale, quando non religioso. E, difatti, tutta l’”ideologia” di Musk è ripresa di pari passo dal Cosmismo russo (La “Filosofia dell’ Opera Comune” di Fiodorov e i Principi dell’Astronautica” di Tsiolkovkij), che postulavano la conquista dello spazio quale dovere religioso, per popolare lo spazio con i nostri antenati, resuscitati mediante la clonazione ottenuta con le nuove tecnologie. Tuttavia, sotto questo punto di vista, l’ideologia di Musk dopo la sua conversione trumpiana è alquanto contorta. Dopo avere preso atto in modo appariscente che esiste il pericolo concreto che i robot si sostituiscano all’ uomo, Musk ha fatto un’ardita capriola concettuale, tutt’altro che convincente. Secondo lui, visto che i robot supereranno le capacità degli uomini sulla Terra, questi ultimi dovranno emigrare verso altri pianeti (come i Ghazawi secondo Trump). Inoltre, dovranno essere forniti di impianti cerebrali (Neuralink) per poter superare i robot in intelligenza (quindi, diverranno in realtà dei Cyborg, o meglio un’”Intelligenza Collettiva”, parte della Megamacchina Mondiale, governata centralmente dalle macchine stesse). Da ciò si capisce che le recenti evoluzioni ideologiche di Musk sono strumentali e funzionali alla conciliazione dei suoi contrastanti obiettivi politici e imprenditoriali. Apparentemente, sarebbe passato dal fanatismo per il transumanesimo ad appoggiare le idee conservatrici di Trump per reazione alla transessualità di suo figlio. Però, le motivazioni da lui fornite non sono convincenti. Inoltre, stranamente, anche tutti i suoi colleghi amministratori delegati dei GAFAM hanno fatto, contemporaneamente, lo stesso “salto della quaglia”. Con ciò, sono riusciti a realizzare il progetto di Schmidt (“The New Digital Age”), di fondere i GAFAM con l’espansionismo americano, costringendo l’amministrazione Trump ad abbandonare le sue, per quanto modeste, velleità antitrust, e, anzi, a farsi loro avvocata presso la UE per eliminare le multe già irrogate per violazione di varie norme europee, inserendola addirittura nei dazi che l’UE dovrà pagare agli USA. Ma soprattutto, il suo vero problema è il conflitto con Altman per il controllo di OpenAI: l’anello mancante nella sua catena assoluta di comando, e una minaccia al suo rapporto esclusivo con Trump e i GAFAM. A nostro avviso, è lì che ci si dovrebbe concentrare per una critica effettiva a Trump e a Musk, mostrando le contraddizioni delle loro posizioni, la loro incapacità (non diversa da quella dei progressisti) ad affrontare seriamente i problemi dell’era delle Macchine Intelligenti, e, in particolare, a creare un’alternativa alla Singularity, meglio dei loro avversari, che, in pratica, non se ne erano neppure occupati. Il problema è che, per fare ciò, le classi dirigenti europee dovrebbero essere più intelligenti di quelle americane e russe -cosa che oggi non è-. Infatti, ancora meno convincenti le difese di Ursula von der Leyen, che dovrebbe a preparare un solido piano contro i nuovi dazi (anche perché è lo stesso Trump che li concepisce come “reciproci”), ma in pratica sta semplicemente accettando di accrescere le spese militari. Resta il fatto che anche l’arrendevolezza della Commissione verso gli USA, e, in particolare, i GAFAM, è stata conclamata da gran tempo (Schrems, contratti Microsoft, Wewiòrowski), e stupisce che solo ora essa finga di svegliarsi. Del resto, quest’arrendevolezza è anche il tallone di Achille di coloro che si autodefiniscono “sovranisti” ma non lo sono affetto. Non parliamo poi dei patetico summit di Macron, sull’AI, dove si è che insistito sull’approccio trionfalistico e inconcludente già dimostratosi perdente con QWANT e GAIA-X, e sull’ Ucraina, dove sono emerse posizioni inconciliabili fra gli Europei. In effetti, non si affronta mai la questione centrale dell’ “Autonomia strategica digitale”: avere un proprio “nocciolo duro” di scienziati, militari, intellettuali, imprenditori e imprese, ingegneri, tecnici, legati a progetti europei (civili e militari), e non infeudati ai GAFAM. Il punto è che ora si vorrebbe finalmente essere trattati da eguali agli USA quando non si è nemmeno capaci di contrastare la loro appropriazione culturale delle nostre tradizioni, sicché essi si possono presentare come i veri eredi di Grecia, Roma, Cristianità e Illuminismo, gli unici di cui occorra tener conto nel dialogo fra le grandi civiltà, ormai in corso a Riad.
Dopo anni di reclusione, Assange è stato costretto a dichiararsi colpevole e a ritirarsi in Australia
6.Contrastare lo Stato Mondiale dei GAFAM In particolare, i governanti europei avevano deciso ottant’anni fa (o vi erano stati costretti, vedi Olivetti) di lasciare all’ America lo sviluppo delle nuove tecnologie, che costituiscono l’essenza del XXI secolo, così condannando l’Europa, non solo alla dipendenza politica e militare, bensì anche alla sterilità intellettuale e al declino economico. Sotto questo punto di vista, la critica all’ approccio all’ AI meramente “normativo” della UE è pienamente giustificata. E’ impensabile che le imprese di una superpotenza (gli USA), che detiene il controllo politico dell’ Occidente e il controllo tecnico dei GAFAM accettino che il digitale sia disciplinato a livello internazionale da un’altra realtà politica (la UE), che non ha, né la competenza tecnica, né la giurisdizione, né il potere militare, per gestire una realtà così esplosiva. E infatti, tanto Zuckerberg quanto Vance, hanno chiamato alle armi l’Amministrazione americana perché annulli le patetiche sanzioni della UE contro i GAFAM (considerandole assurdamente come dazi impropri, mentre esse sono in realtà il residuo dell’illusione di poter contrastare le Macchine Intelligenti con ricette liberiste del Secolo XIX). Se la UE vuole legiferare sulle società informatiche, deve crearsi le proprie società informatiche. Di fatto, vi è un solo attore che voglia, e possa, tener testa alla dittatura mondiale dell’ algoritmo: la Cina, le cui competenze tecnologiche e le cui dinamiche politiche e giuridiche in materia di digitale sono deliberatamente ignorate in Europa, mentre i vertici americani, pur deprecandole, tentano segretamente di copiarle e di conciliarle. La Cina: a)ha stabilito una chiara indipendenza dai poteri forti americani (sette, lobby, finanza, tecnologia, forze armate, intelligence, media), sì che essa è l’unico territorio del mondo dove essi non arrivino con il loro spionaggio e con il loro furto di dati; b)ha creato proprie piattaforme eguali e contrarie a quelle americane (i BAATX); c)ha informatizzato tutta la sua vita sociale, esportando largamente i suoi beni e servizi più avanzati (pannelli solari, auto elettriche, treni ad alta velocità, Intelligenza Artificiale); d)ha introdotto regolamentazioni ispirate a quelle europee, ma più complete e concrete, applicandole senza indugio proprio alle imprese cinesi, e sanzionando tutti i BAATX per le loro trasgressioni; e)ha esautorato ed esiliato (senza espropriarlo) Jack Ma, che stava trasformandosi, sul modello di Musk, in un mostro finanziario capace di dominare tutta la scena imprenditoriale e politica cinese (il “crackdown sui BAATX”, che dovrebbe costituire il modello per un analogo “Crackdown” in Occidente). f)ha immesso sul mercato internazionale, con perfetta tempistica su “Made in China 2025”, due programmi di Intelligenza Artificiale conformi alle normative UE, “open source”, più potenti di quelli americani e realizzati, con un costo infinitesimo, da start-ups di giovani teste d’uovo, così ridicolizzando 10 anni di politica legislativa europea e americana, che ha stanziato (e ancora sta stanziando) fondi pubblici enormi con l’obiettivo “di fare dell’Europa l’area più competitiva del mondo”, e, rispettivamente, “di mettere fuori mercato il mondo intero”. g)ha proposto a Monaco, per bocca di Wang Yi, di unire alla Nuova Via della Seta gli analoghi sforzi della Commissione, unico modo per trovare subito enormi sbocchi commerciali alternativi al mercato americano (unica ancora di salvezza per l’economia europea). Poi ci si lamenta per le simpatie di Musk per la Cina. Musk (che possiede la maggiore fabbrica di Tesla in Cina), sa bene che Xi Jinping non si fa manipolare, come l’Unione Europea, e perfino Trump, dalle società informatiche, e quindi lo tratta da pari a pari. E’ lì che l’Europa dovrebbe guardare per non restare indietro di 80 anni, come sta accadendo oggi, aspettando addirittura lo sbarco miracoloso di Musk, che, giustamente, invece, dal suo punto di vista, non è andato agl’incontri con i suoi meschini adulatori, né a Madrid, né a Parigi, né a Monaco, troppo occupato, com’è, su fronti per lui ben più sfidanti, come il Progetto D.O.G.E. e l’OPA su OpenAI. Certo, bene ha fatto il Presidente Macron a invitare il Primo Ministro indiano a co-presiedere il summit di Parigi sull’ Intelligenza Artificiale, perché l’India di Modi, totalmente immersa nell’induismo e, nel contempo, centro di eccellenza dell’AI, avrebbe tutte le caratteristiche per divenire un partner importante per l’Europa in una strategia di intelligenza artificiale basata, non già su regole astratte, bensì su educazione e cultura. Oggi, tuttavia, nel settore specifico dell’ AI, essa è molto arretrata rispetto alla Cina, e non gode neppur essa di quell’ Autonomia Strategica Digitale che Macron vorrebbe proporre come obiettivo per gli Europei (e che potrebbe conseguire solo con una stretta alleanza con l’ Europa). D’altronde, l’ Europa, grazie alle scelte sciagurate della Commissione, ha reso in pratica disponibili i dati degli Europei, oltre che ai servizi segreti americani, anche alle imprese americane per addestrare la loro AI, lucrando cifre immense sull’abuso delle nostre intelligenze naturali. E, nell’ ambito delle trattative con Trump, c’è il rischio che quest’espropriazione addirittura si legalizzi. Un’eventuale vera alleanza con l’India imporrebbe anche accordi molto più seri sull’ utilizzo reciproco dei dati dei due miliardi di cittadini europei e indiani, e anche un’alleanza di tipo politico, militare e culturale.
Solo De Gaulle aveva raggiunto l’Autonomia Strategica Europea
7.L’Europa ignorata sull’ Ucraina Come detto sopra, sono lacrime di coccodrillo anche quelle sull’esclusione dell’Europa da ogni dibattito sul futuro ordine internazionale, a cominciare dalla pace in Ucraina, a cui è stato dedicato l’abortito summit parigino, che non ha portato a nessuna conclusione. Peskov ha detto testualmente: “gli europei dovranno probabilmente parlare con Washington per chiedere un posto” al tavolo delle trattative. E’ chiaro che l’Unione Europea non è, di fatto, sullo stesso livello di America, Russia e Cina, anche se è certo doloroso per il nostro establishment vederselo ricordare in modo così umiliante come con quest’esclusione dalle trattative per l’ Ucraina. Era anche chiaro che le spese europee per l’Ucraina sono state costruite come un vero tributo all’America, e non avrebbero dato alcun diritto alla co-decisione. È l’America stessa ad aver creato le Comunità Europee nei territori occupati, con la risoluzione Fulbright del Senato americano, con i finanziamenti della CIA attraverso l’ACUE, con l’intervento di Dean Acheson su Monnet per la Dichiarazione Schuman e con il lavoro sui Trattati di Roma dello Studio Allen & Overy, per creare un fittizio interlocutore europeo da contrapporre al blocco sovietico.L’America non ha mai voluto che l’ Europa raggiungesse il suo stesso status, e ha sempre avuto le leve necessarie per impedirlo. I tanto gli esaltati politici nazionali, come Churchill, Adenauer, Degasperi e Schuman, quanto lo stesso Spinelli, svolsero un ruolo di comparse, tanto nella Dichiarazione Schuman, quanto nella redazione dei Trattati. Invece, per arrivare al suo status di eccezionalità, l’America aveva dovuto combattere ininterrottamente, in 250 anni, 250 guerre, di cui almeno 5 contro delle potenze europee. L’America ha anche inventato un’ideologia (gli “Stati Uniti d’Europa”), che l’Europa ha semplicemente copiato, appropriandosi della ricchissima eredità culturale europea. Ha centinaia di basi militari in tutto il mondo, di cui la maggioranza in Europa. Le sue imprese informatiche le permettono di condizionare le coscienze degli Europei. Possiede armi nucleari e spaziali che l’Europa non possiede, in quantità pressoché pari a quelle della Russia e della Cina. Come si può pensare che accetti di discutere alla pari con noi della guerra e della pace, in un momento, come questo, in cui la Russia e la Cina la sfidano ad affrontare questioni esistenziali? Addirittura, l’Amministrazione Trump punta proprio a umiliare l’Europa, per esempio con le accuse (per altro non immotivate) del Vice-Presidente Vance, di limitare la libertà di parola. Tra l’altro, chi dovrebbe rappresentarci in queste discussioni, l’alto commissario Kaja Kallas, è la più accanita nemica della Russia, ha negato per anni nel suo Paese i diritti civili (compreso il voto) alla minoranza russofona, e ha come programma esplicito, quello d’invadere la Russia per ridurla a una miriade di repubblichette piccole come l’ Estonia. Perché mai la Russia dovrebbe essere smaniosa di discutere con la Kallas? L’Europa postbellica aveva avuto molte eccezionali occasioni per influire pesantemente sulla politica di pace in Europa (dal missile italiano SCOUT, previsto vettore dell’ atomica europea), al viaggio a Mosca di De Gaulle, al ’68 di Parigi e di Praga, alla Conferenza di Praga del 1989, alla visita di Elcin al Parlamento Europeo, ai viaggi di Putin in Germania, all’incontro a Kaliningrad fra Putin, Schroeder e Chirac, quando la Russia era ancora molto filo-europea, fino alle sentenze Schrems e all’ adesione, fra cui l’ Italia di alcuni Stati Membri alla Via della Seta, e all’ invio all’ Unione Europea della proposta russa di nuovo ordine mondiale prima dell’Operazione Militare Speciale), ma non ne ha mai voluto approfittare al momento opportuno. Allora, la Russia voleva, non solo trattare con l’ Europa, ma addirittura fare parte della UE, e non era stata accettata. Perché l’Ucraina si e la Russia no? Adesso, ci si lamenta se la Russia tratta direttamente con gli Stati Uniti, che, a loro volta, non ci hanno mai preso sul serio. Oggi, Trump e Musk dicono “apertis verbis” ciò che tutti i presidenti americani hanno sempre pensato: gli USA, in quanto prima potenza, discutono di ciò che conta (guerra e pace, difesa, alte tecnologie, economia mondiale), con chi ne possiede le competenze e gli strumenti (Cina e Russia). Ma anche la Russia, prima dell’ Operazione Militare Speciale, aveva inviato richieste formali differenziate a USA, NATO e Unione Europea (a cui nessuno aveva risposto), e, quindi, si aspettava trattative differenziate.E’ quindi normale che sia preliminare un incontro USA-Russia per parlare di Intelligenza Artificiale, di Non Proliferazione e di basi militari nel mondo, che non riguardano l’Unione Europea, che non ha nessuna di queste cose. Certo, sarebbe importantissimo che l’Europa non si fosse ridotta in questa situazione (senza industrie di alta tecnologia, senza Stato Maggiore, Accademia Militare, Servizi Segreti, bombe atomiche, con la recessione in Germania e in Italia oramai da molti anni), ma tutto ciò è stato voluto proprio dall’Establishment (filo-americano), e i Sovranisti non solo non vi hanno obiettato, ma vi hanno collaborato attivamente. Adesso, tutti vorrebbero che la situazione fosse l’opposto di quella reale, ma crediamo che non la si potrà rovesciare senza un radicale sconvolgimento di tutta la classe dirigente responsabile di questo sfacelo. Nel caso in cui, “per grazia ricevuta”, l’Unione Europea fosse invitata al tavolo delle trattative per l’Ucraina, dovrebbe rilanciare, rivendicando la rappresentanza un’Europa che sia veramente “Great Again”, cioè che non sia solo l’Unione Europea, ma anche il Vaticano, la Comunità Eurasiatica, l’Ucraina, la Turchia, i Balcani Occidentali, il Caucaso, la Svizzera e la Scandinavia Occidentale (Norvegia, Islanda e Groenlandia), che, anche loro, avrebbero molto da dire. Ora la questione più urgente è quella di dotare l’Europa di una potenza equivalente a quella americana (Gabriele Segre). Purtroppo, la potenza non è solo una questione di soldi, come si vede nella discussione sul 2%,3%,5%. Basta vedere come i Vietnamiti e i Talibani hanno sconfitto gli Stati Uniti, e i Palestinesi siano ancora vivi e vegeti dopo 80 anni di occupazione israeliana. Il problema è che gli Europei non hanno, contrariamente a Vietnamiti, Afghani e Palestinesi, un’identità vera che li motivi a battersi per la loro patria comune, perché i loro presunti valori sarebbero in realtà quelli degli Americani. Occorre dunque costruirla, quest’identità, partendo dalla cultura, per passare alla politica, alla società, all’ economia, alla tecnologia, all’ esercito. Solo alla fine, non all’ inizio, potrà venire il diritto costituzionale. 8.Cos’ è l’Ucraina? Con la telefonata fra Putin e Trump si è comunque aperta una fase in cui è lecito sollevare qualunque questione e parlare apertamente, come ha affermato, alla Conferenza di Monaco, Ursula von der Leyen. Per ciò che ci riguarda, avevamo sollevato già nel 2014 la questione di che cosa l’Ucraina rappresenti per l’Europa, con un Quaderno di Azione Europeista intitolato “No a un’inutile strage”. Poi, questa strage si è puntualmente verificata. A dire il vero, facendo una piccola digressione autobiografica, personalmente avevo già organizzato nel 1970 un “sit-in” degli studenti torinesi alla Facoltà di Giurisprudenza per protestare contro l’arresto del Professor Dziuba e del progettista aereonautico Antonov, per la loro lettera aperta al Primo Segretario del Partito Comunista Ucraino, intitolata “Internacijonalizm čy Russifikacija?”, in cui si sollevavano già gli stessi temi di oggi: in un territorio pluriculturale come l’ Ucraina, che senso hanno le successive ondate di russificazione e di ucrainizzazione che si sono succedute da metà Ottocento, e continuano sotto i nostro occhi? Il risultato era stata un’aggressione ai nostri studenti da parte degli antenati del “mainstram” attuale: i gauchisti, allora mosche cocchiere del PCUS. Questo non è un problema solo dell’Ucraina, ma anche dei Paesi Baltici, della Moldova, della Turchia, dei Balcani, dell’ Irlanda, ecc…L’Europa è un continuum etnico, culturale, linguistico e storico (Papa Francesco). E’ impossibile costringerla dentro i limiti rigidi dei confini degli “Stati nazionali”: Si possono inventare tutte le “autonomie differenziate”, gli “Statuti speciali”, i regimi delle minoranze, ma il risultato sarà sempre che c’è un patrimonio culturale comune, che reclama una posizione comune sullo scenario mondiale (un unico “Stato-Civiltà”, come la Cina e l’India). Quanto, in particolare, all’ Ucraina, essa è, per noi, il vero cuore dell’ Europa, il luogo dove si è formato, con l’apporto di popoli precedenti, il popolo “Yamnaya” (alias “Popolo dei Kurgan”, alias Proto-indoeuropei), che è l’antenato di buona parte degli Europei. Essa fu il centro degl’imperi unno, gotico, bulgaro, khazaro, dei popoli Cumani e Peceneghi (i Polovesiani del Canto del Principe Igor), dei Caraiti, dei Cosacchi, dei Tartari di Crimea, di letterati russi, tedeschi ed ebrei, come Gogol’, von Masoch, von Rezzori, Bebel,Grossmanm, Bialik , ben Jehuda..)..Ascriverla alla Russia, alla Turchia, alla Polonia, all’Austria o alla Germania, fu sempre arbitrario. E’ un caso tipico di “territorio pan-europeo”. Per questo, un’ interpretazione ristretta del conflitto di oggi non è adeguata, e occorre, come ha richiesto Putin proprio in questi giorni, in coerenza con i documenti russi del 2021, di “andare alle radici del conflitto”, che, a nostro avviso, si possono ricondurre in ultima analisi alla pretesa occidentale della “Fine della Storia”, e alla conseguente eliminazione delle diversità. La soluzione non sta quindi evidentemente nella spartizione dell’Ucraina secondo linee falsamente “etniche” (che non esistono), bensì nel riconoscimento che l’Europa è un ininterrotto “continuum” poliedrico, e che il suo regime politico dev’essere conforme alla sua natura, non già un insieme di Nazioni rissose, incolte e arroganti. In particolare, basta con l’antropomorfizzazione delle Nazioni (“aggressore” e “aggredito”), ultimo avatar delle Teologie Politiche della Modernità! L’Ucraina non è la frontiera dell’ Europa: è il suo centro, da cui si dipartono la Mitteleuropa, il mondo pontico-caucasico e quello delle pianure eurasiatiche. E’ offensivo trattarla come un Paese in via di sviluppo, che Trump vuole espropriare, approfittando del momento di difficoltà, delle sue risorse naturali.
L’Europa Una, e signora del mondo: il progetto di Nietzsche
9.Riequilibrare gli armamenti, sì, ma come? Se c’è un aspetto interessante nell’orgia di esternazioni e di prese di posizione di tutti, questo è la proposta di Trump di limitare gli armamenti, in particolare quelli delle grandi potenze (USA, Cina e Russia), le quali dovrebbero dimezzare le loro spese militari (oggi rispettivamente di 1300, 145 e 232 miliardi di dollari (quindi, a 600, 70 e 120). Se si considera che, invece, secondo Trump, gli Europei dovrebbero triplicare le loro (arrivando al 5% del PIL, cioè a 850 miliardi), ci si troverebbe alla fine in Europa con un esercito pari a più della somma degli altri tre. Quindi, altro che debolezza dell’ Europa, bensì finalmente l’”Europa Una e signora del mondo” di cui parlava Nietzsche. Ma, visto che in Europa non si è andati, come pensava Nietzsche, verso il Superuomo, bensì spadroneggia ancora l’”Ultimo Uomo”(Fukuyama), chi gestirebbe questo potere enorme? Ed ecco spiegata l’operazione “Make Europe Great Again”. Questa mostruosa Europa iper-militarizzata ma incapace di autogovernarsi, sarà etero-governata dai GAFAM, come e più ancora dell’America, attraverso una serie di politici-marionette militaristi e nazionalisti scelti e gestiti da Musk e da Trump, in modo che nessuno possa sfuggire alla Singularity, che intanto va avanti indisturbata con base in America, finché la Cina non glielo impedirà L’attacco contro l’attuale classe politica europea serve solo per coprire e razionalizzare il ricambio del ceto politico, da quello “woke” filo-democratico, a quello “sovranista” pro-Musk. Gli Europei diventerebbero così un enorme esercito mercenario dei GAFAM, pronto a reprimere Americani, Russi e Cinesi se provassero ad opporsi alla Singularity. Ammesso che ciò si verificasse, sarebbe più urgente che mai una battaglia culturale per modificare le basi culturali dell’ ufficialità europea, unica garanzia di Autonomia Strategica, in modo che l’enorme potenziale celato nell’ Europa non venga utilizzato per fini apocalittici, bensì venga in aiuto di tutti coloro che, nei diversi continenti, si battono per la sopravvivenza dell’umano.
Dai tempi della caduta del Muro di Berlino, siamo oramai avvezzi a continui roboanti annunzi circa l’avvento di un “nuovo ordine mondiale”, radicalmente diverso da quelli passati. Oggi, si può forse dire che questa trasformazione sia veramente in corso, perché le novità riguardano un po’ tutte le aree della competizione/conflitto fra “Occidente” e “Maggioranza del Mondo”,facendo oggetto di eventi spettacolari, fra cui le sempre nuove armi, i sempre nuovi fronti e gl’ininterrotti terremoti nell’economia europea. In queste condizioni, risulta sempre meno sopportabile, assistere alla televisione alle continue apologie dell’ esistente da parte di politici, giornalisti, imprenditori e intellettuali di tutti i colori, sorridenti, eleganti e imbellettati mentre parlano di stragi, guerre, crisi, ecc.. Quanto agli scenari di guerra, secondo Molinari (La Repubblica del 2 Dicembre), “all’ interno dei singoli paesi, in Nord America come in Europa e in Estremo Oriente non c’è consenso sulla comprensione della grande guerra d’attrito: a prevalere sono spinte nazionaliste, isolazioniste e populiste che preferiscono ignorare o sminuire le minacce per non dover affrontare le conseguenze che comportano”. Quanto al rapporto fra guerra e tecnologie, quella in corso sta mettendo in evidenza le nuove realtà con cui fare i conti: il riallinearsi dei GAFAM (Zuckerberg) con lo Stato americano anche dopo l’elezione di Trump; la disponibilità, nelle mani della “Maggioranza del Mondo”, di tecnologie belliche potenti, spesso più avanzate di quelle occidentali, a partire dal missile sperimentale Oreshnik, che ha centrato dimostrativamente il grande complesso industriale Yuzhmash di Dnipro, il maggior costruttore ucraino di missili. Infine, per ciò che concerne la crisi dell’economia moderna, la “Guerra senza Limiti” in corso accelera la decadenza del modello economico e sociale europeo del secondo Dopoguerra, fondato sulla trasformazione dell’economia di guerra del 2° conflitto mondiale in società affluente; sullo sfruttamento parassitico dell’egemonia americana per realizzare prodotti di consumo all’ ombra della NATO; sul patto sociale socialdemocratico realizzato semplicemente rivitalizzando le politiche sociali corporative dei fascismi; sul “capitalismo renano” fondato su una cogestione che oggi sembra non tenere il passo con i tempi; sulla centralità dell’ autoveicolistica come via maestra verso la società dei consumi…
1.Allargamento degli scenari di guerra La “Guerra Mondiale a Pezzi” di cui parlava Papa Francesco si è oramai trasformata nella “Guerra Senza Limiti” teorizzata dai generali cinesi. Il Rapporto del futuro commissario dell’Unione Europea Niinistö, riprendendo una pubblicistica oramai classica in Scandinavia, propugna la diffusione in tutta Europa di un manuale militare sul modello di quello da sempre esistente in Svezia, dedicato a consigli pratici alla popolazione per il caso di guerra. Si tratta di raccomandazioni (per lo più banali) di sicurezza passiva, volte alla salvaguardia della sopravvivenza individuale. La parte attiva dell’originale svedese, dedicata alla resistenza civile (“Inte Samarbejde”, “Non collaborate”), che completava l’opera quando la Svezia era un paese neutrale, è stata lasciata cadere, forse perché potrebbe ritorcersi innanzitutto contro la NATO, affidando ai cittadini compiti bellici importanti. In realtà, prima della caduta del Muro anche la dottrina militare di altri Paesi d’Europa, come quelle svizzera, jugoslava e albanese, prevedevano una resistenza partigiana dopo l’eventuale invasione e sconfitta (difesa nazionale totale, in serbo Opštenarodna odbrana),che dava alla popolazione civile il compito di mobilitarsi in forze di difesa territoriale dotate di grande indipendenza operativa, le quali, sfruttando la conoscenza del terreno e le tattiche della guerriglia, si sarebbero trasformate in un esercito di resistenza che avrebbe condotto azioni militari, continuato la produzione bellica e mantenuto l’amministrazione dello Stato nelle zone occupate, proseguendo così una guerra di logoramento contro l’invasore. Con il passare dei decenni, anche queste modeste velleità “sovraniste” sono andate perdute, con Svezia, Finlandia, Slovenia, Croazia, Montenegro ed Albania nella NATO, e la Svizzera non più genuinamente neutrale. Intanto, lo scenario del conflitto si è esteso all’oblast russa di Kursk, all’ordine pubblico in Romania e Georgia, alla guerra civile siriana, al Libano, allo Yemen…
2.La “maturità” dei missili ipersonici rende più realistica una guerra totale Il missile “sperimentale” Oreshnik presenta varie caratteristiche che ne fanno lo sbocco naturale delle esigenze strategiche nella Guerra senza Limiti quale teorizzata dai generali cinesi. Esso non è intercettabile perché è in sostanza una navicella di rientro di un lanciatore riutilizzabile, e, quindi, raggiunge Mac 11; inoltre, compie una traiettoria casuale e sgancia grappoli di proiettili; ottiene effetti distruttivi complessivi pari a una bomba atomica di grande tonnellaggio pur non avendo neppure una carica esplosiva, ma solo coni di alluminio leggero che si comportano come piccoli meteoriti, provocando profondi crateri. Di conseguenza, evita la contaminazione nucleare, come pure lo stigma collegato all’ arma atomica. Essendo tale, esso si presenta come l’arma tattica ideale, perfetta per rispondere ai missili a medio raggio che l’Occidente (e forse anche l’Ucraina in Yuzhmash) hanno ricominciato a costruire. Questo è un ulteriore tassello dell’escalation in corso nella Terza Guerra Mondiale, che ci fa comprendere ancor più quanto il nostro futuro sia sospeso a un filo, e quanto poco noi Europei e Italiani possiamo influenzarlo, soprattutto perché nessuno sembra curarsi della nostra particolare posizione geografica e, in particolare, del fatto che l’Italia ospiti più di 100 basi americane, che contengono, fra l’altro, varie decine di testate nucleari. Solo un’azione culturale profonda, che smonti molti degli attuali riflessi pavloviani, potrebbe tirarci fuori dalla spirale bellicistica in corso, ricordando innanzitutto a tutti i nostri concittadini che i Russi, come tutti gli Slavi, sono culturalmente Europei, e che quindi non vi è alcuna ragione per condurre ininterrottamente una fratricida lotta (militare o di altro tipo) contro di loro, come invece stiamo continuando a fare a partire dalla Perestrojka (mentre quando c’era il PCUS andavamo, paradossalmente, d’amore e d’accordo).
