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“THERE IS A NEW SHERIFF IN TOWN”(J. D. Vance)MA NON LASCIAMOCI DISORIENTARE!

Da quando Trump ha vinto per la seconda volta le elezioni americane, si è evidenziata ormai senza veli l’enorme complessità dell’attuale situazione del mondo, sì che è divenuto difficile perfino descriverla. A dispetto di questa complessità, sui giornali mainstream europei è stata, in questi giorni, tutta una sequela di isteriche lamentele per il “destino cinico e baro” che, per motivi incomprensibili, avrebbe stracciato il preteso “sogno” del “Pensiero Unico” (basato sul laicismo, sull’economicismo, sull’ egualitarismo e su norme generali e astratte), in cui le classi dirigenti europee si sono crogiolate in 80 anni, pretendendo addirittura che esso fosse la base culturale dell’ integrazione europea. Le istituzioni italiane ed europee si stanno associando al coro di piagnistei, senza, per altro, suggerire nessuna nuova alternativa, che pure esisterebbe, alla dittatura internazionale delle società digitali americane (i GAFAM), rappresentate platealmente da Musk (per dirla con Marina Berlusconi, “la dittatura dell’ algoritmo”) , le quali costituiscono il più grave problema della nuova presidenza, degno coronamento, in ciò, della precedente presidenza Biden. Ma, come ha scritto bene Stefano Stefanini su La Stampa, queste lamentele sono “vane”. Il problema è costituito “dalla sproporzione della potenza messa in campo” fra America ed Europa (Gabriele Segre). Occorre ora pensare a un’”Europe-Puissance”(Coudenhove-Kalergi, Giscard d’Estaing), e a una “lunga marcia sulle istituzioni” per ottenerla.
Ciò è tanto più vero in quanto l’Amministrazione Trump non si è limitata a perseguire da sola (in questa fase?) le trattative con la Russia, ma ha anche chiarito di non condividere affatto il “sogno” dell’establishment europeo, sostenendo di averne un altro, tutto suo, che, come al solito, vorrebbe imporci.
In realtà, il preteso “scavalcamento” dell’Europa (meglio, “protettorato”) da parte di USA e Russia, era in atto fino dai tempi di Yalta, anche se, tanto il “Mainstream”, quanto i “Sovranisti”, hanno fatto sempre di tutto per nascondercelo, soprattutto prima del 1989, quando l’URSS e, in parte, gli USA, erano ambedue, a loro modo, “progressisti”. I leaders dell’Europa occidentale e orientale erano stati collocati originariamente nelle loro rispettive posizioni per fare gl’interessi dell’una o dell’ altra superpotenza. A quell’ epoca, nessuno si agitava un gran ché per la Germania Est, l’Ungheria, la Polonia o la Cecoslovacchia, né tanto meno per l’Ucraina, e, anzi, se qualcuno lo faceva, veniva ignorato e aggredito. In realtà, fin dalla nascita degli USA l’Europa era stata ininterrottamente influenzata dalle lobby americane; a partire dalla 2° guerra Mondiale, l’ Europa Occidentale era stata pesantemente occupata dagli USA, e, a partire dal 1989, gli USA si sono ingeriti nella politica di tutti i paesi del mondo (a cominciare dall’ Europa), presentandosi come il messianico salvatore dell’ Umanità, ai quali tutto sarebbe stato permesso in nome della salvifica Fine della Storia.
Se vogliamo trovare una strada per uscire da quest’”impasse”, occorre quindi gettare un minimo di sguardo retroattivo sulla storia europea.
L’aspirazione, a partire dalla Rivoluzione Francese, verso una Nuova Età Organica (Saint-Simon, “Ancien régime e rivoluzione”, Mirabeau), e, dopo la IIa Guerra Mondiale, verso una progressiva centralizzazione del potere, interno e internazionale (Maccartismo, “Dottrina Brezhnev”, Patriot Act), è una tendenza di lungo periodo, perfettamente percettibile da molti decenni, e il Mainstream europeo ne è stato, non solo complice, ma uno dei principali vettori, mentre i sedicenti sovranisti, una volta entrati nelle grazie del potere americano, incominciano anch’essi a minimizzare il pericolo della Singularity Tecnologica e dello Stato Mondiale, tipici obiettivi dei progressisti, da loro un tempo almeno a parole avversati.
Il fatto che tutti abbiano insistito , in questi anni, che sarebbe invece stata in corso un’evoluzione in senso contrario (il loro “sogno”: l’”abolizione dello Stato”, la “liberal-democrazia”, la “democrazia socialista”, l’”anti-autoritarismo”, il “welfare State”, l’egualitarismo, il “diritto mite”, la “crescita”) è stato solo un ennesimo “fuoco di copertura” per evitare che i popoli si ribellassero all’allineamento dei Governi ai dettami di Washington, al dominio dei GAFAM e alle “guerre umanitarie”.
L’unica seria alternativa a questo processo a lungo termine era stata fornita dalla cultura alta europea (“die guten Europaeer” di Nietzsche)-per esempio da Leopardi, Foscolo, Saint-Exupéry, Simone Weil, Coudenhove-Kalergi-, che però, nonostante lodevoli sforzi, non era riuscita a incidere sulla storia politica del Continente, e che ora occorre invece riscoprire in connessione con le “culture alte” delle grandi aree del mondo.

“2005 Odissea nello Spazio” anticipa i dilemmi dell’ avventura spaziale


1.I segni premonitori dell’odierno totalitarismo
Ricordiamo che:
a)Horkheimer e Adorno, recatisi in America invitati dalla locale Comunità Ebraica per studiare il “carattere autoritario”, ne ritornavano segnalando che l’ America non aveva, quanto a totalitarismo, nulla da invidiare al nazismo.
b)in America,vari teorici, come Wolin, Voegelin e Molnar, avevano riscontrato l’esistenza di una forma americana di “totalitarismo invertito”.
c)Non per nulla lo stesso Generale Eisenhower, presidente degli Stati Uniti e generale vincitore, a mmoniva sulle ambizioni del sistema burocratico-militare americano.
d) Sol’zhenitsin, emigrato negli Stati Uniti, vi aveva constatato una illibertà non minore di quella sovietica: nel caso di dissenso, negli USA ti veniva semplicemente tolto il microfono.
e)Contemporaneamente, Isaac Asimov dimostrava in centinaia di opere che le Tre Leggi della Robotica (oggi diremmo l’”Algoretica”) , non possono funzionare perché i robot stanno divenendo più intelligenti dell’ Umanità, tant’è vero che Teilhard de Chardin li identificava come il vero Messia (il “Punto Omega”), Guenther Anders spiegava che, per questo, l’Uomo è Antiquato, e De Landa precisava che ciò avviene perché i robot sono oramai in grado di farsi la guerra fra di loro, e, quindi, non hanno più bisogno degli umani per fornire loro un obiettivo.
f)fin dal 1960, i “poteri forti” avevano deciso che, nello sviluppo dell’informatica, l’imprenditoria illuminata europea (p.es., Olivetti, con il supporto di Enrico Fermi) non avrebbe dovuto ingerirsi, sì che la Divisione Elettronica della Olivetti fu “estirpata” secondo un’ingiunzione di Visentini e con il “braccio armato” dell’IBM.
g)Assange e Snowden hanno dimostrato nei fatti che l’Occidente sta usando le tecnologie informatiche per ingannare, spiare e condizionare il mondo intero.
h) Evgenij Morozov ha spiegato che l’obiettivo è divenuto quello di impedire la fine dell’ egemonia WASP all’ interno degli USA, e dell’ egemonia americana sul mondo, dove l’informatica viene utilizzata per creare un sistema di controllo capace di sostituirsi, come collante, a un consenso popolare che non c’è. Questo è il senso della grande alleanza dei GAFAM, capeggiati da Musk, con il Presidente Trump. E questo è il grande problema da risolvere ora, non già il fatto che la nuova Amministrazione americana sia più sfacciata delle precedenti nel violare le regole inventate e imposte dalla stessa America, e nel farcelo pure sapere.
E allora, se autorevoli osservatori avevano avvertito proprio da ottant’anni che ciò stava avvenendo, perchè tanti altri hanno aspettato fino ad ora per lamentarsi, e altri, che sembravano allora essersene accorti, oggi minimizzano, giocando sul tasto della nostalgia per un’era ingiustamente definita “Trente Glorieuses”? E’ chiaro che ciò deriva dallo sforzo incessante un po’ di tutti per adeguarsi al mutevole corso del potere americano, da cui tutte le loro carriere dipendono, e che quindi “occorre non fare innervosire”. Tutto ciò, fino a giungere alla presente situazione kafkiana, in cui gli establishments americano ed europeo, entrati finalmente in collisione, si stanno accusando reciprocamente di “autoritarismo”, cioè di un qualcosa che, invece, è generalizzato sul piano mondiale.

La gabbia d’ acciaio di Max Weber si è tramutata nelle reali gabbie d’ acciaio di Camp Derby e di Guantanamo


2.Il totalitarismo invertito
Il tentativo di mantenimento dell’egemonia mondiale americana nonostante la sfida cinese ha infatti ora imposto in Occidente un’ ulteriore centralizzazione del potere (quello che si sta incominciando a chiamare “democratura di Trump”, che si allinea su metodi di governo orientali):
a)l’assalto dei BRICS all’ anglosfera ha infatti, come background, da un lato, una strisciante guerra civile americana fra WASP e NON-WASP (“Black Lives Matters”), e, dall’ altro, una guerra senza limiti fra l’Occidente e “il Resto” (Cina, Russia, India, Sahel, Sudamerica cfr. Huntington, “Lo scontro di civiltà”..). Ciò richiede, per l’America, di essere in grado di adottare in modo centralizzato e senza preavviso decisioni impreviste (come i ben noti “Executive Orders”), in modo da spiazzare costantemente gli avversari (come direbbero i Cinesi, con “i 16” e “i 24” stratagemmi), e di poter dare ordini (possibilmente segreti) ai propri vassalli, in modo che colpiscano il nemico in modo coordinato;
b)l’antidoto ideato da Trump è costituito innanzitutto dai dazi generalizzati (e reciproci), che, implicando una rinegoziazione quotidiana con tutti gli Stati del mondo, forniscono agli USA un veicolo particolarmente agevole per ingerirsi nelle politiche interne di tutti ancor di più di quanto non lo facessero già i precedenti presidenti “globalisti”(altro che “isolazionismo”!);
c)Ne consegue che anche all’ interno di ciascuno degli “Stati vassalli”, il leader che gode della fiducia del potere americano deve poter manovrare senza disturbi. Ed è così che si spiega uno smantellamento ovunque dei servizi segreti e una delegittimazione della magistratura. L’opposizione “centrista”, essendo tradizionalmente filoamericana, resta priva di argomenti “spendibili”, e si accoda all’ ossequio ai nuovi padroni, quali ch’essi siano.
Per un’esigenza di difesa (la “Rivalità Mimetica”), le stesse dinamiche si sono sviluppate da tempo (ovviamente, invertite) in ciascuno dei poli alternativi agli USA (ivi compresi paesi minori), perché, come dimostrato dai casi dei Paesi Arabi e di quelli dell’ex Unione Sovietica, per mantenere e allargare la propria sfera di influenza si ricorre sempre di più a metodi violenti, come nel caso delle Rivoluzioni Colorate e delle Primavere Arabe, sicché qualunque governante che non voglia essere esautorato con le cattive da interventi esterni e manifestazioni di piazza (come Sadat, Yanukovich o Gheddafi) dev’essere disposto a usare maniere sempre più forti. Ovunque, ma in particolare in Cina, in Russia e in India, il grado di centralizzazione è aumentato vertiginosamente dopo le Guerre del Golfo, dopo Echelon e Prism, dopo le Rivoluzioni Colorate e le Primavere Arabe, i disordini a Hong Kong, l’”Euromaidan”…
Il risultato complessivo è stato l’esatto contrario di quell’“Ordine Basato sulle Regole”, che dovrebbe essere, secondo il “Mainstream”, il carattere distintivo del sistema occidentale:
a)la retroattività delle pene irrogate dai Tribunali Internazionali (creati ex post factum);
b)il rifiuto fin dall’ inizio, da parte delle neo-create Nazioni Unite, di riconoscere le rivendicazioni, circa i Diritti Umani, dell’ Associazione Americana di Antropologia, dell’allora Unione Sovietica, della Cina allora nazionalista, e dell’ Arabia Saudita;
c)il giganteggiare delle società informatiche americane, i GAFAM, in spregio delle esistenti normative antitrust, fiscali, sulla privacy, non solo europee, ma anche americane;
d)la delegittimazione di tutte le organizzazioni internazionali;
e)il progetto di espansionismo militare ai danni degli stessi alleati degli USA (Danimarca, Canada, Panama).
Tutto ciò era in corso, o in gestazione, almeno fino dai tempi di Reagan, ma la classe dirigente “mainstream”, che ora se ne lamenta, l’ha sempre coperto e avallato, minimizzandone le conseguenze.

Il carattere seducente del Progresso cela in sé un risvolto diabolico


3.I vizi di progettazione dell’ “Ordine Internazionale basato sulle Regole”
Gli USA di Trump e di Musk stanno per altro riempiendo di contenuti estremi e ancora imprevedibili gli enormi vuoti lasciati dalle contraddizioni e dagli errori progettuali degli originari fondatori del mondo post-guerra fredda, realizzando così la transizione piena fra il Modernismo e il Post-Umanesimo, profetizzata da Fiodorov e da Kurzweil. Processo che a nostro avviso va, non solo controllato, bensì anche “dirottato” verso obiettivi coerenti con le grandi tradizioni del mondo.
Che il Progetto Incompiuto della Modernità (il famoso “sogno infranto” del “Mainstream”) fosse irrealizzabile fin dal principio lo aveva dimostrato il fatto che la maggior parte delle religioni (dal buddismo allo zoroastrismo, dall’ ebraismo al cristianesimo all’ Islam), nella loro fase primitiva, avevano predicato un’escatologia immanente (il Paradiso in terra, come il moderno progressismo), ma, con il passare del tempo, si erano trasformati in un’ opposta narrazione, atta a permettere ai loro fedeli di collocarsi armoniosamente nel mondo reale, imperfetto e contingente (il “legno storto dell’ umanità”). Invece, coloro (come i buddhisti Hinayana, i Catari, i Karmati, gli Anabattisti, i Doenmeh o i Bahai), che hanno preteso di attenersi all’originaria purezza delle rispettive fedi, hanno normalmente incontrato enormi resistenze, oppure hanno instaurato, per reazione, come i Karmati o gli Anabattisti (la cui bandiera era l’arcobaleno, oggi divenuto il vessillo di molti), un regime terroristico. Si trattava infatti del tentativo di rovesciare delle realtà di fatto (come il mistero, la finitezza e la differenza), che prima o poi si vendicano. Lo stesso sta accadendo ora con il Pensiero Unico oggi dominante, che è la traduzione in termini materialistici delle Religioni di Salvezza (le cosiddette “Radici Giudaico-Cristiane”). Si tratta però di una dialettica diversa da quella descritta per esempio da Mancuso, secondo cui i “conservatori” sarebbero fondamentalisti e vicini al potere politico, mentre i nostalgici dell’anarchica religione primitiva sarebbero “i veri religiosi”. A noi pare che i “fondamentalisti” fanatici e arroganti siano quelli che propugnano un’escatologia terrena e materialistica (come il puritanesimo americano, il sionismo, e, specialmente, il transumanesimo), siano essi di “destra” o di “sinistra”. Come giustamente conclude Mancuso, vi sarebbe un percorso alternativo (per quanto stretto e accidentato) fra il fanatismo apocalittico e la cosmesi di un potere diabolico, quale quella che si esprime nel “Racconto dell’ Anticristo” di Soloviov. Quello che invece si sta realizzando di fatto mentre tutti discutono è la “Singularity Tecnologica”, la fusione fra tecnica e natura, uomo e macchina, sotto l’egida dei guru dell’ informatica, sorprendentemente con la benedizione di “tradizionalisti” come Vance.
Tutto ciò si è ripercosso “a cascata” in tutti gli ambiti del moderno Occidente: filosofico, storico; sociale, politico, economico, giuridico:
-in ambito filosofico, si è privilegiato un pensiero escatologico immanentistico (es., marxismo), che a sua volta non si è potuto applicare concretamente per gli stessi motivi, ma sopravvive, nascosto, nel linguaggio corrente di tutti, compresi i pretesi “conservatori”;
-in ambito storico, si è costruita una “Storia sacra” sui generis, che coincide con l’evoluzionismo e si chiude con la Singularity Tecnologica (anche se nessuno ne vuole parlare);
-in ambito politico, si è imposta una ferrea “Finestra di Overton”, con la criminalizzazione di tutte le forme di pensiero alternativo ai due “partiti” (“progressisti” e “conservatori”) ammessi nella dialettica politica “occidentale”;
-in ambito economico, si sono chiuse o svuotate tutte le grandi iniziative europee (Concorde, EADS, FIAT…), sostituendole con una galassia d’imprese insignificanti manovrate dai GAFAM e da fondi americani;
-in campo giuridico, si è creata una “ragnatela” di norme e istituzioni (cfr. Ikenberry: trattati anti-proliferazione, ONU, NATO, GATT, WTO, Corti Penali Internazionali, normative sui ICT), che solo l’Europa ha rispettato, mentre tutti gli altri le hanno sempre ignorate, traendone il massimo vantaggio.
La pretesa delle voci del Mainstream, secondo cui l’Occidente (prima di Trump) rispettava almeno la libertà, mentre il resto del mondo (liquidato come “le autocrazie”), no, è falsa. Le libertà di pensiero, di parola e di associazione, non sono state rispettate. La “cancel culture” è solo l’espressione ufficiale di una censura che ha colpito da sempre il discorso pubblico, espungendovi tutto quanto non coincideva con la Teologia Politica dominante:
-dalla lettura senza paraocchi della Bibbia e dei Classici (dalle stragi a Canaan alle contraddizioni del Nuovo Testamento, all’ esaltazione in Omero di ogni forma di violenza, alla classificazione, da parte dei filosofi greci, della “democrazia” fra le forme degeneri di governo);
-al privilegiamento delle tradizioni ereticali e protestanti del Cristianesimo (Catari, Calvinisti, Puritani, Mormoni) contro Cattolicesimo e Ortodossia;
-alla censura sulle stragi delle Rivoluzioni Atlantiche e degli Stati Uniti per enfatizzare quelle della Spagna e degli Stati Totalitari;
-all’ esaltazione dei pensatori politicizzati e progressisti e censura su quelli scettici o conservatori ( Cartesio, Pascal, Rousseau, Berkeley, Malebranche, Hume, De Maistre, Nietzsche, Wittgenstein, Heisenberg, Feyerabend, De Finetti, Gehlen, Anders, Voegelin…).
Si sono moltiplicati nel tempo i tabù di cui è impossibile parlare: gerarchie, maschilismo, Shoah, strage armena, Massoneria. brigantaggio meridionale…
Le violazioni recenti della libertà di pensiero e di parola , imputate da Vice-presidente americano Vance all’ Unione Europea, sono solo un’ultima, limitata manifestazione di un generale atteggiamento censorio, che ci ha accompagnati per tutta la vita.
Non c’è mai stata libertà di associazione, perché il sistema mirava a favorire grandi organizzazioni e grandi partiti già esistenti (tipico il bipartitismo americano), con il risultato che più della metà degli elettori non va a votare.
Vance ha affermato perfino che il vero pericolo per l’ Europa non è costituito dalla Russia e dalla Cina, bensì dalla restrizione della libertà da parte dell’ Unione Europea: “The threat I worry the most about vis-à-vis Europe is not Russia, it’s not China, it’s not any other external actor. What I worry about is the threat from within, the retreat of Europe from some its most fundamental values, values shared with the United States of America.” Si riferiva alla censura sui media e alla criminalizzazione della religione, Soprattutto, si riferiva all’ annullamento, da parte della Corte Suprema rumena, del primo turno delle elezioni presidenziali, perché vinto, grazie a una campagna su Tik Tok, da un candidato sospettato unicamente di essere sostenuto dalla Russia. Ma poi si è scoperto che il candidato aveva semplicemente sfruttato abilmente la campagna di hackeraggio di un partito concorrente, dirottandola a proprio favore. Avrebbe potuto benissimo parlare dei Baltici (dove esiste perfino la categoria dei “Non Cittadini”).
Le critiche di Vance potrebbero applicarsi benissimo anche agli USA.
Si dice anche, a sua discolpa, che il sistema occidentale avrebbe incrementato il benessere del “ceto medio”. Tuttavia, mentre quest’ultimo in Occidente è in costante declino, nello stesso periodo (il Dopoguerra), il resto del mondo, e, in primis, la Cina, è passata, dall’ essere un deserto devastato da 100 anni di guerre e di occupazione, al Paese tecnologicamente più avanzato del mondo, con il più grande PIL a parità di potere di acquisto, e questo proprio a favore del “ceto medio” più vasto del mondo.Secondo Elsa Fornero, lo stesso potrebbe dirsi dell’ Arabia Saudita.
Si dice infine che, se non facesse parte della NATO, l’ Europa sarebbe già stata conquistata dalla Russia. Ma intanto proprio la Russia di Gorbaciov e di Eltsin aveva deciso lo scioglimento dell’ URSS e aveva chiesto di entrare nelle Comunità Europee e nella NATO, essendone però respinta, mentre in Occidente nessuno ha mai pensato di sciogliere la NATO. E’ ovvio che, dopo 40 anni di rifiuti e di prepotenze, alla fine la Russia si sia ribellata all’ atteggiamento impositivo dell’Occidente, ma se, invece, quell’atteggiamento non vi fosse stato, Putin avrebbe mantenuto il punto di vista espresso nel 2006 su “La Stampa”, secondo cui l’Unione Europea costituiva la massima conquista del XX secolo, e solo nel 2007, proprio alla Conferenza annuale a Monaco, aveva cominciato a denunziare gli eccessi dell’ egemonia americana. Infine, che cosa dovrebbe fare la Russia quando il Russo non è considerato come una lingua ufficiale dell’Unione Europea, mentre il suo numero di parlanti è superiore a quello degli abitanti di una decina di Stati membri, e certamente di quelli parzialmente anglofoni (in Irlanda e a Malta), e ciononostante l’Inglese è utilizzata abusivamente nell’ Unione senza alcuna base giuridica, per una pura volontà di sopraffazione culturale delle elites occidentaliste?
E’ vero che, in questi 80 anni vi è stata l’assenza di guerre “ufficiali” sulla maggior parte del territorio comunitario, ma guerre con la partecipazione europea ce ne sono state moltissime (civili balcaniche, irlandese, basca; di Corea; in Medio Oriente; nel Vietnam; in Afghanistan; in URSS; in Jugoslavia; in Africa; “interventi umanitari” a cui tutti abbiamo partecipato; terrorismi).
L’unico punto su cui tutti sembrano d’accordo è che l’ Europa dovrebbe aumentare la propria spesa per la difesa, ma i dati sembrano dimostrare che la questione sia stata molto mal posta. Intanto, l’ Europa Occidentale spende da sempre in difesa più della Russia (457 miliardi contro 145), e non si capisce perché non sarebbe in grado di difendersi da sola se non aumentasse ulteriormente la spesa. In secondo luogo, se aumentasse la spesa al 5% mentre gli altri la diminuiscono, finirebbe per avere l’esercito più grande del mondo. In terzo luogo, perché tale esercito dovrebbe essere concepito per fronteggiare la Russia (che, come scritto nel 2006 da Putin, è a tutti gli effetti europea), e non per fronteggiare gli USA, che non lo sono, che ci occupano, ci insultano e ci minacciano?

Il bullismo americano è tutt’altro che nuovo


4.La dittatura dei GAFAM (“dell’ algoritmo”): il vero problema del XXI Secolo.
A nostro avviso, il vero problema oggi è la dittatura dei GAFAM sull’ Occidente, che sta portando al dominio delle macchine intelligenti e alla sparizione dell’umano. Anche su questo, tutto si sapeva da molto tempo, fino da quando Saint-Simon, all’ inizio dell’ Ottocento, aveva teorizzato apertamente che, nella “Nuova Società Organica” fondata, dopo la Rivoluzione Francese, sulla scienza e sulla tecnica, il “Potere Spirituale” sarebbe spettato “agl’industriali”: esattamente ciò che abbiamo visto realizzarsi all’ “Inauguration” di Trump.Per Bogdanov (un leader bolscevico vicino a Trockij), la conquista di Marte (che ora vorrebbe realizzare Musk) sarebbe stato il compito della Russia bolscevica, e questo avrebbe coinciso con l’istaurazione del comunismo (dove, secondo Gustev, le macchine avrebbero impartito ordini agli uomini). Ancora nel secolo scorso, De Landa e Kurzweil ,avevano profetizzato la presa del controllo mondiale da parte dei robot, e, nel 2003, in “The new Industrial Age”, Schmidt e Cohen avevano previsto che Google avrebbe superato la Lockheed nel guidare l’ America verso la conquista del mondo. Nelle distopie del ‘900 (Čapek, Asimov), i robot, che domineranno l’universo, sarebbero stati fabbricati e gestiti da società private (p.es, R.U.R. Universal Robots, che anticipano Musk). Di fatto, già oggi il sistema informatico-militare americano ci controlla nei minimi dettagli come nei romanzi di Zamiatin e di Orwell, intercettando tutte le nostre comunicazioni (Echelon, Prism, Paragon Solutions), censurando ciò che leggiamo (la cosiddetta “moderazione”), mostrandoci solo ciò che è funzionale al nostro indottrinamento (“software di raccomandazione”), orientando le elezioni (Cambridge Analytica, X),in sostanza impedendoci di parlare o fare qualunque cosa contro il sistema (la “Wehrhafte Demokratie” sostenuta dalla Baerbock, che si traduce nella criminalizzazione degli avversari). Nonostante le pretese dell’Amministrazione americana di voler difendere gli Europei contro tutto ciò, invece questo stato di cose è destinato ad essere moltiplicato esponenzialmente dalle iniziative di Musk nei settori degl’impianti cerebrali, delle comunicazioni e dell’Intelligenza Artificiale.
Ma anche l’idea di un controllo diretto degli USA sul mondo intero non è un’ invenzione di Trump, dato che era stato teorizzato in tutti i suoi aspetti da Emerson, Whitman, Fiske, Willkie, Cabot Lodge, Valladão…e portato avanti con strumenti ufficiali, come il National Endowment for Democracy e lo USAID, o ufficiosi, come la “Open Society” di Soros, finalmente sotto la lente della nuova Amministrazione americana.
Così stando le cose, il cambio di amministrazione può essere addirittura positivo. Addirittura, secondo Cacciari, “potremmo anche considerare i primi atti della presidenza Trump un commendevole sforzo per liberare il campo da infingimenti e ipocrisie…La chiarezza è sempre preferibile alla confusione. Meglio un populismo quasi razzista esplicito che un umanitarismo d’accatto e sempre disposto a tradirsi”.
Le tardive lamentele contro questo stato di cose da parte del “mainstream” sono quindi l’ennesimo avatar della “rana di Chomsky”, che si accorge di essere stata bollita quando oramai è troppo tardi. Mentre, invece, l’improvvisa infatuazione dei “sovranisti” per Trump e Musk nonostante le loro continue ingerenze nella politica interna degli Europei (dalla Groenlandia, all’ AfD) è anch’essa quanto mai strumentale.

