Ucraina 2014: no a un’inutile strage
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La Süddeutsche Zeitung del 18 settembre ha riferito con grande rilievo di minacce di Putin a Poroshenko (riportate a sua volta a Barroso) nei loro recenti colloqui circa la capacità, dandosene il caso, da parte dell’ esercito russo, di avanzare in Europa Centrale fino alle principali capitali nel giro di un paio di giorni. Indipendentemente dal se il fatto sia realmente avvenuto, esso dà il senso del clima drammatico di questi giorni, in cui, come ha affermato il Sommo Pontefice, è in corso una vera e propria Guerra Mondiale. Che altro sono, infatti, la guerra civile continua nell’ Africa subsahariana, in Libia e in tutto il Medio Oriente, la violenza generalizzata in Ucraina, la destabilizzazione sistematica dei territori ostili mediante “covert operations”, le uccisioni impunite con i droni, la mobilitazione, da parte di tutti gli Stati, di infinite milizie private, le continue manovre militari in Europa Centrale e Orientale e in Estremo Oriente, la corsa a nuovi micidiali armamenti, come i missili ipersonici, i sommergibili superveloci e i cacciabombardieri di 6° generazione?
Il conflitto in Ucraina, per quanto importante per tutte le parti in causa, è solo uno dei tanti segmenti di un conflitto ben più generalizzato, che oppone, da una parte, un “sistema occidentale” oramai chiaramente orientato verso una società globale sotto il controllo tecnocratico, e un insieme di Paesi afroasiatici e sudamericani che rivendicano le loro specifiche culture, nel nome delle quali non accettano di inserirsi nel “sistema globale”. Mentre la “leadership” del “sistema occidentale” sembra oramai assunta dal Complesso Informatico militare, che impone allo Stato americano la propria agenda, fondata sul postumanismo, sul controllo totale e sull’ “ideologia gender”, la resistenza antiglobalistica trova il suo nocciolo duro in una Cina che è passata, in 50 anni dagli eccessi messianici della Rivoluzione Culturale a una sostanziale rivalutazione della società cinese tradizionale.
Qualcuno ha affermato che il conflitto attuale è più grave che non quello dei tempi della “Guerra Fredda”. Infatti, quest’ultima si svolgeva fra due forze che condividevano un orizzonte “modernistico”, di passaggio dalla società contadina a quella industriale. Oggi, si sfidano due prospettive della postmodernità che divergono in modo sempre più sostanziale: da un lato, la sostituzione dell’ uomo con le macchine, dall’ altro il rilancio di un umanesimo fondato su virtù “tradizionali”(i “valori asiatici”). Ambedue le tendenze hanno i loro profeti: per il Direttore di Google, Ray Kurzweil, l’Umanità non sopravviverà come tale oltre il 2100(sostituita dal software),mentre, per il sociologo inglese Martin Jacques, “la Cina governerà il mondo” fra qualche decennio.
L’Europa e la Russia si trovano nel mezzo di questo storico conflitto e sono sempre più condannate a prendere posizione. Ricordiamo soltanto che l’ Unione viene “stiracchiata” fra gli USA e la Cina per la firma di due paralleli, ma in fondo opposti, trattati commerciali, e che ambedue i Paesi fanno a gara ad acquisire quote delle nostre imprese (Alstom, Nokia, Volvo, PSA) come pegni di alleanza. L’oscillazione dei rapporti fra Europa e Russia è stata condizionata, fra l’altro, da questo più generale conflitto.
Ricordiamo, intanto, che, contrariamente a quanto avvenuto per gli altri grandi imperi europei, il “crollo dell’ Unione Sovietica” era avvenuto in modo assolutamente pacifico. Più che di un “crollo”, si dovrebbe parlare di una disgregazione. Infatti, nel momento stesso in cui le maggiori repubbliche avevano deciso, a Minsk, lo scioglimento dell’Unione, avevano creato, simultaneamente, una più elastica “Comunità di Stati Indipendenti”. A nostro avviso, l’elemento determinante di quella trasformazione era stato costituito dall’ abbandono del carattere rigidamente ideologico, di un’Unione che, già nella sua definizione, si qualificava come “socialista” e “sovietica” mentre i successivi Mercato Comune Eurasiatico e Unione Economica Eurasiatica raccoglievano l’ eredità dell’ Unione Sovietica , caratterizzandosi però per il fatto di avere imitato, addirittura pedissequamente, il Mercato Comune Europeo e l’ Unione Europea, inserendosi, così, perfettamente nell’ idea del Movimento Federalista Europeo di un Federalismo Mondiale. La partecipazione, tanto dei Paesi Membri della UE, quanto di quelli della Confederazione di Stati indipendenti, al Consiglio d’Europa e all’ OCSE avrebbe dovuto garantire la cooperazione, e la successiva integrazione, fra le due aree.
