Promotori: ANGI – Associazione Nuova Generazione Italo-cinese Associazione Diàlexis
16:00-16:05 CHEN Ming, presidente ANGI 16:05-16:20 Riccardo LALA, Autore di “Da Qin, L’Europa sovrana in un mondo multipolare” e del blog “Turandot”
16:20-16:35 Isabella Doniselli Eramo, Vice presidente ICOO-Istituto di Cultura per l’Oriente e l’Occidente Coordinatrice Comitato Scientifico
16:35-16:50 Giuseppina Merchionne, Autrice di “Conversazione sulla Cina”, “Il pulsante di un destino comune: Italia e Cina nella lotta contro il Covid-19”
16:50-17:05 Silvia Polidori, Poeta Autrice di “Le Avventure di SUN”, “Il Soffio del Vento” e “Sulla Cresta dell’Onda”
Nel disordine mondiale conseguente alle guerre in Ucraina e in Palestina e alla Guerra dei Dazi, il rapporto fra l’Europa e la Cina (primo partner per interscambio commerciale complessivo, davanti agli stessi USA), potrebbe svolgere un ruolo stabilizzatore volto al futuro – in particolare, ma non esclusivamente, nell’ ambito delle trattative sui dazi-. Come sappiamo, la Cina è stata a lungo considerata, dall’Unione Europea come un “rivale sistemico”, nonostante i rilevanti rapporti economici, industriali e tecnologici che molti paesi, e in primis l’ Italia, hanno con la Repubblica Popolare Cinese, per non parlare delle nostre relazioni millenarie con quell’area culturale, che hanno influenzato pesantemente la storia europea. Ricordiamo qui soltanto le Vie della Seta, i “Cristiani di Da Qin” nell’ Impero Tang, Marco Polo, i Gesuiti, gl’Illuministi, le mode cinesizzanti in architettura e nelle arti figurative, il sincretismo dei Taiping e di Kang You Wei, l’educazione europea di Mao e degli altri fondatori del PCC, la Turandot di Puccini, la collaborazione nella redazione del Codice Civile Cinese.Non per nulla l’Italia ha invece, dal 2004, un Partenariato Strategico con la Cina, confermato e rafforzato l’anno scorso durante la visita a Pechino di Giorgia Meloni. Il pomeriggio di lavoro organizzato per Domenica 18 maggio dall’Associazione Nuova Generazione Italo-Cinese, nel Padiglione del Zhejiangin collaborazione con l’Associazione Diàlexis, tratta del Dialogo Culturale Cina-Italia. In particolare, Riccardo Lala, Presidente dell’ Associazione Diàlexis e autore del blog “Turandot”, presenterà brevemente i libri della “collana Gialla “ di Dialexis (collana “Evrazija-Avrasya”)-“DA QIN,L’Europa Sovrana in un mondo multipolare” e “L’Europa corre sulla Via della Seta”)-, come punto di partenza per inquadrare il dialogo culturale come parte del flusso ininterrotto di rapporti bidirezionali che hanno caratterizzato da sempre, da un lato, l’area est-asiatica, e, dall’ altra, quella europea. L’idea centrale è che, nonostante le apparenze, questi rapporti siano oggi più vivi che mai, influenzando il futuro dei nostri Paesi, e quindi dell’ Umanità intera.
Quest’anno come sempre l’Associazione Diàlexis sarà presente con i suoi libri e le sue presentazioni al Salone Internazionale del Libro di Torino, in particolare, Domenica 18 maggio 2025 alle ore 16.00, nello Stand della Provincia del Zhejiang (ZHEJIANG PAVILION Padiglione 2 – stand K134-L133:Dialogo Culturale Cina-Europa e, Lunedì 19 maggio 2025 alle ore 15,30, presso la Sala Arancio, con CNA Comunicazione (Programma Istituzioni- Grande Pubblico:LA BATTAGLIA DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE, Presentazione del volume “La regolamentazione internazionale dell’AI”
DOMENICA 18 MAGGIO 2025 ORE 16.00
ZHEJIANG PAVILION Padiglione 2 – stand K134-L133 Dialogo Culturale Cina-Europa Promotori: ANGI – Associazione Nuova Generazione Italo-cinese Associazione Diàlexis
16:00-16:05 CHEN Ming, presidente ANGI 16:05-16:20 Riccardo LALA, Autore di “Da Qin, L’Europa sovrana in un mondo multipolare” e del blog “Turandot”
16:20-16:35 Isabella Doniselli Eramo, Vice presidente ICOO-Istituto di Cultura per l’Oriente e l’Occidente Coordinatrice Comitato Scientifico
16:35-16:50 Giuseppina Merchionne, Autrice di “Conversazione sulla Cina”, “Il pulsante di un destino comune: Italia e Cina nella lotta contro il Covid-19”
16:50-17:05 Silvia Polidori, Poeta Autrice di “Le Avventure di SUN”, “Il Soffio del Vento” e “Sulla Cresta dell’Onda” 17:05-17.30 Coffee Break Lingua: italiana/cinese interpreti: Fabio Nalin/Ming Chen R.S.V.P. angi.torino@gmail.com / whatsapp 339.6422242
LUNEDI’ 19 MAGGIO ORE 15 e 30 Lingotto Galleria Visitatori Spazio Arancio Programma Istituzioni- Grande Pubblico LA BATTAGLIA DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE in collaborazione con Associazione Diàlexis, CNA, Movimento Europeo, Rinascimento Europeo, Studio Ambrosio & Commodo Presentazione del volume “La regolamentazione internazionale dell’AI” (pubblicato dall’Associazione Diàlexis) con Marcello Croce, Pier Virgilio Dastoli, Ferrante De Benedictis, Fabrizio Lala, Riccardo Lala, Beatrice Magni, Paolo Migliavacca moderano Marco Margrita e Alessio Stefanoni
1.L’Europa quale “Trendsetter of the Worldwide Debate” Come ha affermato Ursula von der Leyen nella sua intervista a Die Zeit, «L’Occidente, per come lo conoscevamo, non esiste più: il mondo è diventato un globo anche a livello geopolitico». Cose che noi abbiamo affermato per circa un cinquantennio, e non con preoccupazione, venendo per questo attaccati da tutti. Così continua la von der Leyen: serve «un’Unione europea pronta a lanciarsi in un mondo più ampio e a svolgere un ruolo molto attivo nel plasmare questo nuovo ordine mondiale che sta arrivando», e che aiuterà a superare l’attuale «disordine mondiale». Certamente, gli USA stanno manovrando, come sempre, perché l’Europa non possa acquisire questo ruolo di “Trendsetter of the Worldwide Debate”, a cui aspirerebbe la von Der Leyen, e il “ponte” che sta cercando di costruire Giorgia Meloni s’inserisce in questa strategia di Trump. Se l’UE non potrà certo essere il vertice di questo movimento, potrebbe però essere (con USA, Cina e India) una delle potenze decisive dello stesso, com’era già nei voti, per esempio, di Leibniz (Novissima Sinica) e di Coudenhove-Kalergi (Paneuropa). Anche il “Nazionalismo Occidentale” propugnato da Giorgia Meloni potrebbe essere interpretato in un modo non incompatibile con un mondo multipolare, quale quello a cui accennava la von der Leyen, e senza riconoscere agli USA la continuazione di un ruolo di leadership. Ma , per ambo le ipotesi, si richiede un enorme lavoro culturale, che oggi non c’è, perché i politici non sono vocati a svolgerlo. Solo a questa condizione l’attuale confusione potrebbe rivelarsi alla fine provvidenziale per la salvezza dell’ Europa e dell’ Umanità. Intanto, come non ci stanchiamo di scrivere da decenni, partecipare alla configurazione di quel nuovo ordine mondiale è impossibile senza una propria deterrenza militare (“à tous les azimuts”, come voleva De Gaulle), culturale, tecnologica ed economica. Ed ecco che, ci dicono da Bruxelles, arriva giusto a proposito il piano di riarmo “Readiness Europe 2030”; ecco che Kaja Kallas dichiara che l’Europa diverrà il leader del “Mondo libero” (termine “rubato” all’ ideologia americana della Guerra Fredda). A dire il vero, è quello che hanno sempre pensato (inutilmente) buona parte delle élites europeiste, che per questo avevano parlato di “Stati Uniti d’Europa”, pensando forse di trasferire qui in Europa le idee occidentali, i GAFAM, i poteri forti, le organizzazioni segrete, i miliardari, le banche d’affari americane, la cui vita è oggi resa insicura in America dai conflitti fra la Realpolitik plebea di Trump e il terzomondismo e il wokismo delle grandi fondazioni e università. Praticamente, si trattava, e si tratta, soprattutto di invidia per il ruolo centrale delle élites americane. Invece, per essere fattibile, un progetto di leadership europea dovrebbe andare al di là dell’ imitazione servile dell’America, e comportare anche una trasformazione radicale della cultura europea, e, in particolare: -la fusione dell’Europa Occidentale con gli elementi più identitari dell’ Europa, come per esempio la naturale egemonia della Germania (che intanto si sta riarmando grazie a Rearm Europe), gli “Orienti d’Europa” (il mondo delle steppe, l’Euroislam), l’antimodernismo della cultura alta (la cosiddetta “Distruzione della ragione” criticata da Lukàcs), la pasionarnost dell’ Europa orientale (dai micro-nazionalismi baltici al neo-ottomanesimo, dalle nostalgie prussiana, nazista, DDR, jugoslava e sovietica, dalla “Wielka Polska Katolicka” alla “Romania Mare”, agl’irredentismi balcanici);
-costituire anche un “ponte” fra Europa e il resto del mondo. Questa nuova fusione non potrebbe farsi, né contro la Russia, né contro la Cina, ché, altrimenti, il “peso” dell’ Europa all’ interno dell’ Occidente risulterebbe troppo debole, e quest’ultimo risulterebbe isolato in un mondo intero che oggi è, intorno alla Cina, in “rivolta contro l’egemonia occidentale”.Al contrario, se si proseguisse nell’attuale idillio di Trump e di Meloni con Musk e con i GAFAM, il resto del mondo non potrebbe non considerare definitivamente l’Occidente come la roccaforte del transumanesimo, contro cui occorrerà procedere in modo spiccio, come ha fatto la Cina con il suo “Crackdown sui BAATX”.
2.E’ finita la retorica della “Pace Perpetua” Intanto, come scrive, su La Stampa, Marco Revelli, “Ursula von der Leyen non dice la verità quando afferma, con una sorta di coazione a ripetere, che ‘l’Europa è ancora un progetto di pace’. Perché il retropensiero della sua Commissione è all’opposto quello di tentare di rimontare il fallimento della propria attuale irrilevanza con una velleitaria politica di riarmo, come se fallita la costruzione dell’Unione per via politica se ne debba tentare una per via militare. Via che peraltro, a conti fatti, solo la Germania sarebbe in grado di permettersi. Col bel risultato di trovarcela di nuovo armata nel cuore d’Europa, a ciclo compiuto, tra 5 anni, nel fatidico 2030 indicato da Ursula come l’anno in cui si sarà finalmente pronti alla guerra. Di chi con chi? Con la Russia di Putin, impero già ampiamente declinato? La Cina ancora così lontana? Con l’occupante di un qualche territorio irredento se gli ultranazionalisti di AfD dovessero ancora crescere? Non si sa.” Una risposta chiara a questa domanda non c’è, né nella recente risoluzione del Parlamento Europeo, né nell’altrettanto recente Libro Bianco della Commissione. Eppure solo questa permetterebbe di comprendere quale sarà la natura, l’orientamento, la cultura e la struttura di potere del nuovo ordine mondiale multipolare. Caduta la pretesa della Pace Perpetua, tanto la von der Leyen quanto la Meloni pensano purtroppo ancora all’ “Europa” come a un costruzione ideologica materialistica e tecnocratica, volta a realizzare il “Progetto Incompiuto della Modernità”, mentre l’America si distinguerebbe da essa solo per il temporaneo ritorno, sotto Trump, all’americanismo gretto di stile maccartista, senza particolari fondamenti culturali. Quanto a noi, non vediamo invece, oggi, nel 2025, una grande differenza fra i due progetti, ambedue figli del “millenarismo secolarizzato” e dell’eccezionalismo occidentale (in realtà, americano) ad esso connesso, che è sfociato nell’ egemonia di Musk e dei GAFAM, e che Trump non ha affatto respinto, ma invece sembra ancora subire passivamente. Sotto questo punto di vista, l’America resta il pericolo maggiore. Vale la pena di fare intanto alcune precisazioni e commenti sull’improvvisa attualità del riarmo dell’Europa, prendendo in considerazione soprattutto tre aspetti: (i) la risoluzione del Parlamento Europeo, (ii)il Libro Bianco della Commissione e (iii) le trattative fra Trump e Meloni – tre diverse facce dello stesso finto orgoglio europeo, e sostanziale arrendevolezza dell’ Europa-.
3.La risoluzione del Parlamento Europeo. Come scrive su La Stampa del 15/4 Salvatore Settis, commentando la risoluzione stessa (”La pace non si fa solo preparando la guerra”).” il Parlamento Europeo considera come la più grave minaccia per l’ Europa l’invasione, da parte della Russia, dell’ Ucraina, che non fa parte della Ue, ma ignora invece totalmente il proposito enunziato ripetutamente da Trump di invadere la Groenlandia”. La risoluzione è “ di circa 35.000 parole, quasi come l’Iliade. Tanta prolissità par fatta per scoraggiare la lettura integrale del documento”.L’autore mette in evidenza anche e soprattutto l’autoreferenzialità del Parlamento:“E i cittadini dei Paesi europei? Le loro eventuali opinioni non sono mai citate dalla Risoluzione; dev’essere anzi l’Ue a mettere in riga i cittadini, in modo che sviluppino “una comprensione condivisa e un allineamento delle percezioni” a quelle degli organi di governo dell’Unione.”Non mancano certo elementi evidenti di questo zelo pedagogico, dall’ orientamento ideologico dato ai fondi europei per la ricerca e lo spettacolo, all’ uso ossessivo di un gergo ultra-progressista (da “i Diritti” a “non lasciare indietro nessuno” ,a “inclusione”, a “maschilismo”, a“narcisismo”,a “democrazie contro autocrazie”)- un gergo divenuto praticamente obbligatorio per tutti-,fino all’inaudito ultimatum di Kaja Kallas agli Stati Membri, e perfino agli Stati candidati, perché non partecipino alla commemorazione di Mosca del 9 Maggio degli 80 anni dalla sconfitta del nazismo. Settis conclude, infine, che tutto questo frenetico bellicismo a senso unico del Parlamento è in stridente contrasto con la posizione della massima autorità morale dell’Italia e dell’ Europa: il vescovo di Roma:“Ma c’è ai massimi livelli, in Europa, una voce che non si stanca di predicare la pace, la diplomazia, il negoziato. E’ quella di papa Francesco. E non per le ragioni a cui alludeva una famosa battuta di Stalin a Yalta (“quante divisioni ha il Papa?”)..” A dire la verità, con il passare degli anni, c’è da incominciare a dubitare anche della serietà ed efficacia degl’interventi vaticani, da un lato perché, come notato da Riccardo Campo, non sono estranei a una certa retorica trans-umanistica, e, dall’ altro, perché spesso sono ripetitivi ma senza effetto (a nostro avviso proprio perché si adeguano pedissequamente all’ interpretazione immanentistica del concetto di Salvezza, che è ciò che contraddistingue il “pensiero unico”, facendone invece un ennesimo ”mito incapacitante”). In effetti, i continui richiami, nel corso della Storia, alla Pace Perpetua, dall’imperatore romano e cristiano Filippo l’Arabo al persiano Cosroe, dalla Dieta di Worms all’ Abate di Saint-Pierre, da Kant a Woodrow Wilson, hanno semplicemente rivelato la sua inanità, perché, come insegnano le Apocalissi di tutte le religioni, la Pace Perpetua sarà possibile solo dopo la Fine del Mondo (come dimostrano le Guerre Eterne in Palestina e in Ucraina: dai Popoli del Mare all’Esodo, dalle Guerre Giudaiche alle Crociate, dal Sionismo ad Hamas; dagli Yamnaya ad Attila, dai Goti ai Polovesiani, dai Mongoli ai Cosacchi, dagli Svedesi alla Guerra di Crimea, dalla Guerra Civile russa all’ Operazione Barbarossa, dal Donbass all’ Operazione Militare Speciale). Tuttavia, ripudiare l’ipocrita retorica della Pace Perpetua non implica in alcun modo il voler partecipare alla Terza Guerra Mondiale in via di preparazione; anzi, è un prerequisito necessario per individuare le vere ragioni di essa e le vere strategie per prevenire questa guerra.Secondo il sondaggio di Porta a Porta, il 44% degli Italiani non vuole aumentare la spesa militare.
4.La Russia (e la Cina) non sono nostre nemiche La soluzione più semplice per mitigare i conflitti in corso è mettere in chiaro, con un discorso culturale, che tutta l’Eurasia costituisce un continuum etnico e culturale, dove non vi sono confini e fratture precisi, né rivalità insanabili. Dopo il crollo del Muro di Berlino, hanno preso il potere in tutta l’Eurasia gli avversari culturali storici dell’Unione Sovietica (come i neo-zaristi e i maoisti, ma anche il Janata Party e l’Islam politico), riprendendo temi cari al conservatorismo mondiale, dall’idea di un “Mondo Russo” (un mondo culturale comprensivo di Russia, Bielorussia, Ucraina e relative diaspore e minoranze), espressa da Solzhenicin come motivazione della Perestrojka, alla continuità culturale fra la Repubblica Cinese e il Celeste Impero, fino alla parola d’ordine indiana dell’ “Hindutva”. Perciò, con la fine, anche in Occidente, dei Partiti Comunisti, e quando anche le maggioranze elettorali in tutti i paesi occidentali sembrerebbero orientarsi verso il conservatorismo, non si sarebbe mai dovuto arrivare a riproporre, ed, anzi, a inasprire, il conflitto della Guerra Fredda fra l’Europa e l’Eurasia, a suo tempo motivato da un dissidio ideologico. In questo mondo prevalentemente conservatore, l’ostilità preconcetta contro Russia e Cina, che rappresentano quasi emblematicamente le culture conservatrici per eccellenza(per esempio, la “simfonia” fra trono e altare, l’ epistocrazia) possono dunque sembrare un’assurdità e un anacronismo, se non fosse che gli Stati Uniti, che controllano oggi l’Europa, continuano ad essere ancestralmente ostili, nonostante Trump e Vance, a Russia e Cina, in quanto queste rappresentano sviluppi potenzialmente opposti della mitologia messianica occidentale (Hamilton e Caterina di Russia, cugini-nemici sull’ interpretazione di Montesquieu), e che molti dei leaders delle sedicenti “destre” , a partire da Trump, Musk e Salvini, in realtà provengono dalla sinistra, conservandone i pregiudizi, per esempio quelli contro i popoli russo e cinese, considerati popoli di straccioni. Pensiamo per esempio alla gaffe di Vance che ha definito “contadini” i Cinesi. Invece il rapporto fra America ed Europa è conflittuale, perché l’America rappresenta per l’Europa “The Dissidence of Dissent”(Huntington), erede della Congregazione di Scrooby, un’infima minoranza eretica europea che, in alcuni secoli, è riuscita ad imporre il suo potere all’ America, agli Europei e, poi, a tutto il mondo. Per quanto Trump e Vance sembrino volersi staccare da quello stereotipo, ne conservano anch’essi ancora molte caratteristiche. L’attuale America, che sembrerebbe la quintessenza del conservatorismo, è in realtà il luogo dove quest’ultimo stenta ancora ad affermarsi, perché le sue radici culturali sono rivoluzionarie. In definitiva, vale anche qui l’idea di un sostanziale superamento della distinzione fra “destra” e “sinistra”, sostituita da altre conflittualità. Gret Haller, in “I due Occidenti”, descrive nel dettaglio le differenze fra le identità europea e americana (il “pensiero religioso di tipo settario”, l’”American way of life”,l’”interesse dell’ America”, la superiorità dell’ America e del suo diritto al diritto internazionale), rilevando con disappunto che la maggior parte degli osservatori non riesce ad effettuare questo confronto perché parte da “un’adesione fideistica pro o contro gli Stati Uniti”. In pratica, ”l’intera Europa centrorientale si trova davanti alla questione so adottare o no, almeno tendenzialmente, il modello europeo o quello americano.” Secondo Geller, “chi in Europa affronta l’argomento delle differenze transatlantiche nella storia delle idee viene ampiamente ‘Americanizzato’. Cioè postato dal ‘mondo della ragione’ al ‘mondo della fede’, dove domina una morale che non è oggetto di trattative”.
5.Una nuova comprensione culturale fra le grandi aree del mondo. Certo, come effetto della “Dialettica dell’ Illuminismo”, oggi i leaders di tutti i principali Paesi del mondo sono approdati a idee politiche molto simili fra di loro, ma, purtroppo, manca una dottrina conservatrice per il XXI secolo, tanto a livello mondiale (cioè una sintesi delle tradizioni dei grandi imperi di tutti i continenti), quanto a livello europeo (vale a dire una riflessione approfondita sugli errori di progettazione del “mainstream” europeo e sulle sue possibili alternative). Va innanzitutto eliminata quella censura, di cui scrive Haller, che ci vieta di studiare in modo obiettivo puritanesimo, razzismo, destabilizzazione dell’Europa e del mondo da parte dei “democratici radicali”, Guerra Civile Europea, contingentamento dell’ Europa (Trockij), opportunismo delle classi dirigenti….Vediamo di riassumere qui di seguito quei temi. Nel Settecento, quando le Tredici Colonie avevano motivato (nella Dichiarazione di Indipendenza) la rivolta contro il Re (questo l’originario significato di “conspiracy”) come una reazione alla difesa, da parte dell’ Inghilterra, degli Afroamericani, dei nativi e dei québecqois, ed avevano subito costituito a Parigi il “Comitato di Corrispondenza” per fomentare la Rivoluzione Francese; invece, nel frattempo, i Gesuiti stavano propagandando presso i sovrani europei l’imitazione del sistema politico e culturale cinese; Leibniz proponeva un asse fra Europa, Russia e Cina; Voltaire invocava, come progetto per l’unificazione dell’ Europa, il modello cinese; le capitali europee si arricchivano di monumenti in stile cinese; Joseph De Maistre scriveva in Russia il suo capolavoro “Les Soirés de Saint- Petersbourg”, e suo fratello Xavier, ufficiale zarista, “Le Prisonnier du Caucase”, ambientato nella prima guerra cecena; più tardi, Massignon e Guénon scopriranno l’Islam, ed Eliade e Evola l’India. L’intelligentija europea degli ultimi 2 secoli è cresciuta leggendo Pushkin, Gogol, Chechov, Dostojevskij, Tol’stoj, Nabokov e Kojève. Intanto, l’America aveva incominciato, nell’Ottocento, a cercare di disintegrare la Russia, con l’acquisto dell’ Alaska, poi favorendo il ritorno in Russia di Trockij e, infine, sostenendo il separatismo siberiano. Come emerse dopo la IIa Guerra Mondiale, gli USA avevano finanziato tanto il Nazismo quanto lo Stalinismo, per provocare la Guerra Civile Europea. Gli accordi di Yalta furono la soluzione ideale per mantenere l’Europa divisa, e, quindi, debole. Nell’ analizzare la “minaccia” russa non si tiene conto oggi di quella storica aggressività dell’Occidente verso la Russia, vera causa della militarizzazione dell’anima russa: i Cavalieri Teutonici; l’occupazione polacca di Mosca; le invasioni napoleonica e hitleriana; la Guerra di Crimea; le occupazioni straniere dopo la Ia Guerra Mondiale; l’operazione GUAAM (Georgia, Ucraina, Armenia, Azerbaidjan, Moldova), per integrare i Paesi in questione nella NATO; l’appoggio plateale di America (Victoria Nuland) ed Europa (Merkel, Sikorski, Cohn-Bendit) all’insurrezione dell’ Euromaidan…Eppure, come cantava Blok ne “gli Sciti”, la Russia anela da sempre ad essere accolta fra gli Europei. Contro quella storica aggressività occidentale, Gorbaciov e Mitterrand si erano adoperati nel 1989, per la creazione di una confederazione “pan-europea” fra Unione Europea e Unione Eurasiatica, denominata “Confederazione Europea”, quale auspicata realizzazione concreta della “Europa dai due polmoni” di Viacheslav Ivanov e di Giovanni Paolo II, e della Casa Comune Europea di Gorbaciov, ma quel piano fu sventato dall’intromissione di Clinton. Nel 1991, la Russia aveva chiesto addirittura di aderire alla NATO, ma non aveva ricevuto alcuna risposta. Evidentemente, gli USA non apprezzano che nella NATO vi siano “due galli in un pollaio”, e vogliono assolutamente che permangano motivi di conflitto con la Russia (l’”invenzione del nemico”, cfr. Elena Basile).Sembrava che la vicinanza fra Trump e Putin avesse portato a un’inversione di rotta, ma si trattava di un equivoco: Trump propone una tregua con l’Ucraina, mentre Putin aveva chiesto invece tre anni fa per iscritto un accordo formale con USA, UE e NATO, sul posizionamento dei missili nucleari e sulla neutralizzazione dei Paesi dell’ Europa Orientale.
