(Perché ne è sempre stata parte integrante ed essenziale)
La recente notifica ufficiale, da parte dell’ Italia, dell’“uscita dell’Italia dalla Via della Seta” costituisce l’ennesimo caso di dichiarazione formale dei successivi Governi italiani che non ha avuto alcuna portata pratica, ma è servita unicamente a scopi propagandistici (e per calmare le pressioni internazionali).
1.”YI DAI, YI LU” (“Una rotta, una Via”)
Intanto, la “Nuova Via della Seta” non è un organismo giuridico da cui si possa “uscire”, bensì una situazione di fatto, in cui, grazie all’ impegno della Cina, si stanno migliorando, dal 2013, le comunicazioni all’ interno del “Vecchio Mondo”, e, in particolare, all’ Eurasia, in modo da assecondare il rapido sviluppo delle economie est-asiatiche, con reciproco vantaggio per quelle di altre parti del mondo. Quest’ impegno della Cina, che fa parte delle politiche strategiche del Partito Comunista Cinese (che l’ha menzionato perfino nel suo statuto), non è chiamato, in Cinese, “Via della Seta”, termine inventato nell’800 dal barone prussiano von Richthofen ed utilizzato nel 2010 da Hilary Clinton per designare un progetto americano, bensì “Yi Dai, Yi Lu” (“Una Rotta, una Strada”: l’una marittima, l’altra terrestre).La Cina non nasconde gli obiettivi geopolitici del progetto, che fa parte del più articolato sforzo oggi in corso per la sostituzione, all’ attuale Ordine Mondiale incentrato sugli USA, di un nuovo ordine multipolare, intorno ai BRICS e alla Shanghai Cooperation Organisation.
Uno strumento giuridico specifico per realizzare il progetto però esiste, ed è costituito dalla Asian Infrastructure Investment Bank, con sede a Pechino, al cui capitale partecipano praticamente tutti i Paesi del mondo (ivi compresa l’Italia, e tranne gli Stati Uniti), e da cui nessuno è uscito, tanto meno l’Italia.
2.Il Memorandum of Understanding
Il Memorandum of Understanding firmato nel 2019 da Di Maio, e ora non rinnovato, aveva un contenuto puramente programmatico, ed era simile a quelli firmati da buona parte dei Paesi del mondo, con la sola importante eccezione dei più stretti alleati degli USA. Per questo la firma italiana aveva suscitato tanto scandalo, essendo esso una delle rarissime “disobbedienze”, per quanto solo formali, ai desiderata USA, come l’ormai lontana operazione di Sigonella.
Di per sé, il MOU si limitava a indicare alcuni generici progetti comuni, divenuti poi molto meno numerosi, e meno interessanti, nel corso delle trattative, perché i progetti più seri, per esempio, nel settore delle nuove tecnologie, erano stati tolti, dall’ Italia, dal MOU, su pressione degli Stati Uniti. Oggi, è assurdo che coloro che attaccavano il protocollo perché “pericoloso” oggi lo critichino perché non ha raggiunto risultati apprezzabili: in primo luogo perché non era orientato all’ export, bensì allo sviluppo globale della cooperazione, e, in secondo luogo, perché è stato boicottato proprio da quegli stessi che ora o criticano. Si noti che, contemporaneamente, altri Paesi occidentali (fra i primi, la Francia), pur senza firmare un MOU, avevano avviato programmi miliardari, molto concreti, come la vendita di molti Airbus alla Cina. Affari che sono tutt’ora in corso. La Germania ha con la Cina i rapporti economici più stretti visto che le sue maggiori imprese automobilistiche sono oramai proprietarie al 100% delle loro fabbriche cinesi, e realizzano in Cina la maggior parte del loro fatturato.
Più che l’”uscita dell’ Italia dalla Via della Seta”, sono stati disturbanti, per l’economia europea, gli ostacoli generali all’ interscambio euro-cinese, come il boicottaggio della tecnologia 5G, detenuta dalla Huawei, lo scombussolamento, apportato dal legislatore italiano, agli accordo con Huawei e ai patti fra Tronchetti Provera e il socio cinese di maggioranza nella Pirelli, l’indagine, in corso, della UE sugli aiuti di Stato all’ industria automobilistica cinese (che attualmente agevolano Mercedes, BMW e Volkswagen, fondamentali produttori cinesi, e i componentisti italiani loro fornitori), e, che possono preludere all’ abbandono di nuovi importanti investimenti cinesi in Italia.
