La deriva suicida dell’Europa politica, che ostacola di fatto, anziché favorirla con le sue politiche culturali, la ricerca storica sull’ Identità Europea, rinchiudendoci tutti in una “Finestra di Overton” ideologica inauditamente restrittiva, tale da oscurare proprio le nostre tradizioni, viene finalmente riconosciuta e discussa, seppure in ritardo, anche dalla “cultura alta”, come è accaduto, in particolare, in recenti articoli di Ernesto Galli della Loggia e Franco Cardini, che vengono qui messi a confronto con le urgenze del presente momento storico, dominato dalla presa di controllo sull’uomo da parte delle Macchine Intelligenti.
Questo obiettivo ritardo nell’ avviare tale dibattito fa perdere di vista, perfino nelle figure più illuminate, il fatto che l’ incombere della Società delle Macchine Intelligenti costituisce uno ulteriore argomento a favore dell’urgente rafforzamento dell’ Identità Europea, quale barriera contro l’ ideologia globalista che ci viene imposta di giorno in giorno con sempre maggiore durezza (smantellamento della privacy, leggi memoriali, legislazione “contro le fake news”, controlli poliziesco-digitali, ripetizione ossessiva di sempre nuovi mantra calati dall’ alto..).Orbene,intanto, in tutto il mondo, la rivitalizzazione (in Cina, chiamata“ ringiovanimento”), quand’anche forzata, delle antiche identità continentali costituisce oggi di fatto il migliore antidoto contro la presa di controllo delle Macchine Intelligenti sulle società umane, di cui la globalizzazione all’ occidentale non è stato che uno dei sintomi premonitori.
Perciò, a un breve flash sui recenti interventi di Galli della Loggia e Cardini, faremo seguire la nostra interpretazione della recentissima autorizzazione, concessa ora in America a Neuralink, di sperimentare gl’impianti cerebrali sugli esseri umani, aprendo così la strada a quel mondo di Cyborg, a cui le Identità Continentali sono chiamate ad opporsi, per poi giungere a delle conclusioni operative
1.”L’Europa abbandona la propria identità”?
“Potrà mai l’Unione Europea esistere come soggetto politico di qualche effettiva consistenza dopo aver deciso di suicidarsi culturalmente, di gettare alle ortiche la propria identità? E come mai a nessun partito della decina e più che siedono a Bruxelles è mai venuto in mente di occuparsi di questa singolare decisione e dei modi in cui ormai da anni essa viene posta in essere?”
Con queste parole prende avvio l’articolo del 5 Febbraio di Ernesto Galli della Loggia sulla prima pagina de Il Corriere della Sera, con cui l’autore polemizza contro le prassi costanti nell’assegnazione dei fondi per la ricerca da parte dell’Unione. Non tanto per la preferenza massicciamente accordata alle materie scientifiche “dure”(STEM), quanto per la ripartizione della quota dedicata alle materie “non STEM”,o SSH (“Social Sciences and Humanities”) ,dove l’assoluta prevalenza va alle ricerche economiche e sociologiche (funzionali alla legittimazione del potere europeo), e quasi nulla alle vere e proprie materie umanistiche.
Secondo Galli della Loggia, il vero motivo è che “la maggior parte delle loro ricerche insistono naturalmente in un ambito nazionale. In quell’ ambito , cioè, in cui, secondo il ‘politicamente corretto’ dominante a Bruxelles deve essere messo al bando e spento. Agli occhi del vuoto utopismo paneuropeo privo di radici, la nazione resta il nemico primo”. Non concordiamo sul fatto che l’”utopismo paneuropeo” sia necessariamente privo di radici. Perché allora che cosa sono stati l’Impero Romano, l’Europa Cristiana, i progetti di crociata, Dante, il Sacro Romano Impero, gli Asburgo, Saint Pierre, Leibniz, Voltaire, Napoleone, la Santa Alleanza, Nietzsche, Coudenhove Kalergi? Priva di radici è soltanto l’ideologia ufficiale di quest’ Europa “funzionalistica”, nella cui tecnolatria sono confluiti i residui di varie obsolete ideologie anti-europee, fallite ciascuna nei suoi specifici presupposti, che hanno cercato, e ancora cercano, nell’ Unione, un’ancora di salvezza per la loro stessa sopravvivenza politica.
Perfino il Movimento federalista Europeo criticava il Trattato di Roma, che oggi viene da tutti esaltato. Come scrisse Sergio Pistone, “ La conseguenza politica che il MFE trasse da questa analisi, al momento in cui giunse all’ordine del giorno la ratifica dei Trattati di Roma, fu di non schierarsi né con coloro che erano favorevoli alla ratifica, perché ciò avrebbe significato avallare quella che nel migliore dei casi era una illusione, ma che poteva anche essere interpretata legittimamente come una truffa, né con coloro che, come i comunisti, erano contrari alla ratifica perché rifiutavano l’unificazione europea in quanto tale. Fu cioè indicata una terza alternativa: la mobilitazione del popolo europeo a favore della costituente europea e dell’unione federale europea e la denuncia della illegittimità degli Stati nazionali e della falsità delle politiche europeistiche governative.”