Le vittorie di Schrems dinanzi alla CVorte di Giustizia sono state nullificate dalla Commissione


5.Le proteste di Mattarella e di Ursula von der Leyen
La maggior parte degli “orfani di Biden” si consola pensando che, almeno, ci sono Mattarella e Ursula von der Leyen che “ne dicono quattro” a Trump e a Musk. In realtà, ambedue queste personalità stanno dimostrando plasticamente i limiti della capacità europea di reagire. Il Presidente italiano se la prende giustamente con il “nuovo feudalesimo” dei guru dell’ informatica, che occupano abusivamente beni pubblici, come l’informazione, la rete e perfino lo spazio siderale, e con il “vassallaggio felice” degli Europei. Ma, commenta Alessandro Aresu su “Il Fatto Quotidiano”, egli non si sofferma affatto sulle ragioni dell’incapacità dell’Europa di costruire una propria industria digitale. Balzano, su il Fatto Quotidiano, ricorda che anche il Presidente, come la pubblicistica Mainstream, ha taciuto per un decennio su tanti altri atti di vassallaggio degli Europei nei confronti degli USA.
Che cosa intenda Aresu lo si capisce leggendo il suo recente libro “Geopolitica dell’Intelligenza Artificiale”, che descrive un ambiente americano profondamente intriso di post-umanesimo (l’”Ideologia Californiana”), in cui la creazione di nuove imprese e nuovi prodotti immateriali è un fatto naturale, che non può essere imitato perché è un humus culturale, quando non religioso. E, difatti, tutta l’”ideologia” di Musk è ripresa di pari passo dal Cosmismo russo (La “Filosofia dell’ Opera Comune” di Fiodorov e i Principi dell’Astronautica” di Tsiolkovkij), che postulavano la conquista dello spazio quale dovere religioso, per popolare lo spazio con i nostri antenati, resuscitati mediante la clonazione ottenuta con le nuove tecnologie.
Tuttavia, sotto questo punto di vista, l’ideologia di Musk dopo la sua conversione trumpiana è alquanto contorta. Dopo avere preso atto in modo appariscente che esiste il pericolo concreto che i robot si sostituiscano all’ uomo, Musk ha fatto un’ardita capriola concettuale, tutt’altro che convincente. Secondo lui, visto che i robot supereranno le capacità degli uomini sulla Terra, questi ultimi dovranno emigrare verso altri pianeti (come i Ghazawi secondo Trump). Inoltre, dovranno essere forniti di impianti cerebrali (Neuralink) per poter superare i robot in intelligenza (quindi, diverranno in realtà dei Cyborg, o meglio un’”Intelligenza Collettiva”, parte della Megamacchina Mondiale, governata centralmente dalle macchine stesse). Da ciò si capisce che le recenti evoluzioni ideologiche di Musk sono strumentali e funzionali alla conciliazione dei suoi contrastanti obiettivi politici e imprenditoriali. Apparentemente, sarebbe passato dal fanatismo per il transumanesimo ad appoggiare le idee conservatrici di Trump per reazione alla transessualità di suo figlio. Però, le motivazioni da lui fornite non sono convincenti. Inoltre, stranamente, anche tutti i suoi colleghi amministratori delegati dei GAFAM hanno fatto, contemporaneamente, lo stesso “salto della quaglia”. Con ciò, sono riusciti a realizzare il progetto di Schmidt (“The New Digital Age”), di fondere i GAFAM con l’espansionismo americano, costringendo l’amministrazione Trump ad abbandonare le sue, per quanto modeste, velleità antitrust, e, anzi, a farsi loro avvocata presso la UE per eliminare le multe già irrogate per violazione di varie norme europee, inserendola addirittura nei dazi che l’UE dovrà pagare agli USA.
Ma soprattutto, il suo vero problema è il conflitto con Altman per il controllo di OpenAI: l’anello mancante nella sua catena assoluta di comando, e una minaccia al suo rapporto esclusivo con Trump e i GAFAM.
A nostro avviso, è lì che ci si dovrebbe concentrare per una critica effettiva a Trump e a Musk, mostrando le contraddizioni delle loro posizioni, la loro incapacità (non diversa da quella dei progressisti) ad affrontare seriamente i problemi dell’era delle Macchine Intelligenti, e, in particolare, a creare un’alternativa alla Singularity, meglio dei loro avversari, che, in pratica, non se ne erano neppure occupati.
Il problema è che, per fare ciò, le classi dirigenti europee dovrebbero essere più intelligenti di quelle americane e russe -cosa che oggi non è-.
Infatti, ancora meno convincenti le difese di Ursula von der Leyen, che dovrebbe a preparare un solido piano contro i nuovi dazi (anche perché è lo stesso Trump che li concepisce come “reciproci”), ma in pratica sta semplicemente accettando di accrescere le spese militari. Resta il fatto che anche l’arrendevolezza della Commissione verso gli USA, e, in particolare, i GAFAM, è stata conclamata da gran tempo (Schrems, contratti Microsoft, Wewiòrowski), e stupisce che solo ora essa finga di svegliarsi. Del resto, quest’arrendevolezza è anche il tallone di Achille di coloro che si autodefiniscono “sovranisti” ma non lo sono affetto.
Non parliamo poi dei patetico summit di Macron, sull’AI, dove si è che insistito sull’approccio trionfalistico e inconcludente già dimostratosi perdente con QWANT e GAIA-X, e sull’ Ucraina, dove sono emerse posizioni inconciliabili fra gli Europei. In effetti, non si affronta mai la questione centrale dell’ “Autonomia strategica digitale”: avere un proprio “nocciolo duro” di scienziati, militari, intellettuali, imprenditori e imprese, ingegneri, tecnici, legati a progetti europei (civili e militari), e non infeudati ai GAFAM.
Il punto è che ora si vorrebbe finalmente essere trattati da eguali agli USA quando non si è nemmeno capaci di contrastare la loro appropriazione culturale delle nostre tradizioni, sicché essi si possono presentare come i veri eredi di Grecia, Roma, Cristianità e Illuminismo, gli unici di cui occorra tener conto nel dialogo fra le grandi civiltà, ormai in corso a Riad.

Dopo anni di reclusione, Assange è stato costretto a dichiararsi colpevole e a ritirarsi in Australia


6.Contrastare lo Stato Mondiale dei GAFAM

In particolare, i governanti europei avevano deciso ottant’anni fa (o vi erano stati costretti, vedi Olivetti) di lasciare all’ America lo sviluppo delle nuove tecnologie, che costituiscono l’essenza del XXI secolo, così condannando l’Europa, non solo alla dipendenza politica e militare, bensì anche alla sterilità intellettuale e al declino economico.
Sotto questo punto di vista, la critica all’ approccio all’ AI meramente “normativo” della UE è pienamente giustificata. E’ impensabile che le imprese di una superpotenza (gli USA), che detiene il controllo politico dell’ Occidente e il controllo tecnico dei GAFAM accettino che il digitale sia disciplinato a livello internazionale da un’altra realtà politica (la UE), che non ha, né la competenza tecnica, né la giurisdizione, né il potere militare, per gestire una realtà così esplosiva. E infatti, tanto Zuckerberg quanto Vance, hanno chiamato alle armi l’Amministrazione americana perché annulli le patetiche sanzioni della UE contro i GAFAM (considerandole assurdamente come dazi impropri, mentre esse sono in realtà il residuo dell’illusione di poter contrastare le Macchine Intelligenti con ricette liberiste del Secolo XIX).
Se la UE vuole legiferare sulle società informatiche, deve crearsi le proprie società informatiche.
Di fatto, vi è un solo attore che voglia, e possa, tener testa alla dittatura mondiale dell’ algoritmo: la Cina, le cui competenze tecnologiche e le cui dinamiche politiche e giuridiche in materia di digitale sono deliberatamente ignorate in Europa, mentre i vertici americani, pur deprecandole, tentano segretamente di copiarle e di conciliarle.
La Cina:
a)ha stabilito una chiara indipendenza dai poteri forti americani (sette, lobby, finanza, tecnologia, forze armate, intelligence, media), sì che essa è l’unico territorio del mondo dove essi non arrivino con il loro spionaggio e con il loro furto di dati;
b)ha creato proprie piattaforme eguali e contrarie a quelle americane (i BAATX);
c)ha informatizzato tutta la sua vita sociale, esportando largamente i suoi beni e servizi più avanzati (pannelli solari, auto elettriche, treni ad alta velocità, Intelligenza Artificiale);
d)ha introdotto regolamentazioni ispirate a quelle europee, ma più complete e concrete, applicandole senza indugio proprio alle imprese cinesi, e sanzionando tutti i BAATX per le loro trasgressioni;
e)ha esautorato ed esiliato (senza espropriarlo) Jack Ma, che stava trasformandosi, sul modello di Musk, in un mostro finanziario capace di dominare tutta la scena imprenditoriale e politica cinese (il “crackdown sui BAATX”, che dovrebbe costituire il modello per un analogo “Crackdown” in Occidente).
f)ha immesso sul mercato internazionale, con perfetta tempistica su “Made in China 2025”, due programmi di Intelligenza Artificiale conformi alle normative UE, “open source”, più potenti di quelli americani e realizzati, con un costo infinitesimo, da start-ups di giovani teste d’uovo, così ridicolizzando 10 anni di politica legislativa europea e americana, che ha stanziato (e ancora sta stanziando) fondi pubblici enormi con l’obiettivo “di fare dell’Europa l’area più competitiva del mondo”, e, rispettivamente, “di mettere fuori mercato il mondo intero”.
g)ha proposto a Monaco, per bocca di Wang Yi, di unire alla Nuova Via della Seta gli analoghi sforzi della Commissione, unico modo per trovare subito enormi sbocchi commerciali alternativi al mercato americano (unica ancora di salvezza per l’economia europea).
Poi ci si lamenta per le simpatie di Musk per la Cina. Musk (che possiede la maggiore fabbrica di Tesla in Cina), sa bene che Xi Jinping non si fa manipolare, come l’Unione Europea, e perfino Trump, dalle società informatiche, e quindi lo tratta da pari a pari.
E’ lì che l’Europa dovrebbe guardare per non restare indietro di 80 anni, come sta accadendo oggi, aspettando addirittura lo sbarco miracoloso di Musk, che, giustamente, invece, dal suo punto di vista, non è andato agl’incontri con i suoi meschini adulatori, né a Madrid, né a Parigi, né a Monaco, troppo occupato, com’è, su fronti per lui ben più sfidanti, come il Progetto D.O.G.E. e l’OPA su OpenAI.
Certo, bene ha fatto il Presidente Macron a invitare il Primo Ministro indiano a co-presiedere il summit di Parigi sull’ Intelligenza Artificiale, perché l’India di Modi, totalmente immersa nell’induismo e, nel contempo, centro di eccellenza dell’AI, avrebbe tutte le caratteristiche per divenire un partner importante per l’Europa in una strategia di intelligenza artificiale basata, non già su regole astratte, bensì su educazione e cultura. Oggi, tuttavia, nel settore specifico dell’ AI, essa è molto arretrata rispetto alla Cina, e non gode neppur essa di quell’ Autonomia Strategica Digitale che Macron vorrebbe proporre come obiettivo per gli Europei (e che potrebbe conseguire solo con una stretta alleanza con l’ Europa). D’altronde, l’ Europa, grazie alle scelte sciagurate della Commissione, ha reso in pratica disponibili i dati degli Europei, oltre che ai servizi segreti americani, anche alle imprese americane per addestrare la loro AI, lucrando cifre immense sull’abuso delle nostre intelligenze naturali. E, nell’ ambito delle trattative con Trump, c’è il rischio che quest’espropriazione addirittura si legalizzi. Un’eventuale vera alleanza con l’India imporrebbe anche accordi molto più seri sull’ utilizzo reciproco dei dati dei due miliardi di cittadini europei e indiani, e anche un’alleanza di tipo politico, militare e culturale.

Solo De Gaulle aveva raggiunto l’Autonomia Strategica Europea


7.L’Europa ignorata sull’ Ucraina
Come detto sopra, sono lacrime di coccodrillo anche quelle sull’esclusione dell’Europa da ogni dibattito sul futuro ordine internazionale, a cominciare dalla pace in Ucraina, a cui è stato dedicato l’abortito summit parigino, che non ha portato a nessuna conclusione. Peskov ha detto testualmente: “gli europei dovranno probabilmente parlare con Washington per chiedere un posto” al tavolo delle trattative.
E’ chiaro che l’Unione Europea non è, di fatto, sullo stesso livello di America, Russia e Cina, anche se è certo doloroso per il nostro establishment vederselo ricordare in modo così umiliante come con quest’esclusione dalle trattative per l’ Ucraina. Era anche chiaro che le spese europee per l’Ucraina sono state costruite come un vero tributo all’America, e non avrebbero dato alcun diritto alla co-decisione. È l’America stessa ad aver creato le Comunità Europee nei territori occupati, con la risoluzione Fulbright del Senato americano, con i finanziamenti della CIA attraverso l’ACUE, con l’intervento di Dean Acheson su Monnet per la Dichiarazione Schuman e con il lavoro sui Trattati di Roma dello Studio Allen & Overy, per creare un fittizio interlocutore europeo da contrapporre al blocco sovietico.L’America non ha mai voluto che l’ Europa raggiungesse il suo stesso status, e ha sempre avuto le leve necessarie per impedirlo. I tanto gli esaltati politici nazionali, come Churchill, Adenauer, Degasperi e Schuman, quanto lo stesso Spinelli, svolsero un ruolo di comparse, tanto nella Dichiarazione Schuman, quanto nella redazione dei Trattati.
Invece, per arrivare al suo status di eccezionalità, l’America aveva dovuto combattere ininterrottamente, in 250 anni, 250 guerre, di cui almeno 5 contro delle potenze europee. L’America ha anche inventato un’ideologia (gli “Stati Uniti d’Europa”), che l’Europa ha semplicemente copiato, appropriandosi della ricchissima eredità culturale europea. Ha centinaia di basi militari in tutto il mondo, di cui la maggioranza in Europa. Le sue imprese informatiche le permettono di condizionare le coscienze degli Europei. Possiede armi nucleari e spaziali che l’Europa non possiede, in quantità pressoché pari a quelle della Russia e della Cina. Come si può pensare che accetti di discutere alla pari con noi della guerra e della pace, in un momento, come questo, in cui la Russia e la Cina la sfidano ad affrontare questioni esistenziali?
Addirittura, l’Amministrazione Trump punta proprio a umiliare l’Europa, per esempio con le accuse (per altro non immotivate) del Vice-Presidente Vance, di limitare la libertà di parola. Tra l’altro, chi dovrebbe rappresentarci in queste discussioni, l’alto commissario Kaja Kallas, è la più accanita nemica della Russia, ha negato per anni nel suo Paese i diritti civili (compreso il voto) alla minoranza russofona, e ha come programma esplicito, quello d’invadere la Russia per ridurla a una miriade di repubblichette piccole come l’ Estonia. Perché mai la Russia dovrebbe essere smaniosa di discutere con la Kallas?
L’Europa postbellica aveva avuto molte eccezionali occasioni per influire pesantemente sulla politica di pace in Europa (dal missile italiano SCOUT, previsto vettore dell’ atomica europea), al viaggio a Mosca di De Gaulle, al ’68 di Parigi e di Praga, alla Conferenza di Praga del 1989, alla visita di Elcin al Parlamento Europeo, ai viaggi di Putin in Germania, all’incontro a Kaliningrad fra Putin, Schroeder e Chirac, quando la Russia era ancora molto filo-europea, fino alle sentenze Schrems e all’ adesione, fra cui l’ Italia di alcuni Stati Membri alla Via della Seta, e all’ invio all’ Unione Europea della proposta russa di nuovo ordine mondiale prima dell’Operazione Militare Speciale), ma non ne ha mai voluto approfittare al momento opportuno.
Allora, la Russia voleva, non solo trattare con l’ Europa, ma addirittura fare parte della UE, e non era stata accettata. Perché l’Ucraina si e la Russia no? Adesso, ci si lamenta se la Russia tratta direttamente con gli Stati Uniti, che, a loro volta, non ci hanno mai preso sul serio. Oggi, Trump e Musk dicono “apertis verbis” ciò che tutti i presidenti americani hanno sempre pensato: gli USA, in quanto prima potenza, discutono di ciò che conta (guerra e pace, difesa, alte tecnologie, economia mondiale), con chi ne possiede le competenze e gli strumenti (Cina e Russia).
Ma anche la Russia, prima dell’ Operazione Militare Speciale, aveva inviato richieste formali differenziate a USA, NATO e Unione Europea (a cui nessuno aveva risposto), e, quindi, si aspettava trattative differenziate.E’ quindi normale che sia preliminare un incontro USA-Russia per parlare di Intelligenza Artificiale, di Non Proliferazione e di basi militari nel mondo, che non riguardano l’Unione Europea, che non ha nessuna di queste cose.
Certo, sarebbe importantissimo che l’Europa non si fosse ridotta in questa situazione (senza industrie di alta tecnologia, senza Stato Maggiore, Accademia Militare, Servizi Segreti, bombe atomiche, con la recessione in Germania e in Italia oramai da molti anni), ma tutto ciò è stato voluto proprio dall’Establishment (filo-americano), e i Sovranisti non solo non vi hanno obiettato, ma vi hanno collaborato attivamente. Adesso, tutti vorrebbero che la situazione fosse l’opposto di quella reale, ma crediamo che non la si potrà rovesciare senza un radicale sconvolgimento di tutta la classe dirigente responsabile di questo sfacelo.
Nel caso in cui, “per grazia ricevuta”, l’Unione Europea fosse invitata al tavolo delle trattative per l’Ucraina, dovrebbe rilanciare, rivendicando la rappresentanza un’Europa che sia veramente “Great Again”, cioè che non sia solo l’Unione Europea, ma anche il Vaticano, la Comunità Eurasiatica, l’Ucraina, la Turchia, i Balcani Occidentali, il Caucaso, la Svizzera e la Scandinavia Occidentale (Norvegia, Islanda e Groenlandia), che, anche loro, avrebbero molto da dire.
Ora la questione più urgente è quella di dotare l’Europa di una potenza equivalente a quella americana (Gabriele Segre). Purtroppo, la potenza non è solo una questione di soldi, come si vede nella discussione sul 2%,3%,5%. Basta vedere come i Vietnamiti e i Talibani hanno sconfitto gli Stati Uniti, e i Palestinesi siano ancora vivi e vegeti dopo 80 anni di occupazione israeliana. Il problema è che gli Europei non hanno, contrariamente a Vietnamiti, Afghani e Palestinesi, un’identità vera che li motivi a battersi per la loro patria comune, perché i loro presunti valori sarebbero in realtà quelli degli Americani. Occorre dunque costruirla, quest’identità, partendo dalla cultura, per passare alla politica, alla società, all’ economia, alla tecnologia, all’ esercito. Solo alla fine, non all’ inizio, potrà venire il diritto costituzionale.
8.Cos’ è l’Ucraina?
Con la telefonata fra Putin e Trump si è comunque aperta una fase in cui è lecito sollevare qualunque questione e parlare apertamente, come ha affermato, alla Conferenza di Monaco, Ursula von der Leyen.
Per ciò che ci riguarda, avevamo sollevato già nel 2014 la questione di che cosa l’Ucraina rappresenti per l’Europa, con un Quaderno di Azione Europeista intitolato “No a un’inutile strage”. Poi, questa strage si è puntualmente verificata. A dire il vero, facendo una piccola digressione autobiografica, personalmente avevo già organizzato nel 1970 un “sit-in” degli studenti torinesi alla Facoltà di Giurisprudenza per protestare contro l’arresto del Professor Dziuba e del progettista aereonautico Antonov, per la loro lettera aperta al Primo Segretario del Partito Comunista Ucraino, intitolata “Internacijonalizm čy Russifikacija?”, in cui si sollevavano già gli stessi temi di oggi: in un territorio pluriculturale come l’ Ucraina, che senso hanno le successive ondate di russificazione e di ucrainizzazione che si sono succedute da metà Ottocento, e continuano sotto i nostro occhi? Il risultato era stata un’aggressione ai nostri studenti da parte degli antenati del “mainstram” attuale: i gauchisti, allora mosche cocchiere del PCUS.
Questo non è un problema solo dell’Ucraina, ma anche dei Paesi Baltici, della Moldova, della Turchia, dei Balcani, dell’ Irlanda, ecc…L’Europa è un continuum etnico, culturale, linguistico e storico (Papa Francesco). E’ impossibile costringerla dentro i limiti rigidi dei confini degli “Stati nazionali”: Si possono inventare tutte le “autonomie differenziate”, gli “Statuti speciali”, i regimi delle minoranze, ma il risultato sarà sempre che c’è un patrimonio culturale comune, che reclama una posizione comune sullo scenario mondiale (un unico “Stato-Civiltà”, come la Cina e l’India). Quanto, in particolare, all’ Ucraina, essa è, per noi, il vero cuore dell’ Europa, il luogo dove si è formato, con l’apporto di popoli precedenti, il popolo “Yamnaya” (alias “Popolo dei Kurgan”, alias Proto-indoeuropei), che è l’antenato di buona parte degli Europei. Essa fu il centro degl’imperi unno, gotico, bulgaro, khazaro, dei popoli Cumani e Peceneghi (i Polovesiani del Canto del Principe Igor), dei Caraiti, dei Cosacchi, dei Tartari di Crimea, di letterati russi, tedeschi ed ebrei, come Gogol’, von Masoch, von Rezzori, Bebel,Grossmanm, Bialik , ben Jehuda..)..Ascriverla alla Russia, alla Turchia, alla Polonia, all’Austria o alla Germania, fu sempre arbitrario. E’ un caso tipico di “territorio pan-europeo”. Per questo, un’ interpretazione ristretta del conflitto di oggi non è adeguata, e occorre, come ha richiesto Putin proprio in questi giorni, in coerenza con i documenti russi del 2021, di “andare alle radici del conflitto”, che, a nostro avviso, si possono ricondurre in ultima analisi alla pretesa occidentale della “Fine della Storia”, e alla conseguente eliminazione delle diversità.
La soluzione non sta quindi evidentemente nella spartizione dell’Ucraina secondo linee falsamente “etniche” (che non esistono), bensì nel riconoscimento che l’Europa è un ininterrotto “continuum” poliedrico, e che il suo regime politico dev’essere conforme alla sua natura, non già un insieme di Nazioni rissose, incolte e arroganti. In particolare, basta con l’antropomorfizzazione delle Nazioni (“aggressore” e “aggredito”), ultimo avatar delle Teologie Politiche della Modernità! L’Ucraina non è la frontiera dell’ Europa: è il suo centro, da cui si dipartono la Mitteleuropa, il mondo pontico-caucasico e quello delle pianure eurasiatiche. E’ offensivo trattarla come un Paese in via di sviluppo, che Trump vuole espropriare, approfittando del momento di difficoltà, delle sue risorse naturali.

L’Europa Una, e signora del mondo:
il progetto di Nietzsche


9.Riequilibrare gli armamenti, sì, ma come?
Se c’è un aspetto interessante nell’orgia di esternazioni e di prese di posizione di tutti, questo è la proposta di Trump di limitare gli armamenti, in particolare quelli delle grandi potenze (USA, Cina e Russia), le quali dovrebbero dimezzare le loro spese militari (oggi rispettivamente di 1300, 145 e 232 miliardi di dollari (quindi, a 600, 70 e 120). Se si considera che, invece, secondo Trump, gli Europei dovrebbero triplicare le loro (arrivando al 5% del PIL, cioè a 850 miliardi), ci si troverebbe alla fine in Europa con un esercito pari a più della somma degli altri tre. Quindi, altro che debolezza dell’ Europa, bensì finalmente l’”Europa Una e signora del mondo” di cui parlava Nietzsche. Ma, visto che in Europa non si è andati, come pensava Nietzsche, verso il Superuomo, bensì spadroneggia ancora l’”Ultimo Uomo”(Fukuyama), chi gestirebbe questo potere enorme? Ed ecco spiegata l’operazione “Make Europe Great Again”. Questa mostruosa Europa iper-militarizzata ma incapace di autogovernarsi, sarà etero-governata dai GAFAM, come e più ancora dell’America, attraverso una serie di politici-marionette militaristi e nazionalisti scelti e gestiti da Musk e da Trump, in modo che nessuno possa sfuggire alla Singularity, che intanto va avanti indisturbata con base in America, finché la Cina non glielo impedirà L’attacco contro l’attuale classe politica europea serve solo per coprire e razionalizzare il ricambio del ceto politico, da quello “woke” filo-democratico, a quello “sovranista” pro-Musk. Gli Europei diventerebbero così un enorme esercito mercenario dei GAFAM, pronto a reprimere Americani, Russi e Cinesi se provassero ad opporsi alla Singularity.
Ammesso che ciò si verificasse, sarebbe più urgente che mai una battaglia culturale per modificare le basi culturali dell’ ufficialità europea, unica garanzia di Autonomia Strategica, in modo che l’enorme potenziale celato nell’ Europa non venga utilizzato per fini apocalittici, bensì venga in aiuto di tutti coloro che, nei diversi continenti, si battono per la sopravvivenza dell’umano.

