Tutti gli articoli di Riccardo Lala

IL PROGETTO DRAGHI PER L’EUROPA

E LO SCETTICISMO DELL’ESTABLISHMENT

IL PROGETTO DRAGHI PER L’EUROPA

E LO SCETTICISMO DELL’ESTABLISHMENT

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Più che l’analisi formulata da Draghi alla presentazione del libro di Cazzullo “Quando eravamo padroni del mondo” – quasi scontata, e condivisa da tutti, secondo la quale l’Unione Europea non funziona più, ed è, perciò,  da reinventare-, stupiscono i commenti dei giornali dell’ “establishment”, e, in primis, quello de “La Repubblica”, che, in altri tempi, si sarebbero limitati ad applaudire. L’articolo di Giovanni Orsina “Perché lo Stato europeo di Draghi è un’idea forte ma irrealizzabile” percorre, sostanzialmente, la strada dell’euroscetticismo,  constatando che l’andamento elettorale in tutta Europa, che premia i partiti definiti impropriamente “sovranisti”, va piuttosto nel senso di una riappropriazione di poteri da parte degli Stati membri. Secondo Orsina, s’imporrebbe un compromesso fra il “razionale” federalismo e il sostanziale micro-nazionalismo (che potrebbe trovare la sua espressione al Parlamento Europeo in un allargamento a destra della “Maggioranza Ursula”, verso l’instabile galassia degli europartiti di destra, che si stanno confrontando al loro interno, nella speranza di essere arrivati finalmente alla “stanza dei bottoni”.

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Più che l’analisi formulata da Draghi alla presentazione del libro di Cazzullo “Quando eravamo padroni del mondo” – quasi scontata, e condivisa da tutti, secondo la quale l’Unione Europea non funziona più, ed è, perciò,  da reinventare-, stupiscono i commenti dei giornali dell’ “establishment”, e, in primis, quello de “La Repubblica”, che, in altri tempi, si sarebbero limitati ad applaudire. L’articolo di Giovanni Orsina “Perché lo Stato europeo di Draghi è un’idea forte ma irrealizzabile” percorre, sostanzialmente, la strada dell’euroscetticismo,  constatando che l’andamento elettorale in tutta Europa, che premia i partiti definiti impropriamente “sovranisti”, va piuttosto nel senso di una riappropriazione di poteri da parte degli Stati membri. Secondo Orsina, s’imporrebbe un compromesso fra il “razionale” federalismo e il sostanziale micro-nazionalismo (che potrebbe trovare la sua espressione al Parlamento Europeo in un allargamento a destra della “Maggioranza Ursula”, verso l’instabile galassia degli europartiti di destra, che si stanno confrontando al loro interno, nella speranza di essere arrivati finalmente alla “stanza dei bottoni”.

1.La federazione europea non è nell’ interesse degli Stati Uniti (ANDREW A. MICHTA, “Politico”)

Una spiegazione esauriente del cambiamento di rotta dell’“establishment” si può trovare nell’ articolo di Michta su “Politico” che abbiamo riportato nel post del 24 Novembre u.s, il rafforzamento dell’ Unione, quale vorrebbero (forse) i Governi francese e tedesco, che ha trovato una sua blanda espressione nel documento del “Gruppo dei 12” franco-tedesco, “non è nell’ interesse degli Stati Uniti”.L’optimum è che l’ Europa non si rafforzi troppo, ma neppure si sgretoli, restando in eterno “né carne, né pesce”. Cosa possibile, ma improbabile.

Viene così al pettine il nodo cruciale dell’Unione Europea: nonostante che uno Stato europeo forte, come invoca Draghi, sia da almeno cent’anni un’esigenza urgente per i popoli d’Europa e per il mondo intero (vedi “Pan-europa”, 1923), le classi dirigenti europee, succubi delle vecchie ideologie sette-ottocentesche, come il neo-liberismo internazionale, l’internazionalismo socialista, la teologia della liberazione, il micro-nazionalismo e perfino il “fardello dell’ Uomo Bianco” (e/o “occidentale” o “ariano”), non vi hanno prestato minimamente attenzione, e, quando l’hanno fatto, l’hanno fatto distrattamente, senza dedicarvi eccessivo impegno.

Basti riandare al quasi dilettantistico, anche se sofisticato, progetto di Coudenhove Kalergi, alle oscillazioni di Spinelli fra un federalismo rivoluzionario come quello di Ventotene e un inserimento di fatto nell’establishment funzionalistico ( come commissario ed europarlamentare), e, infine, alla facile liquidazione dei conati europeistici della Francia post-gollista (Giscard d’Estaing, Mitterrand), nonché di Gorbaciov, e perfino del progetto di federazione sotto l’Asse, subito bloccatosi al “Nein” stilato da Hitler al margine dell’ apposito documento di Ribbentrop.

In realtà, come scrivevamo nel post del 24/11, le Comunità Europee avevano esordito nientemeno che con un ordine del giorno approvato dal Senato americano su proposta del Senatore Fulbright, con l’American Commission for a United Europe e con una Dichiarazione Schuman in realtà approntata da Monnet a quattr’occhi con il Segretario di Sato americano Dean Atcheson, sbarcato con un blitz a Parigi il giorno prima dell’ annunzio al Quai d’Orsai.

Le Comunità Europee erano quindi nate da cerchie ristrettissime, più americane che europee, e non avevano mai posseduto, né la ricchezza intellettuale, ne lo spirito combattivo, non diciamo per discostarsi dai desiderata americani, ma neppure per pensare a un proprio autonomo percorso culturale.

2. Sconvolgimento degli equilibri post-1945

Oggi, di fronte al mutamento drammatico dello scenario mondiale, dominato da un’ Intelligenza Artificiale che, sole, possono permettersi le Grandi Potenze; dinanzi allo sconvolgimento del potere di fatto all’ interno degli USA per via della crescente maggioranza “non WASP” (cioè Latinos, Afroamericani, Nativi Americani, Asiatici, più Cattolici, Irlandesi, Gallesi, Scozzesi, Tedeschi, Italiani, Polacchi, Ebrei…), e del conseguente peso della cultura “woke”, e, infine, dinanzi al prevalere economico dell’ Asia e dei BRICS, una nuova ondata in Europa è inevitabile, con o senza l’ Unione Europea.

Tutto ciò rende, da un lato, più urgente che mai, e, dall’ altro, finalmente possibile, un’Europa forte come indicato da Draghi, a patto, però, di abbandonare la cultura “mainstream” del nostro “establishment”,  ponendosi come obiettivo, non già di supportare da un ruolo ancillare la prosecuzione del tentativo di presa di controllo sul  mondo dei GAFAM, bensì di costruire un’alternativa agli stessi, fondata sulla cultura tradizionale europea, che è critica, elitaria e sociale.

Accertato infatti (come implicitamente fanno tanto Draghi quanto Orsina) che le classi dirigenti europee attuali non sono in grado di esprimere alcun progetto sui temi più importanti, come la sopravvivenza dell’ Umanità, il dialogo multiculturale e la Guerra Mondiale a Pezzi, occorrerebbe partire da una seppur modesta élite capace di pensiero autonomo, che si dedicasse alla comparazione senza pregiudizi con gli altri Continenti, alla risposta alle domande irrisolte dei nostri filosofi e delle diverse confessioni religiose europee, e, infine, all’ educazione degli Europei per il XXI Secolo. Solo una siffatta classe dirigente potrebbe volere, e tentare di realizzare , un’Europa più compatta, talmente sicura di sé da poter permettere senza pericolo alle sue regioni di esprimere quelle distinte identità che contrassegnano il nostro Continente, soddisfacendo così nello stesso tempo le esigenze dei federalisti europei e quelle dei  micronazionalisti.

RIPARTE LA BATTAGLIA PER L’ISTITUTO ITALIANO PER L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Convegno presso il Centro Studi San Carlo.

Costituisce da molti anni il cuore della nostra battaglia culturale  a sostegno di un serio inquadramento culturale, politico, normativo e economico, dell’ Intelligenza Artificiale all’interno di un ente centrale europeo capace di coordinare l’immane sforzo che si richiede dall’ Europa nei prossimi, pochissimi, anni(quello che avevamo chiamato European Technology Agency; cfr.per ultimo il  post del 30 novembre).

E’ infatti prioritario superare l’enorme problema della nostra arretratezza culturale, politica, tecnologica e militare, nei confronti delle grandi potenze, in materia di informatica in generale e di Intelligenza Artificiale in particolare. Abbiamo dedicato a questa lotta, a partire dal 2010,  ben sette volumi, in Italiano e in Inglese, largamente diffusi fra le Istituzioni, e continuiamo a batterci in tal senso attraverso questa pagina web.

1.Riassunto delle puntate precedenti

Come illustrato nei post di Technologies for Europe, la battaglia per l’Intelligenza Artificiale ferve più che mai a livello internazionale.

In particolare:

(a)essa è divenuta uno dei punti focali del conflitto fra USA e Cina: ambedue i contendenti  si sono posti l’obiettivo di essere il “leader”assoluto  mondiale in questo settore, il che potrebbe significare  in pratica ( come aveva detto Putin già molti anni fa), “controllare il mondo”;

(b)essa fa oggetto anche di un’accanita lotta interna negli Stati Uniti, fra coloro che credono che l’Intelligenza Artificiale debba svilupparsi senza controlli (per esempio, Sam Altman), e coloro che pensano che, al contrario, si imponga una regolamentazione, nell’ interesse stesso dei GAFAM (per esempio Mustafa Suleyman);

-infine, tanto gli USA quanto la Cina  (ma perfino l’Unione Europea) stanno elaborando regolamentazioni sempre più sofisticate nella speranza di influenzare la legislazione degli altri Paesi, contendendosi così (almeno simbolicamente) il titolo di ”promotore del dibattito mondiale”, il che costituirebbe, per il “vincitore”, un vantaggio nel senso del “soft power”.

Per ciò che concerne l’Italia, essa si sta trascinando faticosamente da molti anni, sotto i diversi Governi Conte (1 e 2), Draghi, e, ora,  Meloni, tentando di rispondere con una propria strategia dell’ AI a quella, seppure stentata, della UE, e di costituire, come vorrebbe appunto il sistema europeo, un proprio istituto nazionale di intelligenza artificiale, a cui il regolamento UE delegherebbe gran parte delle attività.

Sono già state pubblicate due “strategie” (cfr. i nostri volumi “L’Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale di Torino e Intelligenza Artificiale e Agenda Digitale), rimaste però allo stato di grida manzoniane, ed era stato deciso (e inserito nella Strategia Italiana) che sarebbe stato creato a Torino l’Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale, il cui ruolo e dotazione  sono stati per altro ridimensionati nel corso del tempo(dagli iniziali 80 a 20 miliardi). Ora, il Governo Meloni ha approvato lo statuto dell’Istituto, che però sarebbe rimasto con la sua attuale, limitata, dotazione, e con la missione ristretta all’automotive e all’ aerospazio. L’approvazione dello statuto costituisce la premessa necessaria per la formazione del Consiglio di Amministrazione, a sua volta necessario per redigere un piano di azione e incominciare le attività. Con tutto il rispetto per questi due settori, a cui abbiamo dedicato quasi trent’anni lavorativi, e che pertanto ben conosciamo, questa limitazione costituisce un grave handicap  in considerazione all’enormità dei compiti che la situazione attuale impone a qualunque pubblica autorità che, come il costituendo Istituto,  abbia la pretesa di occuparsi d’ Intelligenza Artificiale.

Molto opportunamente, perciò, l’IPSEG e il Centro Studi San Carlo avevano organizzato per giovedì 1° dicembre scorso un convegno dedicato all’ Intelligenza artificiale presso il Centro Studi San Carlo.

2.Gl’interventi

Il convegno è stato aperto dagli Avvocati Stefano Commodo (presidente dell’ IPSEG e moderatore dell’evento) e Fabrizio Lala.

Sono poi intervenuti:

-il professor Alberto Oddenino, professore di Diritto Internazionale all’Università di Torino, che ha sottolineato l’urgenza della regolamentazione sulla IA generativa;

-l’Avvocato Stefano Faraoni, dottorando all’Università di York con una tesi sulla manipolazione computazionale, che ha posto in evidenza la gravità di questa pratica nei più svariati settori, a cominciare dalla manipolazione delle elezioni nei Paesi democratici (vedi Google Analytica), e la scarsa effettività, a questo proposito, del regime previsto della bozza di “AI Act” oggetto a giorni  del “trilogo” fra le Istituzioni dell’Unione;

-Il Dott. Agostino Ghiglia, membro del Consiglio del Garante  per la Privacy, che ha vissuto in prima persona la vicenda della sospensione in Italia della famigerata Intelligenza Artificiale ChatGPT ha chiarito che la decisione del Garante era pienamente fondata, in quanto ChatGPT stava violando parecchi principi fondamentali del GDPR e della corrispondente legislazione italiana (tutte norme da gran tempo in vigore), e tra l’altro, nelle more della decisione, continuava a profilare massicciamente i propri utenti;

-il Professor Luca Poma, docente di Scienze della Comunicazione dell’Università LUMSA di Roma e consulente dell’ Ambasciatore Terzi, ha parlato dell’ AI nei controlli sociali in Cina;

-infine, l’intervento più atteso e più polemico, quello di Don Luca Peyron, Apostolato Digitale dell’ Arcidiocesi di Torino,primo promotore dell’Istituto, il quale, da un lato, ha criticato in modo molto duro il declassamento dell’istituto, che lo trasformerà presumibilmente in una semplice fonte di finanziamento per alcune imprese locali, e, dall’ altro, ha proposto una visione nettamente opposta dell’ Istituto, quale vero e proprio regolatore, anche in senso tecnico, dell’ Intelligenza Artificiale in Italia, sulla falsariga dell’ Istituto recentemente creato in Spagna. A suo avviso, qualora l’Istituto assumesse, ed esercitasse adeguatamente, anche solo per i settori assegnatigli, il compito di regolazione, in particolare relativamente alle categorie di algoritmi a “rischio alto”, che sono soggetti a previa notifica, potrebbe vantare un pedigree che potrebbe servire per qualificarlo quale Istituto Europeo dell’ Intelligenza Artificiale, che oggi manca. Ancor meglio, se esso assolvesse in modo esemplare il proprio compito (in particolare, attraverso un approccio basato su parametri scientifici), potrebbe diventare un esempio per il mondo intero. Verrebbe, diciamo noi, recuperata la figura del “trendsetter of worldwide debate”, che la Commissione e gli Stati Membri, dopo avere fatto balenare, stanno ora mettendo a repentaglio.

3.I nostri commenti

Mentre plaudiamo a Don Peyron per la perseveranza e il coraggio nel difendere queste idee,  prendiamo anche atto del livello del salto qualitativo che ora, a suo avviso, si richiede rispetto al dibattito originario, anche per il decorso del tempo e per la “concorrenza” della Spagna.

Mentre concordiamo pienamente su questo punto, riteniamo che, alla luce delle esperienze pregresse,  sia difficile conseguire obiettivi di tali ambizioni, perché, nell’ establishment torinese, italiano ed europeo, vi è una scarsa consapevolezza dell’ importanza dell’ argomento (nonché la volontà di mantenere l’equilibrio esistente nella presente, insufficiente, costellazione di competenze e di poteri).

Per questo abbiamo proposto di collegare l’auspicabile “follow-up” propositivo della manifestazione ad un’altra iniziativa strategica della Città: la proposizione, da parte del Comune, della candidatura di Torino a Capitale Europea della Cultura per il 2030.Infatti, la cultura di oggi è innanzitutto una onnipervasiva  cultura digitale, e quindi nulla sarebbe più appropriato che inserirla fra i temi dell’ evento,  che, certo, è situato molto lontano nel tempo, ma dovrebbe generare fin d’ora molte iniziative di accompagnamento, che coinvolgeranno coralmente la città.

Sempre sotto l’aspetto della cultura, molto interessante la proposta del Dott. Ghiglia dell’inserimento in tutti i corsi scolastici, da quelli più bassi a quelli della più elevata accademia, e, aggiungiamo noi, senza dimenticare la formazione permanente,di  una parte dedicata all’ Intelligenza Artificiale, nelle sue molteplici declinazioni:

-preparazione teorica e pratica di base;

-complemento alle discipline specifiche;

-upskilling collegato all’ upgrading dei vari settori dell’ economia e del lavoro.

Anche qui, ci sarebbe la possibilità di un solido collegamento con un rafforzato Istituto per l’Intelligenza Artificiale quale auspicato da Don Peyron,  dato anche che simili istituti ed agenzie svolgono in genere un’attività di consulenza specialistica nei confronti del legislatore e del Governo,

4.Conclusioni

In chiusura, l’ Avvocato Commodo ha annunziato che è in programma una serie di iniziative per dare un seguito concreto alla manifestazione, rafforzando il sostegno al nuovo Istituto e cercando di orientarlo nel modo più proficuo per Torino, l’Italia e l’ Europa.