In definitiva, sono tutti diventati filo-UE solo per l’impossibilità di realizzare i rispettivi obiettivi; ma certamente nessuno è animato da quel sacro entusiasmo che sarebbe spontaneo per i fondatori di un nuovo soggetto politico.
Concordiamo quindi con le conclusioni di Galli della Loggia:”Proprio perciò neanche un euro o pochi spiccioli vanno a tutto quanto si riferisce alle sue antichità e alle sue vicende, ai suoi pensieri e ai suoi libri, alle sue lingue, alle tradizioni culturali e politiche dei suoi popoli, alle loro fantasie figurative.A tutto ciò che nutre l’anima e i sogni, che ci fa conoscere da dove veniamo.”La cosa è resa ancor più grave dal fatto che noi Europei “veniamo” non già dall’ “ultimo uomo” di Fukuyama e di nietzscheana memoria, bensì dai popoli guerrieri “dei Kurgan” e “del Mare”, dagli Hapiru che conquistarono Cana’an come descritto nella Bibbia, dagli “Europaioi” del Corpus Hippocraticum; veniamo da Roma e dalle steppe eurasiatiche, da al-Andalus e dal Grande Nord, dalla Cavalleria, dai principi illuminati, dai grandi poeti romantici e dai “maestri del sospetto”. Tutta gente che alla “cancel culture”oggi dominante, per un motivo o per l’altro, non piace per nulla, ed a cui, quindi, nessuno spazio viene concesso nelle politiche culturali, né europee, né nazionali.
Queste cose non hanno neppure a che vedere, come sembra pensare invece Galli della Loggia, con le politiche culturali degli Stati Nazionali europei, anche se sono da essi talvolta strumentalizzate, perché a questi di solito molto precedenti. Gli Stati Nazionali si concentrano invece anch’essi ciascuno su momenti anti-europei della propria cultura, come le guerre infra-europee, le pulizie etniche, il colonialismo, mentre viene censurato, in ossequio al “politicamente corretto”, il grande passato paneuropeo della cultura “alta”, quelli che Nietzsche chiamava “die guten Europaeer”, colpevoli anch’essi, vuoi di elitismo, vuoi di autoritarismo, vuoi di bellicismo, vuoi di patriarcato.
Della Storia, l’”establishment” vede solo gli “orrori”, perché ancora tutto proteso, nonostante la Dialettica dell’ Illuminismo, verso la “Post-histoire” chiliastica.
2.Le Istituzioni:tomba dell’entusiasmo europeista.
Galli della Loggia sembra stupirsi del disinteresse dell’Unione per la costruzione di una propria stessa identità, mentre noi, che sul campo ci siamo confrontati da cinquant’anni con questo problema, non ce ne stupiamo più affatto:“L’Europa ufficiale non si accorge….che, in questo modo, lungi dall’ affrettare l’avverarsi della sua utopia, in realtà essa non fa che sancire l’implausibilità di qualunque speranza di divenire, non già nel prossimo secolo ma nel prossimo decennio, un soggetto politico degno di questo nome.”
A nostro avviso, non è che non se ne accorga, perché anzi questo è precisamente ciò che si propone di ottenere quell’Establishment”, che finge di attivarsi per la cultura, ma il cui compito è stato, fino dal dopoguerra, di boicottare gli Europeisti più impegnati, come Coudenhove-Kalergi, Spinelli, Alexandre Marc, Olivetti, De Gaulle, Servan-Schreiber, Gorbachev e Mitterrand, facendo prevalere l’approccio cosiddetto “funzionalista”, che, da un lato, costituisce il preludio della vittoria delle Macchine Intelligenti, e, dall’ altra, impedisce la nascita di una classe dirigente patriottica europea culturalmente motivata, che “….anche nell’ assenza di una lingua comune,… radichi negli europei la coscienza delle profonde radici che le uniscono, di tutto ciò che li avvicina, che forma un’identità comune, e che quindi può divenire una premessa anche per un futuro storico comune.”
Per fare ciò, non è necessaria una lingua comune (così come ne fanno a meno l’India e perfino il Belgio, la Svizzera e il Canada), bensì ci vuole una continuità culturale comune (il Tian Ming della Cina, la Hindutva, la Translatio Imperii..).
Il quadro non è così semplice, come aveva osservato già in passato lo stesso Galli della Loggia, che aveva posto allora, all’ origine di questo strano rifiuto dell’ “establishment” europeo di darsi un passato “nobile”, ben altre motivazioni, legate alla sorveglianza occhiuta dell’ America, che pretende che la “memoria condivisa” sia solo quella di un mitico “Occidente”, in cui essa sarebbe inclusa addirittura quale sbocco provvidenziale della Translatio Imperii, come ben sintetizzato dal titolo del libro di John Gress, “From Plato to NATO”. Pretesa a cui sarà dedicata la seconda parte di questo post, sulla scia dei “Minima Cardiniana”.