1.Il tradimento del “Dissenso” e della “Casa Comune Europea”

Purtroppo, le promesse che erano state all’origine di quella trasformazione erano state poi tradite, non già dagli “ex-sovietici”, bensì dall’ Occidente.
Già nel 1956, al momento della “destalinizzazione”, Sol’ženicin aveva lanciato il forte messaggio di una Russia profonda, tradizionale e religiosa, che non si era mai piegata alla dittatura di Partito; tuttavia, mentre Sol’ženicin era divenuto famoso in Russia, proprio in Occidente veniva oscurato e isolato. Anche l’idea di Ivanov-Razumnik, di un’ Europa che “respira con i suoi due polmoni”, ripresa energicamente da Giovanni Paolo II, veniva stravolta e contraddetta da una Polonia sempre più lontana dagli ideali di Solidarność, la quale aveva aderito pedissequamente a quel capitalismo che lo stesso Pontefice aveva definito come “una struttura di peccato”. Neppure l’URSS di Gorbaciov veniva aiutata a costruire la “Casa Comune Europea” (ch’essa proponeva sulla falsariga del Consiglio d’ Europa e dell’idea di Mitterrand di una “Confederazione Europea”), bensì fatta crollare con il rifiuto di un serio aiuto economico. Al Parlamento Europeo, El’cin non veniva neppure lasciato parlare, mentre l’ Occidente fomentava la disgregazione della ex-Jugoslavia e sosteneva politicamente l’aggressione dei guerriglieri islamici internazionali wahhabiti all’ Inguscezia e al Daghestan, “vendutaci” come una guerra d’indipendenza del popolo ceceno. Infine, si demonizzava un Putin che, per la prima volta in Russia, si reggeva su un Parlamento democraticamente eletto e funzionante; si negavano alle minoranze russofone o russofile i normali diritti,e si sostenevano finanziariamente movimenti antirussi nelle Repubbliche e perfino in Russia.
Nonostante tutto ciò, ancora nel 2006, in occasione delle celebrazioni dei 50 anni dell’ Unione Europea, Putin, unico fra i Governanti europei, aveva rivendicato orgogliosamente, sulla prima pagina de La Stampa di Torino, il suo essere europeo in quanto pietroburghese, e aveva lodato l’Unione Europea come il massimo successo politico del 20° Secolo. Lo stesso Putin, dinanzi alla Confindustria tedesca (BDI), si era proposto di completare l’unificazione europea, così come Kohl aveva completato quella tedesca. Non parliamo di molti anni di cooperazione con la NATO e con gli Stati Uniti per la lotta al terrorismo, culminati con la Partnership Russsia-NATO, suggellata nel 2004 a Pratica di Mare.
Come risposta, l’Occidente, lungi dal far partecipare la Russia alle sue attività, e regolamentare almeno in modo ragionevole le questioni più urgenti, come quelle dei sistemi antimissile e dei visti, organizzava l’aggressione georgiana all’ Ossezia del Sud, massacrando senz’alcuna ragione la popolazione di Tskhinval.
Infine, nell’ultimo anno, proprio mentre si preparavano e si svolgevano le Elezioni Europee, i rapporti fra l’Europa Occidentale e l’Unione Eurasiatica non facevano che deteriorarsi. Non dimentichiamo infatti che, proprio mentre si stava organizzando la firma del Trattato Istitutivo dell’ Unione Economica Eurasiatica, sopraggiungeva la polemica, in gran parte strumentale, con cui era stata lanciata, dagli Stati Uniti, una campagna per il boicottaggio delle Olimpiadi di Soci, motivata da presunte leggi omofobe della Russia: una campagna talmente pretestuosa, che, non appena si sono trovati argomenti più sostanziosi per contendere, vale a dire l’annessione della Crimea, la rivolta del Donbass o l’abbattimento del Boeing malese, è stata immediatamente abbandonata.