3.La riduzione dell’ interscambio con l’ Est: un pericolo mortale per l’economia europea
Gli ostacoli frapposti da sempre dal Governo americano all’ interscambio dell’Europa con l’Eurasia hanno provocato, e stanno provocando, effetti catastrofici per l’Europa, che si sono fatti sentire soprattutto con l’attuale crisi dell’industria tedesca, e, di riflesso, di quella italiana. Basti pensare che noi dell’ industria europea avevamo lavorato duramente per ben 60 anni per costruire una nostra presenza nei Paesi ex comunisti, per vedercela poi distrutta in pochi anni dai diktat americani e dalla pusillanimità dei nostri governi. Tant’è vero che la Stellantis, controllata dal Governo francese, dopo essere stata costretta anch’essa a cedere praticamente gratis ai Russi la città-fabbrica di Togliatti, costruita dalla FIAT negli anni ’60, ha deciso recentissimamente d’invertire la rotta sulla Cina: dopo avere disdetto un preesistente accordo, ha ora costituito una joint venture per la produzione e commercializzazione di auto elettriche (in modo da mettersi al sicuro contro possibili futuri dazi e sanzioni).
Il motivo per cui l’interscambio con l’Asia condiziona così pesantemente l’economia europea è la fossilizzazione dei mercati europei, stretti fra egemonia americana, ideologie rinunciatarie, retoriche liberistiche, crisi antropologica, denatalità, bassi salari, deindustrializzazione, crisi d’identità. In questa situazione, solo gli enormi sbocchi asiatici possono riportare nel nostro mondo stagnante un po’ di apertura delle menti, di stimolo all’ intraprendere, di occasioni di investimento, di sbocchi d mercato, di tecnologie avanzate, di rinnovamento delle classi dirigenti…
L’importanza dei rapporti economici con la Cina è vitale per l’Europa soprattutto per ciò che concerne i settori di alta tecnologia, da cui l’Europa è oramai in gran parte esclusa soprattutto per il boicottaggio americano dei progetti europei, di cui gli esempi più noti sono stati le pressioni governative (già negli anni ’60 del ‘900) per la vendita alla General Electric della divisione elettronica dell’ Olivetti, (negli anni ’90) per la non adesione dell’ Italia all’ EADS e, negli anni 10 di questo secolo, per il boicottaggio della Huawei. Solo la Cina è infatti disponibile a condividere con gli Europei le nuove tecnologie in cui essa è leader (come i 5G, i cui brevetti sono stati realizzati in gran parte a Milano), mentre gli USA hanno sempre preteso che le imprese partner o controllate non abbiano accesso alle tecnologie-chiave delle multinazionali a base USA.
Il precedente tentativo americano di una sua” Via della Seta (nel 2010, al tempo dell’ occupazione dell’ Afghanistan), e l’attuale rilancio dello stesso insieme alla Ue (nella forma della EU Connectivity Initiative) non costituiscono una credibile alternativa, perché, lanciati solo per fare concorrenza a “Yi Dai, Yi Lu”, vanno in ogni caso a favore della strategia cinese del trasferimento verso Oriente del baricentro del mondo, favorito dallo sviluppo degli investimenti e delle infrastrutture in Asia Centrale e Meridionale. Per questo motivo, è poco prevedibile che gli Occidentali continuino a sostenere questa iniziativa, che, a prescindere dai suoi finanziatori, finisce per incrementare ancor di più le vie di comunicazioni fra Europa e Cina, favorendo la concorrenza asiatica, non solo dal punto di vista commerciale, ma anche da quello finanziario e da quello ideologico, facendo rivivere i fasti millenari del commercio eurasiatico.
4.Dagli Han Anteriori ai Gesuiti
Le vie di comunicazioni fra l’Est e l’Ovest dell’ Eurasia hanno costituito da sempre l’asse centrale della civiltà.