3.Le dimissioni di Tavares pochi giorni prima di Barnier: ennesimo paradosso della vicenda FIAT. Torino fu fondata da Giulio Cesare nel 58 a.C. Nel 1561, divenne la residenza di Emanuele Filiberto, il Duca di Savoia vincitore alla Battaglia di san Quintino. Nel 1713, divenne capitale del Regno di Sicilia, nel 1718, di quello di Sardegna; nel 1961, di quello d’ Italia. Fra il 1888 e il 1889, ospitò Nietzsche fino al momento della sua pazzia: qui scrisse L’Anticristo, Il crepuscolo degli idoli ed Ecce Homo . Dal 29 aprile al 19 novembre 1911, si tenne a Torino l’ Esposizione internazionale dell’industria e del lavoro, Nel 1907, il politologo tedesco Roberto Michels, il grande teorico dei partiti politici, grazie all’intercessione di Einaudi e di Loria, ottenne una cattedra all’Università di Torino, dove insegnò Economia Politica e Sociologia Economica. Torino era quindi una capitale politica e culturale europea già prima della FIAT, e avrebbe potuto benissimo prosperare senza di essa. Tuttavia, essa vi dedicò tutte le sue forze, dalla costruzione del Lingotto e di Mirafiori, all’occupazione delle fabbriche diretta da Gramsci ed esaltata da Gobetti, e al primo contratto collettivo in Italia, alla costruzione delle infrastrutture militari per le due Guerre Mondiali, sotto lo slogan “Terra, Mare, Cielo”, fino al lavoro sotto i bombardamenti, all’Autunno Caldo e alla Marcia dei Quarantamila. Il quartier generale della società era a Torino, fra il Lingotto, Corso Marconi e Mirafiori, ma il Gruppo, con i suoi 188 stabilimenti, in cui erano occupati più di 190 000 dipendenti, era presente in 50 paesi del mondo e intratteneva rapporti commerciali con clienti in oltre 190 nazioni. Produceva beni e servizi in almeno 12 differenti settori, dalla finanza all’editoria, dalla formazione alla consulenza, dalla ricerca all’industria di base, dall’autoveicolistico alle ferrovie, all’ aviazione, ai motori marini, agli elettrodomestici, dalla chimica agli armamenti, allo spazio. Gravitavano intorno ad essi famiglie, azionisti, fornitori, clienti, professionisti, che rappresentavano almeno mezzo milioni di persone in tutti i Paesi del mondo. Un vero impero economico, capace di esprimere, nella sua dismisura, tutti i lati, positivi e negativi, della Modernità, e che ha richiesto l’impegno assillante di almeno cinque generazioni di Torinesi. Nel 1974 Torino aveva raggiunto il record di 1.202.846 , mentre oggi ne sono rimasti soltanto 890.000. Così come la FIAT è nata con la Modernità, non vi è dubbio che, con la fine della Modernità, essa sarebbe venuta meno. Cosa che si è puntualmente verificata, visto che Stellantis non ha praticamente più nulla in comune con FIAT: non il gruppo di controllo, che è francese, non la sede, che è a Parigi, non le fabbriche, dove l’unica torinese, Mirafiori, è praticamente chiusa. Non possiamo passare il tempo a rimpiangere questo stato di fatto, che era praticamente ineluttabile, vista l’analoga sorte della Chrysler, della Leyland, della Saab e di altre, ma possiamo, e dobbiamo, invece, polemizzare su come ciò è avvenuto e sulle prospettive per il futuro. La fuoriuscita dall’ auto non è avvenuta mediante una strategia intelligente e concordata fra politica, impresa e lavoratori, bensì trasferendo surrettiziamente tutta l’eredità della FIAT, originata prima di tutto dagli sforzi e dai sacrifici dei Torinesi, e, poi, dagli aiuti dello Stato italiano, allo Stato francese e ai tre fratelli Elkann, i quali l’hanno reinvestita altrove, perfino in spregio al nostro diritto, costituendo uno dei massimi patrimoni privati del mondo e lasciando a Torino solo fabbriche obsolete e inquinanti e operai in cassa integrazione. Tutto ciò con la benedizione e la connivenza di tutti i Governi italiani e regionali, dei sindaci di Torino, dei partiti e dei sindacati (senza contare, a suo tempo, i Sovietici e Obama, fra i maggiori artefici delle fortune del gruppo di controllo). Ora, le dimissioni di Tavares aggiungono a tutto ciò un ulteriore tocco di surrealismo. Un amministratore delegato di un’impresa controllata dallo Stato francese che guadagna centinaia di volte più di un operaio, che chiude fabbriche dovunque licenziando migliaia e migliaia di persone, e, alla fine, licenziato a sua volta per aver mandato in rovina la Stellantis (non solo quella italiana), ottiene dall’ azionista (lo Stato) una “buonauscita” miliardaria. Certo, il caso della Stellantis non è unico, perché, contemporaneamente, sono in crisi tutti i grandi gruppi europei, tant’è vero che la UE sta già pensando a una nuova stagione di aiuti, ma anche questo non è un disastro naturale, bensì il risultato di una serie di errori politici.
4.La crisi Volkswagen Infatti, le crisi degli altri gruppi, in primis quella della VW, potevamo vederla già a partire dal 2015, quando l’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente aveva accusato la multinazionale tedesca di avere progettato i propri motori diesel Turbocharged Direct Injection (Tdi) in modo tale che attivassero i sistemi di controllo delle emissioni solamente durante i test di controllo. Giacché la Casa di Wolfsburg non era la sola a truccare in tal modo i dati, molti osservatori ritengono che, dietro la deflagrazione delle accuse e dello scandalo mediatico che travolsero quell’unico marchio (lo stesso, guarda caso, finito spesso bersaglio delle critiche di Donald Trump), vi erano motivazioni politiche. Comunque sia, lo scandalo Dieselgate contribuì a mettere in moto quelle politiche green che hanno portato all’attuale crisi finanziaria del principale gruppo europeo. Volkswagen, probabilmente proprio per scrollarsi di dosso l’onta del Dieselgate, è stata infatti tra le Case del Vecchio continente ad aver abbracciato con convinzione le nuove motorizzazioni elettriche, con una mossa tipica del mondo industriale tedesco, che spesso ha avuto la presunzione di mettere fuori mercato la concorrenza grazie alle sue scelte innovative. Molte Case erano invece rimaste a guardare, ritardando l’elettrificazione dei propri marchi: “VW si è ritrovata con una gamma di nuove auto elettriche che erano molto costose da acquistare senza che nessuno le volesse per davvero”. A ciò non sono certo estranee le politiche americane miranti ad accerchiare l’Europa: -guerra in Ucraina e conseguente blocco dell’ importazione di idrocarburi a basso prezzo dalla Russia; -boicottaggio delle Nuove Vie della Seta con conseguenti difficoltà nelle esportazioni e negli investimenti in Cina; -dazi sempre più pesanti tanto verso la Cina quanto l’ Europa. Tutto ciò mentre alle porte dell’Europa bussano ormai le rivali cinesi: “Per un milione di ovvie ragioni le auto elettriche possono essere prodotte in Cina a un prezzo molto più basso rispetto all’Europa”. Tutto ciò è paradossale perché la Volkswagen è sempre stata altamente politicizzata, e, quindi, fortemente sensibile alle grandi trasformazioni del proprio tempo. Fondata da Hitler e da Porsche contro la volontà dell’imprenditoria tedesca, e perciò affidata al sindacato nazista (la prima grande azienda autogestita), poté sopravvivere dopo la guerra grazie al governatore inglese della Germania del Nord, e realizza nel modo più radicale il concetto tedesco di “cogestione”, che, nel suo caso, assomiglia all’ autogestione, perché l’azienda è protetta da un regime speciale detto “Volkswagengesetz”, che ne garantisce il controllo al Land della Bassa Sassonia. Ora, è in corso uno sciopero durissimo contro la chiusura di varie fabbriche. La Presidentessa del Consiglio di fabbrica, Cavallo, figlia di un emigrato italiano, ha chiamato l’Amministratore Delegato “Vergogna della Nazione”.
5.Insufficienza delle politiche nazionali ed europee La scelta dell’elettrico per garantirsi l’indipendenza economica ha senso per la Cina, che può permettersi di fare scelte autonome di lungo periodo, comprendenti tra l’altro la motorizzazione di centinaia di milioni di nuovi consumatori, le “smart cities”, le auto a guida autonoma e il dominio del solare eolico, non già un’Europa soggetto ai capricci degli USA, priva di terre rare e di deserti dove installare i pannelli solari, e tagliata fuori dal mercato della guida autonoma. Per un’Europa siffatta, purtroppo, il “time to market” è fondamentale, e può diventare fatale. Anche in questo campo, o ci trasformiamo in uno Stato-Civiltà con centinaia di milioni di abitanti, con un budget enorme e la capacità di fare investimenti decennali, oppure saremo condannati ad uscire anche dall’ industria auto. Come afferma il sito della Coface (assicurazione francese dei rischi export) il Governo cinese, investendo nell’auto elettrica più di 231 miliardi di dollari, ha fatto sì che, 2023, BYD abbia superato Tesla. Secondo la Coface,i dazi all’ import decisi dall’ UE non bastano, anche perché, nell’ attuale situazione geo-politica, una UE sempre più debole (vedi dimissioni di Barnier) non ha un peso contrattuale sufficiente per negoziare con la Cina, gli USA e gli aggressivi gruppi multinazionali.
Il progressivo sovrapporsi della vittoria di Musk a quella di Trump costituisce l’immagine plastica di una mutazione epocale in corso in tutto il mondo, definita genericamente “crisi della democrazia”:
-nell’Impero Americano, il più grande guru dell’ informatica, un finanziere che già domina tutti i mercati strategici, preme (apparentemente, con successo) per essere nominato capo di un progettato “Department of Goverment Efficiency” (“D.O.G.E.”), destinato a porre l’intero Stato americano, che domina il mondo intero,sotto la tutela del Gruppo Musk;
-in Cina, la digitalizzazione si spinge fino a controllare ogni azione dei cittadini, la loro salute, i loro spostamenti;
-in Israele, l’intero popolo palestinese è controllato ininterrottamente dai vari sistemi digitali dell’Esercito e dei servizi segreti, e i ministri possono essere “licenziati” senza motivazione e senza alcun impatto sull’appoggio dei partiti al Governo; inoltre, il Paese, divenuto, grazie a quanto sopra, il massimo esperto mondiale di tecnologie di controllo, rivende queste ultime a tutti i Paesi del mondo;
-in Russia, gli organi governativi sono perennemente riuniti in una tele-conferenze con il Presidente, e perfino le loro relazioni individuali al Presidente sono trasmesse in diretta: il trionfo del “Talk Show”;
-nella UE, si sta preparando una sorta di “mobilitazione generale”(“Rapporto Niinistö”),civile e militare, e vige una censura generale pan-europea contro chiunque non sia allineato sul “politicamente corretto”(il “Digital Services Act”);
-in Ucraina, sono stati sciolti 11 partiti politici ed espropriata la maggior parte delle Chiese, colpevoli di essere restate fedeli al Patriarcato di Mosca.
E si potrebbe andare avanti all’ infinito…
In questo intervento, cercheremo di analizzare le ragioni di questo trend, con particolare riguardo al ruolo di Elon Musk nella nuova costellazione di potere conseguente alla vittoria di Trump.
1.Brave New Word (ll mondo nuovo)
Rivivono in Musk certi aspetti del bolscevismo originario, come il cosmismo (la “colonizzazione dello spazio di Tsiolkovskij, di Vernadskij , di Bogdanov e del movimento ingegneristico kievano “Do Marsa”= “su Marte”).
Dovunque, l’accresciuta conflittualità fra il progetto post-modernista incarnato dai GAFAM (le Grandi Piattaforme americane) e quello conservatore (rappresentato dai BRICS) -conflittualità ramificata attraverso tutti gli Stati del mondo-, ha generato una situazione di guerra strisciante e di preparazione bellica permanente fra i grandi Paesi, che rende inevitabile la centralizzazione di tutti i poteri intorno al rispettivo leader e al suo “cerchio magico”, per essere sicuri della rapidità della mobilitazione bellica, per mantenere intatta la retorica ufficiale, per evitare ogni “infiltrazione” ostile, per razionalizzare un’economia sinistrata in vista di una guerra prolungata, per contrastare le catastrofi derivanti dalla crisi ecologica…Questa centralizzazione si appoggia sulle nuove tecnologie digitali di controllo capillare della popolazione, che finiranno per risultare le uniche vere vincitrici di questo confronto, come scritto profeticamente da Manuel De Landa nel suo “La guerra nell’ era delle macchine intelligenti”.
In queste condizioni, che senso ha ripetere stancamente le retoriche della libertà individuale, della separazione fra Stato e Chiesa, della divisione dei poteri, della libertà di opinione, della “privacy” che avevano caratterizzato il XX° secolo? Qui si fa solo più a gara a chi abolisce più libertà, considerandosi ogni realtà indipendente come un focolaio di pericolo, in quanto è possibile che venga conquistato da un “nemico”, e usato per “destabilizzarci”.
L’insistere a tentare di spiegare tutto ciò con gli stereotipi del XX° Secolo è non solo inutile, ma anche sospetto, in quanto è molto probabile che si voglia nascondere in mala fede la realtà delle cose, e in particolare il fallimento di una cultura irrealistica (i “parametri utopico-liberali” di cui parla Giovanni Ursina), che per altro ha sostenuto le carriere di intere generazioni d’intellettuali e di politici.
Quando si attaccano, con l’accusa di “democrazia illiberale”, alcuni Paesi dell’Unione Europea (Ungheria, Slovacchia) o della NATO (Turchia), in realtà si vuole condannare non già la loro pretesa illibertà, bensì la loro eccessiva indipendenza, che permette loro di non schierarsi al 100% con l’ America, divenendo così a loro volta un pericolo per il controllo centralizzato e militarizzato,da parte da parte della stessa, degli “alleati” occidentali. Tuttavia, questi Stati non fanno che ripetere in piccolo quello che già succede in grande nelle grandi potenze (a cominciare dagli Stati Uniti), e anticipando quello che accadrà ancora in tanti altri Stati. Essi debbono centralizzarsi per resistere ai potentissimi condizionamenti del Complesso Informatico-Digitale occidentale (di cui Musk è il tipico esempio)..
D’altronde, le contraddizioni della Modernità che stanno esplodendo ora, e, in particolare, quelle della “democrazia” occidentale, erano già iscritte fin dall’ inizio nel suo DNA. Per esempio, pur parlando di democrazia, lo stessoGeorge Washington ne criticava già, in nome del “Repubblicanesimo”, gli aspetti fondamentali: i partiti, il voto popolare e lo spirito di parte.
Il punto è che la democrazia è per sua natura illiberale. Mentre il liberalismo è un’ideologia tipica dell’ aristocrazia del ‘700 che lottava contro lo Stato assoluto inneggiando alla “liberalità” dei signori (pensiamo a Rochefoucauld), la democrazia è quella deriva delle antiche Poleis, denunziata fin da Omero (Tersite), per passare a Socrate, Aristotele e lo “Pseudo-Senofonte”, che le aveva portate ad essere dominate da un pathos plebeo, dalla demagogia, dall’“oclocrazia”(l’”apistos demos” di Aristotele), e, infine, dalla tirannide (i Trenta Tiranni). E che altro è il “trumpismo” (o il “populismo”:la “pancia” del popolo), se non lo spirito plebeo elevato a virtù civica, in quanto la più pura espressione del “popolo” tanto esaltato negli ultimi 200 anni?
“Democrazia illiberale” è un termine assolutamente equivoco, sia se usato in senso dispregiativo, sia usato in senso elogiativo, perché, nell’attuale gergo americaneggiante, tanto “democrazia” quanto “liberale” designano il contrario di quanto avevano significato per almeno mezzo secolo in Europa (per esempio, in “Democrazia Cristiana” e “Partito Liberale”). D’altronde, la traduzione del l’omonimo libro di Zakaria parla giustamente di “democrazia senza libertà”, che ben si attaglia a praticamente tutti gli Stati attuali. Sarebbe forse meglio parlare di “sistema carismatico-rappresentativo”, in quanto esso tenta di conciliare l’esigenza di un leader, provocata dalla mobilitazione generale mondiale, con le forme giuridiche della democrazia rappresentativa (così come, nel Principatus augusteo, l’esigenza di un principe provvidenziale veniva conciliata con le forme tradizionali del cursus honorum repubblicano)
Del resto, vi è sempre stato un legame fra “mobilitazione generale” e idolatria del “popolo”, che è quello che, come ben studiato da Jünger, aveva portato ai totalitarismi del 20° Secolo. L’unico modo per por fine alla mentalità da mobilitazione generale è far finire la Terza Guerra Mondiale, rendendo nuovamente possibile, all’interno di ciascuno dei blocchi concorrenti, una forma di pluralismo, non più accusabile di “intelligenza con il nemico”. Vediamo se Trump ne sarà veramente capace.
Questa situazione smentisce in modo definitivo la credenza che, nel XXI° secolo, possano avere ancora una qualche utilità le categorie di “Destra” e di “Sinistra”, ma anche di “Democrazia” e “Autocrazia”, essendo restata in campo solo la distinzione fra “governo degli algoritmi” (come quello che si è instaurato in America grazie alla convergenza delle azioni di Eric Schmidt e di Elon Musk) e il (almeno più “umano”) “governo del leader” (come quelli di Cina, Russia, India, Turchia..).
In questo contesto, l’Europa, disabituata a pensare dall’egemonia del “pensiero unico”, non sa più come orientarsi. Perfino coloro che, per un motivo o per l’altro, amerebbero defilarsi dal Governo delle Macchine Intelligenti, dell’America e della NATO, sono in seria difficoltà, visto che c’è una corsa sfrenata da parte di tutti ad accattivarsi la coppia, ormai onnipotente, “Trump-Musk”, mentre le effettive intenzioni di Trump non sono ancora neppure note. Come ha affermato sprezzantemente Putin, “ciò che manca all’ Europa sono i cervelli”.
La vicenda Trump-Musk dimostra almeno quanto siano ancora diverse l’Europa e l’America.
2.Il ruolo di Elon Musk nell’amministrazione Trump
Come anticipato, vogliamo qui concentrarci però su quella che appare come la vera novità del secondo mandato di Trump, il quale forse ha vinto in questo modo schiacciante non già per l’appoggio di nuove correnti di opinione o all’ “endorsement” di autorevoli “opinion leader”, bensì grazie a un impero finanziario e tecnologico -quello di Musk- che già domina l’Occidente, sui mercati dei media, delle biotecnologie, dell’ intelligenza artificiale, dello spazio, dell’ autoveicolistica, delle telecomunicazioni, essendo così in grado di pilotare l’intera società americana e di mettere in ombra gli stessi GAFAM “minori”. E, difatti, Musk ha messo a disposizione di Trump un congruo numero di miliardi, di cui una quota precisa dedicata al voto di scambio, oltre che l’accesso senza limiti e senza censura alla piattaforma “X”, quella che era stata un tempo Twitter, e che Musk ha comprato. Gli mancava solo il timbro di “Direttore tecnico degli Stati Uniti”,cosa che oramai sembrerebbe avere. Infine, è lui il migliore intermediario con Zelenskij, perché buona parte dell’ esito della guerra dipende dalla disponibilità, o meno, della rete Starlink.
Si è superato perfino il concetto marxiano di “Comitato d’affari della borghesia”: l’Amministrazione americana è il dominio privato di due imprenditori-soci, dei quali l’uno, il Presidente e il “junior partner”, anche se rappresenta formalmente lo Stato, ma l’altro, da “CEO”, controlla l’intera società, realizzando così il sogno tecnocratico di Saint-Simon. Altro che “conflitto di interessi”!
Il gigante aerospaziale SpaceX eTesla di Musk sono entrambe tra le aziende che valgono di più al mondo al mondo. SpaceX è la seconda più grande azienda privata al mondo, con una valutazione di 210 miliardi di dollari. La società di veicoli elettrici Tesla è la decima società quotata, con una capitalizzazione di mercato di oltre 900 miliardi di dollari.
Musk ha una quota del 42% in SpaceX e una quota del 13% in Tesla, e ha anche quote di controllo in X, la piattaforma precedentemente nota come Twitter, e nella startup di intelligenza artificiale generativa xAI. Musk è di gran lunga la persona più ricca del mondo, con un patrimonio netto di circa 280 miliardi di dollari, più di 60 miliardi di dollari in più rispetto al secondo uomo più ricco, il fondatore di Amazon Jeff Bezos.
Ma, soprattutto, Musk incarna nel modo più trasgressivo la “hybris” del Postumanesimo, nei suoi aspetti più inquietanti: l’Intelligenza Artificiale Generativa, le microchip nel cervello, i twitter senza alcuna moderazione, la colonizzazione privata dello spazio, la disoccupazione tecnologica, la maternità surrogata.
In effetti, il progetto di Musk, cioè quello di ufficializzare il controllo dei GAFAM sullo Stato americano, e, con ciò, sull’ Occidente, non è nuovo. Esso era stato teorizzato da Schmidt e Cohen nel loro libro “The New Digital Age”, concepito dai due autori nel 2003, nella Baghdad ridotta in cenere ed occupata dall’ esercito americano, in cui si suggeriva che Google avrebbe dovuto sostituire la Lockheed nel guidare l’America alla conquista del mondo (“Googleization of the World”). Ed è stato criticato da Evgeny Morozov quale ultimo tentativo, da parte di una civiltà fallimentare, per bloccare l’esito della Storia, che, di per sé, starebbe voltando le spalle all’ Occidente.
Sempre Schmidt aveva incominciato a mettere in pratica quel progetto, con la creazione di NSCAI, la commissione incaricata dal Congresso di elaborare una strategia per contrastare il superamentodegli USA da parte della Cina, da cui nacque l’Inflation Reduction Act, con cui il Senatore Schumer si proponeva di “mettere fuori mercato il mondo intero”.
Ora, è stata colmata una lacuna nel progetto, perché Musk (anche se aborre la California, preferendole il Texas) sta non soltanto teorizzando, bensì incarnando nella propria persona, la “ideologia californiana”, che fonde cultura nichilista e intelligenza artificiale, politica tecnocratica e monopolio universale.
Facendo ciò, egli ha dato un significato concreto all’ ideologia M.A.G.A., oscillante vagamente fra l’isolazionismo e il nazionalismo.
3.Il “programma di governo” di Musk
Musk, nonostante che provenga dal campo progressista e abbia sostenuto Trump solo da luglio, ne è divenuto ormai il compagno inseparabile, perfino nei colloqui con Zelenskij, anche se è improbabile che assuma un ruolo ufficiale. Egli ha, inoltre, affermato che “non è necessario alcun compenso, alcun titolo, alcun riconoscimento” per i suoi servizi (ampiamente compensati evidentemente dalla possibilità di difendere dall’ alto i propri interessi), guidando un “Dipartimento per l’efficienza governativa” (D.O.G.E.) che Trump ha pubblicizzato come “Segretariato per la riduzione dei costi”, con l’obiettivo di tagliare da 2.000 miliardi di dollari o più dal bilancio federale (evidentemente subappaltando funzioni pubbliche alle multinazionali del web, e, in primis, a quelle di Musk, che è già l’insostituibile fornitore dell’ Amministrazione). In un’intervista al podcastJoe Rogan Experience ha detto che spera di “sgomberare il ponte” da regolamenti e agenzie federali indebiti e “ridurre le agenzie [federali] per renderle molto più piccole….assicurarsi che …si attengano a ciò che il Congresso ha autorizzato”.
D’altra parte, le aziende di Musk sono al lavoro anche in Italia per darsi assegnare (vedi scandalo S.O.G.E.I.) delle commesse strategiche, nell’outsourcing dei servizi pubblici, con le quali anche il nostro Paese diventerà dipendente da Musk per il funzionamento stesso dello Stato, così come stafacendo in America, e come avevano già fatto le Istituzioni europee con Microsoft.
Quali siano le sue intenzioni lo ha dimostrato ancora il 13 novembre, con un post sulla sua piattaforma dedicato alle sentenze dei giudici italiani (ed europei) circa i “paesi sicuri”. La forma e il contenuto del post costituiscono un esempio ineguagliato delo stile di Musk, che interviene non sollecitato su una vicenda giudiziaria italiana ed europea, indicando una soluzione, le dimissioni dei giudici, che è agli antipodi, non solo dell’ ordinamento italiano, ma anche sull’ “ordine giuridico basato sulle regole” di cui l’ America si fa vanto. Per quanto sia pericoloso, e/o sgradito, essere sommersi da immigranti che porteranno anche da noi l’insanabile contraddizione americana fra “Whites” e “Non-Whites”, ancor peggio è essere governati contra legem da Washington da un informatico sud-africano, quasi fossimo un “bantustan” qualunque. Questo dimostra plasticamente che cosa dovrebbe impedire l’ “autonomia strategica” italiana ed europea.
Musk ha affermato inoltre che, dopo queste elezioni, non ha alcuna intenzione di smettere di pesare sulla politica. Il suo super comitato di azione “continuerà dopo queste elezioni e si preparerà per le elezioni di medio termine e per eventuali elezioni intermedie”, evidentemente tentando anche di interferire nelle politiche interne degli “alleati”, come faceva già Bannon. Fortunatamente, Trump si era presto stancato di quell’ alleato scomodo.
4. Musk e l’Antitrust
L’idea che il più grande monopolista del mondo sia incaricato dal Presidente di ristrutturare lo Stato americano mette una fine definitiva dell’illusione che la “destra” sia favorevole al libero mercato. E’ come incaricare il lupo di guidare una mandria di agnelli. Il che è per altro logico, perché la “destra” trumpiana non è liberista, bensì interventista nell’ economia, ma nell’ ottica attuale della mobilitazione bellica, secondo il collaudato modello del “keynesismo militare”, applicato negli Stati Uniti di Roosevelt, nella Germania nazista e oggi nella Russia di Putin. Il ruolo degli imprenditori è quello di “oligarchi”, fedelissimi del “leader” che possiedono le imprese, ma le gestiscono secondo le esigenze della programmazione bellica (pensiamo per esempio alla programmazione di Todt e di Speer e alle Reichswerke Hermann Göring).
Come ovvio, Musk si è scontrato spesso con i regolatori dell’amministrazione Biden. La FTC guidata da Khan ha colpito X, allora nota come Twitter, con unamulta di 150 milioni di dollari, e ha ordinato restrizioni sui metodi di raccolta dati per la pubblicità della società di social media per la pubblicità. La SEC guidata da Gensler si è scontrata con Musk per il suo uso di Twitter nel contesto del suo ruolo in Tesla, risalente a un controverso tweet del 2018 in cui Musk ha affermato di aver ottenuto i fondi necessari per rendere privata la Tesla.
Ci sono poi una serie di cause legali in sospeso e indagini governative contro Musk e le sue aziende, che naturalmente apprezzerebbe il clima normativo più leggero lanciato da Trump. Tra le questioni legali e normative che Musk deve affrontare ci sono un appello per ripristinare il suo bonus da 50 miliardi di dollari in azioni Tesla, annullato da un giudice del Delaware a gennaio, un’indagine sui sistemi di guida autonoma di Tesla da parte della National Highway Traffic Safety Administration e un avvertimento segnalato dal Dipartimento di Giustizia sui premi da 1 milione di dollari dell’American PAC ad alcuni elettori di stati indecisi.
Tesla, che rappresenta la maggior parte della ricchezza di Musk rispetto a qualsiasi altra sua azienda, sta già ricevere una formidabile spinta dalle proposte economiche di Trump che probabilmente danneggerebbero i suoi concorrenti di veicoli elettrici, un vantaggio che si è tradotto nel rally delle sue azioni mercoledì, fatto che ha già fatto aumentare il valore delle azioni di Tesla fino a un trilione di dollari.
Al diavolo il conflitto di interessi!
Eppure, la resa incondizionata degli Stati ai guru dell’informatica non sarebbe in teoria affatto inevitabile. Lo dimostra il caso della Cina.
5.Il precedente di Jack Ma
Ricordiamo che uno scenario analogo si era prodotto recentemente in Cina, dove esistono multinazionali digitali che, seppure presenti solo in quel Paese, hanno dimensioni analoghe a quelle americane (i “BAATX”). Questo è uno degli aspetti più appariscente della presunta defezione della Cina verso il capitalismo, sulla quale non concordiamo, perché, tecnicamente, il socialismo non è la statizzazione di tutta l’economia, bensì “il controllo sociale sui mezzi di produzione”, che è ciò che si sta realizzando in Cina attraverso meccanismi giuridici complessi, comprendenti anche il mercato.
Anche Jack Ma aveva creato un impero privato simile a quello di Musk (oltre ad assumere atteggiamenti spettacolari ricalcati su Musk, come quando si era presentato ai dipendenti vestito come Michael Jackson.).
Nel frattempo, la Cina aveva approvato a tempo di record una serie di leggi sull’ ICT ispirate a quelle europee, ma più concrete e applicabili, in base alle quali tutte le multinazionali cinesi si sono viste esposte a una pioggia di sanzioni, in quanto, come le loro colleghe occidentali, intralciano continuamente la concorrenza, trascurano la privacy, ecc…(il “Crackdown sui BAATX”).
Quando Ma aveva lanciato una campagna di stampa contro il sistema bancario cinese, che gli negava quel sostegno finanziario che invece Musk ha in Occidente, per trasformare il suo impero industriale e tecnologico cinese in un impero finanziario mondiale, è stato arrestato e detenuto per alcuni mesi, finché ha rinunziato ai ruoli operativi nelle sue società, trasferendosi all’ estero e limitandosi a incassare i dividendi dovutigli in quanto socio di minoranza delle società stesse.
7.Trump e i conservatori
Un altro “miracolo” di Trump è stato quello di trasformare i conservatori, da sempre considerati “dei pariah” della politica, specie europea, in protagonisti ambiti delle politiche nazionali e della UE.
Grazie a ciò, l’”accoppiata” Trump-Musk ha indebolito con una duplice mossa un probabile ostacolo al dominio mondiale dei GAFAM: la resistenza in nome dell’umano al “Governo degli algoritmi” di Musk, così simile al “Governo delle Regole” tanto caro al liberalismo di sinistra. Questa resistenza non potrà venire se non da ambienti “lato sensu” conservatori, come per esempio le Chiese. Probabilmente, la coppia Trump-Musk spera che, essendole essi grati per averli fatti uscire dai loro ghetti, vari tipi di “conservatori” lascino per un momento da parte le loro legittime ragioni ideali, che concettualmente li opporrebbero al “governo delle macchine” – chi per orgoglio nazionale, chi per umanesimo, che per difesa della libertà-…, e “lavorino” come si dice oggi, con la coppia Trump-Musk e con gli altri grandi soggetti geopolitici modo da non contrastare, bensì da agevolare, il progetto della “Singularity Tecnologica”. Ricordiamoci che Musk, come persona, tiene comportamenti ricalcati sui grandi transumanisti, come Ray Kurzweil e l’iraniano Fereidun Esfandiari. Quest’ultimo (il cui nome originario era la traduzione in Farsi, di quello del Salvatore dell’ Avesta, Thraetona) aveva fatto modificare all’ anagrafe il proprio nome e cognome in FM-2030, anno in cui, secondo i transumanisti, sarebbero state curate certe malattie, come quella al pancreas di cui egli sarebbe morto dopo poco, e, contestualmente, s’ era fatto ibernare. Ebbene, anche Musk, oltre a fare ricosto alla gestazione surrogata, ha chiamato il proprio figlio “X Æ xii” (quasi fosse un nuovo modello di macchina).
La battaglia politica che, fino ad oggi, si era svolta essenzialmente all’ interno dei “parametri utopico-liberali” di Ursina (anche la Democrazia Cristiana, e perfino il Fascismo, erano a loro modo stregati dal mito del Progresso), oggi lo spazio concettuale entro cui si combatte per l’egemonia politica mondiale è sostanzialmente “conservatore” (dall’interpretazione delle varie religioni e tradizioni nazionali a quella del mito moderno del Superuomo, fino ai critici moderni della Modernità: Ricci, Ibn Khaldun, Nietzsche, Dostojevskij, Huxley, Dumont, Teilhard de Chardin, Burgess, Compagnon).
Come scrive sempre Orsina, “l’ordine utopico-liberale non abbia saputo mantenere le sue promesse e … il suo fallimento ne abbia fatto emergere chiaramente i consistenti tratti di disumanità, l’affidarsi a un esistente essere umano e astratto. Disincantato, decontestualizzato, perfettamente morale e perfettamente razionale”. In sostanza, si è compiuta la Dialettica dell’ Illuminismo descritta da Horkheimer e Adorno.