Qui basterà ricordare che, a nostro avviso, l’Identità Europea precede, a nostro avviso, e di gran lunga, tanto le Comunità Europee, quanto l’Unione Europea. Basti leggere il nostro nostro libro “10.000 anni di Identita’ Europea” (Alpina, Torino, 2006). Le scienze archeologiche, paleontologiche e linguistiche (Cavalli Sforza, Reich) stanno evidenziando sempre più come l’Europa sia, e sia sempre stata, un continuum “poliedrico” di popoli, culture e lingue, che ci congiunge da millenni all’Africa e all’all’Asia (“Out of Africa”, agricoltori medio-orientali, popoli delle steppe, popoli marinari mediterranei, politeismi, giudeo-cristianesimo, Barbaricum, “Scanzia Fucina Gentium”, Euro-Islam, monarchie sovrannazionali e intercontinentali); movimenti culturali paneuropei come la poesia cortese, le università, gli scismi, l’illuminismo, il romanticismo, il decadentismo, la cultura critica, i totalitarismi; lingue colte sovrannazionali, come il Greco, il Latino, l’Ebraico, il Gotico, lo Slavo Ecclesiastico, l’Arabo, il Norreno, il Provenzale, il Francese, il Tedesco, l’Inglese, il Russo; autori “uebereuropaeisch” come Averroè, Chrétien de Troyes, Walther von der Vogelweide, Wolfram von Eschenbah, Raimbaut de Vacqueiras, Dante, Petrarca, Shakespeare, Cartesio, Leibniz, Voltaire, De Maistre, Goethe, Novalis, Foscolo, Pushkin, Mickiewicz, Nietzsche (“die Guten Europaeer”)….
Basta guardare alle mappe genetiche predisposte da Cavalli Sforza e dei suoi epigoni, caratterizzate da centinaia di sfumature.
L’esplosione dei nazionalismi nel XIX Secolo sulla scia delle Rivoluzioni Atlantiche aveva costituito proprio una forma di opposizione agl’imperi sovrannazionali che avevano dominato fino ad allora la scena, e alle tradizionali culture paneuropee (Costantinopoli, Vienna, San Pietroburgo). I risultati, catastrofici per l’Europa, di questi nazionalismi si sono potuti constatare negli ultimi due secoli, e non sono ancora finiti (nell’ ex URSS, nella ex Jugoslavia, a Cipro, in Turchia, in Spagna e Gran Bretagna). Sono questi gli “orrori” che l’”establishment” vorrebbe invece ascrivere alla storia pre-rivoluzionaria.
E’ stato suicida rimettere agli Stati Nazionali la competenze per le politiche culturali, dalle quali sono nate le maggiori deformazioni storiche: dalla cancellazione del passato, alla costruzione di memorie condivise provinciali e aggressive
Gli attuali Stati Nazionali, seppure non più animati dalla febbre sciovinistica, al contempo distruttrice e progressista, che ha già prodotto tanti guai, dominano ancora il campo, come aveva previsto già Spinelli, per una precisa scelta dei fondatori dell’ Ordine di Yalta, basata sui seguenti presupposti:
-le Comunità Europee, e ancor più l’Unione Europea, sono un’articolazione “regionale” e “specialistica” dell’Occidente (Ikenberry), destinata a “stabilizzare” l’ Europa, cioè a renderla inoffensiva;
-l’ attribuzione, nei Trattati, agli Stati Membri, della competenza per le politiche culturali (come scriveva il Presidente Schulz, l’”io emotivo”);
-la delimitazione rigida di una pretesa “memoria condivisa” dell’ Europa, funzionale a tale “stabilizzazione” (quale quella espressa nella “Casa dell’ Europa” di Bruxelles), opposta a una ricostruzione “poliedrica” della storia, e, in particolare, l’identificazione dell’ inizio della nostra storia comune nella Rivoluzione Francese, la quale invece, per esempio per Tocqueville, aveva sancito in realtà l’atto di morte dell’ “Ancienne Constitution Européenne”(quella dell’ Ancien Régime, a cui perfino l’attuale Unione non può fare a meno d’ispirarsi).
Concordiamo pienamente con Galli della Loggia che l’Unione non riuscirà ad affermarsi quale soggetto politico se non sarà reso possibile agli Europei conoscere esaurientemente le loro radici, anche le più lontane (preistoria, Asia, Africa); le regioni d’Europa, anche le più eccentriche (Groenlandia, Russia, Caucaso, Turchia); gli autori anche più scandalosi (Tertulliano, il Canto dei Nibelunghi, Averroè, Machiavelli, Sade, De Maistre, Kierkegaard, Stirner, Baudelaire, Soloviev, Drieu la Rochelle..). Ma, addirittura, anche le comunalità con altri Continenti, come gli archetipi egizi e persiani, le origini semitiche, sarmatiche, ugro-finniche, altaiche, e perfino le influenze di India, Cina ed America (intesa però anch’essa quale continente estraneo e diverso, e comunque importante per i suoi riflessi).