Constatando la riuscita della manifestazione, l’alto livello dei partecipanti e le idee concrete e innovative emerse, siamo convinti che il progetto progredirà, e siamo a disposizione per sostenerlo in tutte le sedi.

ANCORA SULL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Intervento dei Governi sul progetto approvato dal Parlamento

Facendo seguito al precedente articolo sull’ Intelligenza Artificiale, ci sentiamo in dovere di dare qualche informazione anche sui più recenti, sconcertanti, sviluppi dell’interminabile iter legislativo dell’”AI Act”, alla cui approvazione i Governi italiano, francese e tedesco, si sono improvvisamente opposti, con la motivazione che una regolamentazione troppo severa danneggerebbe l’industria europea. Nel frattempo, la Cina ha approvato la sua legislazione sull’Intelligenza Artificiale Generativa, togliendo all’ Unione il tanto vantato primato, mentre gli Usa stanno abbandonando la loro originaria inerzia, e tentando di darsi una legislazione.

1.Timeline degl’interventi

Prima di esprimere i nostri dubbi circa il comportamento dei Governi, facciamo innanzitutto e soprattutto notare la strana coincidenza temporale fra:

-Giugno: Presentazione al Parlamento Usa del SAFE Innovation Act, che il proponente senatore Schumer avrebbe voluto divenisse il modello a livello mondiale;

-15 Agosto: Regolamento cinese sull’AI generativa, che “annacqua” il relativo progetto di legge. Nonostante questa mitigazione, la legislazione cinese sull’ IA  si pone come strumento di “global leadership”, essendo giunta  la Cina ad affermare i propri standard prima di quelli occidentali – un obiettivo, questo, che ha fatto da sempre parte del programma di Xi Jinping -;

-15 Novembre: incontro fra Biden e Xi Jinping, fra l’altro per avviare “trattative” sull’ Intelligenza Artificiale, anche se, secondo autorevoli studi legali americani, si tratta soprattutto di “imparare dalla Cina”, come del resto ha già fatto il Parlamento con l’”Inflation Reduction Act”;

-17 Novembre:licenziamento di Sam Altman, fondatore e amministratore delegato di OpenAI (produttrice della mitica ChatBPT), accusato di avere sviluppato una tecnologia pericolosa, “Q*”, senza i previ adeguati controlli;

-18 Novembre: presentazione dell’accordo trilaterale fra Italia, Francia e Germania, che rende siffatti controlli praticamente superflui;

-22 Novembre: riassunzione di Sam Altman presso OpenAI.

Le modalità assai insolite del licenziamento e della riassunzione di uno degli uomini più influenti del momento fanno pensare che, dietro di questi, ci siano questioni di primario interesse. La principale spiegazione si trova probabilmente nel fatto che, come noto, l’Intelligenza Artificiale, che ha un impatto a “tappeto” su tutte le sfere della vita umana, è particolarmente rilevante nel settore della difesa, e soprattutto, in quello della guerra nucleare. Ed è per questo che il dialogo sino-americano sull’ IA è condotto essenzialmente fra le Forze Armate dei due Paesi (con l’evidente esclusione dell’Europa).Si noti poi che, né la Cina, né gli USA, e nemmeno l’Unione, hanno a oggi una vera legge organica sull’IA; si direbbe che questi pourparlers mirino ad omogeneizzare, o almeno coordinare, le leggi che stanno per essere approvate.

Quanto all’ Europa, si è forse ritenuto che stabilire una regolamentazione restrittiva in un momento in cui sono in corso due guerre più che regionali, e inedite trattative sino-americane sull’ IA, e soprattutto su quella militare, sarebbe stato prematuro. Anche perché, su questi argomenti, le Autorità europee si rimettono sempre al giudizio degli Americani (che oggi probabilmente non si è ancora formato).

Con il recente documento italo-franco-tedesco, la discussione sul progetto di regolamento slitterà presumibilmente a dopo le prossime Elezioni Europee.

2.Non siamo il “Trendsetter of the Global Debate” (come avrebbe voluto la Commissione)

L’Unione Europea aveva preteso fino ad oggi (manipolando una giusta idea di Coudenhove Kalergi e Spinelli), che l’Europa, finito il periodo coloniale, si distinguesse per il proprio “soft power”. Uno dei punti su cui si concentrava questa pretesa era proprio l’esistenza di un pacchetto normativo sull’ informatica (si trattava essenzialmente del GDPR), che, per quanto gravemente insufficiente, era comunque di molto superiore a quello delle altre aree del mondo. Si era addirittura preteso che le legislazioni delle altre mondo copiassero sistematicamente quella europea (“the Brussels Effect”).Cosa forse vera, ma solo perché quest’ultima  è congegnata in modo tale da non avere alcun effetto pratico, sicché i legislatori extraeuropei possono fingere di avere lavorato indefessamente, senza in pratica disturbare i veri “poteri forti”, cioè i GAFAM.

Quindi, il fatto che sia stata finalmente approvato il complesso e sofisticato “pacchetto” legislativo cinese  ha tolto all’ Unione il principale incentivo per proseguire su questa strada verso l’AI Act. Il compito di  “Trendsetter of the Worldwide Debate”per l’IA, è stato assunto, con le ultime mosse, dalla Cina, come constatato dagli stessi osservatori americani. In questo contesto, se la Cina ha mitigato il controllo sull’ IA, gli Occidentali temono, perseguendo un approccio rigoroso, di offrire alla Cina una nuova breccia (dopo l’Alta Velocità, la Via della Seta, la transizione green) attraverso la quale affermare la propria superiorità. Preoccupazione a nostro avviso infondata, perchè anche l’approccio cosiddetto “mitigato” della Cina è più rigoroso della precedente bozza europea (oggi considerata “troppo rigorosa”), e dell’approccio americano, che fa leva soprattutto sull’autoregolamentazione dei GAFAM. Quindi, la Cina non si preoccupa più di tanto d’imporre una disciplina alle proprie imprese, perché queste, anzi, come è successo recentemente con i BAATX, ne escono rafforzate e ancor più atte a competere nella sostanza sui mercati internazionali

Eppure,” come scrive Da Empoli, “non erano queste le premesse della strategia che la Commissione Europea ha pubblicato nel 2018 con l’obiettivo di far recuperare all’ Europa il tempo perduto”.Quest’autore la definisce “Una specie di Caporetto del policy design”.

In particolare, la normativa cinese prevede tre cose che in Europa (e ancor più negli Stati Uniti) mancano:

-un’Agenzia generale per il cyberspazio (l’Amministrazione Cinese del Cyberspazio), con estesi poteri normativi a livello centrale;

-Prescrizioni amministrative sui contenuti;

-un sistema articolato di notifiche e autorizzazioni.

L’Amministrazione Cinese del Cyberspazio (che non esiste in alcun Paese occidentale) è stata dunque la prima a introdurre una serie di norme  amministrative specifiche per l’IA, in attesa dell’emanazione una legge organica sull’ AI:

-il Regolamento per la raccomandazione di algoritmi;

 -il Regolamento sulla Sintesi Profonda;

-il Regolamento sull’ IA Generativa;

-il Progetto di direttive sull’audit algoretico,

E’ quindi profondamente sbagliato circoscrivere il dibattito fra Cina e Occidente sulle implicazioni della normativa cinese sulla libertà di espressione. Circa quest’ultima, il grado di “moderazione” sul web imposto dalle legislazioni cinese ed europea  differisce solo per la parziale differenza di oggetto (qui, “discorsi di odio”, “razzismo”, “teoria di genere”), piuttosto che (“valori del socialismo con caratteristiche cinesi”, oppure “valori confuciani”), ma in ambo i casi si tratta di una censura politica affidata alle macchine intelligenti perché quella affidata all’ uomo, nonchè scadente, sarebbe comunque troppo costosa.

Al contrario, come suggerisce la Brookings Institution, occorrerebbe studiare attentamente le soluzioni legislative cinesi (che tra l’altro sono partite dal progetto europeo, ma lo hanno rapidamente superato in quanto a concretezza).Questo è particolarmente vero per gli USA, che stanno conducendo discussioni con la Cina sulla AI, fortemente volute dai GAFAM,  i quali ultimi hanno accolto Xi Jinping a San Francisco con una standing ovation  a una cena d’onore dell’industria americana. Vari commentatori suggeriscono ai legislatori di approfittare di queste discussioni per familiarizzarsi con la normativa cinese.

Di tutto questo si dovrà tenere anche e soprattutto nella creazione dell’ Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale di Torino, ma, soprattutto, si rende più urgente che mai la creazione di un’Agenzia Europea per la Tecnologia, quale quella da noi proposta,  in grado di gestire autorevolmente depositi, audits, autorizzazioni, rapporti con analoghe istituzioni a livello internazionale, in modo che l’Europa non sia più tagliata fuori, come oggi accade, dalle vicende decisive per il futuro dell’ Umanità.

Per ora, ci limitiamo a prendere atto del fatto che, su argomenti di una tale importanza e a cui la propaganda della UE ha attribuito un notevole peso, l’opinione pubblica viene tenuta all’ oscuro circa decisioni assai poco coerenti degli Stati membri, che avranno comunque un impatto importante sul futuro dell’Europa, molto più dei “ludi cartacei” sulle riforme istituzionali, e delle quali proprio per questo dobbiamo occuparci. Occorre la creazione di un ambiente culturale e politico recettivo a questi temi, e che segua attivamente le evoluzioni legislative: italiana, europea e dei maggiori Paesi del mondo.

LA LOTTA PER L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE E’INCOMINCIATA

Dal licenziamento (e riassunzione)  di Sam Altman agli accordi USA-Cina.

1.Il caso Altman

In questi giorni si sta assistendo a una vera e propria esplosione di notizie e commenti riguardanti l’avanzata dall’ Intelligenza Artificiale (IA) quale fenomeno centrale del XXI Secolo. Fra questi eventi, quello che ha suscitato più scalpore è stata la destituzione di Sam Altman, fondatore e Amministratore delegato di OpenAI, la società informatica che aveva creato ChatGPT, uno straordinario strumento di assistenza allo svolgimento di attività culturali, accusato di avere sviluppato, senza gli adeguati controlli, una tecnologia molto pericolosa, la Q*. Ciò che ha suscitato un’ancora maggiore agitazione è stata la misteriosa decisione, dopo alcuni giorni, di rieleggere allo stesso ruolo, anche in seguito a una protesta dei dipendenti, lo stesso Altman. Al punto che quest’ultimo è stato incoronato, dal Jerusalem Post, “l’Ebreo più influente del mondo”, davanti, tra l’altro, a Nethaniahu, Blinken, Soros, Herzog, Ganz e Zuckerberg. E’ proprio vero che oramai i guru dell’informatica stanno acquisendo ovunque un potere senza precedenti. E dire che Eisenstadt sosteneva che, almeno ai suoi tempi, in Israele, i rabbini contavano più dei finanzieri. Neppure lì è più così.

2.Il dialogo USA-Cina

La seconda notizia centrale per il futuro del mondo è che l’idea formulata da Kissinger a Pechino e nel suo libro “L’Era dell’Intelligenza Artificiale”, e rilanciata infine da autorevoli guru del mondo informatico (come Faggin, inventore del “touchscreen” e Suleyman, fondatore di DeepMind), quella della necessità di un dialogo fra USA e Cina per il controllo dell’ Intelligenza Artificiale, è stata posta al centro dell’ incontro fra Biden e Xi Jinping al summit di San Francisco. Il meccanismo essenziale di questo controllo dovrebbe essere congegnato, secondo i libri di Kissinger e di Suleyman, sulla falsariga del controllo sugli armamenti, e, in particolare, su quello degli armamenti nucleari; esso dovrebbe mirare, non solo a evitare attacchi a sorpresa, ma anche a vietare certi tipi di sviluppo dell’ AI che oggi purtroppo sono al centro delle strategie delle grandi potenze, come il famigerato sistema ”Dead Hand” (in Russo, “Miortvaja Rukà”), che prevede lo scatenamento in automatico della guerra nucleare nel caso dell’impossibilità di comando da parte delle autorità militari. Per altro, il dialogo fra i  militari è già addirittura partito. Questa decisione congiunta costituisce dunque un’enorme vittoria della Cina, perché sancisce la raggiunta parità tecnologica e militare fra i due Paesi, con l’esclusione di altre potenze. Appena 20 anni fa, quando i colossi americani (i GAFAM) dominavano ancora anche il mercato cinese, nessuno (salvo, forse, i vertici del PCC; cfr. Pieranni, Tecnocina) avrebbe immaginato un risultato simile.

3.Accresciuto interesse in Italia

Altra notizia importante: dopo la sentenza del Consiglio di Stato circa l’assoggettamento di Facebook all’ IVA, il Ministero delle Finanze sta muovendosi concretamente per la riscossione degli arretrati. Era ora! Dalla loro creazione, una trentina di anni fa, i GAFAM non hanno mai pagato neppure un euro di tasse in Europa, salvo i modestissimi importi concordati con il fisco con una serie di accordi transattivi.

Domenica 26 Novembre, Il Sole 24 Ore ha dedicato due pagine allo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale nel mondo. Biagio Simonetta constata per l’ennesima volta che, mentre tutte le nazioni, e, in particolare, i grandi blocchi come USA, Cina e India, stanno facendo passi da gigante in questo settore, fondamentale, oltre che per lo sviluppo economico, per la proiezione di potenza, grazie alla centralizzazione di massicci investimenti pubblici e privati, l’Europa, invece, che non ha una sua politica unitaria dell’ IA, mentre  avrebbe (sul piano quantitativo)  tre volte il peso degli USA e 6 volte quello della Cina in questo settore, è totalmente irrilevante in campo mondiale, perché non riesce a mettere questa sua capacità sul piatto delle trattative internazionali, e anche perché non ha un proprio esercito, che possa, per così dire, “monetizzare” le competenze nazionali in materia di IA. A nulla serve il fatto che la Commissione e il Parlamento stanno lavorando da anni alla redazione di un “Artificial Intelligence Act “che viene vantato come “il più perfetto del mondo” (ma che non è stato fino ad ora approvato mentre nel frattempo la Cina ha già approvato il suo). Comunque, la bozza approvata dal Parlamento Europeo, e ora in fase di frenetica revisione per tener conto delle implicazioni del “caso Altman”, è già concettualmente vecchia, perché non tiene conto delle implicazioni filosofiche, geopolitiche e sociali poste in luce proprio dalla vicenda di ChatGPT, che non è “rischioso” nel senso dell’AI Act, ma è comunque insidioso per l’umanità perché altera drammaticamente le modalità stesse del pensiero umano.

4.Andremo finalmente verso un autentico “Umanesimo Digitale”?

Almeno, tutti gli autori citati si stanno finalmente allontanando dalla visione materialistica, legalistica e politicante del controllo sull’ IA (secondo  la quale basterebbe un controllo sulla progettazione per rendere “etica” quest’ultima, mentre invece non ci si rende conto che l’informatica e la bioingegneria, prima ancora dell’IA, hanno già modificato radicalmente l’essenza della natura umana quale emersa dall’”Epoca Assiale” teorizzata da Jaspers, Eisenstadt ed Assmann). Né le idee formulate durante la prima parte dell’Epoca Assiale (Evo Antico), né quelle emerse nei secoli della Modernità, sono oramai più neppure applicabili nel mondo automatizzato. Ne sono prova l’equilibrio del terrore nucleare  basato sulla risposta digitale automatica a un attacco nucleare (“Dead Hand”), lo spionaggio digitale a tappeto (Echelon, Prism), il controllo capillare sui cittadini (sentenze Schrems della Corte di Giustizia europea), la disoccupazione tecnologica (innanzitutto nel settore dei “colletti bianchi”), la “vita sintetica” (CRISPR, clonazione, fecondazione assistita, utero in affitto), gl’ impianti cerebrali (Musk), e, soprattutto, l’utilizzo massiccio dell’IA per il decision-making politico, amministrativo e di business….

Tutte queste realtà vanificano responsabilità individuale, etica del lavoro e riproduttiva, come pure la dialettica politica.

Sulla base di quelle considerazioni, gli autori citati si stanno muovendo giustamente sulla strada di una riforma innanzitutto culturale. Faggin, in “Irriducibile”,  parte dalla centralità della fisica quantistica (il Principio di Indeterminazione) per negare l’attualità di un’ intelligenza puramente razionale, e quindi anche  dell’Intelligenza Artificiale, basate, come sono,  su un’imitazione dei procedimenti della matematica e della fisica classiche. Suleyman, in “The Coming Wave”,  parla di un  “containment” dello sviluppo dell’ IA.

Kissinger, infine, sostiene in modo assai pregnante che “”La tecnologia, la strategia e la filosofia devono essere in qualche modo allineate, per evitare che una scavalchi le altre. Quale aspetto della società tradizionale dovremmo difendere? E quale aspetto della società tradizionale dovremmo essere pronti a sacrificare per crearne una superiore?”