E’ all’ interno di quest’ ampio spazio politico e culturale (l’unico rimasto oggi relativamente vivo al di fuori del postumanesimo) che si può, e si deve, ora, lanciare una battaglia sulla preservazione dell’ Umano, sulla libertà minacciata, sulla pace nel mondo, sul ruolo delle classi sociali, dei popoli e dei Continenti…). Se necessario, contro tanti falsi “conservatori” che operano come apripista per la Singularity Tecnologica e per il “Governo degli Algoritmi”. Tale critica al progetto post-umanista non dev’essere preconcetta, bensì partire dalle sue (per quanto discutibili) radici storiche :ilMistero dell’ Incarnazione, l’“Antiquatezza dell’Uomo”, il mito dell’ Eterno Ritorno...
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Uno dei recenti libri più preveggenti e premonitori sull’avvenire dell’ Umanità è stato“La guerra al tempo delle macchine intelligenti” di Manuel De Landa, del 1991.
L’Autore, partendo dalla “teoria del Caos”, descrive, in modo assolutamente originale (anche se ispirato, in ultima analisi, da Eraclito), la storia umana come una storia di armi, intesa cioè come l’evoluzione, con una forma di parassitismo, delle macchine dal comportamento umano, e, in particolare, dal comportamento bellico.
Le macchine sono sempre state prioritariamente armi, dall’amigdala, all’ arco, alle armature, alle armi bianche, fino a quelle da sparo, ai veicoli, e, finalmente, alle macchine intelligenti, anch’esse nate come sottoprodotto dei finanziamenti pubblici per la Difesa (il DARPA, fondatore di DARPANET, alias Internet).
In questi ultimi 30 anni, le macchine hanno fatto progressi da gigante, incominciando a sostituirsi agli umani in molti compiti, a cominciare da quelli bellici. Con questa “Guerra Mondiale a Pezzi”,il “Phylum Macchinico” (come lo chiama De Landa) incomincia a orientare il comportamento degli umani, innanzitutto influenzando le elezioni, e, poi, guidando le strategie belliche, commerciali e finanziarie.
E’ significativo che i vertici delle società informatiche (che potrebbero essere visti come degli “ambasciatori del Phylum Macchinico”) svolgano un ruolo sempre più importante nella politica americana, e, di riflesso, riescano ad incidere in modo decisivo anche sui Paesi occidentali influenzati dalle scelte americane. Ultimi casi, la presunta corruzione dei vertici di Sogei da parte del gruppo Musk, come pure l’acquisizione, da parte di un fondo americano, della principale impresa robotica italiana.
1. l’Intelligenza Artificiale in Ucraina, Palestina e Iran
Nel frattempo, le guerre in Ucraina e nel Medio Oriente proseguono con un ampio utilizzo dell’intelligenza artificiale, e, in primo luogo, dei droni assassini, usati tra l’altro nell’ uccisione mirata di leaders politici o militari avversari (in cui eccelle Israele, ma anche Hamas ci sta tentando).
Come è oramai abbastanza chiaro a tutti, il rischio che le armi guidate dall’intelligenza artificiale sfuggano di mano è elevatissimo, anche perché esistono compiti di tecnica militare (come la programmazione e la guida di scenario, come la sorveglianza contro attacchi imprevisti, come l’antiaerea – pensiamo all’ “Iron Drome” israeliano-), che sono oggi svolti quasi esclusivamente da macchine intelligenti, il cui funzionamento, specie in condizioni di stress, non sempre è ineccepibile, così come aveva dimostrato plasticamente già nel 1983 il fallimento del sistema sovietico “OKO”.
Per questo motivo, per quanto importanti possano essere i vari settori di applicazione dell’algoretica, e le diverse discipline giuridiche che sono state escogitate per farvi fronte, nessuno di esse supera per rilevanza il settore Difesa. Anche perché, con l’abbandono della Coesistenza Pacifica e dei Trattati per il Controllo degli Armamenti, l’entrata in campo di nuovi attori, i missili ipersonici e la proliferazione nucleare, gli scenari bellici divengono sempre più indecifrabili, rendendo quasi impossibile il compito degli strateghi “umani”, come illustrato brillantemente da Eric Schmidt ai vertici dell’aeronautica militare americana.
al Circolo dei Lettori di Questo tema è stato illustrato e discusso Torino il 28 ottobre da Francesca Farruggia, dell’ Università di Roma 1 e da Ettore Greco, vice-Direttore dell’IAI.
Il risultato del dibattito è stato piuttosto sconfortante.
Innanzitutto, gli oratori hanno constatato che, purtroppo, negli ultimi decenni, la situazione del controllo degli armamenti si è deteriorata per una serie concomitante di sviluppi: il deterioramento dei rapporti fra Ovest, Est e Sud del Mondo; i conflitti armati in corso; la maggior efficienza delle armi di distruzione di massa (in particolare i missili ipersonici e i droni di tutti i tipi). Ciò ha portato all’ uscita, da parte delle grandi potenze, dalla quasi totalità dei trattati per il controllo degli armamenti. Le discussioni in corso presso le Nazioni Unite e il Consiglio d’Europa, a cui si riferisce il nostro libro “La regolamentazione internazionale dell’Intelligenza Artificiale”
2.L’esigenza di nuovi trattati internazionali sull’Intelligenza Artificiale nel settore della Difesa
Il principio basilare del controllo umano, sancito dalle scarse norme esistenti in materia, diviene sempre più evanescente di fronte a guerre nucleari che si potrebbero concludere anche solo in pochi minuti. Questo ha reso l’uso dell’ Intelligenza Artificiale inevitabile. Probabilmente, il controllo va spostato alla fase della programmazione, ma l’esito diventa sempre più aleatorio. Probabilmente, occorrerà tonare a limitazioni delle disponibilità di certi tipi di armi di distruzione di massa.
Nello stesso tempo, nonostante l’intercessione in tal senso da parte di eminenti personaggi super partes – come il PapaHenry Kissinger(poco prima della sua morte), e, infine, il Segretario generale delle Nazioni Unite, Guterres-, i negoziatori dei nuovi trattati internazionali sono lontanissimi dall’ estendere al settore Difesa (ma perfino a quello delle grandi piattaforme) gli atti normativi sull’ IA in discussione di fronte al legislatore europeo e internazionale.
Addirittura, quello che è in discussione alle Nazioni Unite sarebbe un trattato molto limitativo, limitato all’ uso bellico dei soli droni. Eppure, anche questo trattato è fermo da moltissimi anni.
In questa situazione, vi è, parallelamente alla corsa agli armamenti, anche quella all’ Intelligenza Artificiale. Ciò che è più preoccupante è il fatto che, fra i “vantaggi” dei robot, vi è anche e soprattutto quello di essere in grado di sopravvivere anche in condizioni ambientali che sarebbero esiziali per gli umani, primo fra questi, quello della guerra NBC (la “Guerra Nucleare, Batteriologica e Chimica”), il che rende sempre più realistico lo scenario della sostituzione dell’uomo con le macchine in occasione della guerra in corso, e grazie ad essa.
Infine, desta preoccupazione anche il fatto che molte delle ideologie più in voga (a cominciare dal Postumanesimo, per continuare con la “Fine della Storia”, fino ai diversi integralismi religiosi), abbiano un’origine e una matrice prettamente apocalittiche, dove l’Apocalisse, coerentemente con le sue radici zoroastriana e biblica, non costituisce un evento traumatico e isolato, bensì un processo che avvolge tutta la storia,e che è, per alcuni, positivo, e, per i più, inevitabile. Ciò restringe sempre più il ruolo riconosciuto al Libero Arbitrio, già soffocato dalle teologie protestanti, e, poi, dalle impostazioni scientistiche, secondo cui non esisterebbe la libertà umana, in quanto ogni azione sarebbe preordinata da natura, genetica, storia, economia e medicina.
3.E’un pericolo evitabile?
Certo, neppure le tesi di coloro che credono che l’umanità possa determinare, almeno parzialmente, la propria sorte, sono esenti da contraddizioni. Intanto, normalmente si tratta di scettici, che, in coerenza con le idee di Wittgenstein, Heisenberg, De Finetti e Feierabend, non credono di avere alcuna garanzia che le proprie azioni possano avere un qualsivoglia impatto sulla realtà. In secondo luogo, negando che vi sia alcuna comunicazione fra essere e dover essere, non possono fondare le proprie scelte su nulla. In terzo luogo, quand’anche essi ravvisino la radice dei comportamenti umani a elementi irrazionali, come l’istinto, l’intuito, la fede o il sentimento, non possono chiamare questo “libertà”, perché anche in questi casi gli umani sono più trascinati che non attivi.
Vi è una contradizione fra l’onnipotenza e l’onniscienza di Dio.
Forse, l’unico fondamento credibile in un mondo relativistico è costituito dall’ identità, elemento contestato fin dal suo”scopritore”, Hume, ma sempre risorgente sotto nuove forme, individuali o collettive, quale ragion d’essere misteriosa ma efficiente del comportamento di persone, gruppi e popoli. Ciò che ci spaventa delle Macchine Intelligenti è proprio che esse ci tolgono l’Identità. Se i nostri comportamenti sono sempre più conformati da meccanismi impersonali e comunque non umani, dove vanno a finire la nostra unicità, i nostri legami, le nostre tradizioni? Questa è la grande paura a cui si danno molti e contraddittori nomi: nichilismo,comunismo, relativismo, globalizzazione, capitalismo…
I più cercano di convincerci che la tecnica è “neutra”, nel senso che se ne può fare tanto un uso “buono” (per esempio, alleviare le malattie) quanto un uso “cattivo” (per esempio, bombardare). Non condividiamo questo semplicismo. La tecnica è “antiumana” per il fatto stesso che mira a sostituirci. Questo è “un bene” per coloro che da tempo predicavano la necessità di cancellare l’Umanità (i primi buddhisti, Teilhard de Chardin, forse Nietzsche), ma non lo è per coloro che credono che l’istinto di auto-conservazione (“Selbst-behauptung”) sia legittimo, e, forse, provvidenziale.
Così come ci risulta difficile comprendere come possa funzionale la libertà umana, altrettanto difficile sembra immaginare come si possa por fine a questa corsa verso l’autodistruzione. Alcuni affermano, facendo seguito, chi al determinismo marxista , chi alla teoria dello sviluppo di Rostow, che è impossibile frenare lo sviluppo tecnico, e che non resta che adeguarsi (l’”Uomo Antiquato” di Anders;l’”Anarca”di Juenger). Altri, come Heidegger, pensano che solo una Teofania (l’”Evento”) possa salvarci.
Questi dubbi filosofici spiegano forse la difficoltà di convincere l’opinione pubblica e le autorità ad impegnarsi in questa materia, tanto sul piano teorico (cercando di trovare una teoria convincente su quanto ci sta accadendo), e sul piano pratico (cercando di delineare dei percorsi per la fuoriuscita da questo pericolo).Infatti, è facile scoraggiarsi di fronte all’ enormità della sfida e alla vaghezza delle idee in proposito
Nessuno nega la difficoltà di questo compito, specie per una popolazione deresponsabilizzata da decenni di propaganda, di partitocrazia, di burocrazia, di declino economico. Eppure, se mai vi fu l’esigenza di un impegno pubblico, questo è ora. I pericoli della Bomba, del surriscaldamento atmosferico, delle migrazioni incontrollate, sono nulla in confronto al pericolo di una guerra totale accompagnata dal sopravvento delle Macchine Intelligenti.
4.La nostra campagna
Buona parte delle nostre attività ruotano intorno a questa problematica:
a)la cultura contemporanea offre strumenti per progettare il futuro?
b)Vale ancora il principio che “è meglio che vi sia qualcosa piuttosto che non vi sia nulla?”
c)Quale forza può restituire all’ Umanità ormai insterilita la motivazione a vivere e a svilupparsi?
d)Un adeguato mix di culture mondiali può supplire al nichilismo di quella occidentale?
e)In che modo trarre profitto dall’auto-affermazione del Sud del Mondo per ringiovanire il dibattito filosofico?
f)Quale apporto può fornire l’Europa a questo dibattito?
g)Come può l’Europa portare avanti questo contributo nonostante la sua debolezza geopolitica e militare?
h)Come giocano in tutto questo le lotte politiche all’ interno degli Stati Uniti?
i)I BRICS e le Nazioni Unite possono esercitare un ruolo proattivo davanti allo spadroneggiare dei GAFAM nei Paesi occidentali?
l)Quali contenuti dare ai trattati internazionali in gestazione, per colmare le intollerabili lacune in materia di Intelligenza Artificiale Militare e di predominio incontrastato dei GAFAM?
Per questo abbiamo redatto il documento di lavoro “La regolamentazione internazionale dell’ Intelligenza Artificiale” .
Invitiamo tutti a dare il loro contributo di idee e di azione.
5.”Non copiare”?(cfr.Francesco Giavazzi, Corriere della Sera)
Per quanto vari aspetti dell’ Intelligenza Artificiale che ad altri sembrano essenziali (come roboetica, transizione verde, arretratezza europea) siano messi in ombra, a nostro avviso, dall’ incombere della Terza Guerra Mondiale, purtuttavia, quest’ultima ha anche un impatto così onnipervasivo, da condizionare tutti i settori della vita umana, e, in primo luogo, la competizione economica mondiale, che anche quest’ultima, all’ alba della Singularity, non può essere descritta se non come una “guerra economica”.
Senza perderci in complesse elucubrazioni teoriche, vorremmo ricordare alcuni esempi nella storia industriale piemontese, in cui si vede che, a dispetto delle consolanti “grandi narrazioni” dell’ “establishment”, l’avanzamento tecnologico nel XX° secolo è stato strettamente legato a fattori bellici. Incominciando dal sostegno della RIV all’esercito russo zarista già nel 1912, allo “spezzatino” della SKF ordinato dall’ antitrust americano, dal ruolo determinante esercitato sullo sviluppo di Torino dal contributo della Fiat allo sforzo bellico, nella guerra italo-turca, nella 1° e nella 2° guerra mondiale, per passare ai ruoli di intelligence dell’ Ing. Olivetti e alle singolari circostanze della morte sua e del Prof.Chu, “padre” dell’ informatica Olivetti, come pure all’ importanza del militare e dell’ aerospaziale per FIAT Avio e Alenia, con collaborazioni tanto con la Russia, quanto con l’Ucraina.
La politica di privilegiare il “copiare” rispetto all’ “inventare” risale proprio alla subordinazione dell’economia italiana ai grandi gruppi internazionali, che sta dietro al delitto Matteotti, come alla cancellazione dell’ Olivetti informatica, agli accordi nel settore aerospaziale, al boicottaggio dei campioni europei, come Concorde, Auditel, Airbus, EADS…
Gli Americani, divenuti dominanti, non potevano accettare di essere secondi a un loro “alleato” in nessun campo, come si vide con l’inspiegabile ordine dato alla General Motors di comprare (per chiuderla), la Olivetti elettronica proprio mentre stava realizzando (clandestinamente, sotto la nuova governance americana), di 44000 personal computers al mercato americano.
Il timore di fare la fine di Olivetti e di Mattei ha spinto gl’imprenditori italiani verso una politica di bassissimo profilo. Ricordo un’indagine all’ interno del Gruppo FIAT, in cui i 12 Capi-Settore avevano risposto unanimemente che era meglio copiare che non inventare. Ricordo anche il grande stupore di tutti quando avevo intrapreso un’indagine simile all’ interno del Settore Componenti, basata su una raccolta di dati sulle licenze attive e passive, da cui risultava che, contrariamente ai miti correnti, le società del settore ricevano, per brevetti e know-how, più canoni di quanto ne pagassero a terzi. Evidentemente, la paura di ritorsioni aveva spinto tutti, anche coloro che la proprietà intellettuale l’avevano, a nasconderla accuratamente. Ma, come scrive Giavazzi sul Corriere della Sera, “Quando un’economia raggiunge la frontiera della tecnologia, ‘crescere per imitazione’ ,non è più possibile: bisogna innovare, saperlo fare”.
Orbene, non è che gl’Italiani non lo sappiano fare, è che gli si è impedito di farlo, e per un periodo così lungo, che essi vi si sono veramente disabituati.La frontiera della tecnologia la si era raggiunta molto tempo fa, con i primi motori a reazione e i primi computer, che si è manovrato in modo che restassero per sempre appannaggio degli USA, o, qualche volta, degli Anglosassoni in generale, sempre per mantenere l’Europa sottomessa. Pensiamo per esempio ai cacciabombardieri Tornado e Typhoon, o ai motori Safran, co-prodotti con imprese americane e inglesi con formule di “risk and revenue sharing” in cui il “lead partner” è sempre stato un’impresa anglosassone.
Ancor peggiore è la situazione nell’ informatica, in cui,60 anni dopo i primi computer Olivetti, imprese europee di dimensioni apprezzabili non ce ne sono ancora, e i Governi trattano sempre (in modo poco trasparente) con i soli GAFAM.
La soluzione suggerita da Gavazzi è quella sempre adottata in realtà in questi 80 anni: dare incentivi a imprese (o filiali) localizzate in Europa (ma magari di proprietà americana), per progetti americani (basti pensare a tutto il settore aeronautico). L’incremento della spesa militare conseguente alla guerra in Ucraina non ha fatto che peggiorare questa situazione, a causa della gran massa di acquisti diretti negli USA (magari con i soldi del PNRR). E questo proprio quando il Parlamento Americano, con l’Inflation Reduction Act, ha fatto proprio l’obiettivo del Senatore Shumer, quello di “mettere fuori mercato il mondo intero”.
Cosa che si sta realizzando puntualmente (ma nei soli paesi occupati dagli USA, come Germania-vedi VW-, Europa e Giappone), mentre il resto del mondo (p.es., Cina, Paesi Arabi, Russia) sta procedendo a gonfie vele.
Ha suscitato giustamente scalpore il fatto che Israele abbia attaccato ripetutamente e deliberatamente le basi UNIFIL sotto il comando italiano, provocando tra l’altro gravi ferimenti di Caschi Blu – un’azione che il Ministro della Difesa Crosetto ha giustamente definito come “crimine di guerra”-.
Questo scalpore è giustificato soprattutto dal fatto che la “Guerra Mondiale a Pezzi”, oramai non più tanto a pezzi, sta scalfendo una gran quantità di luoghi comuni impostici da decenni dai media occidentali. Fra questi, il più pernicioso è stato quello relativo alla presunta “imminenza della Pace Perpetua”, veicolato dalla retorica delle Organizzazioni Internazionali e dell’ Unione Europea.
Mentre le Nazioni Unite hanno appena fatto il punto sulla loro pretenziosa Agenda 2030, esse si vedono addirittura attaccate militarmente da uno dei propri membri, che l’accusa di essere troppo imparziali nel conflitto con i Palestinesi, mentre invece, secondo Israele, questi ultimi sarebbero dei “terroristi”, da sterminarsi semplicemente, senza curarsi del diritto internazionale umanitario. I Caschi Blu dovrebbero quindi farsi da parte in seguito a semplici intimazioni dell’Esercito Israeliano (che, tra l’altro, non si capisce perché improvvisamente sia diventato per tutti “IDF”, all’Americana, anziché, in Ebraico, “Tsahal”), e, in caso contrario, rassegnarsi ad essere cannoneggiati. Come se non bastasse, lo stesso Segretario Generale dell’ ONU viene praticamente messo al bando da Israele, immemore del fatto che la sua stessa creazione era stata opera dell’ ONU.
Non che le critiche di Israele siano del tutto infondate. L’inasprirsi della crisi dimostra la debolezza della funzione di “Peace-Keeping” internazionale, ma ciò non è ”colpa” di nessuno: è la Post-Modernità che, qui come altrove, mette a nudo le contraddizioni della Modernità, due fra le quali riguardano, tra l’altro, proprio Israele e l’ ONU. Su Israele c’è da chiedersi se sia veramente, come pretendeva Herzl, uno “Stato laico”, nel qual caso non si comprenderebbe tutta quest’ansia di ristabilire i confini biblici (Yisrael ha-Shelomah), di ricostruire il Tempio e di usare la Torah come unica vera Costituzione. D’altronde, visto che Israele non è una “razza” bensì un “popolo” etno-culturale, esso non esisterebbe nemmeno se non ci fossero la Bibbia e la sua lingua. Di converso, i Neturei Karta combattono l’idea di uno Stato ebraico nel tempo presente (tempo che ritengono ancora di esilio), poiché ritengono contrario all’autentica tradizione religiosa ebraica lo stabilirlo senza aspettare che Erets Israel venga esplicitamente donata dall’Altissimo. Pertanto, la pretesa sionista di costituire uno “Stato ebraico laico” sarebbe semplicemente l’ennesima “hybris” di alcuni eresiarchi, né più né meno di quella dei “Costruttori di Dio” cristiani o dei Baha’i persiani (che, guarda caso, hanno sede proprio in Israele): un’ennesima manifestazione di quella “religione secolarizzata” che è al centro della Modernità.
Queste religioni secolarizzate, che, con Lessing, pretendono di realizzare sulla terra le promesse escatologiche delle religioni tradizionali, paradossalmente, in ossequio all’Eterogenesi dei Fini, mentre propugnano la Pace Perpetua, stanno trasformando le religioni in strumenti di lotta fra le diverse parti del mondo (Singularity contro Tradizione; Hindutva contro Shari’a), perché, abbandonate le pretese di salvezza individuale, sono divenute semplicemente la divinizzazione della volontà di potenza dei singoli Stati-Civiltà. Del resto, anche il Puritanesimo è una versione secolarizzata del Protestantesimo, così come la il “socialismo islamico” lo è dell’Islam. L’ accusa di “integralismo”rivolta tradizionalmente alle versioni “conservatrici” (“quietiste”) delle singole religioni, si rivela invece adeguata solo alle loro emulazioni laicistiche, come la “religione dell’ umanità di Saint Simon, il Sionismo e la “Nazione dell’ Islam”, camuffamenti dell’espansionismo di popoli che si pretendono “superiori”.
Di qui anche la sterilità delle Chiese ufficiali ( succubi neppur troppo copertamente di quelle religioni secolarizzate), le quali continuano a predicare la pace senza più trovare argomenti concreti a favore della stessa.
Ma contraddittoria è anche la natura stessa dell’ ONU, nata proprio dalla pretesa del progressismo puritano, espressa alla sua fondazione da Eleanor Roosevelt, di imporre la Pace Perpetua. Tale pace perpetua avrebbe costituito il suggello del progetto messianico americano quale espresso da Winthrop, Cotton Mather, Emerson, Whitman, Friske e Wilkie. Non per nulla il Palazzo di Vetro è situato nel cuore di Manhattan, sotto il completo controllo dell’America. La Seconda Guerra Mondiale sarebbe stata l’ ultima delle guerre perchè poi tutto il mondo sarebbe stato diretto dalla “ragnatela delle istituzioni dirette da Washington”(cfr. Ikenberry).
Sono stati i fatti stessi a ribellarsi a questa proteiforme “hybris”. I conflitti attualmente in corso non sono nati ieri, bensì parecchi millenni fa, e continuano a riproporsi sempre negli stessi termini: l’uno, lungo fra il Don, il Donetz e il Dniepr, fra i popoli indo-europei e turcici dei Kurgan e delle steppe, e, l’altro, fra “Il Fiume d’ Egitto” e l’Eufrate, fra popoli semitici e hamitici dei deserti. Dietro a tutto ciò ci sono, da un lato, la “Distinzione mosaica” (fra Vero e Falso, cfr. Jan Assmann), dall’ altro la pretesa di tutti i contendenti d’incarnare una divina volontà di pace e giustizia, che trae le proprie radici dal mondo antico, e precisamente da quella Persia (Eranshahr) che è oggi il vero antagonista di Israele (perché entrambi perseguono la stessa utopia). Ed è fra Egitto, Persia e Palestina che nasce la pretesa millenarista. Questi destini sono stati configurati dalla geografia: sono collocati ai punti di passaggio obbligati fra l’Asia e, da un lato, l’Europa, e, dall’ altro l’Africa, che tutti i contendenti pretendono di tenere sotto il proprio controllo. Le illusioni postmoderne di risolverli “con una bacchetta magica” in base a formule astratte sta scontrandosi con la realtà, e la sta perfino peggiorando.
La sopravvivenza dell’Umanità è stata uno degli obiettivi di base di ogni cultura. Nel mondo moderno iperconnesso, quest’obiettivo richiede uno sforzo congiunto di tutti i popoli. Nel mondo ipertecnologico delle Macchine Intelligenti, senza questo sforzo è assicurata la Fine dell’Uomo: come aveva riconosciuto Kant, la Pace Perpetua si rivela come un grande cimitero.
Per questo, a partire dal Sacro Romano Impero e dal re hussita Podiebrad, e poi via via attraverso Postel, Crucé, Saint-Pierre, Pufendorf, Novalis, Nicola II, Coudenhove Kalergi, Wilson, Spinelli, si è venuta configurando una teoria delle organizzazioni internazionali. Teoria che comunque non indica alcun antidoto all’ incombente mortalità del cosmo, dell’ Umanità e delle civiltà. Anche alla luce dell’ esperienza, occorre ora perciò un approccio più realistico, secondo cui la Storia non finirà con un evento taumaturgico, bensì presumibilmente con il suicidio dell’ Umanità (vedi bomba atomica, Singularity, Terza Guerra Mondiale, surriscaldamento atmosferico, denatalità), e perciò il nostro compito ragionevole è, nella migliore delle ipotesi, “salvare il Cosmo”, almeno finché sarà possibile (il Katèchon), e per il resto attendere la Fine, che, secondo la tradizione cristiana, “verrà come un ladro nella notte”. L’ebraismo ha un’eccezionale espressione a questo proposito: “Tikkun ha-Olam” (“riparare il mondo”), che non è l’impossibile “Raddrizzare il legno storto dell’ Umanità” (Kant, Berlin), bensì si apparenta a quella quotidiana ricostruzione del Divino attraverso i Riti di cui parla anche Eliade.
1.Il Paese degli Ariani (Iran)
L’eternità delle guerre in corso è dimostrato dalle vicende (pre-istoriche, storiche e post-istoriche) delle tre aree in questione: la Persia, la Palestina e le Steppe Pontiche.
Una delle opere che più hanno inciso sulla formazione della cultura postmoderna è il “Così parlò Zarathustra” di Nietzsche, sconcertante, da un lato, perché è talmente ben costruito, da poter rappresentare, letterariamente, e perfino linguisticamente, quasi un “sequel” del Zand i Bahman Yasn, il principale libro sacro zoroastriano, ma, dall’ altro, perché costituisce una sorta d’implicita ritrattazione della dottrina zoroastriana di una lotta cosmica fra un Dio del Male e un Dio del Bene, quest’ultimo rappresentato sulla terra dal sovrano achemenide.
Lo zoroastrismo rappresenterà così il modello prototipico del messianesimo ebraico e degl’imperi provvidenziali cristiani e islamici successivi. Non per nulla la nascita di Cristo è salutata, per primi, “nella pienezza dei Tempi”, dai Re Magi. I Persiani zoroastriani sconfiggeranno e imprigioneranno l’imperatore romano Valeriano, per poi essere a loro volta sconfitti dalle armate islamiche. C’è anche da chiedersi in che misura l’idea di Jihad, così centrale nell’ Islam, non sia che un’eredità della guerra santa dell’imperatore persiano contro Angra Mayniu. Del resto, uno dei compagni di Maometto era il “Principe di Persia”. La Persia ha mantenuto il proprio spirito antagonistico alimentando sette islamiche rivoluzionarie, come gli Shi’iti, i Carmati e gli Assassini, e varie religioni post-zoroastriane, come il Manicheismo, il Mazdakisno e il Paulicianesimo (poi reincarnatosi in Europa nel Bogumilismo e nel Catarismo) Più recentemente, la Persia ha generato nuove sette molto inclini al Technological Sublime, come i Baha’i, e, dentro l’Islam, gli Hojjatiyye.
I Persiani continueranno a costituire un elemento di disordine nel Medio Oriente, poiché, memori di quelle antiche glorie, ambiscono ancor sempre a dominarlo, se non altro culturalmente, con la loro letteratura e le influenze delle loro lingue, e perciò non accettano l’egemonia culturale, né dell’ Occidente, né degli Arabi, né dei Sunniti, né di Israele. La rivoluzione khomeinista, che si presentò come alternativa al mondo islamico sunnita, continua dunque la tradizione messianica e rivoluzionaria dello zoroastrismo, per altro ancora vivo e vegeto nel Paese, e spesso richiamato dai dissidenti anti-khomeinisti.
Ma i veri eredi dello Zoroastrismo sono i progressisti occidentali, i quali hanno trasfuso nel progressismo laicista l’enfasi posta dai Persiani nell’Apocalisse, intesa come conquista del mondo da parte di un Salvatore (Shaoshant) sotto la guida di Ahura Mazda, e la conseguente vittoria del Bene Assoluto sul Male Assoluto. D’altronde, gli Hojjatiyye considerano l’invenzione di Internet come un segno dell’avvicinarsi dell’avvento del Mahdi.
Invece, le cosiddette “autocrazie”, nemiche dell’ Occidente progressista, sono i veri epigoni culturali degli antichi Greci, in quanto culture tragiche, belliciste e aristocratiche sul modello degli Spartani delle Termopili, a cui sembrano ispirati i vari al-Qaida, ISIS, Hamas e Hezbollah, con i loro leaders che cercano la morte gloriosa in battaglia. Significativamente, come racconta Erodoto, il generale persiano Mardonio, dopo avere represso la rivolta della Ionia, impone alle poleis locali d’instaurare governi democratici in sostituzione di quelli aristocratici che si erano ribellati alla Persia.
2.Peleset, Peleshtim, Filastin
Sin dall’antichità l’egemonia degli Hyksos venne identificata con il soggiorno in Egitto degli Ebrei, e, in particolare, con le storie bibliche di Giuseppe e Mosè. Gli Hyksos (Heka khasut, cioè “i capi di un Paese straniero” )giunsero in Egitto attorno al 1700 a.C., portandovi il cavallo e il carro da guerra.
Dopo l’Esodo dall’Egitto, cominciava la conquista di Cana’an da parte del popolo ebraico. I “Revisionisti Israeliani” (p.es., Finkielkraut) sostengono che una vera e propria “Conquista di Canaan” intesa come grande campagna militare, non è mai avvenuta, e si è invece trattato di un graduale spostamento di popoli, dalle rive del Mare Mediterraneo, alle colline della Palestina. Sia come sia, si era sviluppata comunque di una guerriglia continua, a cui ben si confanno le descrizioni contenute in tutta la Bibbia, per altro facilmente sovrapponibili a quelle attuali di Gaza, della Cisgiordania e del Libano:“due dei figli di Giacobbe, Simeone e Levi, fratelli di Dina, presero ciascuno la propria spada, assalirono la città che si riteneva sicura, e uccisero tutti i maschi.” – “Passarono a fil di spada anche Camor e suo figlio Sichem, presero Dina dalla casa di Sichem, e uscirono.” – “I figli di Giacobbe si gettarono sugli uccisi e saccheggiarono la città, perché la loro sorella era stata disonorata” – “presero le loro greggi, i loro armenti, i loro asini, quanto era nella città e nei campi.” – “Portarono via come bottino tutte le loro ricchezze, tutti i loro bambini, le loro mogli e tutto quello che si trovava nelle case….“
Queste vicende ricalcano inoltre quella della Guerra di Troia, narrata dalla letteratura greca, e quelle documentate nei monumenti dei sovrani mesopotamici e nei poemi ittiti, hurritici e mitannici.