Tuttavia, visto che l’”establishment” ha interesse che ciò non avvenga, non resta altro, per gl’intellettuali veramente europeisti, come Galli e Cardini, che spendersi in prima persona in un rischioso Kulturkampf a proprio carico e senza quartiere, non già per la speranza di titoli e prebende, bensì quale imprescindibile dovere patriottico. Noi vogliamo ancora tentare nonostante tutto di partecipare a bandi europei in materia culturale, e saremmo onorati di poterlo fare con il supporto di prestigiosi maestri.
3.Fuori dall’ Occidente.
Secondo Cardini, una siffatta cultura europea più autentica dovrebbe passare necessariamente attraverso il ravvicinamento alle culture dell’Europa orientale e dell’ Asia (“Eurasiatismo”):“ sulla valorizzazione della grande storia del nostro continente e sulla sua storica funzione di cerniera tra quell’East e quel West del mondo che secondo Kipling non potranno mai incontrarsi mentre, al contrario, la loro storia dell’ultimo mezzo millennio mostra una grande globalizzazione già avvenuta sul piano materiale e che aspetta una sintesi su quella spirituale.
Cogliamo i segni di questo iter non ancora esplicito eppure preparato da alcuni segni che starà a noi trasformare in effettivi seri valori. L’incontro tra Europa e Asia nella prospettiva eurasiatica è uno di essi.”
Cardini prende nettamente così posizione a favore dell’ Eurasiatismo, profondendosi in una serie di doverosi chiarimenti terminologici su ciò che esso abbia rappresentato e ancora rappresenti:‘Si deve parlare di un unico continente, l’eurasiatico: così congiunto nelle sue parti che non è avvenimento di rilievo nell’una che non abbia avuto il suo riflesso nell’altra’: così il grande orientalista, storico delle religioni ed esploratore Giuseppe Tucci. Oggigiorno, specie dopo il fatidico 24 febbraio 2022, le parole ‘Eurasia’, ‘eurasiatico’ ed ‘eurasismo/eurasista’ sembrano divenute insulti..”
Certo, sull’ Eurasiatismo grava il peso delle enormi lotte combattute in suo nome, che ne rendono sospetta la memoria: “esplose in una specie di follia ossimorica: a causa di, o per colpa di, o grazie a (fate un po’ voi) Napoleone, e per esprimersi usando simboli archetipici schmittiani, la Francia provò a giocare ora la parte del Behemoth continentale europeo (e anche eurasiatico, viste le velleità di coinvolgimento di Russia e Turchia) assediando con il ‘Blocco Continentale’ il Leviathan britannico signore degli Oceani, e quindi assumendosi il carico della leadership orientale in funzione di una lotta all’Occidente rappresentato dall’Inghilterra che Ugo Foscolo con geniale faziosità definisce ‘l’Anglia avara’; ora (cioè subito dopo) quella ben più utopistica e velleitaria della leadership occidentale contro la ‘barbarie sarmatica’ dell’impero zarista. Poco più di un secolo dopo, in modo ancor più folle, la hitleriana ‘Operazione Barbarossa’ si sarebbe illusa di poter azzerare gli esiti che si stavano rivelando infelici della guerra intereuropea avviata nel settembre del ’39 – dove anche a causa del trattato di non-aggressione Ribbentrop-Molotov, sembrava potersi figurare un nuovo fronte eurasiatico, quindi “orientale” – e di proporre se stesso a capo di una’Santa Lega’ occidentale – e addirittura crociata – contro il comunismo ateo”.
Soprattutto, manca una vera storia eurasiatica, che, sulle orme di Ibn Khaldun, Mahan, Mackinder, Haushofer e Gumiliev, citati da Cardini, parta dalla dialettica fra i popoli “Bu”, quelli nomadi delle steppe, e quelli “bun”, stanziali e civilizzati, del mare; passi per le grandi migrazioni dei Kurgan, dei popoli sarmatici, turcici e mongoli; si sviluppi con le grandi religioni e con i grandi viaggi di esplorazione; continui con gli scambi culturali (per esempio di Marco polo e dei Gesuiti) e si completi con la giusta considerazione del contributo alla storia mondiale dell’ alleanza russo-cinese, della cultura indiana, della guerra del Vietnam, dell’economia est-asiatica, dei BRICS.
Una lacuna da colmare non diversamente da quella della storia dell’ Identità Europea.