Gli “Agricoltori Medio Orientali”, il popolo Yamnaya, i Fenici, gli Ebrei, gli Unni, i Germani, gli Avari, gli Slavi, gli Arabi, i Bulgari, i Magiari, i Qipchak, i Mongoli, i Turchi, si sono mossi per millenni dall’ Oriente verso l’ Europa. L’Impero Persiano ha costituito un formidabile ponte fra l’Europa e il nord della Cina, creando, con la Via Regia, la prima “Via della Seta”. Già gli Han e i Tang commerciavano, per mare e per terra, con l’Impero Romano e quello bizantino, mentre Europa, India e Cina sono state governate in gran parte da popoli centro-asiatici immigrati (Unni, Avari, Eftaliti, Tuoba, Xianbei, Turchi, Magiari, Qidan, Mongoli, Mancesi). In particolare, i Mongoli avevano conquistato quasi tutta l’ Eurasia, facendone un’unica unità economica, come ben ci racconta il Milione di Marco Polo.
Soprattutto il Cristianesimo aveva attribuito da sempre il massimo interesse alle comunicazioni con l’Oriente. Innanzitutto, erano state le Chiese Orientali (e, in primo luogo, quella siriaca di San Tommaso e quella nestoriana) a convertire ampie aree dell’Oriente (dalla Persia, al Sud dell’ India, all’Asia Centrale, alla Cina Settentrionale). Poi, vennero le missioni verso i Mongoli, di Odorico da Pordenone, Giovanni da Pian del Carpine, Marco Polo e Giovanni da Montecorvino. Infine, i Gesuiti assunsero un ruolo determinante in India, nelle Filippine, in Giappone e in Cina, divenendo consiglieri dell’ Imperatore Cinese, sviluppatori della cultura scientifica in Cina e promotori di un trend culturale filocinese, che si svilupperà fra le corti europee (Potsdam), e fra gl’illuministi (in primo luogo, Leibniz e Voltaire).
Anche i colonialismi spagnolo, portoghese, turco, olandese, inglese e russo contribuirono potentemente all’ interscambio est-ovest (basti pensare alla Compagnia delle Indie Orientali, alla teoria ariana di Jones, all’ Impero Anglo-Indiano, al Canale di Suez, alla Transiberiana, alle ferrovie indiane, allo Shanghai Express, al Partito Comunista Cinese..).
All’ interno di questo movimento, l’Italia ha avuto un ruolo determinante, con l’ Impero Romano, la Chiesa Cattolica, le Repubbliche Marinare, gli esploratori come Marco Polo e Matteo Ricci, considerati in Cina come degli eroi nazionali, e, infine, la Turandot.
Anticamente, si considerava che le antiche Vie della Seta partissero da Xi’an e terminassero a Roma e Venezia: le Nuove Vie partono da molte città, a Est come a Ovest.
5.L’Europa e l’espansione dei BRICS
Attualmente, i rapporti fra Europa ed Estremo Oriente sono più stretti che mai, con l’alleanza fra Cina, Russia e Iran, con le linee ferroviarie che si protendono sempre più attraverso l’Eurasia, come quelle che arrivano in Europa, con i porti, controllati dalla Cina, di Duisburg, Pireo, Brema, Gwadar, Hanbantota, Leam; l’alleanza con la Russia; gl’investimenti reciproci; le Chinatowns; gl’Istituti Confucio; gli accordi con il Vaticano…
Nonostante gli sforzi incessanti dell’ America per soffocare l’Asia con la censura culturale, con i dazi vessatori, con le sanzioni a raffica, con sempre nuove coalizioni militari, questi rapporti sono destinati comunque ad ampliarsi nei prossimi anni grazie al tumultuoso sviluppo in corso delle società asiatiche (la ricchezza dei BRICS, la grande città saudiana nel deserto, l’espansione demografica dell’ India e l’”indizzazione” della sua cultura, l’avanzata della Cina nell’intelligenza artificiale, nell’ auto elettrica e nell’ industria verde).