Il meccanismo è sempre lo stesso: Dio, attraverso i profeti, incita il popolo ebraico a conquistare le diverse città di Canaan, sterminandone gli abitanti. La scena si ripete all’ infinito. Vengono menzionati infiniti popoli e città: Amalek; Og; Sicon; Madian;Gerico ; Ai; Gabaon; Machedda; Libna;Eglon; Ebron;Debir;i Ferezei;Gerusalemme;Sefat;Moav;Succot;Lais; i Filistei;Ammon;Galgala;gli Aramei;i Siriani;Tifsach…
Tutto ciò è confermato dalle Lettere di Tell el-Amarna, che dimostrano come le città cananee si lamentassero con il Faraone degli attacchi di popolazioni barbare, che essi definivano come “Habiru” o “Jahu.”
Sulla Stele di Merneptah ( 1200 circa a.C.), è narrato l’esito vittorioso di una spedizione militare, al seguito della quale :”Ysyrỉ3r fk.t;bn pr.t =f” (“Ysrỉr è desolato;il seme suo non c’è”)
Da vari studiosi moderni, Ysrỉr viene identificato con Israele. Si tratterebbe pertanto della prima testimonianza storica relativa al popolo ebraico. Il nome Ysrỉr non è accompagnato, come accade per le città o stati presenti nella lista, dall’ideogramma raffigurante tre montagne stilizzate indicante un regno. L’ideogramma associato invece, un uomo e una donna, indica una popolazione di natura nomade.Invece, i Palestinesi (Filistei, Peleset, Peleshtim, Filastin), sono spesso identificati con uno dei Popoli del Mare che vediamo sbarcare sulla parete del tempio di Medinet Habu , Sherden, Sheklesh, Ekwesh .
Questa conflittualità ricorrente ricorda i tentativi egemonici attribuiti dalla Bibbia ai regni di Davide e Salomone, le invasioni babilonesi, assire, persiane e macedoni, fino alle Guerre Giudaiche e all’inizio della Diaspora.
Di non minore importanza, per il Levante, le, questa volta documentatissime, Crociate volte a riconquistare la Terra Santa dal dominio islamico, le quali che durarono circa 600 anni. La prima (1096-1099) permise di istituire i primi quattro Stati crociati: la Contea di Edessa, il Principato di Antiochia, il Regno di Gerusalemme e la Contea di Tripoli. A livello popolare, essa scatenò un’ondata di rabbia cattolica che si espresse nei massacri degli ebrei e il violento trattamento dei cristiani ortodossi “scismatici” dell’est.
La protezione dei Cristiani in Terrasanta costituì poi il pretesto per la Guerra di Crimea, e il Libano è stato anch’esso oggetto di violente dispute fra comunità religiose, che hanno portato a varie guerre civili (cfr. infra).
Infine, la stessa nascita dello Stato di Israele si inserisce in un piano di destabilizzazione del Medio Oriente dopo la sconfitta dell’Impero Ottomano, posto in essere da Francia e Inghilterra con gli Accordi Sykes/Picot, piano che non ha ancora cessato di esercitare i suoi effetti perversi.
3.Le steppe pontiche (u-Krajine=sulla frontiera)
La cultura “Jamnaja” (“delle tombe a pozzo”) si colloca fra una fase tarda dell’età del rame e l’inizio dell’età del bronzo, nella regione fra il Bug e il Dnestr e gli Urali (la steppa pontica), in un periodo che va dal XXXVI al XXIII secolo a.C.. Si ritiene che gli Jamnaja siano stati i primi domesticatori di cavalli per uso di trasporto cavaliere e di carri con ruote, che avevano facilitato gli spostamenti e diffuso questa tecnologia. I resti del più arcaico carro con ruote trainato da cavalli, sono stati trovati nel kurgan della “Storožova mohyla” (Dniepropetrovsk, oggi Dniprò”), in Ucraina. Il sito sacrificale di Luhansk (Lugansk, nel Donbass, al centro degli attuali combattimenti) recentemente scoperto, è stato descritto come un santuario collinare dove si praticavano sacrifici umani..
Anche grazie ai cavalli, gli Jamnaja furono un popolo particolarmente guerriero e conquistatore (gli “Ariani”), che si espanse rapidamente tanto in Europa, quanto in Asia. Dopo di essi, attraversarono le steppe pontiche Sciti, Sarmati, Unni, Avari, Bulgari, Khazari, Peceneghi .Questi ultimi sono i Polovesiani (Polovcy), di cui narra il Canto del Principe Igor (anno 1080)e a cui sono dedicate le “Danze Polovesiane”.
Dopo secoli di combattimenti che coinvolsero molti popoli dell’ area -Bizantini, Bulgari, Rus’ di Kiev, Cazari e Magiari-,nel XIII Secolo,l’Impero Mongolo conquistò, fa le altre cose, le attuali Ucraina e Russia. Una delle principali battaglie per la liberazione delle stesse fu la Battaglia di Kulikovo, sul Don, sotto la guida di Dmitri Donskoj, nel 1378.
L’Ucraina fece poi parte di quella serie di fortificazioni al confine con l’ Impero Ottomano (che andavano dell’ Impero austriaco, della Polonia e della Russia) dette Krajine (confini). Esse furono custodite da guerrieri di origini internazionali (Giannizzeri, Granicari, Graenzer, Serbi, Hajduk, Honved, Karaim, Lipka Tatarlar). Nell’ attuale Ucraina, essi si chiamarono Cosacchi, da un termine turco che significa “cavalieri delle steppe”, e la Krajina polacca e russa si chiamò “Ukrajina”. Il suo cuore era costituito dalle fortezze sul Dniepr (Zaporishkaja Sich). Si combatté in quest’area fra Cosacchi, Turchi, Polacchi, Svedesi e Russi. Vi furono anche due importanti rivolte di Cosacchi: quella di Stenka Razin e quella di Pugaciov.
La Guerra diCrimea costituì uno snodo fondamentale della storia europea, come testimonia il suo ruolo nella unificazione italiana, vedendo essa la nascita di una coalizione antirussa a cui partecipò il Regno di Sardegna, anticipatrice dell’ attuale “Kollektiv Zapada”, che contende alla Russia l’egemonia sulla Europa Orientale.
Durante la Guerra Civile Russa, l’Oriente dell’ Ucraina fu sede della repubblica di Kharkiv, dell’ effimero Stato “bianco” di Denikin, della repubblica anarchica di Makhnò e di quelle sovietiche del Donbass e Krivoj Rog. Successivamente alla vittoria sovietica, quelle regioni patirono in modo particolare l’Holodomor (la carestia nella Russia Meridionale), e la “campagna di dekulakizzazione”.
L’invasione e la spartizione della Polonia dopo il Patto Molotov Ribbentrop comportò lo scatenamento della guerra in tutta la regione pontica. Bandera e l’UPA, addestrati a Praga sotto l’egida di Rosenberg, entrarono a Leopoli in divise naziste, proclamando lo Stato indipendente ucraino, a cui si riallaccia l’attuale narrativa “nazionale” ucraina.
La battaglia di Stalingrado, decisiva per le sorti del conflitto, si svolse precisamente all’ incontro fra Don e Volga. L’area fra il Dniepr e il Volga fu il centro di fondamentali combattimenti fra l’Esercito Tedesco, spalleggiato da truppe italiane, rumene, ungheresi, francesi, slovacche, croate, e scandinave e da volontari anticomunisti di tutta Europa, dei Paesi arabi, dell’Asia Centrale e dell’India, e, dall’ altra, l’Armata Rossa.
La resa di von Paulus a Stalingrado e la “ritirata di Russia” delle truppe dell’Asse segnarono l’inizio della sconfitta di Hitler.
Su tutto questo si può consultare il nostro libro “Ucraina no a un’inutile strage”.
Per tutto quanto precede, ci sembra che sarebbe impossibile stupirsi dell’attuale guerra, che, a sua volta, dura oramai da 10 anni.Ha suscitato giustamente scalpore il fatto che Israele abbia attaccato ripetutamente e deliberatamente le basi UNIFIL sotto il comando italiano, provocando tra l’altro gravi ferimenti di Caschi Blu – un’azione che il Ministro della Difesa Crosetto ha giustamente definito come “crimine di guerra”-.
questi, il più pernicioso è stato quello relativo alla presunta “imminenza della Pace Perpetua”, veicolato dalla retorica delle Organizzazioni Internazionali e dell’ Unione Europea.
Mentre le Nazioni Unite hanno appena fatto il punto sulla loro pretenziosa Agenda 2030, esse si vedono addirittura attaccate militarmente da uno dei propri membri, che l’accusa di essere troppo imparziali nel conflitto con i Palestinesi, mentre invece, secondo Israele, questi ultimi sarebbero dei “terroristi”, da sterminarsi semplicemente, senza curarsi del diritto internazionale umanitario. I Caschi Blu dovrebbero quindi farsi da parte in seguito a semplici intimazioni dell’Esercito Israeliano (che, tra l’altro, non si capisce perché improvvisamente sia diventato per tutti “IDF”, all’Americana, anziché, in Ebraico, “Tsahal”), e, in caso contrario, rassegnarsi ad essere cannoneggiati. Come se non bastasse, lo stesso Segretario Generale dell’ ONU viene praticamente messo al bando da Israele, immemore del fatto che la sua stessa creazione era stata opera dell’ ONU.
Non che le critiche di Israele siano del tutto infondate. L’inasprirsi della crisi dimostra la debolezza della funzione di “Peace-Keeping” internazionale, ma ciò non è ”colpa” di nessuno: è la Post-Modernità che, qui come altrove, mette a nudo le contraddizioni della Modernità, due fra le quali riguardano, tra l’altro, proprio Israele e l’ ONU. Su Israele c’è da chiedersi se sia veramente, come pretendeva Herzl, uno “Stato laico”, nel qual caso non si comprenderebbe tutta quest’ansia di ristabilire i confini biblici (Yisrael ha-Shelomah), di ricostruire il Tempio e di usare la Torah come unica vera Costituzione. D’altronde, visto che Israele non è una “razza” bensì un “popolo” etno-culturale, esso non esisterebbe nemmeno se non ci fossero la Bibbia e la sua lingua. Di converso, i Neturei Karta combattono l’idea di uno Stato ebraico nel tempo presente (tempo che ritengono ancora di esilio), poiché ritengono contrario all’autentica tradizione religiosa ebraica lo stabilirlo senza aspettare che Erets Israel venga esplicitamente donata dall’Altissimo. Pertanto, la pretesa sionista di costituire uno “Stato ebraico laico” sarebbe semplicemente l’ennesima “hybris” di alcuni eresiarchi, né più né meno di quella dei “Costruttori di Dio” cristiani o dei Baha’i persiani (che, guarda caso, hanno sede proprio in Israele): un’ennesima manifestazione di quella “religione secolarizzata” che è al centro della Modernità.
Queste religioni secolarizzate, che, con Lessing, pretendono di realizzare sulla terra le promesse escatologiche delle religioni tradizionali, paradossalmente, in ossequio all’Eterogenesi dei Fini, mentre propugnano la Pace Perpetua, stanno trasformando le religioni in strumenti di lotta fra le diverse parti del mondo (Singularity contro Tradizione; Hindutva contro Shari’a), perché, abbandonate le pretese di salvezza individuale, sono divenute semplicemente la divinizzazione della volontà di potenza dei singoli Stati-Civiltà. Del resto, anche il Puritanesimo è una versione secolarizzata del Protestantesimo, così come la il “socialismo islamico” lo è dell’Islam. L’ accusa di “integralismo”rivolta tradizionalmente alle versioni “conservatrici” (“quietiste”) delle singole religioni, si rivela invece adeguata solo alle loro emulazioni laicistiche, come la “religione dell’ umanità di Saint Simon, il Sionismo e la “Nazione dell’ Islam”, camuffamenti dell’espansionismo di popoli che si pretendono “superiori”.
Di qui anche la sterilità delle Chiese ufficiali ( succubi neppur troppo copertamente di quelle religioni secolarizzate), le quali continuano a predicare la pace senza più trovare argomenti concreti a favore della stessa.
Ma contraddittoria è anche la natura stessa dell’ ONU, nata proprio dalla pretesa del progressismo puritano, espressa alla sua fondazione da Eleanor Roosevelt, di imporre la Pace Perpetua. Tale pace perpetua avrebbe costituito il suggello del progetto messianico americano quale espresso da Winthrop, Cotton Mather, Emerson, Whitman, Friske e Wilkie. Non per nulla il Palazzo di Vetro è situato nel cuore di Manhattan, sotto il completo controllo dell’America. La Seconda Guerra Mondiale sarebbe stata l’ ultima delle guerre perchè poi tutto il mondo sarebbe stato diretto dalla “ragnatela delle istituzioni dirette da Washington”(cfr. Ikenberry).
Sono stati i fatti stessi a ribellarsi a questa proteiforme “hybris”. I conflitti attualmente in corso non sono nati ieri, bensì parecchi millenni fa, e continuano a riproporsi sempre negli stessi termini: l’uno, lungo fra il Don, il Donetz e il Dniepr, fra i popoli indo-europei e turcici dei Kurgan e delle steppe, e, l’altro, fra “Il Fiume d’ Egitto” e l’Eufrate, fra popoli semitici e hamitici dei deserti. Dietro a tutto ciò ci sono, da un lato, la “Distinzione mosaica” (fra Vero e Falso, cfr. Jan Assmann), dall’ altro la pretesa di tutti i contendenti d’incarnare una divina volontà di pace e giustizia, che trae le proprie radici dal mondo antico, e precisamente da quella Persia (Eranshahr) che è oggi il vero antagonista di Israele (perché entrambi perseguono la stessa utopia). Ed è fra Egitto, Persia e Palestina che nasce la pretesa millenarista. Questi destini sono stati configurati dalla geografia: sono collocati ai punti di passaggio obbligati fra l’Asia e, da un lato, l’Europa, e, dall’ altro l’Africa, che tutti i contendenti pretendono di tenere sotto il proprio controllo. Le illusioni postmoderne di risolverli “con una bacchetta magica” in base a formule astratte sta scontrandosi con la realtà, e la sta perfino peggiorando.
La sopravvivenza dell’Umanità è stata uno degli obiettivi di base di ogni cultura. Nel mondo moderno iperconnesso, quest’obiettivo richiede uno sforzo congiunto di tutti i popoli. Nel mondo ipertecnologico delle Macchine Intelligenti, senza questo sforzo è assicurata la Fine dell’Uomo: come aveva riconosciuto Kant, la Pace Perpetua si rivela come un grande cimitero.
Per questo, a partire dal Sacro Romano Impero e dal re hussita Podiebrad, e poi via via attraverso Postel, Crucé, Saint-Pierre, Pufendorf, Novalis, Nicola II, Coudenhove Kalergi, Wilson, Spinelli, si è venuta configurando una teoria delle organizzazioni internazionali. Teoria che comunque non indica alcun antidoto all’ incombente mortalità del cosmo, dell’ Umanità e delle civiltà. Anche alla luce dell’ esperienza, occorre ora perciò un approccio più realistico, secondo cui la Storia non finirà con un evento taumaturgico, bensì presumibilmente con il suicidio dell’ Umanità (vedi bomba atomica, Singularity, Terza Guerra Mondiale, surriscaldamento atmosferico, denatalità), e perciò il nostro compito ragionevole è, nella migliore delle ipotesi, “salvare il Cosmo”, almeno finché sarà possibile (il Katèchon), e per il resto attendere la Fine, che, secondo la tradizione cristiana, “verrà come un ladro nella notte”. L’ebraismo ha un’eccezionale espressione a questo proposito: “Tikkun ha-Olam” (“riparare il mondo”), che non è l’impossibile “Raddrizzare il legno storto dell’ Umanità” (Kant, Berlin), bensì si apparenta a quella quotidiana ricostruzione del Divino attraverso i Riti di cui parla anche Eliade.
1.Il Paese degli Ariani (Iran)
L’eternità delle guerre in corso è dimostrato dalle vicende (pre-istoriche, storiche e post-istoriche) delle tre aree in questione: la Persia, la Palestina e le Steppe Pontiche.
Una delle opere che più hanno inciso sulla formazione della cultura postmoderna è il “Così parlò Zarathustra” di Nietzsche, sconcertante, da un lato, perché è talmente ben costruito, da poter rappresentare, letterariamente, e perfino linguisticamente, quasi un “sequel” del Zand i Bahman Yasn, il principale libro sacro zoroastriano, ma, dall’ altro, perché costituisce una sorta d’implicita ritrattazione della dottrina zoroastriana di una lotta cosmica fra un Dio del Male e un Dio del Bene, quest’ultimo rappresentato sulla terra dal sovrano achemenide.
Lo zoroastrismo rappresenterà così il modello prototipico del messianesimo ebraico e degl’imperi provvidenziali cristiani e islamici successivi. Non per nulla la nascita di Cristo è salutata, per primi, “nella pienezza dei Tempi”, dai Re Magi. I Persiani zoroastriani sconfiggeranno e imprigioneranno l’imperatore romano Valeriano, per poi essere a loro volta sconfitti dalle armate islamiche. C’è anche da chiedersi in che misura l’idea di Jihad, così centrale nell’ Islam, non sia che un’eredità della guerra santa dell’imperatore persiano contro Angra Mayniu. Del resto, uno dei compagni di Maometto era il “Principe di Persia”. La Persia ha mantenuto il proprio spirito antagonistico alimentando sette islamiche rivoluzionarie, come gli Shi’iti, i Carmati e gli Assassini, e varie religioni post-zoroastriane, come il Manicheismo, il Mazdakisno e il Paulicianesimo (poi reincarnatosi in Europa nel Bogumilismo e nel Catarismo) Più recentemente, la Persia ha generato nuove sette molto inclini al Technological Sublime, come i Baha’i, e, dentro l’Islam, gli Hojjatiyye.
I Persiani continueranno a costituire un elemento di disordine nel Medio Oriente, poiché, memori di quelle antiche glorie, ambiscono ancor sempre a dominarlo, se non altro culturalmente, con la loro letteratura e le influenze delle loro lingue, e perciò non accettano l’egemonia culturale, né dell’ Occidente, né degli Arabi, né dei Sunniti, né di Israele. La rivoluzione khomeinista, che si presentò come alternativa al mondo islamico sunnita, continua dunque la tradizione messianica e rivoluzionaria dello zoroastrismo, per altro ancora vivo e vegeto nel Paese, e spesso richiamato dai dissidenti anti-khomeinisti.
Ma i veri eredi dello Zoroastrismo sono i progressisti occidentali, i quali hanno trasfuso nel progressismo laicista l’enfasi posta dai Persiani nell’Apocalisse, intesa come conquista del mondo da parte di un Salvatore (Shaoshant) sotto la guida di Ahura Mazda, e la conseguente vittoria del Bene Assoluto sul Male Assoluto. D’altronde, gli Hojjatiyye considerano l’invenzione di Internet come un segno dell’avvicinarsi dell’avvento del Mahdi.
Invece, le cosiddette “autocrazie”, nemiche dell’ Occidente progressista, sono i veri epigoni culturali degli antichi Greci, in quanto culture tragiche, belliciste e aristocratiche sul modello degli Spartani delle Termopili, a cui sembrano ispirati i vari al-Qaida, ISIS, Hamas e Hezbollah, con i loro leaders che cercano la morte gloriosa in battaglia. Significativamente, come racconta Erodoto, il generale persiano Mardonio, dopo avere represso la rivolta della Ionia, impone alle poleis locali d’instaurare governi democratici in sostituzione di quelli aristocratici che si erano ribellati alla Persia.
2.Peleset, Peleshtim, Filastin
Sin dall’antichità l’egemonia degli Hyksos venne identificata con il soggiorno in Egitto degli Ebrei, e, in particolare, con le storie bibliche di Giuseppe e Mosè. Gli Hyksos (Heka khasut, cioè “i capi di un Paese straniero” )giunsero in Egitto attorno al 1700 a.C., portandovi il cavallo e il carro da guerra.
Dopo l’Esodo dall’Egitto, cominciava la conquista di Cana’an da parte del popolo ebraico. I “Revisionisti Israeliani” (p.es., Finkielkraut) sostengono che una vera e propria “Conquista di Canaan” intesa come grande campagna militare, non è mai avvenuta, e si è invece trattato di un graduale spostamento di popoli, dalle rive del Mare Mediterraneo, alle colline della Palestina. Sia come sia, si era sviluppata comunque di una guerriglia continua, a cui ben si confanno le descrizioni contenute in tutta la Bibbia, per altro facilmente sovrapponibili a quelle attuali di Gaza, della Cisgiordania e del Libano:“due dei figli di Giacobbe, Simeone e Levi, fratelli di Dina, presero ciascuno la propria spada, assalirono la città che si riteneva sicura, e uccisero tutti i maschi.” – “Passarono a fil di spada anche Camor e suo figlio Sichem, presero Dina dalla casa di Sichem, e uscirono.” – “I figli di Giacobbe si gettarono sugli uccisi e saccheggiarono la città, perché la loro sorella era stata disonorata” – “presero le loro greggi, i loro armenti, i loro asini, quanto era nella città e nei campi.” – “Portarono via come bottino tutte le loro ricchezze, tutti i loro bambini, le loro mogli e tutto quello che si trovava nelle case….“
Queste vicende ricalcano inoltre quella della Guerra di Troia, narrata dalla letteratura greca, e quelle documentate nei monumenti dei sovrani mesopotamici e nei poemi ittiti, hurritici e mitannici.
Il meccanismo è sempre lo stesso: Dio, attraverso i profeti, incita il popolo ebraico a conquistare le diverse città di Canaan, sterminandone gli abitanti. La scena si ripete all’ infinito. Vengono menzionati infiniti popoli e città: Amalek; Og; Sicon; Madian;Gerico ; Ai; Gabaon; Machedda; Libna;Eglon; Ebron;Debir;i Ferezei;Gerusalemme;Sefat;Moav;Succot;Lais; i Filistei;Ammon;Galgala;gli Aramei;i Siriani;Tifsach…
Tutto ciò è confermato dalle Lettere di Tell el-Amarna, che dimostrano come le città cananee si lamentassero con il Faraone degli attacchi di popolazioni barbare, che essi definivano come “Habiru” o “Jahu.”
Sulla Stele di Merneptah ( 1200 circa a.C.), è narrato l’esito vittorioso di una spedizione militare, al seguito della quale :”Ysyrỉ3r fk.t;bn pr.t =f” (“Ysrỉr è desolato;il seme suo non c’è”)
Da vari studiosi moderni, Ysrỉr viene identificato con Israele. Si tratterebbe pertanto della prima testimonianza storica relativa al popolo ebraico. Il nome Ysrỉr non è accompagnato, come accade per le città o stati presenti nella lista, dall’ideogramma raffigurante tre montagne stilizzate indicante un regno. L’ideogramma associato invece, un uomo e una donna, indica una popolazione di natura nomade.Invece, i Palestinesi (Filistei, Peleset, Peleshtim, Filastin), sono spesso identificati con uno dei Popoli del Mare che vediamo sbarcare sulla parete del tempio di Medinet Habu , Sherden, Sheklesh, Ekwesh .
Questa conflittualità ricorrente ricorda i tentativi egemonici attribuiti dalla Bibbia ai regni di Davide e Salomone, le invasioni babilonesi, assire, persiane e macedoni, fino alle Guerre Giudaiche e all’inizio della Diaspora.
Di non minore importanza, per il Levante, le, questa volta documentatissime, Crociate volte a riconquistare la Terra Santa dal dominio islamico, le quali che durarono circa 600 anni. La prima (1096-1099) permise di istituire i primi quattro Stati crociati: la Contea di Edessa, il Principato di Antiochia, il Regno di Gerusalemme e la Contea di Tripoli. A livello popolare, essa scatenò un’ondata di rabbia cattolica che si espresse nei massacri degli ebrei e il violento trattamento dei cristiani ortodossi “scismatici” dell’est.
La protezione dei Cristiani in Terrasanta costituì poi il pretesto per la Guerra di Crimea, e il Libano è stato anch’esso oggetto di violente dispute fra comunità religiose, che hanno portato a varie guerre civili (cfr. infra).
Infine, la stessa nascita dello Stato di Israele si inserisce in un piano di destabilizzazione del Medio Oriente dopo la sconfitta dell’Impero Ottomano, posto in essere da Francia e Inghilterra con gli Accordi Sykes/Picot, piano che non ha ancora cessato di esercitare i suoi effetti perversi.
3.Le steppe pontiche (u-Krajine=sulla frontiera)
La cultura “Jamnaja” (“delle tombe a pozzo”) si colloca fra una fase tarda dell’età del rame e l’inizio dell’età del bronzo, nella regione fra il Bug e il Dnestr e gli Urali (la steppa pontica), in un periodo che va dal XXXVI al XXIII secolo a.C.. Si ritiene che gli Jamnaja siano stati i primi domesticatori di cavalli per uso di trasporto cavaliere e di carri con ruote, che avevano facilitato gli spostamenti e diffuso questa tecnologia. I resti del più arcaico carro con ruote trainato da cavalli, sono stati trovati nel kurgan della “Storožova mohyla” (Dniepropetrovsk, oggi Dniprò”), in Ucraina. Il sito sacrificale di Luhansk (Lugansk, nel Donbass, al centro degli attuali combattimenti) recentemente scoperto, è stato descritto come un santuario collinare dove si praticavano sacrifici umani..
Anche grazie ai cavalli, gli Jamnaja furono un popolo particolarmente guerriero e conquistatore (gli “Ariani”), che si espanse rapidamente tanto in Europa, quanto in Asia. Dopo di essi, attraversarono le steppe pontiche Sciti, Sarmati, Unni, Avari, Bulgari, Khazari, Peceneghi .Questi ultimi sono i Polovesiani (Polovcy), di cui narra il Canto del Principe Igor (anno 1080)e a cui sono dedicate le “Danze Polovesiane”.
Dopo secoli di combattimenti che coinvolsero molti popoli dell’ area -Bizantini, Bulgari, Rus’ di Kiev, Cazari e Magiari-,nel XIII Secolo,l’Impero Mongolo conquistò, fa le altre cose, le attuali Ucraina e Russia. Una delle principali battaglie per la liberazione delle stesse fu la Battaglia di Kulikovo, sul Don, sotto la guida di Dmitri Donskoj, nel 1378.
L’Ucraina fece poi parte di quella serie di fortificazioni al confine con l’ Impero Ottomano (che andavano dell’ Impero austriaco, della Polonia e della Russia) dette Krajine (confini). Esse furono custodite da guerrieri di origini internazionali (Giannizzeri, Granicari, Graenzer, Serbi, Hajduk, Honved, Karaim, Lipka Tatarlar). Nell’ attuale Ucraina, essi si chiamarono Cosacchi, da un termine turco che significa “cavalieri delle steppe”, e la Krajina polacca e russa si chiamò “Ukrajina”. Il suo cuore era costituito dalle fortezze sul Dniepr (Zaporishkaja Sich). Si combatté in quest’area fra Cosacchi, Turchi, Polacchi, Svedesi e Russi. Vi furono anche due importanti rivolte di Cosacchi: quella di Stenka Razin e quella di Pugaciov.
La Guerra diCrimea costituì uno snodo fondamentale della storia europea, come testimonia il suo ruolo nella unificazione italiana, vedendo essa la nascita di una coalizione antirussa a cui partecipò il Regno di Sardegna, anticipatrice dell’ attuale “Kollektiv Zapada”, che contende alla Russia l’egemonia sulla Europa Orientale.
Durante la Guerra Civile Russa, l’Oriente dell’ Ucraina fu sede della repubblica di Kharkiv, dell’ effimero Stato “bianco” di Denikin, della repubblica anarchica di Makhnò e di quelle sovietiche del Donbass e Krivoj Rog. Successivamente alla vittoria sovietica, quelle regioni patirono in modo particolare l’Holodomor (la carestia nella Russia Meridionale), e la “campagna di dekulakizzazione”.
L’invasione e la spartizione della Polonia dopo il Patto Molotov Ribbentrop comportò lo scatenamento della guerra in tutta la regione pontica. Bandera e l’UPA, addestrati a Praga sotto l’egida di Rosenberg, entrarono a Leopoli in divise naziste, proclamando lo Stato indipendente ucraino, a cui si riallaccia l’attuale narrativa “nazionale” ucraina.
La battaglia di Stalingrado, decisiva per le sorti del conflitto, si svolse precisamente all’ incontro fra Don e Volga. L’area fra il Dniepr e il Volga fu il centro di fondamentali combattimenti fra l’Esercito Tedesco, spalleggiato da truppe italiane, rumene, ungheresi, francesi, slovacche, croate, e scandinave e da volontari anticomunisti di tutta Europa, dei Paesi arabi, dell’Asia Centrale e dell’India, e, dall’ altra, l’Armata Rossa.
La resa di von Paulus a Stalingrado e la “ritirata di Russia” delle truppe dell’Asse segnarono l’inizio della sconfitta di Hitler.
Su tutto questo si può consultare il nostro libro “Ucraina no a un’inutile strage”.
Questo scalpore è giustificato soprattutto dal fatto che la “Guerra Mondiale a Pezzi”, oramai non più tanto a pezzi, sta scalfendo una gran quantità di luoghi comuni impostici da decenni dai media occidentali. Fra questi, il più pernicioso è stato quello relativo alla presunta “imminenza della Pace Perpetua”, veicolato dalla retorica delle Organizzazioni Internazionali e dell’ Unione Europea.
Mentre le Nazioni Unite hanno appena fatto il punto sulla loro pretenziosa Agenda 2030, esse si vedono addirittura attaccate militarmente da uno dei propri membri, che l’accusa di essere troppo imparziali nel conflitto con i Palestinesi, mentre invece, secondo Israele, questi ultimi sarebbero dei “terroristi”, da sterminarsi semplicemente, senza curarsi del diritto internazionale umanitario. I Caschi Blu dovrebbero quindi farsi da parte in seguito a semplici intimazioni dell’Esercito Israeliano (che, tra l’altro, non si capisce perché improvvisamente sia diventato per tutti “IDF”, all’Americana, anziché, in Ebraico, “Tsahal”), e, in caso contrario, rassegnarsi ad essere cannoneggiati. Come se non bastasse, lo stesso Segretario Generale dell’ ONU viene praticamente messo al bando da Israele, immemore del fatto che la sua stessa creazione era stata opera dell’ ONU.