4.Neuralink e l’Europa
Come dicevamo all’inizio,l’informatica sta trascinando tutti gli aspetti della vita umana in una corsa sempre più affannosa verso un futuro nebuloso e rischioso, non rischiarato, né dalla riflessione culturale, né dal dibattito politico, ambedue inceppatisi in quest’epoca di mediocrità, manipolazione, opacità e concorrenti fanatismi. Questo ha un impatto dirompente anche sul dibattito circa l’Identità Europea, perché spazza via l’illusione dell’ “Establishment” di poter spacciare l’integrazione europea come la fase estrema della Fine della Storia (come avrebbe voluto per esempio Kojève, che aveva negoziato i Trattati per conto della Francia), mentre invece l’Europa è addirittura ininfluente nella transizione digitale mondiale, che è la forma attualizzata dell’ Apocalisse.
Ad esempio, mentre il Parlamento Europeo annunzia l’accordo sull’Artificial Intelligence Act, vantato a suo tempo come l’unica normativa al mondo sull’ argomento (mentre è risultato che ne esistono, di simili, in almeno 6 Stati del mondo), prosegue negli USA il progetto Neuralink, capitanato da Elon Musk. Obiettivo: perfezionare un chip da impiantare nel cervello umano, apparentemente con lo scopo di assistere le persone con malattie e disturbi neurologici che compromettono il movimento, ma, successivamente migliorando anche abilità cognitive come la memoria e lavorando sulla comunicazione, e, potenzialmente, aprendo la strada alla trasformazione di tutti noi in Cyborg (un essere preconizzato e propugnato da Donna Haraway come il successore dell’ uomo), e, nel contempo, al collegamento di tutti i cyborg in un unico ecosistema digitale centralizzato, che realizzerebbe la fine delle personalità individuali. Sogno perseguito, seppur sottotraccia, nel corso della storia, da vari movimenti culturali, dall’aristotelismo, al neo-platonismo, alla Qabbalah, all’ hegelismo, al marxismo e, attualmente, dall’ “ideologia californiana” della Silicon Valley (Ray Kurzweil).
Il Comitato Medico per la Medicina Responsabile (Physicians Committee for Responsible Medicine) aveva richiesto di porre Neuralink sotto vigilanza per possibili violazioni dei protocolli sanitari, rifiutando la richiesta ricevuta alla fine del 2022 dalla compagnia di Musk per il passaggio alla sperimentazione sugli esseri umani, ma, nel maggio 2023, l’agenzia ha cambiato rotta e autorizzato Musk a proseguire. Ora, il primo chip wireless è stato effettivamente impiantato nel cervello di un soggetto umano, a seguito di una call per volontari rivolta a persone tetraplegiche o con sclerosi laterale amiotrofica.
Cosa può fare l’Europa contro questa ennesima decisione delle autorità americane?
5.Enhancement o Enablement?
Quanto sopra richiede una rinnovata riflessione sull’enhancement, il potenziamento umano attraverso la tecnologia. Se negli ultimi decenni tanto è stato detto sul potenziamento di tipo biologico e genetico (impianto artificiale dell’embrione, isolamento dei geni e tecnologie del DNA ricombinante, rischi dell’eugenetica migliorativa etc.), oggi bisogna fare i conti anche con l’eccezionale possibilità di migliorare le prestazioni umane – andando oltre gli aspetti che consideriamo propri della natura umana –.
Qualcuno afferma che per quest’ ultima, così come per l’invenzione di Neuralink, è necessario tenere fermo il legame con un trattamento terapeutico: l’uso, dunque, sarebbe legittimo solo se destinato a persone con problemi diagnosticati e certificati, esattamente come dovrebbe essere per gli occhiali, le terapie per i disturbi dell’attenzione e… la chirurgia plastica?
Volendo provare a superare l’argomentazione del “solo a uso terapeutico”, un aspetto che ci avvantaggia nel quotidiano è l’enablement, cioè il “rendere possibile un’azione”. Questo concetto è strettamente legato a quello di potenziamento, ma più semplice da accettare perché non implica necessariamente una modifica alle parti costitutive dell’essere umano. Uno smartphone permette (enables) di telefonare a chiunque, ovunque e in qualsiasi momento; oppure uno spazio cloud consente di (enables) avere dati sempre con sé a disposizione. È uno strumento che “sblocca” nuove possibilità, come in un videogame, e proprio così farebbe una neurotecnologia quale quella sviluppata da Neuralink.
Le grandi scelte su questi temi condizionano pesantemente il futuro dell’ Umanità, e pertanto i maggiori soggetti politici, come l’Unione Europea, non possono esimersi dal prendere posizione. Il loro atteggiamento su questo tema costituirà addirittura la prima caratteristica della loro identità, definendola nei confronti degli altri Continenti.
A nostro avviso, l’enhancement “europeo” dovrebbe riallacciarsi alle concezioni tradizionali europee di “educazione”, da quelle classiche di “Paideia” a quelle medievali di ascesi e cavalleria.
7. Superuomo, Punto Omega e Datong
Secondo Nietzsche, “l’Uomo è qualcosa che dev’essere superato”.