6.Il Libro Bianco della Commissione Che, dopo l’atteggiamento ostile verso l’ Europa conclamato da questa Amministrazione americana, l’Europa non possa ragionevolmente restare senza una sua vera politica estera e di difesa, diversa da quella USA, costituisce oramai per tutti una verità indiscussa. Le divergenze sull’ Ucraina sono soprattutto un pretesto per affermare una distinta soggettività politica dell’ Europa. Quella descritta nel Libro Bianco non è una VERA politica estera e di difesa, bensì un ennesimo camuffamento del vassallaggio all’ America. Innanzitutto, perchè non contiene alcun accenno alle reali minacce contro cui è necessario armarsi, le quali possono e debbono ricondursi tutte, in ultima analisi, al progetto della Singularity, di cui sono paladini i GAFAM, che, a loro volta, sono i massimi sostenitori di Trump. Nella Singularity (quel momento mitico, che, nella religione trans-umanistica, corrisponde alla Fine del Mondo delle Religioni di Salvezza, di cui essa è la secolarizzazione), saranno superate, così come nello Spirito Assoluto hegeliano, tutte le contraddizioni, quella fra spirito e materia, uomo e cosmo, unità e pluralità… In pratica, l’intero universo si contrarrà in un solo punto (la “Singularity”, il “Punto Omega”), come nelle teologie neoplatonica e cabbalistica. E’ questo il fantomatico “Sogno” che accomunerebbe, secondo molti, il Cristianesimo primitivo, l’America, il Marxismo “non inquinato” e il progetto di Ventotene, un “Sogno” che si è infranto dopo la caduta del Muro di Berlino, invece con l’affermarsi del neo-liberismo, con le guerre del Golfo, dell’ex Jugoslavia, dell’ Afghanistam e dell’ex Unione Sovietica e l’affermarsi delle “Democrazie Illiberali”. Per noi, nessuna novità perché esso ha sempre rappresentato l’incubo del nostro tempo, la Fine dell’ Umano nello Spirito Oggettivo. Certo, solo Teilhard de Chardin, Neumann e Ray Kurzweil hanno esplicitato francamente quegli obiettivi nichilistici. Tuttavia, il concetto aleggia in tutta la letteratura postumanistica e trans-umanistica, ed è penetrato in molti, insospettabili, ambienti, come alcune omelie papali, la filosofia di Habermas e il libro di Schmidt e Cohen “The New Digital Age”. Anche l’idea di una “Pace Perpetua” (vedi sopra) costituiva una propaganda occulta a favore della Singularity e una preparazione al lavoro avviato in tal senso dai GAFAM (secondo il modello della “Rana Bollita” di Chomsky). Un libro bianco che si proponga di “rendere pronta l’Europa” per il 2030 (cioè fra 5 anni) contro le incombenti minacce, e che si preoccupa tanto dell’Ucraina (che più che una minaccia, è un fatto compiuto, che non può essere eliminato ora), ma non cita neppure la Singularity e la Groenlandia, che possono ancora essere prevenute, non ha alcuna credibilità. La Groenlandia è la prima vera “minaccia” militare all’ Europa, certificata dallo stesso Trump. Essa costituisce il primo obiettivo pericolo per l’Europa, non soltanto perché costituisce un’aggressione del principale Paese NATO a un altro Stato membro (ennesima conferma del rapporto di vassallaggio e dell’ inconsistenza dell’ Art.5 del Trattato), ma perché inaugura la prospettiva di una serie di annessioni americane in Europa (visto anche che le vicine Islanda e Norvegia non sono nell’ Unione Europea), da “vendere” come una reazione ai temuti (ma forse accettati) spostamenti di pedine a Est (Georgia, Romania, Moldova, Paesi Baltici). Ma, nel Libro Bianco, non mancano solo Singularity e Groenlandia; mancano soprattutto elementi essenziali per qualunque esercito: identificazione delle minacce; cultura militare; Stato Maggiore; Accademia Militare; programmazione operativa; intelligence; spazio; nucleare; dottrina militare; “covert operations”. In definitiva, il Libro Bianco mira a fare, dell’ Europa, come desiderato dagli USA, “una Grande Ucraina”: un Paese con 500 milioni di cittadini da trasformare in carne da cannone, con la regia occulta degli USA, unici detentori di ciò che serve per dirigere una guerra (come si vede chiaramente in Ucraina), e quindi unici grandi belligeranti. Al contrario, sempre secondo il sondaggio di Porta a Porta, il 65% degl’Italiani (di cui il 70% del PDI, 68% per FDI e Lega, 64% per Forza Italia, e perfino 94% per Azione), l’Europa deve diventare indipendente tecnologicamente dagli USA. Ebbene, nulla nel documento della Commissione, ma neanche nei nostri dibattiti parlamentari, fa pensare a un’”Indipendenza Tecnologica” dagli USA.Come potrebbe l’opinione pubblica fidarsi di questa classe politica? Veniamo ora ad alcuni punti critici del documento: -necessità di una più solida base industriale, che non dovrebbe concepirsi soprattutto come base produttiva di hardware, ma anche e soprattutto un forte ecosistema digitale “duale”; -mancanza di giustificazione per le politiche anti-russe e anti-cinesi (soprattutto queste ultime, dato che la Cina si trova agli antipodi dell’Europa, e non potrebbe portarvi la guerra, se non altro per motivi logistici); -mancanza di una strategia credibile per superare rapidamente l’inaudito gap con l’America e con la Cina nel campo delle nuove tecnologie; -mancanza totale di una strategia missilistica adeguata all’era ipersonica; -mancanza di una valutazione adeguata dell’ importanza della Groenlandia (e dell’ Islanda, le Faeroer e la Norvegia) come base per una geopolitica artica dell’Europa.
7.La “Magna Europa” Le proposte portate avanti da Meloni nel suo viaggio a Washington e nelle successive discussioni a Roma con JD Vance consistono essenzialmente nell’accettare a scatola chiusa quello che è stato da un decennio il sogno di tutte le Amministrazioni americane: un’area di libero scambio fra UE e America (TTP), che eliminerebbe qualunque tipo di autonoma identità dell’ Europa, appiattendoci ancor più sull’ “American Way of Life” (il “Nazionalismo Occidentale”), ed impedendoci qualunque interscambio (commerciale, ma anche culturale e politico) con la “Maggioranza del Mondo”, in modo che anche noi veniamo trascinati in basso dalla prevista decadenza degli USA nei confronti della Maggioranza del Mondo Di fatto, stiamo già vivendo da molto tempo in un regime di “nazionalismo occidentale”: l’idea che il mondo sia composto da una moltitudine di piccole nazioni monoculturali e borghesi nasce dall’ imitazione della Rivoluzione Americana, si rafforza attraverso movimenti rivoluzionari ottocenteschi che, come la Giovine Europa, avevano legami con gli USA, diviene dominante con la Ia Guerra Mondiale e la Società delle Nazioni (i “14 Punti”), e raggiunge il suo apogeo con la costruzione delle Nazioni Unite e della NATO, dove si evidenza sempre più il rapporto di vassallaggio fra gli Stati Uniti e i suoi “alleati” anticipato da Mazzini nella sua lettera ad Abramo Lincoln. Il principio è che le Nazioni hanno la missione comune (quella di Herder) di realizzare il Progetto della Modernità (razionalismo, industrializzazione, egualitarismo, omologazione, moralismo) , sotto la guida degli Stati Uniti, avanguardia (anche per Carlo Marx), del Progresso. I piccoli nazionalismi non sono quindi antagonistici, bensì complementari e sinergici, all’ Eccezionalismo Americano, che guida il processo di modernizzazione (Rostow), aiutato dalle Nazioni Storiche, che devono guidare i “popoli senza storia” e i popoli coloniali. Per questo si parla di un patriottismo buono (quello che “lavora”, come si dice oggi, ai progetti dell’America) e di un nazionalismo cattivo (quello che vi si oppone). Non casualmente, oggi, alla guida effettiva del “Paese-Guida” America c’è un guru informatico che si propone di realizzare proprio gli obiettivi estremi della religione secolarizzata dell’ Occidente: la conquista del Cielo con la missilistica e l’unificazione dell’ Umanità in una “Supersoul” (Emerson), tramite Spacelink e, rispettivamente, Neuralink. In quella sua ideologia, Giorgia Meloni evidenzia proprio lo spirito occulto dell’ ideologia nazionalistica, quale espresso nella lettera di Mazzini. Di converso, il federalismo europeo può essere alternativo al “Nazionalismo Occidentale” se prende atto del fatto che l’idea moderna di nazione, sia essa borghese o socialista, non porta affatto alla coesistenza pacifica e pluralistica promessa da Mazzini, Hugo e Masaryk, bensì all’imposizione dell’egemonia di un blocco mondiale unitario che persegue il superamento dell’ Umano tramite la tecnica. Nel fare ciò, la “Democrazia Illiberale” è solo un modesto, limitato, passaggio, perché il vero obiettivo del “Nazionalismo Occidentale” è il controllo centralizzato dell’Umanità attraverso la Megamacchina informatica e culturale comandata da uno o più Guru, o, meglio, dall’ Intelligenza Artificiale che li sostituirà. Come brillantemente esemplificato dai plateali rapporti fra Musk, Trump, Zelenskij e la Meloni. Purtroppo, anche la visione dominante nel “mainstream” europeo, nata dalla Dichiarazione di Copenaghen del 1973 sull’ Identità Europea, s’ inserisce in quel progetto transumanistico. Quella Dichiarazione partiva dal presupposto (non errato nel 1973), che la differenza essenziale fra Europa e America era che la prima si ispirava a modelli socialdemocratici o cristiano-sociali, e, la seconda, al liberismo, o, meglio ancora, al keynesismo militare (reminescenza di un concetto presente nei Grundrisse di Marx; cfr. Luciana Castellina, 50 anni di Europa). Oggi, però, la distinzione non è più quella di allora, perché incombe su tutto la Singularity. Il problema centrale è divenuto quello dell’ “Egemonia Culturale” all’ interno dell’ “Occidente”: vale a dire se, al centro dell’ “Occidente”, debba esserci (a dispetto delle sparate conservatrici di Trump e di Vance), l’oligarchia dei GAFAM,e quindi il transumanesimo di Musk e il sistema poliziesco ad essi collegato delle 16 agenzie di intelligence, oppure il pluralismo europeo di culture, religioni e popoli di antichissime tradizioni(l’”Ancienne Constitution Européenne” di Tocqueville). La cosiddetta “Magna Europa” propugnata da alcuni autori (Dawson, Bull) e fondata sulla continuità di cultura classica e radici giudaico-cristiane, non sarebbe da sola sufficiente a controbilanciare (anche solo retoricamente) l’arroganza dei GAFAM che ancora si va manifestando nelle richieste di Trump di detassare le High Tech e di assegnare a Starlink il monopolio sui satelliti militari. Per bilanciare l’egemonia americana sulla “Magna Europa” ci vogliono la cultura russa, e, in particolare, le idee di Soloviov e Dostojevskij. Nell’ambito della “Multi-Level Governance”, che comunque già oggi esiste sul piano mondiale, solo una “federazione di federazioni” paneuropea, comprensiva di Europa Occidentale, Unione Eurasiatica, Turchia, USA e Israele, e, quindi, con almeno un miliardo di abitanti, potrebbe rappresentare degnamente la tradizione culturale “occidentale” nei confronti della “Maggioranza del Mondo” (India, Cina, Asia-Pacifico, Islam politico, Unione Africana, America Latina..), cioè di altri 7 miliardi di persone, accomunate da antiche tradizioni e, per questo, ancora più resistenti di noi all’egemonia dei GAFAM veicolata dagli USA. Solo in quella prospettiva avrebbe senso lo sforzo, dispiegato in questi giorni dal Governo italiano, per fare di Roma il luogo d’incontro per i grandi dialoghi sul futuro del mondo, seguendo, in ciò, la tradizione inaugurata dai “Comitati per l’ Universalità di Roma” di Coselschi, nonché dai Trattati di Roma per la fondazione delle Comunità Europea e per il Tribunale Penale Internazionale. Raccomanderemmo soprattutto di proporre a Roma una conferenza sulla regolamentazione internazionale dell’ Intelligenza Artificiale.
Quando, dopo la caduta del Muro di Berlino, si era incominciato a parlare di un’“Accelerazione della Storia”, non si era compresa tutta la vastità della trasformazione avviata alla fine del Secolo XX, con le Guerre Umanitarie, il Worldwide Web, il progetto della Singularity, lo sfaldarsi delle ideologie, la contendibilità dell’ Europa, le Macchine Intelligenti, il primato economico della Cina, la “Guerra senza Limiti”, Echelon e Prism, l’Intelligenza Artificiale, le Democrazie Illiberali, i BRICS, il Russkij Konzervatizm, l’ascesa del sovranismo, le transizioni ambientale e digitale, i GAFAM e i BAATX, le guerre nello spazio post-sovietico.. Trump è stato un ulteriore formidabile acceleratore della trasformazione in corso : abolizione del limite al terzo mandato, come in Russia e in Cina; fusione fra potere presidenziale e oligarchie informatiche (Musk, Thiel, i GAFAM); espansione territoriale verso tutte le aree strategiche (Canada, Groenlandia, Panama, Gaza); superamento della “ragnatela di organizzazioni internazionali” create nel dopoguerra e funzionali all’ egemonia USA (Ikenberry); limitazione dei poteri della magistratura e dell’ autonomia della stampa, secondo il modello delle “Democrazie Illiberali”; presa di distanza da Ucraina e Unione Europea.. Soprattutto in Europa, moltissimi (ancora impegolati come sono in vecchie narrazioni e soprattutto nella comodità della simbiosi con gli USA) fanno fatica a riconoscere tutte le implicazioni di queste nuove realtà, e tentano fino all’ ultimo di negarle e scongiurarle, come quelli che sostengono che non occorrerebbe reagire ai dazi imposti all’ Europa, per non “scavare un fossato fra noi e gli USA”, perchè questi ultimi “erano e restano il nostro principale alleato”, e quelli che vogliono costruire un “patriottismo occidentale” vassallo dell’ America. Ma perché mai gli USA dovrebbero restare il nostro principale alleato, se tutti i loro interessi (culturali, economici, tecnologici e politici) sono opposti ai nostri, come Trump ha dichiarato e dimostrato ad abundantiam? Trump fa di tutto per alienarsi le simpatie degli altri Paesi (soprattutto europei), con il palese disprezzo che egli e i suoi ministri trasudano da tutti i pori, come, in particolare, con l’ultima esternazione, secondo cui decine e decine di capi di Governo starebbero “kissing his ass” per ottenere sconti sui dazi: “please please sir let me make a deal, I’ll do anything, I’ll do anything,sir.” Cosa che certamente sta facendo innanzitutto la nostra Primo Ministro, svuotando così la sua pretesa di “sovranismo”(e quella dei suoi alleati). Un’Italia sempre più mendicante. Un minimo di decenza: dopo “Giuseppi” e il bacio di Biden, ci mancava ancora essere i primi ad andare a Washington dopo l’ingiuria di Trump… Ma è l’idea stessa che occorra comunque negoziare (condivisa da tutti i leader europei) a rafforzare la narrativa di Trump (quella del “kissing the ass”), mentre accettare l’escalation fino alle estreme conseguenze, come sta facendo la Cina (riscuotendo il rispetto perfino di Trump), finirà per ridicolizzare l’America. Infatti, i Cinesi hanno riempito i loro magazzini in America di merci senza dazi, da vendere in USA nei prossimi mesi, mentre le imprese americane sono in difficoltà per i dazi e per le difficoltà di approvvigionamento dall’ estero. Non reagire alle nuove realtà è sempre sbagliato, perché esse presentano, comunque, non solo pericoli, ma soprattutto opportunità che occorre sfruttare. Nel caso “Europa vs. Stati Uniti”, il problema non è se introdurre dazi “reciproci” come dice Trump, come ha fatto la Cina e stava per fare l’Unione Europea, bensì quello di approfittare “asimmetricamente” (come con una mossa di Karate) della nuova situazione per fare ciò che prima non avevamo neppure osato pensare, ma che pure avremmo dovuto fare da gran tempo: costruire finalmente una nostra cultura, una nostra industria di alta tecnologia e un nostro esercito, capaci di fronteggiare qualunque avversario nel mondo volesse attaccarci (vedi per esempio il caso Groenlandia). Senza accettare la narrazione vittimaria di Trump, che stravolge completamente la realtà, cioè quella di un potere imperiale americano che ha saccheggiato, e ancora saccheggia, il mondo intero, ma ora si atteggia vittima perchè non riesce più a farlo bene come un tempo (di qui la sua nostalgia per l’”Età dell’Oro”).
ReArm Europe potrebbe diventare un’arma negoziale contro Trump? La diatriba fra coloro che vogliono “reagire” ai dazi e coloro che vogliono “trattare” è quindi mal fondata. Innanzitutto, perché in ambo i casi si resta nell’ orizzonte concettuale di Trump, che considera i dazi come un dato di fatto, su cui costruire un compromesso comunque a suo favore. Ma i dazi americani sono un problema per chi vuole esportare in USA prodotti materiali in America, non per chi è disposto ad esportare invece in Cina, o anche in America, ma soprattutto servizi (digitali e no). Perciò, se l’Europa vuole avere un’arma contrattuale, gli eventuali dazi “reciproci”, come se li immagina Trump, e su cui stanno discutendo gli Italiani e gli Europei, non sono la soluzione più efficace.Per timore reverenziale verso USA, l’Europa si è trattenuta da 80 anni da fare tante altre cose: cultura, informatica, politica internazionale, alta tecnologia, satelliti, bombe atomiche, ritirare le riserve auree. Basterebbe fare alcune di queste cose, oppure anche solo attuare seriamente le esistenti normative UE in materia informatica (come le sentenze Schrems), per provocare agli USA (e soprattutto agli oligarchi che circondano Trump), danni ben più gravi di quelli che gli USA ci stanno provocando con le loro sanzioni. Gli 800 miliardi di ReArm Europe, se ben utilizzati, ci permetterebbero infatti di rifondare letteralmente Stato ed economia in Europa. Quei soldi (tanti o pochi che siano)non vanno quindi sprecati continuando a finanziare le basi americane e i GAFAM, o comprando degli F-35 con la “Kill-Pill” incorporata, bensì creando un’Accademia Superiore di Cultura Europea, un’ Accademia Digitale Europea e un’Accademia Militare Europea, un’Agenzia Europea per le Tecnologie (confronta il nostro “European Technology Agency”), una Società Europea per le Alte Tecnologie, delle grandi piattaforme europee, un’Arma Europea Missilistica e Nucleare, un Alto Comando Europeo, un Servizio Segreto Europeo, un Esercito Europeo e, infine, una vera Bomba Atomica Europea (che, oggi, dovrebbe essere trasportata da un missile ipersonico a traiettoria casuale, come l’Oreshnik russo).Questo sarebbe l’unico vero contributo possibile alla Difesa Comune Europea, perché è l’assenza di tutto ciò che non ci rende credibili, non già il livello troppo basso della spesa, che, è, in realtà, il doppio della spesa della Russia.Non credibili non solo e non soltanto per un’(auspicabilmente improbabile) guerra nucleare, ma anche e soprattutto per le continue trattative sui dazi, sull’ Intelligenza Artificial, sui dati, sulle guerre in corso, dove lo “status” nucleare conta, eccome… Invece, l’”arriere pensee” di Trump è che il 5% del PIL europeo dovrebbe essere speso per pagare agli USA cose che non ci servono: missili, bombe, cacciabombardieri, servizi digitali e finanziari, gas GLM..). Si noti anche che applicare le esistenti normative europee sull’ High Tech (GDPR, Sentenze Schrems, interruzione dei contratti delle Istituzioni con i GAFAM, Antitrust, fisco, Digital Service Act, Artificial Intelligence Act, Anti-Coercion Act), citate talvolta nell’ ambito della “guerra dei dazi”, sarebbe certo lodevole e necessario, ma non costituirebbe neppure “una rappresaglia” (come pensano i più), bensì semplicemente un atto da gran tempo dovuto; anche l’introduzione di nuove norme sull’immagazzinamento dei dati e sullo “spezzatino” dei GAFAM sarebbe una decisione politica da gran tempo necessaria, indipendentemente dai dazi di Trump. Anche la distinzione fra “iniziative europee” e “iniziative degli Stati Membri” è ingannatrice. Esistono anche le iniziative intergovernative (per esempio la politica dello sviluppo), sotto forma di consorzi o di società di capitali con partecipanti pubblici e privati, centrali e locali (ESA, Ariane, BEI) .La European Technology Agency potrebbe benissimo essere costruita appunto come l’ ESA (European Space Agency). Le due agenzie potrebbero perfino fondersi. Infine, “l’arma atomica” contro gli USA sarebbe costituita dall’ adesione dell’UE alle Nuove Vie della Seta. Essa infatti non si riferisce all’ import-export, bensì a una collaborazione più complessa, nei trasporti, nella cultura e nella tecnologia. Stupisce che nessuno l’abbia ancora riproposta.