Ovviamente, non si può pensare che, se si scatenasse un’ ennesima guerra nel Mar della Cina, questi fiorenti rapporti possano restarne totalmente indenni, anche se la vicenda delle sanzioni alla Russia dimostra che, da quando i rapporti di forza reali si sono oramai invertiti, ogni tentativo di discriminare il resto del mondo si ritorce, in realtà, come un boomerang, contro l’Occidente, che oggi paga, per esempio, direttamente o indirettamente, alla Russia, una fattura petrolifera più elevata che non prima delle sanzioni. Addirittura, il grande perdente della vicenda delle sanzioni alla Russia è stata proprio l’ Europa, che paga di più il gas e il petrolio russo triangolati dall’ India e il gas americano liquefatto, mentre la Russia si è appropriata gratuitamente delle imprese abbandonate dagli Europei per rispettare le sanzioni e gl’imprenditori russi si sono scatenati nell’ “import substitution” travolgendo la proprietà intellettuale degli Europei. Esempi tipici: i marchi del lusso e l’agroalimentare, riserve tradizionali degl’Italiani.
L’Europa ha mille e un motivo per essere fermamente ostile ai presenti e futuri conflitti in Eurasia. La principale ci sembra però il fatto che la crisi della civiltà mondiale, che ha avuto come epicentro l’Europa, e, oggi, l’ America, è andata di pari passo con l’egemonia culturale occidentale, che ha portato alla mediocrità, al conformismo, alla confusione mentale, al dubbio sistematico, alla politicizzazione, al moralismo, alla crisi della volontà. Le culture occidentali, espresse nella rigida logica indoeuropea e semitico-occidentale, non sono più in grado nemmeno di pensare l’attuale mondo della complessità (pensiamo anche soltanto al principio di indeterminazione e alla logica quantistica).Perciò, l’Europa non può più fare a meno delle culture orientali per rileggere la propria identità prima che sia troppo tardi. Lo dicevano già i Gesuiti, Fenollosa, Pannwitz, Jung, Pound, Guénon, Simone Weil ed Evola, e oa lo dicono Panikkar e Frankopan. L’Europa deve apprendere dall’ Oriente l’arte del paradosso, dell’atemporalità, del sincretismo, dell’armonia.
Invece, gli autori e i politici del “mainstream”, che, a parole, esaltano il multiculturalismo, non solo alimentano l’isteria contro i “pericoli” islamico, russo e cinese, ma neppure hanno mai fatto il minimo sforzo per comprendere “dal di dentro” le singole culture dell’ Eurasia, che non possono essere valutate solo in base a formulette politiche. Non è semplicemente più ammissibile che ci parlino “ex cathedra” dell’ Islam, della Russia o della Cina personaggi che non ne sanno proprio nulla, e ciononostante si permettono perfino di giudicarle, e addirittura di promuovere, in base ai loro pregiudizi, sempre nuovi, catastrofici, conflitti.
Invece, solo con l’aiuto delle culture, e degli Stati, “orientali”, l’Europa potrebbe sottrarsi al destino, oggi segnato, di soccombere alla catastrofe che attende l’Occidente con la Terza Guerra Mondiale e l’avvento delle Macchine Intelligenti (cfr. il nostro libro “Da Qin”).
Costituisce da molti anni il cuore della nostra battaglia culturale a sostegno di un serio inquadramento culturale, politico, normativo e economico, dell’ Intelligenza Artificiale all’interno di un ente centrale europeo capace di coordinare l’immane sforzo che si richiede dall’ Europa nei prossimi, pochissimi, anni(quello che avevamo chiamato European Technology Agency; cfr.per ultimo il post del 30 novembre).
E’ infatti prioritario superare l’enorme problema della nostra arretratezza culturale, politica, tecnologica e militare, nei confronti delle grandi potenze, in materia di informatica in generale e di Intelligenza Artificiale in particolare. Abbiamo dedicato a questa lotta, a partire dal 2010, ben sette volumi, in Italiano e in Inglese, largamente diffusi fra le Istituzioni, e continuiamo a batterci in tal senso attraverso questa pagina web.
1.Riassunto delle puntate precedenti
Come illustrato nei post di Technologies for Europe, la battaglia per l’Intelligenza Artificiale ferve più che mai a livello internazionale.