Riccardo Lala MODERNISMO REAZIONARIO O ZHŌNGTǏ XĪYÒNG? Commento a un articolo di Natalino Irti

Il professor Natalino Irti, una colonna della cultura italiana, ha pubblicato, con encomiabile tempistica, sul supplemento culturale de Il Sole 24 Ore di questa domenica 15 febbraio, un articolo su un tema che è un po’ al centro delle attività della nostra Associazione Diàlexis: il “Modernismo Reazionario”, tema che sembrava caduto nell’ oblio dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, ma, invece, attraverso i suoi numerosi avatar (il cosmismo russo, il “sublime tecnologico” americano, il trans-umanesimo) è sopravvissuto, e, anzi, è riemerso in forma carsica, per trovare poi oggi la sua più compiuta manifestazione nell’ inedita alleanza fra, da un lato, i guru post-umanisti dell’informatica, e, dall’ altro, l’amministrazione Trump.
Da un punto di vista analitico, siamo di fronte a tre fenomeni distinti:
-la marcia verso il potere dei proprietari delle grandi società informatiche (guidati da Musk), che, operano in condizioni di monopolio e sono sostenute dallo Stato americano, grazie al quale hanno esteso il loro potere all’intero Occidente, costituendo oggi lo strumento principe dell’ egemonia USA e influenzando, così, lo “Zeitgeist” mondiale, e, ora, lo stesso Presidente;
-la strategia internazionale del 2° mandato di Trump, volta a fare recuperare all’ America un ruolo centrale nel mondo facendo leva sull’ economia, e, in particolare, su dazi generalizzati e reciproci, che permettono di fare pressione in ogni momento su ogni Stato per ottenere vantaggi di ogni tipo;
-il nuovo orientamento ideologico degli Stati Uniti, che fonde il sostegno incondizionato alle industrie informatiche, rappresentate da Musk, con il tentativo di assumere la leadership mondiale dei movimenti conservatori, sottraendola così a Putin. Tentativo ardito, vista l’opposizione logica fra conservatorismo e transumanesimo, che può per altro venire superata grazie alle aspettative di “sdoganamento” fatte balenare dal team trumpiano alle destre più radicali e alla stessa Russia.


1.Il concetto proposto da Herf
Per tenere insieme questo collage eterogeneo, si è resa necessaria un’ideologia, che, secondo l’articolo di Irti, richiama il “modernismo reazionario” studiato nel 1988 da Jeffrey Herf con riferimento al nazionalsocialismo, e, a mio avviso, è perfettamente estendibile a tutte le “culture dell’Asse” intese in senso lato, dal Futurismo italiano e russo alla Rivoluzione Conservatrice di Ernst Jünger, al “Romanticismo d’Acciaio” di Goebbels.
Secondo Herf, queste culture”riuscirono ad integrare la tecnologia nel simbolismo e nel linguaggio della Kultur -comunità, sangue, volontà, io, forma, produttività e infine razza -estraendola dalla sfera della Zivilisation – ragione, intelletto, internazionalismo, materialismo e finanza”. A mio avviso, il tramite più potente ed evidente di questa trasformazione fu la Rivoluzione Conservatrice, e, in particolare, Ernst Juenger, che, riproponendo intorno alla Prima Guerra Mondiale idee correnti già nel Reich bismarckiano, aveva disegnato un parallelo fra la figura del “soldato” e quella dell’ “operaio” (o, più propriamente, “il lavoratore”):i “Soldaten der Arbeit”, come li chiamava il Kaiser. L’”operaio” diviene così, per Jünger, la figura centrale degli “Stati Nazionali del Lavoro”(fascismo, nazismo e comunismo): non solo un nuovo guerriero, ma anche un titano, che si fonde con la materia in movimento. Nel 2° Dopoguerra, Jünger, in modo non del tutto inaspettato, diverrà poi un cantore dello Stato Mondiale e di una fusione fra l’Umanità e la Tecnica, destinata a riconformare tecnicamente la terra. Quindi, un post-umanista ante-litteram.

2.Genealogia del “Modernismo Reazionario”
Come giustamente osserva Irti, questo fenomeno non può essere compreso se non situandolo in un contesto più ampio, dove la tecno-economia “sembra come attendere una risposta ideologica, una presa di posizione che, andando oltre la scienza e gli impieghi tecnici, offra un senso complessivo e unitario della vita”. La risposta al disorientamento esistenziale del mondo tecnologizzato è, a mio avviso, più antica e profonda del “Modernismo Reazionario” . Essa risale all’idea, ch’era stata di Lessing, della religione quale educazione di un genere umano che non riesce più a credere nei “miti” della Religione, e per questo ha bisogno di una nuova mitologia, di una religione secolarizzata. A questa esigenza fa presto riscontro l’offerta del “Primo Programma Sistemico dell’ Idealismo Tedesco”(attribuito a Hegel, Schelling e Hölderlin), in base al quale si sarebbe dovuta costruire una nuova mitologia basata su una nuova scienza, con la quale l’Uomo si sarebbe “salvato da sé”. Tutta l’opera di Saint-Simon non è che un allargamento smisurato di questa prospettiva, dove la “Religione dell’ Umanità” è fondata sul culto della scienza, a cui sono devoti gli”industriali”, che in tal modo vengono investiti del “potere spirituale”
Gli eredi più cospicui di Saint-Simon saranno i Cosmisti russi, che, con Fiodorov, elaboreranno “la filosofia dell’ Opera Comune”, che promuoverà uno sviluppo radicale della tecnica, fino a giungere a resuscitare i morti, adempiendo, così, alle profezie escatologiche delle religioni, e, con Tsiolkovskij, padre della missilistica, formulerà addirittura il sogno di popolare, con i morti così resuscitati, lo spazio siderale (adempiendo così anche alla profezia del Regno dei Cieli). Come si vede, siamo giunti fino alla nascita di una nuova religione, quella della “Costruzione di Dio” come la definì Lunačarskij, commissario alla cultura della Russia Sovietica. Secondo Trockij, questa sarebbe stata la religione del proletariato.


3.Il Modernismo Reazionario quale espressione della crisi occidentale della civiltà
Come nota Irti, il motore occulto di questo trend culturale è costituito dallo sforzo per “sorreggere il povero e smarrito io dinanzi alle grandezze scientifiche e finanziarie del nostro tempo”.
In effetti, il problema principe dell’era contemporanea è quello di fare sopravvivere qualche parte dell’ Umano in quest’ era dominata dalle Macchine Intelligenti e dall’ Intelligenza Artificiale. Problema che non è certo risolto dalle retoriche della “algoretica” cara alle Chiese, poiché le Macchine Intelligenti sono, nella sostanza, un prolungamento dell’ uomo (una “protesi”, cfr. Gehlen), e quindi possono, sì, essere progettate per conseguire questo o quello scopo imitando l’uomo stesso, ma, di certo, non possono restituire all’ uomo la sua autenticità, che lo caratterizzava in epoche passate (l’”aura” di Benjamin), né impedire che perda del tutto la sua soggettività, già fortemente scalfita dalla retorica anti-personalistica del wokismo. La soluzione a questo problema da parte del Modernismo Reazionario era stata quella dell’estetizzazione della tecnica (Todt, Speer), grazie a cui quella era divenuta oggetto di un culto dionisiaco, equiparabile a quello del Futurismo. In quel contesto, lo spirito eroico (l’arditismo) diveniva una sorta di “supplemento di anima”, dove il combattente dimostrava la propria soggettività, e il proprio dominio sulla materia, nell’ utilizzare le armi come strumento di auto-affermazione, individuale o collettiva, in modo parallelo a quanto facevano gli eroi epici nelle opere fondanti dell’Epoca Assiale (Gilgamesh, Sansone, Achille, Ulisse, Rama, Arjuna, Cú Chulainn, Sigfrido..):”The Technological Sublime”.
E, tuttavia, questa identificazione del combattente con la tecnica dispiegata non è stata sufficiente a colmare il suo vuoto interiore, ché, anzi, questo si è ingigantito con la guerra di trincea, la bomba atomica e l’Olocausto, sicché “radici e miti comunitari e fedi religiose e patriottismi di luoghi vengono chiamati in difesa : che non ci lascino soli dinanzi alla tecno-economia; che questa ideologia sia capace di fronteggiare o compensare l’esaltato progresso tecnologico.”
Il richiamo alla cultura che spesso viene fatto come antidoto sperato al livellamento imposto dalle Macchine Intelligenti viene implicitamente assimilato nell’ articolo di Irti alla visione un po’ consolatoria dell’“Anarca” di Juenger, che vive libero perché si astrae dal mondo della tecnica. E’ così che, secondo Irti, “l’ideologia conservatrice stringe alleanza con la ‘democrazia’ tecnologica, e così provano insieme a disegnare il volto del nostro tempo. Quel piccolo io, di cui prima si diceva, che non si asservisce per intero alla logica degli apparati tecnologici, e neppure vuole abbandonarsi alle inquietudini fluttuanti dell’ auto-determinazione, trova un salvagente, in vesti nobili e antiche, nella comoda sintesi dell’ ideologia conservatrice”
Una versione moderna del “Lâthe biôsas” epicureo.
Tutto ciò rientra, a mio avviso, nella capacità seduttiva della società occidentale, che, da un lato, “distrae” continuamente con l’effimero, ma, dall’ altra, avvinghia anche a una lotta ininterrotta per la sopravvivenza, in campo lavorativo e/o finanziario. Forse è, almeno sul piano concettuale, un esito inevitabile della cultura “occidentale”, e della secolarizzazione da parte della tecnica, delle religioni di salvezza (cfr.supra), che va comunque contrastato.


4.Le ragioni di un dialogo multiculturale

A mio avviso, che la cultura occidentale (nelle sue varianti cattolica, puritana, tecnocratica…) non sia riuscita a soddisfare in modo autentico la domanda di senso nell’ era delle macchine intelligenti, e che per questo la nostra società vada verso la perdita dell’umano, e forse la sua totale scomparsa, deriva essenzialmente dalla sua ancestrale concezione lineare e deterministica della storia, che deve avere un fine, e una fine. Questo fine coincide con il perfezionamento delle qualità “ascetiche” (ragione, etica, disciplina), che portano alla fine dell’Io, e, quindi, al dominio dell’Apparato, che si trasforma quasi naturalmente in una Megamacchina impersonale.
Altre civiltà (come quelle dell’India e dell’ Estremo Oriente), che non hanno una simile cultura apocalittica, non hanno neppure quest’ urgenza che spinge l’Occidente a ricercare un senso unitario dell’ Essere, né l’idea che la Storia sia un percorso inevitabile verso un Fine.
In India, il concetto degli infiniti Eoni (“Kalpas”) fa sì che non vi sia un senso preciso dell’ inizio e della fine. Inoltre, il fatto che, nei libri sacri dell’Induismo, vi sia un’ampio ricorrere di macchine, soprattutto macchine da guerra (i Vimana, i Pashupatastra), ha abituato gl’Indiani all’ idea di una coesistenza da tempi immemorabili fra Dei, uomini e macchine. Ciascuno ha, hic et nunc, un compito da assolvere (il suo “dharma”), che è a lui specifico. Ciò permette agli Indiani di impegnarsi con successo nella Società delle Macchine Intelligenti senza i corollari escatologici degli Occidentali, e, in particolare, degli Americani.
I Giapponesi sono ancora più familiari con le macchine intelligenti perché, per la loro religione, ogni essere è animato (non solo gli animali, bensì anche le macchine), anzi, sono tutti degli dei (i “Kami”). La vita nella moderna tecnologia è una prosecuzione dell’antica mitologia, come ben testimoniano i famosi cartoni animati giapponesi.
L’idea cinese dell’Età dell’ Oro (il “Datong”) , non è un destino ineluttabile, bensì solo un “ideale normativo”. Inoltre, essa è ciclica (anche perché in Cinese non c’era un’idea chiara di presente, passato e futuro). Essa si ripresenta quando appare un Imperatore Saggio. L’ideale dell’Uomo Nobile (“Junzi”) è quello di svolgere il proprio ruolo nella gerarchia dell’ Impero universale (“Tian Xia”): “Huang Huang, Wang Wang, Fu Fu, Zi zi”:l’Imperatore faccia l’Imperatore, il Re faccia il re; il Padre faccia il padre, il figlio faccia il figlio.”.
I fatti hanno dimostrato che la società cinese riesce ancora dopo millenni a funzionare in base a questi principi. L’obiettivo posto a questa generazione da Xi Jinping non è il Datong, bensì il più modesto “Xiao Kang” (“una società moderatamente prospera”). Per raggiungere questo risultato, uno “Stato-civiltà” del XXI° secolo non può evitare di confrontarsi con la tecnologia. Anzi, nel caso della Cina, essa, essendo il maggiore Stato del mondo, deve primeggiare. Per questo, il Presidente ha indicato degli obiettivi e delle scadenze. Nel caso dell’Intelligenza Artificiale, l’obiettivo di “Made in China 2025” è stato raggiunto già all’inizio dell’Anno del Serpente, quando sono stati diffusi in tutto il mondo due software di IA cinesi più efficienti e meno costosi di quelli americani, prodotti da piccole start-ups di giovani teste d’uovo (così ridicolizzando decenni di promesse e di investimenti faraonici da parte degli States).
Per tutti questi motivi, l’Asia è divenuta il “golden standard” a cui tutti , a cominciare dall’ America, si ispirano pur senza dirlo: sistema tributario (contributi dei Paesi esteri alla difesa, terre rare); un uomo solo al comando; fusione pubblico-privato; investimenti miliardari nell’ alta tecnologia e nella difesa; alleanze trasversali.
È in Asia che si realizza in pratica il “Modernismo reazionario” (come già capitava nel Giappone della Rivoluzione Meiji, nella Russia dei Costruttori di Dio e nelle pagine del Da Tong Shu di Kang You Wei, uno degli ultimo ministri Ching, che ,caduto in disgrazia con la Reggente Cixi, peregrinò per lunghi anni tentando una sintesi di Oriente e Occidente: 中體西用= “zhōngtǐ xīyòng”= “valori cinesi, tecnica occidentale”).
La complessità di queste questioni, unita all’enorme efficienza dei sistemi asiatici, che hanno occupato uno spazio così centrale nell’ equilibri mondiale da costringere l’ America al “Pivot to Asia”, dimostrano che è giunto il tempo di un approccio nuovo al dialogo interculturale, che non sia più una forma di divagazione intorno all’ Occidente servendosi di nozioni orientali, bensì un confronto attivo e bilaterale fra le visioni del mondo di tutte le grandi civiltà, americana ed europea, eurasiatica e sinica, medio orientale e africana, e perfino sudamericana e pre-alfabetica.


5.Comprendere il “Modernismo Reazionario”
Le questioni poste dalla Secolarizzazione e dal Modernismo Reazionario” non sono state risolte. Il carattere limitato dell’Umanità, tanto dal punto di vista gnoseologico (il “dubbio sistematico”, quanto da quello esistenziale (la finitezza dell’uomo) non sono stati eliminati da 200 anni di Illuminismo, ma, anzi, si infittiscono.
Tanto la comunicazione interculturale, quanto la ricerca scientifica, non fanno che dimostrare in modo sempre più evidente l’assenza di un solido terreno su cui poggiare. Intanto, la Tecnica prosegue il suo cammino, irreggimentandoci sempre di più, nel suo cammino, all’ interno di una “gabbia di acciaio” di cui parlava Max Weber. In particolare, l’Intelligenza Artificiale Generale, gl’impianti neurali, la neuroingegneria, le reti sociali, le tecniche riproduttive, la clonazione, i viaggi spaziali, configurano un mondo non adatto agli umani, i quali, per sopravvivervi, dovranno come minimo mutare, divenendo dei Cyborg.
Quest’ inevitabile transizione passa attraverso la risposta ad alcune fra le domande più antiche e irrisolte: È lecito modificare gli esseri umani? Che fare nel caso in cui il numero di umani costituisca un peso eccessivo per la natura? In che misura è lecito coartare per esigenze superiori la libera determinazione delle persone? Dove finisce l’educazione, e dove incomincia la manipolazione? Quand’è che una decisione è condivisa? Può questa condivisione estendersi al mondo intero? Una sorta di referendum telematico continuo in tutto il mondo garantisce un coinvolgimento sensato?
Non vi è alcuna garanzia circa il fatto che le risposte dei guru dell’informatica siano più ragionevoli di altre, né ch’esse siano disinteressate. Lo dimostrano i molti salti logici nelle esternazioni di Elon Musk. In particolare, il suo “salto della quaglia”, dal Partito Democratico a Donald Trump, ma poi anche la sua idea (mutuata dal cosmista Bogdanov) che bisogni emigrare su Marte perché, sulla Terra, i robot avranno il sopravvento, ed essa sarà comunque troppo inquinata. Ma, intanto, sono i Robot quelli sono fatti per i viaggi spaziali, non gli uomini. Poi, Marte è più piccolo della Terra. Poi ancora, installare un impianto cerebrale nel cervello di tutti gli Umani, collegato alla rete mondiale di elaboratori, è il contrario dell’ “Enhancement” per rendere gli uomini più forti e indipendenti: significa semplicemente farne dei pezzi intercambiabili della Macchina Mondiale. Infine, se Musk si preoccupa tanto del sovraffollamento della Terra, perché continua a fare figli?
L’affollarsi di queste questioni irrisolte rende più che mai necessaria la costruzione di una nuova classe dirigente, che, abbandonando le diatribe dei secoli XIX e XX, affronti finalmente le domande dell’epoca in cui viviamo. La cultura può e deve fornire il proprio contributo a questo compito.

I GIORNI DELLE SCELTE.Si riapre la Piattaforma sul Futuro d’ Europa

La prima settimana dall’ “Inauguration” di Trump è stata caratterizzata da una serie di sfide, che hanno posto soprattutto l’ Europa di fronte a un insieme di dure realtà che si era cercato, fino ad ora, di nascondere:
1)la pretesa di annettere agli Stati Uniti la Groenlandia, con la singolare motivazione che “gli USA ne hanno bisogno per la sicurezza nazionale”, visto che gli Europei non pensano alla “difesa del mondo libero”;
2)l’intervento massiccio di Elon Musk nella politica interna degli Stati Europei, cercando di creare un intero movimento “di estrema destra” da lui diretto, capace di condizionare il futuro dell’ Europa, e fondendo anche i due ufficiali saluti nazionalisti alla bandiera americana (il “Bellamy Salute”-saluto romano o Hitlergruss-, e il “Balch Salute”, con la mano sul cuore, come nel saluto massonico) ;
3)l’intervento “a piè pari” dei GAFAM per richiedere l’intervento di Trump contro la legislazione europea sull’ Intelligenza Artificiale;
4)la precisa richiesta alle imprese europee di spostare le loro produzioni negli Stati Uniti, se vogliono evitare dazi sempre crescenti.
L’insieme di queste richieste, se soddisfatte, declasserebbe l’Europa a Paese del terzo mondo:
a) ridicolizzerebbero proprio il mitico art. 5 del Trattato Nato, costringendo gli Europei a schierare truppe contro le Forze Armate Americane, ponendo nel nulla la garanzia NATO, e fornendo un argomento imbattibile contro le pretese di Russi e Cina su Ucraina e Taiwan;
b)Cancellerebbero ottant’anni di politica culturale dell’ Occidente, basata sulla Colpa Collettiva degli Europei, così riaprendo la strada a un dibattito a tutto tondo sul futuro dell’ Europa;
c)Svuoterebbero definitivamente tutta la politica europea del digitale (già abbondantemente criticata da tutte le parti), fondata sull’ idea di poter regolamentare i GAFAM da Bruxelles;
d)aggraverebbe irrimediabilmente la crisi sociale in corso, con la Germania in permanente recessione e l’ Italia in stagnazione.
Per questo motivo, alcuni, come per esempio Nathalie Tocci sul “Guardian”, hanno sostenuto che questo sarebbe il momento, per l’ Europa, di rispondere con decisione, perché su questi temi sarebbe possibile provocare quello “scossone” necessario per dare nuova vita a un’ Unione Europea praticamente morta. Però, nota la Tocci, proprio sul punto più scottante, la Groenlandia, la risposta europea è venuta per ora a mancare, sostituita forse da un tentativo di reazione sotterranea.
Certo, per reagire contemporaneamente su tutti questi fronti, l’Europa dovrebbe essere unita, non già in astratto, su vaghi principi, bensì su un progetto che dia risposte chiare sui confini, sulle identità, sull’ Esercito Europeo, sui partiti europei, sul digitale, sull’economia.
Per questo motivo, ben venga l’idea di riaprire una Piattaforma sul Futuro dell’Europa che, per altro, nella prima fase della sua attività, non è pervenuta a nessun risultato concreto. Occorre per altro evitare che il fiasco della “prima puntata” si ripeta. Per questo, intendiamo richiedere, fin dalla prima riunione, che il “format” venga radicalmente cambiato (cfr. allegato 1), suggerendo anche di creare, fuori dei canali istituzionali, un “Comitato di Resistenza e Resilienza”, capace di fornire una guida agli Europei in questa fase sempre più dura della storia europea, con il dominio incontenibile del Complesso Informatico-Militare, la pauperizzazione generalizzata degli Europei, la militarizzazione della società e dell’ informazione e l’Europa quale terreno di scontro militare fra potenze extraeuropee.
Chiunque voglia associarsi a noi in queste attività, o abbia comunque idee o suggerimenti in proposito, si faccia avanti!

PROPOSTE PER LA PIATTAFORMA SUL FUTURO DELL’ EUROPA
I.IL FALLIMENTO, CERTIFICATO DA TRUMP E DA MUSK, DELL’ APPROCCIO FUNZIONALISTICO EUROPEO
Nel 2005, l’iter per la nuova Costituzione Europea si era concluso con la bocciatura da parte degli elettori. Nel 2022, Il Presidente Mattarella aveva osservato, al termine dei lavori della prima Conferenza, ch’ essa si era conclusa in maniera “grigia”. Con il tempo, la situazione è ancora peggiorata, sicché è inevitabile ripartire da basi nuove, oppure diventerà improponibile parlare di Europa ai nostri concittadini.
La Piattaforma sul Futuro dell’ Europa dovrebbe pertanto essere sostanzialmente modificata, per farla divenire, da macchina digitale per simulare il consenso, un reale Forum di dibattito del movimento europeo in senso lato. A tale scopo, dovrebbe essere creato un Comitato paneuropeo di Resistenza e Resilienza (cfr. https://www.alpinadialexis.com/un-comitato-paneuropeo-di-resistenza-e-resilienza/), capace di dialogare direttamente con i cittadini in questa fase tempestosa. Questi Appunti mirano a promuovere una siffatta transizione.
1.Le debolezze progettuali
Il progetto europeo è stato da sempre esposto in modo frammentario, a causa dell’approccio “funzionalistico”. Ciò ha permesso di nascondere le debolezze di fondo nella sua concezione generale, fino all’ attuale caos, reso palese dalla presidenza Trump. La Conferenza sul Futuro dell’ Europa ha confermato questa frammentarietà.
Dal 2022, la guerra in Ucraina e, ora, la vittoria elettorale di Trump, sostenuta e dominata da Musk, hanno peggiorato ulteriormente quelle debolezze:
a)Ignoranza (voluta) del fatto che l’attuale ideologia occidentale, lo scontro con la Cina e gli equilibri nel blocco presidenziale americano sono tutti basati sul controllo dell’ecosistema digitale mondiale, da cui l’ Europa è però esclusa;
b)Conseguente dipendenza dell’Unione (concettuale, culturale, sociale, politica, militare e finanziaria) dai Poteri Forti americani (Deep State, Intelligence Community, Wall Street, Complesso Informatico-Militare, NATO), che, con Trump, hanno assunto un atteggiamento assolutistico, con cui le esigenze dell’Europa non solo vengono trascurate, bensì vengono apertamente condannate e irrise;
c)Rinunzia a qualsivoglia sforzo per la creazione di una classe dirigente europea (comparabile al Deep State o il PCC), dotata di una sua visione culturale originale distinta e delle competenze sociali e tecniche necessarie per realizzarla in pratica; conseguente attribuzione di ruoli apicali europei a soggetti che rappresentano punti di vista anti-europei (p.es., Rutte, Kallas);
d)Abbandono, fino dalla morte, 60 anni fa, di Olivetti e di Chu, di ogni velleità di muoversi verso un ecosistema digitale europeo (concettuale, tecnologico, industriale, finanziario e militare), e conseguente gap tecnologico di 60 anni;
e)Assurda pretesa di normare una materia che: (i) non si padroneggia, essendo sviluppata solo in America e in Cina; (ii) non si conosce neppure, giacché non esistono guru digitali europei;
f)Arrendevolezza di fronte alle inaccettabili campagne dei GAFAM (Zuckerberg)contro l’Unione, volte a eliminare, con la pressione di Trump, le pur modestissime sanzioni contro di essi adottate;
f)Conseguente fallimento di tutte le grandi politiche preannunziate con gran pompa da decenni (sociale, tecnologica, industriale estera e di difesa, ecologica),che oggi richiedono tutte un uso massiccio dell’ Intelligenza Artificiale. Fallimento certificato dal discorso di “Inauguration” di Trump e dagli Executive Orders appena firmati.


II.DIFFICOLTÀ DELLE AGGREGAZIONI CONTINENTALI
L’esigenza di creare un’agglomerazione politico-culturale specificatamente europea, accanto a quelle americane, islamica, indiana e sinica, era emersa fin dall’ inizio del XX° Secolo per effetto della disgregazione dei grandi Imperi europei,e con il contemporaneo imporsi di temi d’interesse universale (trasporti e telecomunicazioni, decolonizzazione, finanza, controllo degli armamenti..), ma in un secolo ha fatto solamente passi avanti infinitesimali.