E, in effetti, è sempre stato tipico del “Russia Bashing” (la “denigrazione della Russia”),il fatto di proseguire nei secoli senza curarsi dei mutati scenari : Ivan il terribile era troppo accentratore; Alessandro I troppo idealista; Stalin troppo crudele; Gorbačëv troppo generoso; E’lcin troppo debole, e così via…. Come avrebbe detto una volta Prodi a Putin, il vero problema è che “la Russia è troppo grande”…Ma, purtroppo, la Russia esiste, è incuneata fra la Finlandia, la Svezia, la Lituania, la Polonia, l’Ucraina,il Caucaso…per non parlare dell’Artico, dell’ America e della Cina! Di conseguenza, è uno degli aspiranti naturali alla leadership sull’ Europa, non diversamente dalla Germania, dall’ Inghilterra e dalla Francia. L’ideale, per qualcuno, sarebbe perciò, quello di spezzettare ulteriormente la Russia, con la Ciscaucasia e gli Urali mussulmani e una Siberia autonoma, e di restituire le industrie energetiche agli oligarchi, in modo da poter integrare questi scampoli impoveriti e indeboliti nell’ Unione Europea come soggetti passivi, così come le ex repubbliche jugoslave.
2.La Russia, epicentro di un “Nuovo Conservatorismo”?

D’altro canto, da parte della Russia, la sfida è stata non solo accettata, bensì anche rilanciata. Visto che la Russia occidentalista e dimessa di Gorbaciov e di El’cin non era stata ammessa nel “salotto buono” dell’ Europa, e, tanto meno, nella UE, l’opinione pubblica, la cultura, la politica e, per ultimo, la presidenza stessa , della Russia, hanno sviluppato negli anni una dottrina che possa dare alla Russia una ragion d’essere in questa fase di attesa dell’auspicata integrazione. La questione non è nuova. Già all’ inizio del XX° Secolo, il poeta Alexandr’ Blok aveva formulato la questione con rara efficacia, concludendo con una retorica domanda all’ Europa:“Per l’ultima volta rifletti, vecchio mondo/all’abbraccio fraterno di lavoro e di pace/Per l’ultima volta ti chiama questa barbara lira al luminoso abbraccio fraterno!”.
In sostanza, i Russi sono tornati alla visione “Eurasiatica”, cara agli Slavofili e all’emigrazione “bianca”, secondo cui la Russia non sarebbe, né europea, né asiatica, bensì l’erede dell’ impero intercontinentale di Cinghis Khan, esaltato da Marco Polo. In tal modo, però, essa è anche il tramite, verso l’ Europa, dei “Valori Asiatici”. Essa tende automaticamente, da un lato, a imitare la Cina, e, dall’ altro, a influenzare gli Europei.
Nel discorso del 13 Dicembre del Presidente Putin sullo Stato della Federazione, da un lato, si confermava l’ostilità del Presidente alla “cultura gender”, e, dall’ altro, si preannunziava la nascita dell’ ampia convergenza, intorno alla Russia, de movimenti conservatori europei. Convergenza che è poi effettivamente avvenuta, con precise prese di posizione a favore della Russia di movimenti anche molto diversi fra di loro, come per esempio lo UKIP inglese, il Front National francese, FIDESZ e gli Yobbik ungheresi, la Lega Nord, Forza Italia e Fratelli d’Italia (oltre che di partiti di altro orientamento, come per esempio il Movimento 5 Stelle), nonché con l’affluire, nel Donbass, di volontari europei filorussi (il battaglione “Continente Unito”), che controbilanciano quella dei volontari filo-ucraini che si arruolano nelle truppe speciali di Kiev .