.Perché parlare solo del disavanzo commerciale? Ricordiamoci anche che, se vi è un “disavanzo commerciale” fra USA ed UE, non vi è invece un “disavanzo nella bilancia dei pagamenti”, perché il disavanzo commerciale è compensato dalle esportazioni, dagli USA, di beni immateriali (ben più strategici), e dal signoraggio del dollaro. In pratica, il mondo produce beni materiali e li invia (in parte) in USA, e, da parte loro, gli USA producono ideologia, potere e biglietti di carta (i dollari), e li inviano nel resto del mondo come pagamenti (ma soprattutto come leve del loro potere potere). Questa dinamica è particolarmente evidente con l’Europa, che non è una sfruttatrice parassitica, bensì un ostaggio degli USA. Le lamentele USA sono del tutto immotivate; sono solo un pretesto per cercare di far pagare agli altri Paesi il debito pubblico americano, che è generato semplicemente dal “signoraggio del dollaro”, il privilegio degli USA di stampare moneta senza limiti, perché secondo gli iniqui accordi esistenti: (i)i Paesi occidentali sono obbligati a fare le loro transazioni in dollari; (ii)gran parte delle loro riserve auree sono depositate negli USA, (iii) molte testate nucleari sono stoccate in Europa, con evidenti scopi di ricatto. In questa situazione, chi dovrebbe lamentarsi e ribellarsi sono gli alleati, non gli USA. Siamo di fronte al discorso del lupo nella favola del Lupo e dell’Agnello. Inoltre, come dimostra il ricorso della Cina all’OMC, prima di passare alle vie di fatto o di trattare, c’è un’ancora un’altra soluzione, che consiste nel pretendere il rispetto dei molti trattati ancora in vigore, che ancora vincolano gli Stati Uniti e che Trump viola programmaticamente. Allora aveva ragione chi sosteneva che i trattati sono pezzi di carta?Mettere gli USA sul banco degl’imputati serve comunque per chiarire a tutti che gli USA stanno distruggendo il meccanismo da loro stessi creato per schiavizzare il mondo,e sul quale sono purtroppo ancora basate le nostre false ideologie! Fortunatamente, i dazi stanno praticamente isolando gli USA dal mercato mondiale, perché rendono molto difficile a tutti i Paesi il commerciare con gli USA, ma non impediscono loro affatto di commerciare fra di loro, di modo che il loro commercio internazionale non ne risulterà complessivamente danneggiato, bensì anzi favoritom come è successo fra Cina e Russia con le sanzioni. Il presidente del fondo sovrano russo, Dmitriev, ha fatto notare il paradosso per cui le sanzioni occidentali, invece di danneggiare la Russia, l’hanno resa più autonoma dall’economia occidentale, con risultati positivi per Mosca, al punto che oggi non è la Russia a chiedere la rimozione delle restrizioni. Sono piuttosto le aziende statunitensi, secondo Dmitriev, a mostrare interesse per un ritorno sul mercato russo, e se questo richiedesse un allentamento delle sanzioni, sarebbe un passo vantaggioso principalmente per gli Stati Uniti. Tant’è vero che, paradossalmente, Trump non ha assoggettato Russia, Bielorussia, Cuba, Iran e Corea del Nord ad alcun dazio, mentre ha introdotto un dazio contro l’Ucraina e Israele. Infatti, le cifre presentate da Dmitriev confermano come le sanzioni hanno finito per colpire soprattutto le imprese statunitensi, mentre la Russia, sostenendo di non aver più bisogno dell’Occidente, si trova oggi in una posizione negoziale più forte, avendo anche nazionalizzato a prezzi di saldo le filiali russe delle multinazionali.Come diceva il compianto Kissinger: “Essere nemici degli USA è pericoloso, ma essere loro amici è fatale”. Prendendo per buono il valore nominale del Pil dei vari blocchi economici, quello degli USA è di 28.303,00 miliardi di dollari su 85.52 trilioni del mondo intero e 17 mila miliardi di euro della UE. Ciò implica che quest’ultima può esportare verso paesi terzi che hanno, complessivamente, un PIL di 68.52 trilioni, e nessun dazio. Sarebbe l’occasione in cui l’Europa potrebbe divenire veramente indipendente, sfruttando innanzitutto l’enorme potenziale commerciale della Cina: “China—thanks in part to ambitious industrial policy efforts such as Made in China 2025—produced almost half the world’s chemicals, half the world’s ships, more than two-thirds of electric vehicles, more than three-quarters of electric batteries, 80 percent of consumer drones, and 90 percent of solar panels and critical refined rare-earth minerals. And Beijing is taking steps to ensure its dominance continues and expands: China was responsible for half of all industrial robot installations worldwide (seven times as many as the United States), and it is a decade ahead of anyone else in commercializing fourth-generation nuclear technology, with plans to build over 100 reactors in 20 years.” (Foreign Affairs) Come ha scritto Cacciari su “La Stampa”, “L’Europa ha interessi vitali a rappresentare il punto di mediazione tra Occidente, Oriente, Mediterraneo e Africa. Interessi vitali a porre termine a guerre civili al proprio interno e a conflitti armati ovunque si manifestino. Un’unità d’azione per fronteggiare l’attacco sui dazi che non si fondi su questa visione strategica varrà meno di un’aspirina.” 3.Il “Liberation Day” ha spiazzato i settari europei di tutte le fedi. E’ chiaro che, con la sua politica dei dazi, Trump ha rivoluzionato il sistema geopolitico mondiale (anche a costo di danneggiare gli USA), pur di realizzare il suo progetto politico di riportare in America la manifattura, rivitalizzando il “Rust Belt” come vorrebbero gli operai americani. Quanto ciò sia realistico in una situazione di alta occupazione e in parallelo al blocco dell’ immigrazione, lo si vedrà. Tuttavia, non si tratta di una politica nuova per gli USA, che l’hanno tradizionalmente adottata tutte le volte che si sono sentiti deboli. Come scriveva già 200 anni fa Friedrich List, dazi e liberalizzazioni hanno scandito fin dall’ inizio alternativamente l’espansione dell’Anglosfera, prima Impero Britannico, poi Stati Uniti. e i risultati sono stati sempre inconcludenti se non addirittura catastrofici. Il XIX secolo aveva segnato addirittura l’età dell’oro dei dazi negli Stati Uniti, con un tasso medio che sfiorava regolarmente il 50 per cento: un’estensione della dottrina adottata sin dalla fondazione del Paese, che sosteneva la protezione dell’economia americana durante la fase dell’industrializzazione: “Studi accurati di quel periodo suggeriscono che i dazi hanno contribuito a proteggere in una certa misura lo sviluppo interno dell’industria”, ha affermato Keith Maskus, professore presso l’Università del Colorado, “Ma i due fattori più importanti erano l’accesso alla manodopera internazionale e al capitale che fluiva negli Stati Uniti durante quel periodo”.Io aggiungerei anche l’appropriazione delle terre e delle risorse naturali degli Indiani. Secondo Christopher Meissner,infatti, oltre a questi fattori un altro “motivo per il quale negli Stati Uniti il settore industriale era fiorente, era legato alla grande disponibilità di risorse naturali”:carbone, petrolio, minerale di ferro, rame e legname, tutti essenziali per l’industria. Ma “il settore industriale non sarebbe stato meno sviluppato se avessimo avuto dazi molto più bassi”, ha aggiunto Meissner. 3.La ‘Gilded Age’ Spesso Donald Trump cita come modello l’ex presidente degli Stati Uniti William McKinley, il ‘padre’ dell’ondata di dazi approvata nel 1890 negli anni tra il 1870 e il 1913 – la cosiddetta ‘Gilded Age’ – il periodo in cui gli Stati Uniti sono stati più ricchi. Eppure, la tassazione doganale voluta da McKinley non impedì alle importazioni di continuare a crescere negli anni successivi al 1890, tanto che, quando nel 1894 fu deciso di abbassarla, la quantità di beni che gli Stati Uniti acquistavano all’estero rimase al di sotto dei picchi raggiunti negli anni precedenti. Nel 1929, George Roorbach aveva scritto che “dalla fine della guerra civile, durante la quale gli Stati Uniti erano stati sotto un sistema protettivo quasi, se non del tutto, senza interruzione, l’importazione si era enormemente espansa e le fluttuazioni che si verificarono sembrano essere correlate principalmente a fattori diversi dagli alti e bassi delle tasse doganali”. Un anno dopo fu il presidente repubblicano Herbert Hoover a imporre una stretta ai dazi: lo Smoot-Hawley Tariff Act del 1930 è ricordato soprattutto “per aver innescato una guerra commerciale globale e aver aggravato la Grande depressione”, afferma il Center for Strategic and International Studies. La fine della Seconda Guerra Mondiale aveva segnato l’inizio di una nuova era nel commercio internazionale , definita dalla ratifica nel 1947 da parte di 23 paesi, tra cui gli Stati Uniti, dell’accordo di libero scambio Gatt che creò le condizioni per lo sviluppo del commercio internazionale, imponendo dazi doganali più moderati. Questo slancio fu mantenuto dal North American Free Trade Agreement (Nafta) tra Stati Uniti, Messico e Canada, entrato in vigore nel 1994. Accanto al Nafta, il libero scambio negli Stati Uniti fu ulteriormente ampliato dalla creazione dell’Organizzazione mondiale del commercio nel 1995 e da un accordo di libero scambio del 2004 tra gli Stati Uniti e diversi Paesi dell’America centrale. 4.I dazi di Trump si scontrano contro la Grande Muraglia Nel XX Secolo, l’America puntava a liberalizzare i commerci per permettere alle sue multinazionali, in vantaggio dal punto di vista tecnico ed economico, di fare affari ovunque, senza interferenze degli Stati esteri. Le norme liberalizzatrici avevano un carattere generale, ma così favorivano chi era più forte nella sostanza (allora, l’America). Ora che le imprese più forti sono divenute quelle cinesi, l’America decide di separare i singoli mercati nazionali, per poter negoziare con ciascun Paese in base a criteri extra-economici (affinità ideologica, alleanze, interessi della famiglia Trump..), sfruttando le debolezze di ciascuno, e imporre sanzioni, dazi, bandi, preferenze, limitazioni, esenzioni, caso per caso (l’“Advocacy” delle imprese nazionali). In questo come in altri infiniti campi (ideologia, Stato-mercato, rapporti con le oligarchie), gli USA, come molti altri Paesi) si stanno dunque allineando (con quella che Girard ha chiamato “Rivalità mimetica”) al modello cinese di negoziati sovrani fra Capi di Stato (come nell’ antico “sistema tributario” del Celeste Impero. Comunque vadano le cose, la Cina vincerà dunque almeno la sua guerra culturale. Durante il suo primo mandato, Trump aveva già deciso nuove misure contro la Cina, molte delle quali furono mantenute sotto Biden. Ma nonostante quelle imposte, il deficit commerciale degli Stati Uniti con la Cina aveva continuato a crescere fino al 2022, quando il gigante asiatico fu colpito da un rallentamento economico non correlato alle tariffe. Di fronte a questo scenario inedito, tutto l’”establishment” italiano ed europeo, nato dalla lottizzazione partitocratica e culturale -liberali, cattolici, marxisti-, non sa più come atteggiarsi. La Cina “comunista” è risultata più “efficiente” dell’Occidente “liberale”; il “fascista” Trump è stato il primo a portare i sindacalisti a parlare dalla sua tribuna alla Casa Bianca, con tanto di casco antinfortunistico e “gilet jaune”; la sinistra europea parteggia per Wall Street; la Germania sta pensando di ritirare 1.200 tonnellate d’oro (per il valore di 24miliardi di dollari), dalla U.S. Federal Reserve, e di investire 1000 miliardi in armamenti. Il preteso “liberismo” non esiste ormai più, con lo Stato americano che decide centralmente dove comprare e vendere, quali imprese favorire e quali svantaggiare, a chi trasferire enormi masse monetarie (sussidi, investimenti, pensioni, commesse pubbliche), e tutto è gestito da “oligarchie” che vivono in simbiosi con i vertici politici (basti vedere la famiglia Trump, i GAFAM, ecc…). Da parte sua, la Cina stava preparandosi da almeno un trentennio alla guerra dei dazi con gli USA. Infatti, due colonnelli cinesi, Qiao Liang e Wang Xiangsui, avevano definito, già nel 1996, Osama Bin Laden, prima degli attacchi agli Usa, come l’interprete più efficace di un nuovo tipo di guerra, descritto in “Guerra senza limiti”(tradotto a cura della CIA e con il commento in Italiano, di Fabio Mini), che riverdiva una millenaria tradizione del loro Paese nella trattazione delle tecniche militari, che vanta tra i suoi capostipiti il celeberrimo “L’arte della guerra” di Sun Tzu. 5.”La Voce del Patriota“ Su La Voce del Patriota del 2019 si leggeva: “’Mentre Russia e Cina da anni continuano a comprare oro per liberarsi del dollaro, in Europa nazioni come Germania e Austria stanno riportando in patria i loro lingotti custoditi nelle banche estere, per mettersi al riparo da eventuali crisi. E’ bene ricordare che l’Italia è la terza nazione più ricca di oro al mondo, ma più della metà dei nostri lingotti sono detenuti fuori dai nostri confini, a differenza delle altre grandi nazioni che lo custodiscono gelosamente in casa propria. La nostra mozione per il rimpatrio dell’oro italiano è stata bocciata da tutte le altre forze politiche, ma il futuro Governo con Fratelli d’Italia restituirà l’oro agli italiani. E’ una promessa!’. Lo dichiara Giorgia Meloni, Presidente di Fratelli d’Italia, commentando il rischio di una tempesta finanziaria mondiale alle porte. L’Italia ha la quarta riserva aurea al mondo, ma il 52% è all’estero. L’Italia, con 2.452 tonnellate di oro costituito prevalentemente da lingotti (95.493) e per una parte minore da monete è quarta al mondo per riserve auree, dopo Stati Uniti, Germania e FMI. Il nostro tesoro, tuttavia, si trova per il 52% all’estero, mentre solo la restante parte è custodita nel caveau della Banca d’Italia. Il valore complessivo della riserva è di oltre 100 miliardi di euro. Fratelli d’Italia aveva presentato una mozione, bocciata da tutti, Lega compresa, nonostante Borghi e Bagnai predichino bene, razzolando male. ‘L’Italia riporti subito in Patria le sue riserve auree custodite all’estero. È partita la corsa all’oro in tutto il mondo per timore di una tempesta finanziaria: Russia e Cina aumentano le riserve auree, Germania e Austria lo rimpatriano; Usa, Uk, Francia e Svizzera costituiscono il “Golden Billion Group” e detengono riserve auree di molti Stati esteri. Mentre l’Italia, che è il terzo Stato possessore di riserve auree al mondo, lascia all’estero gran parte dei suoi lingotti. Una assurdità alla quale Fratelli d’Italia ha provato a mettere fine con una mozione, a mia firma, che è stata vergognosamente bocciata con il voto contrario di tutte le altre forze politiche: PD, M5S, Lega e FI. Oggi che il tema torna prepotentemente di attualità ed espone la Nazione a gravissime conseguenze, Fratelli d’Italia torna a chiedere che il governo e Bankitalia si attivino immediatamente per riportare all’interno dei confini nazionali l’oro degli italiani’. Lo dichiara il senatore di Fratelli d’Italia, Giovanbattista Fazzolari, responsabile nazionale del programma di FdI.” Come mai, dopo che Fratelli d’Italia è andata al governo, questa promessa è stata bellamente dimenticata? Non sarebbe ora che, visto che l’Italia vuole trattare “tête-à-tête” con Trump, venisse rispolverato questo tema, come ha fatto recentemente la Germania, che ha già riportato a casa almeno parte del suo oro?
“Qui in Europa siamo governati in sostanza dagli Americani(…) Non siamo nazioni sovrane (…). Non possiamo decidere sui nostri destini, perché su questi decide Washington”(Klaus von Dohnanyi, ex-Ministro per la cultura e la scienza ed ex-Sindaco di Amburgo) Sono 80 anni che gli Europei perdono tempo a discutere se sia meglio una federazione o una confederazione, quando i due termini sono stati usati in modo quanto meno promiscuo in tutti tempi e in tutte le lingue (Berith, Lega, Bund, Confoederatio, Confédération, Unia, Union, Confederation, Rzeczpospolita, Sojuz, Savez, Respublika, Federacija, Soobscestvo…). Intanto, l’Europa moderna ha fatto effettivamente insieme ben poche cose, e, spesso, le più interessanti, come cooperazioni fra Stati (Mitropa, Arbed, Concorde, Ariane, Cooperazione allo Sviluppo, BEI, Tornado, Airbus, Eurofighter, Galileo, TGV, Euro)…Oggi, la cosiddetta “Coalizione dei Volenterosi” vorrebbe seguire sostanzialmente quegli esempi. Tuttavia, tutto ciò potrebbe andar bene finché si resti sul piano teorico, mentre, se si arrivasse veramente a una guerra con la Russia, il problema della condotta delle ostilità si porrebbe comunque in modo drammatico, com’è dimostrato dal dibattito in corso in Germania, che ci riporta alla tanto esecrata esperienza dell’Asse, dove il mancato coordinamento fra Italia e Germania (ma anche fra i generali nazisti) aveva portato a una serie di sconfitte: in Africa, nei Balcani, in Russia… Ricapitoliamo qui di seguito i concetti fondamentali dei dibattiti in corso.
1.L’impossibilità per l’ Europa di vincere la Russia Come già le invasioni della Russia da parte della Svezia, di Napoleone, della coalizione per la Crimea e di Hitler, un’eventuale guerra fra i “Volenterosi” e la Russia non potrebbe in nessun caso essere vinta,già perché i “Volenterosi” non dispongono di una deterrenza nucleare neppur lontanamente comparabile a quella russa, e gli Stati Uniti hanno chiaramente manifestato l’intenzione di non utilizzare la loro (presumibilmente perché anch’essa oggi inferiore a quella russa: vedi missile Oreshnik), e una guerra in Europa non varrebbe il rischio. In ogni caso, l’articolo 5 del Trattato Nord-Atlantico, e tanto meno la parallela clausola dei trattati UE, non potrebbero funzionare, se non altro perché non sono automatica, mentre invece le guerre nucleari post-moderne sarebbero semplicemente istantanee. Come sarebbe possibile discutere a 27 (ma anche solo a sue o tre) l’uso dell’arma nucleare? Per ovviare a questo stallo, si sta cercando di fare della Germania l’ago della bilancia, che oggi non può funzionare perché, attualmente, lo stesso governo tedesco deve astenersi dal voto nell’UE se i ministeri competenti e i partiti partner della coalizione nazionale non riescono a trovare una posizione comune ( un meccanismo noto come “Voto Tedesco”). La richiesta dei Cristiano-democratici ai Socialdemocratici sarebbe quella di consentire a Merz di “assumere il coordinamento fin dall’inizio o di impadronirsene durante il processo se la cancelleria lo ritiene necessario per garantire una posizione coerente del governo”. Si tratta di un’impostazione assolutamente governativa, evidentemente nella previsione che i meccanismi federali europei non vengano implementati in tempi utili. Di fronte a questo sconquasso, Gabriele Segre propone di rinunziare al progetto federalista (che, come scrive Cacciari, non è mai stato preso sul serio da nessuno). Come abbiamo scritto in precedenza, l’idea di creare una federazione chiamata “Stati Uniti d’ Europa” è sempre stata molto debole, in quanto costituiva una confessione palese di ancillarità esistenziale dell’ Europa nei confronti dell’ America, a cui non poteva che seguire anche un’ancillarità di fatto, da cui ancora non ci siamo liberati.Invece, come scriveva Tocqueville contrapponendola all’ America, l’Europa ha un’eredità di governance fondata sul pluralismo (l’”Antica Costituzione Europea”), con Papa e Imperatore, Ordini e Regni, Monasteri e Leghe, Principati e Comuni, Feudi e Corporazioni…, che, “mutatis mutandis”, potrebbe valere ancor oggi, salvo che nel campo della Difesa. In quest’ultimo, vale il discorso sulla mancanza di coordinamento e alle caotiche assemblee dei Generali di Hitler. E, lì, sarebbe forse il caso di guardare agli antichi Progetti di Crociata, aggiornati con la parziale automatizzazione dei processi decisionali.
2.Il “trilemma” della difesa nucleare europea Ancor più problematica è la situazione in campo nucleare. Qui, secondo Foreign Affairs, si tratterebbe di conciliare tre disparati obiettivi: una deterrenza credibile ed efficace contro la Russia; la stabilità strategica, intesa come minimizzazione degl’incentivi per ntutti gli Stati a fare uso per primi delle armi nucleari(first strike); non-proliferazione dagli Stati nucleari ad altri Stati. Secondo Foreign Affairs, questi obiettivi non possono essere raggiunti tutti contemporaneamente. L’unica soluzione efficace sarebbe, a nostro avviso, quella discussa a suo tempo fra Gorbaciov e Mitterrand: una “Casa Comune Europea” in cui Russia ed Europa non rappresentassero più una fonte di minaccia reciproca, perché accomunate da prospettive culturali simili. E’ ancora possibile conseguire questa situazione dopo trentacinque anni di azioni volte costantemente ad attizzare l’odio reciproco? Certo, è difficile, e richiederebbe un lungo processo di avvicinamento, ma meno lungo di quanto lo sarebbe stato nel 1989. Infatti, oggi si tratta in realtà di conciliare due situazioni di fatto e due culture politiche meno lontane di allora. Intanto, oramai, dopo l’utilizzo, da parte di Ursula von der Leyen, dell’ Art. 122 del Trattato di Lisbona per fare passare RearmEurope a semplice maggioranza, l’ Unione si è già mossa decisamente sulla strada di uno Stato militarizzato, com’è attualmente la Russia. Anche gli sforzi del Governo Italiano di introdurre il Premierato vanno nella stessa direzione. Nel contempo, dal punto di vista ideologico, la Russia ha rivitalizzato il “Russkij Konservatizm”, mentre, nell’ Unione Europea, si è scatenata una vera febbre identitaria (funzioni religiose, bandiere, inni, commemorazioni, eroi), non dissimile dalla Pasionarnost’ che, secondo Gumiliev, caratterizzerebbe l’identità russa. Tutto ciò non incontra più nessuna controspinta sostanziale, né dagli Stati Uniti, che anzi invitano l’ Europa a dare più spazio alle proprie politiche identitarie (vedi Vance), né da parte dell’Unione, che si fa promotrice di manifestazioni sovraniste europee (basate sull’inflazione della bandiera e dell’ inno). Sarebbe il caso di cogliere quest’occasione di europeizzazione, e sembra paradossale che siano i sedicenti “conservatori” ad opporvisi.
3.L’”Establishment” non crede, e non ha mai creduto a Ventotene. Come abbiamo scritto, le realizzazioni concrete delle organizzazioni europee, e, in generale, degli Europei insieme, nacquero, non già da un‘ideologia federalista (quale?), bensì da un lavoro sotterraneo dell’America e dall’applicazione delle idee dei Funzionalisti Mitrany e Haas, veicolate dalla “Dichiarazione Schuman” e dai Trattati europei scritti dallo studio americano Allen Overy (l’Europa dei piccoli passi, l’Europa degli Stati).Spinelli e i suoi seguaci avevano seguito un percorso, assolutamente condivisibile, ma del tutto differente, che sarebbe stato ancor più distante se non vi fossero state pressioni di vario tipo (La Malfa, Nenni), per far loro accettare l’inserimento in delle Comunità Europee assolutamente funzionalistiche e atlantiste, e, addirittura, per inserirvisi dal punto di vista personale. Per parte loro, le politiche europee degli Stati Membri e delle Istituzioni sono state sempre ispirate solamente agl’interessi del “deep State” dei singoli Stati Membri, che non hanno mai avuto l’intenzione di cedere le proprie competenze all’ Europa, ma preferiscono cederle, semmai, come già diceva De Gaulle quando parlava del “Federatore Esterno”, agli Stati Uniti, che, almeno, erano lontani. ReArm Europe segna infine il trionfo dei “deep State” nazionali, che sognano oggi di costruire giganteschi eserciti nazionali, funzionali non già alla difesa dell’Europa, bensì a far primeggiare Germania, Francia, Inghilterra o, rispettivamente, Polonia, all’ interno di un fantomatico “Occidente” che conta sempre meno in un’ottica mondiale, ma salvando così la ragion d’essere delle diverse burocrazie. Però, con Trump, il velo d’ ipocrisia sui rapporti transatlantici si sta diradando, sì che sta divenendo impossibile continuare ad affermare (come accade ancor oggi) che il legame transatlantico sia compatibile con l’autonomia strategica europea. Infatti, Trump e i suoi ministri attaccano insistentemente l’Europa e l’Unione Europea, si rifiutano d’ incontrare le sue Istituzioni, danno tutta l’impressione di non prendere minimamente sul serio il cosiddetto “ombrello nucleare” dell’ Art. 5, e si propongono espressamente, con i loro dazi, di peggiorare la situazione economica degli Europei , colpevoli di aver “fregato” l’ America. Stanno perfino studiando come addebitare agli Europei i costi della guerra in Yemen, asserendo (assai poco credibilmente) ch’ essa è fatta essenzialmente per tutelare gl’interessi europei.
4.La falsità dell’ “Identità Europea” di Benigni e Vecchioni, ma anche di Meloni. Noi, che abbiamo difeso l’Identità Europea quando nel ’68, si voleva imporci un internazionalismo privo di radici e che sfociò nel terrorismo – noi, che abbiamo organizzato le manifestazioni studentesche per Jan Palach, per il KOR, per gl’intellettuali ucraini; noi che abbiamo lavorato per 4 anni in quella roccaforte della cultura e del diritto europei che è la Corte di Giustizia a Lussemburgo; noi che abbiamo organizzato centinaia di alleanze fra imprese europee, tra l’altro nei settori della difesa e dell’ aerospazio e nell’ Europa Centrale e Orientale; noi che siamo concentrati da decenni sullo studio della storia dell’ Identità Europea- sappiamo distinguere l’identità autentica da quella fasulla distillata dai gatekeepers e recitata da attori prezzolati, che pretendono vi sia un’unica “Identità Atlantica”(a seconda delle preferenze, con o senza Trump). In realtà, l’America di Trump, che viene incolpata di ogni male, è l’America di sempre, ma senza l’ipocrisia puritana dei “liberals”. E’ l’America che nasce con il giuramento del Mayflower, dove i membri della Congregazione di Scrooby imposero agli altri passeggeri di giurare loro fedeltà. Essa continuava con la strage delle streghe di Salem, ben descritta ne “La Lettera Scarlatta” di Hawthorn. Nella Dichiarazione d’ Indipendenza si giustificava la loro “conspitacy” contro il Re d’Inghilterra con il fatto che questi parteggiava per i barbari Indiani e per i Canadesi papisti. Si dava per scontata la schiavitù in un momento in cui i tribunali la bandivano dall’ Impero Britannico. Appena resisi indipendenti, gli Americani avviarono il “Trail of Tears”, spossessando gl’ Indiani e deportandoli a Ovest, dove strapparono al Messico la metà del loro territorio, e dove impediscono ancor ora ai latinos di ritornare. Gl’intellettuali come Emerson, Whitman, Friske, Turner, Mead e Willkie teorizzavano il Destino Manifesto degli Stati Uniti di conquistare il mondo con il pretesto di portarvi la libertà. Cacciarono la Spagna da Cuba, da Puerto Rico e dalle Filippine, ma vi instaurarono colonialismo e neo-colonialismo. Finanziarono Trockij, Stalin e Hitler. Fecero esplodere, primi e unici nella storia, due bombe atomiche sulla popolazione civile di un Giappone già sconfitto. Invasero la Corea, il Vietnam, l’Irak e l’Afghanistan. Controllano il mondo intero con le intercettazioni e i social networks, lo occupano da ottant’anni con migliaia di basi, e lo taglieggiano con il signoraggio del dollaro e la monopolizzazione dei commerci. Fin dai tempi dell’invenzione dell’informatica, progettano un impero mondiale delle Macchine Intelligenti, diretto dagli amministratori delegati delle loro multinazionali (l’”America-Nondo” di Valladao). A sua volta, l’intellighentija europea (Dickens, Kafka, Céline, Alvaro, Simone Weil) ha stigmatizzato costantemente lo spirito dell’America come materialista, sfruttatore, volgare, livellatore, anticulturale, associandosi, in ciò, agl’intellettuali indipendenti americani (Boas, Eliot, Pound, Miller, Dos Passos, Chomski) L’ipocrisia (oggi Biden, domani Trump) ha costituito fin dall’inizio lo strumento principe dei Puritani, che si atteggiano a vittime e liberatori quando invece smaniano per stabilire il loro controllo totale sul mondo. Perciò, nei Paesi conquistati, come l’Europa, i fiduciari dei Puritani si sono presentati fino ad ora come Progressisti. Hanno costruito la loro narrazione occultando il ruolo distruttivo dell’America, innanzitutto nella Rivoluzione Francese, figlia del “Comitato di Corrispondenza” dei rivoluzionari americani, e, poi, quello nelle rivoluzioni dell’ Ottocento e nei totalitarismi. Dunque, “Oportet ut scandala eveniant.”: Trump e i Trumpiani ci stanno aprendo gli occhi sul vero volto dell’America. Suscitando l’entusiasmo degli amministratori delegati e proprietari dei monopoli dell’informatica, fino a poco fa vicinissimi a Biden, e improvvisamente si convertiti a Trump, chiedendogli si schiacciare i seppur modesti tentativi della UE di controllarli e di tassarli.