  1. I rischi del processo d’integrazione
    Il processo di creazione delle altre aggregazioni (Cina, Persia, India, Stati Uniti, Russia) è stato (o è) lungo e faticoso (guerre civili, guerre di liberazione, rivoluzioni, ecc..).Anche la storia dell’ integrazione europea non è stata esente da ostacoli (guerre napoleoniche, Guerra Civile Europea, guerra in Ucraina)e può ancora deragliare prima di aver raggiunto i suoi obiettivi. E’ ciò che stanno minacciando voci dai settori tanto americani quanto russi, che hanno incominciato a pensare che sia possibile, o perfino auspicabile, eliminare l’Unione Europea quale possibile centro di aggregazione alternativo. Il relativo territorio potrebbe essere diviso fra Russia e America, sul modello della Guerra Fredda, in occasione delle discussioni fra Trump e Putin (p.es., Groenlandia vs.Donbass).
    2.Assenza di un progetto veramente alternativo agli USA
    A oggi, nessuno è in grado di chiarire in cosa si distingua il progetto europeo da quello “Occidentale”. Infatti, la vulgata “classica” sosteneva che la specificità dell’Europa consisteva nel Modello Sociale Renano, un misto di consociativismo conservatore e di socialdemocrazia, opposto comunque al “modello anglosassone”, basato sul mercato senza limiti. Con l’avvento della società digitale, questi modelli teorici si sono molto sfumati, con l’Europa che ha smantellato la sua economia mista e il suo diritto del lavoro, e l’America che sta esercitando un interventismo sfrenato (deliberatamente clonato su quello cinese), diametralmente opposto al conclamato liberismo. Resta il conflitto di interessi fra un’America che “contingenta” (come prevedeva Trockij) il capitalismo europeo (nell’informatica,nell’ energia, nell’automotive, nel commercio internazionale), e un’ Europa che subisce passivamente la prospettiva di ridursi a un Paese del Terzo Mondo.
    Probabilmente, una vera e propria “annessione” dell’ Europa agli USA (come minacciata al Canada e alla Groenlandia) darebbe perfino più forza all’ Europa, divenuta in tal caso una lobby interna americana, di quanta ne abbia l’ attuale Unione Europea.
    3.Una cultura allineata con quella americana
    L’Europa attuale non riesce infatti neanche ad esprimere una propria cultura autonoma, come aveva fatto sino agli Anni ‘60, con personaggi come Nietzsche, Freud, Jung, Heidegger, Simone Weil, ma, invece, scimmiotta le diverse, successive, culture americane (Modernismo, Pop, Post-Colonial Studies, Fantasy, Cancel Culture, Alt Right, Woke..)…
    III.POSSIBILI STRATEGIE DI RILANCIO DELL’ EUROPA
    1.Comunità, Unione, Federazione
    L’attuale denominazione dell’organizzazione europea (Unione Europea) è recente. Essa si ispira alla vecchia dicitura ufficiale dell’ Unione Sovietica (Sovietskij Sojuz), prima che si trasformasse, nel 1991, con l’accordo di Belavezha e con il referendum pansovietico, in “Comunità di Stati Indipendenti”(Soobščestvo Nezavisimih Gosudarstv). Si voleva probabilmente dimostrare una reciproca imitazione in vista della Casa Comune Europea, dove l’Unione Sovietica diventava più elastica e le Comunità Europee divenivano più rigide (grazie alla prevista Costituzione).
    Nessuna delle due trasformazioni è andata per il verso giusto.
    Occorre perciò un nuovo disegno complessivo, che potrebbe incominciare con un nuovo cambio di denominazione. Per esempio, usando il termine “Federazione Europea” del Manifesto di Ventotene, “Repubblica Europea” (“Res Publica Europaea”), suggerita da Ulrike Guerot (cfr. U.Guerot,La nuova guerra civile, Alpina,2009).Con maggiore precisione, Sergio Fabbrini (in “A Federal Alternative for European Governance”, Cambridge University Press), propone di suddividere l’Unione in tre livelli: Confederazione, Unione e Federazione (i “tre Cerchi Concentrici”), soluzione già ampiamente dibattuta e analizzata in vari libri di Alpina Dialexis (in particolare, “100 Idee per l’ Europa” e “Da Qin”).
    2.Fuoriuscire dal “cripto-trockismo”
    L’Europa non si è mai voluta dare una politica culturale strutturata e discussa pubblicamente, mentre invece ha assorbito da dietro le quinte un’ egemonia culturale (i cosiddetti vaghi “valori europei”), che in realtà confliggono, tanto con le “radici”classiche europee (filosofia greca e medievale, poesie epica e tragica, Bibbia), quanto con le forme canoniche della Modernità europea(cristianesimo sociale, liberalismo, democrazia rappresentativa, socialismo, federalismo), costituendo invece essi una forma mascherata di teo-tecnocrazia mutuata, attraverso il gauchismo, dal trockismo, nelle sue due ramificazioni, del cosmismo russo (Bogdanov) e della rivoluzione manageriale americana(Burnham), che hanno trovato ora la loro sintesi plastica nella mitologia e simbologia predilette da Elon Musk. Quindi, la polemica condotta dall’ establishment europeo contro Musk resterà illogica e senza sbocco se le Istituzioni non eserciteranno un’ onesta autocritica delle basi millenaristiche del proprio stesso discorso politico, premesse logiche del superomismo muskiano.
    3.Una politica culturale europea
    Contrariamente a quell’ egemonia imposta agli Europei, la politica culturale europea deve innanzitutto dare conto dell’ ampia diversità (culturale, territoriale, religiosa, storica, sociale ed etnica) degli Europei, che è il motivo della loro specificità e la ragion d’essere di un soggetto politico europeo geopoliticamente autonomo.
    Di conseguenza, rendere conto delle diverse “memorie dissonanti” degli Europei (tribale, nomade, medio-orientale, classica, nordica, cristiana, ebraica, islamica, modernistica, cetuale, romantica, occidentale..).
    IV. DOPO BEN 70 ANNI:
    UNA VERA POLITICA ESTERA E DI DIFESA EUROPEA?
    Oggi, la dottrina militare di ogni Paese non può prescindere dalla presenza di una Guerra Senza Limiti fra gli Stati Uniti e la Cina (Qiao Liang e Wang Xiangsui), che si combatte sui piani culturale, tecnologico, ideologico, sociale, militare ed economico.Per questo si insiste da tutte le parti sulla Politica Estera e di Difesa dell’ Europa.
    1.Cambiare la percezione delle minacce
    Purtroppo, l’Europa non può darsi una propria autonoma Politica Estera e di Difesa finché non dispone di una propria classe dirigente influente e competente in grado di elaborare e perseguire una dottrina militare adeguata alle sue esigenze. Infatti, tutte le attività militari dell’ Europa sono state concepite esclusivamente come supporto delle Forze Armate americane, sicché non si è neppure presa in considerazione, né l’ipotesi che la presenza americana venga meno (come minacciato adesso da Trump), né che delle minacce possano venire dagli stessi Stati Uniti. Questo però è già successo con la distruzione del North Stream, e, ora, con le minacce alla Danimarca per la Groenlandia. Evidentemente, questo tipo di minacce va inserito fra quelle a cui la Politica Estera e di Difesa deve potenzialmente fare fronte.
    La minaccia di ritirare le truppe dall’ Europa viene vista dal nostro “establishment” come un disastro (perché toglierebbe ad esso il suo “back-up” poliziesco, indispensabile alla sua sopravvivenza), ma in realtà, come scrive, su “Il Fatto Quotidiano”, Barbara Spinelli, “sarebbe una manna per l’ Europa” perché le permetterebbe di realizzare, con il 5% del PIL, non solo una vera politica estera e di difesa, bensì anche una vera politica tecnologica, industriale e commerciale.
    2.Programmare per il lungo termine.
    Una dottrina militare, e, soprattutto, una cultura militare, non si possono improvvisare. Esse presuppongono lunghe fasi di riflessione, studio, ricerche, formazione, addestramento, intelligence, progettazione, produzione, immagazzinamento, che vanno oltre una generazione, e non possono essere limitate da una contingente situazione geopolitica, perché debbono produrre innanzitutto degli uomini: degli ufficiali efficienti e fedeli al Paese. Una dottrina militare europea deve poter valere anche fra due generazioni.
  2. Un corpo di ufficiali europeisti
    Il fatto che Rutte (NATO) e Kallas (Politica Estera e di Difesa) stiano semplicemente facendosi portavoce delle richieste di Trump (aumento della spesa militare al 5%, allargamento all’ America delle commesse europee, cessione della Groenlandia) dimostra che non abbiamo oggi leaders in grado di gestire un’autonoma Politica Estera e di Difesa Comune, la quale potrà nascere solo quando li avremo selezionati e preparati.
    4)Un esercito europeo
    Anche di questo si parla da oramai 60 anni (vedi CED), ma senz’alcun risultato, perché si cadde sempre nella falsa alternativa fra un esercito subordinato alla NATO (come quello ipotizzato per la CED e dal recente documento del Movimento Europeo), o un esercito ostaggio di uno Stato Membro (come la Force de Frappe francese). Esiste una terza alternativa, un “Praetor Peregrinus” che sia espressione della professione militare e che sia uscito dall’ Accademia militare paneuropea, capace quindi di incarnare in campo militare la missione dell’ Europa.
    5)Un esercito tecnologico
    Un nuovo esercito che nasce oggi non può costituire semplicemente una proiezione ingigantita degli eserciti attuali. Se mai dovrà combattere, saranno guerre fra macchine intelligenti, o contro macchine intelligenti (Manuel De Landa, La guerra al tempo delle macchine intelligenti).
    Quindi, occorrerà sviluppare, in sequenza: lo stato maggiore, l’intelligence, la base tecnologica, la produzione militare, le competenze nucleari, missilistiche e nucleari, la guerra informativa, la guerra economica. Lo sviluppo dell’Esercito Europeo dovrà andare in parallelo con lo sviluppo culturale, politico, tecnologico, industriale ed economico del popolo europeo, da realizzarsi secondo piani a medio termine come lo NSCAI americano e Made in China 2025.
    V. UN’INDUSTRIA DIGITALE EUROPEA
    La capacità di gestire un ecosistema digitale complesso, e, anzi, di promuovere una rivoluzione digitale, è molto di più di una competenza tecnica, o dell’ elaborazione di principi etici e politici: è un vero e proprio orientamento di vita, che oggi non esiste, perché, con la decisione di “estirpare il neo” della Divisione Informatica dell’ Olivetti, enunziata da Visentini, si era cancellata a Ivrea ogni traccia di un “distretto culturale, politico e industriale digitale” europeo, anticipatore della Silicon Valley (Società industriale, Centro Culturale, Rappresentanza Politica, Centri di Progettazione e produzione per hardware e software, per i mainframe e i personal computer, e una propaggine negli Stati Uniti, a Cupertino).
    Se l’Europa vuole poter tornare a contare in campo digitale, in modo che le sue normative non restino, come oggi, delle Grida Manzoniane, deve riprendere urgentemente quell’ esperienza usando, per finanziarla, il 5% della politica estera e di difesa, senza sprecarlo in burocrazia, produzione di armi obsolete e tributi all’ America.
    Occorrerebbe chiedere all’America, come contropartita della “riduzione del disavanzo commerciale”, la cooperazione alla creazione di un’autonoma industria digitale europea.
    1.Una classe dirigente digitale
    Come prima cosa, Adriano Olivetti si fece suggerire da Enrico Fermi il nome di un teorico brillante, individuato nel giovanissimo italo-Cinese Mario Chu, professore alla Columbia University, affidandogli un piccolo team di ricercatori scelti dallo stesso nel centro di ricerche di Pisa in collaborazione con la Scuola Normale Superiore.
    Come seconda cosa, creò, intorno ai nuovissimi computer, una cultura aziendale umanistica e un’”aura” estetica per un marketing intelligente di altissimo livello.
    Tutto ciò ha generato un’eredità di cultura aziendale (e non solo) che sarebbe stata determinante, se solo lo si fosse voluto, in questi 60 anni.
    Anche oggi occorre individuare una ristretta élite di ingegneri motivati culturalmente e con un forte impegno europeistico, a cui affidare questo compito immane.
    2.Il controllo umano sul digitale
    L’Unione Europea si è concentrata nell’ ultimo decennio sulla disciplina delle attività digitali, relativamente alle quali ha sviluppato un importante corpus di norme, a cui si sono ispirati altri Paesi (il cosiddetto “Effetto Bruxelles”). Purtroppo, essendo tutta l’industria digitale concentrata negli Stati Uniti e in Cina, l’Unione Europea riesce solo in minima parte ad applicare le sue normative. Soprattutto, la filosofia adottata non coglie la natura dell’attività informatica attuale, che modifica l’essenza stessa dell’ umano, manipola i processi democratici, impone monopoli, crea disoccupazione. Anche se le attuali normative europee fossero veramente applicate, inciderebbero poco sulla realtà.
    Il controllo umano sull’informatica richiederebbe ben altri interventi, di educazione, formazione del carattere, addestramento tecnico, lotta ai monopoli. Parallelamente al ceto degli ufficiali europei, occorrerebbe formare un nuovo ceto di tecnici informatici ispirato ai principi della responsabilità sociale e nazionale e della centralità dell’Umano.
    3.Imprese digitali europee
    Chiuderebbe il quadro la creazione, da tutti promessa, ma mai realizzata, di imprese digitali europee comparabili a Google,Meta, X.Baidu, Alibaba, Huawei.
    La loro inesistenza a oggi si spiega con un boicottaggio concertato fra Unione, Stati, America e poteri diffusi (banche?), sul “Modello Visentini”, ma anche con la scarsa cura con cui sono state sviluppate, con soldi pubblici europei, iniziative come Qwant e GAIA.x.
    Fino ad ora, la giustificazione di tutto ciò era che l’innovazione dev’essere perseguita dai privati, senza asfissianti interventi pubblici. Peccato che da tempo, ormai, si stia svolgendo fra USA e Cina una corsa agli aiuti pubblici, mirante “a mettere fuori mercato il mondo intero”(Schumer).Ora, nuovi aiuti pubblici dovranno permettere all’ Europa di non essere messa fuori mercato.
    4.Industria aerospaziale europea
    Nel corso del XX Secolo, l’industria aerospaziale era stata percepita anche in Europa come strategica anche e soprattutto per i suoi usi “duali”, e pertanto favorita dai Governi (Tornado, Eurofighter, Mirage, Gripen, Airbus, EADS, Ariane, Vega). Ultimamente, il settore pubblico ha rallentato il suo vero impegno, rendendo impossibile per gli Europei mantenere le loro posizioni di mercato. Ciò ha reso fattibile lo spettacolare sviluppo di Starlink.
    L’industria aerospaziale europea ha grandi tradizioni. Riuscirà a sopravvivere e a prosperare se verrà sostenuta pesantemente dal settore pubblico, come accade negli USA e in Cina.
    VI . LAVORARE PER LA PACE
    1.Una cultura europea aperta al resto del mondo
    L’Europa non ha mai condiviso la frenesia messianica dell’ America (la “Casa sulla Collina”,l’”Esportazione della Democrazia”), essendosi anzi impegnata (in modo perfino irrealistico), sulla sua ancestrale idea (Eraclio e Concilio di Worms), della Pace Perpetua. Essa ha avuto molti ed approfonditi contatti con le altre grandi sfere di civiltà (come al-Andalus, la Cina e il Sudamerica), attraverso i Gesuiti; l’India, attraverso la Compagnia delle Indie, e, più recentemente, l’Islam attraverso Guénon, e i popoli delle steppe tramite la Russia.
    E’ contrario all’habitus mentale europeo, e anche ai sui interessi, impegnarsi in guerre per procura, materiali o culturali, contro la Cina, il Medio Oriente o la Russia, che sono i suoi interlocutori ideali e i maggiori mercati mondiali. La rinnovata aggressività di Trump e di Musk contro l’Europa, accoppiata a una disponibilità verso la Russia evidenzia l’urgenza d’interrompere il circolo infernale di conflitti fra “the West and the Rest”, ritornando ai motivi di unità culturale: dalle Religioni del Libro alle Vie della Seta, alla cultura alta dell’ Ottocento e del Novecento, utilizzando anche i canali posti a disposizione dalle Chiese che hanno il loro centro in Europa.
  3. Europa dall’ Atlantico a Vladivostok
    In particolare, il Paese di Cechov, Gogol, Dostojevskij, Tol’stoj, Ciajkovskij e Sol’zhenitcyn non può essere escluso , nonostante gli sforzi dei leader russi (Gorbaciov, Eltsin e Putin, ma perfino Khrusciov), dall’ Europa, come si sta facendo invece da almeno 30 anni.
    Al contrario, una Russia “sdoganata” nel prossimo processo di pace può e deve essere, come proponeva Leibniz, un ponte con la Cina , alla quale la uniscono popoli e tradizioni comuni, da quelli siberiani ( Tungusi e Mancesi), a quelli turcici (Tatari e Uighuri), a quelli iranici (Hui e Osseti).Le Vie della Seta costituiscono uno degli strumenti fondamentali per l’Europa per compensare, con nuovi traguardi a Est, le perdite e i dazi della nuova politica protezionistica americana.Come ha dichiarato ad Affari e Finanza Mario Moretti Polegato, “Dobbiamo tornare a comprare il gas russo”.
    3.Un’Ucraina al centro dell’ Europa
    Una volta chiarito che l’Europa non è nemica della Russia e della Cina, anche la questione della Ucraina potrebbe risolversi in modo soddisfacente.
    Le polemiche che si sono sviluppate circa il carattere alternativo dell’Ucraina rispetto alla Russia hanno lo stesso modesto spessore di quelle circa la Hispanidad dei Catalani o quella della Britishness degli Scozzesi. Vale a dire, non tengono conto che continuano a sussistere “identità multiple”: quelle “continentali”, “nazionali” e “locali”. La collocazione su uno di questi livelli non dovrebbe avere conseguenze drammatiche perché oggi siamo tutti parti di un’”Identità Europea”.
    Il fatto che “Ucraina” significhi “alla frontiera” mette in evidenza la sua affinità con la “Krajina” che esiste più a Occidente, fra Dalmazia, Bosnia, Croazia, Vojvodina, Banato e Transilvania, cioè il “Confine Militare” fra Regno di Ungheria e Impero Ottomano, abitato da milizie multinazionali e con un regime autonomo. Non diversamente, in Ucraina c’erano la “Zaporizska Sich” e la “Svoboda Ukraina”, abitate dai Cosacchi, e i “Dikie Pole” (“Campi Selvaggi”), abitati dai Tatari, i Nogai e i Circassi. Si tratta quindi di “territori federali” europei “ante litteram”.
    Il fatto che storicamente Kiev sia stata così contesa ne fa un luogo ideale per essere la capitale di un’entità sovranazionale come la Confederazione Europea. E, di fatto, Mitterrand aveva organizzato nel 1989 a Praga una conferenza per fondare una siffatta Confederazione fra UE e Russia (la “Casa Comune Europea”).
    Nel caso in cui, dopo la guerra che tutti vogliono fare finire, si possa riprendere il discorso sulla Confederazione, si potrebbe creare un sistema di sicurezza integrato, comprensivo delle questioni, apparentemente insolubili, dei missili e delle basi (che per altro sono già oggi sul tavolo fra USA e Russia) ponendo fondamenta solide per la pace nel Continente, la quale , secondo il progetto di Saint-Pierre e di Kant e il Manifesto di Ventotene, oggi di fatto calpestati dall’ “establishment” europeo, avrebbe dovuto essere la stessa ragion d’essere dell’ integrazione europea (“La Paix Perpétuelle”).

“MAKE ITALY GREAT AGAIN”!A margine delle direttive del Ministro Valditara sul primo ciclo scolastico

Le nuove direttive del Ministro , oggetto fin da subito di una polemica accanita prima ancora di essere pubblicate per intero, non sono comunque particolarmente innovative, in quanto ricalcano situazioni già presenti in passato (Latino, Bibbia, Storia distinta dalla geografia, priorità alla storia italiana ed europea, apprendimento a memoria delle poesie e poemi epici) e poi abbandonate anni fa per effetto dell’attualmente deprecata ”egemonia culturale della sinistra” .
Inoltre, il Ministero non ha ancora predisposto le corrispondenti direttive che dovrebbero valere per le scuole superiori, né ha neppure rivelato l’intera architettura delle direttive per il primo ciclo (elementari e medie), sicché non si può capire bene se saranno mantenute certe caratteristiche proprie delle precedenti Direttive (per esempio per ciò che riguarda l’Inglese e l’Informatica, care a Berlusconi).
Soprattutto, manca, qui come ovunque, una visione del futuro dell’Italia e dell’ Europa, in funzione della quale valga la pena di garantire la formazione dei nostri giovani e di immaginare nuove iniziative.L’imperativo è “galleggiare”.

Il tragico attentato a Mattei, che getta una luce sinistra sul cosiddetto “Miracolo Economico”


1.Nostalgia per gli Anni ‘50?
E’ stato detto che questo modo di procedere non permette a oggi una valutazione d’insieme, ma, a nostro avviso, se una impostazione veramente innovativa ci fosse, sarebbe già emersa. Invece, queste direttive sono certamente un omaggio (per altro positivo) alla nostalgia degli Anni ’50, quando noi andavamo a scuola. Però, una cosa è plaudire al ritorno di una maggiore serietà, sfrondando le bardature sessantottine; un’altra è adeguare la scuola a un mondo che, in 65 anni, è molto cambiato, e non nel senso voluto dai Sessantottini (ma neanche in quello voluto dai pretesi conservatori). Quindi, anche per la scuola, continuiamo a “galleggiare” come, secondi il Censis, per l’economia. Inoltre, i bambini che frequentano ora le elementari e le medie dovranno entrare nel mondo del lavoro in un periodo variabile fra i 3 e i 25 anni, e continuare a lavorare fino ai 70 anni, quando il mondo sarà di nuovo molto cambiato (non necessariamente in meglio).
Oggi, comunque, c’è la Singularity tecnologica, che, attraverso Musk, Zuckerberg, Bezos, ecc…, ci sta trasformando deliberatamente tutti in robot; c’è una competizione mondiale che viene innanzitutto dall’ Asia, dove gli studi sono ben più seri dei nostri; c’è l’Unione Europea, in cui siamo bene o male immersi, e in cui, per contare, dobbiamo essere prima di tutto preparati; c’è una situazione bellica in cui i giovani debbono essere pronti anche per la guerra, come hanno dichiarato i vertici della NATO e delle Forze Armate italiane.
Tutto ciò significa che dovremo tutti studiare di più e più a lungo, per produrre di più, organizzarci meglio e competere al meglio con altri sistemi-paese ultra-preparati. Dovremo anche forgiare il carattere dei nostri cittadini, affinché siano capaci di non soccombere neppure dinanzi alle difficoltà veramente grandi che si prospettano. Per cui va anche bene che i giovani vadano a lavorare all’ estero, ma per divenire imprenditori, o creativi, o professori, o generali, ma non per andare a lavare i piatti (come stanno facendo adesso). E infine smettiamola di considerare come “estero” la Francia o la Germania!

Il malinconico edificio del Lingotto costituisce un eloquente simbolo del nostro mediocre futuro


2.Un futuro troppo poco ambizioso
Di tutto ciò non c’è traccia, né nelle nuove direttive, né nelle critiche sviluppate dell’opposizione. Segno che la prospettiva che tutti i politici hanno in mente per i nostri giovani è la continuazione del presente limbo (culturale, geopolitico, economico e sociale), di un Paese, nonostante le retoriche, sempre più marginale, che essi non solo accettano, bensì cooperano anche attivamente nel difendere e preparare.
Ma, a monte di tutto ciò, non c’è lo sforzo per formare, al di là della datatissima pedagogia anti-autoritaria che ha creato l’”era delle passioni tristi”, una nuova classe dirigente europea, cosciente di se stessa e delle proprie tradizioni, capace di affrontare con determinazione gli altri complessi geo-politici per decidere il futuro del mondo. In concreto, servirebbero, tra l’altro, molta più cibernetica, molta più linguistica generale e comparata, molte più informazioni dal resto del mondo.
Va anche bene l’allargamento dell’ambito della letteratura all’ epica nordica, seguendo i gusti del principale partito di governo (Atreju, Tolkien), ma senza il solito servilismo verso l’America e il suo showbusiness, secondo cui “epica nordica” sarebbero i cartoni animati sui supereroi e addirittura sugli “American Gods”. I nostri serials, con i nostri supereroi, facciamoceli noi, utilizzando i materiali qui da noi disponibili. Per esempio, lo sapevate che il primo poema epico “tedesco” (lo Hildebrandslied) era stato composto in Italia, in lingua longobarda, ed era dedicato alla guerra fra i Goti e gli Eruli (Odoacre) per il controllo dell’ Italia?

Le epopee medievali sono anche una triste riflessione sulla guerra e i guerrieri
  1. L’ Hildebrandslied ricostruito in lingua longobarda

Ik gihorta dat seggen,
ðat sih urhettun ænon muotin,
Hiltibrant enti Haðubrant untar heriun tuem.
sunufatarungo iro saro rihtun,
5
garutun sê iro guðhamun, gurtun sih iro suert ana,
helidos, ubar hringa do sie to dero hiltiu ritun.
Hiltibrant gimahalta, Heribrantes sunu, – her uuas heroro man,
ferahes frotoro – her fragen gistuont
fohem uuortum, hwer sin fater wari
10
fireo in folche, . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . «eddo hwelihhes cnuosles du sis.ibu du mi ęnan sages, ik mi de odre uuet,
chind in chunincriche. chud ist mi al irmindeot.»
Hadubrant gimahalta, Hiltibrantes sunu: «dat sagetun mi usere liuti,
alte anti frote, dea érhina warun,
dat Hiltibrant hætti min fater: ih heittu Hadubrant.

forn her ostar giweit, floh her Otachres nid,
hina miti Theotrihhe enti sinero degano filu.
20her furlaet in lante luttila sitten,
prut in bure barn unwahsan,
arbeo laosa. her raet ostar hina.
des sid Detrihhe darba gistuontun
fateres mines: dat uuas so friuntlaos man.
25
her was Otachre ummet tirri,
degano dechisto miti Deotrichhe.
her was eo folches at ente: imo was eo fehta ti leop.
chud was her chonnem mannum.
ni waniu ih iu lib habbe.» –
30
«wettu irmingot», quad Hiltibrant obana ab heuane,
dat du neo dana halt mit sus sippan man
dinc ni gileitos!»
want her do ar arme wuntane bauga,
cheisuringu gitan, so imo se der chuning gap,
35huneo truhtin: «dat ih dir it nu bi huldi gibu.»
Hadubrant gimahalta, Hiltibrantes sunu:
«mit geru scal man geba infahan,
ort widar orte.
du bist dir, alter Hun, ummet spaher;
40
spenis mih mit dinem wortun, wili mih dinu speru werpan.
pist also gialtet man, so du ewin inwit fortos.
dat sagetun mi sęolidante
westar ubar wentilsęo, dat inan wic furnam:
tot ist Hiltibrant, Heribrantes suno.»
45
Hiltibrant gimahalta, Heribrantes suno:
«wela gisihu ih in dinem hrustim,
dat du habes heme herron goten,
dat du noh bi desemo riche reccheo ni wurti. –
welaga nu, waltant got», quad Hiltibrant, «wewurt skihit!
50
ih wallota sumaro enti wintro sehstic ur lante,
dar man mih eo scerita in folc sceotantero.
so man mir at burc ęnigeru banun ni gifasta.
nu scal mih suasat chind suertu hauwan,
breton mit sinu billiu, – eddo ih imo ti banin werdan.
55
doh maht du nu aodlihho, ibu dir din ellen taoc,
in sus heremo man hrusti giwinnan,
rauba birahanen, ibu du dar enic reht habes.» –
«der si doh nu argosto», quad Hiltibrant, «ostarliuto,
der dir nu wiges warne, nu dih es so wel lustit,
60
gudea gimeinun: niuse de motti
hwerdar sih hiutu dero hregilo rumen muotti,
erdo desero brunnono bedero uualtan!»
do lęttun se ærist asckim scritan,
scarpen scurim, dat in dem sciltim stont.
65
do stoptun to samane staimbort chludun,
heuwun harmlicco huittę scilti,
unti im iro lintun luttila wurtun,
giwigan miti wabnum . . . . . . . . . . .