Divenivano così, almeno parzialmente, più chiare le ragioni del contendere fra la Russia e l’ “Occidente”. Queste sono, come accennato, solo parte del conflitto più vasto fra le “lobby” tecnocratiche occidentali e le tendenze culturali di fondo dell’ Asia, dell’ Africa e dell’ America Latina, anche al di là dei BRICS. Mentre l’”Occidente”, sospinto dall’industria informatica e dalle élites “liberal”, persegue una globalizzazione livellatrice, preludio di una rivoluzione biopolitica volta a travolgere le tradizioni dell’ “Umano naturale”, i grandi Paesi dell’ Asia, indipendentemente dalle loro radici culturali e religiose, propendono invece per la difesa di tradizioni e diversità. Con il ritrarsi della grande ondata modernistica del XX Secolo, si riaffacciano colà le tradizioni religiose e filosofiche, e si rivaluta la continuità culturale dei grandi Imperi: cinese, giapponese, indiano, islamico, incaico, ispanoamericano; Confucio, Maometto, Shivaji, De Las Casas, Perón.
La Russia, posta, com’è, a cavallo fra la Russia e l’ Asia, non può fare a meno di partecipare a questo dibattito, che, tra l’altro, è in corso in Russia con esiti non ancora ben definiti. A cui, infine, non sono neppure estranee, seppur volendolo, le nazioni confinanti con la Russia, che pure hanno spesso avuto, con quest’ultima, intermittenti contenziosi. Così, per esempio, l’Ungheria ha eliminato, dalla sua costituzione, ogni riferimento alla “repubblica”; ha sancito costituzionalmente il carattere eterosessuale del matrimonio; ha riabilitato l’Ammiraglio Horty; ha riaffermato la sua simpatia non solo per la Russia, ma anche per “i popoli turanici”. Ma perfino l’Ucraina, che si vorrebbe radicalmente alternativa alla Russia, si riallaccia ai Cosacchi, alla Confraternita Cirillo-Metodiana, alle organizzazioni ultra-nazionaliste della seconda Guerra Mondiale (cosa che ha suscitato non poche preoccupazioni, soprattutto dopo la strage di Odessa che ha riecheggiato sinistramente i pogrom di quella città).
Le lobby culturali e politiche dell’ Occidente, che hanno prosperato grazie miti dell’ irreversibilità del socialismo, e, poi, del liberismo, non possono non osservare con agitazione questi inattesi sviluppi, ed aggrapparsi più che mai al loro sogno di un dominio tecnologico assoluto, che metta la loro egemonia al riparo da questa crescente marea.
3.Gli scontri e la rivolta

Come noto, durante le Olimpiadi , il movimento dell’ Euromaidan, tradizionalista quanto e più dello stesso mainstream culturale e politico russo e dell’ Ucraina Orientale, ma sostenuto, per i motivi di cui sopra, dalle lobby occidentali, riusciva a ottenere, con la violenza di piazza, la fuga del Presidente ucraino in carica e l’adozione d’urgenza di una nuova legislazione antirussa che, a sua volta, propiziava la secessione della Crimea e la rivolta nel Donbass. Si arrivava così alla guerra civile in Ucraina e alle sanzioni occidentali contro la Russia.
Nella sua paradossalità, la situazione così creatasi costituisce un esempio eloquente dell’insufficienza dell’attuale costruzione europea. L’Unione Europea e l’ Unione Eurasiatica, fondate sugli stessi principi e raggruppanti i Paesi del Consiglio d’ Europa e dell’OCSE, anziché cooperare fra di loro, come deriverebbe dai loro atti costitutivi, si considerano oggi come due blocchi ideologici e militari contrapposti, e tentano reciprocamente di destabilizzarsi, per “rubarsi” reciprocamente gli Stati Membri. Così, i Paesi dell’Europa Centro-Orientale, dal Golfo di Finlandia al Mar Caspio, che potrebbero e dovrebbero costituire una “cerniera” fra le due Unioni, dove dovrebbero trovare collocazione (in città piene di significato storico e simbolico, come Riga, Königsberg, Danzica, Varsavia, Cracovia, Budapest, Kiev, Odessa, Baku), delle istituzioni comuni, sono divisi da feroci odi civili e sono sempre sull’orlo di una guerra civile (Armenia contro Azerbaidzan, Moldova contro Transnistria, Georgia contro Abkhazia, Khadyrovcy contro wahhabiti, baltici e ucraini occidentali contro russofoni locali, polacchi contro russi, serbi contro mussulmani, sunniti contro shiiti, ecc..) .