In particolare:
(a)essa è divenuta uno dei punti focali del conflitto fra USA e Cina: ambedue i contendenti si sono posti l’obiettivo di essere il “leader”assoluto mondiale in questo settore, il che potrebbe significare in pratica ( come aveva detto Putin già molti anni fa), “controllare il mondo”;
(b)essa fa oggetto anche di un’accanita lotta interna negli Stati Uniti, fra coloro che credono che l’Intelligenza Artificiale debba svilupparsi senza controlli (per esempio, Sam Altman), e coloro che pensano che, al contrario, si imponga una regolamentazione, nell’ interesse stesso dei GAFAM (per esempio Mustafa Suleyman);
-infine, tanto gli USA quanto la Cina (ma perfino l’Unione Europea) stanno elaborando regolamentazioni sempre più sofisticate nella speranza di influenzare la legislazione degli altri Paesi, contendendosi così (almeno simbolicamente) il titolo di ”promotore del dibattito mondiale”, il che costituirebbe, per il “vincitore”, un vantaggio nel senso del “soft power”.
Per ciò che concerne l’Italia, essa si sta trascinando faticosamente da molti anni, sotto i diversi Governi Conte (1 e 2), Draghi, e, ora, Meloni, tentando di rispondere con una propria strategia dell’ AI a quella, seppure stentata, della UE, e di costituire, come vorrebbe appunto il sistema europeo, un proprio istituto nazionale di intelligenza artificiale, a cui il regolamento UE delegherebbe gran parte delle attività.
Sono già state pubblicate due “strategie” (cfr. i nostri volumi “L’Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale di Torino e Intelligenza Artificiale e Agenda Digitale), rimaste però allo stato di grida manzoniane, ed era stato deciso (e inserito nella Strategia Italiana) che sarebbe stato creato a Torino l’Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale, il cui ruolo e dotazione sono stati per altro ridimensionati nel corso del tempo(dagli iniziali 80 a 20 miliardi). Ora, il Governo Meloni ha approvato lo statuto dell’Istituto, che però sarebbe rimasto con la sua attuale, limitata, dotazione, e con la missione ristretta all’automotive e all’ aerospazio. L’approvazione dello statuto costituisce la premessa necessaria per la formazione del Consiglio di Amministrazione, a sua volta necessario per redigere un piano di azione e incominciare le attività. Con tutto il rispetto per questi due settori, a cui abbiamo dedicato quasi trent’anni lavorativi, e che pertanto ben conosciamo, questa limitazione costituisce un grave handicap in considerazione all’enormità dei compiti che la situazione attuale impone a qualunque pubblica autorità che, come il costituendo Istituto, abbia la pretesa di occuparsi d’ Intelligenza Artificiale.
Molto opportunamente, perciò, l’IPSEG e il Centro Studi San Carlo avevano organizzato per giovedì 1° dicembre scorso un convegno dedicato all’ Intelligenza artificiale presso il Centro Studi San Carlo.
2.Gl’interventi
Il convegno è stato aperto dagli Avvocati Stefano Commodo (presidente dell’ IPSEG e moderatore dell’evento) e Fabrizio Lala.