5.Cercare una via di uscita diversa A causa di tutto ciò che precede, è sempre più difficile nascondere lo “status” di vassallaggio degli Europei, e, di conseguenza, la natura collaborazionistica dell’ intero “Establishment” . Basti pensare al fatto che l’Unione non viene mai, né menzionata, né nemmeno contattata, dai successivi presidenti americani, che Kaja Kallas è stata fatta venire a Washington con il Segretario di Stato Rubio, che però non si è nemmeno fatto trovare. Nel mondo parallelo del web si sta addirittura ipotizzando che Vance potrebbe venirci imposto come presidente dell’ Europa. Sembra quasi che l’amministrazione USA si sforzi di disgustare l’Europa, per cancellare le precedenti retoriche atlantiste troppo lente e inefficaci, ed eventualmente sospingere l’Europa verso la Russia, in modo da non essere costretta a difenderla. In questo contesto, si pone il difficilissimo progetto di Giorgia Meloni di “costituire un ponte” fra il trumpismo e la Coalizione dei Volenterosi europei. Ponte che sarebbe teoricamente nella natura delle cose, perché vi è un’obiettiva discrasia fra il preteso “isolazionismo” (ovvero nazionalismo), di Trump e il suo “Europe Bashing”. L’Europa viene vista (in parte giustamente ) dai Trumpiani come una roccaforte “Woke” da annientare, o almeno da conquistare. Tuttavia, le aspirazioni tradizionaliste di MAGA, legate al realismo in politica, al leaderismo, alle radici cristiane, alla libertà di pensiero, porterebbero, sempre teoricamente, a un atteggiamento molto più rispettoso verso l’Europa, radice delle tradizioni americane. Oggi, nei fatti, nessun leader sovranista europeo potrebbe essere veramente trumpiano, perché dovrebbe fare gl’interessi dell’America contro quelli dell’Europa. Questo soprattutto in considerazione del fatto che, in parallelo alle varie battaglie di Trump, e quasi indistinguibile da esse, si sta consumando la mutazione ontologica del mondo attraverso l’azione dei GAFAM, e, in particolare, attraverso l’azione di Elon Musk. Mutazione che dovrebbe costituire il nemico per eccellenza di tutti i Conservatori Europei, sì che non capiamo proprio perché nessuno ne parli, in particolare, i leader sovranisti. Invece, l’atteggiamento doveroso dei veri “sovranisti europei” dovrebbe essere quello indicato, sulla stampa di lunedì , da Asma Mhalla: «È un cittadino che sa di essere un soldato che combatte in una guerra ibrida, invisibile ma costante. Perché tutte le tecnologie hanno un impiego civile esplicito e uno militare non esplicito».
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Nel momento in cui, pressata, da un lato, da Trump, e, dall’altro, da Zelenskij, la UE si è affrettata ad affermare la propria disponibilità a “sforare” le “sacre” regole di bilancio per poter investire di più nella difesa, diviene più che mai essenziale chiarire in che modo le nuove politiche di difesa dell’Europa s’inquadrerebbero in un discorso – culturale, etico e politico-, di respiro più ampio, che, lungi dal limitarsi a una contingente ripicca, tocca innanzitutto la guerra e la pace, ma poi anche le nuove tecnologie e il futuro dell’ Europa e del mondo, e, in secondo luogo, come possono contrastare dazi di Trump. 1.”Pax Aeterna” Accanto a un’indubbia tradizione guerriera dell’ Europa, che risale agli Yamnaya, ai Greci, ai Romani, ai “barbari”, alle diverse monarchie e repubbliche (e che erroneamente viene interpretata come “democratica”), vi è stata fin dagli inizi, in Europa come altrove, una tradizione “pacifista”, ereditata dai grandi imperi orientali e divenuta dominante nella cultura del periodo augusteo (la “Pax Augusta”), quella che, paradossalmente, sembra la radice vera dell’ideologia “progressista”. Anche la parola d’ordine della “Pace Perpetua” è tutt’altro che nuova, essendo stata già lanciata dall’imperatore romano Filippo l’Arabo (il primo imperatore cristiano dell’Impero Romano), di cui ci è pervenuta una bella moneta con questa dicitura. Del resto, l’invocazione “ai costruttori di pace” contenuta nel Discorso della Montagna, sembra inserirsi proprio in questo secondo filone. Questa dialettica ricorre in tutta la storia europea. Ogni impero, per sua natura, ha una vocazione universale, attraverso la sottomissione degli altri Paesi, creando una forma di pace, come annunziavano già le epigrafi sulle tombe degli Achemenidi: “parcere victis et debellare superbis”, il che è esattamente ciò che i teorici della “Fine della Storia” pensavano fino ad ora(e forse pensano ancora), i teorici dell’ Impero Americano. I Persiani firmarono con i Bizantini, nel 532, un trattato di pace con, la “Pax Aeterna”, ai sensi del quale l’imperatore bizantino s’impegnava a pagare 11 000 libbre d’oro, destinate alla difesa dei passi del Caucaso contro i barbari, di cui si sarebbero dovuti occupare i Sassanidi( “Pace cinquantennale”, o “Trattato di Dara”), qualcosa che ricorda il 2% del PIL dovuto dagli Europei alla NATO per la difesa contro la Russia. Il trattato doveva durare 50 anni, ma rimase in vigore solo fino al 572, quando Giustino II lo denunziò, dando inizio alla guerra del 572-591. Questa è stata sempre la sorte del trattati “di Pace Perpetua”, forse perché questa è possibile solo dopo la morte. Il Sacro Romano Impero riprese il concetto della “Pax Aeterna” („Ewiger Landfriede“), ed, anzi, avviò un vero e proprio “movimento per la pace perpetua”, avviato con la “Pace dell’ Impero” del 1235, che sarebbe poi stato continuato da sovrani e intellettuali. Le pretese territoriali dei feudatari tedeschi si sarebbero dovute esprimere, d’ allora in avanti, non più con le faide, bensì attraverso azioni giudiziarie. Alla Dieta di Worms, del 1495, fu adottata la “Reichsgesetz”, che, creando il Reichskammergericht (il Tribunale Camerale Imperiale) di Francoforte , sanciva il monopolio imperiale dell’ uso della forza, mentre questa restava libera fra gli Stati indipendenti dall’ Impero. 2.I Progetti di crociata Già allora la Pace Perpetua era legata a una politica di difesa dell’Europa. Se, all‘ interno dell‘ Impero, e, della Cristianità, doveva valere la Pace Perpetua, contro gl’infedeli (fossero essi mussulmani, albigesi, slavi o baltici) vigeva invece il diritto di guerra (così come nel mondo mussulmano, allo “Spazio dell’ Islam”, “Dar al-Islam”, si contrapponeva lo “Spazio della Guerra” (“Dar al-Harb”). Il concetto era che, quando il proprio impero avesse vinto contro tutti gli avversari, avrebbe potuto iniziare il “Millennio”, degna preparazione per il ritorno del Salvatore (lo Shaoshant mazdeo, il Mashiah ebraico, Gesù/Issa per Cristiani e i Mussulmani). Ad esempio, l’accordo fra sovrani cristiani, il “Tractatus Pacis Fiundae”, proposto dal re boemo Giorgio Podiebrad, era un progetto di crociata. L’organizzazione delle crociate, originariamente compito del Papa e dell’ Imperatore, era stata così successivamente assunta da monarchi come i re di Francia e di Boemia, sotto la cui egida furono adottati i progetti di crociata (quelli di Dubois, di Podiebrad e di Sully), che introducevano organi politici paneuropei anticipanti quelli dell’ Unione Europea, potenzialmente alternativi a quelli dell’ Impero. Nonostante la decadenza dell’Impero e la frammentazione delle Chiese, non ci si rassegnava all’ idea che neppure fra i Cristiani potesse regnare la Pace Perpetua, e quindi si proponeva di attribuire ad organi collettivi la funzione regolatrice che, per Dante, spettava all’ Imperatore. Il progetto di pace perpetua erroneamente attribuito a Kant, era, in realtà, dell’Abate di Saint-Pierre, un negoziatore del trattato di Utrecht, che si ispirava a quei precedenti medievali. Kant l’aveva semplicemente commentato, durante la Campagna d’Italia di Napoleone (quando si pensava che l’ascesa delle cassi borghesi avrebbe sostituito l’etica del commercio a quella della “gloria ed onore” di sovrani e aristocratici). Esso verrà ripreso nella versione russa della Santa Alleanza.Si noti che Kant, nonostante il suo commento favorevole alla proposta di Saint-Pierre, aveva paragonato anche, e giustamente, la Pace Perpetua a un cimitero. Il Manifesto di Ventotene, scritto da alcuni antifascisti confinati nell’ isola di Ventotene, che si poneva come obiettivo quello si conseguire la pace in Europa mediante la creazione di una federazione, si riallacciava dunque al progetto di Saint-Pierre. Confondeva però, come questo e come i Progetti di Crociata, pace mondiale e pace europea, ordinamento internazionale e integrazione europea, ignorando fatti fondamentali come gli USA, la Russia, la Cina, il colonialismo e il dominio della tecnica. Tuttavia, coerentemente con le ambigue origini antiche del movimento per la pace, non ignorava invece la problematica bellica, ché, anzi, prevedeva che l’organizzazione militare dell’Europa fosse di competenza della Federazione. E’vero che il Manifesto contiene molte affermazioni pacifistiche, in particolare quella che “la federazione europea riduce al minimo le spese militari, permettendo così l’impiego della quasi totalità delle risorse a scopi di elevazione del grado di civiltà”. Gli estensori del Manifesto non potevano per altro immaginare che, nel nostro secolo, molte fra le spese “militari” sarebbero state dedicate proprio all’ “elevazione del grado di civiltà”, vale a dire quelle per la lotta della cultura contro il prevalere delle Macchine Intelligenti. Questo perché si dichiaravano fautori di un indifferenziato blocco di “Progresso” che proprio in quegli anni alcuni, come per esempio Heidegger , e poco dopo Horkheimer e Adorno, cominciavano invece a porre in discussione, perché tale “Progresso” riguardava le macchine, capaci di produrre la Bomba Atomica, non già la costruzione di un uomo superiore. Oggi la stessa problematica si pone per l’ Intelligenza Artificiale. 3.La politica estera e di difesa e le nuove tecnologie. A causa dell’ inscindibile nesso fra pace e guerra, posto dai precedenti della Pax Romana, della Landfriede e dei Progetti di Crociata, anche l’ Unione Europea era stata concepita originariamente come un’alleanza militare, la CED, che però non fu ratificata dal Parlamento francese, sostanzialmente perché non si era riusciti a definire una credibile catena di comando (problema tutt’ora irrisolto). Così, la politica estera e di difesa dell’Europa è rimasta sostanzialmente nelle mani della NATO, vale a dire degli Stati Uniti, con una funzione di “federatore esterno”, nei confronti del quale gli Stati europei si comportano come a suo tempo gli “auxilia” dell’ Impero Romano. In tal modo, le azioni militari comuni degli Europei si svolgono sotto il comando diretto della presidenza americana, così come sono state condotte le guerre di Corea, Irak, Bosnia,Kossovo e Ucraina. Questo è sempre stato un ulteriore grave limite dell’integrazione europea, anche perché, piaccia o no, le sempre nuove tecnologie (energia atomica, missili, radar, satelliti, computer, rete, droni, robot, microchip, intelligenza artificiale), che, nell’ultimo secolo, non hanno cessato di venire create, hanno tutte per lo più un carattere “duale”, vale a dire che servono tanto per il civile, quanto per il militare, e sono determinanti in ambo i settori. Il loro monopolio da parte degli USA limita quindi grandemente lo sviluppo civilizzatorio dell’ Europa, sospingendo sempre più quest’ultima verso il sottosviluppo. Le guerre attualmente in corso lo dimostrano, con il ruolo sempre più determinante di intelligenza artificiale, di satelliti, missili e droni, che conferisce il ruolo decisionale a chi li controlla, cioè gli Stati Uniti, e, ultimamente, ai loro “guru”informatici. Come se ciò non bastasse, infatti, gli Stati Uniti costituiscono il terreno di elezione delle grandi aziende informatiche che controllano l’ Occidente, e, in primo luogo, dell’ impero tecnologico di Elon Musk, membro del Governo americano e grande elettore di Trump. Da Musk dipende niente pò pò di meno che l’esito della guerra in Ucraina, che egli può far cessare in qualunque istante spegnando Starlink.Ciò evidenzia la superiorità di Musk rispetto a Trump, dimostrata simbolicamente dai segni esteriori di mancanza di rispetto istituzionale, come il rifiuto del “formal blue” e l’intreduzione dei figli nella Camera Ovale. La previsione di un dominio mondiale dell’America-Mondo identificantesi con la megamacchina digitale -una transizione antropologica inquietante- è stata la molla principale che ha spinto, già dal secolo scorso, la “Maggioranza del Mondo”(“Bol’shinstvo Mira”) alla resistenza contro un’ occidentalizzazione che s’identifica oramai con l’inserimento di tutti nella Megamacchina: Poteri Forti, basi americane, cultura “Mainstream”, Internet, intercettazioni della NSA… La “Guerra senza Limiti”, studiata dai generali cinesi in funzione di questo prevedibile scontro con gli USA, comprende quindi in larga misura una competizione sulle nuove tecnologie che è divenuta addirittura il cuore delle politiche americane e cinesi, fino al punto che i GAFAM, rappresentati da Elon Musk, sovrastano in USA il Presidente Trump e lo trascinano in progetti transumanisti come la conquista di Marte, che rivelano la vera natura del Progetto Incompiuto della Modernità, riallacciantesi alla religione tecnologica di Saint Simon e al Cosmismo russo. Già per Sun Zu l’“intelligence” costituiva la chiave dell’Arte della Guerra di: “Se conosci te stesso e il tuo nemico, vincerai cento battaglie” Per questo, la questione della difesa dell’Europa non può essere disgiunta da quella delle nuove tecnologie e delle ideologie della tecnica. L’Europa non è certo inferiore alla Russia quanto a investimenti nella Difesa (anzi, spende il doppio di quest’ultima), ma è incredibilmente più debole di essa per la mancanza di investimenti nella parte “software”, che è quella delle nuove tecnologie, stranamente (?) riservate (dopo la morte di Adriano Olivetti e Mario Tchou e la chiusura della Olivetti Elettronica), a imprese e forze americane. Grazie a questa “divisione di compiti” transatlantica, le forze europee, quand’anche fossero meglio coordinate a livello continentale, non potrebbero risultare autonome dagli USA, come invece dichiarano oggi ottimisticamente molti leader europei diffidenti verso Trump (i “Volenterosi”). Ma questa è, come ha detto Witkoff, “solo una posa”, priva di credibilità politica e tecnica. Non per nulla, l’impostazione data all’azione ReArm Europe/Readiness 2030 risulta incredibilmente arretrata rispetto alle effettive esigenze del presente momento storico, caratterizzato, da un lato, dal desiderio degli USA di “ridurre il proprio impegno in Europa”, e, dall’ altro, dall’ emergere di armi rivoluzionarie come i missili ipersonici.Infatti, il piano si limita, da un lato, a rimuovere gli ostacoli finanziari all’ aumento della spesa dei singoli Stati Membri, proprio secondo quanto richiesto da Trump, e, dall’ altro lato, a prevedere un miglior coordinamento tecnico nella politica industriale, quale quello perseguito da tempo, con discutibili risultati, con l’Agenzia Europea degli Armamenti. Essa non tocca invece le questioni gravissime dell’assenza di una programmazione e comando comune, alternativi a quello NATO, di una cultura militare comune, dei sistemi di difesa più moderni, come una sorta di “Iron Drome” israeliano e qualcosa di simile ai missili ipersonici russi e cinesi, e infine di campioni europei nel campo delle tecnologie avanzate. Nel vuoto così creato, si stagliano come uniche realtà effettive i progetti di riarmo tedeschi, francesi, inglesi e polacchi, e gli acquisti di armamenti in America, il tutto restando nel campo delle tecnologie tradizionali e rafforzando il nazionalismo degli Stati membri. Il suo significato è dunque prima di tutto psicologico/propagandistico, in quanto costituisce comunque una manifestazione d’indipendenza (almeno parziale) nei confronti dell’America di Trump, e “sdogana” l’idea del “riarmo” della Germania, che era stato “venduto” nei passati 80 anni come una delle principali ragioni d’essere dell’ ordinamento postbellico e delle limitazioni alla Politica Estera e di Difesa. Come scrive la Frankfurter Allgemeine, „Die Deutschen haben in ihrem Vulgärpazifismus versagt“(“I Tedeschi hanno fallito con il loro ‘pacifismo volgare’”). Non serve per altro in alcun modo come deterrente contro la Russia, e tanto meno gli USA, in vista dei conflitti di oggi (Ucraina e Groenlandia). 4.Le tecnologie duali Attualmente, le politiche tecnologiche dell’Europa sono disperse in mille rivoli, europei e nazionali, senza l’indicazione di alcun tipo di priorità, in modo che la politica dell’Europa viene di fatto progettata dall’America (dal DoD, dal DARPA, dalle multinazionali della difesa, dai GAFAM). Gli USA entrano fin nei dettagli delle nostre politiche industriali, come nel caso della governance di Pirelli (un fabbricante di pneumatici con un socio cinese), a cui si pretende di dettare la governance da Washington, rovinandone le prospettive di mercato. Questo contesto, che sembra fatto apposta per confermare le previsioni di Trockij (che gli USA avrebbero contingentato il capitalismo europeo), ridicolizza tutte le narrazioni del “Mainstream” -quelle “tradizionali” dei Cinesi che “rubano” la tecnologia agli Americani, mentre qui si vogliono costringere gl’Italiani a “rubare” la tecnologia ai Cinesi; dell’America liberale e liberista, ecc..-, e quelle nuove, dell’ America che vuole disinteressarsi dell’ Europa, mentre invece ci detta nei minimi particolari le politiche delle nostre imprese…D’altronde, la decisione dell’ allora FIAT di costruire solo automobili di piccola cilindrata era già stata imposta, a guerra mondiale ancora in corso, da un funzionario americano, negli uffici di Allen Dulles, responsabile della CIA in Europa, al Dott. Camerana, inviato dalla Fiat a Berna. Infine, il, pur lodevole, principio della “Preferenza Europea”, invocato da molti, non può trovare oggi una reale attuazione a causa della debolezza, e/o dell’assenza, di campioni europei, e, anzi, il controllo americano su molte imprese europee. Gli unici campioni che siano stati creati in questi anni (Airbus, Ariane, Tornado, Eurofighter), nati, paradossalmente, in base ai principi gollisti della cooperazione intergovernativa e pubblico-privato, che si vorrebbero reintrodurre ora, furono in passato sabotati dai Governi. In particolare, l’unico grande conglomerato nato in base a questi principi, l’EADS, European Defense and Space, fra Francia, Germania, Inghilterra e Spagna, fu presto privatizzato e smantellato, per il prevalere d’ interessi nazionali e privati. Suo peccato originario: l’assenza di un forte presidio a tutela dell’interesse europeo, come avrebbe potuto essere costituito da una partecipazione azionaria forte dell’Unione Europea (per esempio, attraverso la BEI) , e uno statuto societario basato veramente sulla cogestione, secondo i principi del Modello Carbosiderurgico tedesco, o, ancor meglio, della Volkswagengesetz, che riserva ai poteri pubblici una sorta di “Golden Share” e sancisce il controllo sociale sui mezzi di produzione strategici. Intanto, mentre si impongono agli Europei contorti, costosi e contraddittori atteggiamenti, come sanzioni e dazi, l’America continua a fare i suoi affari con la Russia e con la Cina “a margine” della vicenda Ucraina.Una qualunque seria politica estera e di difesa dovrebbe avere oggi come corrispettivo una politica tecnologica completamente diversa. 5.”Readiness 2030”: un obiettivo ambizioso, ma irrazionale Con la modifica del nome del progetto (“Readiness 2030” anziché “ReArm Europe”), si è voluto “chiarire” (ma in modo ipocrita) che l’obiettivo della nuova politica estera e di difesa dell’Europa sarebbe quello di essere pronti entro 5-10 anni a contrastare autonomamente un eventuale attacco russo a Paesi Baltici e Polonia. Quindi, nulla a che fare con la Guerra in Ucraina, e, soprattutto, con la necessità di difendere, hic et nunc, il Canada e la Groenlandia dalla dichiarata volontà americana di aggressione. Esprimo un mio motivato punto di vista su questa problematica perché posso dire di possedere almeno i rudimenti di “Military Preparedness”, essendo stato, nel lontano 1974, ufficiale dell’ Amministrazione Militare italiana, e avendo partecipato proprio a esercitazioni di mobilitazione generale. La base per l’orientamento del Piano verso la preparazione bellica quinquennale sarebbe costituita da una previsione (non si sa quanto disinteressata) dei servizi segreti britannici, sulle intenzioni della Russia, ma non vi alcun motivo per cui quella russa sia veramente la minaccia militare più immediata per l’Europa. Per esempio, gli USA stanno minacciando in questo momento preciso di annettere entro questo mandato presidenziale, ma possibilmente prima, e se necessario con la forza, la Groenlandia, paese terzo associato con la Danimarca, e Vance, insieme al responsabile della sicurezza americana, è già perfino andato a prenderne simbolicamente possesso, visitando, contro la volontà delle autorità groenlandesi, una base americana nel Paese. Gli Europei intendono difenderlo? Come farlo, con centinaia di migliaia di soldati americani stanziati in Europa, e la Groenlandia già presidiata, seppure debolmente, dagli USA? Questo modello si ripeterà altrove, per esempio in Norvegia? In secondo luogo, anche un’eventuale guerra fra la Russia e l’Europa, quand’anche arricchita di nuovi armamenti grazie a ReArm Europe e al contributo del Commonwealth, ci vedrebbe inevitabilmente sconfitti a causa delle nostre carenze di cui sopra, a meno che Musk non continuasse a fornirci la copertura dell’intelligence satellitare e, se del caso, gli USA una protezione nucleare, il cui venir meno è proprio il rischio che ha scatenato l’urgenza del piano di riarmo. Non è pensabile che gl’ideatori del piano siano così sprovveduti da non avere considerato questi semplici dati di fatto, sicché l’ipotesi più plausibile è che, una volta di più, non si voglia affatto fare una vera politica estera e di difesa autonoma, bensì si voglia semplicemente dimostrare agli USA di avere aumentato le spese di difesa almeno del 2%, comprando per giunta in America nuovi equipaggiamenti. Poi, depositatosi il polverone, si farebbero accordi con Musk per Starlink, divenendo ancora più dipendenti di oggi dallo “scudo” americano. Insomma, solo un modo per fare pressione sugli USA, “vendicandosi” per il declassamento consumato sull’ Ucraina e per i dazi. Come ha detto Vance, “Queste persone vogliono trasformare l’Europa in un protettorato permanente. Il problema: se mai fosse stata una buona idea, non è semplicemente sostenibile con duemila miliardi di dollari di deficit all’anno”. Ma non sarebbe comunque una buona idea, perché i protettorati sono aree che vengono svuotate di ogni vitalità, come è accaduto all’ Europa, ed è veramente singolare che ce lo debba ricordare proprio il Vice-presidente americano (che per altro viene indicato da taluni come futuro presidente dell’ Europa). 