Purtroppo, neppure le tre, seppure illuminanti, opere citate, sono state in grado di rispondere alle domande poste giustamente da Kissinger, perché nessuno vuole, sa o può, affrontare lo spinosissimo problema del rapporto fra società tradizionale, modernità ed iper-modernità. Occorre ricordare che il “Progetto Incompiuto della Modernità” consisteva proprio nel rispondere alle questioni irrisolte poste dalla religione facendo affidamento soltanto sulla scienza (1° Programma Sistemico dell’ Idealismo Tedesco). Questo approccio fu razionalizzato brillantemente da Saint-Simon,  che scriveva che l’ “Epoca Critica” apertasi con la Rivoluzione Francese avrebbe dovuto essere superata da una nuova Società Organica, fondata sulla religione della scienza, che avrebbe ricostruito su basi immanentistiche l’ordine ch’era stato dell’“Ancien Régime”. Secondo gl’ideologi ottocenteschi (fossero essi liberali, socialisti, nazionalisti o cristiano-liberali), tale ordine sarebbe stato basato sui principi “moderni” della Ragione. Orbene, tutti sentono in cuor loro (e moltissimi dicono) che questo progetto è fallito, in quanto la “religione della scienza e della tecnica” dei Positivisti e dei Marxisti era intrinsecamente contraria fin dai principi alle ideologie politiche ottocentesche, come dimostrato  dalle nuove scoperte scientifiche, e, in particolare, dalla fisica quantistica, che ha rimesso al centro l’”esprit de finesse” e il libero arbitrio, con ciò negando l’economicismo, l’egualitarismo, l’etnicismo e il moralismo dell’Occidente. Quindi, le società moderne sono  state condannate  a trasformarsi in qualcosa di molto diverso: non già l’auspicato ”organicismo” erede della tradizione, bensì la dittatura delle Macchine Intelligenti che, se non contrastata, sfocerà  nella costruzione di una Megamacchina centralizzata a livello cosmico, in cui l’Intelligenza Artificiale regnerà su sottosistemi galattici e società di macchine intelligenti, e in cui l’uomo non avrà posto (la “Singularity Tecnologica”). Fino che anche questa finirà (forse a causa dell’intrinseca incapacità dell’ Intelligenza Artificiale di essere veramente “generativa”, e della conseguente stagnazione).

La “delusione” dei progressisti per i fallimenti della Ragione (dalla Shoah alla bomba atomica, dallo Stalinismo all’anomia dell’Occidente, dal crollo del Socialismo Reale alla guerra di tutti contro tutti) è pienamente giustificata già dalla constatazione che, come del resto si poteva prevedere fin dall’ inizio, lo sviluppo della tecnica e, in generale, della ragione dispiegata, non ha liberato l’umanità dai suoi endemici mali: finitezza,  ignoranza, mortalità, malattie, violenza. Non parliamo dei seppur opinabili, ma probabili, catastrofici sviluppi futuri a cui abbiamo sopra accennato.

Occorre quindi, proprio per rispondere coerentemente alle filosofie ottocentesche, tornare a studiare con umiltà le “società tradizionali” di cui parla Kissinger, vale a dire quelle pre-alfabetiche, quelle classica e medievale e quelle orientali (anche attuali), per comprendere come esse affrontassero, e ancora affrontino, brillantemente, i problemi eterni dell’umanità, scoprendo quali sono gli aspetti in cui esse sono compatibili, ed anzi assolutamente idonee a vivere nella Società delle Macchine Intelligenti come dimostrato dallo sviluppo straordinario dell’Asia Orientale e Meridionale.

Certamente, anche dopo aver compiuto questa necessaria operazione culturale, l’umanità di domani risulterebbe molto diversa da tutte quelle che abbiamo conosciuto a partire dall’Epoca Assiale  “allargata” (Assmann), perché la presenza delle nuove tecnologie, e, in particolare, quella dell’ Intelligenza Artificiale, non verrà comunque eliminata, bensì “superata” e riorientata. Del resto, già nelle mitologie dell’ Epoca Assiale c’erano le macchine intelligenti, come per esempio il Talos, un drone di bronzo che volava ininterrottamente intorno a Creta per difendere, per conto di Zeus, l’amata Europa, o i tartarughe giganti che navigavano intorno alla Cina con a bordo gl’”Immortali” confuciani, ma soprattutto i Virana  volanti e varie armi “magiche” degli Dei vedici, come Pashupata, Brahmastra ecc…Tutto ciò ha fatto nascere addirittura la tenace “leggenda dell’ antico astronauta”, secondo cui in tempi antichissimi una razza aliena avrebbe portato sulla terra tecnologie avanzatissime.

Comunque sia, il comportamento degli Dei delle varie mitologie (e soprattutto quelli mesopotamici, che creano gli uomini per sostituirli nel lavoro) nei confronti delle loro macchine ci fornisce delle indicazioni di come l’umanità potrebbe approcciarsi alla gestione delle macchine intelligenti, che non richiedono più il “lavoro” in senso stretto, bensì intense attività “filosofiche” e “politiche”, paragonabili a quelle dei “guru” indiani e dei saggi taoisti. Ma questo è un campo ancora da esplorare.

5.L’Agenzia Europea per la Tecnologia

Per parte nostra, abbiamo affrontato di petto il problema centrale della politica economica europea, vale a dire l’assenza, da parte dell’ Europa, di un centro ben definito di programmazione dello sviluppo tecnologico, quello che noi chiamiamo “Agenzia Tecnologica Europea”, che dovrebbe svolgere innanzitutto, ma non solo, i compiti che negli USA sono stati svolti dal DARPA, responsabile dello sviluppo delle tecnologie “dual use” (cioè al contempo civili e militari). Il nostro libro omonimo (Euopean Technology Agency”, acquistabile come e.book presso StreetLib, è stato distribuito alle massime autorità europee -innanzitutto von der Leyen, Breton e il compianto Sassoli-, ma solo quest’ultimo si era impegnato per il progetto.

Proprio perché l’Agenzia da noi proposta sarebbe chiamata a svolgere una serie di ruoli che oggi non sono svolti da nessuno, essa dovrebbe avere una struttura complessa, capace di occuparsi di ricerca culturale, economica e tecnica, di programmazione degli aiuti all’ economia, di ricerca di base e di gestione dei finanziamenti, raggruppando, in molti casi, i compiti di piccole agenzie create dall’ Unione ed oggi esistenti, sulla cui utilità molti, a cominciare dalla Corte dei Conti, hanno espresso seri dubbi ancora recentemente, ma che l’Unione ha voluto comunque rifinanziare.Essa dovrebbe e potrebbe coesistere con analoghe agenzie esistenti a livello nazionale, come per esempio la costituenda Agenzia Italiana per l’ Intelligenza Artificiale di Torino, cfr. i nostri libri sull’ argomento in vendita presso Streetlib (per altro anch’esse nel complesso ridondanti nell’ ottica di un ciclopico sforzo di “catch up” che si richiederebbe  nei confronti delle grandi potenze).

Oggi, alla luce degli sviluppi in corso ovunque nel mondo e con le elezioni europee alle porte, sembra difficile continuare a ignorare quest’enorme lacuna del sistema europeo, che, in questo momento storico, lo inficia fino dalle fondamenta. E’ su questo, e non su sterili scaramucce personalistiche, che i partiti europei dovrebbero confrontarsi. Per questo, rilanceremo una campagna d’informazione rivolta al mondo politico e al Movimento Europeo.

LA CONFERENZA SUL FUTURO DELL’EUROPA

UN FALLIMENTO PREANNUNZIATO

Riportiamo qui di seguito il commento del Movimento Europeo in Italia sul voto del Parlamento Europeo circa il documento AFCO sul futuro dell’ Europa (all.1), e un commento della stampa americana (all.2).

Intanto, mettiamo in evidenza l’atteggiamento sempre più sconsolato dell’ME di fronte alla palese indifferenza per  la riforma dell’Unione perfino da parte del Parlamento Europeo, atteggiamento che emerge, in particolare, da questi passaggi:

L’Associazione Diàlexis ha avviato da tempo questa riflessione sulla “deriva” dell’ Europa, e ha già espresso il proprio punto di vista in tutta la sua pubblicistica, sintetizzandola in particolare nell’ ultimo suo  libro “Verso le elezioni europee” (acquistabile presso StreetLib cfr https://store.streetlib.com/novita/verso-le-elezioni-del-2024-i-partiti-europei-nella-tempesta-738251/).

Tale punto di vista può riassumersi come segue:

ALLEGATO 1.

AI MEMBRI DELLA “PIATTAFORMA ITALIANA PER LA CONFERENZA SUL FUTURO DELL’EUROPA”

Nel quadro di una sessione carica di discussioni e di voti che hanno suscitato forti divisioni fra le forze politiche, il Parlamento europeo ha votato sul rapporto elaborato da 5 relatori della Commissione AFCO in un anno di lavori senza trasparenza e senza dibattito pubblico, ignorando anche la necessità di coinvolgere in questo lavoro società civile e cittadini che erano stati coinvolti nella Conferenza sul futuro dell’Europa.

Il risultato del voto, al di là dei contenuti del testo emerso delle decisioni del Parlamento europeo, indica purtroppo che l’orientamento degli attuali deputati eletti nel Parlamento europeo è ostile o nutre molti dubbi su un’ampia riforma del Trattato di Lisbona.

Su 702 parlamentari, un centinaio ha deciso di non partecipare al voto, 44 si sono astenuti, 274 hanno votato contro e 291, cioè una minoranza dell’Assemblea pari al 40%, ha votato a favore calcolando che i deputati dei cinque gruppi che si erano espressi a favore nella commissione affari costituzionali sono 440.

Una analisi dei voti individuali ci indicherà anche gli orientamenti dei gruppi politici nell’Assemblea.

Al di là di dichiarazioni retoriche di chi ha sostenuto questo lavoro del Parlamento europeo, noi riteniamo che si debba fare una riflessione accurata sulle ragioni per cui si è arrivati a questo risultato che purtroppo non ha nulla di storico e sulla strada che debba essere percorsa da qui alle elezioni europee e dopo di esse per far cambiare rotta all’Unione europea in una situazione in cui appare chiaro a tutti che l’Unione europea non è in grado di far fronte alle sfide interne ed esterne e che i Trattati di Lisbona firmati nel 2007 non sono lo strumento adeguato per far fronte a queste sfide.

Se gli attuali deputati europei non sono stati capaci di dare una risposta adeguata, dovremo rivolgerci alle opinioni pubbliche, alla società civile, alle cittadine e ai cittadini europei per avviare una mobilitazione che spinga i partiti politici europei a svolgere quel ruolo che gli è stato affidato dal Trattato di Lisbona per formare la coscienza europea delle nostre opinioni pubbliche.

Il Movimento Europeo intende proseguire su questa strada e lancerà nelle prossime settimane un appello ad un’ampia mobilitazione che abbia come sbocco l’avvio di una processo democratico costituente.

Pier Virgilio Dastoli

PRESIDENTE

ALL.2

ANDREW A. MICHTA IS SENIOR FELLOW AND DIRECTOR OF THE SCOWCROFT STRATEGY INITIATIVE AT THE ATLANTIC COUNCIL OF THE UNITED STATES. VIEWS EXPRESSED HERE ARE HIS OWN.

There’s a sea change coming to Europe, and its consequences for America’s relations with key allies haven’t yet registered in Washington.

Predominantly driven by pressure from Berlin and Paris, the European Union is moving at speed to undergo the most dramatic systemic transformation since its inception. It’s about to centralize power in a way that will change the bloc’s very nature, impacting the Continent’s politics and economics. It will also fundamentally alter how Europe interacts with the United States.

The changes currently under consideration would transform the EU from a confederation of sovereign countries into a unitary federal entity, with its central government presiding over partially self-governing nation states. And the key argument put forward by proponents of this is that without it, the bloc’s planned enlargement would soon render it ungovernable. 

These proposed treaty revisions rest on three fundamental changes: the introduction of majority voting; the elimination of the veto by individual member countries, which will end the principle of unanimity; and limiting the number of EU commissioners.

If implemented, these changes will radically realign power in the EU, concentrating it in Berlin and Paris, as the largest countries will essentially be able to impose their wills on the bloc at large. The scope of these proposed changes would be comparable to the U.S. eliminating the Electoral College and shifting its electoral processes to simple majority voting, effectively allowing the country’s largest states to drive its politics unhindered.

But while the U.S. appears unaware of this pending shift, in Europe, the treaty revision process is already underway with fundamental changes in 10 key areas, including EU foreign, security and defense policy. And as a concrete step toward such changes, a Committee on Constitutional Affairs report, which will form the European Parliament’s inputat a treaty revision convention, was recently approved — an event that went largely unnoticed in U.S. media. Next, all MEPs are set to vote on the report during their plenary session this week.

However, U.S. President Joe Biden’s administration has appeared relatively indifferent to this shift, perhaps assuming a more unified EU would become a more effective partner, with Berlin and Paris (via Brussels) emerging as Washington’s principal interlocutors. And given Germany is Europe’s largest and most dominant member country since the United Kingdom’s Brexit, on its surface this policy seems like an obvious default position.

But while U.S. supporters of the EU’s further centralization like to trot out the famous remark: “Who do I call if I want to speak to Europe?” — a question often misattributed to former Secretary of State Henry Kissinger — Europe’s upcoming reality doesn’t correspond with how the administration of then President Richard Nixon had engaged with the Continent at the time.

Moreover, this view of EU federalism misses the central point that, first and foremost, America’s Europe policy should be driven by its national interests, and that Washington should tailor a particular institutional framing according to its own preferences. 

The idea that a “federalized” Europe would be easier for the U.S. to deal with isn’t borne out from any evidence — especially one driven by the Berlin-Paris tandem, as German and French positions on key foreign and security policy issues have, time and again, diverged from America’s. And as in any alliance, the U.S. should prioritize the countries with threat perceptions and national interests that align most closely with its own.

Here, the most recent U.S.-led effort to assist Ukraine should serve as a guide for the countries Washington should, in fact, call in Europe.

Throughout, it has been the nations along NATO’s eastern flank — from Finland through the Baltic States, Poland and Romania — that have shown the greatest determination to stand alongside the U.S. in support of Ukraine, as Germany and France follow suit with reluctance and, more often than not, fail to deliver.

And as the U.S. continues to push its European allies to move forward on rearmament and building the requisite capabilities to implement NATO’s three new regional plans, it is these flank countries that are leading the way once more.

Germany, by contrast has failed to meet even the agreed-upon minimum 2 percent of GDP target on defense spending, while France is focusing its spending on power projection in the Mediterranean and beyond. Thus, the notion that a federalized Europe led by Berlin and Paris would be more, and not less, responsive to U.S. requests for meaningful contributions to deterrence and defense is wishful thinking. 

The EU’s unfolding political transformation deserves far closer attention in Washington than it has received. The proposed changes to the EU treaties raise fundamental questions about how the U.S. intends to lead NATO going forward, and how it can best leverage the commonality of interests across the Continent to reduce its security burden across the Atlantic.

Of course, decisions on the EU’s future belong in Europe and are for Europeans to make. But as the key provider of the Continent’s security, the U.S. shouldn’t be a mere bystander — especially when these choices will impact its collective defense burden in NATO.

TORINO CAPITALE EUROPEA

DELLA CULTURA NEL 2033?

Giovedì 16, il Sindaco di Torino, Lo Russo, ha annunziato che la Città intende porre la propria candidatura a Capitale Europea della Cultura  2033.

Siamo sempre più meravigliati di come temi che noi ponevamo fin dagli Anni 60 siano oramai divenuti, seppure con enorme ritardo, realtà effettiva, e, in particolare, di come quelli che sono stati all’origine, 20 anni fa, dell’ impegno dell’ Associazione Diàlexis, come la politica tecnologica dell’ Europa e Torino Capitale Europea della Cultura, siano solo oggi giunti al centro dell’ interesse delle Istituzioni.

Non vogliamo rivendicare una sorta di “primogenitura”su questi temi, bensì mettere solo in evidenza che, nonostante sia più redditizio attenersi strettamente al “mainstream”, è anche rischioso ignorare le visioni di lungo termine (il deprecato “longtermism”), perché esse finiscono prima o poi per avverarsi.

1.Il Comitato per Torino Capitale Europea della Cultura 2019

Nel caso di Torino, si era fatto tanto parlare nel 2012 di Torino Capitale Europea della Cultura per il 2019, ma poi, all’ ultimo momento, il Sindaco Fassino aveva deciso di non presentare nemmeno la candidatura. Ora l’attuale sindaco, Lo Russo, vuole candidare la città per il 2033, prossima data in cui questo compito spetterà nuovamente all’ Italia. L’idea è senz’altro eccellente, e non per nulla l’Associazione Diàlexis si era data tanto da fare  a partire dal 2012 per sostenere la candidatura, innanzitutto creando un comitato a sostegno della stessa, il quale aveva organizzato una serie d’iniziative di accompagnamento, e, poi, pubblicando due instant-book programmatici (“Torino, Capitale Europea della Cultura?”, e  “Torino Snodo della Cultura Europea”). Eravamo, e ancora siamoconvinti , infatti, che l’intera Europa e Torino in particolare abbiano una vera e propria urgenza di una “transizione culturale”, che dovrà affiancarsi alle transizioni digitale ed ecologica: ché, altrimenti, queste due sono condannate a degenerare nella direzione di una dittatura tecnocratica post-umanistica.