Questo ho udito raccontare, 

che si scontrarono in singolar tenzone
Ildebrando e Adubrando fra gli eserciti.
Il figlio e il padre

le loro armature aggiustarono, prepararono le loro vesti di guerra,
si cinsero le spade, gli eroi, sopra gli anelli, e quindi alla battaglia cavalcarono. Ildebrando parlò, figlio di Eribrando, – egli era uomo più anziano, della vita più esperto-; egli a domandare cominciò
con poche parole, chi suo padre fosse degli uomini nella schiera, […] «oppure di quale stirpe tu sia.

Se tu uno me ne dici, io (da me) gli altri conoscerò, figliolo,
Nel regno del re, nota mi è tutta la schiera armata.»

Adubrando parlò, figlio di Ildebrando: «Questo mi dissero le nostre genti, antiche e sagge, che prima vivevano,
che Ildebrando si sarebbe chiamato mio padre; io mi chiamo Adubrando.

Un tempo egli verso oriente partì – fuggiva l’odio di Odoacre, – insieme a Teodorico e a molti suoi seguaci. Egli lasciò in patria indifesa risiedere la moglie nelle sue stanze, il figlio non ancora cresciuto, di eredità privo. Egli cavalcò in direzione dell’oriente, allorché Teodorico bisogno ebbe di mio padre; era un uomo così privo di amici!

Egli era con Odoacre senza misura adirato, il più amato dei seguaci (che erano) con Teodorico.
Egli era sempre alla testa dell’esercito: a lui fu sempre la lotta molto cara.
Noto era egli … agli arditi guerrieri;
io non credo che ormai vita abbia.» «

Prendo a testimone il potente dio» [disse Ildebrando] «dall’alto del cielo,
che tu finora giammai con un così stretto parente hai ingaggiato un duello.»
Svolse egli allora dal braccio i ritorti anelli fatti d’oro, che a lui il re aveva dato,. . . . . . . . il signore degli Unni:
«Ecco, a te questo ora dono in segno di benevolenza.» Adubrando parlò, figlio di Ildebrando:
«Con la lancia si devono ricevere i doni, punta contro punta.
Tu sei, vecchio unno, senza misura scaltro,

mi alletti con le tue parole, vuoi con la tua lancia colpirmi.
Così sei invecchiato, perpetrando continui inganni. Questo mi dissero coloro che viaggiano per mare
verso occidente sul Mare dei Vandali (i.e. Mediterraneo), che lui la lotta rapì: morto è Ildebrando, figlio di Eribrando.»
Ildebrando parlò, figlio di Eribrando:
«Bene io vedo dalla tua corazza
che tu hai in patria un buon signore,
che tu da questo regno ancora non fosti bandito.»

«Ahimé ora, potente dio», [disse Ildebrando,] «il doloroso destino si compie.

Io errai per sessanta estati ed inverni fuori dalla patria,

là sempre mi si designò nella schiera degli arcieri (i.e. guerrieri scelti): ma nessuno presso alcuna città mi arrecò morte. Ora il mio proprio figlio con la spada mi colpirà, abbatterà con il suo brando, oppure io a lui diverrò causa di morte.

Quindi puoi tu facilmente, se ti basta il coraggio,

a un così antico guerriero conquistare l’armatura, derubare le spoglie, se tu ne hai qualche diritto.»

«Colui sarebbe invero ora il più vile», disse Ildebrando, «delle genti d’Oriente,
che a te ora negasse la lotta, ora che ciò così tanto brami,

il mutuo combattimento: tenti colui che può, quello dei due che oggi possa gloriarsi di (op. abbandonare) queste armature, finché entrambe queste corazze possegga». Allora lasciarono dapprima volare le lance, con violenti rovesci che sugli scudi si abbattevano.

Allora s’avvicinarono l’un l’altro, gli scudi della battaglia ruppero (?), colpirono rabbiosamente gli splendenti scudi, finché i loro scudi di tiglio piccoli divennero, distrutti dalle spade …………….

Nietzsche a Torino : il simbolo dell’interpenetrazione fra la cultura italiana
e quelle europee

4.Le competenze letterarie comparate


L’Hildebrandslied fu poi rifuso, nel Monastero di Fulda, in una lingua artificiale, comprendente Antico Alto Tedesco, Antico Basso Tedesco e Anglosassone, che ne assicurò la diffusione in tutta l’area germanica.
Come testimoniano anche il Beowulf, il Canto della Schiera di Igor e il Parzival, nelle “ere barbariche”, le competenze linguistiche erano più diffuse che oggi, nell’ era della pretesa “globalizzazione”.


4.Le letterature comparate
Comunque, come si vede, è impossibile fornire oggi ai giovani basi culturali che siano limitate a questo o quello degli attuali “Stati nazionali”, perché già anticamente queste distinzioni non c’erano. Perciò, abbiamo tanti antichi testi italiani in lingue diverse dall’ Italiano e dal Latino, come ad esempio il Francese (Langue d’Oil e Langue d’Oc, con Marco Polo e Brunetto Latini ),Tedesco (Walther von der Vogelweide), arabo (Ibn Hamdis).Ma anche in tempi più recenti, quante opere classiche di altre lingue sono legate al nostro Paese: dai Viaggi in Italia di Goethe e Stendahl (che si professava “milanese), alle opere viennesi di Mozart scritte in Italiano, dal Du Pope di De Maistre al Wilhelm Meister, dall’Ecce Homo di Nietzsche alle Elegie Duinesi, dalla Madre di Gorkij ai Rimskie Sonety di Ivanov…
Lo stesso vale per il Cinese, in cui Matteo Ricci ha scritto opere importanti, come “Il vero significato del Signore del Cielo”.
Perciò, chiudere il primo ciclo scolastico alle lingue e letterature straniere è impossibile. Certo, una cura particolare dovrà essere dedicata alla conoscenza della storia, delle lingue e delle culture europee (che formano la nostra identità), ma anche le grandi civiltà extraeuropee vanno conosciute, perché condizionano pesantemente il futuro dell’Umanità, e inoltre costituiscono un importante sussidio per superare i limiti della nostra cultura.
E’ chiaro che la dicitura “Culture dell’ Occidente” è una pericolosa forzatura. Si vuole continuare ad escludere la conoscenza, da parte degl’Italiani, del 90% del mondo, in un momento in cui l’industria cinese, la religione islamica, l’informatica indiana, sono al centro della storia mondiale?
Poi ci si stupisce se la nostra cultura, economia e società, anziché progredire, regrediscono in tutti i campi oramai da decenni?
Addirittura, si vorrebbe impedire, nell’attuale clima di guerra generalizzata, che i giovami, studiando storia, letteratura e filosofia, possano provare simpatia per l’Islam (come già Dante), oppure per l’ India (come Schopenhauer, Guénon, Eliade), o, infine, per la Cina (come Marco Polo, Ricci, Leibniz, Voltaire e Pound).
Noi, ai nostri tempi, non ostante che a quell’ epoca non facessero parte dei programmi, leggevamo il Bhagavad Gita, Gandhi, Mishima e Mao Tse Dong. Vogliamo che le nuove generazioni tornino indietro di 50 anni quanto a conoscenza del mondo? Altro che educazione all’indipendenza nelle scelte!

“TRUSK”:UN MOMENTO DI DISVELAMENTO DELLA MODERNITA’

La storia culturale della Modernità è piena di paradossi, che derivano in ultima sintesi dal contrasto fra, da una parte, la pretesa trionfalistica di avere superato, grazie alle “idee chiare e distinte”, l’interminabile era del mito, e, dall’altro, l’incapacità di definire in modo soddisfacente un qualunque termine del mondo dell’esistenza: soggetto, oggetto, ragione, verità, mondo…


1.Dalla Dialettica dell’Illuminismo al Nichilismo
Da quell’ incapacità deriva un susseguirsi spasmodico di intuizioni, affermazioni e ipotesi, in cui l’unico aspetto costante è la ferma volontà di occultare in ogni modo, sotto il velo della apparente logica, della pretesa verità, della falsa obiettività, del metodo “scientifico”, dei “valori non negoziabili”, l’assoluta inconoscibiltà del mondo, e perfino dell’Io.
Nel corso dei secoli, solo alcuni,pochi, autori, come Eraclito, Pirrone, Tertulliano, al-Ghazzali, Hume, Leopardi, Nietzsche, Wittgenstein, Heisenberg, De Finetti e Feyerabend, hanno osato rivelare appieno questo meccanismo, che non soltanto scardina tutti i sistemi religiosi, filosofici e politici, ma, addirittura, paralizza la capacità di progettare (il “nichilismo”).Eppure, questa situazione è ben presente all’interno di ciascuno di noi, sì che chiunque deve affrontarla e gestirla, oggi come sempre.
Nonostante la crescente complessità e raffinatezza dei miti (trasformatisi gradualmente in lingua, religione, storia, politica, diritto, filosofia, arte), la loro debolezza e precarietà non cessa di rivelarsi nelle diverse epoche storiche; e compito primario delle classi dirigenti è sempre stato, ed è ancor sempre, quello di coprire con nuove creazioni le crepe delle narrazioni dominanti per evitare crisi culturali, e quindi politiche. Proprio da quest’ esigenza ininterrotta di “Riparazione del mondo” (“Tikkun ha-Olam”) deriva l’asprezza delle guerre culturali, che, anziché arrestarsi con l’avvento dell’ attuale era ipertecnologica, s’intensificano vieppiù, come dimostra l’attuale lotta per l’egemonia culturale e per il dominio sui mezzi di comunicazione.


2.Dai paradossi della Modernità al contrattacco MAGA
All’ interno del processo di disvelamento, il presente potrebbe costituire un momento di presa di coscienza, da una parte del mondo politico e culturale, circa la conflittualità del progetto occidentale con gl’ideali umanistici e in larga misura conservatori che pure animano il discorso pubblico di buona parte dell’ establishment europeo.
E’ il cosiddetto “scossone” per l’ Europa auspicato,tra gli altri, dall’ex-Commissario Gentiloni, anche se non si vede proprio quale potrebbe essere il soggetto attivato da questo scossone, visto che ancor oggi nessuno è capace, ma neanche desideroso, di assumere un ruolo di autentica “leadership” europea. Siamo innanzitutto di fronte a un effetto intimidatorio di lungo periodo, sulle classi dirigenti, delle vicende Olivetti, Chu, Mattei e Moro, che hanno dimostrato che chiunque fa veramente gl’interessi dell’ Italia e dell’ Europa viene comunque punito; poi, del risultato degli sforzi sistematici del sistema educativo di formare caratteri deboli e menti confuse,..
Inoltre, non è affatto detto che modeste innovazioni istituzionali (come il voto a maggioranza o l’aumento delle risorse proprie) possano supplire alla mancanza di identità e di leadership.
Certo, dovrebbero fare sobbalzare gli Europei il preventivato contratto italiano con Starlink, il sostegno di Musk agli elementi più estremi dell’UKIP e all’ AfD, la rivendicazione, da parte di Trump, di Groenlandia, Canada e Panama, oltre che l’innalzamento della richiesta di aumento delle spese militari, dal 2% al 5%. Richieste che, se accettate, comporterebbero la distruzione dell’economia europea e lo smantellamento delle seppur modeste parvenze di politiche europee commerciali e di difesa. Ma che, soprattutto, mettono comunque in evidenza quali siano gli obiettivi bipartisan americani, al di là dei veli ideologici , siano questi anti-woke, siano essi progressisti. La realtà è che, come prevedeva Morozov(ne “I Signori del Silicio”), le classi dirigenti dell’ Occidente, e soprattutto degli USA, si preparano a difendere con l’informatica le loro posizioni di privilegio (cfr. “The New Digital Age”), e questo, non potendo toccare, né la Cina, né l’ India, né l’Iran, viene fatto accrescendo ai danni degli alleati -innanzitutto europei-(“mettere fuori mercato il mondo intero”, cfr.l’”Inflation Reduction Act”).

Droni assassini

3.Le debolezze del discorso “occidentale” e l’incapacità di usarle.
La contropartita negativa, per gli USA, di questo gioco allo scoperto, sarebbe che diviene per essi sempre più difficile utilizzare le loro usuali retoriche del “mondo libero”, del libero mercato, della concorrenza e dell’indipendenza nazionale, quando invece il potere americano (statuale e informatico) si comporta in modo così specularmente e platealmente opposto, licenziando via tweet governi e magistrati indipendenti, rivendicando territori stranieri per pure esigenze di sicurezza nazionale, imponendo all’ Europa cambiamenti radicali della propria legislazione. Come fare a sostenere che gli USA si ispirano a regole obiettive nell’ interesse dell’Umanità, quando non rispettano i principi ch’essi stessi hanno imposto (democraticità, reciprocità, autodeterminazione, antitrust, rispetto dei trattati)? I fatti dimostrano anche che non si tratta qui solo di una scelta tattica e soggettiva, legata a questo o quel presidente, ma del comportamento sistemico di un Paese che applica in tutto il mondo tariffe discriminatorie, sanzioni ed altri tipi di “coercion” che allo stesso tempo dichiara totalmente vietati. Un ennesimo caso di “double standard”, che s’inquadra perfettamente nel panorama di nascondimento generalizzato che caratterizza la Modernità (che, a questo punto, s’identifica con l’ipocrisia puritana).
Ebbene, per i motivi che abbiamo sopra evidenziato, nei fatti, quello “scossone” di cui avevamo parlato all’ inizio non c’è, nei fatti e neppure nelle coscienze. Ci si limita a descrivere con un poco più di realismo del solito i fenomeni in corso, con i quali l’establishment è evidentemente del tutto intenzionato a convivere senza reagire.Anche perché si tratta della roiproposizione, in termini più aggressivi, di idee che giravano da tempo.
L’idea che le società informatiche (i GAFAM) dovessero guidare l’America alla conquista del mondo era stata espressa da Schmidt e Cohen già nel 2005 nel loro “The New Digital Age”, ed attuata in pratica con la “NSCAI” NATIONAL SECURITY COMMISSION ON ARTIFICIAL INTELLIGENCE , che redasse, sotto la guida di Schmidt, e fece approvare dal Congresso, il CHIPS and Science Act e l’Inflation Reduction Act, volti a “mettere il mondo stesso fuori mercato”, oltre a gettare le basi per altri 9 provvedimenti legislativi a favore dell’ AI americana. Oggi, furoreggia, inoltre, la singolare idea che gli Stati esteri debbano “ridurre il surplus commerciale con gli USA”, quando tale surplus deriva solo dal fatto che, grazie al signoraggio del dollaro, gli Americani possono comprare gratis qualunque merce in tutto il mondo. L’unico vero modo per eliminare il deficit commerciale americano sarebbe quindi eliminare il signoraggio del dollaro, con la “de-dollarizzazione”; invece, gli USA e i filo-americani d’Europa (come Christine Lagarde e Ursula von der Leyen), vorrebbero che tale surplus venisse eliminato comprando in America prodotti antieconomici di cui gli Europei non hanno alcun bisogno.
Ci si potrebbe stupire del fatto che molti osservatori ritengano che Europa e America tendano a divergere, quando, di fatto, quel che si vede in superficie è una sempre maggiore acquiescenza degli Europei agli Americani, e perfino l’erosione di una delle ultime isole di resistenza, l’estrema destra, cooptata così facilmente da Musk. Invece, la divaricazione è nei fatti stessi, nell’ atteggiamento oramai platealmente ostile del potere americano nei confronti degli Europei, e giungerà all’ estremo dei paradossi se, per ipotesi, gli Europei accettassero di aumentare al 5% del PIL le loro spese di difesa. Ciò vorrebbe dire una spesa annua di 850 miliardi di Euro, cioè pari a quella americana. Ma, se ciò fosse, non avrebbe proprio più alcun senso che gli USA dominassero la NATO, Con 850 miliardi l’anno, l’Europa dovrebbe potersi permettere un servizio segreto europeo, un sistema missilistico, spaziale e nucleare, europeo, dei missili ipersonici, oltre che una potentissima industria “duale”. Inoltre, se l’America persisterà a voler annettere territori, come la Groenlandia, che sono “territori d’oltremare” di uno Stato Europeo, l’Europa dovrebbe considerare, nella sua “percezione delle minacce”, anche e soprattutto gli USA. In pratica, la dottrina gaulliana della “Force de Frappe Tous les Azimuts”, cioè i missili puntati su Washington. Cosa che invece è ovviamente assente nel più recente documento europeo, il “Rapporto Niinistoe”.

Jack Ma, oggi in esilio


4.Il “Sistema Informatico-Digitale “al potere
Soprattutto, attraverso l’inedita simbiosi fra Musk e Trump (che Giannini ha chiamato “Trusk”), si è evidenziato che il progetto di Schmitt e Cohen era tutt’altro che una chimera, ma, anzi, ha vinto in tutto l’ Occidente. Come scrive Cacciari: “La tecnica domina il dover essere dell’umanità e ne è diventata, in tutta evidenza, la nuova religione.””La Macchina, Macchina divenuta intelligente, ‘spirituale’, rappresenta il fattore fondamentale della nostra vita. E i suoi padroni ne sono quindi, di necessità, i sovrani”“Si sono affermate nel corso degli ultimi decenni culture politiche che hanno assecondato un tale processo e che nulla hanno a che fare con destre e sinistre del Novecento.” Fra queste (a nostro avviso): la cultura della cosiddetta algoretica, sotto l’influenza di Teilhard de Chardin, e il “Movimento 5 Stelle”, creato da un informatico come Casaleggio, che ha alimentato l’illusione di una democrazia digitale (che abbiamo visto essere insostenibile).
Ma in realtà sono i GAFAM nel loro complesso ad avere preso il sopravvento sull’Amministrazione americana: Musk come porta-parola ufficiale; Zuckerberg come agitatore aggressivo; Schmidt come lobbista parlamentare; Kurzweil come teorico e teologo.

Il totalitarismo è legato al millenarismo religioso


5.Il totalitarismo del XXI Secolo
In definitiva, come scrive Giannini, “il muskismo è una teoria totalitaria dell’ umano tanto quasi quanto lo fu il marxismo”, e questo è ovvio se si pensa al precursore Saint- Simon (che voleva affidare agl’industriali “il potere spirituale”), se non addirittura alle radici gnostiche dei totalitarismi secondo lo schema di Voegelin (Il mito del Mondo Nuovo). Più precisamente, il “Muskismo” è addirittura l’”inveramento” del comunismo(deperimento dello Stato più anarchismo), e, quindi, come scrive Cacciari, una religione fondamentalistica, ennesima riedizione della “Réligion de l’Humanité” di Saint-Simon, già presente un po’ in tutte le culture e le società moderne (Garibaldi ne teneva sempre con sé un esemplare).
A questo punto. l’unico serio ostacolo alla creazione di un fondamentalistico Stato Mondiale dei GAFAM (come quello profetizzato da Juenger) è costituito, a oggi dall’alleanza fra Russia e Cina, perché questi due Paesi hanno avuto il coraggio di affrontare di petto il Sistema Informatico-Militare, come si è fatto in Cina con il “Crackdown sui BAATX” e in Russia con il superamento delle tecnologie militari USA.
Ed è per questo che il Sistema Informatico-militare incalza la politica americana, a partire da Trump, perché, secondo essi, lo Stato americano non ha fatto abbastanza per coordinare l’espansionismo delle imprese e imbrigliare i partner in accordi commerciali esclusivi (che non accettino la Cina).
Secondo quanto scrive Massimo Giannini su “La Repubblica”, il progetto totalitario occidentale consisterebbe ora nel “somigliare alle autocrazie, ibridando tecnica e politica”. In realtà, questo parallelismo regge solo fino a un certo punto. Intanto, come abbiamo visto, l’idea della “creazione di una nuova società organica” sul modello dell’ Ancien Regime, ma con “il potere spirituale nelle mani degl’industriali”, era già presente in Saint-Simon, fu elaboratanei minimi dettagli dal Cosmismo russo e dal Trockismo, e infine espressa in modo mirabile da Kurzweil (oltre ad avere cultori in Garibaldi e in Juenger). Tutto ciò molto prima della recente svolta centralistica in Cina e in Russia, nata, questa sì, dalla rivalità mimetica con l’ America -con il disciplinamento degli oligarchi ai tempi di Khodorkovskij, con la rinazionalizzazione delle imprese strategiche dopo l’exploit dei GAFAM, e con la necessità di contrastare le spinte separatiste tibetana, uighura e di Hong Kong, fomentate dagli USA-.Inoltre, perché tanto in Cina, quanto in Russia, il potere degli oligarchi è subordinato a quello dello Stato (come dimostrano i casi di Khodorkovskij e di Jack Ma), mentre negli USA gli oligarchi fanno ciò che vogliono.
L’emersione a Est e a Ovest di sempre nuove società illiberali costituisce certamente un ulteriore dato di fatto, a causa soprattutto della guerra culturale in corso fra “Democrazie” e “Autocrazie”, e in particolare, della centralità, in quest’ultima, dell’informatica: si tratta infatti di un’economia di guerra, dove nessuno spazio può essere lasciato ai nemici, siano essi interni o esterni.
Chi ha imitato gli altri in campo informatico è stata in ultima analisi la Cina: innanzitutto, ha forgiato i propri BAATX proprio come l’ARPA ha forgiato i GAFAM, e secondo il modello di questi ultimi, poi, mentre l’Europa ha preteso assurdamente di nascondere la propria impotenza sotto una pletora di grida manzoniane, la Cina ha semplicemente tradotto in Cinese le nostre grida, applicandole immediatamente e integralmente ai suoi BAATX, comminando ad essi migliaia di sanzioni, e giungendo, coerentemente, ad espropriare Jack Ma. E’ ciò che i GAFAM vogliono evitare accada anche in Occidente (lo “spezzatino” dei GAFAM sul modello Standard Oil e AT&T, ed è per questo che sono saltati rapidissimamente sul carro di Trump, “tirandolo per la giacchetta”, come sta facendo in primis Zuckerberg.


6.Le rivendicazioni di Zuckerberg contro l’ Unione Europea

Zuckerberg con la Commissaria Jourovà


L’Europa, che ha preteso a lungo di costituire, con la sua legislazione sul web, il “Trendsetter of the Worldwide Debate”, è stata sonoramente sementita dai fatti:
-l’Europa non può legiferare su imprese che esistono solo in USA, e vivono in simbiosi con l’Esercito Americano, che le protegge;
-queste imprese sono più forti dei Governi europei, e i più credono che ora siano più forti perfino di Trump, il quale non riesce ad opporsi a Musk;
-le stesse Istituzioni Europee violano, per complicità con i GAFAM, le norme ch’esse hanno adottato, perché, nella vita concreta, tutto in Europa è così strettamente connesso con le forze armate americane, con la Intelligence Community, con le fondazioni, università e imprese USA, che il trasferimento di dati dalla UE agli USA è ininterrotto, ed essenziale per il funzionamento stesso dell’Europa, anche se il Parlamento Europeo, il diritto europeo e la Corte di Giustizia ne richiedono l’interruzione;
-un siffatto “decoupling” (effettivamente preparato, ma ancora non messo in atto, in Russia e in India), richiederebbe infatti una fortissima volontà politica e una lunga preparazione tecnica ed economica, che in Europa non ci sono.
Intanto, Zuckerberg sta aprendo un nuovo fronte:il rifiuto dell’applicazione extraterritoriale del diritto europeo ::“The U.S. government under incoming President Donald Trump should intervene to stop the EU from fining American tech companies for breaching antitrust rules and committing other violations”.
Non soltanto, quindi, in America l’antitrust è stato praticamente cancellato per non danneggiare i GAFAM, ma addirittura Zuckerberg pretende che l’Europa disapplichi completamente (almeno nei confronti degli Americani), il proprio intero pacchetto di tutela, di cui essa va fiera. Anche se avevamo visto lo stesso Zuckerberg stringere la mano della Commissaria Jourovà dopo aver concordato tale pacchetto. Sempre secondo Giannini”, “le smunte comparse di quel che resta del teatrino comunitario provano a resistere”.
In effetti, la Presidente von der Leyen aveva sempre vantato i presunti successi della Commissione nel controllo mondiale sul digitale, mentre oggi si rivela che l’unica seria discepola della Commissione (con il preteso ”effetto Bruxelles”) è stata la Cina.
Intorno all’ attacco comntro la UE, Zuckerberg sta elaborando un’intera ideologia contro gl’interventi della UE sui GAFAM, descritti come un asset americano da difendere:”I think it’s a strategic advantage for the United States that we have a lot of the strongest companies in the world, and I think it should be part of the U.S. strategy going forward to defend that,”
Zuckerberg continua così:”If some other country was screwing with another industry that we cared about, the U.S. government would probably find some way to put pressure on them, but I think what happened here is actually the complete opposite” .
Ecco che cosa s’intende in pratica con “Make America Great Again”, e ciò contro cui gli attuali politici europei non hanno il coraggio di muoversi.

DA CHI PRENDONO ORDINI I NOSTRI POLITICI?Al di là delle polemiche “destra vs. sinistra”, costruire l’”Europa Post-Americana”.