4. La messa in forse della pace in Europa
Intanto, gli Stati Uniti, che ben poco hanno a che fare con le dialettiche interne dell’ Europa, intervengono invece pesantemente in fatti come la formazione del Governo Ucraino, la guerra civile in Ucraina, ma perfino i referendum in Inghilterra. Le divisioni interne fra gli Europei (fra i Paesi dell’ Europa Centrale e Orientale e i Russi, fra le maggioranze cosiddette “titolari” e le minoranze etniche, fra l’ Europa Continentale e il Regno Unito, fra l’ Europa Settentrionale e quella Meridionale) paralizzano i relativi processi decisionali.
Il caso dell’ Ucraina dimostra poi anche che, come un po’ tutti stanno oramai rilevando, la pretesa dell’ Unione Europea di avere costituito la base della pace in Europa sta oramai mostrando parecchio la corda, giacché risulta oramai evidente anche nei fatti di tutti i giorni che ciò che mantiene la pace fra l’ Europa Occidentale e la Russia è ancora la “mutua distruzione assicurata” garantita dai missili nucleari russi e americani (e dalle nuove armi come i “Glider” spaziali). E, infatti, non appena si esce dalle “linee rosse” tracciate dalle Grandi Potenze, la guerra ricomincia, eccome, come è avvenuto nei Paesi Baltici, in Ucraina e in Grecia dopo la IIa Guerra Mondiale, a Cipro negli Anni ‘70, nel Caucaso, in Moldova, nella ex-Jugoslavia alla fine del secolo scorso, e, ora, in Ucraina. Non per nulla i vari Paesi sono entrati, prima, nella NATO, e, poi, nell’Unione Europea.
Quelle “linee rosse” sono così essenziali per l’equilibrio mondiale, che la guerra in Europa Centro-Orientale può trasformarsi in ogni momento in una guerra totale. Basti pensare alle infinite esercitazioni, anche nucleari, effettuate, negli ultimi mesi, tanto dai Russi e dai Cinesi quanto dagli Americani, dai Baltici, dai Balcanici, dai Giapponesi, Coreani, Filippini… e Italiani, in tutte le regioni della Russia, nel Baltico, nel Mar Nero e nel Mar della Cina. Come ha affermato su Limes il sottosegretario Pistelli, “Nella terza guerra mondiale noi Italiani siamo in prima linea”.

5. Concreti passi nella direzione della III Guerra Mondiale.
Ricordiamo soprattutto che, nello scorso Luglio, come rivelato dalla catena televisiva cinese CCNTV, la Marina Militare Italiana ha inviato, senza per altro dirlo a nessuno, due sue navi, insieme a quelle americane, a fronteggiare nel Mar Nero la flotta russa. L’8 maggio scorso, poi, l’Arma Missilistico-Spaziale Russa aveva addirittura simulato, alla presenza dei Presidenti dell’ Unione Eurasiatica, l’abbattimento di missili nucleari americani lanciati contro la Russia. Infine, la presenza di combattenti americani e polacchi nell’ esercito di Kiev, e di quelli di tutta Europa nel battaglione “Continente Unito” del Donbass, come pure di ben 500 Inglesi nell’ esercito dell’ ISIS, e, infine, la recentissima proposta di Cameron di un corpo d’armata internazionale contro il Donbass, dimostrano che sta avviandosi la quarta fase della Guerra Civile Europea di cui parlava Ernst Nolte. La prima era stata quella fra i rivoluzionari e le monarchie europee nel 700-800; la seconda quella fra l’Intesa e gl’Imperi centrali (la “Prima Guerra Mondiale”); la terza quella fra l’Asse e le Nazioni Unite (gli “Alleati”). Quest’ultima è la guerra fra il Complesso Informatico-Militare occidentale e le forze anti-globalizzazione dell’ Eurasia.
Anche in quest’ultimo caso, i venti di guerra in Europa sono solo un’ eco di ben più inquietanti sviluppi in Estremo Oriente, dove , in risposta al “Pivot to Asia” di Obama e della linea revanscista del Governo giapponese, l’Esercito Popolare Cinese sta approntando una panoplia di armi micidiali che non hanno corrispettivi in nessun altro Paese, e che stanno ponendo fine alla “Mutua Distruzione Assicurata”: dai missili ipersonici ai cacciabombardieri di 6° Generazione.