Le Capitali Europee della Cultura sono una delle pochissime azioni europee di carattere culturale, sì che sarebbe auspicabile che il loro successo costituisse uno stimolo ad allargare di molto lo sforzo europeo per la transizione culturale.

In particolare Torino, orfana, da un lato, dell’ingombrante presenza del Gruppo FIAT, e, dall’ altro, del mondo culturale azionista e comunista, che bene o male presidiava l’industria culturale cittadina, ha un drammatico bisogno, da un lato, di ingenti attività economiche alternative, e, dall’ altro, di una nuova classe dirigente idonea ad affrontare le sfide della Società delle Macchine Intelligenti.

L’intera attività della nostra Associazione negli ultimi 17 anni è stata rivolta a porre le basi teoriche per una siffatta classe dirigente.

Crediamo che molti temi nati  nel 2010 dal Comitato della Società Civile per Torino Capitale Europea della Cultura possano essere ripresi oggi.  Quello principale era che, perché valga la pena, per una città, di essere “Capitale Europea della Cultura”, bisogna volere esserlo davvero, e non solo durante il fatidico anno in cui si detiene il titolo.Come ha scritto su “La Stampa” Lorenzo Fazio, “L’obiettivo dovrebbe essere fare di Torino la Capitale europea della cultura non solo per un anno, ma per sempre”.

2.Capitale europea della Cultura e  Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale

In pratica, la Città dovrebbe cercare riunire in sé le comnpetenze e la volontà politica pewr dare risposta, sul piano teorico come su quello pratico, alla principale sfida della società contemporanea:la convivenza, da un lato, fra uomini e macchine intelligenti, e, dall’ altro, fra le varie identità umane, universale e continentali, religiose e regionali, ideologiche e nazionali, locali, cittadine e individuali.

A titolo di esempio, ricordiamo che il Governo ha appena approvato lo Statuto dell’Istituto Italiano per la Proprietà Intellettuale con sede a Torino. Questa realtà, lungi dal rappresentare solo un patrimonio tecnologico della Città, potrebbe, e dovrebbe, costituire un fondamentale elemento di cultura, appunto un aiuto per affrontare il problema numero uno del XXI° Secolo: il mantenimento della centralità dell’ Umano pur in un mondo popolato dalle macchine intelligenti, o addirittura “spirituali”. L’”Intelligenza Artificiale” è cultura in tutti i sensi del termine, almeno quanto l’intelligenza umana.

Per fare ciò, s’ impone una vigorosa azione lungo quattro direttive:

-lo studio e il dibattito culturale;

-il recupero delle basi esistenziali e pedagogiche delle civiltà dell’ Epoca Assiale;

-un processo intensivo di “upskilling” digitale dell’ intera società;

-il sostegno alla nascita nel territorio di imprese innovative del settore digitale;

una vera rivoluzione della struttura economica, demografica e sociale.

Affinché la candidatura a Capitale Europea della Cultura  2033 possa rappresentare un contributo non effimero, una parte, non secondaria,  del dossier di candidatura dovrebbe essere dedicata a questi temi, come indicato già nei nostri libri pubblicati nel 2010, non tanto in senso teorico, quanto declinandoli sotto forma di eventi, arte digitale, convegni, musei, produzioni editoriali e cinematografiche. Nel fare ciò, anche l’Istituendo Istituto potrebbe, e dovrebbe, fare la sua parte.

L’Associazione Diàlexis, fedele alla sua missione istitutiva, intendeva sensibilizzare al contempo le Istituzioni e i membri dell’allora Comitato della Società Civile per Torino Capitale Europea della Cultura, con l’obiettivo d’ integrare la società civile  nelle attività di accompagnamento della candidatura. Avevamo organizzato per questo una serie di manifestazioni al Comune, alla Fondazione Agnelli, al Circolo dei Lettori e nella sede di Alpina Srl.

Ora, come primo passo, stiamo rieditando il libro “Torino, Capitale Europea della Cultura?”, che, a nostro avviso, può ancora, anche dopo 12 anni, costituire un utile strumento di orientamento delle politiche locali in materia, e che comunque è già acquistabile come e.book presso StreetLib(https://store.streetlib.com/politica-e-societa/intorno-alle-alpi-occidentali-autour-des-alpes-occidentales-identita-di-un-euroregione-identite-dune-euroregion-30081/), e, inoltre, come e.book e in formato cartaceo, il libro, collegato al primo, “Torino, snodo della cultura europea”.

Cercheremo d’interagire con la società civile e con le istituzioni come già fatto in occasione della mancata candidatura del 2012.

4.Il favore del Ministro Sangiuliano

Pare che il motivo per cui  il Sindaco Fassino aveva rinunziato allora alla candidatura, che pure si stava preparando, fosse stato un informale parere negativo da parte dell’allora Ministro della Cultura Bray, che avrebbe espresso la propria preferenza per Matera. Premesso che, dal punto di vista giuridico, il Ministero nazionale della Cultura non è l’unico soggetto decisivo nella scelta della città Capitale Europea della Cultura, da effettuarsi anche e soprattutto da parte di una commissione indipendente nominata dall’ Unione Europea, bene ha fatto il Sindaco Lo Russo a chiedere pubblicamente un parere preventivo del Ministro della Cultura, Sangiuliano, il quale ha risposto prontamente e pubblicamente, manifestando il suo (per quanto generico) apprezzamento:”Torino è una naturale capitale della cultura, una città densa di storia e tradizioni che negli ultimi anni ha subito importanti trasformazioni.La sua aspirazione a essere Capitale Europea della Cultura è fondata, come quella di altre città italiane.”

Ciò fatto, s’impone un’azione urgente. Come ha dichiarato a “La Stampa” l’assessora alla Cultura del Comune di Torino, Rosanna Purchia, “o partiamo nel 2024 oppure perdiamo il treno, è un lavoro che si costruisce con il tempo, senza che nessuno ti garantisca la vittoria fino all’ ultimo momento. Matera ci ha lavorato per 9 anni, altre città come Barcellona addirittura 10.”

Nonostante l’incertezza del risultato, proprio la complessità del processo di preparazione di una candidatura fa sì ch’esso abbia un valore di per se stesso, in quanto costringe Istituzioni e società civile a confrontarsi lungamente e approfonditamente sul futuro della città. Non sarebbe  in nessun caso un lavoro buttato , anzi, si concreta esso stesso in manifestazioni dotate di un loro peso specifico, in quanto “danno il tono” alla vita culturale, politica e sociale della città candidata, finalizzando tutti gli sforzi in tutti i campi appunto alla candidatura. E’ quanto sostenuto nel nostro libro “Torino, Snodo della cultura europea”, dove venivano censiti una sessantina di progetti per la Capitale Europea della Cultura, che i membri del Comitato erano pronti a realizzare, in consorzio fra di loro o con terzi, o insieme all’ apposita struttura creata dal Comune. Tali progetti, che comunicheremo al più presto al Comune,attualizzati per il 2033.

I punti focali sono:

-affinare la ricerca dell’identità del nostro territorio dopo la fine della società industriale e l’avvio di quella digitale, riscoprendo anche aspetti fino ad oggi trascurati, come la regione transfrontaliera delle Alpi Occidentali(cfr. nostro libro “Intorno alle Alpi Occidentali/Autour des Alpes Occidentales”), l’identità storica piemontese; le tradizioni feudali e sabaude; le culture non conformistiche, anche straniere, come Nietzsche e Michels;  l’esperienza olistica olivettiana; la progettualità politica del territorio (cfr. nostro libro “I progetti europei nella Resistenza”),il turismo montano non sciistico;

-concentrarsi sulla cultura delle nuove tecnologie ( Intelligenza Artificiale, proprietà intellettuale, spazio,  cyberguerra, cyber-intelligence; ma anche bioingegneria, algoretica, arte digitale, diritto dell’ informatica…), che oggi costituiscono la maggioranza delle questioni culturali, politiche, sociali ed etiche  ed etiche più urgenti (cfr. i nostri libri:Habeas Corpus Digitale,Corpus Iuris Technologici,

Re-Starting EU economy via technology-intensive Industries,European Technology Agency,L’Istituto Italiano dell’intelligenzaArtificiale di Torino;L’Europa e l’Agenda Digitale, tutti acquistabili nella forma di e.book tramite StreetLib.

Capiamo che, come emerge dalla lettura della stampa, questa candidatura, come un po’ tutte le candidature per la Capitale Europea della Cultura, sarà per gran parte un portato delle Istituzioni e delle grandi organizzazioni della Società Civile, fornite di un’adeguata superficie finanziaria e organizzativa. Tuttavia, in questo momento di profonda transizione nell’organizzazione delle politiche culturali, non credo si possa impedire a tutta una galassia di soggetti, “mainstream”o no, istituzionali o no,  di fornire adeguatamente consorziati, il proprio apporto su temi specifici. Capiamo anche che, in un processo così lungo, la generazione che potrebbe realizzare l’impresa sarà diversa da quella che si era adoperata con noi per Torino capitale 2019. Occorre comunque passare il testimone, affinché la Torino dei nostri figli non sia ancor più decadente e disorientata di quella odierna..

Per questo, puntiamo a ricostituire il Comitato della Società Civile per Torino Capitale Culturale Europea.

Al lavoro, dunque!

Commento agli eventi del festival “Radici” (Torino, Circolo dei Lettori, 1-5 Novembre 2023)

Abbiamo già segnalato  ai nostri lettori l’interessante festival in oggetto, merito soprattutto degli sforzi dell’ Assessore Marrone e della direttrice del Circolo dei Lettori, Elena Loewenthal.

Facciamo qui una breve sintesi degli eventi a cui abbiamo partecipato, per trarne una rapida conclusione.

1.GIORDANO BRUNO GUERRI E LA CARTA DEL CARNARO

Mercoledì 1 Novembre

Come quasi tutti gli eventi della manifestazione, questa serata ha avuto innanzitutto il merito di portare a conoscenza del grande pubblico aspetti deliberatamente trascurati della cultura moderna e contemporanea. In questo caso, la centralità, non solo della Carta del Carnaro, ma, in generale, della Reggenza Italiana del Carnaro, e della stessa figura di Gabriele d’Annunzio, nella storia della cultura italiana ed europea. Una centralità che non può ridursi a quella di precursore del fascismo, bensì anticipa molti dei “topoi” del Novecento: estetismo, immoralismo, trasversalità.

Quanto alla Carta propriamente detta, l’oratore, Giordano Bruno Guerri, direttore del Vittoriale, casa-museo di D’Annunzio,  ha messo in rilievo come buona parte dei suoi articoli anticipino temi della Costituzione repubblicana, che spesso non sono stati attuati neppure ora. Della Carta si dovrebbe però anche dire che la struttura pan-corporativa della rappresentanza, in essa delineata e non recepita pienamente neppure nell’ ordinamento fascista,  fu realizzata , paradossalmente, soprattutto dalla Repubblica Federativa Jugoslava del Maresciallo Tito, con la sua peculiare forma di “federalismo Integrale”(“ Društveno Samoupravlianije”, al contempo cetuale e nazionale.

Quando, nel 2020, Fiume (Rijeka, che D’Annunzio aveva chiamato “Olocausta”, anticipando così anche quest’espressione) fu la Capitale Europea della Cultura, la città ricordò, seppure in forma polemicail Vate, con una mostra chiamata appunto “Olocausta” (“D’Annunzijeva mučenica”).

2.MARCELLO VENEZIANI: IDENTITA’, RADICI E TRADIZIONI

Venerdì 3 Novembre

Quella di Veneziani è stata soprattutto una requisitoria contro la “Cancel Culture” ( da lui tradotta appropriatamente, anche se liberamente, come “Cancellazione della Cultura”), il cui esiti non possono essere che nichilistici, in quanto, con la cancellazione delle tradizioni culturali, si tagliano le radici e si rende di fatto impossibile l’affermazione delle identità, individuali o collettive.

Certo, è mancata una prospettiva volta a situare adeguatamente il fenomeno nel tempo e nello spazio. Intanto, la Cancel Culture è un fenomeno originariamente e ancora prevalentemente americano, che parte come contestazione, da parte dei “non bianchi” ( cioè afroamericani, sino-americani, indo-americani, ma anche Europei del Sud e dell’ Est) dell’ egemonia WASP  che persiste in un’America oramai multiculturale.

In Europa, il fenomeno è meno evidente. Ma, soprattutto, l’Occidente nel suo complesso rappresenta al massimo un quinto del mondo. In tutto il resto, vi è invece una cura ossessiva delle proprie identità e tradizioni collettive: altro che “cancel culture”. Si pensi all’ Ebraismo in Israele, al Medio Oriente che si concepisce come “mondo islamico”, all’ Europa Orientale, a tutta l’Asia…

Così come l’Ebraismo e l’Ortodossia fanno propria la critica alla pretesa, nel passato, d’imporre l’omogeneità religiosa e culturale dell’ Occidente, e la Cina, con la “Via della Seta” riafferma la pari dignità di Oriente e Occidente, l’antidoto europeo alla “Cancel Culture” starebbe proprio nel farne propri qui suoi elementi che si addicono all’ Europa, vale a dire la critica della “Grande Narrazione Whig” (eresie, chiliasmo, Riforma, populismi, tecnocrazia, americanismo); la rivalutazione delle culture tradizionali e dei grandi Imperi Continentali; lo studio delle parti censurate e neglette delle tradizioni europee (come la Civiltà Danubiana, l’”Atena Nera”, il Barbaricum, l’Euroislam, la Rzeczpospolita polacca, l’antimodernismo…).

3.EMIR KUSTURICA E PETER HANDKE

Venerdì 3 Novembre

Kusturica ha presentato il proprio libro “L’angelo ribelle”, dedicato a celebrare l’amico Peter Handke, attaccato dall’ establishment letterario quando aveva ricevuto il Premio Nobel per la letteratura, a causa dei suoi reportages sulle guerre in Jugoslavia, che si sostenne fossero eccessivamente favorevoli alla Serbia. Si tratta in particolare di:

Un viaggio d’inverno ai fiumi Danubio, Sava, Morava e Drina, ovvero giustizia per la Serbia, trad. Claudio Groff, Torino: Einaudi, 1996

Appendice estiva a un viaggio d’inverno, trad. Claudio Groff, Torino: Einaudi, 1997

Un disinvolto mondo di criminali. Annotazioni a posteriori su due attraversamenti della Iugoslavia in guerra – marzo e aprile 1999, trad. Claudio Groff, Torino: Einaudi, 2002

Kusturica ha denunziato il “dirottamento” del movimento di liberazione dell’Europa dal comunismo, che ci ha portato a una situazione di ancor maggiore illibertà, dominata dal Pensiero Unico, di cui Handke non è stato certo l’unica vittima. Ha però espresso la speranza che nei prossimi anni si manifestino delle  crepe nell’ attuale establishment, che occorrerà sfruttare per provocare un radicale cambiamento.

4.PAOLO NORI: A COSA SERVONO I RUSSI? 

La domanda è più che legittima, ma non ci sembra che l’intervento di Nori abbia fornito una risposta. Certo, l’oratore, nel presentare il proprio romanzo sulla vita di Anna Akhmatova, ha manifestato in modo eloquente come la letteratura russa abbia costituito la passione della sua vita. Tuttavia, ci sembra difficile credere che la missione della Russia sia solo quella di fare appassionare Nori alla letteratura.

In effetti, l’intervento di Nori è stato dedicato soprattutto alla sua identità personale piuttosto che all’ identità collettiva dei Russi. Ma neppure così è andato fuori tema. Non dobbiamo dimenticare che le identità possono essere tanto collettive quanto individuali.E l’intervento rientrava anche nel tema delle radici, perché Nori ha fatto intendere che la sua passione per i Russi deriva in gran parte da vere o presunte affinità con le sue radici familiari, e, in particolare, con l’uso del vernacolo, nonché dalla fascinazione per Dante, condivisa, fra gli altri, con Anna Akhmatova.

Infine, l’’intervento rispondeva anche in un altro modo alla domanda contenuta nel titolo. Lev Gumiliov, figlio di quell’ Akhmatova a cui è dedicato il libro di Nori, aveva infatti concepito l’idea della “Pasionarnost’”, quella capacità d’infervorarsi e di sacrificarsi, che caratterizzerebbe non soltanto i Russi, bensì tutti i popoli delle steppe (il padre di Gumiliov era un ufficiale tartaro zarista, fucilato dai Bolscevichi, e anche l’Akhmatova si richiamava ad un’antenata tartara con lo stesso nome).

Ricordiamo anche che gli antenati degli Indoeuropei sono quel popolo di Yamnaya che si era formato nel quinto Millennio fra il Volga e il Don,  dalla fusione fra popoli uralici e caucasici, e che, per la sua straordinaria vitalità, si espanse prima in Eurasia, me, poi, nel resto del mondo.