Sulla stessa linea, alla fine degli anni ‘90 J. Harris scriveva che “la natura umana è semplicemente la natura degli umani attualmente esistenti. Essa cambia ed evolve continuamente e noi siamo molto diversi dai nostri antenati. I nostri discendenti, se la specie sopravvivrà, saranno diversi da noi in un senso che non siamo in grado di predire. Noi siamo cambiati e possiamo cambiare ancora radicalmente senza per questo cessare di essere umani”.
Proprio qui sta il punto.
“Essere Umani” denota un insieme di caratteristiche (primati intelligenti, dotati di parola, socievoli, gerarchici, religiosi..) che ben conosciamo in quanto coeve alla cultura della comunicazione (linguaggio, riti, miti, linguaggio), e soprattutto per l’era più recente (Età Assiale), a causa della nascita della scrittura (graffiti, rongo-rongo, ideogrammi), che ha consolidato le culture preesistenti.
In questo periodo di alcuni millenni, a noi più noto, le strutture psicofisiche dell’uomo sono cambiate solo in misura modesta (fusione con i geni di altri ominidi, avvicinamento strutturale fra maschio e femmina, diffusione della logica strumentale e della specializzazione, utilizzo di protesi…), e mai in modo così drastico come si prospetta oggi (integrazione uomo-macchina, editing genetico, transessualità).Soprattutto, non si erano mai posti in discussione i concetti di coscienza individuale, di libero arbitrio, di ruoli sociali differenziati.
La presente Grande Trasformazione non può quindi non suscitare un dibattito ed uno scontro molto vivaci.
Tanto per incominciare, tutta l’attuale dialettica sui “diritti”, sull’”eguaglianza” e sul “genere” ha in realtà, come sottofondo, la persuasione che il mutamento antropologico indotto dalle Macchine Intelligenti comporti il superamento, in generale, dei diversi ruoli sociali, e, nello specifico, della riproduzione umana sessuata. Per questo, il “Manifesto Cyborg” di Donna Haraway era stato anche all’inizio un testo fondante del femminismo. Haraway introduceva la figura del cyborg, oggi attuato da Neuralink, che diventa metafora della condizione umana. Il cyborg è al contempo uomo e macchina, individuo non sessuato o situato oltre le categorie di genere, creatura sospesa tra finzione e realtà: «il cyborg è un organismo cibernetico, un ibrido di macchina e organismo, una creatura che appartiene tanto alla realtà sociale quanto alla finzione».
Questa figura permetterebbe di comprendere come la pretesa naturalità dell’uomo sia in effetti solo una costruzione culturale, poiché tutti siamo in qualche modo dei cyborg. L’uso di protesi, lenti a contatto, by-pass sono solo un esempio di come la scienza sia penetrata nel quotidiano e abbia trasformato la vita dell’uomo moderno. La tecnologia ha influenzato soprattutto la concezione del corpo, che diventa un territorio di sperimentazione, di manipolazione, smettendo dunque di essere inalterato e intoccabile.
Di qui l’Ideologia Gender.
Questa considerazione pone in dubbio la tesi tradizionalmente condivisa un po’ da tutti, secondo cui l’etica starebbe al di sopra della storia (i “valori non negoziabili”), ed apre il discorso della “Trasmutazione di tutti i valori”.
Nel corso della storia, gli uomini avevano dibattuto e si erano scontrati su grandi domande circa come debba essere la società ideale (pluralistica=repubblica=politeismo o centralizzata=regno =monoteismo; razionalistica=dispotismo illuminato=progressismo, o “dionisiaca”=comunitarismo=anarchia?).Problemi analoghi, ma più radicali, si pongono ora di fronte alla necessità di rivalutare i fini stessi dell’ Umanità, al fine di decidere sul nostro immediato e lontano avvenire in considerazione dei rischi ed opportunità dell’ibridazione uomo-macchina.
Nietzsche aveva scritto chiaramente che le trasformazioni in corso avrebbero ben presto necessitato una trasformazione esistenziale dell’uomo, stretto fra l’istinto di morte, espresso dalla filosofia schopenhaueriana e dalla musica di Wagner, lontana eredità delle antiche dottrine indiane (jainismo e buddismo), e la spinta all’espansione della vita (quella “Steigerung”, ch’egli definiva “Dionisiaca”, erede del pathos guerriero degli antichi popoli europei-la “bestia bionda”- descritti da Omero, Ippocrate, Erodoto, Giulio Cesare e Tacito).
Oggi, le due versioni del Superuomo, fra le quali occorre decidere, trovano la loro espressione, da un lato, nella teologia di Teilhard de Chardin, e, dall’ altra, nel Neo-Confucianesimo quale implementato dal “Socialismo con caratteristiche cinesi”.