Intanto, in Europa, mentre l’Occidente è in preda a un’isteria anti-russa, per cui qualunque male, o preteso tale, dall’omofobia alla caduta dell’ aereo malese, viene attribuito a Putin, l’esercito ucraino sta bombardando ininterrottamente le città del Donbass, mietendo migliaia di vittime, con centinaia di migliaia di civili fuggiti in Russia-. In questo Paese, le più svariate organizzazioni invocano, e comprensibilmente, politiche più energiche contro l’ Occidente, come la rivendicazione, da parte di Žirinovski (più di 10% di voti alla Duma di Mosca), di tutte le infinite terre dell’ex Impero zarista; il ritorno, chiesto da Dagtariev, alla bandiera monarchica; il divieto, proposto dal Maresciallo Šojgu, del negazionismo consistente nel non riconoscere il ruolo dell’ esercito sovietico nella vittoria sul nazismo.
Infine, la guerra commerciale fra Russia e Occidente sta distruggendo quel poco che resta della decaduta prosperità europea, permettendo all’America di imporci il TTIP e alla Cina e agli Emiri arabi di acquistare le nostre industrie strategiche, mentre i Governi, gli economisti e le imprese non sanno neppure che cosa dire per nascondere le vere cause della nostra rovina.Che non viene certo scongiurata dalle timide e tardive manovre della BCE.
5. Il ritorno dello “spirito del 1914”
Le similitudini con il 1914 sono impressionanti. Perfino all’ interno del Parlamento Europeo, lo scontro fra parlamentari antirussi e filorussi è stato così forte, da aver fatto parlare a qualcuno di uno “spirito del 1914”. E, in Bosnia, mentre a Sarajevo si celebrava l’ Arciduca Ferdinando, a Sarajevo Est, commemoravano Gavrilo Princip, a Banja Luka, Nicola II e, a Višegrad, Ivo Andrić.
Questo singolare “ritorno al 1914” ci obbliga a riflettere criticamente sul nostro passato, ben più approfonditamente ed energicamente di quanto stiano facendo la cultura e la politica “mainstram”. E non solo sulle frenesie nazionalistiche di un Mann, di un Churchill, di un Croce, di un Marinetti, dei partiti socialisti, e perfino di Don Sturzo e di Murri; non solo sull’opportunismo di Mussolini che, da antibellicista, divenne interventista per effetto dei fondi segreti del Parlamento Inglese, con i quali finanziò il suo “Popolo d’ Italia”; ma anche e soprattutto all’impotenza dell’imponente schieramento antibellicista, composto dalla Chiesa, dalle Case Regnanti (tutte imparentate fra di loro e minacciate dall’ ondata plebea dell’ interventismo), dagl’intellettuali elitari mitteleuropei (“die guten Europäer”, come Stefan Zweig, Romain Rolland e Bertha von Suttner). Nonostante la forza delle potenze internazionali che volevano la guerra, quel fronte avrebbe potuto imporre la pace, se non altro facendo leva sui residui poteri dinastici e sul prestigio sociale ancora intatto di Papi, Imperatori e “gentlemen”. Papa Benedetto XV aveva parlato di “Inutile Strage”; Nicola II aveva tentato di evitare la guerra con il ricorso al Tribunale internazionale dell’ Aia, da lui ideato e promosso; Rolland aveva scritto il più famoso “romanzo pacifista”, Jean-Christophe e il “pamphlet” antimilitarista “Au dessus de la melée”.
Oggi, contrariamente ad allora, il fronte del “no” alla guerra gode anche una sanzione democratica. Almeno in Italia, alle ultime Elezioni Europee, l’insieme dei partiti contrari alla Russia (Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia, Movimento 5 Stelle, Lista Tsipras), ha totalizzato più della metà dei voti. . E’ chiaro che l’attuale polemica contro la candidatura Mogherini è stata legata a questa problematica, e si spiega benissimo perché l’iniziativa della lettera aperta contro quella candidatura sia stata orchestrata dal finanziere americano Soros.