Ma questo carattere “passionale” dei Russi (l’”Anima Russa”) è proprio quella caratteristica che manca agli Europei moderni, sì che già  Leontiev, alla fine dell’ Ottocento,   aveva definito  “L’Europeo medio” come “l’inizio della distruzione universale”. Con il dono della sua “passionalità”, i Russi, e, in particolare, gl’intellettuali russi, sarebbero stati chiamati, secondo Tiutčev, Dostojevskij e Blok, a salvare l’Europa dal “putrido Occidente”:

“Unisciti a noi! Via dalla guerra,
Vieni nelle nostre pacifiche braccia!
Sei ancora in tempo – la spada sotterra,
Compagno! Fratello, ti abbraccio!”

Certo, tutti questi autori erano “Russi” nel senso di “Slavi Orientali”, anche se non pochi erano ucraini o bielorussi. E, in effetti, anche il comportamento degli attuali Ucraini, impegnati così “passionalmente” contro la Russia, può essere ricondotto a quella visione “messianica” dei “Russi” (o meglio, dei popoli delle steppe, molti dei quali predecessori degli odierni Ucraini: Sciti, Sarmati, Unni, Avari, Bulgari, Magiari, Cumani, Peceneghi, Mongoli, Tartari, Circassi, Nogai, Cosacchi…).

5.RUTH DUREGHELLO E “TIKKUN HA-‘OLAM”

Più direttamente vicino al tema delle identità collettive il colloquio fra Elena Loewenthal, direttrice del Circolo dei Lettori, e Ruth Dureghello, ex-presidentessa della Comunità Ebraica.

Le due speakers si sono impegnate in un pregnante dibattito teologico, culminato nell’ illustrazione del concetto mishnaico di “Tikkun ha-‘Olam”, che Ruth Dureghello ha voluto tradurre non già con il suo dignificato originario di “Riparazione del Mondo”, bensì come “Miglioramento del Mondo”.

Secondo la Kabbala, il Tikkun è un’opera teurgica, volta a riportare Dio nella sua originaria interezza, mentre l’idea del “miglioramento del Mondo” riporta piuttosto al messianesimo immanentistico della Modernità.

7. FRANCO CARDINI E LA “DERIVA DELL’OCCIDENTE”

Riassumendo il suo recente libro, Cardini ha ripercorso la storia del concetto di Occidente, fino al suo cambiamento di significato dopo  le Guerre Mondiali: da essere sinonimo di “Europa”(come in Spengler), esso si trasformò nella definizione di un complesso più vasto, di cui fanno parte gli Stati Uniti. Il “Tramonto dell’ Occidente” di Spengler non è che il tramonto dell’ Europa, già adombrato nelle opere di Hegel e ripreso dagli autori americani.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, diviene evidente che quel complesso ruota intorno agli Stati Uniti, i quali hanno tessuto, intorno a se stessi, “una ragnatela” di accordi (come scrive Ikenberry): ONU, OCSE, NATO, Comunità Europee, Bretton Woods.

Dopo la caduta del muro di Berlino, queste “ragnatele” (ICANN, WTO) coprono oramai tutta la terra, dando vita all’ “America-Mondo”, un “Impero nascosto”(Immerwahr), o “Sconosciuto” (Papa Francesco), che controlla il mondo intero. Per questo Fukuyama parlava di “Fine della Storia”.

Ora siamo alla “Deriva dell’ Occidente”, perché, di fronte all’invasività di questo impero,  si sono manifestate appunto le reazioni delle identità continentali: ebraica, induista, confuciana, islamica, latinoamericana, ortodossa. Per questo, dalla “Fine della Storia” si è passati oramai allo “Scontro di Civiltà”.

In cui, però, avverte Cardini, l’Europa non può essere confusa nel generico “Occidente”, perché essa si distingue nettamente dall’America. In che cosa, non è chiaro, perché neppure i detrattori dell’ America sono espliciti su questo punto.

E’un argomento sui cui anche l’intervento di Cardini è stato poco esplicito, anche perché si era oramai giunti all’una e mezza della domenica,e occorreva evidentemente liberare la sala.

CONCLUSIONI

Tutti gl’interventi hanno affrontato giustamente con priorità il tema delle radici, che campeggiava nel titolo, e hanno solo sfiorato quello delle identità, ad esso collegato, e il quale, come hanno giustamente posto in evidenza un po’ tutti, costituisce la premessa necessaria per i progetti del futuro.

Crediamo che questi temi meritino un approfondimento, di fronte ad una situazioni internazionale sempre più preoccupante e sempre più fluida, che ben presto permetterà (come ha auspicato Kusturica), e, anzi, secondo noi, addirittura necessiterà, un intervento pesante da parte degli Europei, forse anche militare e politico, ma, innanzitutto, di carattere culturale, per orientare e motivare le future drammatiche scelte.

Per questo, mentre andiamo avanti con i nostri lavori sull’ identità europea e sul futuro nell’ era delle macchine intelligenti, continuiamo a caldeggiare che le Istituzioni (nel caso in ispecie, la Regione Piemonte che ha sponsorizzato il festival) proseguano nell’ opera iniziata. Per parte nostra, saremo sempre lieti di collaborare, come del resto avevamo già fatto in passato con il libro “Intorno alle Alpi Occidentali/Autour des Alpes Occidentales”.

RADICI, IL FESTIVAL DELLE IDENTITA’ A TORINO

Ecco il programma

RADICI
Il festival dell’identità
(coltivata, negata, ritrovata)
1-5 novembre 2023, Torino

Radici chiama grandi artisti e voci a interrogarsi pirandellianamente su una, nessuna, centomila identità: individuale e collettiva, di nazione e di popolo, l’identità come idea che una persona ha di sé nel contesto di una società sempre più complessa e allo stesso tempo sempre più omologata, complice la trasformazione antropologica dovuta all’avvento del consumismo che ha cambiato stili di vita e modelli culturali, come denunciò per primo Pier Paolo Pasolini negli anni del Boom. In parallelo, Radici indaga anche il tema di chi a un certo punto della sua esistenza ha deciso di espatriare e di costruire il proprio futuro altrove, venendosi a trovare come in sospeso tra due mondi e due identità. Oggi che i social media amplificano, condizionano e distorcono l’identità e che l’Intelligenza Artificiale la mette in discussione, Radici allarga il più possibile il discorso, aprendolo a idee e contenuti diversi, ponendo domande capaci di risvegliare la nostra consapevolezza. (Giuseppe Culicchia)

un progetto di Fondazione Circolo dei lettori
con il contributo di Regione Piemonte e Assessorato Regionale all’Emigrazione

➜ ANTEPRIMA | SABATO 21 OTTOBRE H 18
BRET EASTON ELLIS PRESENTA LE SCHEGGE (EINAUDI)
con Diego De Silva, introduce Giuseppe Culicchia
in collaborazione con Giulio Einaudi editore
L’uscita di The Shards segna l’attesissimo ritorno al romanzo dell’autore di American Psycho. Una storia che racconta la scoperta del sesso e della morte nella Los Angeles dei primi anni Ottanta, e la ricerca di un’identità del protagonista – lo stesso Bret – nel passaggio dall’adolescenza al mondo degli adulti. 

MERCOLEDÌ 1 NOVEMBRE

h 17.00
VIVA LA PAMPA GRINGA!
con Eugenio Goria, Albina Malerba, Giovanni Tesio e, in collegamento da Santa Fe per la FAPA – Federazione delle Associazioni Piemontesi d’Argentina, Hernan Trossero, Alejandra Gaido e Laura Moro
Quanti sono i Piemontesi d’Argentina? Tantissimi, e generazione dopo generazione hanno saputo mantenere nel corso del tempo un fortissimo legame con la terra d’origine, a cominciare dall’uso del dialetto, che naturalmente non è rimasto immutato una volta sbarcato al di là dell’Atlantico. Quando le radici e l’identità di una comunità si rinnovano innanzitutto attraverso la lingua.

h 19.00
GIORDANO BRUNO GUERRI
Gabriele D’Annunzio e la Carta del Carnaro
con Giuseppe Culicchia
Per un breve periodo all’alba degli anni Venti del Novecento, Fiume diventa uno stato libero nel cuore dell’Europa, nel quale il poeta-soldato Gabriele D’Annunzio riesce a dare vita alla prima T.A.Z. – o Zona Temporaneamente Liberata – della Storia. La Carta del Carnaro è la sua avanzatissima costituzione, senza eguali nel mondo. 

h 21.00
MARIA GRAZIA CALANDRONE
Vite in sospeso tra genitori adottivi e genitori biologici
con Simonetta Sciandivasci
Nel romanzo Dove non mi hai portata (Einaudi), finalista del Premio Strega 2023, l’autrice racconta la storia autobiografica della sua indagine sul proprio passato, quello di una bambina di appena otto mesi abbandonata nel parco di Villa Borghese da parte dei genitori poi suicidi. E costruisce allo stesso tempo il ritratto dell’Italia da cui tutti noi proveniamo.

h 24.00, Cinema  Centrale | 🎬 RADICI DI MEZZANOTTE
L’ODIO DI MATHIEU KASSOVITZ
presentato da Giuseppe Culicchia ed Enrico Verra
in collaborazione con Aiace Torino
Prima prova d’autore per Mathieu Kassovitz, L’odio segnò l’esordio sul grande schermo di Vincent Cassel e all’uscita in patria scatenò feroci polemiche per la crudezza con cui raccontava le banlieues parigine, le rivolte che vedevano protagonisti i figli degli immigrati dal Nordafrica e il fallimento delle politiche di integrazione.

GIOVEDì 2 NOVEMBRE 

h 17.30
ENZO BIANCHI
Identità e Comunità
con Francesco Antonioli
Quando l’individuo trova se stesso nella condivisione, nella meditazione e nel dialogo, aprendosi all’Altro da sé. Il Cristianesimo delle origini, oggi, e l’idea di comunità in un mondo ridotto a semplice sfondo dei nostri selfie, in cui a prevalere è sempre più l’egoismo narcisista del singolo, che nel frattempo da cittadino è diventato consumatore.

h 19.00
PAOLA AGOSTI
Dal Piemonte al Rio de la Plata
con Elena Loewenthal
Da sempre interessata al tema dell’emigrazione, Paola Agosti si è imbattuta già più di quarant’anni fa – lavorando alla trascrizione visiva de Il mondo dei vinti di Nuto Revelli – nelle testimonianze dei Piemontesi che lasciarono la loro terra per le Americhe, e in particolare per l’Argentina. Nel corso dei decenni ha compiuto più viaggi in quel Paese, la “Pampa gringa” che è diventata una seconda patria per quegli Italiani. E ce la racconta attraverso la sua testimonianza e le sue fotografie.

h 21.00
PAOLO DI PAOLO
PPP e la mutazione antropologica degli Italiani
con Giuseppe Culicchia
Nel solco del Giacomo Leopardi che nel suo Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’Italiani individuò i tratti della nostra identità nazionale, Pier Paolo Pasolini ha saputo intercettare in anticipo sui tempi i segnali di quel mutamento antropologico che con l’avvento del consumismo ha cambiato per sempre l’Italia e gli Italiani.

h 24.00, Cinema  Centrale | 🎬 RADICI DI MEZZANOTTE IL SORPASSO DI DINO RISI
presentato da Enrico Verra
in collaborazione con Aiace Torino
Girato da Dino Risi nell’estate del 1961, in pieno Boom, Il sorpasso racconta attraverso l’indimenticabile viaggio in auto lungo l’Aurelia di Bruno (Vittorio Gassman) e Roberto (Jean-Louis Trintignant) il mutamento antropologico degli Italiani, colto nel passaggio dell’Italia da Paese agricolo a consumista.

VENERDì 3 NOVEMBRE

h 18.00
ROBERTO ALAJMO
Mediterraneo Culture Club
con Giuseppe Culicchia
Come scrisse Goethe nel suo Viaggio in Italia, «la Sicilia è la chiave di tutto». Già parte della Magna Grecia, porta d’accesso all’Europa e collegamento tra questa e il mondo arabo, l’isola che isola non è ha una storia unica fatta di conquiste, contaminazioni e migrazioni, che molto dice sulle nostre radici. 

h 19.00
MARCELLO VENEZIANI
Identità, tradizione e negazione
con Giuseppe Culicchia
Quand’è che i concetti di identità e tradizione sono diventati, se riferiti all’Occidente, politicamente scorretti? E perché? Che senso ha cancellare pezzi di storia e di cultura anziché studiarli e, a seconda dei casi, trarne insegnamento o criticarli? Dai campus delle università americane, la “cancel culture” è arrivata fino a noi. E a un tratto, rieccoci a Salem.

h 21.00
EMIR KUSTURICA
Da Underground all’Angelo ribelle
con Pietro Negri Scaglione
Il regista serbo due volte Palma d’Oro a Cannes, che con Underground ha raccontato la guerra civile che ha insanguinato l’ex Jugoslavia, rende omaggio nel suo ultimo libro al Premio Nobel per la Letteratura Peter Handke, andando alle radici dell’odio che ha lacerato quel lembo d’Europa sul finire del Novecento.

h 24.00, Cinema  Centrale | 🎬 RADICI DI MEZZANOTTE GATTO NERO GATTO BIANCO DI EMIR KUSTURICA
presentato da Enrico Verra e Giuseppe Culicchia
in collaborazione con Aiace Torino
Girato da Kusturica lungo il Danubio, nei pressi del confine serbo-bulgaro, doveva essere un documentario sulla musica gitana intitolato Musika Akrobatika, ma poi il regista (e musicista, oggi anche scrittore) decise di cambiare progetto in corsa e ne fece un film che, prendendo lo spunto dal desiderio di quattro giovani di sfuggire al matrimonio, mette in scena un popolo.

SABATO 4 NOVEMBRE

h 11.00
FARIAN SABAHI
Due Paesi, una storia
con Alessandra Coppola
L’autrice di Non legare il cuore. La mia storia persiana tra due Paesi e tre religioni (Solferino) racconta con l’ausilio di preziose immagini di famiglia una storia di identità sospesa, le cui radici si ramificano tra la Persia e il Piemonte.

h 15.00
ILIDE CARMIGNANI
Un caffè con l’alter-ego
con Giuseppe Culicchia
Il mestiere di chi traduce comporta la necessità di calarsi completamente nell’opera altrui: chi traduce si trasforma in sosia, cerca nella sua lingua le parole che non sempre possono restituire con esattezza l’originale. Si tratta di mettere da parte la propria identità e di assumerne un’altra, non sulla scena come succede agli attori, ma tra le pagine di un romanzo. E Ilide Carmignani, traduttrice di scrittori come Gabriel García Márquez, Roberto Bolaño e Luis Sepúlveda, ne sa qualcosa.

h 18.00
JAVIER CHIABRANDO
Piemontesi d’Argentina
con Giorgio Ballario
La comunità dei Piemontesi d’Argentina è notoriamente assai numerosa e ha saputo mantenere nel corso dei decenni un rapporto unico con le proprie radici. E Javier Chiabrando, acclamato scrittore di noir discendente da genitori originari della nostra regione, vi appartiene a pieno titolo.
a seguire
La Cricca dij Mes-cià
IL CONCERTO
con Maurizio Bongioanni, fisarmonica, Daniele Ronco, voce, Matteo Ternavasio, chitarra, Simone Chiappalone, basso, Emanuele Bevione, fiati e Davide Barbero, percussioni
La Cricca dij mes-cià è un gruppo di musica folk popolare nato nel 2013. Alterna canti della tradizione rivisti in chiave ballabile con canzoni di proprio pugno. Cantano l’amore e le tradizioni, lo spopolamento dei paesi, il consumo di suolo, l’importanza di possedere un orto.  Il ritmo trainante si mischia al piemontese, il genere folk è contaminato. Dalla tournée in Argentina, presso le comunità piemontesi, ne è nato il documentario Réis-Raìz.

h 21.00
PAOLO NORI
A cosa servono i Russi
introduce Giuseppe Culicchia
Lo scrittore e traduttore porta a Torino il suo reading-spettacolo A cosa servono i Russi. Perché passo la mia vita con in mano dei libri scritti in una città, Pietroburgo, lontana tremila chilometri da dove abito io? Un monologo per immagini con la musica di Modest Musorgskij, le voci originali di Lev Tolstoj, Anna Achmátova e Iosif Brodskij e le immagini di Claudio Sforza.

h 24.00, Cinema Centrale | 🎬 RADICI DI MEZZANOTTE
GOOD BYE, LENIN! DI WOLFGANG BECKER
presentato da Giuseppe Culicchia
in collaborazione con Aiace Torino
La pellicola di Wolfgang Becker racconta in modo scanzonato e a tratti surreale la perdita di identità di un popolo, e la storia della protagonista interpretata da Katrin Sass è la metafora di un Paese che con la caduta del Muro ha dovuto letteralmente reinventarsi, perché da un giorno all’altro era finito non solo un regime ma un intero sistema di valori.