L’obsolescenza degli Stati nazionali era stata descritta da più di un secolo, da autori diversissimi come Nietzsche, Lenin, Coudenhove-Kalergi, Schmitt, Mussolini e Hitler, ed era stata dimostrata praticamente dalla 2° Guerra Mondiale. Ciò non significa per altro la fine delle identità collettive, bensì invece il loro potenziamento grazie all’emergere, fra i vari livelli di aggregazione politica, del Grandi Spazi di cui parlava Carl Schmitt(gli “Stati-Civiltà”).
Quell’obsolescenza è stata accelerata esponenzialmente dall’ emergere dei “Complessi informatico-digitali” propri di alcune potenze, che proiettano il loro potere ben al di là delle loro frontiere. Il fatto che, come confessato quotidianamente dai grandi opinionisti dell’ “establishment”(p.es, Ezio Mauro, Massimo Giannini, Sergio Fabbrini, Carlo Galli..) , essi non avessero capito che ciò stava accadendo costituisce un colossale fallimento dell’ attuale blocco di potere e della sua cultura autodefinentisi “progressista”. Noi, invece, avevamo capito questo fino dalla nascita della “ideologia californiana” quale follow-up del sessantottismo, e dall’ affermarsi, nei più diversi ambienti, di teorici post-umanisti quali Teilhard de Chardin, Ray Kurzweil, Donna Haraway e Eric Schmitt e del potere teologico, culturale, spionistico, poliziesco, finanziario, accademico, militare e tecnologico di lobbies dello stesso segno. Avevamo anche lanciato, inascoltati, un’ ininterrotta campagna per contrastare questo fenomeno.
Ciò che i teorici dell’”establishment” hanno ignorato, e continuano ad ignorare, o a fingere di ignorare, è che l’attuale passaggio, come scrive Giorgio Galli, “dal progressismo al futurismo”, non è limitato alla sfera politica, bensì ha carattere esistenziale ed era insito nel DNA del movimento progressista. Bastava leggere “l’Educazione dell’ Umanità” di Lessing, il “Primo Programma Sistemico dell’idealismo tedesco”, la “Religione dell’ Umanità” di Saint-Simon, la “Filosofia del compito comune” di Fiodorov, “il Mondo Nuovo” di Huxley, le opere di Asimov, di Teilhard de Chardin, di Kurzweil.
Abolire il potere dell’ uomo sull’ uomo implica la necessità di conferire questo potere a qualcun altro, che, secondo certi chiliasti, sarebbe stato Dio, ma che, in pratica, si è rivelato essere la macchina: “Deus ex Machina”.
L’uomo è “antiquato” (Anders), e perciò anela ad essere sostituito dalle macchine, molto più perfette di lui. Questa sostituzione può essere fermata solo da una controspinta di carattere spirituale, che si incarni nelle forme adeguate nella politica.
A questa realtà, si tende ancora sempre a sovrapporre un’ antiquata logica economicistica, che pone alla base di tutto ciò le trame del “capitalismo”, mentre invece la motivazione profonda di Kurzweil, Schmitt e Musk è religiosa: la realizzazione sulla terra delle promesse escatologiche delle religioni, come teorizzato da Lessing, Sant-Simon, Marx, Fiodorov, Lunacharskij e Teilhard de Chardin.

La “Torre di Tatlin”, simbolo del Cosmismo russo


1.Gli “Stati Nazionali” subordinati agli Stati-Civiltà
Già nel XX° secolo, come in passato, solo blocchi di una certa dimensione come il Sacro Romano Impero, dell’ Austria-Ungheria, degl’ imperi russo, ottomano e anglo-indiano, dotati di una pretesa universale, potevano avere un peso nell’ arena internazionale. Per questo erano stati pensati l’Unione Sovietica, Paneuropa, la “Sfera Asiatica di Co-prosperità”, l’”Impero” d’Etiopia e perfino il “Reich” per antonomasia, quello hitleriano.
Di converso, gli Stati nazionali erano stati sempre più condannati, come previsto, per esempio, da Djilas, a “prendere ordini” da altri, come era accaduto con la decadenza di Francia e Inghilterra (crisi di Suez), e gl’interventi sovietici in Germania, Ungheria e Cecoslovacchia, nel nome dell’ideologia dei rispettivi “Stati-guida” (autodeterminazione dei popoli e/o difesa del socialismo). In effetti, il moderno “nation building” del Secoli 19° e 20° aveva avuto luogo per l’influenza neanche troppo coperta di potenze transnazionali come la Fratellanza Morava (cfr. il “Testamento della Madre Morente” di Comenio), il “Progetto Greco” di Caterina II, la Repubblica Cisalpina, la Loggia Ausonia di Cavour, i 14 Punti di Wilson, la “politica delle nazionalità” di Lenin e Stalin, ecc.., che partivano dall’idea che le “nazioni” (e/o “nazionalità”) fossero tutt’altro che sovrane, bensì dovessero seguire le orme dei rispettivi Paesi-guida (Boemia hussita, Province Unite olandesi, Inghilterra puritana, Stati Uniti, Impero napoleonico, Inghilterra, Unione Sovietica, Germania..), realizzando così le rispettive “missioni”(Cfr. Comenio, Herder, Mazzini, Kipling).
Lo “Stato nazionale sovrano”, borghese o socialista, è sempre stato dunque concepito come elemento di una “missione” sovraordinata (termine religioso di origine militare: Progresso, Socialismo, Democrazia, Pace….)-e, oggi, in Occidente, semplicemente come una provincia dell’Impero Americano, di cui è chiamato ad assumere una “missione”. Quella assegnata all’ Europa assomiglia a quella della SACEUR, il comando europeo della NATO(cfr. Brzezinski, La Grande Scacchiera). Nel caso dell’ Italia, è quella che i politici chiamano “euromediterranea”, cioè garantire gl’interessi dell’ America verso Sud e verso Est (in competizione con la Francia).
La pretesa di “universalità” delle grandi ideologie moderne maschera in effetti la volontà di ciascuno Stato-civiltà di trasformare la propria sfera d’influenza in un impero mondiale (l’”egocentrismo romano-germanico” di cui parlava Trubeckoj).Ma, invece, l’instaurazione di un reale “federalismo mondiale multilaterale” non può prescindere da un equilibrio fra le sfere d’influenza dei vari Stati-Civiltà. Ciò che è stato chiamato Panamerica (o Organizzazione degli Stati Americani), Panafrica (o Organizzazione degli Stati Africani), Paneuropa (o Federazione Europea), o Nuove Vie della Seta, sono stati, e sono, tentativi di strutturare la terra “per continenti”, in modo da rendere possibile un’organizzazione equilibrata del mondo (un nuovo “Nomos della Terra”).
Ne consegue che compito primario del federalismo mondiale (e, di riflesso, di quello europeo), è quello di costringere l’espansionismo mondiale americano entro i limiti dello spazio vitale nordamericano.
L’attuale situazione di subordinazione al “centro” americano delle nazioni occidentali all’ interno di un’area più vasta è evidente da tempo. Possiamo risalire alla partecipazione di Cavour alla Società Americana dei Molini e alla lettera di Mazzini a Lincoln, con cui il rivoluzionario genovese offriva agli USA la leadership dell’Europa purché questa guidasse i repubblicani nella lotta contro le monarchie. Dai tempi delle Leggi Razziali, Mussolini era stato ridotto talmente a un fantoccio di Hitler, da costringere alla fuga suoi accaniti sostenitori, come Margherita Sarfatti ed Enrico Fermi, e condannare a morte, pur di compiacere la Germania, persino suo cognato. Poi fu la volta dei comunisti: la “Svolta di Salerno” fu “concordata” fra Stalin e Togliatti in una notte al Cremlino, dopo di che il leader del PCI fu trasportato d’urgenza a comunicarla agl’Italiani. Nello stesso modo, De Gasperi si era assentato subdolamente dal Parlamento quando fece approvare il trattato (fondamentale) che ha concesso (a tempo indeterminato?) centinaia di basi agli USA con condizioni, economiche e di extraterritorialità, inaudite e uniche nel mondo.
Alcuni (come per esempio il gaullismo) avevano tentato di “vendere” le Comunità Europee come un percorso per affrancarsi da questa sudditanza postbellica, ma si comprese in seguito che questi progetti non venivano perseguiti con sufficiente forza. Il successivo tentativo di Gorbachev e di Mitterrand di costruire una “Confederazione Europea” si era dissolto fin dal principio, con l’invito a Carter al Congresso di Praga.
Questa sudditanza a 360° dei politici italiani si è conservata intatta fino ad oggi, con la partecipazione a semplice richiesta alle missioni in Somalia, Libano, Irak, Afghanistan, Ucraina, e, ora perfino in Cina e nel Mar Rosso. Anche più recentemente, tutti coloro che hanno avuto ruoli istituzionali, anche se oggi ostentano velleità sovraniste, non possono essere stati esenti da una storia di servilismo. Ad esempio, Sinigallia cita, su L’Antidiplomatico, il generale Vannacci: “Vannacci partecipa come tenente all’intervento militare in Somalia tra 1992 e 1994 nell’ambito della Missione Ibis, durante la quale il personale militare italiano commetterà documentati crimini di guerra ai danni della popolazione locale e di prigionieri, tra cui violenze sessuali e torture.” “..in Afghanistan è al comando della famigerata ‘Task Force 45’, …ricevendo per il suo servizio a favore degli USA una Stella di Bronzo nel 2014. Nel 2018 è nominato capo del contingente terrestre italiano dell’Operazione Prima Parthica, parte della campagna anti-ISIS in Iraq, …. venendo poi premiato con l’onorificenza statunitense ‘Legion of Merit’.”

La conquista dello spazio: un’idea bolscevica

A partire dalla caduta del Muro di Berlino, vi è stata una tendenza sfrenata, da parte del “complesso informatico-digitale”, di estendere la propria area d’influenza al mondo intero americano (cfr. Massimo Giannini su “La Repubblica”), così realizzando quella missione egocentrica dell’”Occidente romano-germanico”(Nikolaj Trubeckoj, “Europa e Umanità”).In un certo momento, questa ambizione era sembrata realizzarsi, con il controllo centralizzato del Presidente americano sulle “covert operations” e sulle 16 agenzie americane di “intelligence”, non solo sugli USA, ma su tutto l’”Occidente”(la “Presidenza Imperiale”).
Ciò che è nuovo oggi, e che ha fatto oggetto per la prima volta di una levata di scudi perfino in Parlamento, è la palese sottomissione, neppure più allo Stato Americano, bensì alla sua più importante impresa, titolare di un monopolio mondiale in tutti i settori strategici della vita contemporanea, interveniente incessantemente nella vita politica interna di tutti i Paesi (a cominciare dagli USA, per arrivare all’Italia e alla Germania), nel nome dell’ interpretazione più totalitaria possibile del progetto post-umanistico (con la gestione diretta di importanti asset militari e spaziali, gl’impianti cerebrali, gli androidi, i social network): “Il complesso militare-digitale controlla la Casa Bianca, il Congresso, la Corte Suprema, e non rende conto a nessuno.”(cfr. Giannini si “La Repubblica”)
Non che i governi precedenti a quello Meloni, a cominciare da quelli democristiani che distrussero la Olivetti, per finire con la Commissione Europea sotto Barroso, Juncker e von Der Leyen, non fossero succubi dell’ America (basti pensare ai misteri che ancora gravano sulle “stragi di Stato” e sulla fine dell’ Olivetti, e all’ inosservanza delle sentenze Schrems della Corte di Giustizia europea), ma oggi constatiamo proprio una difesa preconcetta e a oltranza degl’interessi americani contro quelli europei: ostilità “senza se e senza ma” verso i BRICS; isolamento dei nostri mercati dai ricchissimi mercati eurasiatici (molto più promettenti di quelli occidentali, cfr. Lagarde e von der Leyen); accettazione incondizionata delle ingerenze dei GAFAM; ostilità verso la riappacificazione con la Russia, anche a costo di urtarsi con la Presidenza Musk.
In pratica, nel momento in cui lanciamo il “Piano Olivetti” e i “Piano Mattei”, stiamo invece portando a compimento i piani dei nemici di Olivetti e Mattei: il controllo del mondo da parte delle multinazionali americane dell’informatica e del petrolio. Olivetti e Mattei restano gli eroi fondatori dell’ attuale progetto di mondo pluricentrico e poliedrico, a cui occorrerebbe ispirarsi ben più autenticamente.
Paradossalmente, l’unico che sta combattendo attualmente la supremazia di Musk sembra essere proprio il suo alleato Trump, che, a capo del Department of Government Efficiency (D.o.g.e.), gli ha affiancato l’Indiano Vivek Ramaswamy (suscitando le reazioni dei nazionalisti più accaniti).
Su “Truth Social”, Trump ha anche attaccato la proroga, da parte di Biden, della section 702 du Foreign Intelligence Surveillance Act (FISA), che ha permesso di spiare la sua campagna presidenziale, e ancor oggi può costituire uno strumento di ricatto anche nei suoi confronti. Aggiunta nel 2008 al Fisa, questa sezione 702 permette alla NSA et all’ FBI di sorvegliare senza mandato le comunicazioni, in particolare la posta dei cittadini stranieri all’ estero (per esempio, fra Europei).
Tutto ciò potrebbe però avere solo un carattere omeopatico, per fingere di agire ignorando la richiesta, diffusa negli USA, di fare, dei GAFAM, uno spezzatino come l’Antitrust aveva fatto, un secolo fa, con la Standard Oil e con la AR&T.
Per altro, anche Trump è convinto, come Musk, di poter imporre qualunque cosa ai propri alleati, come dimostra un suo recentissimo post su “Truth” in cui dà praticamente per scontata l’annessione di Canada e Groenlandia : “Also, to Governor Justin Trudeau of Canada, whose Citizens’ Taxes are far too high, but if Canada was to become our 51st State, their Taxes would be cut by more than 60%, their businesses would immediately double in size, and they would be militarily protected like no other Country anywhere in the World.
Likewise, to the people of Greenland, which is needed by the United States for National Security purposes and, who want the U.S. to be there, and we will!”
Ma neanche con gli Europei Trump scherza: l’effetto congiunto dell’aumento al 5% della spesa militare, dei nuovi dazi e dell’obbligo di acquistare il gas liquefatto dagli USA comporterà forse il definitivo declassamento dell’ Europa a Paese in via di sviluppo, di cui si hanno le prime avvisaglie nella deindustrializzazione e nell’importazione di manodopera a buon mercato. Infatti, secondo molti, come Lavrov, ministro degli Esteri russo, gli USA considerano anche l’Europa come un rivale da sminuire e abbattere:“The United States seeks to weaken any competitor, be it Russia, China, or Europe.They have long proclaimed the principle that no country around the world may be stronger than the United States. Clearly, life is tougher than statements or declarations, but in order to realise the inevitability of adopting different behaviour, the United States still has a long way to go.”

La Commissaria Vera Jourovà dopo avere concordato con Zuckerberg il contenuto del DGPR


2.Il controllo sugli Europei
Grazie al paragrafo 702 del FISA, NSA e FBI possono fare le intercettazioni dei cittadini europei senza neppure avvisare (come successo ai tempi del Datagate), mentre, per fare le stesse intercettazioni, le autorità nazionali europee devono percorrere complessi e incerti iter burocratici. Inoltre, intercettazioni per ipotesi distrutte per ordine del nostro Presidente della Repubblica (come quelle sulle trattative Mafia-Stato di Napolitano) sono invece state conservate dalla NSA e dalla FBI, che possono usarle per ricattare i politici europei. Che tutti considerino normale questo controllo poliziesco costante su ogni cittadino o istituzione in Europa rivela come minimo il livello elevatissimo di decadenza dell’autocoscienza degli Europei stessi. Come se non bastassero le intercettazioni, Musk intende impiantare nella maggior parte dei cervelli dell’Umanità le chip di Neuralink, in modo da fare di tutti un’unica “Megamacchina”(i “Cervelli all’ ammasso”), realizzando così il sogno occulto di tutti i “progressisti” di tutti i credi (cfr. lo “Spirito Assoluto” di Hegel o il “comunismo” di Marx). E’ per questo che “il progetto liberal della tarda modrtnità, vittorioso su quello comunista, si è affidato alla tecnica e all’ economia capitalistaica nella speranza di essere in grado di controllarne la potenza e di indirizzarle verso finalità umanistiche- di uguaglianza, emancipazione, civilizzazione-, ma è rimasta soccombente davanti ai propri strumenti..”(Carlo Galli, La Repubblica).
Di converso, la durezza del dibattito in corso America sul FISA mette ancor più in evidenza, per contrasto, la leggerezza con cui la Commissione von der Leyen ha firmato, nell’ ambito dello “scambio di dati” fra gli Stati Uniti et la UE, il “Data Privacy Framework (DPF) 2023”, con il quale si è aggirato per la terza volta il preciso dettato delle Sentenze Schrems della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Con il che, la Commissione, che non smette di proclamarsi paladina dello Stato di Diritto e di criticare altri Stati, anche membri della UE, per averlo violato, in realtà è in stato di permanente e ostinata violazione del principio della “privacy” quale affermato nel GDPR e nelle sentenze vincolanti della Corte di Giustizia. Non per nulla l’11 maggio 2023 il Parlamento aveva chiesto (inutilmente) alla Commissione di rinegoziare l’accordo con gli Stati Uniti perchè «il quadro UE-Stati Uniti sulla privacy non garantisce un livello di protezione sostanzialmente equivalente », perché i servizi segreti americani hanno accesso senza difficoltà ai dati degli Europei, così frustrando l’insieme delle politiche europee in materia di ICT. Di fatto, rispettare il GDPR pur trasferendo i dati in America è impossibile perché gli USA rifiutano di disapplicare l’art.702 del FISA ai dati trasferiti dalla UE agli USA, mentre le imprese europee rifiutano di accettare il vero e proprio blocco dei dati verso l’ America, che paralizzerebbe l’economia europea, a meno che essa non creasse un proprio “web sovrano” come quello cinese.
Adesso, i nostri Governi hanno trovato due nuovi metodi per allinearsi automaticamente con l’America:
a)le sempre più numerose maggioranze di destra, plaudono (per una forma di solidarietà ideologica) a qualunque cosa faccia la presidenza americana, e soprattutto a qualsiasi cosa chieda Musk, come se si trattasse di vittorie del conservatorismo, così silenziando le tradizionali perplessità europee (per lo più di segno conservatore) contro il progetto post-umanista, di cui Musk non è che la punta di diamante, e che oggi pretende di presentarsi come conservatore, ma che, fino a ieri, si annidava nella maggioranza di Biden (cfr. p.es. Eric Schmidt), e che ancora sostiene le principali agende “progressiste”(come la “Megamacchina”);
b)essendo in corso una guerra che è, di fatto, fra Paesi eurasiatici (Russia, Bielorussia e Corea del Nord), e Paesi occidentali (l’Ucraina più i suoi alleati),l’accesso agevolato ai dati europei da parte dei servizi segreti americani viene “venduto” (p.es., da Wewiòrowski) come un’esigenza militare, mentre, invece, è proprio di una situazione bellica che gli Stati divengano particolarmente gelosi della gestione dei propri dati, anche e soprattutto nei confronti degli alleati.
Purtroppo, questa “cattura”, da parte americana, dei partiti di “destra” è facilitata dal fatto che le correnti di “destra” sono state di fatto perseguitate per un secolo un secolo, non solo a est (p.es., la “Nave dei filosofi”, Florenskij, Cvetajeva, i due Gumilev, Sol’zhenitsin); ma anche a Ovest (Gentile, Brasillach, Céline, Pound,Evola, Guareschi), e ora, nell’ entusiasmo di essere passate dalla parte del potere americano, stanno abbandonando le loro tradizionali obiezioni contro la modernità, la democrazia, l’America e il suo materialismo mercantile.
Si tratta dell’ennesimo caso di “appropriazione culturale”, da parte degli USA, delle tradizioni altrui. In questo caso, si tratta di dare, con uno “Slancio mitico-futurista” (Carlo Galli), una curvatura “transumanista” alla sotterranea tradizione nietzscheana che innerva tutte le sub-culture europee (dal cosmismo russo al neo-positivismo, dal futurismo al dannunzianesimo, dal marxismo-leninismo ai fascismi, dal federalismo europeo alle “teologie materialistiche”, dal turbo-capitalismo alla cultura “gender”): “la dimensione oltre-umana della tecnica e dell’economia, …fare della loro pericolosa illimitatezza una sfida entusiasmante”(come facevano già Fiodorov, Tsiolkovskij e i “costruttori di Dio” bolscevichi).
In ogni caso, oggi la posizione degli Europei su questioni fondamentali come la guerra nucleare, la fine dell’Umanità e la Singolarità non può essere rispecchiata meno che mai da vecchie etichette come “Destra” e “Sinistra”, sempre più superate, mentre s’impone la nascita di un fronte pan-europeo contro il dominio sulle macchine intelligenti (cfr. nostri post precedenti), non solo e non soltanto per le sue conseguenze totalitarie, ma anche e soprattutto per l’impatto distruttivo sulla libertà umana, sulla solidità del carattere, sul conformismo….
Pertanto, non crediamo che abbia alcun senso la formula “Tech Right” lanciata da Musk, che mira a dirottare a proprio svantaggio il legittimo senso di frustrazione che porta in tutto il ondo la maggioranza a contestare radicalmente l’attuale sistema culturale, sociale e politico e, per ora, si è espresso soprattutto attraverso i “partiti sovranisti”. Contestare, come vorrebbe Musk, la cultura “woke” con il transumanesimo è quanto di più contraddittorio ci possa essere, in quanto entrambi sono espressioni del moderno nichilismo. Questo porta certamente acqua al mulino dell’Islam politico e del “Russkij Mir”.
Il dominio delle Macchine Intelligenti è presente per altro anche nei Paesi della Maggioranza Mondiale (i “BRICS”), seppure non con lo stesso livello d’intensità. In Cina, Jack Ma aveva assunto atteggiamenti “alla Musk”, ma è stato per questo esiliato e privato di ogni influenza politica. Per questo, i GAFAM temono soprattutto la Cina. Purtroppo, nessuno ha elaborato, neanche nei BRICS, un proprio percorso concettuale per controllare sistemicamente le Macchine Intelligenti (che non si limiti ad applicare rigorosamente, come fa la Cina, le norme della UE, che qui da noi sono divenute invece una burletta), ma, ciononostante, la loro forza d’urto complessiva potrebbe almeno debilitare il sistema informatico-militare occidentale, aprendo così la possibilità di fare emergere in Europa nuove idee e nuovi poteri.
Tra l’altro, l’attuale incombere di una Terza Guerra Mondiale, che si deciderà in gran parte in base alle capacità impiegate dai combattenti nel campo dell’ IA (Iron Dome, Oreshnik) renderebbe più che mai imprescindibile una Regolamentazione Internazionale dell’ IA di carattere multilaterale (cfr. Kissinger), non già bilaterale come potrebbe sembrare probabile in applicazione alla strategia internazionale di Trump (cfr. il nostro”La Regolamentazione Internazionale dell’ Intelligenza Artificiale”).Non per nulla, il “Deep State” ha scatenato contemporaneamente (per esempio, su “Foreign Affairs”), una campagna contro tale regolamentazione, nel nome della corsa agli armamenti.

Jack Ma, spodestato dal CPC per aver seguito le orme di Musk
  1. “Tech Right”
    La polemica fra la Premier Meloni e l’opposizione in occasione dello Scandalo SOGEI/Starlink è dunque in definitiva strumentale, in quanto, come abbiamo visto, tutti i Governi italiani sono stati succubi degli Stati Uniti, e, da quando esistono i GAFAM, anche di questi ultimi. I modesti tentativi di autonomizzare l’Europa, com’è stato il caso di GAIA-X, co-sponsorizzata dall’ Italia, e della Huawei italiana nel quadro delle Nuove Vie della Seta, sono finiti miseramente (per colpa di un po’ tutti i Governi).
    Anzi, quella polemica è utile soltanto, come tutte le finte diatribe ufficiali, a porre in secondo piano un problema vero, quello che, cioè, “La Singolarità è più vicina”, come dice il nuovo libro di Kurzweil. Di fronte alla sostituzione degli uomini con le macchine, che cosa sono mai le colpe di questo o quel governante?
    Anziché partecipare, quindi, alla costruzione di sterili graduatorie del grado di servilismo governativo dei vari partiti, o imbarcarci in un’illogica “Tech Right”, preferiamo, come abbiamo fatto fino ad ora, compiere un’opera di studio, informazione e divulgazione, in modo che, quando ne giungerà veramente l’occasione, gli Europei possano decidere con la propria testa e a ragion veduta.
    Nel fare ciò, un’attenzione particolare dovrebbe essere prestata agli argomenti del postumanesimo, che non va certo accettato senza neppure conoscerlo (come stanno facendo la UE, i Governi e le Chiese), ma non va neppure demonizzato, perché la pretesa di opporgli un “Umanesimo Digitale” è stata solo uno slogan, e nessuno sta valutando seriamente le implicazioni concrete dell’”Antiquatezza dell’ Uomo”(Guenther Anders), né proponendo soluzioni per superarla. Secondo Giannini, “Siamo noi, cittadini smarriti, che dobbiamo usare la rete senza esserne usati”. Sì, ma fare ciò veramente sarebbe un’opera eroica, e anzi, ciclopica, degna di antichi semidei, come Gilgamesh, Eracle o Rama, non già degli “homunculi” dell’attuale società.
    In questo senso potrebbe avere un senso una “Tecnodestra” che puntasse sulla cultura alta, sul carattere creaturale dell’uomo, sulla formazione del carattere, sulle eccellenze etiche e epistemiche, sul “governo degli uomini” contrapposto al “governo degli algoritmi”, sulle “radici” in quanto contrapposte all’appiattimento del mondo -insomma, su una vera “Europa post-americana”, per seguire il, neologismo coniato da Adriana Castagnoli su “Il Sole 24 Ore”-.

2024 BUON NATALE, Merry Christmas

Auguri

UN “COMITATO PANEUROPEO DI RESISTENZA E RESILIENZA”?