Non che le critiche di Israele siano del tutto infondate. L’inasprirsi della crisi dimostra la debolezza della funzione di “Peace-Keeping” internazionale, ma ciò non è ”colpa” di nessuno: è la Post-Modernità che, qui come altrove, mette a nudo le contraddizioni della Modernità, due fra le quali riguardano, tra l’altro, proprio Israele e l’ ONU. Su Israele c’è da chiedersi se sia veramente, come pretendeva Herzl, uno “Stato laico”, nel qual caso non si comprenderebbe tutta quest’ansia di ristabilire i confini biblici (Yisrael ha-Shelomah), di ricostruire il Tempio e di usare la Torah come unica vera Costituzione. D’altronde, visto che Israele non è una “razza” bensì un “popolo” etno-culturale, esso non esisterebbe nemmeno se non ci fossero la Bibbia e la sua lingua. Di converso, i Neturei Karta combattono l’idea di uno Stato ebraico nel tempo presente (tempo che ritengono ancora di esilio), poiché ritengono contrario all’autentica tradizione religiosa ebraica lo stabilirlo senza aspettare che Erets Israel venga esplicitamente donata dall’Altissimo. Pertanto, la pretesa sionista di costituire uno “Stato ebraico laico” sarebbe semplicemente l’ennesima “hybris” di alcuni eresiarchi, né più né meno di quella dei “Costruttori di Dio” cristiani o dei Baha’i persiani (che, guarda caso, hanno sede proprio in Israele): un’ennesima manifestazione di quella “religione secolarizzata” che è al centro della Modernità.
Queste religioni secolarizzate, che, con Lessing, pretendono di realizzare sulla terra le promesse escatologiche delle religioni tradizionali, paradossalmente, in ossequio all’Eterogenesi dei Fini, mentre propugnano la Pace Perpetua, stanno trasformando le religioni in strumenti di lotta fra le diverse parti del mondo (Singularity contro Tradizione; Hindutva contro Shari’a), perché, abbandonate le pretese di salvezza individuale, sono divenute semplicemente la divinizzazione della volontà di potenza dei singoli Stati-Civiltà. Del resto, anche il Puritanesimo è una versione secolarizzata del Protestantesimo, così come la il “socialismo islamico” lo è dell’Islam. L’ accusa di “integralismo”rivolta tradizionalmente alle versioni “conservatrici” (“quietiste”) delle singole religioni, si rivela invece adeguata solo alle loro emulazioni laicistiche, come la “religione dell’ umanità di Saint Simon, il Sionismo e la “Nazione dell’ Islam”, camuffamenti dell’espansionismo di popoli che si pretendono “superiori”.
Di qui anche la sterilità delle Chiese ufficiali ( succubi neppur troppo copertamente di quelle religioni secolarizzate), le quali continuano a predicare la pace senza più trovare argomenti concreti a favore della stessa.
Ma contraddittoria è anche la natura stessa dell’ ONU, nata proprio dalla pretesa del progressismo puritano, espressa alla sua fondazione da Eleanor Roosevelt, di imporre la Pace Perpetua. Tale pace perpetua avrebbe costituito il suggello del progetto messianico americano quale espresso da Winthrop, Cotton Mather, Emerson, Whitman, Friske e Wilkie. Non per nulla il Palazzo di Vetro è situato nel cuore di Manhattan, sotto il completo controllo dell’America. La Seconda Guerra Mondiale sarebbe stata l’ ultima delle guerre perchè poi tutto il mondo sarebbe stato diretto dalla “ragnatela delle istituzioni dirette da Washington”(cfr. Ikenberry).
Sono stati i fatti stessi a ribellarsi a questa proteiforme “hybris”. I conflitti attualmente in corso non sono nati ieri, bensì parecchi millenni fa, e continuano a riproporsi sempre negli stessi termini: l’uno, lungo fra il Don, il Donetz e il Dniepr, fra i popoli indo-europei e turcici dei Kurgan e delle steppe, e, l’altro, fra “Il Fiume d’ Egitto” e l’Eufrate, fra popoli semitici e hamitici dei deserti. Dietro a tutto ciò ci sono, da un lato, la “Distinzione mosaica” (fra Vero e Falso, cfr. Jan Assmann), dall’ altro la pretesa di tutti i contendenti d’incarnare una divina volontà di pace e giustizia, che trae le proprie radici dal mondo antico, e precisamente da quella Persia (Eranshahr) che è oggi il vero antagonista di Israele (perché entrambi perseguono la stessa utopia). Ed è fra Egitto, Persia e Palestina che nasce la pretesa millenarista. Questi destini sono stati configurati dalla geografia: sono collocati ai punti di passaggio obbligati fra l’Asia e, da un lato, l’Europa, e, dall’ altro l’Africa, che tutti i contendenti pretendono di tenere sotto il proprio controllo. Le illusioni postmoderne di risolverli “con una bacchetta magica” in base a formule astratte sta scontrandosi con la realtà, e la sta perfino peggiorando.
La sopravvivenza dell’Umanità è stata uno degli obiettivi di base di ogni cultura. Nel mondo moderno iperconnesso, quest’obiettivo richiede uno sforzo congiunto di tutti i popoli. Nel mondo ipertecnologico delle Macchine Intelligenti, senza questo sforzo è assicurata la Fine dell’Uomo: come aveva riconosciuto Kant, la Pace Perpetua si rivela come un grande cimitero.
Per questo, a partire dal Sacro Romano Impero e dal re hussita Podiebrad, e poi via via attraverso Postel, Crucé, Saint-Pierre, Pufendorf, Novalis, Nicola II, Coudenhove Kalergi, Wilson, Spinelli, si è venuta configurando una teoria delle organizzazioni internazionali. Teoria che comunque non indica alcun antidoto all’ incombente mortalità del cosmo, dell’ Umanità e delle civiltà. Anche alla luce dell’ esperienza, occorre ora perciò un approccio più realistico, secondo cui la Storia non finirà con un evento taumaturgico, bensì presumibilmente con il suicidio dell’ Umanità (vedi bomba atomica, Singularity, Terza Guerra Mondiale, surriscaldamento atmosferico, denatalità), e perciò il nostro compito ragionevole è, nella migliore delle ipotesi, “salvare il Cosmo”, almeno finché sarà possibile (il Katèchon), e per il resto attendere la Fine, che, secondo la tradizione cristiana, “verrà come un ladro nella notte”. L’ebraismo ha un’eccezionale espressione a questo proposito: “Tikkun ha-Olam” (“riparare il mondo”), che non è l’impossibile “Raddrizzare il legno storto dell’ Umanità” (Kant, Berlin), bensì si apparenta a quella quotidiana ricostruzione del Divino attraverso i Riti di cui parla anche Eliade.
1.Il Paese degli Ariani (Iran)
L’eternità delle guerre in corso è dimostrato dalle vicende (pre-istoriche, storiche e post-istoriche) delle tre aree in questione: la Persia, la Palestina e le Steppe Pontiche.
Una delle opere che più hanno inciso sulla formazione della cultura postmoderna è il “Così parlò Zarathustra” di Nietzsche, sconcertante, da un lato, perché è talmente ben costruito, da poter rappresentare, letterariamente, e perfino linguisticamente, quasi un “sequel” del Zand i Bahman Yasn, il principale libro sacro zoroastriano, ma, dall’ altro, perché costituisce una sorta d’implicita ritrattazione della dottrina zoroastriana di una lotta cosmica fra un Dio del Male e un Dio del Bene, quest’ultimo rappresentato sulla terra dal sovrano achemenide.
Lo zoroastrismo rappresenterà così il modello prototipico del messianesimo ebraico e degl’imperi provvidenziali cristiani e islamici successivi. Non per nulla la nascita di Cristo è salutata, per primi, “nella pienezza dei Tempi”, dai Re Magi. I Persiani zoroastriani sconfiggeranno e imprigioneranno l’imperatore romano Valeriano, per poi essere a loro volta sconfitti dalle armate islamiche. C’è anche da chiedersi in che misura l’idea di Jihad, così centrale nell’ Islam, non sia che un’eredità della guerra santa dell’imperatore persiano contro Angra Mayniu. Del resto, uno dei compagni di Maometto era il “Principe di Persia”. La Persia ha mantenuto il proprio spirito antagonistico alimentando sette islamiche rivoluzionarie, come gli Shi’iti, i Carmati e gli Assassini, e varie religioni post-zoroastriane, come il Manicheismo, il Mazdakisno e il Paulicianesimo (poi reincarnatosi in Europa nel Bogumilismo e nel Catarismo) Più recentemente, la Persia ha generato nuove sette molto inclini al Technological Sublime, come i Baha’i, e, dentro l’Islam, gli Hojjatiyye.
I Persiani continueranno a costituire un elemento di disordine nel Medio Oriente, poiché, memori di quelle antiche glorie, ambiscono ancor sempre a dominarlo, se non altro culturalmente, con la loro letteratura e le influenze delle loro lingue, e perciò non accettano l’egemonia culturale, né dell’ Occidente, né degli Arabi, né dei Sunniti, né di Israele. La rivoluzione khomeinista, che si presentò come alternativa al mondo islamico sunnita, continua dunque la tradizione messianica e rivoluzionaria dello zoroastrismo, per altro ancora vivo e vegeto nel Paese, e spesso richiamato dai dissidenti anti-khomeinisti.
Ma i veri eredi dello Zoroastrismo sono i progressisti occidentali, i quali hanno trasfuso nel progressismo laicista l’enfasi posta dai Persiani nell’Apocalisse, intesa come conquista del mondo da parte di un Salvatore (Shaoshant) sotto la guida di Ahura Mazda, e la conseguente vittoria del Bene Assoluto sul Male Assoluto. D’altronde, gli Hojjatiyye considerano l’invenzione di Internet come un segno dell’avvicinarsi dell’avvento del Mahdi.
Invece, le cosiddette “autocrazie”, nemiche dell’ Occidente progressista, sono i veri epigoni culturali degli antichi Greci, in quanto culture tragiche, belliciste e aristocratiche sul modello degli Spartani delle Termopili, a cui sembrano ispirati i vari al-Qaida, ISIS, Hamas e Hezbollah, con i loro leaders che cercano la morte gloriosa in battaglia. Significativamente, come racconta Erodoto, il generale persiano Mardonio, dopo avere represso la rivolta della Ionia, impone alle poleis locali d’instaurare governi democratici in sostituzione di quelli aristocratici che si erano ribellati alla Persia.
2.Peleset, Peleshtim, Filastin
Sin dall’antichità l’egemonia degli Hyksos venne identificata con il soggiorno in Egitto degli Ebrei, e, in particolare, con le storie bibliche di Giuseppe e Mosè. Gli Hyksos (Heka khasut, cioè “i capi di un Paese straniero” )giunsero in Egitto attorno al 1700 a.C., portandovi il cavallo e il carro da guerra.
Dopo l’Esodo dall’Egitto, cominciava la conquista di Cana’an da parte del popolo ebraico. I “Revisionisti Israeliani” (p.es., Finkielkraut) sostengono che una vera e propria “Conquista di Canaan” intesa come grande campagna militare, non è mai avvenuta, e si è invece trattato di un graduale spostamento di popoli, dalle rive del Mare Mediterraneo, alle colline della Palestina. Sia come sia, si era sviluppata comunque di una guerriglia continua, a cui ben si confanno le descrizioni contenute in tutta la Bibbia, per altro facilmente sovrapponibili a quelle attuali di Gaza, della Cisgiordania e del Libano:“due dei figli di Giacobbe, Simeone e Levi, fratelli di Dina, presero ciascuno la propria spada, assalirono la città che si riteneva sicura, e uccisero tutti i maschi.” – “Passarono a fil di spada anche Camor e suo figlio Sichem, presero Dina dalla casa di Sichem, e uscirono.” – “I figli di Giacobbe si gettarono sugli uccisi e saccheggiarono la città, perché la loro sorella era stata disonorata” – “presero le loro greggi, i loro armenti, i loro asini, quanto era nella città e nei campi.” – “Portarono via come bottino tutte le loro ricchezze, tutti i loro bambini, le loro mogli e tutto quello che si trovava nelle case….“
Queste vicende ricalcano inoltre quella della Guerra di Troia, narrata dalla letteratura greca, e quelle documentate nei monumenti dei sovrani mesopotamici e nei poemi ittiti, hurritici e mitannici.
Il meccanismo è sempre lo stesso: Dio, attraverso i profeti, incita il popolo ebraico a conquistare le diverse città di Canaan, sterminandone gli abitanti. La scena si ripete all’ infinito. Vengono menzionati infiniti popoli e città: Amalek; Og; Sicon; Madian;Gerico ; Ai; Gabaon; Machedda; Libna;Eglon; Ebron;Debir;i Ferezei;Gerusalemme;Sefat;Moav;Succot;Lais; i Filistei;Ammon;Galgala;gli Aramei;i Siriani;Tifsach…
Tutto ciò è confermato dalle Lettere di Tell el-Amarna, che dimostrano come le città cananee si lamentassero con il Faraone degli attacchi di popolazioni barbare, che essi definivano come “Habiru” o “Jahu.”
Sulla Stele di Merneptah ( 1200 circa a.C.), è narrato l’esito vittorioso di una spedizione militare, al seguito della quale :”Ysyrỉ3r fk.t;bn pr.t =f” (“Ysrỉr è desolato;il seme suo non c’è”)
Da vari studiosi moderni, Ysrỉr viene identificato con Israele. Si tratterebbe pertanto della prima testimonianza storica relativa al popolo ebraico. Il nome Ysrỉr non è accompagnato, come accade per le città o stati presenti nella lista, dall’ideogramma raffigurante tre montagne stilizzate indicante un regno. L’ideogramma associato invece, un uomo e una donna, indica una popolazione di natura nomade.Invece, i Palestinesi (Filistei, Peleset, Peleshtim, Filastin), sono spesso identificati con uno dei Popoli del Mare che vediamo sbarcare sulla parete del tempio di Medinet Habu , Sherden, Sheklesh, Ekwesh .
Questa conflittualità ricorrente ricorda i tentativi egemonici attribuiti dalla Bibbia ai regni di Davide e Salomone, le invasioni babilonesi, assire, persiane e macedoni, fino alle Guerre Giudaiche e all’inizio della Diaspora.
Di non minore importanza, per il Levante, le, questa volta documentatissime, Crociate volte a riconquistare la Terra Santa dal dominio islamico, le quali che durarono circa 600 anni. La prima (1096-1099) permise di istituire i primi quattro Stati crociati: la Contea di Edessa, il Principato di Antiochia, il Regno di Gerusalemme e la Contea di Tripoli. A livello popolare, essa scatenò un’ondata di rabbia cattolica che si espresse nei massacri degli ebrei e il violento trattamento dei cristiani ortodossi “scismatici” dell’est.
La protezione dei Cristiani in Terrasanta costituì poi il pretesto per la Guerra di Crimea, e il Libano è stato anch’esso oggetto di violente dispute fra comunità religiose, che hanno portato a varie guerre civili (cfr. infra).
Infine, la stessa nascita dello Stato di Israele si inserisce in un piano di destabilizzazione del Medio Oriente dopo la sconfitta dell’Impero Ottomano, posto in essere da Francia e Inghilterra con gli Accordi Sykes/Picot, piano che non ha ancora cessato di esercitare i suoi effetti perversi.
3.Le steppe pontiche (u-Krajine=sulla frontiera)
La cultura “Jamnaja” (“delle tombe a pozzo”) si colloca fra una fase tarda dell’età del rame e l’inizio dell’età del bronzo, nella regione fra il Bug e il Dnestr e gli Urali (la steppa pontica), in un periodo che va dal XXXVI al XXIII secolo a.C.. Si ritiene che gli Jamnaja siano stati i primi domesticatori di cavalli per uso di trasporto cavaliere e di carri con ruote, che avevano facilitato gli spostamenti e diffuso questa tecnologia. I resti del più arcaico carro con ruote trainato da cavalli, sono stati trovati nel kurgan della “Storožova mohyla” (Dniepropetrovsk, oggi Dniprò”), in Ucraina. Il sito sacrificale di Luhansk (Lugansk, nel Donbass, al centro degli attuali combattimenti) recentemente scoperto, è stato descritto come un santuario collinare dove si praticavano sacrifici umani..
Anche grazie ai cavalli, gli Jamnaja furono un popolo particolarmente guerriero e conquistatore (gli “Ariani”), che si espanse rapidamente tanto in Europa, quanto in Asia. Dopo di essi, attraversarono le steppe pontiche Sciti, Sarmati, Unni, Avari, Bulgari, Khazari, Peceneghi .Questi ultimi sono i Polovesiani (Polovcy), di cui narra il Canto del Principe Igor (anno 1080)e a cui sono dedicate le “Danze Polovesiane”.
Dopo secoli di combattimenti che coinvolsero molti popoli dell’ area -Bizantini, Bulgari, Rus’ di Kiev, Cazari e Magiari-,nel XIII Secolo,l’Impero Mongolo conquistò, fa le altre cose, le attuali Ucraina e Russia. Una delle principali battaglie per la liberazione delle stesse fu la Battaglia di Kulikovo, sul Don, sotto la guida di Dmitri Donskoj, nel 1378.
L’Ucraina fece poi parte di quella serie di fortificazioni al confine con l’ Impero Ottomano (che andavano dell’ Impero austriaco, della Polonia e della Russia) dette Krajine (confini). Esse furono custodite da guerrieri di origini internazionali (Giannizzeri, Granicari, Graenzer, Serbi, Hajduk, Honved, Karaim, Lipka Tatarlar). Nell’ attuale Ucraina, essi si chiamarono Cosacchi, da un termine turco che significa “cavalieri delle steppe”, e la Krajina polacca e russa si chiamò “Ukrajina”. Il suo cuore era costituito dalle fortezze sul Dniepr (Zaporishkaja Sich). Si combatté in quest’area fra Cosacchi, Turchi, Polacchi, Svedesi e Russi. Vi furono anche due importanti rivolte di Cosacchi: quella di Stenka Razin e quella di Pugaciov.
La Guerra diCrimea costituì uno snodo fondamentale della storia europea, come testimonia il suo ruolo nella unificazione italiana, vedendo essa la nascita di una coalizione antirussa a cui partecipò il Regno di Sardegna, anticipatrice dell’ attuale “Kollektiv Zapada”, che contende alla Russia l’egemonia sulla Europa Orientale.
Durante la Guerra Civile Russa, l’Oriente dell’ Ucraina fu sede della repubblica di Kharkiv, dell’ effimero Stato “bianco” di Denikin, della repubblica anarchica di Makhnò e di quelle sovietiche del Donbass e Krivoj Rog. Successivamente alla vittoria sovietica, quelle regioni patirono in modo particolare l’Holodomor (la carestia nella Russia Meridionale), e la “campagna di dekulakizzazione”.
L’invasione e la spartizione della Polonia dopo il Patto Molotov Ribbentrop comportò lo scatenamento della guerra in tutta la regione pontica. Bandera e l’UPA, addestrati a Praga sotto l’egida di Rosenberg, entrarono a Leopoli in divise naziste, proclamando lo Stato indipendente ucraino, a cui si riallaccia l’attuale narrativa “nazionale” ucraina.
La battaglia di Stalingrado, decisiva per le sorti del conflitto, si svolse precisamente all’ incontro fra Don e Volga. L’area fra il Dniepr e il Volga fu il centro di fondamentali combattimenti fra l’Esercito Tedesco, spalleggiato da truppe italiane, rumene, ungheresi, francesi, slovacche, croate, e scandinave e da volontari anticomunisti di tutta Europa, dei Paesi arabi, dell’Asia Centrale e dell’India, e, dall’ altra, l’Armata Rossa.
La resa di von Paulus a Stalingrado e la “ritirata di Russia” delle truppe dell’Asse segnarono l’inizio della sconfitta di Hitler.
Su tutto questo si può consultare il nostro libro “Ucraina no a un’inutile strage”.
4.Urgenza della riforma delle Organizzazioni Internazionali
Come scrivevamo, la pace e la Fine della Storia erano state da sempre al centro degli sforzi per la creazione di un’ organizzazione internazionale, a partire dal trattato per la “Pax Aeterna” fra l’Impero romano e quello partico, per passare al “Landfridt” della Dieta di Worms, continuando con il Nouveau Cynée di Emeric Crucé e il Trattato per la Pace Perpetua di Saint-Pierre, con i suoi commenti da parte dei grandi illuministi, fino alla Santa Alleanza e alle conferenze per la Pace di fine ‘800. Tutti questi movimenti non arrestarono minimamente le moltissime guerre degli ultimi due millenni. Men che mai a ciò servirono la Società delle Nazioni e le Nazioni Unite.
Infatti, premesso che un certo grado di conflittualità è inevitabile se si vuole evitare un totalitario potere mondiale (lo Stato Mondiale di Juenger), un certo qual controllo di tale conflittualità è possibile solo se : (i) si accetta un certo grado di imperfezione delle cose umane; (ii)si mettono sul tavolo le reali cause dei conflitti.
Non per nulla l’attuale situazione è nata dal fallimento della pretesa internazionalistica del bolscevismo, e dalla conseguente sostituzione dell’URSS con la Comunità di Stati Indipendenti (tutt’ora viva e vegeta).
Orbene, oggi, quelle due condizioni non sembrano soddisfatte.
Quanto alla prima, tutti, compresi i promotori di un nuovo ordine mondiale (tranne la Cina), si propongono quali portatori di un’idea salvifica millenaristica di ordinamento internazionale, quand’anche differente tanto da quella sovietica, quanto da quella americana.
Quanto alla seconda, nessuno sta considerando che la reale causa dei conflitti, seppure parziali, in corso, risale alla pretesa occidentale di creare un potere mondiale unitario, pretesa contestata dalle altre parti del mondo. Prima di iniziare l’Operazione Militare Speciale, la Russia e la Cina avevano espresso chiaramente questo loro obiettivo di sventare il progetto americano di “Fine della Storia” attraverso la creazione di nuovi “paesi satelliti”, come l’Ucraina e Taiwan, destinati a corrodere l’identità di Russia e Cina, per sostituirle con piccoli Stati teleguidati dall’ Occidente (come accaduto per esempio con i Baltici o con l’Iraq “cantonalizzato”).
Andare incontro alle esigenze di tutti significa invece riconoscere Cina, Russia, Iran, Corea del Nord (ma anche India, Brasile, Cuba), come interlocutori pienamente legittimi e “di pari grado”, senza progettare la loro distruzione e sostituzione con nuovi Stati “rivoluzionari”, come faceva a suo tempo l’URSS.
Più in generale, i conflitti nel mondo si potranno almeno attutire quando tutte le grandi aree del mondo possederanno un loro ecosistema digitale autonomo, corrispondente alla loro specifica identità, e non potranno più, di conseguenza, essere controllati centralmente a distanza da Salt Lake City, dalla Silicon Valley o da Langley.
L’allargamento dei BRICS a inizio 2024 verso Iran, Etiopia, Egitto ed EAU e il vertice dei BRICS, attualmente in corso a Kazan’,iniziano a configurare, nella pratica, la visione cinese di una coalizione di stati capaci di sfidare l’egemonia occidentale. Oggigiorno, i BRICS rappresentano il 45 percento della popolazione mondiale e una quota del Pil (PPP) che supera quella del G7. Nonostante che i BRICS, su carta, ben supportino l’agenda di Pechino, la Cina è consapevole che, all’interno del gruppo, continuano a sussistere tensioni che potrebbero andare ad inficiare la coesione del progetto e il raggiungimento di obiettivi comuni. Paesi come India e Brasile, soprattutto, seppur partecipino attivamente alla vita dei BRICS, non mantengono le medesime posizioni anti-occidentali di Cina e Russia.
Manca però ancora un discorso culturale unificante, in grado di cogliere, pur salvaguardando la “poliedricità” del mondo, dei punti di incontro, per esempio, fra il socialismo con caratteristiche cinesi, il conservatorismo russo, il terzomondismo tradizionale, il panislamismo e l’hindutva, alla luce della transizione verso l’era delle Macchine Intelligenti.
Per questo, nessuno è stato ancora in grado di formulare proposte motivate circa la fine dei conflitti in corso, o almeno per una tregua.Per quanto riguarda il caso ucraino, avevamo indicato che una soluzione potrebbe venire dal riconoscimento del carattere europeo di Russia e Turchia, il che porterebbe automaticamente a un ruolo centrale dell’ Ucraina, e conseguentemente al venir meno della conflittualità fra questi tre poli.
Qualcosa di analogo potrebbe avvenite anche con Israele, nell’ ambito di una “Magna Europa” fondata, non già come l’Occidente attuale, sulle religioni secolarizzate, bensì sul ritorno all’humus culturale comune dell’ “Epoca Assiale” (cfr. Simone Weil, Saint-Exupéry, Eisenstadt, Eliade, Assmann, Frankopan).
4.Urgenza della riforma delle Organizzazioni Internazionali
Come scrivevamo, la pace e la Fine della Storia erano state da sempre al centro degli sforzi per la creazione di un’ organizzazione internazionale, a partire dal trattato per la “Pax Aeterna” fra l’Impero romano e quello partico, per passare al “Landfridt” della Dieta di Worms, continuando con il Nouveau Cynée di Emeric Crucé e il Trattato per la Pace Perpetua di Saint-Pierre, con i suoi commenti da parte dei grandi illuministi, fino alla Santa Alleanza e alle conferenze per la Pace di fine ‘800. Tutti questi movimenti non arrestarono minimamente le moltissime guerre degli ultimi due millenni. Men che mai a ciò servirono la Società delle Nazioni e le Nazioni Unite.
Infatti, premesso che un certo grado di conflittualità è inevitabile se si vuole evitare un totalitario potere mondiale (lo Stato Mondiale di Juenger), un certo qual controllo di tale conflittualità è possibile solo se : (i) si accetta un certo grado di imperfezione delle cose umane; (ii)si mettono sul tavolo le reali cause dei conflitti.
Non per nulla l’attuale situazione è nata dal fallimento della pretesa internazionalistica del bolscevismo, e dalla conseguente sostituzione dell’URSS con la Comunità di Stati Indipendenti (tutt’ora viva e vegeta).
Orbene, oggi, quelle due condizioni non sembrano soddisfatte.
Quanto alla prima, tutti, compresi i promotori di un nuovo ordine mondiale (tranne la Cina), si propongono quali portatori di un’idea salvifica millenaristica di ordinamento internazionale, quand’anche differente tanto da quella sovietica, quanto da quella americana.
Quanto alla seconda, nessuno sta considerando che la reale causa dei conflitti, seppure parziali, in corso, risale alla pretesa occidentale di creare un potere mondiale unitario, pretesa contestata dalle altre parti del mondo. Prima di iniziare l’Operazione Militare Speciale, la Russia e la Cina avevano espresso chiaramente questo loro obiettivo di sventare il progetto americano di “Fine della Storia” attraverso la creazione di nuovi “paesi satelliti”, come l’Ucraina e Taiwan, destinati a corrodere l’identità di Russia e Cina, per sostituirle con piccoli Stati teleguidati dall’ Occidente (come accaduto per esempio con i Baltici o con l’Iraq “cantonalizzato”).
Andare incontro alle esigenze di tutti significa invece riconoscere Cina, Russia, Iran, Corea del Nord (ma anche India, Brasile, Cuba), come interlocutori pienamente legittimi e “di pari grado”, senza progettare la loro distruzione e sostituzione con nuovi Stati “rivoluzionari”, come faceva a suo tempo l’URSS.
Più in generale, i conflitti nel mondo si potranno almeno attutire quando tutte le grandi aree del mondo possederanno un loro ecosistema digitale autonomo, corrispondente alla loro specifica identità, e non potranno più, di conseguenza, essere controllati centralmente a distanza da Salt Lake City, dalla Silicon Valley o da Langley.
L’allargamento dei BRICS a inizio 2024 verso Iran, Etiopia, Egitto ed EAU e il vertice dei BRICS, attualmente in corso a Kazan’,iniziano a configurare, nella pratica, la visione cinese di una coalizione di stati capaci di sfidare l’egemonia occidentale. Oggigiorno, i BRICS rappresentano il 45 percento della popolazione mondiale e una quota del Pil (PPP) che supera quella del G7. Nonostante che i BRICS, su carta, ben supportino l’agenda di Pechino, la Cina è consapevole che, all’interno del gruppo, continuano a sussistere tensioni che potrebbero andare ad inficiare la coesione del progetto e il raggiungimento di obiettivi comuni. Paesi come India e Brasile, soprattutto, seppur partecipino attivamente alla vita dei BRICS, non mantengono le medesime posizioni anti-occidentali di Cina e Russia.
Manca però ancora un discorso culturale unificante, in grado di cogliere, pur salvaguardando la “poliedricità” del mondo, dei punti di incontro, per esempio, fra il socialismo con caratteristiche cinesi, il conservatorismo russo, il terzomondismo tradizionale, il panislamismo e l’hindutva, alla luce della transizione verso l’era delle Macchine Intelligenti.
Per questo, nessuno è stato ancora in grado di formulare proposte motivate circa la fine dei conflitti in corso, o almeno per una tregua.Per quanto riguarda il caso ucraino, avevamo indicato che una soluzione potrebbe venire dal riconoscimento del carattere europeo di Russia e Turchia, il che porterebbe automaticamente a un ruolo centrale dell’ Ucraina, e conseguentemente al venir meno della conflittualità fra questi tre poli.
Qualcosa di analogo potrebbe avvenite anche con Israele, nell’ ambito di una “Magna Europa” fondata, non già come l’Occidente attuale, sulle religioni secolarizzate, bensì sul ritorno all’humus culturale comune dell’ “Epoca Assiale” (cfr. Simone Weil, Saint-Exupéry, Eisenstadt, Eliade, Assmann, Frankopan).
Per quanto l’idea di un Declino dell’ Occidente sia oramai entrata addirittura a far parte dei luoghi comuni, l’ultimo libro di Todd (ovviamente subito attaccato in modo furibondo dalla stampa dell’establishment) riesce ancora a distinguersi per la sua originalità, consistente in una lettura molto più analitica del consueto dei vari anelli che ci congiungono con la transizione geopolitica oramai atto sotto i nostri occhi.
1.Nichilismo e decadenza
Innanzitutto, il ruolo, nella decadenza dell’Occidente, del nichilismo, concepito comel’incapacità, tanto del pensiero, quanto delle religioni, occidentali, di risolvere in modo credibile le proprie contraddizioni, per giungere fino al momento attuale, in cui le nostre società non hanno addirittura più alcun fondamento logico, né esistenziale, su cui posare. Quell’essere “auf nichts gestellt” anticipato già da Goethe, e ripreso perfino da Spinelli nei suoi diari “notturni”.
Un nichilismo che, per Todd (e per tanti altri), è coevo e coestensivo della moderna secolarizzazione, ma che, invece, a mio avviso, trova le proprie radici molti secoli, se non millenni,prima: già nelle teologie negative, nei presocratici, nella tragedia greca e nella Patristica, il che fa, del “Tramonto dell’ Occidente” un dramma da gran tempo annunziato.
Come sostenevano brillantemente già Hegel, Nietzsche e Weber, anche per Todd “il cristianesimo è stato la matrice religiosa di ogni nostra successiva credenza collettiva”. La crisi dell’Occidente viene perciò ricondotta, in modo per altro non molto originale, alla crisi dell’ identificazione fra “Cristianità ed Europa”, per dirla con la fortunata formula di Novalis. O, come aveva scritto il giurista Boeckenfoerde,“La modernità vive di premesse ch’essa non può garantire”
Ciò è particolarmente vero, per Todd, nei Paesi protestanti, dove la religione civile moderna s’identificava proprio con un millenarismo secolarizzato(cfr. Max Weber), mirabilmente espresso da William Blake:
“And did those feet in ancient time Walk upon England’s mountains green? And was the holy Lamb of God On England’s pleasant pastures seen?