DOMENICA 5 NOVEMBRE

h 11.00
RUTH DUREGHELLO
Quando le radici sono di fronte e il futuro sta dietro le spalle
con Elena Loewenthal
Quando le radici sono di fronte e il futuro sta dietro le spalle: o dell’unicità di un popolo capace di conservare la propria identità rinnovandola nel corso del tempo in ogni dove. L’ex presidente della Comunità Ebraica di Roma dialoga con la direttrice della Fondazione Circolo dei lettori Elena Loewenthal.

h 12.00
FRANCO CARDINI
Un secolo dopo Il tramonto dell’Occidente di Spengler: a che punto è la notte?
introduce Giuseppe Culicchia
Il filosofo, storico e scrittore tedesco Oswald Spengler scrisse Il tramonto dell’Occidente tra il 1918 e il 1922. A un secolo di distanza, Franco Cardini si interroga nel suo La deriva dell’Occidente (Laterza) sull’identità di questa parte di mondo anche alla luce del rinnovato conflitto geopolitico con un Oriente nuovamente accusato di barbarie nel contesto della guerra che sta sconvolgendo l’Ucraina.

h 17.00
INGO SCHULZE
E oplà, il mondo si capovolse
con Giuseppe Culicchia
Nato e cresciuto nell’ex Repubblica Democratica Tedesca o DDR, Ingo Schulze – autore per Feltrinelli del recente La rettitudine degli assassini – ha visto sgretolarsi alla pari dei suoi connazionali non solo il Muro di Berlino ma anche l’identità di un popolo, ritrovandosi a doverne costruire un’altra, e nei suvi libri ha saputo raccontarlo come pochi.

h 21.00
STEFANIA ROCCA
L’Italia è il Paese in cui sono accampati gli Italiani
reading da Diario Notturno e La solitudine del Satiro di Ennio Flaiano
introduce Giuseppe Culicchia
Ennio Flaiano, scrittore, giornalista e sceneggiatore nella Roma della Dolce Vita portata sul grande schermo da Federico Fellini ha saputo raccontare come pochi l’Italia e i suoi abitanti da un punto di vista antropologico. Il reading ricostruisce, attraverso le sue pagine, l’identità di un popolo e di un Paese andando alle radici di La grande bellezza di Paolo Sorrentino.

RADICI. IL FESTIVAL DELL’IDENTITÀ, Cultura e tradizione


Nel prendere atto di questa interessante iniziativa (cfr.allegato a questo post: il programma verrà postato a parte), che, affrontando il tema a noi caro delle identità, segna un cambio di passo rispetto alle pur numerose manifestazioni tradizionali nella nostra città, invitiamo i nostri lettori a parteciparvi.
Riteniamo opportuno pubblicare anche una serie di nostre considerazioni sul tema oggetto della manifestazione e alcune osservazioni volte a possibili miglioramenti per gli anni a venire.


1.Resilienza delle identità
Il mondo sta veramente cambiando.

L’identità, che prima sembrava solo “una parolaccia”, è oggi tornata al centro del dibattito culturale e politico. E come potrebbe essere diversamente, se i grandi fenomeni storici che si sviluppano sotto i nostri occhi (rinascita di Israele e della Cina, individualismo democratico, panarabismo, femminismo, crollo dell’ Unione Sovietica e giganteggiare delle sue ex Repubbliche, movimento LGTB+, “fondamentalismi”), si sviluppano tutti nel nome delle identità: culturale, storica, collettiva, etno-nazionale, individuale, nazionale, sessuale, religiosa, di genere?
Come noto, la problematica dell’identità nasce con Hume, che, nel suo empirismo, negava il concetto classico di identità personale, ma poi solo per pervenire alla conclusione che l’identità e necessaria, in quanto è la sola cosa che rimane nell’incessante divenire dei fenomeni. Quest’idea fu poi sviluppata dai Romantici, per i quali l’identità era un necessario contrappeso alle illusioni dell’esistenza (un’autenticità che spezza la banalità borghese). Tutto ciò portò all’esaltazione dell’Eroe (Carlyle), e, poi, del Superuomo (Nietzsche).
La ricerca della propria identità personale è stata poi alla base della psicanalisi, e la difesa delle identità collettive ha costituito la motivazione prima dei Risorgimenti, delle lotte anti-coloniali e delle guerre civili post-sovietiche.
A partire, infine, dal tentativo di omologazione mondiale avviato con la globalizzazione e la pretesa “Fine della Storia”, la difesa delle identità è divenuta la parola d’ordine di tutti i nuovi movimenti, e di quasi tutti gli Stati, ché, altrimenti, gli uni e gli altri, a causa della “Fine della Storia” non avrebbero più neppure avuto una ragion d’essere.
Se io ho, o affermo, un’identità, sono costretto, per affermarla, a combattere la globalizzazione, l’omologazione, l’egualitarismo, l’apolidismo. Invece, l’informatica e l’Intelligenza Artificiale stanno facendo temere concretamente la prossima perdita della soggettività umana, rendendo così urgente una generalizzata rivolta identitaria.
2.L’identità quale strumento della politica
Oramai, chi non padroneggia la materia delle identità non può avere un peso politico nel XXI Secolo, perché in ogni contesto la politica consiste ormai in ultima analisi nel fronteggiarsi di identità contrapposte: quella tradizionalista e quella “liquida”; quella WASP e quella Woke; quella spagnola e quella catalana; quella pan-serba e quella grande-albanese; quella pan-russa e quella ucraina; quella ebraica e quella palestinese…(anche se nel contesto di un conflitto “identitario” più vasto: tecnocrazia contro umanesimo).
Molti vorrebbero svolgere il ruolo di mediatori, ma non ne sono capaci, perché le loro culture non sono così “universali” da permettere loro di comprendere le ragioni delle opposte identità e di comporle in un’unità superiore. Nonostante la sua presunzione, la cultura “progressista”, fondata sullo sviluppo di idee astratte e di un’impersonale “Ragione” è del tutto aliena dall’ empatia con le diverse “Identità”, e, al contrario, finisce per favorire solo l’omologazione universale.In tal modo, si è auto-esclusa dai necessari sforzi di mediazione.

3.I casi post-sovietici e post-jugoslavi

Tra l’altro, le opposte identità che si fronteggiano sono spesso molto più simili di quanto non appaia, perché si riallacciano in ultima analisi al substrato istintuale comune dell’Umanità, alle grandi civiltà ancestrali, alle tradizioni regionali e macro-regionali, ad una convivenza millenaria sui territori…. Per esempio, Russi ed Ucraini condividono quella “etnografia degli Slavi Orientali” ben studiata nell’ era sovietica: hanno in comune eroi (Ol’ga, Vladimir, Razin, Pugaciov), letterature (Il Canto della Schiera di Igor, le Bylyne, Gogol’), uomini politici (Khruscev, Brezhniev). Le loro lingue sono intercambiabili, al punto che, tradizionalmente, la maggior parte della popolazione ucraina parlava il Surzhyk,un miscuglio di lingue slave-orientali, mentre Cakavo, Stokavo, Kajkavo, Ikavo, Jekavo ed Ekavo “se ne fregano” delle frontiere fra le Repubbliche e delle lingue “nazionali” artificiali inventate nell’ultimo quarantennio (Serbo, Croato, Bosniaci, Montenegrino).

Infine, Palestinesi ed Israeliani sono ambedue un miscuglio di popoli diversissimi, ma ambedue accomunati da una lingua e cultura semitica, dal legame con le tradizioni dei Popoli del Libro, dalla centralità della cultura religiosa come fatto dentitario.

E’ solo la modestissima cultura dell’ establishment, “appiattita” sui luoghi comuni e sulle ideologie degli ultimi secoli a non vedere, per esempio, gli aspetti di continuità fra Yamnaya, la Civiltà Danubiana, i Popoli delle Steppe, la Federazione Linguistica Balcanica, il Canto della Schiera di Igor, i Cosacchi, la Guerra di Crimea, l’Ostalgie, come pure gl’Imperatori Illirici, il Glagolitico, i monasteri ortodossi e islamici, Fortis, Tommaseo, Mestrovic, Andric, Kadaré, e, infine, le descrizioni che gli antichi Egizi facevano dei conflitti nell’ Antica Palestina, oppure le figure intermedie dei Samaritani e dei Cristiani arabi orientali.

L’ interesse comune delle diverse identità sarebbe quello di combattere insieme contro l’omologazione mondiale, che sta trovando il suo sbocco nel progetto nichilistico della “Singularity Tecnologica”, ma gli opposti “establishment” non lo comprendono perché già parzialmente obnubilati da quella cultura della globalizzazione che credono di osteggiare.
Così, con la “Guerra Mondiale a Pezzi” accelerano la transizione alla Società delle Macchine Intelligenti (AI, droni, sistemi autonomi, cyberguerrieri), le quali prosperano in un contesto di guerra totale.

Il conflitto russo-ucraino costituisce una delle prove più schiaccianti del fallimento della politica sovietica delle nazionalità, studiata e applicata, all’ interno di una formale cornice marxista, dallo stesso Stalin (inviato appositamente a Vienna da Lenin per studiare l’austro-marxismo dell’ Impero Austro-Ungarico), il quale pensava di giocare tanto le nazionalità quanto l’internazionalismo per fare dell’ URSS un Paese veramente federale (attraverso la dialettica “korenizacijai/slijanijeii”). Tuttavia, proprio l’austro-marxismo, a cui i comunisti si ispiravano, non forniva una base sufficiente per fondare un “patriottismo sovietico”, che avrebbe trovato ben più valide ragioni nell’eurasiatismo, concependo quest’ultimo l’URSS come un lontano erede dell’impero mongolo (Trubeckoj, Gumiliov),a sua volta massima incarnazione delle federazioni di popoli delle steppe da sempre esistite, come quelle Unnica, Göktürk, Uigurica, Avarica, Khazara, in continua evoluzione secondo le modalità dell’ “Etnogenesi” teorizzata da Gumiliov.

Come si vede, questa era la ragione profonda per il crollo dell’ Unione Sovietica e della Jugoslavia, e le attuali convulsioni sono dovute essenzialmente allo sforzo per realizzare una radicale inversione di rotta, dall’ austro-marxismo, all’ eurasiatismo. Anche l’idea di due Stati in Palestina soffre della stessa concezione rigida delle nazionalità. Non per nulla, anche Herzl e Buber provenivano dall’ Impero Austro-Ungarico, che nonostante le sue positive premesse, era stato travolto dalla mancata soluzione della questione nazionale.

Nello stesso modo, Tito aveva costruito una federazione sulla falsariga di quella sovietica, esasperando, come in URSS, la “korenizacija” dei popoli “titolari”, così facendo perdere di vista il carattere “pan-europeo” delle Krajine, della costa dalmata, dell’Euroislam, della Macedonia e del Kosovo, e fornendo carburante all’esplosione piccolo-nazionalistico delle guerre jugoslave.

In che modo la consapevolezza delle comunalità fra identità contrapposte possa contribuire alla riduzione delle conflittualità può essere illustrato dall’ approccio da noi adottato nel libro “De Illyrico et Moesia”, dove, facendo leva sulla “federazione linguistica balcanica”iii e sulle tradizioni illiricaiv, cirillo-metodianav, bogumilavi e morlaccavii, abbiamo cercato di ritrovare elementi di continuità fra l’Impero Romano, le presenze slava, neo-latina e islamica. In questo contesto, un approccio macro-regionale e cantonale, lungi dal costituire un’aborrita soluzione di emergenza, potrebbe permettere di mettere in luce la vera identità dei Balcani Occidentali.


3.I limiti del Festival
Il Festival dell’1-5 novembre ci pare percorrere finalmente la strada giusta, anche se è ancora caratterizzato da due dimenticanze: l’Identità Europea, mai citata in nessuno dei titoli né dei programmi, e le identità degli altri Continenti che si stanno affermando prepotentemente in questi anni, prime fra le quali quelle islamica e quella cinese. Vi è solo un timido accenno all’ identità “dell’ Occidente”(Cardini), Mancano però le “Identità Continentali”, protagoniste della grande trasformazione in corso nel sistema mondiale, le uniche che, proprio per questa loro attualità. riescano a suscitare riflessioni pertinenti e l’entusiasmo di intellettuali e opinioni pubbliche.
Certo, l’identità europea sarà presente, seppure indirettamente, attraverso la presentazione, da parte di Cardini, del suo libro “La deriva dell’ Occidente” ( che per altro è dedicato prioritariamente, più che all’approfondimento di ciò che è specifico dell’ Europa, alla critica a un Occidente a guida americana); quella ebraica ,nel colloquio con Ruth Dureghello; quelle russa e balcanica con Kusturica,che parlerà di Peter Handke.Tutte identità più vaste o più ristrette di quella europea.
Eppure, è l’Identità Europea la questione centrale del nostro tempo, perché, nell’”epoca planetaria” dominata dalla competizione per il controllo dell’ Intelligenza Artificiale, non soltanto il potere politico, la prosperità economica e la sicurezza militare, ma la stessa possibilità di sopravvivere nonostante la tirannide del Complesso Informatico-Digitale, dipende dall’ appartenenza a grandi Stati-Civiltà, che non soltanto dispongano delle risorse politiche, tecnologiche, militari ed economiche, per trattare da pari a pari con i colossi del web e con le altre Superpotenze, ma incarnino anche un loro modello specifico di uomo e di società, capace di contribuire in modo originale allo sforzo collettivo per il controllo dell’ Intelligenza Artificiale. Nel caso nostro, l’”Europe-Puissance” quale immaginata a suo tempo da Coudenhove Kalergi e da Giscard d’Estaing.
Invece, un’Europa che si concepisca solo come un sottoinsieme all’ interno di un Occidente di cultura americana (nazioni borghesi, millenarismo immanentistico, tecnocrazia travestita da “liberal-democrazia”) non potrà incidere in alcun modo sulla formazione dell’ auspicato Umanesimo Digitale, che non potrebbe sostanziarsi se non in un’industria digitale “sovrana”, in una pedagogia fondata sull’ eccellenza individuale secondo i modelli classici e delle “Religioni del Libro”, in una mobilitazione culturale a tutti i livelli, e in un dialogo serrato con il resto del mondo. L’Occidente attuale persegue invece un millenarismo tecnocraticom ostile alle tradizioni umanistiche, e, come aveva dimostrato la vicenda Olivetti, non permette la nascita in Europa di un Umanesimo Digitale.
Un’ “Europa Sovrana” non potrebbe fare a meno d’interrogarsi su che cos’abbiano da insegnarle le culture degli altri Continenti, come per esempio forme attualissime di ascesi intramondana (come quella delle “arti marziali” estremo-orientali); una logica “fuzzy”viii radicata, per esempio, nella struttura di lingue isolanti e di scritture pittografiche come quella cinese (cfr. i Classici Confucianiix); il culto delle tradizioni ancestrali, religiose e familiari (come nell’ Hindutvax); il senso, nel contempo, della comunità e delle gerarchie (Dumontxi). Né di coalizzarsi con loro contro l’egemonia mondiale dei GAFAMxii.
Questo proprio nell’ ottica, citata anche nel programma di “Radici” , dello sforzo per controllare l’ Intelligenza Artificiale, che è, prima ancora che un fatto politico, giuridico e tecnologico, una questione di educazione del carattere per un’era, come la nostra (la “Guerra Mondiale a Pezzi”), in cui la resilienza dell’ Umano sarà messa a dura prova, non meno che in epoche passate che noi consideriamo particolarmente difficili per l’Umanità (dalla preistoria, alle Invasioni Barbariche, al Medioevo, alle Guerre Mondiali).
Tutto ciò sembra assente (ma potremmo sbagliarci) dalla manifestazione di Novembre , come da quasi tutte le attuali manifestazioni culturali: un po’ per l’ignoranza generalizzata delle culture extraeuropee, un po’ per quel clima di mobilitazione bellica che si è voluto instaurare negli ultimi decenni, ben prima delle guerre in Ucraina e a Gaza, con gli attacchi culturali e polizieschi a tutto quanto è fuori dell’ “Occidente”, un po’, infine, per il tacito consenso fra le diverse forze sociali per evitare di allarmare la popolazione.
Nonostante queste lacune, il Festival costituisce comunque un deciso passo in avanti rispetto agli standard torinesi del passato. Cerchiamo perciò di apprezzare tutto il buono della manifestazione, partecipandovi e apportando il nostro contributo.
Segnaliamo in particolare gl’interventi di Veneziani, Dureghello, Cardini e Kusturica, sui quali ci ripromettiamo di ritornare.
Porgiamo quindi, all’ Assessore Marrone , al direttore della manifestazione Culicchia e ai vertici del Circolo dei Lettori e del Salone del Libro i migliori auguri di successo per “Radici”, cominciando a programmare per il prossimo Salone qualcosa sul tema delle identità, sulla falsariga delle pubblicazioni di Alpina/Dialexis, e, in particolare, di “100.00 anni di Indentità Europea”xiii , di “Intorno alle Alpi Occidentali”xiv e, infine, di “De Illyrico et Moesia”

ALLEGATO

RADICI. IL FESTIVAL DELL’IDENTITÀ

CULTURA & TRADIZIONE

01/11/2023 – 05/11/2023

La Fondazione Circolo dei lettori inaugura Radici, il festival dell’identità (coltivata, negata, ritrovata), in programma dal 1 al 5 novembre, un progetto a cura di Giuseppe Culicchia sostenuto dall’Assessorato all’Emigrazione della Regione Piemonte.