1.PERCHE’ NON ESISTE UNA STATUALITA’ EUROPEA?
Il Movimento Europeo aveva sostenuto fin dall’ inizio che una Federazione Europea non si sarebbe potuta costituire attraverso accordi fra gli Stati, bensì solo attraverso un atto fondativo rivoluzionario del Popolo Europeo. Nel Manifesto di Ventotene si era accennato addirittura che questo momento rivoluzionario avrebbe potuto avere inizio addirittura con un movimento armato, erede della Resistenza.
Anche l’idea che, per realizzare una “Federazione Europea”, si passasse attraverso a un “Congresso del Popolo Europeo” e a un referendum paneuropeo era stata proposta da Spinelli, ma però mai perseguita seriamente.
Il Prof. Cardini l’ha qualificata giustamente come “irrealizzabile”.Concordiamo per due motivi:
-in primo luogo perché nessuno dei numerosi grandi predecessori aveva mai veramente, né pensato, né proposto, una vera statualità europea in sostituzione dei dispersivi eredi dell’Impero Romano(Sacro Romano Impero, Bisanzio, Impero Ottomano,Impero Francese…) , né tantomeno una vera “civiltà paneuropea”, alternativa tanto all’ Occidente quanto ai grandi Stati-Civiltà, bensì solo elementi altrettanto sparsi, attinenti ora a questo, ora a quell’aspetto(militare, giuridico, culturale, politico, religioso..). Non i primi teorici di crociata; non i primi progetti fra sovrani, non Novalis, non Mazzini, non Coudenhove-Kalergi, neppure Ribbentrop, Spinelli o Schuman; neppure Napoleone o la Santa Alleanza. Anche la pretesa “Costituzione Europea” bocciata dagli elettori francesi e olandesi era solo un collage di trattati. Forse il solo progetto organico era stato la Costituzione Italiana ed Europea di Galimberti, anche se priva di una base culturale adeguata. Che cosa avrebbe dunque potuto ratificare il referendum paneuropeo?
-in secondo luogo perché, nonostante le pretese ideologiche “democratiche”, la politica è oggi più elitaria che mai nella storia. Le stesse emozioni fondamentali dei popoli, a cominciare dalle loro pretese idiosincrasie “di pancia” (l’ opposizione all’ “Oriente”, per passare ai cosiddetti “diritti di ultima generazione”, fino ad arrivare all’ idea del “popolo-nazione” e ai “valori non negoziabili”) sono semplicemente l’effetto di ben orchestrate campagne occulte che partono dal sistema educativo, continuano nella politica e nei media e si concretizzano in movimenti pretesi “spontanei”, come per esempio il ‘68, gli Anni di Piombo, Tangentopoli, le “Rivoluzioni Colorate”, i “populismi”, ecc…Perfino i migliori intellettuali cadono vittime di quelle “mode intellettuali”. Quindi, se nessuno organizza sotterraneamente un’esplosione di Identità Europea (così come le “Nazioni” furono organizzate a suo tempo dalle Grandi Potenze e dalla Massoneria), non si vedrà nascere nessun movimento “spontaneo” a favore dell’Europa.
L’esemplificazione più plastica si questa inanità si è vista recentemente con la “Conferenza sul Futuro dell’ Europa”, a cui non ha fatto seguito alcun movimento politico concreto.
Si tratta invece di raccattare i pezzi sparsi presenti in Ippocrate e in Platone, in San Paolo e in Dante, in Podiebrad e in Sully, in St-Pierre e nella Santa Alleanza, in Novalis e in Nietzsche, in Dostojevskij e in Coudenhove-Kalergi, in Ivanov e in Simone Weil, in Galimberti e in Spinelli, per creare un nuovo quadro organico e operativo, che non si chiamerà, né Impero, né Repubblica, né Federazione, né Confederazione, né Stato, né Nazione. Forse, “Stato-Civiltà Europeo”.
Il professor Cardini ha proposto a qusto scopo la creazione di un apposito comitato pan-europeo, che chiameremo qui “Comitato Paneuropeo di Resistenza e Resilienza”. Noi, con questo articolo, tentiamo di disegnarne i tratti distintivi.

2.PERCHE’ ABBIAMO BISOGNO ANCHE NOI DI UN NOSTRO “STATO CIVILTA”?
Nonostante ciò, la trasformazione dell’Europa, da un coacervo disorganizzato di Stati-Nazione, in uno Stato-Civiltà” come la Cina, l’India e gli Stati Uniti è oramai improrogabile per: (i) guidare il nostro Continente fuori dalla Terza Guerra Mondiale; (ii) farlo tornare veramente protagonista delle grandi scelte mondiali, in particolare quelle sul Post-Umano.
Infatti:
-La “guerra mondiale a pezzi” si è oramai trasformata in una vera guerra mondiale, sui fronti ucraino, siriano, libanese, palestinese, saheliano, sì che sono saltate tutte le strategie novecentesche basate sull’ipotesi della “Pace Perpetua”, sostituite da una battaglia all’ interno dell’Apocalisse;
-Con l’elezione di Trump, si è realizzata la fusione fra lo Stato Americano e i GAFAM (Musk, Thiel, Zuckerberg), i quali ultimi saranno gli unici possibili vincitori di una guerra giocata sulle armi autonome, sui droni assassini, sulla cyber-intelligence, sui trolls e sugli androidi resistenti alla guerra Nucleare, Chimica e Batteriologica (NBC). Innanzitutto perché, come scritto nell’ ultimo numero di Foreign Affairs, è la rapidità delle attuali guerre totali a rendere imprescindibile, contrariamente a quanto sostenuto da Kissinger nell’ ultima fase della sua vita, il comando delle operazioni dei vari contendenti da parte dell’ Intelligenza Artificiale, e, quindi, impossibile una regolamentazione pervasiva della stessa, che riguardi anche gli usi bellici.
Questa guerra costituisce dunque, a meno di un’azione rapida e incisiva, il momento cruciale della presa di potere da parte del “Philum Macchinco”, come l’ha chiamato Manuel De Landa.
L’Europa, intesa, non quale complesso giuridico incompiuto e intrinsecamente debole, bensì come un’ élite portatrice di una visione del mondo, potrebbe e dovrebbe intervenire:
-sia come guida morale dei popoli lasciati senza progetto in mezzo a nuove stragi come quelle dell’Ucraina e del Medio Oriente;
-sia quale catalizzatrice di un percorso olistico di ricostruzione che parta dalla filosofia e dalla storia per arrivare alla teologia e alla scienza, alla politica e alla società, alla tecnologia e all’ economia, alla cultura e alla difesa del nostro Stato-Civiltà, fino alla regolamentazione dell’ Intelligenza Artificiale. Quello che un tempo l’Europa pretendeva di essere (per esempio, con il Manifesto di Ventotene) come modello di civiltà, o almeno quale “Trendsetter of the Worldwide Debate”.


3.GLI STATI-CIVILTA’
Uno Stato-Civiltà è un’aggregazione geopolitica caratterizzata da una continuità storica millenaria, da uno scacchiere specifico di dibattiti e di conflitti, da un centro e da delle periferie, e da un’organizzazione atta a permetterle d’influire sulle scelte del mondo.
Per esempio, la Cina, nata con gl’Imperatori Mitici e gli Stati Combattenti, caratterizzata dai caratteri “Hanzi” e dall’ egemonia congiunta dei “San Jiao” (“Le Tre Scuole”=Taoismo, Confucianesimo e Buddhismo), dalla coesistenza degli Han (i“Figli del Fiume Giallo”) con 56 diverse “nazionalità”, e dall’egemonia del Partito Comunista Cinese, si propone come potenza anti-millenaristica (un nuovo Katèchon?), ponendosi un obiettivo storico apparemente modesto, vale a dire lo “Xiaokang” (“una società moderatamente prospera”). Sua lingua unificante: il Mandarino
L’India, fondata sulla sintesi fra induismo, buddhismo e islam, è caratterizzata dal pluralismo etnico, linguistico, religioso e cetuale intorno agli Hindustani della valle del Gange, circondati da altri popoli indo-ariani (kashmiri, punjabi, gujarati, marathi, oriya e assamesi) e dravidici (tamil, malayali, telugu, kannada), e caratterizzati dal ritorno, propugnato da Modi, allo Yoga e alla devozione al (semi)dio Rama. Sua lingua unificante, il Sanscrito.
Gli Stati Uniti, nati, secondo Huntington, dalla “Dissidenza nel Dissenso”(la Congregazione di Scrooby), sarebbero caratterizzati, secondo Dan Brown, dall’ egemonia congiunta di puritanesimo, massoneria e liberalismo, e fanno oggi oggetto di un conflitto fra suprematismo bianco (“WASP”) e cultura “woke”. Loro lingua unificante: l’ Inglese.
Non hanno (ancora) un loro Stato-Civiltà, l’Islam, l’Africa, il Pacifico e l’America Latina.
I mitici protagonisti del “federalismo mondiale” sono proprio gli Stati-Civiltà, che di fatto disputano sul futuro del mondo, non certo i 200 Stati-Nazione sperduti nel mare magnum dell’assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Uno “Stato-civiltà” europeo capace di dialogare alla pari con gli altri tre (otto) dovrebbe anch’esso ricercare non solo le sue radici (come si dice oggi)in Roma, Atene e Gerusalemme, ma, al di là di ciò, concepire la propria identità permanente nella sintesi fra Est ed Ovest (“respirare con i due polmoni”di Viaceslav Ivanov). Infatti, buona parte della storia e cultura europee sono a Oriente: in Anatolia, in Mesopotamia, in Egitto (l’”Atena Nera”), nelle steppe pontiche (gli Yamnaya, i Goti, i Bulgari, i Turchi, i Magiari, i Cosacchi), nei Balcani (i Greci, Bisanzio), in Russia (Gogol, Chechov, Ciaikowski, Dostojevski, Stravinski, Sol’zhenitsyn). Anche la questione della lingua dovrebbe fare oggetto di uno sforzo di ricerca e di sintesi, poiché l’Europa possiede più lingue storiche di cultura, dal Greco, al Latino allo Slavo Ecclesiastico (oltre all’ Ebraico e all’ Arabo).L’Europa è uno Stato-civiltà incompiuto. Pur avendo, come la Cina, una sua continuità millenaria, questa continuità (la “Translatio Imperii”) è più frazionata di quella cinese(un po’ come quella indiana), partendo essa dall’Egitto, dalla Mesopotamia, per passare alla Persia e Israele, e, di qui, agl’imperi romano, romano-germanico, ottomano, inglese, francese, russo e inglese. In fondo, anche USA, Russia, Turchia e Israele pretenderebbero tutti di rappresentare l’ultimo avatar della Translatio Imperii.
Ricostruire questa continuità è stato da sempre una sfida defatigante per storici e politici. Oggi, questo compito è reso più possibile dallo sviluppo della comparazione fra le culture, ed è diventato una priorità (cfr. Riccardo Lala, 10.000 anni d’identità europea).
Gli Stati-civiltà vivono oggi immersi in un universo tecnologico, comprendente il Post-Umano e le guerre tecnologiche. La Cina ha sfidato l’Occidente sul piano dell’innovazione tecnologica ed economica e del controllo politico sulle grandi piattaforme (il “Crackdown sui BAATX”). L’India è divenuta il Paese più popoloso del Pianeta e un’area di punta del settore ICT. Gli Stati Uniti tentano in tutti i modi di preservare ed accrescere la loro egemonia, attraverso il complesso informatico-militare, le “covert operations”, le guerre per procura, i dazi e le sanzioni.


4.IL PERCORSO PER COSTRUIRE IL NOSTRO STATO-CIVILTA’
L’Europa si trova ad affrontare insieme tutte queste sfide. Perciò, non potrà divenire uno Stato-civiltà se non gradualmente, trasformando, eventualmente, in un’opportunità la sfida costituita dalla guerra dell’Occidente contro la “Maggioranza del Mondo” (“Mirovoe Bol’shinstvo”).Infatti, le grandi guerre costituiscono da sempre un momento di riorganizzazione degli equilibri mondiali. Questa, in particolare, sta già conseguendo vari risultati, come ad esempio l’epifania di tendenze di lungo periodo, come il ribaltamento dei rapporti di forza fra est e ovest, la ri-nazionalizzazione, la redistribuzione delle culture politiche, una maggiore attenzione per discorsi innovativi…. Così come la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, anche questa potrebbe portare a novità importanti, prima fra le quali una possibile inversione di fronti (come a suo tempo l’Italia dagl’Imperi Centrali all’ Intesa e dall’Asse alle Nazioni Unite, e, oggi, la convergenza fra islamismo e Occidente), e la nascita di nuovi soggetti politici (come, a suo tempo, gli Stati dell’
Europa Centrale e del Medio Oriente, e la stessa Unione Sovietica).
Lo sforzo per costruire lo Stato-Civiltà europeo potrebbe inserirsi appunto in un contesto simile.
3.UNA GUIDA NELLA FASE BELLICA
Nella guerra civile europea che sta ri-cominciando, il popolo europeo manca di una guida morale, capace di sorreggerlo in un periodo di grandi difficoltà.
In questa fase, un “Comitato Pan-europeo di Resistenza e Resilienza” avrebbe come primo compito quello di dare, al popolo europeo, la sicurezza psicologica derivante dal fatto di avere, alle proprie spalle, un cervello pensante, che, pur non disponendo di alcun potere, studiasse e proponesse soluzioni che, a termine, possano prevenire le origini di questa conflittualità e, in generale, della debolezza del’ Europa. Ciò che era mancato nelle due precedenti guerre mondiali, e continua a mancare per la debolezza dell’ Unione Europea.
In primissimo luogo, la maggioranza della popolazione nei vari Paesi è contraria alla prosecuzione della guerra, ma i meccanismi giuridici e politici sono tali, che essi non hanno modo di esprimere in concreto questa loro contrarietà, e neppure di sviluppare progetti alternativi. Innanzitutto, le decisioni concernenti la guerra sono centralizzate, sostanzialmente, nel Presidente degli Stati Uniti, mentre i governi europei le recepiscono senza discuterle. Ancor peggio, gli “establishment” hanno interiorizzato a tal punto l’ideologia “occidentalistica”, da operare con l’obiettivo di rendere difficili eventuali soluzioni pacifiche che fossero sostenute da Trump dopo il suo insediamento, e da rimangiarsi continuamente i timidi accenni alla pace fatti da questo o da quel politico.
Più che combattere per il conseguimento della pace, che, ammesso che arrivi, sarà dovuta soprattutto alle scelte della futura presidenza americana e/o alla superiorità militare russa, e/o all’ intervento della Cina e della Turchia, una guida europea servirebbe dunque per incanalare la partecipazione della popolazione disorientata verso la politica, anche e soprattutto nel caso in cui si impongano scelte drammatiche, come in quello di guerra campale sui nostri territori. Infine, la guerra potrebbe, e dovrebbe, costituire un momento di maturazione degli Europei sui temi della pace e della guerra, così come lo avvenne con Kant, Novalis, De Maistre, Coudenhove-Kalergi, Spinelli, Simone Weil, Galimberti e Drieu La Rochelle.
Tema centrale: la lotta ai condizionamenti culturali anti-europei, come il millenarismo materialistico, il Postumanesimo, la”cancel culture”, la russofobia e la sinofobia.
In particolare, occorrerebbe fare pressione affinché il richiesto maggiore contributo dell’Europa agli sforzi della NATO si traducesse in una maggiore influenza degli Europei, soprattutto investendo in attività che accrescano l’autonomia europea, per esempio in un’Accademia Militare e Strategica Europea, in un’Intelligence Europea, in un software duale europeo, in un’arma missilistica e spaziale europea.
Infine, a tendere, il ritorno all’ idea di una “Casa Comune Europea”, di cui le steppe pontiche, con il loro spirito “passionale” (Mickiewicz, Pushkin, Lermontov, Gogol, Herceg)tornino ad essere la cerniera, senza più guerre fratricide, ma, anzi, con un reciproco riconoscimento, come nelle “Danze Polovesiane”.

4.IN PREPARAZIONE DELLA STATUALITA’ EUROPEA
Come detto prima, l’obiettivo delle attività del Comitato si dovrebbero articolare in due fasi: la prima, durante la guerra, e, la seconda, dopo.
Questa seconda fase dovrebbe avere come obiettivo di costituire quella base umana, concettuale, organizzativa, che oggi manca agli Europei per poter creare la propria statualità
Essa dovrebbe rispondere innanzitutto a una serie di domande:
1)quali sono le sfide a cui sono esposti oggi tutti i Paesi del mondo?
2)quali di esse sono specifiche dell’Europa?
3)quali sono le possibili risposte?
4)in particolare, quali sono le trasformazioni nella teologia, nell’antropologia, nella filosofia, nella società, nella geopolitica, nell’economia, nella difesa e nella cultura indotte dall’ Intelligenza Artificiale?
5)quali sono il possibile contributo dell’ Europa e i suoi reali interessi?
6)quali sono le caratteristiche (rilevanti per quanto sopra) che accomunano l’ Europa con i grandi Stati-Civiltà?

7)Le risposte delle diverse culture possono convergere?
8)Cosa può esserci di comune, e quanto deve rimanere distinto?
9)Alla luce di quanto precede, le tendenze in corso nei diversi ambiti umani sono accettabili o debbono essere cambiate?
10)In che cosa sarebbe possibile cambiarle?
11)Come potrebbe l’Europa contribuire a cambiare queste tendenze?
12)Quale struttura dovrebbe darsi l’Europa per contribuire a quei cambiamenti? In campo culturale, politico, militare, economico?
13)In che modo le attuali organizzazioni sovrannazionali possono essere utilizzate come componenti di questa futura struttura dell’Europa?
14)Come pervenire a trasformare l’Europa in tale senso?
15)Come strutturare il Comitato?
Purtroppo, a oggi ci sembra che pochissimi intellettuali europei siano sensibili a questi temi, sicché pensiamo che il comitato dovrebbe essere inizialmente abbastanza ristretto, senza poter arrivare a una rappresentanza su base“nazionale”(anche perché le “nazioni” attuali non sempre sono molto rappresentative). Un’attenzione particolare dovrebbe essere dedicata a momenti seminariali, miranti a sviluppare una “scuola” di giovani europeisti “passionali”.

ALEPPO, ORESHNIK, TAVARES:Apocalypse Now

Dai tempi della caduta del Muro di Berlino, siamo oramai avvezzi a continui roboanti annunzi circa l’avvento di un “nuovo ordine mondiale”, radicalmente diverso da quelli passati.
Oggi, si può forse dire che questa trasformazione sia veramente in corso, perché le novità riguardano un po’ tutte le aree della competizione/conflitto fra “Occidente” e “Maggioranza del Mondo”,facendo oggetto di eventi spettacolari, fra cui le sempre nuove armi, i sempre nuovi fronti e gl’ininterrotti terremoti nell’economia europea. In queste condizioni, risulta sempre meno sopportabile, assistere alla televisione alle continue apologie dell’ esistente da parte di politici, giornalisti, imprenditori e intellettuali di tutti i colori, sorridenti, eleganti e imbellettati mentre parlano di stragi, guerre, crisi, ecc..
Quanto agli scenari di guerra, secondo Molinari (La Repubblica del 2 Dicembre), “all’ interno dei singoli paesi, in Nord America come in Europa e in Estremo Oriente non c’è consenso sulla comprensione della grande guerra d’attrito: a prevalere sono spinte nazionaliste, isolazioniste e populiste che preferiscono ignorare o sminuire le minacce per non dover affrontare le conseguenze che comportano”.
Quanto al rapporto fra guerra e tecnologie, quella in corso sta mettendo in evidenza le nuove realtà con cui fare i conti: il riallinearsi dei GAFAM (Zuckerberg) con lo Stato americano anche dopo l’elezione di Trump; la disponibilità, nelle mani della “Maggioranza del Mondo”, di tecnologie belliche potenti, spesso più avanzate di quelle occidentali, a partire dal missile sperimentale Oreshnik, che ha centrato dimostrativamente il grande complesso industriale Yuzhmash di Dnipro, il maggior costruttore ucraino di missili.
Infine, per ciò che concerne la crisi dell’economia moderna, la “Guerra senza Limiti” in corso accelera la decadenza del modello economico e sociale europeo del secondo Dopoguerra, fondato sulla trasformazione dell’economia di guerra del 2° conflitto mondiale in società affluente; sullo sfruttamento parassitico dell’egemonia americana per realizzare prodotti di consumo all’ ombra della NATO; sul patto sociale socialdemocratico realizzato semplicemente rivitalizzando le politiche sociali corporative dei fascismi; sul “capitalismo renano” fondato su una cogestione che oggi sembra non tenere il passo con i tempi; sulla centralità dell’ autoveicolistica come via maestra verso la società dei consumi…


1.Allargamento degli scenari di guerra
La “Guerra Mondiale a Pezzi” di cui parlava Papa Francesco si è oramai trasformata nella “Guerra Senza Limiti” teorizzata dai generali cinesi.
Il Rapporto del futuro commissario dell’Unione Europea Niinistö, riprendendo una pubblicistica oramai classica in Scandinavia, propugna la diffusione in tutta Europa di un manuale militare sul modello di quello da sempre esistente in Svezia, dedicato a consigli pratici alla popolazione per il caso di guerra. Si tratta di raccomandazioni (per lo più banali) di sicurezza passiva, volte alla salvaguardia della sopravvivenza individuale. La parte attiva dell’originale svedese, dedicata alla resistenza civile (“Inte Samarbejde”, “Non collaborate”), che completava l’opera quando la Svezia era un paese neutrale, è stata lasciata cadere, forse perché potrebbe ritorcersi innanzitutto contro la NATO, affidando ai cittadini compiti bellici importanti.
In realtà, prima della caduta del Muro anche la dottrina militare di altri Paesi d’Europa, come quelle svizzera, jugoslava e albanese, prevedevano una resistenza partigiana dopo l’eventuale invasione e sconfitta (difesa nazionale totale, in serbo Opštenarodna odbrana),che dava alla popolazione civile il compito di mobilitarsi in forze di difesa territoriale dotate di grande indipendenza operativa, le quali, sfruttando la conoscenza del terreno e le tattiche della guerriglia, si sarebbero trasformate in un esercito di resistenza che avrebbe condotto azioni militari, continuato la produzione bellica e mantenuto l’amministrazione dello Stato nelle zone occupate, proseguendo così una guerra di logoramento contro l’invasore.
Con il passare dei decenni, anche queste modeste velleità “sovraniste” sono andate perdute, con Svezia, Finlandia, Slovenia, Croazia, Montenegro ed Albania nella NATO, e la Svizzera non più genuinamente neutrale.
Intanto, lo scenario del conflitto si è esteso all’oblast russa di Kursk, all’ordine pubblico in Romania e Georgia, alla guerra civile siriana, al Libano, allo Yemen…


2.La “maturità” dei missili ipersonici rende più realistica una guerra totale
Il missile “sperimentale” Oreshnik presenta varie caratteristiche che ne fanno lo sbocco naturale delle esigenze strategiche nella Guerra senza Limiti quale teorizzata dai generali cinesi.
Esso non è intercettabile perché è in sostanza una navicella di rientro di un lanciatore riutilizzabile, e, quindi, raggiunge Mac 11; inoltre, compie una traiettoria casuale e sgancia grappoli di proiettili; ottiene effetti distruttivi complessivi pari a una bomba atomica di grande tonnellaggio pur non avendo neppure una carica esplosiva, ma solo coni di alluminio leggero che si comportano come piccoli meteoriti, provocando profondi crateri. Di conseguenza, evita la contaminazione nucleare, come pure lo stigma collegato all’ arma atomica.
Essendo tale, esso si presenta come l’arma tattica ideale, perfetta per rispondere ai missili a medio raggio che l’Occidente (e forse anche l’Ucraina in Yuzhmash) hanno ricominciato a costruire.
Questo è un ulteriore tassello dell’escalation in corso nella Terza Guerra Mondiale, che ci fa comprendere ancor più quanto il nostro futuro sia sospeso a un filo, e quanto poco noi Europei e Italiani possiamo influenzarlo, soprattutto perché nessuno sembra curarsi della nostra particolare posizione geografica e, in particolare, del fatto che l’Italia ospiti più di 100 basi americane, che contengono, fra l’altro, varie decine di testate nucleari.
Solo un’azione culturale profonda, che smonti molti degli attuali riflessi pavloviani, potrebbe tirarci fuori dalla spirale bellicistica in corso, ricordando innanzitutto a tutti i nostri concittadini che i Russi, come tutti gli Slavi, sono culturalmente Europei, e che quindi non vi è alcuna ragione per condurre ininterrottamente una fratricida lotta (militare o di altro tipo) contro di loro, come invece stiamo continuando a fare a partire dalla Perestrojka (mentre quando c’era il PCUS andavamo, paradossalmente, d’amore e d’accordo).


3.Le dimissioni di Tavares pochi giorni prima di Barnier: ennesimo paradosso della vicenda FIAT.

Torino fu fondata da Giulio Cesare nel 58 a.C. Nel 1561, divenne la residenza di Emanuele Filiberto, il Duca di Savoia vincitore alla Battaglia di san Quintino. Nel 1713, divenne capitale del Regno di Sicilia, nel 1718, di quello di Sardegna; nel 1961, di quello d’ Italia.
Fra il 1888 e il 1889, ospitò Nietzsche fino al momento della sua pazzia: qui scrisse L’Anticristo, Il crepuscolo degli idoli ed Ecce Homo . Dal 29 aprile al 19 novembre 1911, si tenne a Torino l’ Esposizione internazionale dell’industria e del lavoro, Nel 1907, il politologo tedesco Roberto Michels, il grande teorico dei partiti politici, grazie all’intercessione di Einaudi e di Loria, ottenne una cattedra all’Università di Torino, dove insegnò Economia Politica e Sociologia Economica.
Torino era quindi una capitale politica e culturale europea già prima della FIAT, e avrebbe potuto benissimo prosperare senza di essa.
Tuttavia, essa vi dedicò tutte le sue forze, dalla costruzione del Lingotto e di Mirafiori, all’occupazione delle fabbriche diretta da Gramsci ed esaltata da Gobetti, e al primo contratto collettivo in Italia, alla costruzione delle infrastrutture militari per le due Guerre Mondiali, sotto lo slogan “Terra, Mare, Cielo”, fino al lavoro sotto i bombardamenti, all’Autunno Caldo e alla Marcia dei Quarantamila. Il quartier generale della società era a Torino, fra il Lingotto, Corso Marconi e Mirafiori, ma il Gruppo, con i suoi 188 stabilimenti, in cui erano occupati più di 190 000 dipendenti, era presente in 50 paesi del mondo e intratteneva rapporti commerciali con clienti in oltre 190 nazioni.
Produceva beni e servizi in almeno 12 differenti settori, dalla finanza all’editoria, dalla formazione alla consulenza, dalla ricerca all’industria di base, dall’autoveicolistico alle ferrovie, all’ aviazione, ai motori marini, agli elettrodomestici, dalla chimica agli armamenti, allo spazio. Gravitavano intorno ad essi famiglie, azionisti, fornitori, clienti, professionisti, che rappresentavano almeno mezzo milioni di persone in tutti i Paesi del mondo.
Un vero impero economico, capace di esprimere, nella sua dismisura, tutti i lati, positivi e negativi, della Modernità, e che ha richiesto l’impegno assillante di almeno cinque generazioni di Torinesi.
Nel 1974 Torino aveva raggiunto il record di 1.202.846 , mentre oggi ne sono rimasti soltanto 890.000.
Così come la FIAT è nata con la Modernità, non vi è dubbio che, con la fine della Modernità, essa sarebbe venuta meno. Cosa che si è puntualmente verificata, visto che Stellantis non ha praticamente più nulla in comune con FIAT: non il gruppo di controllo, che è francese, non la sede, che è a Parigi, non le fabbriche, dove l’unica torinese, Mirafiori, è praticamente chiusa.
Non possiamo passare il tempo a rimpiangere questo stato di fatto, che era praticamente ineluttabile, vista l’analoga sorte della Chrysler, della Leyland, della Saab e di altre, ma possiamo, e dobbiamo, invece, polemizzare su come ciò è avvenuto e sulle prospettive per il futuro. La fuoriuscita dall’ auto non è avvenuta mediante una strategia intelligente e concordata fra politica, impresa e lavoratori, bensì trasferendo surrettiziamente tutta l’eredità della FIAT, originata prima di tutto dagli sforzi e dai sacrifici dei Torinesi, e, poi, dagli aiuti dello Stato italiano, allo Stato francese e ai tre fratelli Elkann, i quali l’hanno reinvestita altrove, perfino in spregio al nostro diritto, costituendo uno dei massimi patrimoni privati del mondo e lasciando a Torino solo fabbriche obsolete e inquinanti e operai in cassa integrazione. Tutto ciò con la benedizione e la connivenza di tutti i Governi italiani e regionali, dei sindaci di Torino, dei partiti e dei sindacati (senza contare, a suo tempo, i Sovietici e Obama, fra i maggiori artefici delle fortune del gruppo di controllo).
Ora, le dimissioni di Tavares aggiungono a tutto ciò un ulteriore tocco di surrealismo. Un amministratore delegato di un’impresa controllata dallo Stato francese che guadagna centinaia di volte più di un operaio, che chiude fabbriche dovunque licenziando migliaia e migliaia di persone, e, alla fine, licenziato a sua volta per aver mandato in rovina la Stellantis (non solo quella italiana), ottiene dall’ azionista (lo Stato) una “buonauscita” miliardaria.
Certo, il caso della Stellantis non è unico, perché, contemporaneamente, sono in crisi tutti i grandi gruppi europei, tant’è vero che la UE sta già pensando a una nuova stagione di aiuti, ma anche questo non è un disastro naturale, bensì il risultato di una serie di errori politici.