Per Teilhard de Chardin, la transizione digitale nella sua versione più estrema (la Singularity di Kurzweil, che fu probabilmente ispirato proprio dal teologo francese), costituirebbe la Fine della Storia profetizzata dall’ Apocalisse, e coincide pertanto con la seconda venuta di Cristo e con un imprevedibile sviluppo dell’Universo (il “Punto Omega”). Secondo Riccardo Campa, un valido studioso italiano che insegna in Polonia, la Chiesa cattolica, nonostante non abbia ancora tolto l’ interdetto contro i libri di Teilhard de Chardin, è oggi sotterraneamente ispirata dal suo pensiero, come emerge da varie esternazioni dei tre ultimi Pontefici. Alcuni teologi, come Enzo Bianchi, non nascondono il loro desiderio di accelerare l’arrivo dell’Apocalisse, perché quest’ultima sarebbe il compimento della Storia, e, in particolare, della Storia Sacra. Si noti bene che anche l’idea habermasiana del Progetto Incompiuto della Modernità, si pone inaspettatamente in questa direzione, quando parla di “resuscitate i morti”.
Secondo Xi Jin Ping, lo sviluppo tecnologico, in cui la Cina è oggi leader, ha prodotto uno “Xiaokang”, una “società moderatamente prospera”, termine con cui Confucio designava una fase intermedia verso il “Datong”, la “Grande Armonia”, che non è comunque,né un’acquisizione definitiva, né un miraggio per il futuro, bensì un tentativo sempre riproducentesi di “ringiovanire” un’armonia antica. “Quando vigeva la Grande Via, il mondo era condiviso equamente fra tutti. Alle cariche erano nominati i più meritevoli e i più capaci; tutti erano in buona fede ed amavano il prossimo. Tutti consideravano gli altri come propri familiari. Gli anziani vivevano dignitosamente, i capaci trovavano un lavoro ad essi adeguato, i giovani venivano educati, e i vedovi, gli orfani e i malati, venivano curati. Gli uomini avevano ciascuno una propria funzion nella società, e le donne un proprio focolare. Non si lasciavano beni abbandonati, né li si accaparravano per fini privati; non si dissipavano le proprie energie, bensì le si orientavano al bene comune. I crimini si prevenivano; non c’erano, né ladri, né ribelli, così che si potevano lasciare aperte le porte delle case. Era il tempo della Grande Unità (Da Tong).
Ora, la Grande Via è ignorata , e il mondo è accaparrato dai clan. Si trattano come genitori solo i propri consanguinei, e come figli solo i propri rampolli; beni e impieghi sono sfruttati a fini egoistici.Gli uffici e i titoli sono attribuiti in base alla lettera della legge, e la sicurezza viene garantita da mura e fossati. Per disciplinare i rapporti fra il principe e i sudditi, per garantire la pietà filiale fra padre e figlio, la pace fra i fratelli e l’armonia fra i coniugi, per creare istituzioni, amministrare villaggi e tenute agricole, onorare gli eroi e i saggi, e premiare il merito delle persone, si fa ricorso ricorso al diritto e all’ equità. Regnano l’intrigo e il crimine, e si pone mano alle armi. L’Imperatore Yu, i re Tang, Wen, Wu e Cheng, e il duca di Zhou sono stati grandi per questo: hanno adempiuto perfettamente ai riti, hanno praticato la giustizia e agito in buona fede. Si sono opposti agli errori, si sono comportati umanamente e fornito esempi di comportamento impeccabile. Chi non si atteneva a questi principi, veniva destituito e considerato socialmente pericoloso. Questa è l’era della Società Moderatamente Prospera (Xiao Kang).”Dopo lo Xiaokang, la Cina punterà, evidentemente, al Da Tong.
Nessuna di queste teorie arriva al grado di inquietante estremismo messianico dell’idea di Kurzweil sulla Singularity, che vorrebbe essere la fine dell’ attuale universo, qualcosa d’indefinito che, secondo quanto acutamente scritto da Martin Reed, assomiglia (e non solo in senso metaforico) all’ ingresso in un “buco nero”.
Né esiste un progetto concreto veramente alternativo del Superuomo quale “Incremento della vita”, come lo aveva pensato e voluto Nietzsche. Certo, vi assomiglia maggiormente la Cina neo-confuciana (o l’India con la sua Età dell’ Oro che ritorna ciclicamente), perché in quella cultura non c’è la concezione lineare della storia, secondo cui ci sarebbe una meta finale, mentre il Datong può ritornare periodicamente, come l’Eterno Ritorno nietzscheano.
La questione va comunque posta anche in Europa, e con urgenza.
Se l’attuale perseguimento indefinito del progresso tecnologico in parallelo all’ “addomesticamento” dell’uomo prodotto dalle rivoluzioni sociali ,riducendolo a un’appendice passiva delle macchine, proseguirà ancora, si porrà presto una radicale scelta esistenziale: o essere travolti dalla naturale entropia di un mondo di macchine, che, seppure “intelligenti”, seguono protocolli prefissati, e quindi sono incapaci di reale creatività, oppure opporsi a questo mondo macchinico – un conflitto conflitto estremamente distruttivo-.