And did the Countenance Divine Shine forth upon our clouded hills? And was Jerusalem builded here Among these dark Satanic mills?
Bring me my bow of burning gold: Bring me my arrows of desire: Bring me my spear: O clouds unfold! Bring me my chariot of fire.
I will not cease from mental fight, Nor shall my sword sleep in my hand Till we have built Jerusalem In England’s green andpleasant land. “
Orbene, se tale era l’obiettivo originario della Modernità – quello di realizzare nell’ immanenza gli obiettivi perseguiti nella trascendenza dalle religioni di salvezza-, è proprio questa “Religione Civile” quella che non funziona più, rendendo quest’Occidente a guida anglosassone particolarmente debole nei confronti del resto del mondo.
La secolarizzazione dell’ Occidente ha seguito ovunque, per Todd, varie fasi, di cui citiamo qui solo le ultime:
-una prima, definita come “zombi”, “in cui perdurava la maggior parte dei costumi e dei valori della religione ormai scomparsa (in particolare, la capacità di agire collettivamente)”.Esempio tipico:L’idea delle “Radici cristiane dell’ Europa”, che significa che il Cristianesimo è già finito, sostituito dalla Religione del Progresso, che utilizza dei valori cristiani come base per la propria etica;
-la seconda, quella attuale, definita come “stato zero”: “un vuoto religioso assoluto, in cui gli individui sono privi di ogni credenza religiosa sostitutiva”. E, quindi, anche di una serie di corollari, quali “il sentimento nazionale, l’etica del lavoro, una morale sociale vincolante, la capacità di sacrificarsi per la comunità”.E’ la società attuale, in cui, alla mancanza di fondamenti culturali, subentrano gli automatismi della società del controllo totale.
2.Nichilismo e guerra in Ucraina
Secondo Todd, la logica di questa transizione sarebbe messa in definitiva evidenza dalla guerra in Ucraina, che, secondo quest’autore, sarebbe stata scatenata nel 2022 dai Russi in base ad una valutazione obiettiva proprio del processo di degenerazione dell’Occidente (“Gniloj Zapad”), per altro da essi teorizzato con dovizia di particolari fin dall’ inizio dell’ Ottocento (cfr. Derzhavin, Danilevskij, Tiutchev, Dostojevskij, Leontijev, Soloviov, Berdjajev).
Gli autori dell’ “establishment” italiano stanno finalmente incominciando a prendere doverosamente sul serio i progetti culturali della Russia. Per esempio, Ezio Mauro, su “La Repubblica del 13 Ottobre, osserva la grande coerenza fra l’intervento di Putin alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza, contro il modello unipolare, con cui “puntava a proporsi come l’artefice in esclusiva di un modello alternativo, l’architetto di un nuovo ordine mondiale, capace di costruire un diverso sistema da proporre ai Paesi non occidentali come una vera e propria rivoluzione conservatrice, emancipatrice e autonoma, con l’obiettivo titanico di spostare l’assedel mondo sottraendolo all’ Ovest, con il cambio di riferimento che ne consegue”.In realtà, la ricostruzione di Mauro è reticente, perché Putin, inoccasione dei 50 anni di Europa, aveva pubblicato, sulla prima pagina de “La Stampa” di Torino un lungo articolo in cui, dopo avere affermato che l’Unione Europea costituiva la miglior realizzazione politica del XX° Secolo, aveva anche affermato di sentirsi, in quanto pietroburghese, a tutti gli effetti europeo. E, nell’incontro a Berlino con l’Associazione dei manager tedeschi, aveva paragonato la propria vocazione a “fare l’Europa”, a quella di Kohl, il quale aveva appena riunificato la Germania: “rimbocchiamoci le maniche”! La trasformazione della politica russa deriva dal rifiuto da parte europea di questa “fusione fra eguali”, mentre l’agenda segreta dell’Occidente prevedeva invece (e ancora prevede) l’assorbimento graduale degli Slavi Orientali, con l’obiettivo di mantenerli subordinati culturalmente, ideologicamente, politicamente, economicamente e militarmente, all’ Occidente a guida americana, sisfacendo infine la Federazione Russa nello stesso mocdo in cui era stata disfatta l’Unione Sovietica.
Dopo lo storico scontro fra von Der Leyen e Orbàn al Parlamento Europeo, anche Sergio Fabbrini, su “Il Sole 2riabilita quest’ultimo:”Il merito di Viktor Orban è stato quello di sfidare aprertamente la maggioranza che sostiene Von der Leyen. Il suo demerito è quello di non offrie alternative alle politiche perseguite dalla Commissione Europea.” In sostanza, Orbàn riempie un vuoto enorme, che spiega l’irrilevanza del sistema politico europeo. Infatti, quest’ultimo, che si pretenderebbe modello di liberaldemocrazia da imporsi al mondo intero, manca invece dell’elemento fondamentale di un sistema liberale: l’opposizione: è quindi oggi un’ideocrazia totalitaria governata da una minoranza di fanatici messianici. Orbàn, ponendosi apertamente come unico serio oppositore riconosciuto alle politiche del sistema costruito intorno alla von der Leyen, ha fatto ripartire una dialettica parlamentare indispensabile per una trasformazione radicale dell’Unione senza eventi traumatici . Infatti, egli afferma espressamente contro l’Unione Europea, di volerne cambiarne mentalità, ideologie, significato e programmi.
E ciò è fondamentale in questo momento, come conferma il recentissimo libro di RayKurzweil, “The Singulartity is Nearer”, c’è sullo sfondo l’urgenza della corsa all’ Intelligenza Artificiale, che potrebbe sparigliare le carte (cfr.p.es. Evgeny Morozov). Per questo Eric Schmidt e il Senatore Schumer si sono tanto adoprati per fare approvare dal Congresso uno stanziamento straordinario per l’informatica, e Musk e Altmann sfidano ogni genere di limiti legislativi per realizzare al più presto i loro obiettivi post-umanistici.
In sostanza, la Singularity (ora prevista dallo stesso Kurzweil, che ne è il più grande progettista, per il 2029, cioè fra 5 anni) avrebbe come effetto immediato il controllo assoluto, da parte del sistema digitale, sull’ insieme dei dati su tutti i cittadini dell’Emisfero Occidentale, e, quindi, sulla gestione, da parte loro, della gran parte delle loro disponibilità finanziarie, per lo più “offshore”. Tale controllo viene già usato come strumento di ricatto nel caso di disubbidienza alle direttive americane (come ci ha insegnato per esempio la vicenda degli oligarchi russi). Todd ci informa anche che, a partire dagli Anni Ottanta, quelle disponibilità che erano “parcheggiate” in Svizzera, al riparo da occhi indiscreti, anche americani, ma con tassi d’interesse bassissimi (se non negativi), sia stata recentemente sparsa nei paradisi fiscali situati in territori coloniali controllati dai “Five Eyes” anglosassoni: Isole Vergini, Samoa, Palau, Marshall, isole britanniche, Costa Rica e Panama.
Todd spiega l’assoluta disciplina atlantica dimostrata negli ultimi tempi dall’“establishment” europeo in gran parte con questo controllo poliziesco, divenuto centrale per l’America, da un lato, per controbilanciare la propria perdita di influenza economica sul resto del mondo (vedi de-dollarizzazione), e, dall’ altro, per compensare lo squilibrio crescente della bilancia commerciale USA nei confronti degli altri Paesi occidentali, che potrebbe conferire a questi ultimi, una rinnovata influenza sull’America.
Ma anche sul fronte dell’informatica il giornalismo “mainstream” sta riposizionandosi rapidamente. Commentando, per “Il Sole 24 Ore” del 13 “Technopolitique” di AsmaMhalla e “The Tech Coup” di Marietje Schaake, Luca de Biase esordisce affermando che il potere dei GAFAM “è cresciuto a dismisura. Sono accolti da primi monistri e presidenti, in mezzo mondo, come capi di stato.E come talisi comportano.Anche perché molto spesso, praticamente, lo sono.I leader delle Big Tech decidono il codice- la legge- che governa il comportamento di miliardi di persone. Organxzzano la soluzione di controversie, puniscono e premiano i loro utenti, in base a criteri che loro stessi definiscono, senza alcuna trasparenza. Hanno una politica estera. Intervengono nelle guerre e scelgono in quale campo stare nelle battaglie elettorali.” Dice Mhalla: “sono vettori della potenza americana e nello stesso tempo si trovano in dialettica con il potere politico degli Stati Uniti..”
Quanto alle alternative, è chiaro che nessuno vuole proporle perché, in un momento, come questo, di grande conflittualità nel mondo, c’è il rischio che chi lo facesse in modo serio venga travolto in modo brutale dai poteri forti. Basta vedere come Israele usi la forza in modo indiscriminato non solo contro i suoi avversari e i propri nemici dichiarati, bensì perfino contro le Nazioni Unite e contro i suoi alleati appena recalcitranti come l’ Italia. “La Stampa” enumera oggi ben 174 attacchi di Israele contro il diritto internazionale.
Per altro, l’attività di Alpina e di Diàlexis è stata fin dal principio basata sull’ idea di fornire queste alternative, stante la carenza del mondo politico. Basti ricordare “Cento Idee per l’ Europa” e, più recentemente, “Verso le Elezioni Europee, I partiti europei nella tempesta”, che invitiamo tutti a rileggere e discutere.
3.” Se l’Ucraina perde la guerra a vincere è l’Europa”
Secondo Todd,in netta controtendenza rispetto ai media mainstream, « È l’esito di questa guerra che deciderà il destino dell’Europa. Se la Russia venisse sconfitta in Ucraina, la sottomissione europea agli americani si prolungherebbe per un secolo. Se, come credo, gli Stati Uniti verranno sconfitti, la Nato si disintegrerà e l’Europa sarà lasciata libera.” “Infatti,”Con 144 milioni di abitanti, una popolazione in calo e 17 milioni di kmq, lo Stato russo fa già fatica ad occupare il suo territorio. La Russia non avrà né i mezzi né il desiderio di espandersi, una volta ricostituiti i confini della Russia pre-comunista. L’isteria russofobica occidentale, che fantastica sul desiderio di espansione russa in Europa, è semplicemente ridicola per uno storico serio ».Invece, chi ha un bisogno esistenziale di continuare a controllare l’ Europa, e, per questo, è disposto a qualunque cosa, è il Complesso Informatico-Digitale americano, che, grazie all’ Europa, riesce a mantenere un certo equilibrio con il resto del mondo:«Durante la guerra in Iraq, dopo il Kosovo, Putin, Schröder e Chirac hanno tenuto conferenze stampa congiunte. Questo terrorizzava Washington. Sembrava che l’America potesse essere espulsa dal continente europeo. La separazione della Russia dalla Germania divenne quindi una priorità per gli strateghi americani. Peggiorare la situazione in Ucraina è servito a questo scopo. Costringere i russi ad entrare in guerra per impedire l’integrazione di fatto dell’Ucraina nella Nato è stato, inizialmente, un grande successo diplomatico per Washington.”
5.Fra 5 anni, la Singularity
Le trasformazioni in corso, dall’Intelligenza Artificiale alla bioingegneria, dalle armi autonome alla conquista dello spazio, procedono senz’ alcun coordinamento politico. Esse sono invece nelle mani di una ristrettissima cerchia di addetti ai lavori, da Musk a Zuckerberg, da Altmann a Durov, che, lungi dall’ accettare le regole imposte dalle autorità, impartiscono essi stessi ordini alle stesse, disponendo del denaro, delle conoscenze, degli strumenti e dei media, da cui dipende il futuro dei politici e dei funzionari, e delle informazioni riservate sulla loro vita e sui loro patrimoni (cfr. supra). Basti vedere i massicci, e indisturbati, interventi, sulla politica americana, di Zuckerberg, Schmidt e Musk, e l’atteggiamento servile verso gli stessi da parte dei vertici americani ed europei.
Todd cita a questo punto una frase illuminante di Heidegger: “Ciò che è veramente inquietante non è che il mondo diventi un mondo completamente tecnico. Di gran lunga più inquietante è che l’uomo non sia affatto preparato a questa trasformazione del mondo”.
Così, la tempistica della Singularity sarà determinante per il futuro dell’ Umanità, e innanzitutto per l’esito dei conflitti in corso. Si noti che Kurzweil insiste sulla sua originaria previsione della Singularity per il 2029, mentre Elon Musk ed altri indicano date ancor più ravvicinate, cioè nel bel mezzo dei conflitti in corso.
E’ significativo che, invece, i media mainstream non sottolineino affatto questo nesso temporale, che incide pesantemente sulle ragioni e il significato dell’incipiente guerra (cfr. Morozov, supra). Secondo Kurzweil, ci vorranno altri 16 anni, dal 2029 al 2045 perché la corteccia cerebrale dell’Umanità venga collegata al cloud, come si tenta di fare con il suo Progetto Neuralink e con il progetto DARPA “Neural Engineering System Design”. In quel momento, gli esseri umani si identificherebbero con l’ Intelligenza Artificiale, come era stato previsto già addirittura da Averroè con il suo Intelletto Attivo, da Hegel con il suo lo Spirito Assoluto e da Vernadskij con la sua Noosfera.
Si tratterebbe allora, nello stesso tempo, della vittoria della Ragione Astratta e della Morte dell’Umanità, grazie alla sparizione di tutte le forme di vitalità, prosciugate dall’ onnipotenza della Ragione.
Una singolare coincidenza: per il 2049, Xi Jinping si ripropone di fare, della Cina, uno Xiaokang, vale a dire “una società moderatamente prospera”, un modello confuciano molto meno millenaristico delle varie versioni occidentali della “Fine della Storia”, ma soprattutto della “Singularity Tecnologica”, che ci viene proposta per il 2029-2047 . E’ questa la ragione più profonda dell’ opposizione fra il Sud del Mondo e il Complesso Informatico-Militare occidentale, che non può essere ridotta all’ antitesi “democrazia-autocrazia”, ma che ci propongono, in realtà, due progetti globali in concorrenza fra di loro..
Uno dei pochi pregi di questi Anni ’20 del XXI° Secolo è stato quello di aver portato in superficie le contraddizioni dell’età postmoderna, e, questo, soprattutto, nella nostra Europa:
-Prima contraddizione-la neutralità della tecnica, demitizzata dalla politicizzazione dell’ informatica
-Seconda contraddizione-la Fine della Storia, demitizzata dalla “Guerra senza Limiti”
-Terza contraddizione-la Pace Perpetua, demitizzata dalla guerra ormai millenaria in Palestina
Alla fine del secolo precedente ,era stata diffusa l’idea che l’economia sarebbe stata la forza trainante della politica, e ciò avrebbe reso la vita di tutti più semplice e pacifica. Ciò era stato interpretato, al tempo dell’ “egemonia culturale della sinistra”, come equivalente ad un preteso “carattere irreversibile del socialismo”, in quanto il marxismo avrebbe risolto in senso materialistico l’”Enigma della Storia”; poi, dopo la caduta del Muro, come il convergere di tutto il mondo sul modello consumistico (l’”Uomo a una Dimensione”), e, infine, dopo le Guerre del Golfo, come il sigillo del prevalere definitivo del sistema occidentale: la “Fine della Storia” teorizzata dal primo Fukuyama.
Negli ultimi decenni, si è visto invece che la storia, lungi dall’essere terminata, si è messa a correre più che mai, con l’Islam politico, la Società del Controllo Totale, il multipolarismo, i GAFAM, le guerre in Irak, Afghanistan, Georgia, Siria, Libia, Yemen, Ucraina, la Via della Seta….In questa storia rinnovata, l’informatica svolge non casualmente un ruolo centrale, con la Transizione Verde, i Droni, i Missili ipersonici, l’Intelligenza Artificiale, Echelon, Prism, Snowden, Assange, l’invasione di campo nella politica da parte di Kurzweil, Zuckerberg, Schmidt, Musk, Jack Ma…
In particolare, il Ventunesimo si annunzia, non già come la Pace Perpetua, bensì come un secolo di conflitti immani. Avevamo infine subito per tutto questo tempo un indottrinamento martellante circa il fatto che, grazie alla IIa Guerra Mondiale, all’Alleanza Atlantica e all’ Unione Europea, saremmo alfine pervenuti a quell’era fortunata, profetizzata nell’ Apocalisse e laicizzata da Kant e da Hegel, in cui, finiti tutti i conflitti, l’unico fatto rilevante per il divenire umano sarebbe stato lo sviluppo della scienza e della tecnica (la “Posthistoire” di Kojève e di Gehlen). Invece, non solo i conflitti ancestrali, come quelli palestinese-israeliano (che ha radici nella Bibbia), indo-pakistano (dei tempi delle invasioni islamiche) e greco-turco (che risale alla caduta di Costantinopoli), non hanno cessato d’infuriare in sempre nuove forme, ma perfino nel cuore dell’Europa si è riacceso ora più che mai, prima in Transnistria e in Georgia, e, poi in Ucraina, uno scontro fra la Russia e l’ Occidente, che rischia, secondo le stesse dichiarazioni dei protagonisti, di degenerare in una Terza Guerra Mondiale combattuta con armi atomiche.
Si tratta di una trasversale “guerra di religione”, fra i seguaci di un’interpretazione immanentistica e deterministica dell’Apocalissee i sostenitori di una concezione “aperta” della storia, che si apparenta alla Seconda Lettera di San Paolo ai Tessalonicesi, ma anche alle concezioni cicliche della storia, indica e sinica. Essa può anche essere definita, come avevano scritto dei generali cinesi, come una “Guerra Senza Limiti”, combattuta in tutti i campi della convivenza umana: teologia, cultura, società, scienza, tecnica, politica, economia…ma anche “sul campo di battaglia” (per usare un termine tornato drammaticamente di moda).
Sul “fronte europeo” di questa guerra combattono, dunque, da un lato, l’”ideologia californiana”, sintesi fra provvidenzialismo puritano e transumanesimo (incarnatasi nella NATO e nella UE), e, dall’ altro, l’idea paolina del Katèchon, tramandataci da Ottone di Frisinga, Timoteo di Pskov, von Baader, Dostojevskij, Soloviov, Schmitt , Pietro Barcellona, e, per ultimi, Dugin e il Patriarcato di Mosca. Esso si presenta dunque qui come una Guerra Civile, anzi, la prosecuzione (in termini più radicali) delle due Guerre Mondiali, già definite appunto, da Ernst Nolte, come “Guerra Civile Europea”. Infatti, sono europei tanto la Russia, quanto l’Ucraina, tanto i filo-americani, quanto i “sovranisti europei”. Anche ideologicamente, vengono mobilitati Cosacchi e Chiese ortodosse, la Terza Roma e l’Europa delle Nazioni, l’ebraismo internazionale e il Parlamento europeo….
Questa paradossale coincidenza fra le due parti in conflitto, che addirittura si confondono e si scambiano i ruoli, rende questa vicenda particolarmente dolorosa. Basti ricordare come le opere letterarie classiche (Nestore di Kiev, il Canto della Schiera del Principe Igor, Mazeppa, la Fontana di Bahcisaray, Taras Bul’ba, l’Armata a Cavallo..) non facciano alcuna distinzione fra i due Paesi in guerra oggi in guerra. Oppure guardare qualche puntata del serial “Sluga Naroda”, che ha costituito la singolare “campagna elettorale” dello Zelenskij attore comico. Nel serial, tutti, a cominciare da Zelenskij stesso, allora esclusivamente russofono e perfino ignaro dell’ Ucraino, parlavano russo, e, quando qualcuno si azzardava anche soltanto a parlare con accento ucraino, veniva sbeffeggiato da tutti nella sala del Consiglio dei Ministri di Kiev.
Quella dolorosa sensazione è ancor più acuita dalla confusione che si è riscontrata all’ Europarlamento sulla votazione circa l’autorizzazione all’ Ucraina all’uso delle armi occidentali contro il territorio russo, che ha dimostrato ancora una volta, qualora ce ne fosse bisogno, che, sulle grandi questioni storiche, l’”establishment” non ha un progetto per l’ Europa, e si lascia guidare, chi dal servilismo verso gli USA, chi da un ben motivato timore per le basi americane in Italia che custodiscono bombe nucleari, chi, infine, da riflessi condizionati del tempo della Guerra Fredda.
1.Fine degli equivoci europei
Il crollo dei tre miti, quello dell’egemonia dell’economia, quello della Fine della Storia e quello della Pace Perpetua, ha comportato automaticamente la perdita di credibilità delle Retoriche dell’Europa quali consolidatesi dopo la caduta del Muro di Berlino. Il progetto di integrazione europea quale delineatosi nell’ immediato Dopoguerra conteneva in effetti un elevato grado di ambiguità. Da un lato, la tradizione europeistica “alta” risalente a Ippocrate, Erodoto, Strabone, Eginardo, Dante, Dubois, Podiebrad, Sully, Saint-Pierre e Coudenhove-Kalergi, che vedeva l’ Europa unita come un’esigenza permanente di carattere geopolitico (una “Translatio Imperii” parallela a quelle della Cina e dell’ India, incarnantasi nell’”Ancienne Constitution Européenne” di Tocqueville). Dall’altra, l’ideologia della Fine dellaStoria, incarnatasi nel messianismo persiano ed ebraico, nel provvidenzialismo imperiale romano, nel gioachimismo, nella “Dissidence of Dissent” protestante (Anabattismo, Komensky, Puritanesimo),nella filosofia tedesca ( Kant, Hegel, Marx, Nietzsche), nel One-Worldism di Willkie e di Benda, nella teologia materialistica di Teilhard de Chardin, nel funzionalismo di Mitrany e di Haas, nello storicismo di Kojève e perfino nel federalismo di Spinelli e, soprattutto, di Albertini.
In una prima fase, che va dalla fondazione di Paneuropa da parte d Coudenhove Kalergi (1923) fino alla Dichiarazione di Copenhaghen del 1973 sull’Identità Europea, caratterizzato dall’ opera di Coudenhove Kalergi, Simone Weil, Duccio Galimberti, Altiero Spinelli, De Gaulle, Schuman.., le due tradizioni si erano equilibrate in un modo che tutto sommato corrispondeva alla “Ragion di Stato europea” delle Comunità Europee, stretta fra ortodossia atlantica e “modello sociale renano”.
Invece a partire dagli Anni Novanta, sotto l’influenza congiunta della “Lunga Marcia attraverso le Istituzioni” del Sessantottismo, teorizzata da Rudy Dutschke, dell’ Ideologia Californiana e del massiccio afflusso di reduci dal Socialismo Reale (come la stessa Merkel), s’impose sempre più la visione della costituenda nuova Unione Europea quale Fine della Storia, una visione parallela all’ideologia americana della Singularity Tecnologica, ambedue eredi dell’egemonia culturale marxista, che non poteva però più coniugarsi con il blocco del Socialismo Reale.
Il confluire di queste tendenze nichilistiche stava (e sta) portando l’Umanità, e comunque, l’Occidente, verso l’autodistruzione, generata dalla sostituzione dell’uomo con le macchine, passando per il nichilismo, il moralismo, il razionalismo, l’egualitarismo, la burocrazia, il Worldwide Web, Prism, l’ideologia gender, il Manifesto Cyborg, la Società del Controllo Totale, il Pensiero Unico, il Politically Correct, la bioingegneria…Sembrava certo che, come profetizzato da Kurzweil, l’”Ultimo Uomo” nietzscheano avrebbe passato le consegne alle “Macchine Spirituali”, vero “Uebermensch”, e queste avrebbero “deciso il destino dell’ Universo”, come scriveva, appunto, Kurzweil. Solo alcuni, isolati, autori (come Simone Weil e Pietro Barcellona ), avevano visto invece ”, sulla scia di Dostojevskij, l’ Europa quale punto di partenza per un rovesciamento della prospettiva modernistica (l’”Europa quale Katèchon).Una base, ahimè, troppo ristretta per fondarvi un vero movimento politico o anche culturale. In generale, prevaleva il pessimismo culturale (il “Mito Incapacitante”: Huxley, Asimov, Heidegger, Anders, Guénon, Evola, Zolla), finché, dal “di Fuori”, per dirla con Roberto Esposito, non sono venute le spinte che stanno sconvolgendo i termini della questione.
Il richiamo, fatto da Giorgia Meloni alla consegna del Global Citizen Award, al “Tramonto dell’ Occidente” è quindi anacronistico. Quel celeberrimo libro di Spengler si riferiva in realtà alla fine dell’ Occidente Europeo, che coincideva con l’inizio dell’ Occidente Americano, quale celebrato nel curriculum della Columbia University sui “Western Studies”. Il declino di oggi è invece quello dell’Occidente Americano, che, come diremo in conclusione, potrebbe essere una splendida occasione per la rinascita dell’ Occidente Europeo. Non è che gli Europei, contrariamente agli Americani, “si vergognino delle loro tradizioni”: essi si rendono semplicemente conto che queste (eccellenza, cultura alta, differenza) non sono le stesse dell’America (egualitarismo, “midbrow”, omologazione). Mentre il “patriottismo europeo” è un sentimento costruttivo e necessario (per quanto raro, e, quasi, casuale), il preteso “patriottismo occidentale” di nuovissimo conio è una trappola, che permette agli omologatori e alle Macchine Intelligenti di calpestare le nostre identità. Quello italiano infine, non può “funzionare” nella storia se non è parte di quello europeo.
2.Le metamorfosi del “Sud del Mondo”
Nel periodo che va dalla Conquista dell’ America alla creazione dell’Unione Indiana e della Repubblica Popolare Cinese (nel 1949), i popoli del Sud del Mondo, e, più in generale, quelli “non occidentali”, avevano subito la storia in modo essenzialmente passivo, dalla festa avvelenata ordita da Pizarro contro gl’Incas (cfr. Blas Valera, Exsul Immeritus), alla Tratta Atlantica, alla distruzione delle Reducciones, al Trail of Tears, alle Guerre dell’ Oppio, all’Assedio di Delhi, allo Stato Libero del Congo, alla dissoluzione degl’imperi ottomano e russo, fino alle bombe di Hiroshima e Nagasaki.
Oggi invece essi si pongono quale elemento propulsivo della cultura e dell’economia mondiale.
E’ vero che i “14 Punti” di Wilson, la Conferenza di Baku dell’ Internazionale Comunista e la “Sfera Asiatica di Co-prosperità” del Giappone avevano già affermato il principio della decolonizzazione, ma si trattava sempre e soltanto di spinte “umanitarie” dei nuovi Stati emergenti del Nord del Mondo, per portare dalla loro parte i popoli coloniali, sostituendo, al “colonialismo” classico, il “neo-colonialismo”.
Invece, con la creazione della Unione Indiana, della Repubblica Popolare Cinese e, perché no, anche di Israele, e con il classico “Dialettica dell’ Illuminismo” di Horkheimer e Adorno, iniziava ad affermarsi il principio della “Teshuvà” (Leo Strauss), del “ritorno” alle civiltà tradizionali. Il Mahatma Gandhi era vestito come un Sadhu dell’ India Meridionale, e usava l’arcolaio (oggi sulla bandiera dell’ India), metafora del “Cakravartin”, l’imperatore universale Hindu. La sua evoluzione ideologica era iniziata dalla lettura del Bhagavad Gita (il “Canto dell’ Illuminato” del Mahabharata); la sua prima opera programmatica, “Hind Swaraj”(“L’Indipendenza dell’ India”) partiva dal rifiuto della civiltà occidentale moderna..Anche l’inno della RPC incomincia con le parole “起来!不愿做奴隶的人们= alzatevi voi che non volete essere schiavi!”!
Inizia così la fase storica della vera e propria “decolonizzazione”, che avrà, come punti salienti, le rivoluzioni nazionali arabe e africane. Alla Conferenza di Bandoeng, il Sud del Mondo si identifica con i “Paesi non Allineati” e con la Cina. Tuttavia, questo movimento è ancora caratterizzato dall’ essere quei Paesi “in Via di Sviluppo”, per cui vi si destinavano programmi internazionali, appunto, di aiuto allo sviluppo. E’ solo con il crollo dell’Unione Sovietica che la Cina assurge a modello privilegiato per i Paesi non occidentali, e che la Russia intraprende un percorso di trasformazione, che la spinge, alla fine, a porsi come vertice ideologico del movimento di opposizione alla modernizzazione, riallacciandosi così alle tesi di Roma “Terza Roma” e alle profezie di Soloviov sull’ Anticristo. Nello stesso tempo, l’ascesa delle “Tigri Asiatiche”, e, poi, le “Nuove della Via della Seta” promuovono il sorpasso dell’Asia sull’ America quale centro economico e tecnologico del mondo, sospingendola alla ricerca di “Valori Asiatici” comuni quale contrappeso a quelli “Occidentali”.
C’è solo da chiedersi (come affermava alla TV russa Viaceslav Nikonov) se non sia un po’ paradossale che la Russia, il Paese nordico per eccellenza, si proponga come leader del Sud del Mondo.
La guerra generalizzata in corso in Ucraina, Medio Oriente e Sahel, che rischia in ogni momento di estendersi al Mar della Cina, e, quindi, al mondo intero, costituisce l’occasione in cui i ciascuno dei due contendenti: la NATO e il Sud Globale, rivelano in modo palese (anche se tutt’altro che esaustivo) le loro rispettive motivazioni, che vengono ricondotte soprattutto alla “lotta per il riconoscimento”. Il “Sud Globale” contesta all’ Occidente (e soprattutto agli Stati Uniti), di pretendere, pur rappresentando poco più del 10% della popolazione mondiale , di negare, in teoria come in pratica, ogni legittimità alla gran varietà di culture del mondo( fra cui anche l’ Europa), considerate semplice “preistoria” dell’ America. A sua volta, l’”Occidente”, nelle sua due varianti -imperial-progressista e isolazionista-populista- insiste nel suo “eccezionalismo”(che si traduce nell’ “eccezionalimo americano”). Le “regole” tanto invocate dall’ Occidente, si rivelano essere quelle che tutelano, come ha detto Boris Johnson, l’egemonia occidentale, e vengono perciò regolarmente disattese quando a fruirne potrebbero essere gli “altri”: pensiamo ad esempio all’ “autodeterminazione” dell’Europa dall’ America, della Catalogna dalla Spagna, del Donbass dalla Russia, della Palestina da Israele, che viene respinta quali lesione dell’ integrità territoriale di Stati sovrani nell’ ambito dell’ intoccabile Ordine Mondiale postbellico, mentre simili concetti non sono valsi per gli Stati Uniti nei confronti dell’ Inghilterra, degli Stati italiani pre-unitari invasi dal Regno di Sardegna, del Kossovo sottratto alla Serbia, di Timor Leste e del Sudan Meridionale. Del resto, l’intero diritto internazionale si regge sulla consuetudine e, in sostanza, sul diritto del più forte (“ex facto oritur ius”). La maggior parte degli Stati del mondo è di costruzione recente, frutto di compromessi fra le Grandi Potenze e/o di atti fondativi quanto meno equivoci. Dedurne l’esistenza di altrettante “Nazioni” con una loro autonoma missione nella Storia è quindi fuorviante. Si pensi all’ indipendenza degli USA, dovuta in gran parte all’influenza della Francia di Luigi XIV, o a quella della Grecia, concordata fra Russia, Inghilterra e Stati tedeschi, e ambedue fondate su quella “sostituzione etnica” che i pretesi “sovranisti” dicono di voler oggi evitare come il fumo negli occhi.