Con ispirazione pirandelliana, il festival chiama grandi artisti e voci a interrogarsi su una nessuna e centomila identità: l’identità individuale e l’identità dei popoli, l’identità di una comunità e quella di una nazione; l’identità come idea che un individuo ha di sé stesso all’interno di una società, a partire da quelle caratteristiche che dovrebbero teoricamente renderlo unico e inconfondibile, ma che il consumismo ha omologato in stili di vita e modelli culturali, come denunciò per primo Pier Paolo Pasolini già, negli anni

Sessanta del Novecento.

APPROVATO LO STATUTO DELL’ISTITUTO ITALIANO PER L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE DI TORINO

Torino sarà forse finalmente  sede del centro nazionale per l’Intelligenza artificiale. L’annuncio, a sorpresa, arriva dal ministro alle Imprese e al Made in Italy, Adolfo Urso, che ha partecipato all’apertura dell’anno accademico del Politecnico. La candidatura di Torino era proprio partita dalla collaborazione tra pubblico e privato, con la spinta anche della Diocesi di Torino.

«Abbiamo finalmente definito lo statuto che permetterà di attivarlo subito – ha spiegato Urso – dando impulso all’attività di Torino e alla sua capacità di guidare un processo di trasformazione che non deve intimorirci». Sono più di tre anni che la città aspetta e ormai sembrava fosse diventata l’ennesima promessa poi tradita (fatta nel 2020: quello che era stato ribattezzato I3A per Torino era un compenso. La città aveva da poco perso la gara con Milano per diventare sede del Tribunale europeo dei brevetti e al ministero dello Sviluppo economico c’era Luigi Di Maio). Da allora il progetto si era “sgonfiato”, fino a diventare un polo per l’IA applicata solo all’automotive con il governo Draghi. Anche quello fermo perché mancava lo statuto che definiva tempi e missioni. Ieri la svolta: Torino ritornerà (forse) ad avere un centro nazionale per l’Intelligenza artificiale applicata ad automotive e aerospazio, ma anche «aperta agli altri temi». Il progetto conta gsu un finanziamento di 20 milioni l’anno. Per il luogo dove insediarsi, un’opzione è quella dell’area di corso Settembrini, accanto al Competence Industry Manufacturing 4.0.

1.L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE: FORZA DETERMINANTE DEL 21° SECOLO:

L’Artificial Intelligence Act

Un altro spunto di attualità che dimostra tangibilmente l’attualità  di questo tema è costituito  dall’ approvazione, il 14 giugno, da parte del Parlamento Europeo, –  della sua “posizione negoziale” sul progetto legislativo dell’ “Artificial Intelligence Act”, vantato, a torto, come l’unico atto legislativo in materia, mentre ,per esempio, in Cina, si sta procedendo con maggiore celerità e concretezza. -Apro una parentesi. L’iter legislativo europeo è incredibilmente lungo, tanto che viene il sospetto che si voglia soprattutto “épater le bourgeois” con continui “effetti annuncio”, a cui non fanno mai seguito fatti concreti. Anche la decisione, a sorpresa, del Governo Meloni, di riesumare, nella sua forma “depotenziata”, l’Istituto per l’ Intelligenza Artificiale, rischia di fare la stessa fine.

Ne consegue che è vero che, come diremo in seguito,   l’Unione Europea ha oramai adottato una selva di provvedimenti sull’informatica così vasta da riempire una intera biblioteca, ma, di fatto, l’unico che ha avuto un impatto pratico è stato il GDPR (General Data Protection Regulation), del 2016, a tutela della privacy sul web,  che ha generato l’enorme (e inutile) burocrazia delle autorizzazioni per l’utilizzo dei dati in rete, ma ha fallito platealmente il suo principale obiettivo: quello di evitare di consegnare (come stanno facendo le multinazionali del web -i GAFAM-, l’insieme dei nostri dati all’ Intelligence Community americana).E’ impressionante come la Commissione e le autorità nazionali preposte alla Privacy disattendano da molti anni le due chiare e univoche sentenze Schrems della Corte di Giustizia a questo riguardo. Infatti, il Governo Americano, nello stipulare sempre nuovi accordi con la Commissione, non garantisce affatto agli utenti europei le stesse tutele garantire in Europa, bensì si riserva espressamente di applicare la legislazione militare americana, ben più lasca del GDPR.

Crediamo che, fra i partiti europei, dovrebbe essere discussa proprio una revisione, per quanto graduale,  delle politiche europee del digitale, nel senso di un maggiore coraggio e di una maggior concretezza. A questo sono dedicate le numerose pubblicazioni dell’ Associazione Diàlexis sull’ argomento in oggetto, di cui si parlerà in seguito

Stupisce che in un documento così importante e così sofferto come la bozza approvovata dal Parlamento, non si riesca neppure a definire l’oggetto stesso della normativa di cui trattasi -cioè l’Intelligenza Artificiale-.

Infatti, così si definisce, in modo incredibilmente impreciso,   un“sistema di intelligenza artificiale” (sistema di IA): un software sviluppato con una o più delle tecniche e degli approcci elencati nell’allegato I, che può, per una determinata serie di obiettivi definiti dall’uomo, generare output quali contenuti, previsioni, raccomandazioni o decisioni che influenzano gli ambienti con cui interagiscono’

Ciò per altro non mi ha stupito perché l’Intelligenza Artificiale non è altro che l’informatica nella sua fase matura. E’ infatti proprio dell’ informatica generare contenuti, previsioni, raccomandazioni e decisioni che influenzano gli ambienti con cui interagiscono. Fra questi, i

 software di controllo dei motori,  quelli per la guerra digitale,  quelli delle SMART Cities, ecc..

Quello che stupisce infine  è l’incredibile scollamento fra  il riconoscimento verbale della natura dirompente dell’ Intelligenza Artificiale, che spesso emerge dalle parole degli scienziati, degl’intellettuali, dei prelati, dei politici e degl’imprenditori, e l’enorme superficialità con cui poi tutti trascurano i temi evocati, o credono di risolverli con pura retorica.

Prendiamo ad esempio il -per altro apprezzabile – discorso di Giorgia Meloni all’ Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che ha affrontato in modo per altro non convenzionale alcuni dei temi più impegnativi in materia di intelligenza artificiale, quali quello dell’ “Antiquatezza dell’uomo”du Guenther Anders, quello di un’’”etica digitale”, quello della necessità di un Nuovo Ordine Mondiale che tenga conto dell’ Intelligenza Artificiale, e, infine, quello della responsabilità in materia delle Nazioni Unite, senza dimenticare l’accenno fatto al contributo concettuale di Henry Kissinger su cui torneremo.

A queste essenziali prese di coscienza ha fatto  anche riscontro ieri l’ormai insperato salvataggio dell’ Istituto Italiano per l’Intelligenza di Torino, su cui ci eravamo tutti tanto impegnati, e che avrebbe dovuto costituire il segno dell’iniziativa italiana su questo tema. Tuttavia, come vedremo in seguito più in dettaglio, questo recupero, che si colloca sulla falsariga di quello a suo tempo annunziato (ma mai attuato) dal Governo Draghi, è estremamente parziale, tanto da snaturare l’originario disegno, e, soprattutto, si colloca in contraddizione con quanto da noi auspicato nel libro “L’Istituto Italiano di Intelligenza Artificiale di Torino”, dove si parla soprattutto dei risvolti culturali ed etici della materia.

Un altro elemento dell’ attualità odierna che non manca, ogni giorno, di mettere sotto i nostri occhi quanto il mondo sia cambiato, è costituito da quegli   sconcertanti personaggi  che sono i guru dell’ informatica, e soprattutto del più sconcertante fra di essi: Elon Musk.

Quest’ultimo sta dimostrando plasticamente come, nella figura del guru, si cumulino oramai quelle del leader carismatico (scenografie da stella rock), dell’uomo politico (interventi presso il presidente degli USA, il Papa..), dell’ inventore (la Tesla, gl’impianti cerebrali di microchip) , dell’opinionista (i suoi famosi tweet), dell’ editore (il padrone di Tweetter, ora X), del potentato geopolitico (offerta  e successivo spegnimento di Starlink durante il conflitto ucraino), dell’ industriale (SpacelLink), vanificando i concetti moderni di sovranità (Musk opera indipendentemente dagli USA), di concorrenza (è monopolista in molti settori), perfino di soggetto autonomo (gl’impianti cerebrali permetteranno l’eterodirezione di un numero “n” d’individui)..

Per tutti questi motivi, l’AI è oggi al centro della storia mondiale, e, in particolare, della “Guerra Mondiale a Pezzi” oggi in corso, che sta estendendosi gradualmente all’ intero pianeta (dall’ Ucraina al Nagorno Karabagh, al Kosovo, alla Palestina), minacciando costantemente il futuro dell’ Umanità. Basti pensare che l’idea stessa di “cibernetica” fu creata da un insieme di intellettuali ed agenti governativi  americani  attraverso le “Conferenze Macy” durante il maccartismo e subito dopo la IIa Guerra Mondiale; o che Norbert Wiener aveva inaugurato nel 1949 il grande computer Golem di Rehovoth con un accenno neanche troppo velato al Golem, quel mostro ch’era stato creato per proteggere il popolo ebraico dai suoi nemici; che Putin aveva definito Internet “un’operazione speciale della CIA”; che Jack Ma è stato tenuto in arresto per qualche mese dalle Autorità di Pechino finché non ha accettato di coordinare la strategia di espansione internazionale delle attività informatiche dell’ industria cinese, in vista dello scontro con gli Stati Uniti.

2.SUA CENTRALITA’

L’AI opera  in tutti i campi: decision-making; salute; guerra; finanza; vita quotidiana; cultura; economia; lavoro; politica:

Decision Making: nella novella “Una decisione inevitabile” di Asimov, le decisioni dei Presidenti “dell’ Occidente” sono determinate dalla strategia dei robot e dei computer; Salute: chiunque, come me recentemente, ha dovuto sottoporsi a un controllo sanitario stringente  da parte dei medici, sa bene quante macchine elettroniche essi usino per qualunque diagnosi o terapia; la guerra in Ucraina è tutta telecomandata dall’ Intelligenza Artificiale; è impossibile gestire un conto corrente senza l’home banking; Wikipedia è diventata una fonte indispensabile di documentazione; le strategie dei fondi d’investimento sono guidate dall’ intelligenza artificiale; la disoccupazione tecnologica colpisce duramente ovunque , soprattutto le industrie dei servizi; la manipolazione dell’ elettorato da parte dell’ AI  è già risultata vincente in molti casi (Google Analytica).

Non si può elaborare una teoria sociale o politica, un insegnamento, una strategia, che non abbia ben chiara l’azione dell’ AI, che non ne consideri i rischi e il controllo, ma, al contempo, non la usi.

Non per nulla, i due grandi Stati che si contendono il controllo del mondo (USA E Cina) hanno approvato leggi volte a disciplinare e regolamentare l’Intelligenza Artificiale (Inflation Reduction Act e le varie leggi cinesi sull’ informatica), anche in vista del suo impatto sulla difesa nazionale.

Nell’Unione Europea, ci si è limitati a finanziare (seppur modestamente) la transizione digitale, senza una chiara visione degl’impatti geopolitici della stessa.

L’AI è il nuovo campo di combattimento della geopolitica (Starlink), in cui  i guru informatici (Bill Gates, Zuckerberg, Schmidt): hanno un ruolo multiforme profeti, grandi sacerdoti, inventori, dittatori, finanzieri, strateghi, imprenditori, benefattori.

In particolare,  Elon Musk sta tentando di realizzare molti dei sogni annunziati dai grandi visionari tecnocratici dei secoli scorsi:il progetto di Tsiolkowski di conquistare fisicamente il Regno dei Cieli;  produrre i cyborg (vedi il “Manifesto Cyborg” di Donna Haraway); condurre una “politica dei due forni” al di sopra degli Stati Nazionali e delle Grandi Potenze.

Paradossalmente, questo iperattivismo di Musk apre anche nuovi spazi di libertà, in quanto spezza il fronte  su basi ideologiche dei guru dell’ informatica

La “Guerra Mondiale a Pezzi” è innanzitutto una guerra culturale fra Stati-Civiltà. L’Europa non potrà interfacciarsi con il mondo se non avrà una propria precisa identità, che dovrà essere un’identità digitale.

A mio modesto avviso, la “Guerra Mondiale a Pezzi” ha mosso i primi passi a cavallo fra i due secoli, quando, con Internet e Echelon, si affermarono idee come quelle della “Fine della Storia”, dell’”America Mondo” e della “Singularity”. Queste idee, di chiara matrice apocalittica, suscitarono una forte “rivalità mimetica” all’ interno di aree culturali, come quella sinica, quella islamica e quella slavo-ortodossa, indicate da Huntington some “the Rest” destinato a opporsi all’ Occidente (“the West”), e che di fatto non intendevano, né intendono, essere inglobati in questo “Stato Mondiale” dominato dall’ informatica. Da allora abbiamo avuto il terrorismo islamico e l’assertività cinese e russa.

E’ nell’ ambito di questo conflitto che si sono sviluppate mosse e contromosse di una guerra tecnologica che ha avuto i suoi punti culminanti nella nascita dei BAATX (i GAFAM cinesi), PRYSM (il sistema americano di sorveglianza mondiale), le nuove armi supertecnologiche russe, il “crackdown sui BAATX”, il “decoupling” economico dell’ Occidente dalla Cina e dalla Russia,  le giravolte politiche di Musk…Da tutto questo, l’Europa, che, fino dai tempi di Condorcet, Hugo, Mazzini, Nietzsche, Coudenhove Kalergi, Spinelli e De Gaulle, aveva rivendicato il proprio ruolo di leader intellettuale del mondo, è stata invece assolutamente esclusa, perché la materia del contendere è oggi sostanzialmente la configurazione della futura era della Macchine Intelligenti, relativamente alle quali l’Europa, a partire dalla fine della Olivetti,  ha perduto le competenze, le basi industriali e l’autonomia strategica.

Anche la “ Sovranità Strategica Europea” rivendicata da Macron non potrà essere conseguita  se non si crea un ecosistema digitale europeo; ma questo non si crea per lo stesso motivo per cui non hanno  funzionato i campioni europei; motivi culturali e geopolitici.

Macron ha parlato spesso (più in passato che oggi), di una “Sovranità Strategica Europea”. Si tratta evidentemente di un’eco della “Europa dall’Atlantico agli Urali” di De Gaulle. Tuttavia, mentre De Gaulle aveva dato un certo seguito a questo slogan, con la Force de Frappe, con il Trattato dell’ Eliseo, con i Campioni Europei, con l’uscita dall’ organizzazione della NATO, Macron non sta facendo nulla di tutto ciò. In particolare, non sta facendo nessun serio passo per la creazione di giganti digitali europei.

Ancora recentemente, Roberto Baldoni, su La Repubblica del 29 settembre, chiedeva la creazione di una Big Tech europea. Purtroppo, 70 anni di fallimenti dimostrano che vi sono ostacoli pressoché insormontabili. Secondo Baldoni, ciò che manca è una seria programmazione europea del digitale. E’ quanto lamentava, nel 1961, riferendosi all’ Italia, Mario Chu, direttore tecnico dell’Olivetti, pochi giorni prima della sua misteriosa morte. La realtà è che il monopolio americano sull’ informatica è stato, ed è, protetto con tutti i mezzi. Mentre, in molti Stati fuori dell’Europa (e in particolare in Cina), c’è stata e c’è la volontà della politica di superare quest’opposizione stando a fianco dell’ industria nazionale, questa volontà in Europa non c’è stata e non c’è, non solo per l’informatica, ma per tutte le imprese di alta tecnologia: dagli aerei (EADS), ai lanciatori (Ariane).

Ciò è particolarmente vero per all’ informatica, dove tanto Qwant (il “motore europeo di ricerca”), quanto GAIA X (il “cloud europeo”), dopo grandi strombazzamenti pubblicitari, sono finite nel nulla perché  fagocitate nel sistema dei GAFAM.

3.L’ERA DELLE MACCHINE SPIRITUALI

Quando parliamo della minaccia costituita dalla Singularity tecnologica, intendiamo riferirci a un intero mondo di attività e di significati, che parte da lontane aspirazioni ancestrali, come quella del “mondo immaginale” zoroastriano, dell’Intelletto Attivo aristotelico, dello Spirito Assoluto hegeliano, si articola nei miti del Golem e del Superuomo, e si è concretizzato ulteriormente nelle opere di Fiodorov, di Čapek e di Teilhard de Chardin.