5.Una politica estera e di difesa gradualistica, ma accelerata Un avvio graduale, ma ragionevole, di una politica estera comune potrebbe essere costituita invece dalla creazione immediata delle basi culturali e scientifiche (Accademia militare e digitale comuni), di quelle tecnologiche (sviluppo di un ecosistema digitale comune), e organizzative (un’Agenzia Tecnologica Europea), e, infine, giuridiche e finanziarie (la rinascita di una Società Europea per la Difesa e lo Spazio), con la partecipazione azionaria di Governi e imprese, sul modello di EADS ed Arianespace. Infatti, oggi l’Europa manca di tutto quanto sopra: in sostanza, manca della sostanza effettiva della soggettività politica nell’Era delle Macchine Intelligenti. Fino ad ora, l’Europa, schiacciata fra una dipendenza puntuale ai poteri forti occidentali e un’ egemonia culturale di sinistra contraria al principio di realtà, non ha potuto fare nessuno di questi passi, ed, anzi, ha fatto di tutto per ostacolarli (demonizzazione delle culture europee d’anteguerra, cfr.Lukàcs; distruzione degli Istituti di Educazione e demonizzazione dell’epistocrazia; svendita delle imprese strategiche).. Certamente, la lotta per la conquista (e la difesa?) della Groenlandia costituirà un ennesimo grande shock per gli Europei. Resta il fatto che ci si abitua a tutto, e il risultato potrebbe essere un rapporto ancora più coloniale fra USA ed Europa. Per evitarlo, occorre una grande mobilitazione di popolo contro l’annessione e per la difesa dell’isola artica, se necessario di concerto con altri partner interessati, come per esempio il Canada e il Regno Unito. 6.L’ “European Technology Agency” e l’ideologia olivettiana Nell’ ideare e descrivere l’agenzia sopra indicata, ci siamo ampiamente ispirati a molti aspetti dell’attività di Adriano Olivetti, il quale aveva compreso, con l’anticipo di almeno 70 anni, il carattere determinante delle tecnologie digitali per l’intero orientamento della società del futuro, e anche l’inscindibile collegamento fra informatica, cultura e politica. Quanto al primo punto, Olivetti aveva fatto della sua impresa il punto d’incontro fra tecnologia e società, partecipando al rinnovamento dell’ architettura industriale, al movimento per la normazione tecnica, all’elaborazione del Piano Regolatore di area larga di Ivrea e Valle d’Aosta nell’ ambito della Corporazione degli Industriali, nonché alla Resistenza, all’ amministrazione della città di Ivrea, di cui fu sindaco, alla vita parlamentare nazionale, e alla creazione del Movimento Comunità, di cui gettò egli stesso le basi teoriche. Soprattutto, raccolse intorno a sé intellettuali di tutte le specialità, dalla letteratura alla sociologia, al design, all’ architettura, alla fisica e all’ ingegneria, che poi avrebbero operato come un fertilizzante nei più svariati ambiti della società italiana. Quanto al secondo punto, Olivetti sviluppò il rapporto università-impresa con una collaborazione con l’Università di Pisa, e per primo compì un’opera di attiva ricerca internazionale di talenti cibernetici (come oggi fanno gli Americani), con l’assunzione in America, con il supporto di Enrico Fermi, del giovanissimo e geniale fisico italo-cinese Mario Tchou, che, con un piccolo team d’ingegneri, progettò in pochissimi anni tanto un mainframe, l’ELEA, quanto, e soprattutto, il primo e fortunatissimo personal computer, il modello 101, che ebbe un incredibile successo nonostante che la divisione elettronica dell’ Olivetti fosse stata nel contempo venduta alla IBM per essere chiusa. Le incredibili vicende di questa cessione, e la contemporanea morte, in circostanze misteriose, tanto di Olivetti che di Tchou, lasciano capire l’enormità degl’interessi in gioco intorno alla nascita dell’informatica. Di fatto, nessuno in Europa ha mai più tentato l’avventura di Olivetti e di Tchou, tanto più che, quasi contemporaneamente, si spingeva al suicidio l’altro geniale inventore europeo Alan Turing, e si sabotava l’aereo di Enrico Mattei. Infine, in quel momento Italia, Francia e Germania stavano lavorando a una bomba atomica europea, che fu poi rapidamente stoppata. Occorre ora individuare una nuova via, attraverso una più seria strategia unitaria europea sulle nuove tecnologie e, in particolare, sulle tecnologie militari, e la ricerca di altri partner, economici e tecnologici, come la Cina. A questa nuova, complessa e rischiosa attività avevamo dedicato a suo tempo un importante studio, European Technology Agency, che avevamo inviato a tutti i vertici dell’ Unione, dalla Presidente della Commissione von der Leyen al Commissario Breton, al Presidente dell’ Europarlamento Sassoli, al Presidente della Banca Europea degl’ Investimenti Heuer, invitandoli ad abbandonare il grottesco progetto EIT, di dimensioni infinitesime, e ad affrontare con serietà la questione di una programmazione centralizzata e di lungo periodo dello sviluppo tecnologico nel continente, da affidarsi a una nuova, potente, istituzione europea, comparabile per certi versi al DARPA americano. Solo Sassoli aveva dato seguito alla nostra iniziativa nell’ambito della Commissione Tecnologia del Parlamento Europeo. Tutta una serie di pubblicazioni di Alpina/Dialexis: “Re-starting EU Economy via Technology-intensive Industries”; “Il Ruolo dei Lavoratori nell’Era dell’Intelligenza Artificiale”,, infine, “La Regolamentazione Internazionale dell’ Intelligenza Artificiale”, che andiamo a presentare il 19 maggio al Salone del Libro di Torino. Da allora, la situazione è ancora peggiorata, con il continuo susseguirsi di documenti europei puramente teorici in materia di finanza, di ricerca, di difesa, che si sovrappongono e si elidono, mentre gli Stati Membri creano ciascuno propri enti specialistici (e mentre gli Stati Uniti e la Cina investono pesantemente in concreti programmi operativi come l’”Inflation Reduction Act”, il “Chip and Science Act”, “Made in Cina 2025, Chinese Standards 2030”, ecc…). All’ epoca, nessuno ci aveva dato retta, affermando che bisognava lasciar fare al mercato, ma ora le stesse massime Istituzioni dell’Unione Europea stanno andando esattamente sulla strada da noi indicata, imponendo soluzioni dirigistiche a livello continentale, come il piano ReArm Europe, approvato con il ricorso all’ art.122 del Trattato di Lisbona, che disciplina lo Stato di Eccezione. Resta però misteriosamente il tabù delle tecnologie duali, in cui tra l’altro l’Italia vanta precedenti unici nel loro genere (Olivetti, lanciatori SCOUT e VEGA, satelliti-spia, navette di rientro Thales-Leonardo, facilmente convertibili in missili ipersonici…). Anche in Italia si sta già dibattendo, con linee di frattura che attraversano gli schieramenti politici. Come scrive La Stampa dell’1° Aprile, “c’è chi vorrebbe accodarsi a Trump, entrando nella corte di Mar-a-Lago (Fratelli d’Italia). C’è chi vorrebbe accodarsi alla Cina, magari ritirando fuori dal cassetto la Via della Seta (i Cinque Stelle). C’è chi non ha mai nascosto i legami con Mosca (la Lega). C’è chi è disposto a fare scelte difficili, come aumentare gli investimenti in tecnologie militari, pur di rafforzare la sovranità europea (una parte del centrosinistra). E c’è chi svicola, evitando di prendere posizione e disegnando la propria identità intorno ad altri crinali, destra contro sinistra, apertura contro chiusura (un’altra parte del centrosinistra). Difficilmente ne uscirà premiato chi farà lo struzzo. I crinali politici vanno affrontati. Gli struzzi possono vincere qualche elezione, ma non vanno lontano”. 7.Sostituire l’industria americana dei servizi Quando Ursula von der Leyen afferma che siamo pronti a vendicarci per i dazi americani, intende dire che la Commissione sta preparandosi a tassare le prestazioni di servizi dall’ America, per esempio di banche come J.P. Morgan e la Bank of America, e le piattaforme digitali come X, Google e Amazon. La UE esporta auto, farmaceutici e prodotti agroalimentari, e importa servizi, sì che la bilancia cvommerciale transatlantica non è affatto sbilanciata, bensì è in sostanziale pareggio.
Oltre agli strumenti già applicabili ai vari settori dei servizi dall’ America, la UE dispone dello specifico “Anti-Coercion Instrument, con cui potrebbe disattivare , limitare i diritti di proprietà intellettuale dei GAFAM o sescluderli dai mercati della UE. Il punto è: come uscire da un sistema di interrelazioni, come quello attuale, che affida agli USA il ruolo dominante di esportatori di servizi “nobili”, e agli Europei il ruolo di “auxilia” o di manifattura. La Cina ha già risposto da tempo espellendo praticamente gli Americani dal proprio mercato, e costruendone uno interno altrettanto possente e concorrenziale di quello occidentale nel suo insieme. L’atteggiamento mercantilista e neo-coloniale americano sta fornendo finalmente la leva per applicare questa ricetta anche in Europa.
Nel momento in cui, pressata, da un lato, da Trump, e, dall’altro, da Zelenskij, la UE si è affrettata ad affermare la propria disponibilità a “sforare” le “sacre” regole di bilancio per poter investire di più nella difesa, diviene più che mai essenziale chiarire in che modo le nuove politiche di difesa dell’Europa s’inquadrerebbero in un discorso – culturale, etico e politico-, di respiro più ampio, che, lungi dal limitarsi a una contingente ripicca, tocca innanzitutto la guerra e la pace, ma poi anche le nuove tecnologie e il futuro dell’ Europa e del mondo, e, in secondo luogo, come possono contrastare dazi di Trump.
1.”Pax Aeterna” Accanto a un’indubbia tradizione guerriera dell’ Europa, che risale agli Yamnaya, ai Greci, ai Romani, ai “barbari”, alle diverse monarchie e repubbliche (e che erroneamente viene interpretata come “democratica”), vi è stata fin dagli inizi, in Europa come altrove, una tradizione “pacifista”, ereditata dai grandi imperi orientali e divenuta dominante nella cultura del periodo augusteo (la “Pax Augusta”), quella che, paradossalmente, sembra la radice vera dell’ideologia “progressista”. Anche la parola d’ordine della “Pace Perpetua” è tutt’altro che nuova, essendo stata già lanciata dall’imperatore romano Filippo l’Arabo (il primo imperatore cristiano dell’Impero Romano), di cui ci è pervenuta una bella moneta con questa dicitura. Del resto, l’invocazione “ai costruttori di pace” contenuta nel Discorso della Montagna, sembra inserirsi proprio in questo secondo filone. Questa dialettica ricorre in tutta la storia europea. Ogni impero, per sua natura, ha una vocazione universale, attraverso la sottomissione degli altri Paesi, creando una forma di pace, come annunziavano già le epigrafi sulle tombe degli Achemenidi: “parcere victis et debellare superbis”, il che è esattamente ciò che i teorici della “Fine della Storia” pensavano fino ad ora(e forse pensano ancora), i teorici dell’ Impero Americano. I Persiani firmarono con i Bizantini, nel 532, un trattato di pace con, la “Pax Aeterna”, ai sensi del quale l’imperatore bizantino s’impegnava a pagare 11 000 libbre d’oro, destinate alla difesa dei passi del Caucaso contro i barbari, di cui si sarebbero dovuti occupare i Sassanidi( “Pace cinquantennale”, o “Trattato di Dara”), qualcosa che ricorda il 2% del PIL dovuto dagli Europei alla NATO per la difesa contro la Russia. Il trattato doveva durare 50 anni, ma rimase in vigore solo fino al 572, quando Giustino II lo denunziò, dando inizio alla guerra del 572-591. Questa è stata sempre la sorte del trattati “di Pace Perpetua”, forse perché questa è possibile solo dopo la morte. Il Sacro Romano Impero riprese il concetto della “Pax Aeterna” („Ewiger Landfriede“), ed, anzi, avviò un vero e proprio “movimento per la pace perpetua”, avviato con la “Pace dell’ Impero” del 1235, che sarebbe poi stato continuato da sovrani e intellettuali. Le pretese territoriali dei feudatari tedeschi si sarebbero dovute esprimere, d’ allora in avanti, non più con le faide, bensì attraverso azioni giudiziarie. Alla Dieta di Worms, del 1495, fu adottata la “Reichsgesetz”, che, creando il Reichskammergericht (il Tribunale Camerale Imperiale) di Francoforte , sanciva il monopolio imperiale dell’ uso della forza, mentre questa restava libera fra gli Stati indipendenti dall’ Impero.
2.I Progetti di crociata Già allora la Pace Perpetua era legata a una politica di difesa dell’Europa. Se, all‘ interno dell‘ Impero, e, della Cristianità, doveva valere la Pace Perpetua, contro gl’infedeli (fossero essi mussulmani, albigesi, slavi o baltici) vigeva invece il diritto di guerra (così come nel mondo mussulmano, allo “Spazio dell’ Islam”, “Dar al-Islam”, si contrapponeva lo “Spazio della Guerra” (“Dar al-Harb”). Il concetto era che, quando il proprio impero avesse vinto contro tutti gli avversari, avrebbe potuto iniziare il “Millennio”, degna preparazione per il ritorno del Salvatore (lo Shaoshant mazdeo, il Mashiah ebraico, Gesù/Issa per Cristiani e i Mussulmani). Ad esempio, l’accordo fra sovrani cristiani, il “Tractatus Pacis Fiundae”, proposto dal re boemo Giorgio Podiebrad, era un progetto di crociata. L’organizzazione delle crociate, originariamente compito del Papa e dell’ Imperatore, era stata così successivamente assunta da monarchi come i re di Francia e di Boemia, sotto la cui egida furono adottati i progetti di crociata (quelli di Dubois, di Podiebrad e di Sully), che introducevano organi politici paneuropei anticipanti quelli dell’ Unione Europea, potenzialmente alternativi a quelli dell’ Impero. Nonostante la decadenza dell’Impero e la frammentazione delle Chiese, non ci si rassegnava all’ idea che neppure fra i Cristiani potesse regnare la Pace Perpetua, e quindi si proponeva di attribuire ad organi collettivi la funzione regolatrice che, per Dante, spettava all’ Imperatore. Il progetto di pace perpetua erroneamente attribuito a Kant, era, in realtà, dell’Abate di Saint-Pierre, un negoziatore del trattato di Utrecht, che si ispirava a quei precedenti medievali. Kant l’aveva semplicemente commentato, durante la Campagna d’Italia di Napoleone (quando si pensava che l’ascesa delle cassi borghesi avrebbe sostituito l’etica del commercio a quella della “gloria ed onore” di sovrani e aristocratici). Esso verrà ripreso nella versione russa della Santa Alleanza.Si noti che Kant, nonostante il suo commento favorevole alla proposta di Saint-Pierre, aveva paragonato anche, e giustamente, la Pace Perpetua a un cimitero. Il Manifesto di Ventotene, scritto da alcuni antifascisti confinati nell’ isola di Ventotene, che si poneva come obiettivo quello si conseguire la pace in Europa mediante la creazione di una federazione, si riallacciava dunque al progetto di Saint-Pierre. Confondeva però, come questo e come i Progetti di Crociata, pace mondiale e pace europea, ordinamento internazionale e integrazione europea, ignorando fatti fondamentali come gli USA, la Russia, la Cina, il colonialismo e il dominio della tecnica. Tuttavia, coerentemente con le ambigue origini antiche del movimento per la pace, non ignorava invece la problematica bellica, ché, anzi, prevedeva che l’organizzazione militare dell’Europa fosse di competenza della Federazione. E’vero che il Manifesto contiene molte affermazioni pacifistiche, in particolare quella che “la federazione europea riduce al minimo le spese militari, permettendo così l’impiego della quasi totalità delle risorse a scopi di elevazione del grado di civiltà”. Gli estensori del Manifesto non potevano per altro immaginare che, nel nostro secolo, molte fra le spese “militari” sarebbero state dedicate proprio all’ “elevazione del grado di civiltà”, vale a dire quelle per la lotta della cultura contro il prevalere delle Macchine Intelligenti. Questo perché si dichiaravano fautori di un indifferenziato blocco di “Progresso” che proprio in quegli anni alcuni, come per esempio Heidegger , e poco dopo Horkheimer e Adorno, cominciavano invece a porre in discussione, perché tale “Progresso” riguardava le macchine, capaci di produrre la Bomba Atomica, non già la costruzione di un uomo superiore. Oggi la stessa problematica si pone per l’ Intelligenza Artificiale.
3.La politica estera e di difesa e le nuove tecnologie. A causa dell’ inscindibile nesso fra pace e guerra, posto dai precedenti della Pax Romana, della Landfriede e dei Progetti di Crociata, anche l’ Unione Europea era stata concepita originariamente come un’alleanza militare, la CED, che però non fu ratificata dal Parlamento francese, sostanzialmente perché non si era riusciti a definire una credibile catena di comando (problema tutt’ora irrisolto). Così, la politica estera e di difesa dell’Europa è rimasta sostanzialmente nelle mani della NATO, vale a dire degli Stati Uniti, con una funzione di “federatore esterno”, nei confronti del quale gli Stati europei si comportano come a suo tempo gli “auxilia” dell’ Impero Romano. In tal modo, le azioni militari comuni degli Europei si svolgono sotto il comando diretto della presidenza americana, così come sono state condotte le guerre di Corea, Irak, Bosnia,Kossovo e Ucraina. Questo è sempre stato un ulteriore grave limite dell’integrazione europea, anche perché, piaccia o no, le sempre nuove tecnologie (energia atomica, missili, radar, satelliti, computer, rete, droni, robot, microchip, intelligenza artificiale), che, nell’ultimo secolo, non hanno cessato di venire create, hanno tutte per lo più un carattere “duale”, vale a dire che servono tanto per il civile, quanto per il militare, e sono determinanti in ambo i settori. Il loro monopolio da parte degli USA limita quindi grandemente lo sviluppo civilizzatorio dell’ Europa, sospingendo sempre più quest’ultima verso il sottosviluppo. Le guerre attualmente in corso lo dimostrano, con il ruolo sempre più determinante di intelligenza artificiale, di satelliti, missili e droni, che conferisce il ruolo decisionale a chi li controlla, cioè gli Stati Uniti, e, ultimamente, ai loro “guru”informatici. Come se ciò non bastasse, infatti, gli Stati Uniti costituiscono il terreno di elezione delle grandi aziende informatiche che controllano l’ Occidente, e, in primo luogo, dell’ impero tecnologico di Elon Musk, membro del Governo americano e grande elettore di Trump. Da Musk dipende niente pò pò di meno che l’esito della guerra in Ucraina, che egli può far cessare in qualunque istante spegnando Starlink.Ciò evidenzia la superiorità di Musk rispetto a Trump, dimostrata simbolicamente dai segni esteriori di mancanza di rispetto istituzionale, come il rifiuto del “formal blue” e l’intreduzione dei figli nella Camera Ovale. La previsione di un dominio mondiale dell’America-Mondo identificantesi con la megamacchina digitale -una transizione antropologica inquietante- è stata la molla principale che ha spinto, già dal secolo scorso, la “Maggioranza del Mondo”(“Bol’shinstvo Mira”) alla resistenza contro un’ occidentalizzazione che s’identifica oramai con l’inserimento di tutti nella Megamacchina: Poteri Forti, basi americane, cultura “Mainstream”, Internet, intercettazioni della NSA… La “Guerra senza Limiti”, studiata dai generali cinesi in funzione di questo prevedibile scontro con gli USA, comprende quindi in larga misura una competizione sulle nuove tecnologie che è divenuta addirittura il cuore delle politiche americane e cinesi, fino al punto che i GAFAM, rappresentati da Elon Musk, sovrastano in USA il Presidente Trump e lo trascinano in progetti transumanisti come la conquista di Marte, che rivelano la vera natura del Progetto Incompiuto della Modernità, riallacciantesi alla religione tecnologica di Saint Simon e al Cosmismo russo. Già per Sun Zu l’“intelligence” costituiva la chiave dell’Arte della Guerra di: “Se conosci te stesso e il tuo nemico, vincerai cento battaglie” Per questo, la questione della difesa dell’Europa non può essere disgiunta da quella delle nuove tecnologie e delle ideologie della tecnica. L’Europa non è certo inferiore alla Russia quanto a investimenti nella Difesa (anzi, spende il doppio di quest’ultima), ma è incredibilmente più debole di essa per la mancanza di investimenti nella parte “software”, che è quella delle nuove tecnologie, stranamente (?) riservate (dopo la morte di Adriano Olivetti e Mario Tchou e la chiusura della Olivetti Elettronica), a imprese e forze americane. Grazie a questa “divisione di compiti” transatlantica, le forze europee, quand’anche fossero meglio coordinate a livello continentale, non potrebbero risultare autonome dagli USA, come invece dichiarano oggi ottimisticamente molti leader europei diffidenti verso Trump (i “Volenterosi”). Ma questa è, come ha detto Witkoff, “solo una posa”, priva di credibilità politica e tecnica. Non per nulla, l’impostazione data all’azione ReArm Europe/Readiness 2030 risulta incredibilmente arretrata rispetto alle effettive esigenze del presente momento storico, caratterizzato, da un lato, dal desiderio degli USA di “ridurre il proprio impegno in Europa”, e, dall’ altro, dall’ emergere di armi rivoluzionarie come i missili ipersonici.Infatti, il piano si limita, da un lato, a rimuovere gli ostacoli finanziari all’ aumento della spesa dei singoli Stati Membri, proprio secondo quanto richiesto da Trump, e, dall’ altro lato, a prevedere un miglior coordinamento tecnico nella politica industriale, quale quello perseguito da tempo, con discutibili risultati, con l’Agenzia Europea degli Armamenti. Essa non tocca invece le questioni gravissime dell’assenza di una programmazione e comando comune, alternativi a quello NATO, di una cultura militare comune, dei sistemi di difesa più moderni, come una sorta di “Iron Drome” israeliano e qualcosa di simile ai missili ipersonici russi e cinesi, e infine di campioni europei nel campo delle tecnologie avanzate. Nel vuoto così creato, si stagliano come uniche realtà effettive i progetti di riarmo tedeschi, francesi, inglesi e polacchi, e gli acquisti di armamenti in America, il tutto restando nel campo delle tecnologie tradizionali e rafforzando il nazionalismo degli Stati membri. Il suo significato è dunque prima di tutto psicologico/propagandistico, in quanto costituisce comunque una manifestazione d’indipendenza (almeno parziale) nei confronti dell’America di Trump, e “sdogana” l’idea del “riarmo” della Germania, che era stato “venduto” nei passati 80 anni come una delle principali ragioni d’essere dell’ ordinamento postbellico e delle limitazioni alla Politica Estera e di Difesa. Come scrive la Frankfurter Allgemeine, „Die Deutschen haben in ihrem Vulgärpazifismus versagt“(“I Tedeschi hanno fallito con il loro ‘pacifismo volgare’”). Non serve per altro in alcun modo come deterrente contro la Russia, e tanto meno gli USA, in vista dei conflitti di oggi (Ucraina e Groenlandia).