3.La lotta per l’Intelligenza Artificiale
Della contrapposizione fra “The West and the Rest”, teorizzata già da Huntington in “Clash of Civilisations” non viene posta tuttavia in evidenza la natura più profonda: questa Guerra di Religione fra due ideologie (“democrazie” e “autocrazie”) è in realtà solo l’aspetto exoterico di un conflitto più profondo ed esistenziale, fra, da un lato, l’Intelligenza Artificiale, e , dall’ altro le culture dell’ epoca assiale (San Jiao, Sanata Karma, cultura classica europea, Religioni del Libro, filosofie dei popoli pre-alfabetici). Infatti, l’Intelligenza Artificiale pretende oramai di costituire l’avvenire stesso del mondo, sostituendo il mondo umano, e riallacciandosi così alle sette apocalittiche e all’ idea di un Intelletto Attivo/Spirito Assoluto/Superuomo/Punto Omega, secondo cui “L’Uomo è qualcosa che va superato”. Mentre l’”Occidente” (Teilhard de Chardin, Kurzweil) saluta questa sostituzione come il compimento di antiche profezie le varie culture del mondo non intendono affatto essere “superate”, perché hanno, della storia, una visione ciclica (gli Eoni,il DaTong), quando proprio non ignorano addirittura (Cinese, Giapponese) il futuro grammaticale, oppure si attengono all’ idea paolina che la Parusìa “verrà come un ladro”, e non va “accelerata”.
Giacché, come affermato da gran tempo da Vladimir Putin, “chi controlla l’intelligenza artificiale controlla il mondo”, è ovvio che questa “guerra di religione” si combatta, in modo sempre più evidente, intorno all’ Intelligenza Artificiale. Già i progetti Echelon e Prism consistevano nel tentativo dell’Intelligence Community americana di avvolgere il mondo intero in una rete digitale capace di controllare ogni singolo movimento dell’ Umanità. Con i Social Networks, questo controllo si era diffuso a livello capillare attraverso le 6 grandi multinazionali americane dell’ informatica (i GAFAM). Come reazione, da un lato la Cina aveva creato le proprie multinazionali (i BAATX, di dimensioni ancor maggiori di quelle americane), e, dall’ altro, l’Unione Europea aveva tentato di mascherare la propria assenza con la pretesa efficacia extraterritoriale del proprio diritto dell’ informatica (il GDPR, l’Artificial Intelligence Act e il Digital Service Act), che però, come hanno dimostrato le sentenze Schrems, non può funzionare verso i GAFAM per la connivenza delle Autorità europee e nazionali con quelle americane. Del resto, il primo che abbia tentato di applicare in modo extraterritoriale il Digital Services Act una norma (per quanto assurda) del Digital Services Act (il Commissario Breton), si è dovuto dimettere nel giro di pochi giorni denunziando un preteso complotto contro di lui di Ursula von der Leyen.
I lodevoli principi (difesa della privacy, controllo umano sull’ AI) tradotti così male nella pratica dal legislatore europeo, sono stati invece recepiti in toto dalla legislazione cinese, con la sola differenza che, giacché la legge cinese è applicabile direttamente senza sconti alle multinazionali di quel Paese, ha portato immediatamente ad un’ondata di sanzioni (il “Crackdown sui BAATX”), fino a giungere all’ arresto di Jack Ma, il carismatico guru dell’informatica cinese, ridotto a un “silent partner” dell’impero da lui creato.
A questo punto, la lotta per il controllo dell’ AI si è frazionata in molti rivoli, confondendosi da un lato con la politica interna americana (con Musk che sostiene Trump e la Commissione Europea che pretende di censurare la sua creatura X), e con la guerra in Ucraina (con Musk che prima concede Starlink all’ Ucraina, poi gliela nega), e, dall’ altra, con la politica europea (la campagna, attualmente in corso su pressione delle multinazionali e capeggiata da Mario Draghi, per alleggerire le ,già inefficaci, norme sull’Intelligenza Artificiale, e l’ennesimo ,ma infruttuoso, rilancio, per esempio, da parte di Roberta Bria, della proposta di creare delle imprese informatiche europee –come se non esistessero già le inefficienti QWANT e GAYA-X, che occorrerebbe intanto far funzionare-).
Oggi, i GAFAM scendono nell’ arena politica “a gamba tesa”, con Schmidt che dirige ufficialmente la loro lobby al Congresso, Altman in bilico fra gli Arabi e Macron, e Musk che “premia” Giorgia Meloni a Washington, in attesa che Trump gli affidi un incarico di governo. E ne hanno ben d’ondevisto che c’è, una qualche timida mossa da parte dell’antitrust americano che agita per l’ennesima volta lo spuntato spauracchio dello “spezzatino” di Google (cosa che si sarebbe dovuta fare da decenni). Peccato che a nessuno venga in mente di fare un vero “spezzatino” come quello attuato dalla Cina, dove, per ogni servizio reso in Occidente dai GAFAM, c’è un analogo servizio cinese reso da uno o più BAATX, ma con un maggior numero di utenti e con più concorrenza.
La Russia, anche in considerazione delle diverse dimensioni del mercato e della diversità delle lingue, ha percorso un iter intermedio.Già a partire dalla metà degli anni Novanta, essa aveva proposto agli Stati Uniti una bozza di trattato internazionale sulla sicurezza delle informazioni che fu però rifiutata da Washington, in quanto – secondo gli Americani – implicava un controllo statale sui dati nel web (cosa che per altro negli USA è continua, da parte della NSA, come sanno Snowden e Schrems). La Russia propose poi, senza successo, la stessa nozione di sicurezza delle informazioni in seno alle Nazioni Unite (da sempre schierate a fianco dei GAFAM).
Nel 2014, la Russia ha adottato una legge che obbliga tutte le aziende che operano online a mantenere e gestire i dati dei cittadini russi su server locati sul territorio nazionale.. La legge dimostra anche il crescente allineamento politico tra Russia e Cina, dopo la firma di accordi bilaterali che delineano una visione condivisa per il futuro di internet. Uno di questi è l’accordo di cooperazione sulla sicurezza internazionale delle informazioni del 2015: già allora si sottolineò l’importanza di diffondere l’idea di un “internet sovrano”.
Nel 2019,è entrata in vigore anche una legge che vieta la diffusione online di “fake news” da parte di mezzi di comunicazione di massa e singoli cittadini, simile a quella europea che Breton ha improvvidamente tentato di applicare a Musk e a Trump. Questa stretta legislativa sulla libertà d’espressione può essere spiegata come tentativo per arginare le manifestazioni di dissenso popolare Tuttavia, la guerra in corso dimostra che il controllo su Internet serve, più che ad arginare proteste popolari, ad impedire alle piattaforme ostili di utilizzare i dati degli utenti nazionali, che sono, innanzitutto, una risorsa commerciale determinante, ma, soprattutto, forniscono dati fondamentali sulla preparazione bellica (andamento della popolazione e dell’ economia, consumo di energia e materie prime…, orientamenti dell’ opinione pubblica.. ), che permettono di orientare le azioni belliche nella guerra in corso.
Nonostante questo, la legge russa non prevede ,come quella cinese, l’isolamento totale dell’ internet nazionale da quello occidentale (e questa può essere la ragione di varie “débacles” nell’ Operazione Militare Speciale, dovute alla cooperazione delle intelligence occidentali), bensì si limita a porre in essere le condizioni per staccarsene in caso di emergenza. Paradossalmente, questa completa frattura non si è ancora verificata, forse perché (anche a causa delle dimensioni del mercato) le piattaforme russe non sono in grado di soddisfare tutte le esigenze degli utenti locali. La collaborazione con la Cina potrebbe colmare questa lacuna.
4.Le Grandi Piattaforme (GAFAM e BAATX) non sono imprese, bensì Stati totalitari
Nei giorni scorsi, il “team” di Facebook ha rimosso un articolo pubblicato sul sito “Nessun dorma” di Franco Cardini e, appunto, condiviso sulla sua pagina social. Franco Cardini ha risposto che “La motivazione iniziale – ‘il post non rispetta gli standard della community’ – risponde al solito refrain di una piattaforma che spesso non si fa scrupoli nel rimuovere contenuti “scomodi” che non rispondono al pensiero unico ma all’opinione individuale, “libera”, espressa altresì in modo civile. Forse nessuno di noi ha ancora veramente capito in cosa consistano ‘gli standard della community’ e quali siano le circumnavigazioni algoritmiche che decidono di rimuovere un contenuto senza troppi complimenti. “
Sul fatto che le piattaforme digitali siano un fenomeno abnorme, che stravolge tutti i concetti sui quali si sono basati fino ad oggi diritto ed economia, sono oramai d’accordo tutti, perfino l’FMI, che suggerisce agli USA di dare più spazio all’ antitrust, imbavagliato da quando, essendo caduto, nel 1989, il Muro di Berlino, i GAFAM hanno potuto esercitare senza limiti (anche e soprattutto a vantaggio della NSA) i loro poteri esorbitanti.
Come ha scritto su Milano Finanza Emilio Cavano, “abbiamo creato mostri. E’ tempo di arginarli.”
Nessuno, per altro, si è curato di descrivere nel dettaglio tutti i settori in cui l’informatica è determinante, e quindi i tipi di diritto con cui dovrebbe venire in contatto, e da cui dovrebbe, ma non viene , essere regolato. Tentiamo qui di farlo noi:
AREE DI ATTIVITA UMANE
RUOLO ATTUALE DEI GAFAM
DIRITTO APPLICABILE
Religione
La religione della tecnologia si è sostituita, come previsto da Saint-Simon e Teilhard de Chardin, a quelle tradizionali
Diritto costituzionale. Diritto ecclesiastico
Cultura
L’Intelligenza Artificiale si è sostituita a quella umana
Diritto dei mezzi di comunicazione
Politica
Il web è il principale canale di dibattito
Diritto costituzionale
Difesa
L’IT è essenzialmente spionaggio
Diritto sul segreto militare Diritto penale militare
Economia
I GAFAM sono le imprese con il maggior livello di capitalizzazione
Legislazione di banca e borsa Antitrust
Fiscalità
I GAFAM sfuggono quasi completamente al fisco
Diritto fiscale internazionale
Liberà di espressione
Il web, divenuto il più importante mezzo di comunicazione, condiziona pesantemente l’opinione pubblica
Legislazione sulla stampa, la censura e le elezioni
E’ impressionante che tutti i politici europei e nazionali intrattengano rapporti strettissimi con i guru dei GAFAM, che palesemente sfruttano il mercato europeo senza dare nulla in cambio, sottraendo all’ Europa miliardi di dati dei cittadini europei, senza mai neanche porsi la questione che invece si pongono a ragione le autorità cinesi e perfino americane, vale a dire che quei guru contano molto più di loro e hanno assoggettato i loro Stati ad una vera e propria tutela. Una tutela totalitaria, perché essa non ammette concorrenza: si infiltrano nelle nostre menti, le controllano e le censurano, e, comunque, spostano inimmaginabili flussi finanziari fuori dai nostri Paesi.
L’idea che la tecnica sia “neutra” è smentita dai fatti: i guru dell’ informatica sono dichiaratamente partigiani di una visione del mondo millenaristica, e costituiscono, con le loro idee, le loro alleanze, i loro soldi, le loro lobbies, le loro macchine, dei portatori potentissimi delle ideologie postumanistiche.
5.L’obiettivo dell’ Europa, ma anche delle Nazioni Unite, non può essere la Pace Perpetua
L’esperienza storica dimostra che il conflitto è coessenziale all’Umanità, come affermavano già Eraclito, Bertran de Borns, De Maistre, Nietzsche e Freud. Abolire l’alterità equivale ad abolire l’Umanità, come ben sapeva lo stesso Kant, a torto indicato come il cantore della “Pace Perpetua”. Infatti, come scriveva lo stesso Kant, non si può “raddrizzare il legno storto dell’ Umanità” (Isaiah Berlin). Proprio questo costituisce infatti la Hybris, fonte prima dell’ Eterogenesi dei Fini(Wolff), in forza della quale i comportamenti umani sortiscono normalmente l’effetto opposto a quello perseguito dai loro autori. Ciò che i Greci chiamavano “fthonos ton theon”(“invidia degli Dei”), la stessa che, nella mitologia mesopotamica e nella Bibbia, aveva provocato il Diluvio Universale, e che oggi si manifesta nelle nevrosi, nella disoccupazione tecnologica, nelle Macchine Intelligenti e nella minaccia atomica. Esempio tipico, il tentativo di Serse, descritto da Erodoto nelle sue Storie, di portare la Persia, con la conquista dell’intera Europa, a “confinare con il regno degli Dei”. Una pretesa millenaristica del mazdeismo ereditata, in Europa, non già dalle culture classiche, bensì dalle eresie delle Religioni del Libro, alle quali si è riallacciata la Modernità.
Per questo motivo, il “Patto per il Futuro” delle Nazioni Unite, appena adottato al Palazzo di Vetro con l’opposizione della Russia e dei suoi alleati e con l’astensione della Cina, suona come l’ennesima kafkiana “grida manzoniana” in un momento in cui centinaia di migliaia di soldati combattono su sempre nuovi fronti e gragnuole di missili, droni e altre armi intelligenti radono al suolo interi Paesi (come la Palestina, il Libano e il Donbass), mentre le potenze nucleari si minacciano reciprocamente l’uso dell’ arma nucleare. Basti, per convincersene, scorrere alcuni paragrafi del documento allegati al presente post.Questo, in palese contrasto con quanto affermato da Giorgia Meloni, che le organizzazioni internazionali non devono costituire un club dove si redigono “documenti inutili”.
Le Organizzazioni Internazionali, e perfino le Chiese, non raggiungeranno nessuno dei loro obiettivi fintantoché seguiranno la retorica di un mondo perfetto, mentre potranno invece essere determinanti se si renderanno conto che, oggi più che mai, l’obiettivo primario, comune a tutti, è quello di sopravvivere (alla fame, alle bombe, alle macchine intelligenti): obiettivo per altro brillantemente conseguito per molti millenni grazie alle culture tradizionali, e che rischia di andare perduto a causa della frenesia perfettistica imperante, che andrebbe stroncata alla base, con una dottrina totalmente opposta.
6.L’Europa deve passare dal campo dei fanatici millenaristi a quello della preservazione del Cosmo
Dalla più tenera infanzia, eravamo stati educati a credere a una Grande Narrazione occidentale che partiva dalla centralità del materialismo volgare rivestito di un moralismo ipocrita (la Prima Repubblica, le Comunità Europee); ci spiegava che la Storia è un faticoso percorso dalla scimmia al Superuomo (la “Teoria dello Sviluppo”); che i popoli antichi ed extraeuropei erano arretrati (Fukuyama); che i Moderni e gli Americani sono superiori (Huntington), e che il futuro dell’ Umanità sarebbe stato radioso (Teilhard de Chardin, Kurzweil). Se ci si provava ad obiettare che , mentre noi oggi siamo divenuti incapaci di creare (in tutti i sensi)perché le macchine ci hanno sostituiti, gli antichi avevano le piramidi e Gilgamesh, il Partenone e Omero, la Bibbia e il Colosseo, l’esercito di Terracotta e il Genji Monogatari, l’Alhambra e la Divina Commedia, l’Ermitage e i Sepolcri, tutti ti “saltavano addosso” in nome del Progresso. Ora, un po’ meno.
Oggi, questa Grande Narrazione si presenta nella sua forma più pura, quella dello “Scontro di Civiltà” teorizzato nel secolo scorso da Samuel Huntigton. Un blocco di parole d’ordine ”auf nichts gestellt”, per dirla con Goethe,cioè di assai dubbio significato, messe insieme e ripetute maniacalmente per dare una fittizia illusione di realtà e coerenza: Centralità dell’ Uomo, Libertà, Democrazia, Governo delle Regole, Nazione, Autodeterminazione, Integrità Territoriale, Comunità Internazionale, Multilateralismo.
Ammesso che avessero originariamente un senso reale, l’hanno perduto con la Guerra Fredda, il crollo dell’ URSS, l’informatica, le Covert Operations…
Oggi, invece, l’”establishment” dovrebbe addirittura esercitare una radicale autocritica, constatando che la scienza moderna ha distrutto la fede nel mondo obiettivo (Wittgenstein, Heisenberg, De Finetti, Feierabend); che lo sviluppo della cultura comporta anche la crescita della violenza (Auschwitz, Hiroshima, Nagasaki); che la tecnologia non sa più come ovviare ai suoi “effetti collaterali” (surriscaldamento atmosferico); che Internet ci rende stupidi (Nicholas Carr); che l’obiettivo dell’ Intelligenza Artificiale è la distruzione dell’ Umanità (Bill Joy, Martin Rees). Contrariamente a quanto scrive Ezio Mauro su “La Repubblica”, non solo, nel “sistema occidentale”, non siamo mai stati liberi, ma tanto meno lo siamo ora nell’ Era delle Macchine Intelligenti. E’ vero che, come scrive Mauro, l’Intelligenza Artificiale e la guerra stanno anche stravolgendo concetti che parevano consolidati – nel caso specifico, quello di libertà-. Ma questo stravolgimento era in corso da gran tempo nella cultura “mainstream”, per esempio con l’attribuzione di una connotazione di libertà a delle Rivoluzioni Atlantiche violente e genocidarie (pensiamo al colonnello Lynch, alle stragi di Lione); a movimenti nazionali non condivisi ed invece eterodiretti, per esempio dal Governo inglese, dalla Loggia Ausonia, dai finanziamenti occidentali a Mussolini…
A partire dalla Rivoluzione Americana e fino ad oggi, veniva considerato ovvio che qualunque impegno civico, a sinistra come a destra, fosse volto verso una “società ideale”, con più etica, più cultura, più scienza, più tecnica, più benessere per tutti (il “mondo migliore” a cui ha fatto riferimento ancor ieri a Washington Giorgia Meloni). Oggi, l’impegno civico presuppone invece una scelta, pro o contro un “nuovismo” privo di logica e di progetto, e comunque deve dare la priorità alla reale preservazione del cosmo, senza retoriche “gride manzoniane” che nascondono soltanto una generale complicità con l’avanzata della Società del Controllo Totale.
Giustamente, Giorgia Meloni ha affermato che occorre invece agire. Combattere per la libertà europea è cetamente, oggi,più necessario che mai, ma ciò non significa certo appiattirsi sugli ordini da Occidente per fare la “guerra contro le autocrazie”, bensì elaborare una strategia con cui l’Europa possa uscire da questa guerra come indipendente da tutte le potenze esterne, divenendo essa stessa un autonomo Stato-Civiltà, capace di dare il proprio contributo, innanzitutto intellettuale, alla lotta mondiale attualmente in corso per il controllo sulle Macchine Intelligenti e, quindi, per la sopravvivenza dell’ Umanità.
ALLEGATO
ESTRATTO DAL “PATTO PER IL FUTURO”DELLE NAZIONI UNITE
“Action 21. We will adapt peace operations to better respond to existing
challenges and new realities.
42. United Nations peace operations, understood as peacekeeping
operations and special political missions, are critical tools to maintain
international peace and security. They face increasingly complex challenges
and urgently need to adapt, taking into account the needs of all Member States
and troop- and police-contributing countries, and the priorities and
responsibilities of host countries. Peace operations can only succeed when
political solutions are actively pursued and they have predictable, adequat e
and sustained financing. We reaffirm the importance of enhanced
collaboration between the United Nations and regional and subregional
organizations, in particular the African Union, including their peace support
operations and peace enforcement authorized by the Security Council to
maintain or restore international peace and security. We decide to:
(a) Call on the Security Council to ensure that peace operations are
anchored in and guided by political strategies, deployed with clear, sequenced
and prioritized mandates that are realistic and achievable, exit strategies and
viable transition plans, and as part of a comprehensive approach to sustaining
peace in full compliance with international law and the Charter;
(b) Request the Secretary-General to undertake a review on the future
of all forms of United Nations peace operations, taking into account lessons
learned from previous and ongoing reform processes, and provide strategic
and action-oriented recommendations for the consideration of Member
States on how the United Nations toolbox can be adapted to meet evolving
needs, to allow for more agile, tailored responses to existing, emerging and
future challenges;
18
(c) Ensure that peace operations engage at the earliest possible stage
in planning transitions with host countries, the United Nations country team
and relevant national stakeholders;
(d) Take concrete steps to ensure the safety and security of the
personnel of peace operations and improve their access to health facilities,
including mental health services;
(e) Ensure that peacekeeping operations and peace support
operations, including peace enforcement, authorized by the Security Council
are accompanied by an inclusive political strategy and other non -military
approaches and address the root causes of conflict;
(f) Encourage the Secretary-General to convene regular high-level
meetings with relevant regional organizations to discuss matters pertaining
to peace operations, peacebuilding and conflicts;
(g) Ensure adequate, predictable and sustainable financing for African
Union-led peace support operations mandated by the Security Council in line
with Security Council resolution 2719 (2023) of 21 December 2023.
Action 22. We will address the serious impact of threats to maritime
security and safety.
43. We recognize the need to address the serious impact of threats to
maritime security and safety. All efforts to address threats to maritime
security and safety must be carried out in accordance with international law,
including particularly as reflected in the principles embodied in the Charter of
the United Nations and the 1982 United Nations Convention on the Law of the
Sea,13 taking into account other relevant instruments that are consistent with
the Convention. We decide to:
(a) Enhance international cooperation and engagement at the global,
regional, subregional and bilateral levels to combat all threats to maritime
security and safety, in accordance with international law;
(b) Promote information-sharing among States and capacity-building
to detect, prevent and suppress such threats in accordance with international
law.
Action 23. We will pursue a future free from terrorism.
44. We strongly condemn terrorism in all its forms and manifestations
committed by whomever, wherever, whenever. We reaffirm that all terrorist
acts are criminal and unjustifiable regardless of their motivation or how their
perpetrators may seek to justify them. We highlight the importance of putting
measures in place to counter the dissemination of terrorist propaganda,
preventing and suppressing the flow of financing and material means for
terrorist activities, as well as recruitment activities of terrori st organizations.
We reaffirm that terrorism and violent extremism conducive to terrorism
cannot and should not be associated with any religion, civilization or ethnic
group. We will redouble our efforts to address the conditions conducive to the
spread of terrorism, prevent and combat terrorism, build States’ capacity to
prevent and combat terrorism and strengthen the role of the United Nations
system. The promotion and protection of international law, including
international humanitarian law and international human rights law, and
respect for human rights for all and the rule of law are the fundamental basis
__________________
13 United Nations, Treaty Series, vol. 1833, No. 31363.
19
of the fight against terrorism and violent extremism conducive to terrorism.
We decide to:
(a) Implement a whole-of-government and whole-of-society approach
to prevent and combat terrorism and violent extremism conducive to
terrorism, including by addressing the drivers of terrorism, in accordance with
international law;
(b) Address the threat posed by the misuse of new and emerging
technologies, including digital technologies and financial instruments, for
terrorist purposes;
(c) Enhance coordination of the United Nations counter -terrorism
efforts and cooperation between the United Nations and relevant regional and
subregional organizations to prevent and combat terrorism in accordance
with international law, while considering revitalizing efforts towards the
conclusion of a comprehensive convention on international terrorism.
Action 24. We will prevent and combat transnational organized crime and
related illicit financial flows.
45. Transnational organized crime and related illicit financial flows can pose
a serious threat to international peace and security, human rights and
sustainable development, including through the possible links that can exist
in some cases between transnational organized crime and terrorist groups.
We decide to:
(a) Scale up efforts in addressing transnational organized crime and
related illicit financial flows through comprehensive strategies, including
prevention, early detection, investigation, protection and law enforcement,
tackling the drivers, and engagement with relevant stakeholders;
(b) Strengthen international cooperation to prevent and combat
transnational organized crime in all its forms, including when committed
through the use of information and communications technology systems, and
we welcome the elaboration of the draft United Nations Convention against
Cybercrime.
Action 25. We will advance the goal of a world free of nuclear weapons.
46. A nuclear war would visit devastation upon all humankind and we must
make every effort to avert the danger of such a war, bearing in mind that “a
nuclear war cannot be won and must never be fought”. We will uphold our
respective obligations and commitments. We reiterate our deep concern over
the state of nuclear disarmament. We reaffirm the inalienable right of all
countries to develop research, production and use of nuclear energy for
peaceful purposes without discrimination, in conformity with their r espective
obligations. We decide to:
(a) Recommit to the goal of the total elimination of nuclear weapons;
(b) Recognize that, while the final objective of the efforts of all States
should continue to be general and complete disarmament under effective
international control, the immediate goal is elimination of the danger of a
nuclear war and implementation of measures to avoid an arms race and clear
the path towards lasting peace;
(c) Honour and respect all existing security assurances undertaken,
including in connection with the treaties and relevant protocols of nuclear –
weapon-free zones and their associated assurances against the use or threat
of use of nuclear weapons;
20
(d) Commit to strengthening the disarmament and non-proliferation
architecture and work to prevent any erosion of existing international norms
and take all possible steps to prevent nuclear war;
(e) Seek to accelerate the full and effective implementation of
respective nuclear disarmament and non-proliferation obligations and
commitments, including by adhering to relevant international legal
instruments and through the pursuit of nuclear-weapon-free zones to enhance
international peace and security and the achievement of a nuclear -weaponfree
world.
Action 26. We will uphold our disarmament obligations and commitments.
47. We express our serious concern at the increasing number of actions that
are contrary to existing international norms and non -compliance with
obligations in the field of disarmament, arms control and non -proliferation.
We will respect international law that applies to weapons, means and methods
of warfare, and support progressive efforts to effectively eradicate the illicit
trade in arms. We recognize the importance of maintaining and strengthening
the role of the United Nations disarmament machinery. An y use of chemical
and biological weapons by anyone, anywhere and under any circumstances is
unacceptable. We call for full compliance with and implementation of relevant
treaties. We reaffirm our shared determination to exclude completely the
possibility of biological agents and toxins being used as weapons and to
strengthen the Convention on the Prohibition of the Development, Production
and Stockpiling of Bacteriological (Biological) and Toxin Weapons and on
Their Destruction.14 We decide to:
(a) Revitalize the role of the United Nations in the field of disarmament,
including by recommending that the General Assembly pursue work that could
support preparation of a fourth special session devoted to disarmament
(SSOD-IV);
(b) Pursue a world free from chemical and biological weapons and
ensure that those responsible for any use of these weapons are identified and
held accountable;
(c) Address emerging and evolving biological risks through improving
processes to anticipate, prevent, coordinate and prepare for such risks,
whether caused by natural, accidental or deliberate release of biological
agents;
(d) Identify, examine and develop effective measures, including
possible legally binding measures, to strengthen and institutionalize
international norms and instruments against the development, production,
acquisition, transfer, stockpiling, retention and use of biological agents and
toxins as weapons;
(e) Strengthen measures to prevent the acquisition of weapons of
mass destruction by non-State actors;
(f) Redouble our efforts to implement our respective obligations under
relevant international instruments to prohibit or restrict conventional weapons
due to their humanitarian impact and take steps to promote all relevant
aspects of mine action;
(g) Strengthen our national and international efforts to combat, prevent
and eradicate the illicit trade in small arms and light weapons in all its aspects;
__________________
14 Ibid., vol. 1015, No. 14860.
21
(h) Address existing gaps in through-life conventional ammunition
management to reduce the dual risks of unplanned conventional ammunition
explosions and the diversion and illicit trafficking of conventional ammunition
to unauthorized recipients, including to criminals, organized criminal groups
and terrorists.
Action 27. We will seize the opportunities associated with new and
emerging technologies and address the potential risks posed by their
misuse.
48. We recognize that rapid technological change presents opportunities
and risks to our collective efforts to maintain international peace and security.
International law, including the Charter, will guide our approach to addressing
these risks. We decide to:
(a) Advance further measures and appropriate international
negotiations to prevent an arms race in outer space in all its aspects, which
engage all relevant stakeholders, consistent with the provisions of the Treaty
on Principles Governing the Activities of States in the Exploration and Use of
Outer Space, including the Moon and Other Celestial Bodies; 15
(b) Advance with urgency discussions on lethal autonomous weapons
systems through the Group of Governmental Experts on Emerging
Technologies in the Area of Lethal Autonomous Weapons Systems with the
aim to develop an instrument, without prejudging its nature, and other possible
measures to address emerging technologies in the area of lethal autonomous
weapons systems, recognizing that international humanitarian law continues
to apply fully to all weapons systems, including the potential development and
use of lethal autonomous weapons systems;
(c) Enhance international cooperation and capacity-building efforts in
order to bridge the digital divides and ensure that all States can safely and
securely seize the benefits of digital technologies;
(d) Continue to assess the existing and potential risks associated with
the military applications of artificial intelligence and the possible
opportunities throughout their life cycle, in consultation with relevant
stakeholders;
(e) Request the Secretary-General to continue to update Member
States on new and emerging technologies through the report of the Secretary-
General on current developments in science and technology and their
potential impact on international security and disarmament efforts.
III. Science, technology and innovation and digital cooperation
49. Science, technology and innovation have the potential to accelerate the
realization of the aspirations of the United Nations across all three pillars of its
work. We will only realize this potential through international cooperation to
harness the benefits and take bold, ambitious and decisive steps to bridge the
growing divide within and between developed and developing countries and
accelerate progress on the 2030 Agenda. Billions of people, especially in
developing countries, do not have meaningful access to critical life-changing
technologies. If we are to make good on our promise to leave no one behind,
sharing science, technology and innovation is essential. Innovations and
scientific breakthrough that can make our planet more sustainable and our
__________________
15 Ibid., vol. 610, No. 8843.
22
countries more prosperous and resilient should be affordable and accessible to
all.
50. At the same time, we must responsibly manage the potential risks posed
by science and technology, in particular the ways in which science, technology
and innovation can perpetuate and deepen divides, in particular the gender
gap and patterns of discrimination and inequality within and between
countries and adversely impact the enjoyment of human rights and progress
on sustainable development. We will deepen our partnerships with relevant
stakeholders, especially the international financial institutions, the private
sector, the technical and academic communities and civil society, and we will
ensure that science, technology and innovation is a catalyst for a more
inclusive, equitable, sustainable and prosperous world for all, in which all
human rights are fully respected.
51. Digital and emerging technologies, including artificial intelligence, play a
significant role as enablers of sustainable development and are dramatically
changing our world. They offer huge potential for progress for the benefit of
people and planet today and in the future. We are determined to realize this
potential and manage the risks through enhanced international cooperation,
engagement with relevant stakeholders, and by promoting an inclusive,
responsible and sustainable digital future. We have an nexed a Global Digital
Compact to this Pact in this regard.
Action 28. We will seize the opportunities presented by science, technology
and innovation for the benefit of people and planet.
52. We will be guided by the principles of equity and solidarity, and promote
the responsible and ethical use of science, technology and innovation. We
decide to:
(a) Foster and promote an open, fair and inclusive environment for
scientific and technological development and cooperation worldwide,
including through actively building trust in science and global collaboration on
innovation;
(b) Increase the use of science, scientific knowledge and scientific
evidence in policymaking and ensure that complex global challenges are
addressed through interdisciplinary collaboration;
(c) Encourage talent mobility and circulation, including through
educational programmes, and support developing countries to retain talent
and prevent a brain drain while providing suitable educational and working
Dopo mesi di attesa, è stato finalmente stato pubblicato il “Rapporto Draghi”, commissionato dalla Presidente von der Leyen, che avrebbe avuto l’ambizione (veramente sproporzionata) di risolvere l’annosa, e sempre più spinosa, questione del declino , economico ma anche civilizzatorio, etico, culturale, politico e militare, dell’ Europa.