4.La crisi Volkswagen
Infatti, le crisi degli altri gruppi, in primis quella della VW, potevamo vederla già a partire dal 2015, quando l’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente aveva accusato la multinazionale tedesca di avere progettato i propri motori diesel Turbocharged Direct Injection (Tdi) in modo tale che attivassero i sistemi di controllo delle emissioni solamente durante i test di controllo.
Giacché la Casa di Wolfsburg non era la sola a truccare in tal modo i dati, molti osservatori ritengono che, dietro la deflagrazione delle accuse e dello scandalo mediatico che travolsero quell’unico marchio (lo stesso, guarda caso, finito spesso bersaglio delle critiche di Donald Trump), vi erano motivazioni politiche. Comunque sia, lo scandalo Dieselgate contribuì a mettere in moto quelle politiche green che hanno portato all’attuale crisi finanziaria del principale gruppo europeo.
Volkswagen, probabilmente proprio per scrollarsi di dosso l’onta del Dieselgate, è stata infatti tra le Case del Vecchio continente ad aver abbracciato con convinzione le nuove motorizzazioni elettriche, con una mossa tipica del mondo industriale tedesco, che spesso ha avuto la presunzione di mettere fuori mercato la concorrenza grazie alle sue scelte innovative. Molte Case erano invece rimaste a guardare, ritardando l’elettrificazione dei propri marchi: “VW si è ritrovata con una gamma di nuove auto elettriche che erano molto costose da acquistare senza che nessuno le volesse per davvero”. A ciò non sono certo estranee le politiche americane miranti ad accerchiare l’Europa:
-guerra in Ucraina e conseguente blocco dell’ importazione di idrocarburi a basso prezzo dalla Russia;
-boicottaggio delle Nuove Vie della Seta con conseguenti difficoltà nelle esportazioni e negli investimenti in Cina;
-dazi sempre più pesanti tanto verso la Cina quanto l’ Europa.
Tutto ciò mentre alle porte dell’Europa bussano ormai le rivali cinesi: “Per un milione di ovvie ragioni le auto elettriche possono essere prodotte in Cina a un prezzo molto più basso rispetto all’Europa”.
Tutto ciò è paradossale perché la Volkswagen è sempre stata altamente politicizzata, e, quindi, fortemente sensibile alle grandi trasformazioni del proprio tempo. Fondata da Hitler e da Porsche contro la volontà dell’imprenditoria tedesca, e perciò affidata al sindacato nazista (la prima grande azienda autogestita), poté sopravvivere dopo la guerra grazie al governatore inglese della Germania del Nord, e realizza nel modo più radicale il concetto tedesco di “cogestione”, che, nel suo caso, assomiglia all’ autogestione, perché l’azienda è protetta da un regime speciale detto “Volkswagengesetz”, che ne garantisce il controllo al Land della Bassa Sassonia.
Ora, è in corso uno sciopero durissimo contro la chiusura di varie fabbriche. La Presidentessa del Consiglio di fabbrica, Cavallo, figlia di un emigrato italiano, ha chiamato l’Amministratore Delegato “Vergogna della Nazione”.


5.Insufficienza delle politiche nazionali ed europee
La scelta dell’elettrico per garantirsi l’indipendenza economica ha senso per la Cina, che può permettersi di fare scelte autonome di lungo periodo, comprendenti tra l’altro la motorizzazione di centinaia di milioni di nuovi consumatori, le “smart cities”, le auto a guida autonoma e il dominio del solare eolico, non già un’Europa soggetto ai capricci degli USA, priva di terre rare e di deserti dove installare i pannelli solari, e tagliata fuori dal mercato della guida autonoma. Per un’Europa siffatta, purtroppo, il “time to market” è fondamentale, e può diventare fatale.
Anche in questo campo, o ci trasformiamo in uno Stato-Civiltà con centinaia di milioni di abitanti, con un budget enorme e la capacità di fare investimenti decennali, oppure saremo condannati ad uscire anche dall’ industria auto.
Come afferma il sito della Coface (assicurazione francese dei rischi export) il Governo cinese, investendo nell’auto elettrica più di 231 miliardi di dollari, ha fatto sì che, 2023, BYD abbia superato Tesla.
Secondo la Coface,i dazi all’ import decisi dall’ UE non bastano, anche perché, nell’ attuale situazione geo-politica, una UE sempre più debole (vedi dimissioni di Barnier) non ha un peso contrattuale sufficiente per negoziare con la Cina, gli USA e gli aggressivi gruppi multinazionali.

DALL’EGIZIO AL MUSEO DELL’ EUROPA verso Torino Capitale Europea della Cultura 2033

Nella prefazione al libro “La Memoria è il nostro futuro”, ispirato all’ idea-chiave della “Memoria Culturale” di Ian Assmann, il direttore del Museo Egizio di Torino, Christian Greco, ha sviluppato un approfondito discorso sul ruolo che i musei potrebbero, e dovrebbero, avere, nel dibattito contemporaneo circa le identità culturali – un dibattito a nostro avviso determinante per le sorti della pace e della libertà nel mondo-.Discorso ulteriormente allargato con “La cultura è di tutti”, scritto con Paola Dubini, Egea,Milano, 2014.
Nel contempo, il Sindaco di Torino ha lanciato un tavolo di lavoro per la candidatura della Città a Capitale Europea della Cultura nel 2033. Il discorso sui musei s’inserisce perfettamente in questa prospettiva, che rientra, a sua volta, a pieno titolo, nella missione e nella storia dell’Associazione Diàlexis.


1.Contro la moderna follia
Nessun momento avrebbe potuto essere più appropriato di questo, in cui assistiamo, per usare un termine attualissimo, a una Guerra Senza Limiti (cfr. Liang Qiao , Xiangsui Wang, e al.),fra, da un lato, il blocco culturale, politico e militare “occidentale”, che, pure fra le apparenti divergenze (fra “cultura Woke”, “Cancel Culture”, Politicamente Corretto, Singularity, turbocapitalismo, “progressismo da ZTL”, sovranismo e “Make America Great Again”), condivide l’idea di una missione superiore attribuita all’Occidente, e, dall’ altro, la molteplicità delle infinite culture del resto del mondo (pre-alfabetiche, animistiche, politeistiche, patriarcali, epistocratiche, religiose, comunitarie, conservatrici, monarchiche o ancestrali), a lungo spregiate e perseguitate in quanto barbariche e arretrate (cfr., per esempio, la conquista delle Americhe, la Tratta Atlantica, lo schiavismo, il Trail of Tears, l’ imperialismo, il neo-colonialismo, i genocidi, l’islamofobia, la russofobia, l’”esportazione della democrazia”), ma le quali infine, grazie ad una sorta di “Lunga Marcia” (indipendenza di Cina, India, Vietnam e altri Paesi afro-asiatici; rilancio delle “tigri asiatiche”; miracolo cinese) hanno oramai raggiunto un livello di parità culturale, politica, economica e militare con il “Primo Mondo”, il che che permette loro di esprimere il loro punto di vista circa i grandi temi dell’ Umanità.
Qualora si assumano questi diversi orientamenti culturali e storici come un qualcosa di fisso e assoluto, l’“escalation” verso la Terza Guerra Mondiale, in corso in Ucraina, nel Levante e nel Mar della Cina, è inevitabile. Se, invece, come a noi pare più sensato, si vanno a cercare le radici comuni delle diverse culture del mondo, quali esse apparivano per esempio all’ inizio dell’ Epoca Assiale (cfr. Jaspers, Eisenstadt e Assmann), uno “Scontro di Civiltà” sembra più lontano. Visto che qui si parla innanzitutto del Museo Egizio, non vi è chi non veda le similitudini fra l’Antico Egitto e le società ad esso coeve, come in particolare quelle mesopotamiche e anatoliche, con lo stesso ruolo attribuito ai sovrani di diritto divino, le loro mitologie addirittura “traducibili”, come nel trattato di Qadesh, l’etica professionale dei guerrieri montati su carri (pensiamo a Mozi o al Bhagavadgita), il principio di “humanitas” (“ren”仁), che traspare dalla “Regula Aurea”, l’indistinguibilità fra etica e diritto, spezzato dal positivismo giuridico delle poleis (cfr. Antigone)…
Anche avvicinandoci nel tempo, i poemi omerici e Gilgamesh, il Mahabharata e il Ramayana sono collocati in una stessa atmosfera etica e letteraria, caratterizzata dall’interazione fra gli uomini e gli dei, dal culto dell’eroe, dal senso del destino, che incombe sugli eroi e sugli stessi dei: un’atmosfera che ha permeato tutte le letterature successive (pensiamo all’Ifigenia di Goethe, ai Sepolcri, a Carlyle, ad Anouilh, alla Cassandra di Christa Wolf, all’ “Eschile, l’éternel perdant” di Kadaré).
Infine, i pensatori che hanno gettato le basi del pensiero mondiale, da Mosè a Jina, da Laotse a Confucio, da Zhuangzi a Mozi, da Eraclito a Parmenide, da Socrate a Platone, da Budda ad Aristotele, da Epicuro a Lucrezio, da San Paolo a Sant’Agostino, hanno affrontano tutti, seppure con diversi metodi e linguaggi, le stesse questioni, a partire dall’ indeterminatezza della realtà (Rgveda, Protagora, Socrate, Confucio).
Soprattutto il Cristianesimo testimonia l’eredità dei popoli primitivi e medio-orientali (cfr. Rees,Cristianesimo e antiche radici) a cominciare dal tema del Giardino Terrestre (il “Gan Eden” con un chiaro riferimento all’area sud-arabica); per passare al Diluvio Universale, così simile a ciò che si è detto e fantasticato su Atlantide, la Lemuria, Doggerland e Kumari Kandam; per poi venire al Figlio di Dio, alla Resurrezione, alla Trinità, agli Angeli, Arcangeli, Troni e Dominazioni, al Salvatore, all’Aldilà, all’ Apocalisse, all’ascetismo e al monachesimo. I Re Magi che adorano il Bambino non compiono lo stesso rito dei Lama che ancor ora selezionano il Piccolo Budda in giro per il Tibet? E il ricordo di Cristo e i suoi apostoli non è ancora vivissimo nei monasteri del Kashmir e nelle grotte di Chennai?
Solo negli ultimi mille anni il pensiero “occidentale”, con Averroè eal-Ghazzali, Hume e Hegel, Marx e Nietzsche, Freud e Jung, Wittgenstein e Heisenberg, De Finetti e Feyerabend, è sembrato allontanarsi dalle basi lato sensu umanistiche dell’Epoca Assiale, per tingersi spesso con il colori del “sospetto”. Sospetto talvolta del tutto giustificato, ma che più spesso rimanda alla “nostalgia” per quelle radici comuni (greche o cristiane, buddiste o zoroastriane).Contemporaneamente emergeva, con la Qabbalà e Newton, St-Simon e Marx, Rostow e Kurzweil, una visione teo-tecnocratica che pretende di cancellare le antiche culture in nome di una pretesa “obiettività” fondata sulla tecnica, vera “sostanza” del mondo e pensiero di Dio : visione che è oggi dominante nella Teoria dello Sviluppo e nella Singularity Tecnologica.


  1. Nostalgia dell’ avvenire
    Come scrive Greco, “Divenire consapevoli della relatività della visione contemporanea può rappresentare un primo passo per avvicinarsi al passato con la stessa cura e la stessa attenzione che un giorno speriamo venga dedicata alle nostre azioni e ai nostri pensieri..” Ma per noi è ancora di più. E’ lo strumento principe per bloccare la deriva della Modernità verso un mondo senza umanità dominato dagli algoritmi, in cui non vi sarebbe futuro per l’eredità dell’ Epoca Assiale.
    La contemplazione del passato non costituisce quindi una motivazione per l’immobilismo. I popoli più antichi già anticipavano aspetti della postmodernità, se non della futurologia, anche se li inserivano in una visione più vasta dell’ Uomo. Gli antichi libri sacri e i muri dei templi sono pieni di descrizioni di macchine volanti e di tute spaziali; i protagonisti degli affreschi egizi e cretesi sono multiculturali; l’idea dell’ibernazione quale premessa per la resurrezione è tipicamente egizia; ma neppure la fluidità di genere era certo sconosciuta, anche se con risvolti che certo non sono più ben accetti alla Cancel Culture…
    L’ethos dei popoli antichi può costituire anche un modello per quelli odierni, anzi, può aiutare a costruire una forza che eviti quella dissoluzione della società che spiana la strada al governo delle macchine intelligenti. La cultura che tutti abbiamo assorbito è l’erede diretta dell’educazione aristocratica, la “paideia” dei Greci, che accomunava, come concetto, i guerrieri spartani e le fanciulle dei “thiasoi”:il “gymnazein kai philosophein”, così come lo Yoga e il Bushido, sono la base della formazione “integrale” del cittadino “optimo jure”, che accoppia cultura fisica e pensiero critico. Non per nulla, “cultura” si diceva, in Greco Antico, “Paideia”, e si dice, in Neoellenico, “Politismòs”. Per questo, è importante la “storia della memoria” (“mnemostoria” di cui parla Dubini), a cui i coniugi Ian e Aleida Assmann hanno dedicato tutta la loro vita scientifica. Abbiamo appena assistito alle Fonderie Teatrali Limone di Moncalieri a una splendida rappresentazione di “Tragùdia”, un’opera in Grecanico calabrese che rivisita in modo innovativo le tragedie classiche del ciclo tebano, dimostrandone la perenne attualità.
    Ciò che vale per le culture antiche vale anche per le società contemporanee non occidentali. Secondo Lévi-Strauss, la filologia classica costituisce la forma primaria dell’antropologia. E’ noto come i Gesuiti, edificando su una base culturale classica e cristiana, siano divenuti i massimi esperti di Cina, traendone insegnamenti anche per l’Occidente, e diffondendoli in Europa con le loro “Lettres Amusantes et Curieuses”, a cui si abbeverarono gl’Illuministi, e grazie alle quali furono introdotti in Europa concetti fondamentali come quelli dello Stato minimo e dei concorsi pubblici per i funzionari. Ancora questa setytimana il Presidente Mattarella, citando indirettamente l’omonima opera in Cinese di Matteo Ricci, basata sul “De Amicitia” di Cicerone, ha citato l’amicizia quale chiave di volta di un mondo poliedrico, di cui evidentemente Cina e Italia dovrebbero essere protagoniste.
    Quanto valeva nei secoli XVII e XVIII dovrebbe valere a maggior ragione anche oggi. Lo studio comparato delle culture dovrebbe costituire un freno ai fanatismi, permettendo anche di capire come certe caratteristiche che noi attribuiamo erroneamente e polemicamente agli altri Continenti siano soprattutto un effetto indotto dell’incontro con l’Occidente, come il “socialismo con caratteristiche cinesi” (derivato in parte dal marxismo europeo), il “nazionalismo” russo (discendente dal romanticismo tedesco), il puritanesimo islamico (imitazione di quello anglosassone), il culto esclusivistico del dio/eroe/signore Rama (frutto della “rivalità mimetica” con la jiahad islamica e con la figura di Maometto), e la “nazione palestinese” dall’incontro-scontro degli Arabi con il “Popolo d’Israele”. Ma, soprattutto, la centralizzazione indotta dalla società della comunicazione di massa, e, in particolare, dalla transizione digitale, che, dell’era delle comunicazioni, costituisce il culmine – un fenomeno che parte dalla Presidenza Imperiale americana, dal Complesso Informatico-militare e dalla Società dell’ 1%, ma si è esteso al resto del mondo, dove però viene stigmatizzato come “autocrazia”-.
    In conclusione, lo studio del passato può e deve essere la fonte per la costruzione del futuro, così come la ricostruzione del Regno di Salomone era l’obiettivo del messianesimo, o gli “aurea saecula” il modello per il “principatus” augusteo, o “le urne dei forti” la scaturigine di una nuova generazione eroica di Italiani.


3.Favorire la poliedricità dei musei
L’ignoranza, da parte degli Europei, delle culture degli altri Continenti e delle periferie dell’Europa è abissale, ma grave è anche la censura selettiva della nostra stessa storia. Il compito di chi volesse veramente colmare questo abisso non sarebbe certo facile, richiedendosi il concorso di cultura, Chiese, Europa, Stati, tecnologie ed Istituzioni.
Cominciamo, per esempio, dalla parallela ignoranza delle civiltà precolombiane e di quella danubiana. Continuiamo con la Persia e in generale le radici dell’identità europea. Arriviamo infine alle cristianità orientali (malabarica, etiope, monofisita, ariana, nestoriana) e ai popoli dell’ Est Europa (Uralo-Altaici, Unni, Avari, Slavi, Bulgari, Caucasici, Ottomani, Karaiti, Askhenzaziti, Sefarditi). Per concludere poi con i primi secoli della storia americana (dalla Leggenda Nera a quella bianca, dalle colonizzazioni spagnola, olandese, francese e russa, alla tratta atlantica, al “Trail of Tears”, al Trattato di Guadalupe Hidalgo ;cfr.Aleksandar Hemon su “La Stampa”), alla classificazione razziale degl’Italiani (Lombroso,Sergi ), all’Eccezionalismo Americano e i progetti di integrazione europea (Dubois, Podiebrad, Sully, St-Pierre, Santa Alleanza, Trockij, Coudenhove Kalergi, Fulbright, Galimberti, von Ribbentrop…).
Tutto ciò potrebbe, e dovrebbe, fare oggetto di un’intensa attività culturale, e, in particolare, museale, incurante delle contrapposte egemonie culturali.
Una perspicua esemplificazione di quest’impellente esigenza è costituita proprio dal Museo dell’ Europa, di cui da tempo molti lamentano la mancanza, ma del quale si è riusciti, dopo molti sforzi, soltanto a realizzare una forma quanto mai incompleta, la Casa della Storia Europea di Bruxelles, sotto l’egida del Parlamento Europeo.
Orbene, questo museo non risponde purtroppo minimamente alle esigenze di conoscenza evocate dal paragrafo precedente, e, in primo luogo, quella di dare spazio al cosiddetto “patrimonio dissonante”di cui parla Dubini:”l’insieme delle vestigia del passato attorno alle quali diversi gruppi presentano narrazioni fortemente discordanti e spesso in conflitto”. Ricordiamo, come parte del “Patrimonio Dissonante”: le varie nozioni di genealogia dei popoli; la patria originaria degli Indo-europei; le influenze afro-asiatiche;il millenarismo; il Barbaricum; l’Ancien Régime; la Leggenda Bianca e la Leggenda Nera; il colonialismo; i grandi imperi; la nascita delle “nazioni”;l’America; il post-umanesimo; i totalitarismi..
Al contrario, si pretende d’imporre una cosiddetta “Memoria Condivisa”,cioè una serie di luoghi comuni cementati dalla propaganda, in cui i Greci sono i “Buoni” e i Persiani i “Cattivi”; gli Unni sono “Barbari”; i Comuni sono “Borghesi”; gli Anglosassoni costituiscono “un’Avanguardia”; l’Europa Orientale e l’Asia sono “arretrate”, e così via…
La Casa della Storia Europea, confondendo Europa con Unione Europea, parte assurdamente solo dalla Rivoluzione Francese, come se non facessero parte della storia europea Goebekli Tepe e la Bibbia, le Piramidi e le Zigurrat, , il mondo greco-romano, l’Euro-Islam, le “Tre Rome”, i Progetti d’integrazione europea (Dubois, Podiebrad, Sully, St-Pierre,la Santa Alleanza, Coudenhove Kalergi, Spinelli, Galimberti, Gorbaciov… ). Quel museo costituisce dunque la plastica rappresentazione dell’incapacità degli Europei di rappresentare la propria identità, per una serie di vizi intrinseci dell’Europa attuale: insufficienza della capacità cognitive e creative della classe dirigente; diktat ideologici; gretti particolarismi…
Con quel tentativo, di per sé meritorio, si è almeno evidenziata ed esemplificata un’ enorme lacuna nel panorama museale europeo, che va comunque colmata con un’azione congiunta dell’intelligentija, della politica, dell’ Unione, delle Istituzioni, degli specialisti, delle scuole, dei musei…Senza un’azione siffatta, è impossibile quel rilancio dell’Europeismo che da molti viene invocato, ma per lo più abbinato a concetti, come quello di “Memoria Condivisa”, che ne inficiano l’efficacia, provocando un senso di inautenticità e così tarpando le ali al necessario entusiasmo.
La decisione del Sindaco di Torino Lorusso di candidare Torino a Capitale Europea 2033 riapre una discussione da noi avviata da ben 14 anni, prendendo spunto dall’allora proposta candidatura della città per il 2019, a cui avevamo dedicato ben 2 libri.Allora come ora, la nostra proposta era quella che la candidatura non dovesse esaurirsi nella promozione puntuale di un grande evento, bensì costituire un momento determinante di trasformazione del tessuto culturale e sociale del nostro Territorio. In concreto, suggerivamo di compiere una intesi ragionata delle più vitali tradizioni della Città: editoria impegnata, alta tecnologia ed Europa.
Tutto ciò si era tradotto in 200 progetti di 50 associazioni riunite nel Comitato della Società Civile per Torino Capitale,e con il sito Torino 2019, che hanno fatto oggetto di un’apposita opera editoriale e di una serie di manifestazioni di accompagnamento presso il Comune. Purtroppo, come noto, il Sindaco aveva deciso allora di non candidare la Città. Tuttavia, l’esperienza acquisita rimane, e può essere utilizzata per la prossima candidatura.
Il Museo dell’ Europa (o almeno una mostra a questo proposito) può costituire un elemento centrale del progetto di candidatura, partendo fin da subito con un percorso di avvicinamento. Se il progetto sarà dedicato all’ Europa nel suo complesso, e non solo all’ Unione Europea, esso potrà essere ben accolto anche nel clima di critica dell’ Unione che si sta diffondendo.
Senza ovviamente addentrarci qui nei contenuti precisi del progetto, siamo per altro in grado di suggerire almeno i grandi filoni conduttori, che potrebbero tradursi in eventuali sezioni (e/o esposizioni). Essa potrebbe collocarsi in palazzi storici aventi una forte connotazione evocativa, accanto al Museo Egizio e quello del Risorgimento, oppure accanto al Museo di Arte Orientale, che testimoniano le tradizioni culturali europee e internazionali di Torino.

4.Un’ipotesi di Museo
Pur con la necessaria provvisorietà e indeterminatezza, ci sentiamo di delineare qui le linee essenziali di un possibile museo dell’ Europa, che potrebbero divenire le sezioni di un museo, e/o oggetto di mostre specifiche durante l’anno di Capitale Europea della Cultura:
-le meraviglie d’Europa (dall’ Artico all’ Asia Centrale, i fiordi e il Mediterraneo, le Alpi e le isole);
-le origini degli Europei(“Out of Africa”, Neanderthal, neolitico, cacciatori- raccoglitori, agricoltori, il cavallo, il Medio Oriente);
-l’Europa nelle scienze umane (geologia, etnografia, linguistica, genetica, teologia, geografia, storia, antropologia, dottrine politiche, scienze strategiche, arte, filosofia, letteratura, architettura,economia, diritto, sociologia, tecnologia);
-la “Memoria Culturale” (da Gilgamesh alla Bibbia; da Omero a Orazio; dal Nuovo Testamento al Corano; dalle Crociate ai Progetti d’integrazione; dall’Umanesimo alla Modernità)

-il predecessori (Mesopotamia, Egitto, Anatolia;il mondo greco-romano; Israele; il Barbaricum; il Cristianesimo;l’Euroislam; Bisanzio; i Progetti di Crociata;le grandi esplorazioni (europee ed afroasiatiche);
-le tracce delle civiltà (da Cnosso a Stonehenge, da Micene a Delfi, dal Partenone a Pompei, da Santa Sofia a Granada, da Venezia a San Pietroburgo, da Versailles alla nuova Berlino);
-i progetti d’ integrazione europea (Saint-Pierre;Saint-Simon; Santa Alleanza; Paneuropa; Ventotene, Galimberti, Fulbright, Schuman);
-la “Dekadenz”(Nietzsche, Dostojevskij, Spengler, Guénon, Huxley) e la “Distruzione dell’ Europa” (Benda, Lukàcs, Hillgruber);
-il mondo di Yalta (Est e Ovest;Guerra Fredda e Coesistenza Pacifica) e la caduta del Muro (il Dissenso; Gorbachev);
-l’Unione Europea (dal Federalismo all’ Unione; vittorie e sconfitte; Brexit);
-la Guerra senza Limiti (alla ricerca di un Nuovo Ordine Mondiale; la Società delle Macchine Intelligenti);
-il “patrimonio dissonante” (progressismo e perennialismo; Oriente e Occidente; Nord e Sud; Nazioni e Stati-Civiltà).