4.Le “tecnologie duali” Attualmente, le politiche tecnologiche dell’Europa sono disperse in mille rivoli, europei e nazionali, senza l’indicazione di alcun tipo di priorità, in modo che la politica dell’Europa viene di fatto progettata dall’America (dal DoD, dal DARPA, dalle multinazionali della difesa, dai GAFAM). Gli USA entrano fin nei dettagli delle nostre politiche industriali, come nel caso della governance di Pirelli (un fabbricante di pneumatici con un socio cinese), a cui si pretende di dettare la governance da Washington, rovinandone le prospettive di mercato. Questo contesto, che sembra fatto apposta per confermare le previsioni di Trockij (che gli USA avrebbero contingentato il capitalismo europeo), ridicolizza tutte le narrazioni del “Mainstream” -quelle “tradizionali” dei Cinesi che “rubano” la tecnologia agli Americani, mentre qui si vogliono costringere gl’Italiani a “rubare” la tecnologia ai Cinesi; dell’America liberale e liberista, ecc..-, e quelle nuove, dell’ America che vuole disinteressarsi dell’ Europa, mentre invece ci detta nei minimi particolari le politiche delle nostre imprese…D’altronde, la decisione dell’ allora FIAT di costruire solo automobili di piccola cilindrata era già stata imposta, a guerra mondiale ancora in corso, da un funzionario americano, negli uffici di Allen Dulles, responsabile della CIA in Europa, al Dott. Camerana, inviato dalla Fiat a Berna. Infine, il, pur lodevole, principio della “Preferenza Europea”, invocato da molti, non può trovare oggi una reale attuazione a causa della debolezza, e/o dell’assenza, di campioni europei, e, anzi, il controllo americano su molte imprese europee. Gli unici campioni che siano stati creati in questi anni (Airbus, Ariane, Tornado, Eurofighter), nati, paradossalmente, in base ai principi gollisti della cooperazione intergovernativa e pubblico-privato, che si vorrebbero reintrodurre ora, furono in passato sabotati dai Governi. In particolare, l’unico grande conglomerato nato in base a questi principi, l’EADS, European Defense and Space, fra Francia, Germania, Inghilterra e Spagna, fu presto privatizzato e smantellato, per il prevalere d’ interessi nazionali e privati. Suo peccato originario: l’assenza di un forte presidio a tutela dell’interesse europeo, come avrebbe potuto essere costituito da una partecipazione azionaria forte dell’Unione Europea (per esempio, attraverso la BEI) , e uno statuto societario basato veramente sulla cogestione, secondo i principi del Modello Carbosiderurgico tedesco, o, ancor meglio, della Volkswagengesetz, che riserva ai poteri pubblici una sorta di “Golden Share” e sancisce il controllo sociale sui mezzi di produzione strategici. Intanto, mentre si impongono agli Europei contorti, costosi e contraddittori atteggiamenti, come sanzioni e dazi, l’America continua a fare i suoi affari con la Russia e con la Cina “a margine” della vicenda Ucraina.Una qualunque seria politica estera e di difesa dovrebbe avere oggi come corrispettivo una politica tecnologica completamente diversa.
5.”Readiness 2030”: un obiettivo ambizioso, ma irrazionale Con la modifica del nome del progetto (“Readiness 2030” anziché “ReArm Europe”), si è voluto “chiarire” (ma in modo ipocrita) che l’obiettivo della nuova politica estera e di difesa dell’Europa sarebbe quello di essere pronti entro 5-10 anni a contrastare autonomamente un eventuale attacco russo a Paesi Baltici e Polonia. Quindi, nulla a che fare con la Guerra in Ucraina, e, soprattutto, con la necessità di difendere, hic et nunc, il Canada e la Groenlandia dalla dichiarata volontà americana di aggressione. Esprimo un mio motivato punto di vista su questa problematica perché posso dire di possedere almeno i rudimenti di “Military Preparedness”, essendo stato, nel lontano 1974, ufficiale dell’ Amministrazione Militare italiana, e avendo partecipato proprio a esercitazioni di mobilitazione generale. La base per l’orientamento del Piano verso la preparazione bellica quinquennale sarebbe costituita da una previsione (non si sa quanto disinteressata) dei servizi segreti britannici, sulle intenzioni della Russia, ma non vi alcun motivo per cui quella russa sia veramente la minaccia militare più immediata per l’Europa. Per esempio, gli USA stanno minacciando in questo momento preciso di annettere entro questo mandato presidenziale, ma possibilmente prima, e se necessario con la forza, la Groenlandia, paese terzo associato con la Danimarca, e Vance, insieme al responsabile della sicurezza americana, è già perfino andato a prenderne simbolicamente possesso, visitando, contro la volontà delle autorità groenlandesi, una base americana nel Paese. Gli Europei intendono difenderlo? Come farlo, con centinaia di migliaia di soldati americani stanziati in Europa, e la Groenlandia già presidiata, seppure debolmente, dagli USA? Questo modello si ripeterà altrove, per esempio in Norvegia? In secondo luogo, anche un’eventuale guerra fra la Russia e l’Europa, quand’anche arricchita di nuovi armamenti grazie a ReArm Europe e al contributo del Commonwealth, ci vedrebbe inevitabilmente sconfitti a causa delle nostre carenze di cui sopra, a meno che Musk non continuasse a fornirci la copertura dell’intelligence satellitare e, se del caso, gli USA una protezione nucleare, il cui venir meno è proprio il rischio che ha scatenato l’urgenza del piano di riarmo. Non è pensabile che gl’ideatori del piano siano così sprovveduti da non avere considerato questi semplici dati di fatto, sicché l’ipotesi più plausibile è che, una volta di più, non si voglia affatto fare una vera politica estera e di difesa autonoma, bensì si voglia semplicemente dimostrare agli USA di avere aumentato le spese di difesa almeno del 2%, comprando per giunta in America nuovi equipaggiamenti. Poi, depositatosi il polverone, si farebbero accordi con Musk per Starlink, divenendo ancora più dipendenti di oggi dallo “scudo” americano. Insomma, solo un modo per fare pressione sugli USA, “vendicandosi” per il declassamento consumato sull’ Ucraina e per i dazi. Come ha detto Vance, “Queste persone vogliono trasformare l’Europa in un protettorato permanente. Il problema: se mai fosse stata una buona idea, non è semplicemente sostenibile con duemila miliardi di dollari di deficit all’anno”. Ma non sarebbe comunque una buona idea, perché i protettorati sono aree che vengono svuotate di ogni vitalità, come è accaduto all’ Europa, ed è veramente singolare che ce lo debba ricordare proprio il Vice-presidente americano (che per altro viene indicato da taluni come futuro presidente dell’ Europa).
6.Una politica estera e di difesa gradualistica, ma accelerata Un avvio graduale, ma ragionevole, di una politica estera comune potrebbe essere costituita invece dalla creazione immediata delle basi culturali e scientifiche (Accademia militare e digitale comuni), di quelle tecnologiche (sviluppo di un ecosistema digitale comune), e organizzative (un’Agenzia Tecnologica Europea), e, infine, giuridiche e finanziarie (la rinascita di una Società Europea per la Difesa e lo Spazio), con la partecipazione azionaria di Governi e imprese, sul modello di EADS ed Arianespace. Infatti, oggi l’Europa manca di tutto quanto sopra: in sostanza, manca della sostanza effettiva della soggettività politica nell’Era delle Macchine Intelligenti. Fino ad ora, l’Europa, schiacciata fra una dipendenza puntuale ai poteri forti occidentali e un’ egemonia culturale di sinistra contraria al principio di realtà, non ha potuto fare nessuno di questi passi, ed, anzi, ha fatto di tutto per ostacolarli (demonizzazione delle culture europee d’anteguerra, cfr.Lukàcs; distruzione degli Istituti di Educazione e demonizzazione dell’epistocrazia; svendita delle imprese strategiche).. Certamente, la lotta per la conquista (e la difesa?) della Groenlandia costituirà un ennesimo grande shock per gli Europei. Resta il fatto che ci si abitua a tutto, e il risultato potrebbe essere un rapporto ancora più coloniale fra USA ed Europa. Per evitarlo, occorre una grande mobilitazione di popolo contro l’annessione e per la difesa dell’isola artica, se necessario di concerto con altri partner interessati, come per esempio il Canada e il Regno Unito. 6.L’ “European Technology Agency” e l’ideologia olivettiana Nell’ ideare e descrivere l’agenzia sopra indicata, ci siamo ampiamente ispirati a molti aspetti dell’attività di Adriano Olivetti, il quale aveva compreso, con l’anticipo di almeno 70 anni, il carattere determinante delle tecnologie digitali per l’intero orientamento della società del futuro, e anche l’inscindibile collegamento fra informatica, cultura e politica. Quanto al primo punto, Olivetti aveva fatto della sua impresa il punto d’incontro fra tecnologia e società, partecipando al rinnovamento dell’ architettura industriale, al movimento per la normazione tecnica, all’elaborazione del Piano Regolatore di area larga di Ivrea e Valle d’Aosta nell’ ambito della Corporazione degli Industriali, nonché alla Resistenza, all’ amministrazione della città di Ivrea, di cui fu sindaco, alla vita parlamentare nazionale, e alla creazione del Movimento Comunità, di cui gettò egli stesso le basi teoriche. Soprattutto, raccolse intorno a sé intellettuali di tutte le specialità, dalla letteratura alla sociologia, al design, all’ architettura, alla fisica e all’ ingegneria, che poi avrebbero operato come un fertilizzante nei più svariati ambiti della società italiana. Quanto al secondo punto, Olivetti sviluppò il rapporto università-impresa con una collaborazione con l’Università di Pisa, e per primo compì un’opera di attiva ricerca internazionale di talenti cibernetici (come oggi fanno gli Americani), con l’assunzione in America, con il supporto di Enrico Fermi, del giovanissimo e geniale fisico italo-cinese Mario Tchou, che, con un piccolo team d’ingegneri, progettò in pochissimi anni tanto un mainframe, l’ELEA, quanto, e soprattutto, il primo e fortunatissimo personal computer, il modello 101, che ebbe un incredibile successo nonostante che la divisione elettronica dell’ Olivetti fosse stata nel contempo venduta alla IBM per essere chiusa. Le incredibili vicende di questa cessione, e la contemporanea morte, in circostanze misteriose, tanto di Olivetti che di Tchou, lasciano capire l’enormità degl’interessi in gioco intorno alla nascita dell’informatica. Di fatto, nessuno in Europa ha mai più tentato l’avventura di Olivetti e di Tchou, tanto più che, quasi contemporaneamente, si spingeva al suicidio l’altro geniale inventore europeo Alan Turing, e si sabotava l’aereo di Enrico Mattei. Infine, in quel momento Italia, Francia e Germania stavano lavorando a una bomba atomica europea, che fu poi rapidamente stoppata. Occorre ora individuare una nuova via, attraverso una più seria strategia unitaria europea sulle nuove tecnologie e, in particolare, sulle tecnologie militari, e la ricerca di altri partner, economici e tecnologici, come la Cina. A questa nuova, complessa e rischiosa attività avevamo dedicato a suo tempo un importante studio, European Technology Agency, che avevamo inviato a tutti i vertici dell’ Unione, dalla Presidente della Commissione von der Leyen al Commissario Breton, al Presidente dell’ Europarlamento Sassoli, al Presidente della Banca Europea degl’ Investimenti Heuer, invitandoli ad abbandonare il grottesco progetto EIT, di dimensioni infinitesime, e ad affrontare con serietà la questione di una programmazione centralizzata e di lungo periodo dello sviluppo tecnologico nel continente, da affidarsi a una nuova, potente, istituzione europea, comparabile per certi versi al DARPA americano. Solo Sassoli aveva dato seguito alla nostra iniziativa nell’ambito della Commissione Tecnologia del Parlamento Europeo. Tutta una serie di pubblicazioni di Alpina/Dialexis: “Re-starting EU Economy via Technology-intensive Industries”; “Il Ruolo dei Lavoratori nell’Era dell’Intelligenza Artificiale”,, infine, “La Regolamentazione Internazionale dell’ Intelligenza Artificiale”, che andiamo a presentare il 19 maggio al Salone del Libro di Torino. Da allora, la situazione è ancora peggiorata, con il continuo susseguirsi di documenti europei puramente teorici in materia di finanza, di ricerca, di difesa, che si sovrappongono e si elidono, mentre gli Stati Membri creano ciascuno propri enti specialistici (e mentre gli Stati Uniti e la Cina investono pesantemente in concreti programmi operativi come l’”Inflation Reduction Act”, il “Chip and Science Act”, “Made in Cina 2025, Chinese Standards 2030”, ecc…). All’ epoca, nessuno ci aveva dato retta, affermando che bisognava lasciar fare al mercato, ma ora le stesse massime Istituzioni dell’Unione Europea stanno andando esattamente sulla strada da noi indicata, imponendo soluzioni dirigistiche a livello continentale, come il piano ReArm Europe, approvato con il ricorso all’ art.122 del Trattato di Lisbona, che disciplina lo Stato di Eccezione. Resta però misteriosamente il tabù delle tecnologie duali, in cui tra l’altro l’Italia vanta precedenti unici nel loro genere (Olivetti, lanciatori SCOUT e VEGA, satelliti-spia, navette di rientro Thales-Leonardo, facilmente convertibili in missili ipersonici…). Anche in Italia si sta già dibattendo, con linee di frattura che attraversano gli schieramenti politici. Come scrive La Stampa dell’1° Aprile, “c’è chi vorrebbe accodarsi a Trump, entrando nella corte di Mar-a-Lago (Fratelli d’Italia). C’è chi vorrebbe accodarsi alla Cina, magari ritirando fuori dal cassetto la Via della Seta (i Cinque Stelle). C’è chi non ha mai nascosto i legami con Mosca (la Lega). C’è chi è disposto a fare scelte difficili, come aumentare gli investimenti in tecnologie militari, pur di rafforzare la sovranità europea (una parte del centrosinistra). E c’è chi svicola, evitando di prendere posizione e disegnando la propria identità intorno ad altri crinali, destra contro sinistra, apertura contro chiusura (un’altra parte del centrosinistra). Difficilmente ne uscirà premiato chi farà lo struzzo. I crinali politici vanno affrontati. Gli struzzi possono vincere qualche elezione, ma non vanno lontano”. 7.Sostituire l’industria americana dei servizi Quando Ursula von der Leyen afferma che siamo pronti a vendicarci per i dazi americani, intende dire che la Commissione sta preparandosi a tassare le prestazioni di servizi dall’ America, per esempio di banche come J.P. Morgan e la Bank of America, e le piattaforme digitali come X, Google e Amazon. La UE esporta auto, farmaceutici e prodotti agroalimentari, e importa servizi, sì che la bilancia cvommerciale transatlantica non è affatto sbilanciata, bensì è in sostanziale pareggio.
Oltre agli strumenti già applicabili ai vari settori dei servizi dall’ America, la UE dispone dello specifico “Anti-Coercion Instrument, con cui potrebbe disattivare , limitare i diritti di proprietà intellettuale dei GAFAM o sescluderli dai mercati della UE. Il punto è: come uscire da un sistema di interrelazioni, come quello attuale, che affida agli USA il ruolo dominante di esportatori di servizi “nobili”, e agli Europei il ruolo di “auxilia” o di manifattura. La Cina ha già risposto da tempo espellendo praticamente gli Americani dal proprio mercato, e costruendone uno interno altrettanto possente e concorrenziale di quello occidentale nel suo insieme. L’atteggiamento mercantilista e neo-coloniale americano sta fornendo finalmente la leva per applicare questa ricetta anche in Europa.
Parafrasando il discorso del Vice Presidente americano J.D. Vance alla Conferenza di Monaco sulla Sicurezza, il massimo pericolo viene oggi, non già dalla Russia o dalla Cina (e neanche, come ha detto Vance, dalle retoriche europee), bensì dalla stessa Amministrazione Americana, e, in particolare, da un collega di Vance, il responsabile del dipartimento D.O.G.E., Elon Musk (che, infatti, incomincia ad essere inviso ai propri colleghi, alla magistratura e perfino ai clienti di Tesla), il quale rappresenta, dentro l’ Amministrazione, l’ormai onnipotente lobby dei GAFAM, le società digitali americane, che già ora controllano totalitariamente le nostre società, e che, se lasciate indisturbate, cederanno fra brevissimo il controllo dell’ Umanità alle Macchine Intelligenti da esse create. E’ per questo che, misteriosamente, in Occidente si stanno smantellando tutte le possibili resistenze (alleati, Costituzioni, cultura, pubbliche amministrazioni). L’evoluzione, in corso, della “presidenza imperiale” americana verso una “democrazia illiberale” (concentrazione di tutti i poteri nel Presidente, violazione delle norme di salvaguardia, applicazione estremistica dello “spoil system”, applicazione pretestuosa del diritto), così pure quella dal tradizionale timore riverenziale per gli USA a uno smaccato servilismo, rientrerebbero in un comprensibile trend mondiale generalizzato, inevitabile nell’ era delle Macchine Intelligenti; invece, l’inedita unione fra il potere presidenziale di Trump e il potere digitale di Musk costituisce un ulteriore salto in avanti, che va ben oltre la Società delle Macchine Intelligenti, per trapassare nel Postumanesimo e nella Singularity Tecnologica. Addirittura, Trump ha portato ufficialmente al vertice del potere politico occidentale un guru digitale dichiaratamente adepto del “cosmismo”, la forma più integrale di transumanesimo, erede, nonostante le apparenza, della forma più estrema del progressismo, i “Costruttori di Dio” bolscevichi. Per fortuna, parte del movimento MAGA (come per esempio, Rubio e Bannon) aborre Musk quasi fosse l’Anticristo, e Trump ha già fatto parzialmente marcia indietro, togliendo a Musk stesso il principale potere originariamente attribuitogli: quello di licenziare in massa i pubblici funzionari americani, oggetto centrale dell’attività del suo dipartimento. Speriamo che la crisi economica dei GAFAM, che per ora li ha resi solo più aggressivi, e soprattutto della Tesla di Elon Musk, finisca per depotenziare il loro esorbitante potere politico. Questo pericolo viene effettivamente evidenziato anche nell’ultima newsletter del Movimento Europeo, ma, a nostro avviso, in termini troppo blandi, che finiscono per depotenziare il necessario potere di urto sugli Europei, contribuendo alla continuazione dell’ avanzata dei GAFAM:“Oggi la Resistenza europea ha nuovi nemici: deve difendersi dalle tecno-oligarchie digitali che accumulano ricchezze inaudite appropriandosi dei nostri dati e dagli imperi che vogliono l’Europa divisa per meglio dominarla e controllarla.” Si continua a pensare, e a scrivere, che i problemi economici rappresentati dal capitalismo della sorveglianza, e quelli politici rappresentati da USA e Russia, siano due cose distinte. A nostro avviso, invece, si tratta di un unico problema: il rischio esistenziale che le Macchine Intelligenti sostenute dalle Grandi Potenze si sostituiscano completamente all’ Umano nel pensiero, nella biologia e nelle decisioni politiche, compresa quelle sulla guerra nucleare.
1.Il cosmismo di Musk Durante la rivoluzione bolscevica, i cosmisti (Bogdanov, Tsiolkovskij, Vernadskij-i “Costruttori di Dio”, sostenuti da Trockij-), volevano in sostanza far luogo all’attuazione radicale del “Primo Programma Sistemico dell’ Idealismo Tedesco”, realizzando nell’ immanenza le promesse escatologiche delle religioni, a cominciare dalla Conquista del Regno dei Cieli attraverso l’ astronautica e la Resurrezione dei Morti attraverso la clonazione. Nel fare ciò, essi invocavano il concetto di “comunismo fortyano”, riferendosi ad un eccentrico tycoon newyorkese che cumulava simpatie bolsceviche e hobbies postumanisti. Il culmine di questo trend fu costituito dall’ affermazione, dallo spazio, del cosmonauta Jurij Gagarin: “Boga niet!” (“Dio non c’è”). In ultima analisi, tutte le tendenze progressiste, dal superomismo alla tecnocrazia, dall’ateismo cristiano al liberalismo di sinistra, dalla socialdemocrazia al comunismo, mirano a quello stesso obiettivo, senza peraltro avere il coraggio di affermarlo apertamente. In concreto, oggi, l’Umanità non attende più il ritorno del Messia, bensì le meraviglie della tecnologia; la salvezza non è ricercata nella fede o nella virtù, bensì nella politica (la democrazia) e nell’ economia (Stato o mercato), che vengono difese con un accanimento degno dell’ Inquisizione. Musk è anch’egli, come i Cosmisti, un fautore della migrazione dell’uomo su Marte e di un’”Enhancement” dell’Umanità ottenuto collegando ogni singolo cervello con un computer centrale, attraverso un impianto neurale sottocutaneo, trasformandoci tutti in una “macchina mondiale” che sarebbe l’incarnazione materialistica dello Spirito Oggettivo di Hegel. Si rivela così qual’era, ed è, l’obiettivo segreto ultimo di tutti i totalitarismi: fare di tutti gli uomini un’unica “noosfera” (termine non per nulla inventato dal cosmista Vernadskij e ripreso dal teologo Teilhard de Chardin). Trump si è avvicinato progressivamente ai progetti di Musk, firmando un ordine esecutivo con cui incoraggiava le aziende americane a estrarre risorse dalla luna e dagli asteroidi limitrofi. Non percependo essi lo spazio come un bene e una proprietà comune (global commons), come previsto invece dal vigente diritto spaziale internazionale pattizio, hanno rifiutato un coordinamento multilaterale, e inoltre hanno dato il via allo sfruttamento commerciale della Luna, senza curarsi di negoziare e redigere alcun trattato internazionale, e legittimando, inoltre, la possibilità di formare partnership tra il governo federale e le aziende private per l’estrazione di materie prime dalla Luna, tra cui acqua e minerali rari. Gli Stati Uniti, inoltre, non hanno mai firmato il «Moon Treaty» del 1979, che stipulava che qualsiasi attività spaziale avrebbe dovuto conformarsi alle direttive internazionali. Ma, a vero dire, non lo avevano accettato neanche la Russia e la Cina, le altre due potenze intergalattiche avversarie. Si apre una nuova era astro-politica, che applicherà la dottrina colonialista americana del Destino Manifesto allo spazio profondo: «Gli Stati Uniti siedono sull’orlo di un precipizio: l’impero deve decidere se procedere a manifestarsi come una sovranità de-territorializzata oppure restare a terra e provocare un collasso ambientale di proporzioni apocalittiche». Si spiega così la frenesia di Trump di raggiungere un accordo con le altre superpotenze, per poter realizzare questa spartizione dell’Universo. Si realizzerebbe così, grazie agli USA, l’”Opera Comune” di Tsiolkovskij che diverrebbe così un’ estensione del mito americano della Frontiera (Frederick Turner) e della “Nuova Frontiera” (Kennedy, Clinton). Il tutto condito con le rivendicazioni territoriali sul Canada e della Groenlandia:”la colonizzazione della Groenlandia rappresenta l’apertura di un nuovo territorio agli uomini occidentali, una frontiera che forgerà , mel tempo, un nuovo popolo, condizionato dal clima freddo e dalla durezza del terreno”.Già secondo Turner, “l’Ovest era una fonte di eterna giovinezza, immergendosi nella quale, l’America ringiovanisce”, e con la pretesa di essere ‘la guida del mondo libero’”. Il recente decreto italiano sull’ economia dello spazio apre agli USA il mercato dell’economia spaziale, frustrando il tentativo dell’ Europa di creare una propria infrastruttura spaziale. Il provvedimento è stato approvato con i voti favorevoli dei partiti che sostengono il governo Meloni, mentre tutti partiti all’opposizione hanno votato contro. Essi hanno criticato il provvedimento perché, a detta loro, sarebbe un (ennesimo) favore a Elon Musk:«Questo disegno di legge sull’economia dello spazio è al centro di un ricatto fin dall’inizio. Musk da tempo lavora al suo monopolio: il rischio che lo spazio diventi nuova terra di conquista ora è realtà», ha dichiarato Marco Grimaldi, vicepresidente del gruppo parlamentare di Alleanza Verdi-Sinistra alla Camera. Durante il suo esame alla Camera, le critiche dei partiti all’opposizione si sono concentrate sull’articolo 25 del disegno di legge, che prevede la creazione, da parte del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, di una “riserva di capacità trasmissiva nazionale” aperta alla gestione da parte di operatori privati appartenenti all’Unione europea o alla NATO. In pratica, questa riserva di capacità trasmissiva nazionale consiste in una rete di satelliti, che potranno essere gestiti da imprese private, per garantire la comunicazione degli apparati dello Stato in caso di emergenza e di assenza di altri mezzi di comunicazione.