Alla fine del secolo scorso, Manuel de Landa aveva scritto “La guerra al tempo delle Macchine Intelligenti”, che, tra l’altro, poneva in evidenza il peso enorme che l’informatica avrebbe avuto nelle guerre di questo secolo. Ora, possiamo andare anche più in là, immaginando che esseri artificiali abbiano più chance di vincere nelle guerre del XXI° Secolo, e anche di sopravvivere in condizioni di riscaldamento atmosferico, inquinamento, guerra chimica e batteriologica, nonché di viaggi spaziali, che non gli umani.

Il termine “Macchine Spirituali” in sostituzione di quello, ormai classico, di “Macchine Intelligenti” è di Ray Kurzweil, il quale presuppone, nella sua fumosa escatologia materialistica, che l’Intelligenza Artificiale non si limiti a sostituire il pensiero umano, bensì anche la funzione di creazione di senso, tipica della cultura e della religione, che si manifesta oramai nel “Culto di Internet”: predicatore, confessore e inquisitore del mondo contemporaneo.

La rivolta contro un mostruoso Stato mondiale informatico è fondata anche e soprattutto sul rigetto  di questo progetto della “Singularity Tecnologica”, in cui l’Umano si fonderebbe con il Macchinico, l’Organico con l’Inorganico (Ishiguro).

Certamente, l’idea che (per dirla con Nietzsche) “l’uomo è qualcosa che dev’essere superato” è condivisa da gran tempo dalle culture occidentali. Il problema è la direzione in cui questo superamento dovrà avvenire: o in quello dell’auto-negazione dell’Umano per passare a un universo macchinico (l’”Antiquatezza dell’ Uomo” di Günther Anders), o in quello di un potenziamento delle qualità dell’ Umano, che permetta all’ umanità di sopravvivere alla crisi ecologica, alla guerra totale e alla conquista dello spazio (un “Enhancement” non soltanto bionico, ma, soprattutto, spirituale).

4. L’AI STA PER SUPERARE L’UOMO?

Secondo molti autori (fra cui ricordiamo qui soltanto Asimov, Kurzweil, Joy e Reed), ciò starebbe avvenendo, dato lo sviluppo enorme delle competenze dei computer e dei robot e l’utilizzo degli stessi in tutte le attività umane, di cui abbiamo già parlato.

Secondo altri, l’AI non può superare l’uomo perché non è creativa (imprevedibile)?Taluni lo sostengono, ma non è vero. Già oggi siamo superati dalla burocrazia, nonostante ch’essa non sia creativa (parte sempre da un input preesistente). Eppure, essa, con la sua “gabbia d’acciaio”(Weber) ci sovrasta e ci impedisce di esprimere noi stessi. Il problema è proprio  quest’invasione di situazioni pre-costituite che ingabbiano l’umanità fino a cancellarla. Cito una cosa per tutte: la cosiddetta “Dead  Hand” (o, in Russo “Miortvaja Rukà), quell’ecosistema digitale che comanda la risposta nucleare a un “First Strike”, e costituisce la principale garanzia della deterrenza nucleare grazie alla “Mutua Distruzione Assicurata”. Essa è congegnata in modo da funzionare anche dopo la distruzione dei propri alti comandi, così garantendo in ogni caso la completa cancellazione del paese aggressore ,senza bisogno di un ordine specifico dal comando supremo.

5.L’”ARTIFICIAL INTELLIGENCE ACT” DELL‘UNIONE EUROPEA

Esso, con tutti i suoi limiti,si pone esattamente all’incrocio delle tendenze, tensioni ed esigenze indicate in precedenza. Essa costituisce l’ultimo atto dell’attività regolatoria dell’UE

Citiamo solo i documenti più salienti di quest’ultima:

(EU) 2021/1153 Regulation on High Performance Computing Joint Undertaking,

(EU) 2022/2481 European Chips Act (Regulation),

2022/0032(COD) European critical raw materials act (Regulation),

2023/0079(COD) Establishing the Strategic Technologies for Europe Platform (STEP),

(EU) 2016/679 Regulation to protect personal data processed by EU institutions, bodies, offices and agencies,

(EU) 2019/1024 Data Governance Act (DGA Regulation),

(EU) 2022/868 ePrivacy Regulation,

 2017/0003(COD) European Data Act (Regulation),

2023/0129(COD) Cybersecurity Regulation for a Cybersecurity Act,

(EC) 2006/112, 2022/0407(CNS) Information Society Directive,

2022/0095(COD) AI Liability Directive, 2022/0303(COD)

(EU) 2018/302 Digital content Directive,

(EU) 2019/771 Digital Services Act (DSA Regulation),

(EU) 2019/790 European Media Freedom Act, 2022/0277(COD) (EU)

L’AI Act tenta (inutilmente)di regolare l’AI sulla base delle tre Leggi dell’ Informatica delineate da Asimov:

1.Un robot non può recare danno agli esseri umani, né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, gli esseri umani ricevano danno.

2.Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, tranne nel caso che tali ordini contrastino con la Prima Legge.

3.Un robot deve salvaguardare la propria esistenza, purché ciò non    contrasti con la Prima e la Seconda Legge.

Orbene, tutta la sterminata opera di Asimov aveva precisamente, come obiettivo, quello di dimostrare che le leggi di Asimov non possono funzionare.

E, aggiungo io, non lo possono per almeno tre motivi:

a)esse danno per scontato che si sappia che cosa è “bene per l’Umanità” (la virtù, il progresso, la felicità?)cosa che non è certo vera, ché, anzi, tutti i conflitti storici sono proprio dispute su questo sfuggente “bene”: pace o libertà; stabilità o progresso;eguaglianza o meritocrazia?

b)oggi,il “bene dell’ Umanità”viene  interpretato secondo il “Pensiero Unico”, sicché tutti gli sforzi normativi e progettuali sono volti ad orientare l’Intelligenza Artificiale contro i cosiddetti “bias” (che sono quei pregiudizi contro cui si scagliano il pensiero unico e l’ideologia woke, i quali però hanno anch’essi, eccome! i loro pregiudizi, che l’AI dovrebbe rafforzare)

c)pretenderebbero di delegare alle macchine proprio queste scelte fondamentali ed irrisolte, oggetto (tra l’altro) delle attuali Guerre Culturali.

6.CONTENUTI DELL’”AI ACT”:

Coerentemente con l’idea delle “Tre Leggi della Robotica”, l’AI Act vieta:

– quell’IA che possa essere “dannosa”, per “la salute, la vita e i diritti”;

-le tecniche subliminali;

-quella che sfrutta gruppi vulnerabili;

-i sistemi di punteggio dei cittadini organizzati dalle pubbliche autorità;

-i sistemi biometrici di identificazione a distanza in tempo reale negli spazi pubblici per obiettivi di pubblica sicurezza

I controlli previsti nel progetto di regolamento  sono più o meno stringenti a seconda delle diverse  categorie di rischi.

7.SONO CONSIDERATI “AD ALTO RISCHIO”:

-i sistemi usati quali elementi di sicurezza di un prodotto o che fanno oggetto di norme europee di armonizzazione (giocattoli, aerospaziale, auto, biomedici, ascensori)

-i sistemi rientranti nelle seguenti 8 aree:

(i)riconoscimento biometrico o classificazione di persone;

(ii)gestione e funzionamento di infrastrutture critiche;

(iii)educazione e formazione professionale;

(iii)impiego, gestione del personale e lavoro autonomo;

(iv)accesso ai servizi essenziali;

(v)pubblica sicurezza;

(vi)gestione delle migrazioni, del diritto di asilo e controlli alle frontiere;

(vii)giustizia;

(viii)i processi  elettorali.

8.CRITICHE  AL PROGETTO

Ma non è soltanto l’Artificial Intelligence Act, bensì l’insieme delle regolamentazioni UE in materia digitale, ad essere inattuabile. Infatti:

(a)Esse tentano di regolamentare l’attività dei GAFAM, che sono americani, e per questo sono più forti della UE stessa (cfr. cause Schrems, GAIA-X)

(b)Cntrariamente all’ Europa, la Cina è riuscita, nel corso di  75 anni, non solo a raggiungere, bensì anche a superare gli USA in materia informatica, attraverso diverse fasi, che vanno dal privilegiamento del settore militare, allo sviluppo di grandi imprese private (i BAATX), fino all’ adozione di una legislazione di tipo europeo e al disciplinamento dei BAATX quali strumento di politica economica internazionale.

(c)Tutto ciò frustra radicalmente l’ambizione della UE di rappresentare l’avanguardia mondiale nelle politiche del digitale, o anche soltanto di influenzare le future evoluzioni normative a livello mondiale. Le pretese di leadership culturale europea di Hugo, di Coudenhove Kalergi e di Spinelli, si rivelano così infondate.

9.IL DISCORSO DI GIORGIA MELONI ALL’ONU

Costituisce un notevole salto di qualità del discorso politico internazionale dell’ Italia, toccando alcuni dei punti salienti della problematica dell’ AI:

a)rapidità del progresso tecnologico ( l“antiquatezza dell’uomo”di Guenther Anders):”Non sono certa che ci stiamo rendendo conto abbastanza di uno sviluppo tecnologico che corre molto più velocemente della nostra capacità di governarne gli effetti”

b)il progresso rischia di sostituire le capacità umane:“Eravamo abituati a un progresso che aveva come obiettivo ottimizzare le capacità umane, e oggi ci confrontiamo con un progresso che rischia di sostituire le capacità umane”

c)l’”algoretica”:“servono meccanismi di governance globale che siano capaci di assicurare che queste tecnologie rispettino barriere etiche..”

10.CONFERMA/DECLASSAMENTO DELL’ ISTITUTO ITALIANO PER L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE.

 Come abbiamo detto, il governo Meloni ha fatto un passo in avanti rispetto ai precedenti governi, che, dopo espliciti impegni, avevano deciso di affossare il progetto dell’ Istituto Italiano di Intelligenza Artificiale di Torino, non approvandone lo statuto, primo passo nell’iter burocratico per la sua realizzazione.

Tuttavia, manca ancora molto: la nomina delle cariche sociali e l’avvio delle attività. Resta il declassamento già contemplato dal Governo Draghi: riduzione dello stanziamento da 80 a 20 miliardi e riduzione delle attività all’ auto e all’ aerospaziale, così eliminando quella ricerca di base che dovrebbe costituire una solida base culturale per ovviare alla nostra arretratezza (riconosciuta dalla stessa Meloni), e permetterci d’ interloquire autorevolmente a livello internazionale.

11. AL DI LA’ DELLE REGOLAMENTAZIONI: FARE NUOVAMENTE CRESCERE LE VIRTU’ ATTIVE

Le regolamentazioni giuridiche (privacy, antitrust, fiscalità) non sono sufficienti per ovviare  alla decadenza dell’ (conformismo, denatalità, pigrizia), terreno di cultura della dittatura tecnologica. Infatti, [LR1] parallelamente al dispiegarsi della tecnica, abbiamo assistito all’ alienazione dell’uomo, sempre più debole nei confronti dell’ “Apparato” tecnico e sociale (la “gabbia di acciaio” di Max Weber):Kierkegaard, Nietzsche, Stefan Heim, Eliot.

A nostro avviso, occorre tornare alle antiche virtù (Aristotele, San Tommaso):temperanzacoraggio, “prudenza”, giustizia; (Confucio:Ren = magnanimità, rispetto, scrupolosità, gentilezza e sincerità e Li=rapporti marito/moglie, genitore/figlio, amico/amico, giovane/anziano, suddito/sovrano).

11.L’UNIONE DI OGGI NON VUOLE, O NON PUO’, DARSI UNA VERA POLITICA DELL’ AI

Come quella di Adriano Olivetti (la cui azienda informatica  era un anche centro di iniziativa culturale e politica), probabilmente perché la fine di quell’ esperienza incute timore nei suoi potenziali continuatori.

Ricordiamo anche il fallimento dei cosiddetti “campioni europei” (Concorde, Tornado, Eurojet, EADS, Arianespace), tutti inciampati, da un lato, nella volontà di mantenere le identità nazionali, e, dall’ altra, nella concorrenza americana.

12.LE PROPOSTE DI KISSINGER PER UNA REGOLAMENTAZIONE INTERNAZIONALE DELL’ AI

A caratterizzare i decenni della Guerra Fredda, c’erano due super potenze, Stati Uniti e Unione Sovietica, e un elemento che ha funzionato da deterrente, l’arma atomica. Nel momento in cui entrambe eranoriuscite ad averlasi era creata una situazione di stallo armato, durante cui, paradossalmente, l’Europa aveva attraversato un periodo di pace lunghissimo – meno le altre regioni, ma comunque c’erano sempre Washington e Mosca pronte a fronteggiarsi e, quindi, a limitare i danni per scongiurarne di peggiori-.

Lo stesso si potrebbe dire dell’IA  del nostro tempo. Kissinger ci tiene a elencare i vari trattati con cui Usa e Urss avevano concordato di non distruggersi, ognuna delle due armata fino ai denti ma senza utilizzare la forza nei confronti dell’avversario. Lo stesso, ovvero una regolamentazione internazionale, si potrebbe  fare ora con l’intelligenza artificiale.

Le diplomazie americana e cinese ci stanno lavorando e, forse, il summit della Cooperazione economica Asia-Pacifico di scena a novembre a San Francisco potrebbe essere il giusto palcoscenico per iniziare a confrontarsi “Ciascun leader dovrebbe discutere di come valuta personalmente i rischi posti dall’IA, di cosa sta facendo il suo Paese per prevenire le applicazioni che pongono rischi catastrofici e di come si assicura che le aziende nazionali non esportino rischi. Per informare il prossimo ciclo di discussioni, dovrebbero creare un gruppo consultivo composto da scienziati statunitensi e cinesi che si occupano di IA e da altre persone che hanno riflettuto sulle implicazioni di questi sviluppi”.

A lavorare a questo incontro dovrebbe essere anche l’Italia. L’anno prossimo, il nostro Paese guiderà la presidenza del prossimo G7, dove l’IA sarà uno dei temi attorno a cui ruoteranno molte discussioni.Di qui l’intervento di Giorgia Meloni alle Nazioni Unite e l’annunzio di Urso al Politecnico di Torino.

13. CHE FARE?

Attraverso la Casa Editrice Alpina e l’Associazione Diàlexis, abbiamo realizzato, sull’ Intelligenza Artificiale, questi lavori:

-Habeas Corpus Digitale

-Codex Iuris Technologici

-Re-Starting EU Economy via Knowledge-Intensive Industries

-Il ruolo dei lavoratori nell’ era delle macchine intelligenti

-European Technology Agency

-Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale,

che possono costituire il punto di partenza di una strategia culturale gradualistica, avente per oggetto di:

a)discutere e studiare su questo tema (Intelligenza Artificiale ed Europa), in tutte le sue ramificazioni: Filosofici, etici, geopolitici, costituzionali, economici, pedagogici, imprenditoriali, lavoristici (conferenze Macy).In pratica, ogni ramo dello scibile umano va riletto nell’ ottica dell’ Intelligenza Artificiale (Big Data, Cyberguerra, Teologie materialistiche, Ideologie, Governance, Industria, Diritto del Lavoro, politiche di genere, struttura economica);

b)creare istituzioni pubbliche e private dedicate a questo tema: accademie (Istituto Italiano per l’ Intelligenza Artificiale); progetti di educazione permanente; riforme dell’ economia; imprese digitali di proprietà europea; servizi segreti europei

c)battersi per l’autonomia culturale, la creazione di nuovi ceti dirigenti e una riaggregazione delle  imprese sulla  falsariga delle “Conferenze Macy” che diedero avvio all’ industria digitale americana

14.IA ed elezioni europee del 2024

Parallelamente a quella strategia culturale, potrebbe, e dovrebbe, svilupparsi un’azione politica, anche in concomitanza con le elezioni europee del 2024:

Quest’azione potrebbe, e dovrebbe, articolarsi su più livelli:

-europeo:Fare dell’Intelligenza Artificiale (e delle sue ramificazioni) il tema centrale del dibattito, anche per le Elezioni Europee), mentre invece oggi è assente;

-nazionale: battersi per la diffusione della cultura digitale (Accademia, upskilling, ristrutturazione delle imprese);

-locale: Favorire iniziative locali nell’area, soprattutto ora che il Piemonte sta perdendo ulteriori pezzi (per esempio, in primo luogo, l’Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale)

Il numero  3/22 dei Quaderni di Azione Europeista è stato dedicato al possibile collegamento fra la campagna elettorale 2024 la questione dell’ IA.

Tale collegamento sarebbe, a nostro avviso, la conseguenza naturale del fatto che la minaccia “esistenziale”per l’Umano costituita dall’ Intelligenza Artificiale dovrebbe rappresentare il punto determinante dell’ incontro e dello scontro fra le forze impegnate in politica, travolgendo i tradizionali steccati partitici e permettendo una riaggregazione che abbia un senso.

Chi è seriamente preoccupato per la minaccia dell’IA dovrebbe costituire un fronte “conservazionista”, che, in tutte le aree della politica, miri a porre sotto controllo l’Intelligenza Artificiale, attraverso un rafforzamento della cultura e dei legami sociali.


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