Il documento è stato accolto, senza avere neanche il tempo di leggere le sue centinaia di pagine, da un coro di critiche provenienti da tutte le parti, a cominciare dal ministro tedesco Lindner, alla rivista online Politico, su base americana, fino al Movimento Europeo in Italia.Sergio Fabbrini, sulle pagine de “Il Sole 24 Ore”, si azzarda perfino a dire che il rapporto finirà probabilmente nel cassetto.
Abbiamo giusto avuto la possibilità di scorrere il documento, evidenziandone i passaggi più determinanti. Cercheremo di illustrare perché esso appaia anche a noi fortemente inadeguato in un momento in cui, di fronte a sfide inaudite (IIIa Guerra Mondiale, Società del Controllo Totale,declino economico), l’Europa avrebbe però anche davanti a sé, se lo volesse, importanti opportunità di salvezza , in particolare attraverso un’ autentica sovranità europea, in tutti i campi (culturale, sociale, politica, economica, giuridica, militare),opportunità che il documento sembra deliberatamente non voler cogliere, a nostro avviso per tre sostanziali motivi:
-è limitato all’ economia, senza considerare le fondamentali sfide culturali e politiche sottostanti;
-anche in campo economico, finge di non tener conto della subordinazione agli Stati Uniti dell’ Europa, che limita enormemente i margini di azione di quest’ultima anche in campo economico (vedi caso Olivetti, industria militare, dazi e sanzioni con Russia e Cina);
-minimizza deliberatamente il ruolo dell’ informatica nella società contemporanea, per non essere costretto a toccare gl’interessi di quella ristrettissima élite che oramai domina il mondo (i “GAFAM”).
Per questo, è necessario premettere, alle considerazioni specifiche sul Rapporto, una panoramica del contesto politico odierno, in cui esso s’inserisce
1.Le vittorie “sovraniste” alle recenti elezioni
I media dell’ establishment ci stanno sommergendo di allarmismo per l’esito delle elezioni tedesche (ma, prima ancora, slovacche, francesi, ungheresi….),che hanno premiato più che mai i cosiddetti “sovranisti”, senza però affrontare seriamente le ragioni di questi risultati. Secondo molti opinionisti, più che “sovranisti”, questi partiti sarebbero addirittura “neonazisti”, mentre a noi sembrano qualcosa di molto diverso, visto che, semmai, hanno una visione “kleindeutsch”(Piccolo-tedesca) della Germania (com’era quella di Bismarck, di Rathenau, dei congiurati del 20 luglio e della DDR, e che Hitler aveva invece contrastato) , non certo una visione “ariana” orientata verso un “Grossdeutsches Reich” imperiale, come quella dei nazisti. Si noti che il partito nazionaldemocratico, ostracizzato nella Repubblica Federale, faceva parte, nella DDR, del “Fronte Popolare” insieme al Partito Socialista Unitario (comunista), al Partito Liberal-Democratico e alla Democrazia Cristiana (Ost-CDU).
Questi e simili riferimenti fantasiosi e propagandistici al passato contribuiscono ulteriormente all’incomprensione dei grandi problemi dell’ Europa, passati e presenti, sì che s’impone una vera e propria “riscrittura della storia”.
Come ha affermato Sahra Wagenknecht, grande vincitrice, in Germania Orientale, con Alice Weidel, delle recenti elezioni amministrative in Turingia e Sassonia, la verità è che gli elettori tedeschi hanno semplicemente voluto uscire da una conflittualità con la Russia che, oltre a mettere in pericolo Germania (e Italia), con i loro magazzini pieni di testate nucleari americane, e quindi primi bersagli dei missili nucleari russi, ha palesemente portato alla rovina l’economia tedesca -occidentale come orientale-(e, indirettamente, anche quella italiana): basti guardare alla Volkswagen che, dopo la distruzione del North Stream, chiude le fabbriche in Germania, e agli Americani che vogliono riprendersi la Chrysler dalla Stellantis, sì che la Regione Piemonte è costretta a corteggiare i Cinesi per poter riavere una qualche industria automobilistica. Viene celebrato come una vittoria il fatto che, mentre Stellantis chiude Mirafiori, la Dongfeng abbia almeno aperto a Torino una concessionaria e abbia invaso di suoi modelli il Salone dell’ Auto.
Qui c’entra ben poco la presunta “mentalità autoritaria” dei cittadini dell’ Est tedesco e europeo (che io chiamerei piuttosto, con Gumilev, “Passionarnost’’, cioè, allo stesso tempo, impegno emotivo in ciò che si fa, e capacità di “soffrire” per conseguire obiettivi importanti e condivisi), quanto piuttosto una maggiore lucidità propria di chi ha potuto confrontare dal vivo le tre ideologie del Novecento, e quindi constatarne quella sostanziale equivalenza, fra di esse già rilevata da Eric Voegelin. Comunque, ci si chiede perché mai dovrebbero essere dei fans dell’ideologia anglosassone gli eredi degli Slavi Occidentali (Vendi, Sorbi, Lusaziani), di Martin Lutero, della Prussia, di Nietzsche e della DDR, e, in particolare, i cittadini di Karl-Marx-Stadt (ora Chemnitz).
In realtà, oggi è tutto il progetto degli establishment del secondo dopoguerra ad essere finito in crisi, a cominciare dall’economia per arrivare alla cultura. Come affermava Italia Oggi (“ O l’Europa è unita, oppure è niente”), questa è infatti la crisi della democrazia nazionale, vale a dire della democrazia dei singoli Paesi qui in Europa: “Stanno venendo al pettine le contraddizioni tra le dinamiche globali dell’economia e della finanza e il fragile tessuto della nazionalità/statualità della politica e delle politiche” (democratiche)….Le classi dirigenti di Francia, di Germania, di Inghilterra, di Spagna, d’Italia… hanno continuato a filtrare il mondo e a far politica interna e estera sulla base del consenso democratico dei propri elettorati. Potevano fare diversamente? No. Perché non soltanto i loro elettorati hanno continuato a collocarsi mentalmente nel mondo in base a immarcescibili vissuti e categorie, ma anche perché le strutture statuali e giuridiche sono nazionali.” Professionalità della politica, carattere nazionale degli Stati e democrazia rappresentativa hanno fra loro legami strettissimi: come messo in rilievo da vari autori, “simul stabunt, simul cadent”.
Nonostante la loro propaganda, gli Stati nazionali non sono più in grado di svolgere una qualche funzione reale in un mondo solcato da conflitti globali esistenziali, ai quali è impossibile non reagire.
1.Gli Stati-civiltà
Come scriveva Italia Oggi, “La causa ultima non è il collasso dell’ordine mondiale di Yalta. È la globalizzazione dell’economia, la globalizzazione della comunicazione e, si intende, l’ascesa di nuovi soggetti mondiali: Cina, India, Nigeria, Brasile ecc…”Infatti, “La globalizzazione è politicamente, giuridicamente e istituzionalmente ingovernabile dagli Stati nazionali…..” Eppure, “ Le opinioni pubbliche e i pubblici elettorali non vedono alternative possibili alle minacce della globalizzazione, pur sfruttandone tutte le opportunità, se non una: lo Stato-nazione..”
In realtà, le opinioni pubbliche europee sono pilotate per mille rivoli da una “società dell’1%”, con baricentro nel mondo anglosassone (cfr. Kipling, Mead), che ha manovrato da tre secoli la storia per sostituire gl’imperi europei (e anche quelli Qing e Mogul), con i manovrabili “Stati nazionali”(vedi i cosiddetti “Risorgimenti nazionali” , la “Guerra Civile Europea”, ma anche la Rivolta dei Sepoys e la Guerra dell’ Oppio), e non ammetterà mai, fino all’ orlo della sua sconfitta finale, che possa nascere un’Europa forte e competitiva con gli USA, ai quali ultimi i membri dell’ establishment devono le loro carriere, legandovi le proprie fortune. E’ questo, e non le presunte trame dei “sovranisti”, il motivo per cui una “vera” Europa (Coudenhove Kalergi, Galimberti, Spinelli) non si è ancora fatta nel giro di ben 75 anni dai Trattati di Roma.
Non è però neanche esatto che, come afferma Italia Oggi, “Putin, Trump, Xi Jin-ping e Narendra Modi hanno rilanciato la sfida dello Stato-nazione”. Quelli che costoro dirigono non sono Stati-“nazioni”, bensì Stati-civiltà (ciascuno composto da decine di “nazioni”-Moscovia, Siberia, Cecenia, Tatarstan, Daghestan, Donbass, Crimea..;East Coast, Far West, Midwest, California, Texas,Dixieland, Porto Rico, Guam,Hawaii; Grandi Pianure, Cina Meridionale, Mongolia, Tibet, Xinjiang,”Greater Gulf Area”, Taiwan; Kashmir, Punjab, Rajasthan, Valle del Gange, Assam, Gujarat, Deccan, Tamil Nadu, Kerala, Karnataka, Orisha, Bengala, Andamane, Nicobare…).
Gli Occidentalisti, che si guardano bene dal condannare l’impero americano, pretenderebbero invece, in ossequio al principio “divide et impera”, che tutti quegli Stati Nazionali che abbiamo enumerato si staccassero dall’ India o dalla Cina, come il Pakistan o Taiwan (ma non dagli Stati Uniti). Qualcosa di nuovo a questo proposito si sta muovendo anche al confine fra India e Bangladesh dopo il colpo di Stato contro Sheikh Hasina.
Gli Stati-civiltà incarnano, ciascuno, una sua specifica visione del mondo e una specifica strategia per salvare l’ Umanità dalla tecnica dispiegata (“the Final Century” di Martin Reed). Però,”con qualche differenza tra i quattro: quello russo non è uno Stato-nazione, ma uno Stato-nazioni e perciò rivendica territori ex-imperiali, quale l’Ucraina; Trump rinuncia definitivamente a collocare gli Usa come baricentro dell’ordine mondiale, per affidare loro la più modesta missione di difendere la propria egemonia economica e finanziaria, mediante accordi/conflitti bilaterali; Xi-Jin-ping tende a porsi quale fabbrica del mondo, pratica un imperialismo commerciale su scala mondiale, rivendica Taiwan quale parte integrante dell’antico territorio cinese; Narendra Modi è, per ora, più rivolto ad affermare l’egemonia politico-religiosa indù rispetto a oltre 200 milioni di mussulmani indiani.”
Quello che conta è che, “quale che sia il giudizio storico-politico che si dà di queste quattro manifestazioni del nazionalismo, occorre riconoscere che hanno tutte lo stesso physique du rôle: numero di abitanti, potenza economica e/o militare, influenza sul mondo. Il loro discorso ha una sua forza materiale.”
“Physique du rôle” che, né gli Stati membri della UE, né la UE stessa, hanno. Di conseguenza, “quello degli inglesi e dei francesi (che continuano a partecipare per diritto al Consiglio di sicurezza dell’Onu) e quello dei tedeschi e degli italiani ecc… è un nazionalismo straccione. Il nazionalismo non ha più fondamento storico-politico, è diventato un ‘signaculum in vexillo’, da affiggere sugli stendardi nel corso delle campagne elettorali”.
Paradossalmente, i primi ad avere preso atto della fine degli Stati nazionali europei, sostituiti dagl’imperialismi, erano già stati Lenin e Mussolini, e l’unico ad avere tentato di costruire (sotto altro nome) un nuovo impero inglobante tanti Stati nazionali (quelli creati da Lenin) era stato Stalin (di cui ancora sopravvive l’inestricabile intrico di Repubbliche, Repubbliche Autonome e Province Autonome). Tutti, per altro, tentativi falliti, per l’ostilità del solo “Impero Nascosto” (quello americano, cfr. Daniel Immerwahr).
Lo stesso si può dire, ad ancor maggior ragione, anche del “sovranismo europeo” post-gollista (Giscard, Macron), a cui non corrisponde, a oggi, nessuna visione del mondo alternativa a quella americana, sicché non si capisce perché in Europa gli “integrati” dovrebbero sostenere l’Europa anziché l‘ America, e come i “dissidenti” potrebbero votare in modo alternativo, se, da Macron a Le Pen, da Weber a Scholz, da Schlein a Meloni, tutti fanno a gara per sostenere le scelte dell’America, catastrofiche per l’ Europa.
In realtà, dovunque nel mondo ci sarebbe bisogno di culture “continentali” capaci di sostituire quelle “nazionali”, e, invece, questo processo è appena agl’inizi in ciascuno Stato-Civiltà (e in Europa non è ancora neppure iniziato; cfr. l’ultimo numero di “Domino”; “L’Europa eravamo noi”.).
In America, vi è l’ovvia polarizzazione, prevista già da Tocqueville, fra “Whites” e “Non-Whites”, una distinzione più forte che mai, anche se, ormai, dispersa per vari rivoli: Woke, MAGA, Tedesco-americani… In Russia, la transizione, dall’originario cosmismo e futurismo di Trotskij e Lunacharskij, a un’interpretazione “quasi demestriana” del “pensiero russo” (sulla falsariga delle “Soirées de Saint Petersbourg”), è ancora incompiuta. In Cina, la ciclopica sintesi fra il complesso mondo dei San Jiao confuciani e il socialismo con caratteristiche cinesi non ha ancora trovato un teorico adeguato; in India, non è ancora stata scritta una versione attualizzata delle varie sintesi messianiche proposte in passato (fra quelle di Tagore, Aurobindo, Savarkar, Ambedkar e Gandhi, e altre). Non parliamo della confusione ideologica nel mondo islamico, il più grande agglomerato di popoli del mondo, che si dimostra tutto fuorché totalitario, con le sue poliedriche sfaccettature teologiche, etniche, storiche, linguistiche, istituzionali, partitiche e sociologiche).
Su tutto ciò incombe la nascita della “Società del Controllo Totale”, che, come oramai tutti stanno ammettendo, sta oramai permeando senza più infingimenti innanzitutto il mondo del web, livellando di fatto tutte le identità. Sostituire, a questo questo livellamento, un’umanità variegata e vitale costituisce il grande “compito comune” del XXI Secolo.
Nonostante la grande positività delle culture non-europee, per il loro contributo a scalfire la “grande narrazione” tecnocratica occidentale (per dirla con John Ness ,“From Plato to NATO”), manca ancora un “trait d’union”, capace d’ interconnettere i grandi temi comuni dei vari continenti nell’ottica del XXI Secolo. Tali non sono stati infatti i tentativi di sintesi operati, per esempio, dall’ Imperatore Mughal Akbar (“Din-i -Ilahi”), o le opere occidentali sulla Philosophia Perennis (Leibniz, Guénon, Evola, Zolla, Besant), che mancavano di spessore comparatistico e filologico.
I teorici dell’“occidentalismo” vedono questo “trait d’Union” (per loro negativo) nella cosiddetta “autocrazia”, che, però, è un concetto tutt’altro che univoco ed efficiente. Che cosa c’è di comune fra la repubblica turca, dove l’opposizione ha potuto ancora recentemente sfidare alle elezioni il Presidente; quella iraniana, dove la competizione fra i politici “costituzionali”, cioè islamici sciiti (come da noi sarebbe fra i partiti “democratici e moderati”), si fa nelle urne; la Cina, dove quest’ultima ha luogo all’ interno del partito comunista, ma questo ha un numero di iscritti proporzionalmente superiore a quello di quanti svolgono politica attiva in qualsivoglia altro Paese; la Russia, dove ci sono decine di partiti, e già solo in Parlamento ce ne sono 7 come nella maggior parte dei Paesi occidentali, e il partito di Putin non ha la maggioranza assoluta, ma è costretto a fare un governo di coalizione con il Partito Liberal-democratico?
D’altronde, la tendenza al centralismo accomuna tutti gli Stati del mondo a causa della natura della Società del Controllo Totale, dove tutto è concentrato in grandi server, che sono controllati, o da una multinazionale, o uno Stato, che ne usano ed abusano per mantenere il loro potere. Il più grande di questi, che conserva dati dei GAFAM e del Governo americano, si troverebbe a Salt Lake City. Basti vedere i casi di Echelon, Prism, Wikileaks, Schrems, Cambridge Analytica, Trump, X…
Anche quando oggi in Europa si parla di “multiculturalismo” si compie, in realtà, una grande mistificazione: anziché valorizzare le culture “altre”, “sfruttando” l’immigrazione per accrescere la cultura dei nostri cittadini e delle nostre Istituzioni, si pretende invece di “integrare” gl’immigrati e i loro figli in una cultura occidentale che neppure è nostra, per farli diventare come noi o per egualizzare tutti su un modello di “uomo senza qualità”, governato dagli algoritmi. In realtà, tutta l’insolubile problematica dell’immigrazione e del “razzismo” è, come buona parte dei dibattiti attuali, una semplice scopiazzatura di fenomeni degli USA , che serve solo a farci assomigliare sempre più agli Americani, in modo da non potercene più staccare. L’Europa non è un paese di immigrati, bensì un Paese di emigrazione, e, quindi, le sue esigenze sono molto diverse da quelle dell’ America.
Ciò rientra nel generale sforzo per rimodellare una futura società europea rendendola priva delle doti che sono necessarie per riconquistare la nostra indipendenza e creatività: cultura, assertività, patriottismo, salute, forza di volontà… Occorrerebbe perciò fare chiarezza a livello mondiale sulle cause, le modalità e le direttrici del fenomeno migratorio.
Molto più appropriato sarebbe parlare, come fa Panikkar, di “transculturalità”
2.L’Europa nel dibattito mondiale
Ma, soprattutto, stiamo perdendo l’occasione per recuperare una futura cultura originale europea quale nostro contributo aggiuntivo al grande dibattito mondiale, soprattutto sui temi seguenti:
-il relativismo dall’ Ecclesiaste a Eraclito, a Protagora, a Tertulliano,a Montaigne, a Pascal, a Kant, a Nietzsche, a Wittgenstein, a Heisenberg, a De Finetti e Feyerabend, da leggersi in relazione ai RgVeda, e quale presupposto per il ritorno alla cultura del tragico;
-l’alleanza ecumenica delle religioni e delle culture mondiali contro l’appiattimento indotto dalla “Religione del Progresso”;
-la concezione cinese dell’armonia universale (DaTong, Héxié), da leggersi, in relazione a quelle di “Kosmos” e di “Karma”, quali basi culturali per un mondo multipolare;
-il culto degli eroi omerici e dei Patriarchi biblici , modelli della nostra cultura classica, non dissimili da quelli del Mahabharata e del Ramayana, rivissuto dal mito dell’ eroe romantico di Byron, Leopardi e Carlyle;
-il senso delle gerarchie sociali tipico del confucianesimo e dell’induismo, letto alla luce della Patrios Politeia greca e dell’Ancienne Constitution Européenne di Tocqueville;
-l’”Ecologia dell’anima” dei Giapponesi e dei popoli andini, vista con la lente della lettera pastorale “Laudato sì”;
-la ricerca occidentale dell’ eccellenza, speculare all’epistocrazia del sistema estremo-orientale dei concorsi pubblici e opposto al presente culto dell’ eguaglianza e dell’ indifferenziazione;
-la “Passionarnost” dei popoli nomadi , teorizzata da Ibn Khaldun e da Gumilev- fondamento ideale degl’imperi delle steppe (Yamnaya, unno, turchi, avaro, bulgaro, magiaro, mongolo, tataro, polacco e russo)-.
Su “La Repubblica” è comparsa recentemente una perorazione di Linda Laura Sabbadini sulla necessità del multiculturalismo nel rapporto con le giovani generazioni di migranti, descritto come ”valori del rispetto della persona e della sua libertà, dei diritti e della democrazia”, contrapposta all’ “oscurantismo medioevale, che regna in molti paesi da cui si fugge”. Questo però non è il classico multiculturalismo europeo, come lo intendevano, per esempio, Matteo Ricci, Nietzsche, Guénon o Panikkar, concepito per permettere anche a noi di difendere le nostre tradizioni culturali contro il livellamento modernistico, bensì il tentativo dell’imposizione ad altri, da parte del nostro establishment, delle concezioni del mondo occidentale, quale propugnata per esempio da Condorcet, Whitman e Kipling.
Affinché l‘Europa possa divenire uno “Stato-Civiltà” capace di competere con USA, Russia, India e Cina, essa deve darsi una sua autonoma politica culturale, che comprenda anche un suo specifico punto di vista sui rapporti con il resto del mondo (Stati-civiltà, minoranze interne e immigrazione). A nostro avviso, la comprensione di questi rapporti dialettici potrebbe e dovrebbe costituire il contributo specifico dell’ Europa alla costruzione di un ordine mondiale interculturale. Per questo è importante studiare attentamente le opere di coloro che si sono sforzati di tematizzare ciò che le culture extraeuropee possono insegnare all’ Occidente. Mi riferisco innanzitutto a Raimòn Panikkar, teologo gesuita indo-spagnolo, teorico del “disarmo culturale”, termine che oggi fa inorridire molti, ma che è più che mai attuale, come unico rimedio all’ incipiente IIIa Guerra Mondiale.
Come abbiamo scritto in precedenti post, quest’ultima è una guerra di religione fra due differenti progetti escatologici: quello della fuoriuscita dal mondo umanistico quale conosciamo e abbiamo studiato, verso una società di macchine intelligenti dove non vi sia più Storia (la “Singularity Tecnologica”), e quello, opposto, della prosecuzione in forme diverse della Storia umana ereditata dalle grandi civiltà del passato: il Mondo Multipolare.
3.Una soluzione effettiva per la pace dovrà avere un ben maggiore spessore culturale e storico
Il fatto che tutti si affannino a escogitare e proporre sempre nuove formule per la pace in Ucraina e in Palestina, ma nessuna di queste venga neppur presa in considerazione dalle altre parti in causa, dimostra che la possibile pace non potrà limitarsi a stabilire una nuova sistemazione per i territori contesi, bensì, tenendo conto delle poste molte più ampie in gioco, dovrà dare un orientamento per la geopolitica del futuro, non solo per la Russia, l’Ucraina, o gli Stati Uniti, ma per gli equilibri del mondo intero. E questo significa creare un contesto che disinneschi innanzitutto il conflitto sino-americano per l’egemonia mondiale. Ma ciò non potrà avvenire senza la previa individuazione di un nuovo ordine mondiale accettabile da tutti, e, in particolare, da tutti gli Stati-civiltà e dalle loro concezioni del mondo.
Gli sforzi in corso da parte di India, Cina e Germania per suggerire una proposta di pace poggia, invece, su assai deboli fondamenti culturali, da sostituirsi con un rinnovato atteggiamento di interculturalità quale sopra delineato.
Innanzitutto, si dovrà abbandonare la convinzione, ahimé, troppo diffusa, che ci sia bisogno comunque di uno “Stato-Guida” mondiale, che conduca l’Umanità verso il Progresso. Abbiamo avuto la Persia achemenide, Israele, Roma, il Califfato, il Sacro Romano Impero, la Spagna asburgica, la Francia rivoluzionaria, l’Impero inglese, l’URSS e gli Stati Uniti. Ora è entrata in lizza anche la Cina. Se, però, l’obiettivo comune non dovrebbe più essere quello di accelerare il corso del Progresso, bensì, come dice ormai la maggioranza, quello di frenarlo, l’idea del Paese-Guida perde di attualità. Si tratta ora, più che di “fare”, di “non fare”: non inquinare, non esplodere bombe atomiche, non creare intelligenze artificiali troppo intelligenti, non spiare i cittadini…Queste cose possono essere fatte anche “in parallelo”, in base ad accordi internazionali, senza che nessuno debba necessariamente “guidare”.
In secondo luogo, occorrerà estendere, e di molto, il concetto di “tolleranza”, abolendo concetti come “fake news”, “discorsi di odio”, “arretratezza”, “male assoluto”, “correttezza politica”, e ammettendo, nel linguaggio pubblico internazionale, concetti che sono stati fino ad oggi tabù, come per esempio “tradizioni”, “valori asiatici”, “tribù”, “costituzioni non scritte, e/o comunitarie”, ….Come è stato più volte affermato, l’idea di tolleranza è una forma di arroganza: io ti tollero anche se so che sei inferiore e hai torto, perché io sono migliore, più potente, più saggio e magnanimo. Invece della tolleranza, occorre tornare all’”humanitas” (in cinese, “Ren=仁”):homo sum, nihil humanum mihi alienum puto.
In terzo luogo, occorrerà regolamentare l’equilibrio internazionale dei potere, istituendo procedure (sulla falsariga di quelle parzialmente esistenti per il nucleare), che pongano sotto controllo i conflitti totali, in particolare nei settori del digitale e dell’ Intelligenza Artificiale, come affermato tra gli altri, da Kissinger, da Harari e perfino dal Papa. Tema centrale: l’escalation e il “first strike”.
4.Il Rapporto Draghi nella guerra mondiale.
Il “Rapporto Draghi” risulta intanto troppo datato, in quanto molti dei dati citati risalgono a 2/4 anni fa, mentre la situazione dell’ economia e delle società europee si è nel frattempo ulteriormente deteriorata.
In secondo luogo, il “Rapporto” non ha preso atto del fatto che l’attuale situazione di guerra guerreggiata ha messo in evidenza in modo definitivo che l’economia è oggi solo più uno dei vari campi di battaglia nella “guerra senza limiti”, sicché nulla si muove oggi in base ad un’ottica puramente economica. Gl’investimenti sono sostenuti, o almeno orientati, dagli Stati, in considerazione di obiettivi strategici: per esempio con il “Made in China 2015”, e la corrispondente legislazione americana, fatta, a detta dei promotori, “per mettere fuori mercato il mondo intero”. Perciò, mentre il Rapporto si preoccupa, giustamente ,della necessità di enormi nuovi investimenti pubblici europei a favore dell’ innovazione (investimenti s cui, tra parentesi, non sono già d’accordo, né la von der Leyen, né il Governo tedesco), e mentre invoca un molto migliore coordinamento delle politiche industriali, tecnologiche e scolastiche, indica poi però, come strumenti operativi ,
istituti che noi già quattro anni fa indicavamo come superati nel nostro libro “European Technology Agency” e nel nostro carteggio con Ursula Von der Leyen e con i membri della Commissione e del Consiglio, vale a dire, tra gli altri, lo European Innovation Center, lo European Innovation Center e il cloud europeo di GAYA-X.
Avevamo suggerito, in quell’ occasione, la creazione di una European Technology Agency capace di coordinare, “hands on”, tutti gli sforzi europei nel settore delle nuove tecnologie.Inoltre, avevamo indicato quale compito prioritario la creazione di un Ecosistema Digitale Europeo, completamente mancante da 50 anni per non urtare gli interessi dei GAFAM americani, ma sempre più indispensabile perché lo sviluppo di qualsivoglia economia si fonda sul controllo assoluto di proprie tecnologie informatiche, quale quello detenuto da USA e Cina.
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Di quest’obiettivo non vi è praticamente traccia, ma solo qualche vago accenno, mentre invece Draghi si è dilungato, nella sua intervista con la stampa, ad attaccare l’effetto deterrente della legislazione europea sull’ ICT sull’operatività in Europa multinazionali del web, che egli considera evidentemente utili ed ineliminabili: ‘Abbiamo proclamato che l’innovazione era al centro della nostra azione, e poi abbiamo fatto tutto il possibile per mantenerla a un livello basso’.”, ha osservato.“Su questo”, ha continuato, “la posizione normativa dell’Ue nei confronti delle aziende tecnologiche ostacola l’innovazione: l’Ue ha ora circa 100 leggi incentrate sulla tecnologia e oltre 270 regolatori attivi nelle reti digitali in tutti gli Stati membri. Molte leggi dell’UE adottano un approccio precauzionale, dettando specifiche pratiche commerciali ‘ex ante’ per evitare potenziali rischi ‘ex post’. Ad esempio, l’AI Act impone requisiti normativi aggiuntivi sui modelli di Intelligenza artificiale per uso generale che superano una soglia predefinita di potenza di calcolo, una soglia – si puntualizza nel rapporto – che alcuni modelli all’avanguardia superano già’.
‘In terzo luogo” – ha aggiunto l’ex presidente della Bce, citando sempre il proprio rapporto -, “le aziende digitali sono scoraggiate dal fare affari in tutta l’UE tramite filiali, poiché devono affrontare requisiti eterogenei, una proliferazione di agenzie di regolamentazione e la ‘gold plating’ (ovvero un’applicazione che va oltre i requisiti minimi richiesti, ndr) della legislazione Ue da parte delle autorità nazionali. In quarto luogo, le limitazioni all’archiviazione e all’elaborazione dei dati creano elevati costi di conformità’. Secondo Draghi, quindi, ‘la conclusione è che gran parte di questa legislazione si applica alle grandissime aziende, a cinque o sei grandi aziende statunitensi, e in realtà noi stiamo uccidendo le nostre piccole aziende. Non abbiamo grandi aziende come negli Stati Uniti, le nostre sono tutte piccole aziende, quindi con questa legislazione che ci siamo dati siamo in realtà autodistruttivi, stiamo uccidendo le nostre aziende’”.
5.L’industria militare
Secondo l’interpretazione datane dalla stampa, l’elemento qualificante del “Rapporto Draghi” sarebbe il peso particolare dato all’ industria europea della Difesa. Personalmente, credo di saperne qualcosa in quanto, oltre alle tradizioni familiari, ho diretto per una dozzina di anni il Servizio Giuridico del Settore Aviazione della FIAT, coinvolto, fra l’altro, mei progetti dei caccia europei Tornado ed Eurofighter, nei missili dell’ Esercito Italiano e degli Emirati Arabi Uniti, in Eurocopter, nei residui delle attività nucleari italiane, oltre che nelle collaborazioni per i lanciatori con la Francia e con l’Ucraina.
Pertanto, credo di comprendere la logica che potrebbe presiedere a un rafforzamento dell’ industria europea della Difesa e le logiche seguite da Draghi. Visto che, sotto pressione americana, gli Europei sono sempre più sospinti a spendere di più per il militare, il concetto furbescamente adottato è che, almeno, si spenda in prodotti europei, e non in quelli americani.
Personalmente, ho avuto da sempre un approccio molto diverso, basato su una visione olistica dell’ “industria della difesa”.Perciò, mi riservo di ritornare sull’ argomento commentando la serie di articoli che compariranno su “Il Sole XIV Ore”.
Premesso che, stante la situazione, sarebbe illogico non pensare a un rafforzamento della nostra industria di difesa, in termini di maggiore coordinamento e di ottimizzazione delle ricadute economiche, noi riteniamo che ci si dovrebbe attenere, anche e soprattutto, ai criteri seguenti:
-dual use, estendendo la programmazione a tutte le industrie connesse,come informatica, Intelligenza Artificiale e aerospazio;
-una cultura europea della difesa intesa quale strumento di unificazione delle élites militari;
-informatizzazione delle forze armate;
-selettività delle spese, privilegiando le tecnologie più avanzate;
-comando unificato sotto un vertice militare forte e coeso;
-consolidamento, grazie all’ investimento pubblico, dell’ industria europea della Difesa intorno a un gruppo finanziario paneuropeo, quale avrebbe dovuto essere (ma non è stato) l’EADS