L’aspetto più contestato di questo articolo è stato il fatto che il governo ha previsto l’accesso alla “riserva di capacità trasmissiva” ad aziende provenienti da Paesi membri della NATO, tra cui gli Stati Uniti. Secondo i partiti all’opposizione, questo permetterebbe anche a SpaceX, l’azienda statunitense di Musk, di poter gestire le comunicazioni istituzionali italiane in casi di emergenza, e ciò si configurerebbe come un problema di sicurezza nazionale, vista l’influenza politica di Musk, i suoi rapporti con l’amministrazione degli Stati Uniti e il carattere ondivago dei suoi rapporti con i Paesi clienti (vedi Ucraina). Questa formulazione era stata adottata in luogo di una più limitativa verso gli USA in seguito a una minaccia del rappresentante italiano di Musk, Andrea Stroppa, che aveva accusato Fratelli d’Italia di piegarsi alle richieste del PD: «Agli amici di Fratelli d’Italia: evitate di chiamarci per conferenze o altro», aveva scritto Stroppa su X. La reticenza dei legislatori verso Space X deriva: (i)dall’importanza strategica dei satelliti-spia di cui trattasi, che non consiglia di cederli a Stati stranieri,né a persone private;(ii) dall’uso spregiudicato che Musk e gli USA stanno facendo dei satelliti-spia come strumento per coartare la volontà del Governo ucraino; (iii)dal pericoloso precedente dello scandalo SOGEI; (iv) dall’ atteggiamento tracotante dell’organizzazione di Musk nei confronti del Governo italiano e di tutti i partiti europei (compreso Fratelli d’Italia); (v) dalla scoperta che tutte le forniture militari o duali americane contengono una “backdoor” che consente al Governo americano di influenzarne a distanza il comportamento, fino allo spionaggio e all’ eventuale spegnimento. A ciò si aggiunga la stretta parentela del cosmismo con tutte le forme di trans-umanesimo, basata sull’ idea che la migrazione nello spazio obbligherà l’umanità a modificare la sua struttura psicosomatica, fondendosi con la macchina (il “Cyborg”).La cosa più preoccupante è che Musk abbina l’esigenza dell’ “Enhancement” per rendere possibile la migrazione nello spazio con l’idea che occorra abbandonare la Terra ai robot. In quanto ex dirigente del settore aerospaziale della FIAT, avevo partecipato alla creazione della società VEGA Spa, con l’Agenzia Spaziale Italiana e l’EADS, che fabbricava, e fabbrica, l’unico missile italiano(realizzato con collaborazioni con Russia e Ucraina), che serve anche come lanciatore per i satelliti militari italiani e come primo stadio per il lanciatore europeo Ariane. Arianespace aveva realizzato in pratica, sulla scia delle politiche gaulliste, l’autonomia spaziale europea, integrando anche i lanciatori russi Sojuz. Tuttavia, per l’assenza di un sufficiente appoggio pubblico, si è ridotta anch’essa ad acquistare i lanciatori di Starlink, e, per colpa delle sanzioni e contro-sanzioni con la Russia, ha dovuto rinunziare alla collaborazione con Sojuz, cedendo quindi il mercato a Elon Musk.
2.Samantha Cristoforetti La convergenza verso il transumanesimo da parte del mondo dell’astronautica è generale a livello mondiale. Come Musk, anche l’astronauta italiana Samantha Cristoforetti ritiene che la specie umana debba diventare multi-planetaria per sopravvivere a disastri imprevedibili ma non per questo impossibili, tra cui rientrano le collisioni con gli asteroidi e le pandemie. Bastano questi rischi per giustificare la necessità dei viaggi spaziali e di eventuali ricollocazioni intergalattiche. Il programma di Musk, sulla scia di Tsiolkovskij, è quello di abbandonare al più presto la Terra, presto dominata dalle Macchine Intelligenti, per migrare nello spazio. I progetti per le nuove colonie lunari sono pronti: includeranno uomini e donne, così da garantire la preservazione della specie. I membri dell’equipaggio spaziale della NASA, con i loro piccoli Uomini Vitruviani diligentemente ricamati sulla tuta, non possono lasciare nulla al caso Ci troviamo di fronte allo slancio di colonizzazione di più ampio respiro da cinquecento anni a questa parte, quando l’espansionismo coloniale europeo aveva appena mosso i primi passi. Cristoforetti ha espresso soddisfazione per i 26 nuovi posti di astronauta riservati a un nucleo di persone che rappresentano la diversità. L’analogia che questo progetto stabilisce fra le donne e le persone disabili offre un’ occasione di riflessione sui sorprendenti colpi di scena della condizione postumana, affermando che «quando si tratta di viaggi nello spazio, siamo tutti disabili» (Reuters, 17 febbraio 2021). In effetti, a gravità zero, tutti i corpi galleggiano liberamente. Si realizzerebbero così alcune delle condizioni previste nel “Manifesto Cyborg” di Donna Haraway, punto di collegamento fra il transumanesimo e il movimento LGTB+. Tutto ciò spiega il conflitto con ministri ultratradizionalisti come Rubio che invece va in giro con una croce di cenere sulla fronte, Vance che fa l’esegesi dell’ “Ordo Amoris” di Sant’ Agostino, e Hegseth che esalta i “valori guerrieri”.
3.Un’autocrazia cosmica Contrariamente a quanto affermato dalla retorica del Mainstream, uno Stato Mondiale non costituirebbe una situazione idilliaca, foriera di pace perpetua, bensì il massimo della tirannide. Lo diceva già Erodoto quando faceva pronunziare a Serse un discorso programmatico palesemente ispirato all’ egemonia achemenide, contrapponendogli lo spirito particolaristico e bellicistico di Leonida:”avendo conquistato tutta l’ Europa, il nostro regno confinerà con quello degli Dei”. Il primo esprimeva una “hybris” considerata barbarica, e, il secondo, la “virtù” degli eroi omerici. Continuava su questa strada Maometto, che, nell’ instaurare la “dhimma”, esaltava la pluralità delle religioni come forza incentivante della competizione internazionale. Vi insistevano Rousseau e Kant, quest’ultimo paragonando la Pace Perpetua a quella di un cimitero. Lo Stato Cosmico in via di costruzione da parte di Musk sarebbe evidentemente ancora peggio di tutto quanto si è fino ad ora immaginato. Già il primo federalismo mondiale, quello di Coudenhove-Kalergi (“Paneuropa”) non prevedeva la “Pace Perpetua”, bensì era basato su una dialettica fra gli Stati-Civiltà (quello che oggi viene chiamato “multipolarismo”), e si contrapponeva, in questo, allo Stato Mondiale ipotizzato da Thierry, da Jouffray, da Willkie e da Juenger. Oggi, sembra sempre universalmente accettato il concetto di “multipolarismo” in luogo dell’equivoco “multilateralismo”, maschera dell’ “America-Mondo”. Certo, quest’ultimaimpostazione porta con sé un cambio di paradigmi, che non può essere esente da conflitti.E’ inevitabile che forze trasversali oggi in campo lottino per affermare il proprio ruolo all’ interno di questo Nuovo Ordine Mondiale, se non addirittura cosmico, ed eventualmente per dominarlo. Non è esatto parlare di “sfere di influenza”, bensì di grandi blocchi di potere (post-umanesimo, nazionalismo americano, PCC, “establishment” modernista, Russkij Mir, sionismo), che lottano per il predominio, per spartirsi l’attuale “America Mondo”-costretta, quest’ultima, dall’avanzare del “Resto del Mondo”, ad accettare, almeno tatticamente, la propria finitezza (come dimostrano le attuali trattative con la Russia) ”,e, al di là di questa, lo spazio siderale -. Ciò si traduce in una “guerra culturale” fra il post-Umanesimo e le differenti tradizioni continentali. Si sta tentando di concretizzare il quadro (lasciato incompiuto per la prematura follia di Nietzsche), dell’ Ultima Grande Battaglia”(Zarathustra), attraverso la quale si sarebbe realizzata la transizione fra gli “Ultimi Uomini” e il “Superuomo” (il “Grande Meriggio”). Le guerre in Ucraina e in Medio Oriente, come pure i dazi commerciali, sono un epifenomeno di questa competizione. L’ eccezionalismo americano (vistosi bloccato, da Islam, Cina e Russia, il tentativo di dominare il mondo colla globalizzazione), cerca, attraverso il movimento MAGA, una nuova strategia per confrontarsi in modo parzializzato con tutti i Paesi del mondo (“divide et impera”), condizionandoli uno per uno senza arrivare allo scontro finale (la “Guerra Mondiale a Pezzi”). L’internazionalismo liberale professato (con sempre meno convinzione) dai presidenti precedenti a Trump, è stato invece abbandonato proprio perché inefficace dal punto di vista dell’ eccezionalismo americano, avendo esso di fatto permesso, se non favorito, la crescita della Cina e della Russia. La tendenza all’ accentramento è la prima conseguenza di questa lotta mortale. In siffatta lotta (sia essa una guerra o una guerra civile), il “comandate in capo” di ciascun blocco deve avere mani libere. Per questo Trump governa con gli Executive Orders e Russia e Cina hanno abolito il divieto del 3° mandato dei rispettivi presidenti. Ora, con l’utilizzo dell’ Art 122 del Trattato di Lisbona, anche l’Unione Europea ha decretato lo Stato di Emergenza (in Polacco, “Stan Wojenny”, “Stato di Guerra”), by-passando l’unanimità nel consiglio e il dibattito al Parlamento Europeo, ed avviandosi così sulla strada della dittatura militare. E’ paradossale che, mentre, per le solite esasperanti questioni di lana caprina (come l’unione bancaria o la transizione green) si devono seguire iter ultra-democratici che durano anni, per stanziare 800 miliardi per preparare la guerra si eviti ogni dibattito pubblico. Se lo si facesse, lo stanziamento verrebbe bocciato, come i 400 miliardi per l’Ucraina chiesti da Kaja Kallas. Con questo precedente, si è dimostrato che l’Unione Europea, in questo momento convulso, non può esimersi dall’ evoluzione accentratrice e bellicistica che caratterizza oggi tutte le parti del mondo, proprio se vuole mantenere un barlume di autonomia e di libertà di azione rispetto ai colossi molto accentrati che la circondano. Ora, si tratta d’inquadrare questo fenomeno all’ interno di un contesto culturale europeo, mentre in altra sede studieremo logiche e problemi di ReArm Europe, per sfruttarle a favore di un autentico Sovranismo Europeo. Il problema, qui come altrove, è che lo “Stato di Eccezione”, per sua natura, appunto, eccezionale, diviene permanente, divenendo una “legge dei pieni poteri”, coincidente con la “dittatura a vita”, come quella attribuita dal Senato a Giulio Cesare. A quel punto, la pretesa differenza dell’Europa dalle “autocrazie”, e, fra queste, dagli Stati Uniti, diviene minima. Un passo però forse necessario se si vuole creare in fretta un Esercito Europeo senza avere un solido Stato europeo.
Otto anni fa, avevo pubblicato il libro Da Qin, Un’Europa sovrana in un mondo multipolare. Tredici ipotesi di studio per un federalismo europeo del XXI secolo, con cui additavo la “lezione cinese” quale modello per la costruzione di un’Europa veramente unita e autonoma. In effetti, nel corso degli ultimi 75 anni, la Cina, ridotta a un deserto da un secolo di guerre e occupazioni straniere (“il Secolo dell’ Umiliazione”), si è già trasformata, nel 2021, nel Paese con il maggior PIL nel mondo, all’ avanguardia nell’ intelligenza artificiale, nella legislazione sull’ informatica, nella transizione green, nelle Smart Cities, nell’ auto elettrica, nel numero di brevetti e di laureati STEM, il leader della più grande alleanza del mondo, i BRICS…Invece, l’Europa, che 75 anni fa era ancora, malgrado la IIa Guerra Mondiale, il centro del mondo (perché gli USA e l’URSS se la contendevano, permettendo così il Miracolo Economico e una cultura critica con personaggi come Mann, Brecht, Lukacs, Sartre, Heidegger, Schmitt..), oggi è in crisi permanente e non conta più nulla. E’ ovvio che qualche riflessione sulla Cina dobbiamo ben farla, sicché lode all’ Ambasciatore per questo suo intervento.
1.Un interlocutore nuovo o vecchio? Nelli Feroci parte dall’ osservazione che l’Europa è “alla ricerca di una nuova collocazione sulla scena internazionale e di nuovi interlocutori” In realtà, non è tanto l’Europa che è alla ricerca, bensì l’America che ve la costringe. Quando non parla mai di Europa se non per criticarla, quando afferma che le Istituzioni Europee sono state create per “fregare gli USA”, quando le impone dazi del 25%, quando si rifiuta si incontrare i suoi leader, Trump costringe gli Europei a cercare alternative, pur giurando e spergiurando di non avere nulla contro l’America. Non concordiamo con Nelli Feroci sul fatto che “non è facile individuare contenuti in un rapporto con Pechino che consenta di tutelare gl’interessi europei”. Innanzitutto perché ci sono stati molti esempi di collaborazione , quasi tutti terminati bruscamente per imposizioni provenienti dall’ America, e, poi, perché il nostro libro aveva precisamente questo obiettivo. Incominciando addirittura da Marco Polo e Matteo Ricci, che in Cina sono considerati eroi nazionali, e dai Gesuiti che, con un secolo di pubblicazioni dalla Cina, prepararono l’Illuminismo in Europa sulla base di osservazioni sull’ Impero Cinese. Poi, dal ruolo fondamentale negli anni 50 dell’Italo-Cinese Professor Mario Tchou nella Divisione Elettronica della Olivetti, che aveva permesso a quest’ultima di creare il primo personal computer al mondo, il P101, e di venderne clandestinamente in pochi giorni 44.000 esemplari negli USA mentre la divisione veniva ceduta alla IBM. Poi ancora, ci fu, nel 2° decennio di questo secolo, l’organizzazione internazionale “17+1”, che univa la Cina a tutti i Paesi dell’ Est Europa. Inoltre, un’ondata di investimenti europei in Cina (IVECO, Piaggio, VW, BMW, Mercedes) e cinesi in Europa (Volvo, Pirelli, Huawei Italia). Infine, e soprattutto, l’adesione, alla Nuova Via della Seta, di molti Paesi europei (in primis, dell’ Italia), poi troncata per precisa richiesta del Segretario americano Pompeo, con linee ferroviarie dirette Cina-Europa e l’acquisizione dei porti del Pireo, di Genova, di Rotterdam, di Duisburg,ecc.. Ancora recentemente si tenevano periodicamente incontri del partenariato strategico UE-Cina, con Ursula von der Leyen, Macron e Scholz. Non parliamo poi delle iniziative culturali, a partire dagli Istituti Confucio alle mostre e film sui Gesuiti e Marco Polo. Tutte queste iniziative sono state congelate su richiesta americana, e la prima cosa da fare ora è “scongelarle” fino alle loro estreme conseguenze, come da noi illustrato con dovizia di particolari nel nostro libro Da Qin. In questo articolo, proveremo ad andare ancora oltre.
2.Dopo Mario Tchou L’Ambasciatore Nelli Feroci si riferisce poi in particolare al “ritardo pesante nello sviluppo di strategie innovative collegate all’ uso del digitale e nell’ utilizzo dell’ intelligenza digitale” dell’ Europa, che potrebbe essere colmato con l’aiuto della Cina.In quanto persona vissuta nell’ epicentro piemontese della tecnologia italiana, fra il Lingotto e l’Olivetti, fra i caccia Tornado ed Eurofighter, e i lanciatori Ariane e Vega, vorrei definire “eufemistico” il concetto espresso dall’ Ambasciatore. L’Ing. Tchou morì nel 1960 in un misterioso incidente d’auto, dopo che il Prof. Visentini, membro del Comitato di gestione dell’ Olivetti dopo la morte dell’ Ing. Adriano, aveva affermato che la Olivetti era un’azienda sana, ma aveva “un neo, che andava estirpato”, la Divisione Elettronica, che, infatti fu frettolosamente ceduta alla IBM (che, da parte sua, non la voleva, come scritto dal negoziatore Paolo Fresco), evidentemente eseguendo ordini da un livello molto elevato. La moglie di Tchou affermò: “Quello sì fu un complotto, tutto industriale e finanziario, volto a indebolire l’Olivetti e l’Italia e a fare un favore agli americani”. Da allora, gli Europei si sono praticamente astenuti da qualunque attività seria in campo digitale. Quando lo hanno fatto, lo hanno fatto “per finta”, come nei casi del Minitel, di Qwant e di GAIA-X. Secondo la tesi ufficiale, ciò deriverebbe dalla mancanza in Europa, di un idoneo mercato di capitali, e gli Stati non dovrebbero intervenire perché “il mercato” è capace a fare di meglio. Orbene, in Europa il mercato non è riuscito a fare nulla nel digitale, e i Governi di tutto il mondo, a cominciare da quelli americano e cinese (come diceva già Mario Tchou), intervengono in tutti i modi, perché considerano quel mercato un fattore di potenza e sicurezza nazionale . Sarebbe il caso che anche in Europa che lo facessero gli Stati, o meglio, visto che l’utilizzo centrale dell’ informatica è quello militare, che lo facessero i nostri eserciti, e, più precisamente, i nostri servizi segreti, e, meglio ancora, un esercito digitale europeo. Tutti gli altri problemi citati dall’ Ambasciatore si risolverebbero perfettamente se avessimo un’impresa digitale per ciascun settore: reti, motori di ricerca, IOT, supercalcolatori, quantum computing, robotica, neuroingegneria, web marketing, web security, web intelligence, social networks…, così come li ha la Cina. Tutti i miliardi che si stanno stanziando dovrebbero andare lì, e non a comprare armi dagli Americani. E, infatti, il nocciolo duro dell’articolo di Nelli Feroci si può individuare nella proposizione “Non dovrebbe essere una impresa impossibile definire con la Cina una collaborazione che consenta all’ Europa di ridurre le dipendenze e migliorare la performance senza mettere a rischio la sicurezza”. Basterebbe rendere veramente operative le collaborazioni già esistenti e brutalmente interrotte: -rilanciare gli Istituti Confucio, implementandoli con degli “Istituti Matteo Ricci”, o “Mario Tchou”, in cui gli Europei si sforzassero di elaborare le tante cose che essi hanno in comune con la Cina: dalla comparazione, religiosa, linguistica, storica, filosofica, giuridica, al turismo, all’ arte.. -unire le reti infrastrutturali delle Vie della Seta con quelle del Programma Partnership for Global Infrastructure and Investment (PGII) dell’ Unione Europea, come proposto a Monaco da Wang Yi; -creare imprese congiunte nel campo delle alte tecnologie e sviluppare meglio quelle esistenti (per esempio, Pirelli, Huawei Italia, VW, BMW, Mercedes) -lavorare seriamente nel campo del diritto comparato del digitale. Infatti, la pretesa iper-regolamentazione del digitale in Europa ha costituito un modello per quella cinese, che, lungi dall’ ostacolare la crescita delle imprese informatiche cinesi, l’ha favorita. Il punto è che la Cina legifera sulle imprese cinesi, mentre la UE legifera su quelle americane, che, non solo, legittimamente, le sfuggono, ma anche condizionano la UE stessa, specie ora che Musk è al governo, e che chiede semplicemente la cancellazione della normativa europea. Occorrerebbe ora un accordo internazionale sull’ Intelligenza Artificiale proposto da Kissinger prima di morire(che, tra l’altro gli eserciti americano e cinese stanno negoziando fra di loro, ma come sempre, con l’esclusione dell’ Europa). Non sarebbe da escludersi che l’ Europa potesse rientrare in gioco grazie a Wang Yi.
3.Un rapporto strategico, non tattico Infine, giustamente Nelli Feroci si preoccupa che “è verosimile che nei prossimi mesi aumenteranno le pressioni americane sugli Europei perché si allineino alle politiche di contenimento della Cina”.Ciò è quanto è sempre stato fatto in passato, per esempio a proposito delle politiche tecnologiche europee (Olivetti, EADS, Huawei, Vie della Seta). Tuttavia, la prosecuzione dell’ attuale politica provocatoria di Trump nei confronti dell’ Europa renderà inevitabile una reazione violenta da parte dell’ Europa stessa, che in passato non c’era mai stata. Sentiamo che cosa ha detto Trump nell’ ultimo Consiglio dei Ministri:“Siamo onesti: (l’Unione Europea) è stata formata per fregarci e hanno fatto un buon lavoro in questo, ma ora ci sono io alla presidenza”. Trump ha denunciato un deficit commerciale eccessivo pari a 300 miliardi di dollari e osservato come una loro ritorsione potrebbe non avere successo. “Possono provarci ma noi – ha minacciato – possiamo non comprare più e se accade questo vinciamo”. Peccato che il mercato dei BRICS+ rappresenti il 25% del PIL mondiale, contro un 15% degli USA. E’ chiaro che, se ci sarà la volontà politica, non sarebbe difficile sostituire l’export verso gli USA con quello verso i BRICS. Teniamo anche presente che la metà delle esportazioni USA verso l’ Europa sono costituite da esportazioni di servizi essenziali (finanziari, digitali, consulenziali, bancari, assicurativi), sicché non vi è poi quel grande sbilancio di cui parla Trump, e sostituire queste importazioni con prodotti cinesi o indiani non sarebbe difficile. D’altra parte, la vicenda delle sanzioni a Mosca dimostra che l’economia russa si è rafforzata, perché si è rivolta ai mercati BRICS, mentre quella UE si è indebolita, perché ha dovuto restringersi al solo Occidente. La replica dell’Ue è stata infatti chiara:”L’Ue reagirà in modo fermo e immediato alle barriere ingiustificate al commercio libero ed equo, anche quando i dazi vengono utilizzati per contestare politiche legittime e non discriminatorie”, “L’Ue è stata una manna per gli Stati Uniti”. E, aggiungiamo noi, se le Comunità Europee sono state create dagli USA, con la mozione Fulbright, con i finanziamenti della CIA e delle fondazioni americane, con l’ACUE, con i rapporti di Jean Monnet con Dean Acheson e lo studio Allen & Overy, non è certo stato per “fregare” gli USA, quanto per “tenere gli USA dentro, la Russia fuori e la Germania sotto”. Se gli USA vogliono ora smontarlr, saranno i primi a subirne le conseguenze negative Soprattutto, la Cina è un partner fondamentale per la cultura europea, che, se non fosse ostracizzato come negli ultimi anni, potrebbe dare un contributo enorme alla rinascita della cultura europea, anch’essa in grave crisi. Avevamo intitolati il nostro libro “Da Qin” perché questo era il nome dato dalla Dinastia Han all’ Impero Romano, per essa simile alla precedente dinastia Qin. In effetti, fino da quei tempi i Cinesi avevano considerato l’Impero Romano il gemello dell’ Impero Cinese. Durante il Medioevo, vi erano stati scambi così intensi, che era stata creata una Chiesa cristiana cinese (chiamata anch’essa Da Qin), un arcivescovado cristiano a Pechino, una missione permanente dei Gesuiti presso l’ Imperatore, fino a quando, anche per via dei Riti Cinesi, l’Ordine era stato sciolto, lasciando una pesante traccia nell’ Intelligetija cinese. In particolare, Leibniz con i Novissima Sinica e Voltaire con il “Rescrit de l’ Empereur de la Chine” avevano caldeggiato per primi l’unificazione dell’ Europa sul modello cinese. Alla luce di tutto quanto precede, ci pare assurda la definizione data negli ultimi tempi dalla UE della Cina quale “rivale sistemico”. E questa rivalità deriverebbe dalla solidarietà con gli USA in quanto “Faro della democrazia”. Ora, almeno, nessuno sta riproponendo quelle definizioni, che, dopo pochi anni, appaiono oramai grottesche. Occorrerebbe trovare con urgenza degli spazi dove affrontare questi temi innovativi, per poterli portare al più presto sul piano operativo.