Un primo assaggio di questo conflitto è stata la rivolta, nel 1983, del Maggiore sovietico Petrov contro l’implementazione automatica del sistema di risposta automatica “OKO”, che avrebbe comportato lo scatenamento immediato della guerra totale. OKO rappresentava un esempio di “Macchina Intelligente”, che reagiva disciplinatamente ai segnali di attacco nucleare, seguendo pedissequamente le direttive del PCUS, tradotte in un protocollo dell’ esercito; Petrov, l’”eroe” umano, che, forte della propria intelligenza, della propria competenza, del proprio coraggio, della propria assertività e della propria etica professionale, si opponeva da solo a questo apocalittico complesso cibernetico.
A nostro avviso, il background sotterraneo della Guerra Mondiale a Pezzi, oggi in corso, è proprio una contrapposizione, per quanto non dichiarata, fra queste (e simili) diverse interpretazioni del Superuomo, e, come tale, può costituire veramente l’avvio di quella guerra fra uomini e macchine adombrata in molte opere di fantascienza.
Il fatto che, a Musk, sia stato ora permesso di realizzare in concreto il suo cyborg dimostra che gli Stati Uniti continuano, nonostante oscillazioni, a considerarsi paladini e tutori dei progetti postumanistici e/o transumanistici, dei GAFAM, che, coerentemente con quanto scritto da Schmidt e Cohen, costituiscono un irrinunziabile strumento per il controllo, da parte degli Stati Uniti, se non più del mondo intero, almeno dei loro satelliti. Per questo motivo, le forze che si oppongono agli Stati Uniti sui diversi scacchieri costituiscono obiettivamente degli ostacoli al libero dispiegamento dell’ “America-Mondo”(Valladao), e quindi al completamento del Progetto incompiuto della Modernità con la creazione della Singularity.
8.Al di là degli approcci settoriali
Di fronte al carattere onnipervasivo ed esistenziale della transizione in corso, qualunque approccio settoriale risulta inutile e, addirittura, mistificante.
Le trattative in corso a livello mondiale sulla disciplina internazionale dell’Intelligenza Artificiale non possono partire che dall’urgenza di prevenire lo scatenamento della Terza Guerra Mondiale, attraverso i meccanismi di escalation digitale che sono ancora, nella sostanza, quelli della “Dead Hand”, che, per garantire la Mutua Distruzione Assicurata, delegano ai computer lo scatenamento del “Second Strike” finale. Solo attraverso una limitazione bilanciata degli automatismi dell’escalation si può evitare che la guerra nucleare si scateni nel giro di pochi secondi.
Tuttavia, quel problema non è che un granello di sabbia in un grande oceano. Dobbiamo infatti affrontare nello stesso tempo vari altri fenomeni epocali indotti dall’ avvento delle Macchine Intelligenti:
–la Sorveglianza di Massa, che permette già ora di eterodirigere centralmente (attraverso i social, la propaganda, la censura, il “credito sociale”, gli impianti neurologici, l’editing genetico) il comportamento di miliardi di persone, distruggendo completamente il concetto di “libero arbitrio”, e, con esso, tutte le forme di libertà;
-la transizione fra il dispotismo temperato degl’imperi tradizionali (Qing, Raj Anglo-Indiano, Ottomano, Russo..) e quello “duro” degli autoritarismi attuali (PRC, Corea del Nord, Iran, Monarchie islamiche);
-quella fra democrazie “rappresentative” e dittature tecnologiche in preparazione della “guerra fra democrazie e autoritarismi” (in America, il Patriot Act; nella UE , i reati di opinione e la censura sui social; in Russia, le restrizioni alla libertà, tipiche del diritto bellico, connesse all’Operazione Militare Speciale; in Turchia, le repressioni residue dopo il colpo di Stato gulenista; in Italia, il progetto di premierato).
Per questo motivo, strumenti legislativi quali l’Artificial Intelligence Act, che puntano tutto su un solo aspetto (l’”Intelligenza Artificiale” in senso stretto), e si basano su una concezione troppo limitativa dei diritti tutelati, sono insufficienti e generano, più che altro, confusione.
E’ necessario ora, sfruttando le trattative riservate in corso fra USA e Cina, avviare un dibattito a più livelli, che colleghi i vari aspetti della complessissima materia della disciplina internazionale del digitale con una riforma generale dell’ Europa secondo le direttrici indicate da Galli della Loggia e da Cardini. Nel fare ciò, il contributo degli intellettuali critici, potrebbe rivelarsi prezioso, a condizione ch’essi inquadrino coerentemente le loro considerazioni e proposte non già in un mondo astorico, o superato dagli eventi, bensì nel reale contesto storico di oggi, dominato dalla guerra tecnologica in corso, e dalla tentazione, un po’ di tutti, di vincerla con il sussidio delle Macchine Intelligenti (Manuel De Landa).