6. Intervenire sulle nostre Autorità
Oltretutto, l’insistere sulle sanzioni reciproche con la Russia provocherebbe anche la definitiva catastrofe per un’economia europea, e, soprattutto, italiana, più traballante che mai. Le più recenti statistiche certificao l’impatto devastante già di ciò che è stato fatto, che ha portato ad un’ulteriore decrescita, per nulla frenata dal “Tlro” di Draghi. E, fra le ragioni di questa mancata ripresa, c’è proprio il fatto che, anziché rilanciare l’export verso i BRICS, qui (senza che i rafforzati scambi con la Cina possono fornirci tempestivamente un adeguato contrappeso) si contraggono invece gli scambi con il nostro principale partner commerciale. Con cui abbiamo joint ventures strategiche come quelle nei settori energetico, aerospaziale e della difesa. A questo punto, non ci resta che vendere tutto agli stranieri per fare disperatamente cassa: Avio, Alitalia, SNAM, SAIPEM, Indesit, Ilva, Telecom, più il 2,5% alla Cina di tutte le grandi quotate.
In realtà, un rilancio dell’ economia europea, e italiana in particolare, sarebbe possibile, a nostro avviso, solo sciogliendo i “lacci e lacciuoli” che ci legano all’America, e integrandoci, ancor più profondamente di quanto stia avvenendo, con l’economia eurasiatica in pieno boom. Una riedizione, per altro, delle scelte che erano costate la vita a Enrico Mattei.
Il Presidente ucraino Poroshenko e quello russo Putin si sarebbero accordati, nei giorni scorsi, su un “Piano in 12 Punti” per la pace in Ucraina, basato sul cessate il fuoco e la nuova legge ucraina sull’autonomia del Donbass. Auguriamo tutto il successo possibile, anche se notiamo che, a oggi, “la tregua non regge”, ma, soprattutto, che manca un quadro d’insieme che motivi veramente russi e ucraini a percorrere una strada pacifica, anziché quella militare. Tra l’altro, avvicinandosi l’ inverno, si sta per aprire, come tutti gli anni, il fronte del gas, e la Russia sta inoltre minacciando nuove sanzioni, contro le industrie automobilistica e aerospaziale.
A questo punto, la cosa più urgente sarebbere scendere in piazza per incitare il nuovo Alto Commissario alla Politica Estera e di Difesa, Federica Mogherini, a lanciare immediatamente un percorso di pace europeo, che valga almeno per l’ Europa Orientale e per il Medio Oriente, capace di disinnescare i conflitti in corso.Esso, a nostro avviso, dovrebbe essere fondato sui seguenti punti:
i)un congresso permanente delle culture e delle confessioni religiose dell’Europa e del Medio Oriente, destinato ad appianare a monte, con il dialogo, i maggiori conflitti (“l’ONU delle Religioni”, lanciata recentemente dall’ ex Premier israeliano Shim’on Perez);
ii)lo spostamento dell’ OCSE e del Consiglio d’ Europa a Kiev, che diverrebbe così la capitale di un’ Eurasia pacificata, così come avrebbe dovuto significare il termine “Euromaidan” (che è medio-orientale);
iii)la garanzia internazionale della neutralità dell’ Ucraina, della Moldova, della Georgia, dei Balcani Occidentali e del Medio Oriente;
iv)la federalizzazione dell’Ucraina, della Moldova e della Georgia;
v)la concentrazione delle rappresentanze al Consiglio d’ Europa e all’ OCSE sull’Unione Europea e dell’ Unione Economica Eurasiatica;
vi)un’Associazione del Medio Oriente con l’ Unione Europea, sulla falsariga dell’ Accordo di Lomé;
vii)la garanzia effettiva degli standard europei dei diritti delle minoranze, tanto nella UE, quanto nell’ Unione Eurasiatica che in Medio Oriente.
Solo così l’Italia e l’ Europa dimostrerebbero, al contempo, di essere depositarie di una visione del futuro, di saper prendere il controllo dei grandi movimenti internazionali e di essere fermamente intenzionate a porre sotto controllo gli sviluppi distruttivi della globalizzazione.
L’e.book “UCRAINA 2014, No a un’inutile strage”, della Casa Editrice Alpina, a cura dell’ Associazione Culturale Diàlexis”, è in vendita presso UltimaBooks (http://www.ultimabooks.it/ucraina-2014).
Essa fa parte della serie “Quaderni di Azione Europeista” (http://www.ultimabooks.it/search/result/?q=Alpina+srl), che trattano, in forma snella e con un approccio anticonformistico, argomenti di politica, cultura ed economia europee.