Il nuovo team del Presidente Trump è talmente iperattivo, che si fatica a discernere i contorni precisi del suo pensiero politico, del suo programma e della sua azione. Di converso, l’opinione pubblica in Europa è così vecchia e stantia, che fa fatica a comprendere tutto ciò che non si inserisca nelle ideologie otto-novecentesca che i gerontocrati al potere hanno imparato a scuola 50 anni fa. Noi seguiamo e ci limitiamo a segnalare gli aspetti più salienti e importanti per noi. C’è stata innanzitutto una discussione a distanza che ha visto coinvolti, da una parte, il vice-presidente americano James David Vance e, dall’altra, addirittura Papa Francesco. E’ accaduto che, in un’intervista all’emittente americana Fox, Vance, volendo giustificare la politica di Trump sull’immigrazione, ha ricordato il cosiddetto “Ordo amoris”, la gerarchia della carità, discussa fra i Dottori della Chiesa, per cui “l’amore per il vicino precede quello per il lontano”. Concetto, tra l’altro, attaccato per altro direttamente da Nietzsche, il quale favoriva invece “l’amore per i più lontani” (“Fernstenliebe”). 1.“Ordo Amoris” Vance, convertito al Cattolicesimo da una decina di anni, si inserisce abilmente nelle attuali speculazioni sul futuro della Chiesa dopo Papa Francesco. A meno che il discorso non gli sia stato scritto, come si mormora, da Tucker Carlson, un giornalista particolarmente brillante che si è molto adoperato per un incontro fra Trump e Putin. Secondo Agostino e Tommaso, la carità deve avere un ordine, una gerarchia. Non tutti i beni hanno lo stesso valore, e, per questo, devono essere amati secondo il loro giusto ordine (“ordo”). Questo significa che esiste una gerarchia dell’amore, in cui i beni superiori devono essere amati più di quelli inferiori. Dio è il bene supremo dell’universo, poi vengono l’amore di sé e quello del prossimo, dove l’amore di sé precede quello del prossimo. Infatti, come scrive Sant’Agostino: «Se non sai amare te stesso, come potrai amare veramente il prossimo?». Per questa ragione dobbiamo amare il bene spirituale della nostra anima, più ancora di quello del prossimo, ma dobbiamo amare il bene spirituale del prossimo più del bene del nostro corpo, che è un bene di natura inferiore a quello spirituale. L’amore che si può legittimamente avere verso i beni materiali e temporali è l’ultimo nell’ordine. Anche in questo caso tali beni, devono essere amati in quanto strumenti per raggiungere Dio, non come fini in sé stessi. Nella carità verso il prossimo esiste poi una seconda scala gerarchica. Sul piano naturale, bisogna amare di più la nostra famiglia, quindi i nostri compatrioti e poi, tutti gli altri, a cerchi concentrici. Nella famiglia l’ordine oggettivo reclama il primo posto ai genitori, ai quali dopo Dio dobbiamo la vita. Questo non impedisce che, di fatto, sul piano soggettivo, si possa amare con maggiore intensità la sposa o i figli invece dei genitori. Per San Tommaso, l’”ordo amoris” non è solo una questione morale, ma una struttura ontologica che riflette l’ordine stesso del creato. Naturalmente noi possiamo amare il nostro prossimo per motivi diversi dall’amore di Dio. Ecco che allora il nostro amore diviene disordinato. Il nostro amore è ordinato o disordinato a seconda se è fondato sull’amore di Dio e dunque sul rispetto e sull’amore della sua legge. Si tratta di una descrizione corretta delle società “tradizionali” (non solo cristiane, ma anche ebraiche e islamiche9, fondate sulla fede dell’immutabilità dei grandi principi (che, per altro, è messa profondamente in crisi proprio da quel postumanesimo di cui la presidenza Trump costituisce l’ espressione politica). Papa Francesco ha replicato indirettamente a Vance il 10 febbraio, in una lettera ai vescovi degli Stati Uniti, ribadendo il primato dell’amore verso i migranti e ai rifugiati: «Il vero “ordo amoris” che occorre promuovere – ha detto il Papa – è quello che scopriamo meditando costantemente la parabola del ‘Buon Samaritano’ (cfr. Lc 10, 25-37), ovvero meditando sull’amore che costruisce una fratellanza aperta a tutti, senza eccezioni». E’ chiaro che questa disputa teologica è un po’ una copertura di due diverse posizioni geopolitiche: Vance rivendica la legittimità del “sacro egoismo” dei Nordamericani, mentre Papa Francesco identifica nei migranti i “poveri” che debbono essere aiutati. Anche se, su questo punto, c’è forse un po’ di esagerazione, almeno in Europa, perché di fatto intorno al Mediterraneo solo una minoranza relativamente benestante può “permettersi” le pur difficili e rischiose forme di emigrazione clandestina verso il nostro Continente (che comunque richiedono come minimo un investimento di qualche migliaio di Euro). Capiamo che, invece, in America, la polemica, particolarmente viva con il Messico, ha una diversa consistenza, perché i migranti sono in realtà dei Latinoamericani che cercano di reinsediarsi all’interno dell’antico “Virreinato de Nueva Espana”, occupato dagli USA dopo la guerra con il Messico, e che, secondo il Trattato di Guadalupe Hidalgo, avrebbe dovuto rimanere un paese ispanofono. Spesso, sono anche di ascendenza india, quindi, totalmente autoctona. Cercano di ottenere un “diritto al ritorno”, come quello rivendicato da Israeliani e Palestinesi. In questo senso essi rientrano nella lotta della “Maggioranza del Mondo” contro la “Società dell’ 1%”; per questo, rappresentano, agli occhi di Francesco, quelle “periferie con cui egli si identifica. Il muro fra USA e Messico è in realtà un muro costruito arbitrariamente all’ interno del grande spazio latinoamericano (la Patria Grande), per dividere i Latinoamericani e perpetuare la loro dipendenza dai WASPS. Come il Muro di Berlino era fatto per dividere i Tedeschi e perpetuare la subordinazione dell’Europa, che neppure ora è stata superata. Sarebbe ora che anche la Chiesa fosse più esplicita nelle sue scelte di civiltà e nelle loro argomentazioni teologiche, perché, adesso, il disorientamento culturale dei fedeli è inevitabile. Più in generale, il discorso sull’ “Ordo Amoris” può essere interpretato come la versione cristiana di quel fenomeno di “dematerializzazione” delle primitive istanze millenaristiche che ha interessato un po’ tutte le religioni (come il Buddhismo Hinayana, l’Ebraismo Halakhico e il quietismo islamico). Una dematerializzazione che ha dominato tutte le religioni attualmente esistenti prima della loro recente reinterpretazione materialistica (la Religione come “educazione dell’ Umanità”). A noi sembra che, tanto l’ideologia MAGA, quanto le retoriche buonistiche delle Chiese e dei governi occidentali, si inseriscano perfettamente in questa “teologia materialistica”, che è il volto culturale della presa del potere da parte delle Macchine Intelligenti. Anche Vance è in gran parte un prodotto, e comunque l’espressione politica, dei guru dell’informatica, che circondano letteralmente Trump, e, sulla scia di Fiodorov e di Tsiolkovskij, pensano che la realizzazione delle profezie delle religioni (in primis la Resurrezione della carne e l’ascesa al Regno dei Cieli) si realizzeranno grazie alle nuove tecnologie e alla conquista dello Spazio.. Questo è comunque un dibattito inaggirabile, come dimostra il fatto che le scelte di carattere sociale sottese per esempio al dibattito sull’ immigrazione non hanno ancora, ad oggi, alcuna seria base concettuale. Riportiamo qui di seguito in Italiano il discorso di Vance a Monaco, di cui tutti parlano, ma che ben pochi hanno letto:
2.Verbale del discorso del Vice-Presidente Vance alla Conferenza di Monaco sulla Sicurezza “Grazie e grazie a tutti i convenuti e alle personalità e ai professionisti dei media, e grazie in particolar modo agli organizzatori della Conferenza di Monaco sulla Sicurezza per essere stati in grado di organizzare un evento così grandioso.Siamo ovviamente entusiasti di essere qui; siamo felici di essere qui. E’ fantastico essere di nuovo in Germania. Una delle cose di cui volevo parlare oggi sono e i nostri valori condivisi Come avete sentito prima, ero qui l’anno scorso come senatore degli Stati Uniti:ho incontrato il ministro degli Esteri-scusate-, il ministro degli Esteri, e scherzavamo sul fatto che entrambi l’anno scorso avevamo lavori diversi da quelli che abbiamo ora, ma ora è il momento per i nostri paesi, per tutti noi che siamo stati così fortunati da ricevere dai nostri popoli un mandato politico, di usarlo saggiamente per migliorare le nostre vite. Voglio dire che sono stato fortunato a poter trascorrere, nelle ultime 24 ore di questo soggiorno, un po’ di tempo fuori dai locali della conferenza, rimanendo molto colpito dall’ospitalità delle persone, anche se stanno rimettendosi dallo shock dell’orribile attacco di ieri. Sono sempre rimasto a Monaco, con mia moglie che è qui con me oggi per un viaggio personale.Ho sempre amato la città e la sua gente.Siamo molto commossi e i nostri pensieri e le nostre preghiere sono con Monaco e tutti coloro che sono stati colpiti dal male inflitto a questa splendida comunità.Stiamo pensando a voi, stiamo pregando per voi e sicuramente faremo il tifo per voi nei giorni e nelle settimane a venire. Spero che non sia l’ultimo applauso che riceverò.Siamo riuniti in questa conferenza per discutere di sicurezza, termine con cui normalmente intendiamo le minacce alla sicurezza esterna. Vedo molti oggi qui riunite importanti autorità militari.Se l’amministrazione Trump è molto preoccupata per la sicurezza europea e crede che possiamo giungere a un ragionevole accordo tra Russia e Ucrain, crediamo anche che sia importante nei prossimi anni che l’Europa mobiliti in grande stile per provvedere alla propria difesa,ma la minaccia che mi preoccupa di più per l’Europa non è la Russia, non è la Cina, non è nessun altro attore esterno; ciò che mi preoccupa è la minaccia che viene dal suo interno.La minaccia ad alcuni dei suoi valori più fondamentali, valori condivisi con gli Stati Uniti d’America! Sono rimasto colpito dal fatto che un ex commissario europeo sia andato in televisione di recente e sia sembrato felice che il governo rumeno avesse appena annullato un’intera elezione!Ha addirittura avvertito che se le cose non vanno come previsto la stessa cosa potrebbe accadere anche in Germania!Sia chiaro che queste dichiarazioni sprezzanti sono scioccanti per le orecchie americane. Per anni ci è stato detto che tutto ciò che finanziamo e sosteniamo è in nome dei nostri valori democratici condivisi.Tutto, dalla nostra politica sull’Ucraina alla censura digitale, è pubblicizzato come una difesa della democrazia, ma quando vediamo i tribunali europei annullare elezioni e alti funzionari che minacciano di annullarne altre dovremmo chiederci se ci stiamo attenendo a uno standard adeguato, e dico noi perché fondamentalmente credo che siamo nella stessa squadra. Dobbiamo fare di più che parlare di valori democratici. Dobbiamo viverli ora, nella memoria vivente di molti di voi. In questa sala, la Guerra Fredda ha radunato i difensori della democrazia contro forze molto più tiranniche in questo continente, e lottando contro la censurato dei dissidenti, la chiusura delle chiese, l’ annullamento delle elezioni.Erano forze che grazie a Dio hanno perso la Guerra Fredda.E hanno perso perché non apprezzavano né rispettavano le straordinarie benedizioni della libertà. Libertà di sorprendere, di commettere errori, di inventare, di produrre. A quanto pare non puoi imporre per legge innovazione o creatività, così come non puoi imporre alle persone cosa devono pensare, cosa possono ascoltare o cosa devono credere. Noi crediamo che queste cose siano strettamente collegate, e, sfortunatamente quando guardo all’Europa di ogg,i non mi è così chiaro cosa sia successo ad alcuni dei vincitori della Guerra Fredda. Guardo a Bruxelles, dove i commissari dell’UE hanno avvertito i cittadini che intendono chiudere i social media durante i periodi di disordini civili o nel momento in cui individuano quello che i commissari giudicano essere un contenuto di odio.O ad un certo paese europeo dove la polizia ha effettuato retate contro cittadini sospettati di aver pubblicato commenti anti-femministi online come parte di una giornata di mobilitazione per combattere la misoginia su Internet. Guardo alla Svezia, dove due settimane fa il governo ha condannato un attivista cristiano per aver partecipato ai roghi del Corano, roghi che avevano portato all’omicidio di un suo amico e come ha osservato incredibilmente il giudice del suo caso, le leggi svedesi – che teoricamente garantirebbero la libertà di espressione – in realtà non la garantiscono, e cito, ‘non garantiscono un lasciapassare per fare o dire qualsiasi cosa senza rischiare di offendere un gruppo di altre convinzioni’. Ma forse la cosa più preoccupante è che quando guardo ai nostri carissimi amici del Regno Unito, dove l’allontanamento dalla libertà di coscienza ha messo addirittura nel mirino, in particolare le fondamentali libertà religiose della Gran Bretagna. Poco più di due anni fa il governo britannico aveva accusato Adam Smith-Conner, un fisioterapista di 51 anni e veterano dell’esercito, dell’atroce crimine di essersi fermato a 50 metri da una clinica per l’aborto e di aver pregato in silenzio per tre minuti senza ostacolare nessuno senza interagire con nessun,o pregando in silenzio da solo.Dopo che le forze dell’ordine britanniche lo hanno individuato e hanno chiesto per cosa stesse pregando Adam, ha semplicemente risposto che era per il figlio non ancora nato che lui e la sua ex fidanzata avevano abortito anni prima.Da notare che gli agenti non si sono mossi. Ma Adam è stato ritenuto colpevole di aver violato la nuova legge del governo sulle “zone cuscinetto”, che criminalizza la preghiera silenziosa e altre azioni che potrebbero influenzare la decisione di una persona entro 200 metri da una struttura per l’aborto.E’ stato condannato a pagare migliaia di sterline di spese legali per difendersi dall’accusa. Ora vorrei poter dire che questo è stato un caso sfortunato, un esempio folle e isolato della applicazione di una legge mal scritta e che ha colpito una singola persona, ma non è così.Lo scorso ottobre, quindi solo pochi mesi fa, il governo scozzese ha iniziato a distribuire lettere ai cittadini le cui case si trovavano nelle zone identificate come “di accesso sicuro”, avvertendoli che anche la preghiera privata all’interno delle proprie case può equivalere a violare la legge!E, peggio ancora, il governo britannico ha esortato gli elettori a segnalare qualsiasi concittadino sospettato di reato di opinione. In Gran Bretagna e in tutta Europa temo che la libertà di parola sia minacciata e, amici miei, nell’interesse della comunità, ma anche nell’interesse della verità, ammetterò che a volte le voci più forti a favore della censura non sono arrivate dall’interno dell’Europa, ma dall’interno del mio stesso paese, dove la precedente amministrazione ha minacciato e intimidito le aziende di social media per obbligarle a censurare la cosiddetta ‘disinformazione’.Censurare la ‘disinformazione’, come ad esempio l’idea che il coronavirus fosse probabilmente sorto da un laboratorio in Cina.Il nostro stesso governo ha incoraggiato le aziende private a mettere a tacere le persone che osavano pronunciare quella che si è rivelata una verità plateale. Vengo qui da voi oggi, non solo per farvi una ramanzina, ma con una proposta. Proprio come l’amministrazione Biden cercava disperatamente di fare pressione per mettere a tacere le persone che volevano dire la loro, vengo a dirvi che l’amministrazione Trump farà esattamente l’opposto.E spero che possiamo lavorare insieme su questo. A Washington c’è ‘0un nuovo sceriffo in città’; sotto la guida di Donald Trump magari potremmo non essere d’accordo con certe opinioni, ma combatteremo per difendere il diritto di esprimerle nella pubblica arena.D’accordo con voi o in disaccordo, meglio se d’accordo. Siamo arrivati al punto che la situazione è peggiorata così tanto che questo dicembre la Romania ha annullato direttamente i risultati di un’elezione presidenziale basandosi sui vaghi sospetti di un’agenzia di intelligence e sull’enorme pressione dei suoi vicini europei.E’ stato detto che la causa dell’annullamento fosse la ‘disinformazione russa’, che avrebbe infettato le elezioni rumene, ma ora chiedo a voi ‘amici europei’ di guardare a voi stessi come da fuori.Si può credere che sia sbagliato permettere alla Russia acquistare pubblicità sui social media per influenzare le vostre elezioni. Certamente, siamo d’accordo.Si può condannare questa pratica presente a livello mondiale, ma se la vostra democrazia può essere distrutta con poche centinaia di migliaia di dollari di pubblicità digitali da un paese straniero, allora come democrazia non era granchè fin dall’inizio. Ora la buona notizia è che penso che le vostre democrazie siano sostanzialmente meno fragili di quanto molti temono e credo profondamente che permettere ai cittadini di esprimere la propria opinione le renderà ancora più forti. Il che sfortunatamente ci riporta qui a Monaco, dove gli organizzatori di questa conferenza hanno vietato ai delegati che rappresentano i partiti populisti sia di sinistra che di destra di partecipare a questi incontri.Ora, di nuovo, non dobbiamo necessariamente essere d’accordo su tutto o su niente di ciò che la gente dice, ma quando ci sono dei rappresentanti popolari, quando ci sono dei leader politici che rappresentano un elettorato importante, siamo tenuti ad avere un dialogo con loro. Ora, per molti di noi che osserviamo dall’altra parte dell’Atlantico, sembra ogni giorno di più che in Europa ci siano vecchi interessi radicati che si nascondono dietro lo spauracchio dei ‘cattivi sovietici’.Sentiamo slogan di quel periodo, come ‘disinformazione’ e ‘propaganda’, usate da coloro ai quali semplicemente non piace l’idea che qualcuno con un punto di vista alternativo possa esprimere un’opinione diversa.O addirittura – Dio non voglia – che qualcuno possa votare in modo diverso o, peggio ancora, far vincere un’elezione ad altri! Ora, ricordo a tutti che questa è una conferenza sulla sicurezza e sono certo che siete tutti venuti qui preparati a parlare di come siete intenzionati ad aumentare la spesa per la difesa nei prossimi anni, dandovi degli obbiettivi, e questo è fantastico, perché come il presidente Trump ha chiarito abbondantemente, egli crede che i nostri amici europei debbano svolgere un ruolo più importante nel futuro di questo continente. Non pensiamo che sentiate il termine ‘condivisione degli oneri’ come un’ imposizione, ma pensiamo che costituisca una parte importante del partecipare a un’alleanza condivisa. Pensiamo che sia ora che gli Europei si facciano avanti, mentre l’America si concentrerà su aree del mondo che sono in grande pericolo. Ma lasciate che prima vi chieda come potrete anche solo iniziare a parlare di questioni di bilancio se prima non sappiamo cosa stiamo difendendo. Ho sentito già molto nelle mie conversazioni;ho avuto molte, molte fantastiche conversazioni con molte delle persone ora riunite qui in questa stanza. Ho sentito parlare molto di ciò da cui dovete difendervi e di quanto sia importante, ma ciò che mi è sembrato un po’ meno chiaro – e certamente la penso come molti cittadini europei – è da cosa esattamente vi state difendendo.Vorrei capire qual è la visione positiva che anima questo patto di sicurezza condiviso che tutti noi crediamo sia così importante. Perchè credo profondamente che non ci possa essere nessuna sicurezza se hai paura delle voci, delle opinioni e della coscienza del tuo popolo.L’Europa deve affrontare molte sfide, ma la crisi che questo continente sta affrontando in questo momento – la crisi che vogliamo affrontare tutti insieme – è una nostra creazione. Se tirate avanti con la paura dei vostri elettori non c’è nulla che l’America possa fare per voi, né, per quel che conta, c’è qualcosa che voi possiate fare per il popolo americano.Popolo che mi ha eletto e ha eletto il presidente Trump. C’è bisogno di mandati democratici per realizzare qualcosa di valore nei prossimi anni.Sembra che non sia ancora capito che mandati deboli producono risultati deboli, instabili, mentre c’è così tanto di valore che può essere realizzato con il tipo di mandato democratico che penso deriverà dall’essere più attenti alle voci dei cittadini. Se vuoi godere di un’economia competitiva, se vuoi godere di energia a prezzi accessibili e catene di approvvigionamento sicure, allora hai bisogno di mandati solidi per governare, perché devi fare delle scelte difficili per realizzare tutte queste cose.Tutti sappiamo bene che in America non puoi ottenere un mandato democratico censurando i tuoi oppositori o mettendoli in prigione.E questo sia che si tratti del leader dell’opposizione che di un umile cristiano che prega nella sua casa o di un giornalista che cerca di riportare delle notizie.Sappiamo anche che non puoi vincere ignorando la tua di base elettorale su questioni come chi può far parte della nostra comunità, e di tutte le sfide urgenti che affrontano le nazioni qui rappresentate. Credo che non ci sia oggi nulla di più urgente delle migrazioni di massa. Quasi una persona su cinque che vivono in Germania si è trasferita qui dall’estero.Questo è ovviamente un massimo storico; è un numero simile a quello degli Stati Uniti. E’ anche al suo massimo storico il numero di immigrati che sono entrati nell’UE da paesi extra UE, che è raddoppiato tra il 2021 e il 2022 – e naturalmente è aumentato molto da allora.Sappiamo che questa situazione non si è materializzata dal nulla ma è il risultato di una serie di decisioni consapevoli prese dai politici in tutto il continente – così come da altri in tutto il mondo – nell’arco di un decennio. Abbiamo visto gli orrori provocati da queste decisioni, qui giusto ieri, e naturalmente non posso citarlo di nuovo senza pensare alle povere vittime che hanno avuto una splendida giornata invernale qui a Monaco rovinata in quel modo.Quindi i nostri pensieri e le nostre preghiere sono con loro e rimarranno con loro, ma dobbiamo chiederci, prima di tutto perché tutto questo sia successo. E’ una storia terribile, certo, ma è una storia che abbiamo sentito troppe volte in Europa e sfortunatamente ancora più volte negli Stati Uniti.Così ecco che un richiedente asilo, un giovane sulla ventina già noto alla polizia, lancia un’auto contro la folla e distrugge una comunità: quante volte ancora dobbiamo subire queste battute d’arresto spaventose prima di cambiare rotta e portare la nostra civiltà condivisa in una nuova direzione? Nessun elettore in questo continente è andato alle urne per aprire le porte a milioni di immigrati incontrollati, ma sapete per cosa hanno votato in Inghilterra?Hanno votato per la Brexit.Che siate d’accordo o meno, in tutta Europa sempre di più hanno votato a favore per leader politici che promettono di porre fine all’immigrazione incontrollata. Personalmente, sono essere d’accordo con molte di queste preoccupazioni, ma non pretendo che siate d’accordo con me. Penso comunque che la gente tenga alle proprie case, tenga ai propri sogni, tenga alla propria sicurezza e alla propria capacità di provvedere a se stessi e ai figli, che la gente sia intelligente e sappia cosa vuole.Penso che questa sia una delle cose più importanti che ho imparato nel mio breve periodo in politica. Contrariamente a quello che si sente dire un paio di montagne più in là, a Davos, i cittadini di tutte le nostre nazioni non pensano a se stessi come animali istruiti o come ciechi ingranaggi intercambiabili di un’economia globale.Quindi, non sorprende che non vogliano essere messi da parte o ignorati regolarmente dai loro leader. E’ compito della democrazia giudicare queste grandi questioni, e il luogo per farlo sono le urne.Credo che ignorare la gente – liquidare le loro preoccupazioni come insulse o peggio ancora chiudere i media o annullare le elezioni – o escludere alcuni dal processo politico, non protegga la democrazia. In realtà è il modo più sicuro per distruggere la democrazia.Dissentire, parlare ed esprimere opinioni non è interferenza elettorale, anche quando le persone esprimono opinioni su paesi diversi dal proprio, e anche quando queste persone sono molto influenti e ascoltate. Guardate, dico per ridere: se la democrazia americana ha potuto sopravvivere a dieci anni di rimproveri di Greta Thunberg, voi ragazzi potrete sopravvivere a qualche mese di Elon Musk.Ma ciò a cui nessuna democrazia sopravvivrà – che sia americana, tedesca o europea – è dire a milioni di elettori che i loro pensieri e le loro preoccupazioni, le loro aspirazioni, le loro richieste sono sbagliate o indegne anche solo di essere considerate. La democrazia si basa sul sacro principio che la voce del popolo conta.Non c’è spazio per i firewall. O rispetti il principio o non lo rispetti.Il popolo deve avere voce.Come leader europei siete di fronte a una scelta – e credo fermamente che non dobbiamo avere paura del futuro – potete accettare ciò che vi dice la vostra gente – anche quando questo è sorprendente, anche quando non siete d’accordo – oppure continuare su questa strada. Se saprete accettare, potrete affrontare il futuro con tranquillità e fiducia, sapendo che la nazione sostiene ognuno di voi – e questa per me è la grande magia della democrazia, che non è in questi edifici in pietra o in bellissimi hotel e non è nemmeno nelle grandi istituzioni che abbiamo costruito insieme – la magia è in una società condivisa. Credere nella democrazia significa capire che ognuno dei nostri cittadini ha saggezza e ha una voce e se rifiutiamo ascoltare quella voce anche le nostre lotte più vincenti garantiranno ben poco.Come disse Papa Giovanni Paolo II, a mio avviso uno dei più straordinari campioni della democrazia in questo continente, ‘non si deve avere paura del proprio popolo’.Quindi non dovremmo avere paura del nostro popolo anche quando esprime opinioni che non sono d’accordo con la nostra leadership.Respingere le loro preoccupazioni o peggio ancora chiudere i media, annullare o rinviare le elezioni o escludere gente dal processo politico non protegge nulla, in realtà è il modo più sicuro per distruggere la democrazia”. Jack Vance – Vice Presidente degli Stati Uniti d’America