Sono poi intervenuti:
-il professor Alberto Oddenino, professore di Diritto Internazionale all’Università di Torino, che ha sottolineato l’urgenza della regolamentazione sulla IA generativa;
-l’Avvocato Stefano Faraoni, dottorando all’Università di York con una tesi sulla manipolazione computazionale, che ha posto in evidenza la gravità di questa pratica nei più svariati settori, a cominciare dalla manipolazione delle elezioni nei Paesi democratici (vedi Google Analytica), e la scarsa effettività, a questo proposito, del regime previsto della bozza di “AI Act” oggetto a giorni del “trilogo” fra le Istituzioni dell’Unione;
-Il Dott. Agostino Ghiglia, membro del Consiglio del Garante per la Privacy, che ha vissuto in prima persona la vicenda della sospensione in Italia della famigerata Intelligenza Artificiale ChatGPT ha chiarito che la decisione del Garante era pienamente fondata, in quanto ChatGPT stava violando parecchi principi fondamentali del GDPR e della corrispondente legislazione italiana (tutte norme da gran tempo in vigore), e tra l’altro, nelle more della decisione, continuava a profilare massicciamente i propri utenti;
-il Professor Luca Poma, docente di Scienze della Comunicazione dell’Università LUMSA di Roma e consulente dell’ Ambasciatore Terzi, ha parlato dell’ AI nei controlli sociali in Cina;
-infine, l’intervento più atteso e più polemico, quello di Don Luca Peyron, Apostolato Digitale dell’ Arcidiocesi di Torino,primo promotore dell’Istituto, il quale, da un lato, ha criticato in modo molto duro il declassamento dell’istituto, che lo trasformerà presumibilmente in una semplice fonte di finanziamento per alcune imprese locali, e, dall’ altro, ha proposto una visione nettamente opposta dell’ Istituto, quale vero e proprio regolatore, anche in senso tecnico, dell’ Intelligenza Artificiale in Italia, sulla falsariga dell’ Istituto recentemente creato in Spagna. A suo avviso, qualora l’Istituto assumesse, ed esercitasse adeguatamente, anche solo per i settori assegnatigli, il compito di regolazione, in particolare relativamente alle categorie di algoritmi a “rischio alto”, che sono soggetti a previa notifica, potrebbe vantare un pedigree che potrebbe servire per qualificarlo quale Istituto Europeo dell’ Intelligenza Artificiale, che oggi manca. Ancor meglio, se esso assolvesse in modo esemplare il proprio compito (in particolare, attraverso un approccio basato su parametri scientifici), potrebbe diventare un esempio per il mondo intero. Verrebbe, diciamo noi, recuperata la figura del “trendsetter of worldwide debate”, che la Commissione e gli Stati Membri, dopo avere fatto balenare, stanno ora mettendo a repentaglio.
3.I nostri commenti
Mentre plaudiamo a Don Peyron per la perseveranza e il coraggio nel difendere queste idee, prendiamo anche atto del livello del salto qualitativo che ora, a suo avviso, si richiede rispetto al dibattito originario, anche per il decorso del tempo e per la “concorrenza” della Spagna.
Mentre concordiamo pienamente su questo punto, riteniamo che, alla luce delle esperienze pregresse, sia difficile conseguire obiettivi di tali ambizioni, perché, nell’ establishment torinese, italiano ed europeo, vi è una scarsa consapevolezza dell’ importanza dell’ argomento (nonché la volontà di mantenere l’equilibrio esistente nella presente, insufficiente, costellazione di competenze e di poteri).
Per questo abbiamo proposto di collegare l’auspicabile “follow-up” propositivo della manifestazione ad un’altra iniziativa strategica della Città: la proposizione, da parte del Comune, della candidatura di Torino a Capitale Europea della Cultura per il 2030.Infatti, la cultura di oggi è innanzitutto una onnipervasiva cultura digitale, e quindi nulla sarebbe più appropriato che inserirla fra i temi dell’ evento, che, certo, è situato molto lontano nel tempo, ma dovrebbe generare fin d’ora molte iniziative di accompagnamento, che coinvolgeranno coralmente la città.
Sempre sotto l’aspetto della cultura, molto interessante la proposta del Dott. Ghiglia dell’inserimento in tutti i corsi scolastici, da quelli più bassi a quelli della più elevata accademia, e, aggiungiamo noi, senza dimenticare la formazione permanente,di una parte dedicata all’ Intelligenza Artificiale, nelle sue molteplici declinazioni:
-preparazione teorica e pratica di base;
-complemento alle discipline specifiche;
-upskilling collegato all’ upgrading dei vari settori dell’ economia e del lavoro.
Anche qui, ci sarebbe la possibilità di un solido collegamento con un rafforzato Istituto per l’Intelligenza Artificiale quale auspicato da Don Peyron, dato anche che simili istituti ed agenzie svolgono in genere un’attività di consulenza specialistica nei confronti del legislatore e del Governo,
4.Conclusioni
In chiusura, l’ Avvocato Commodo ha annunziato che è in programma una serie di iniziative per dare un seguito concreto alla manifestazione, rafforzando il sostegno al nuovo Istituto e cercando di orientarlo nel modo più proficuo per Torino, l’Italia e l’ Europa.
Constatando la riuscita della manifestazione, l’alto livello dei partecipanti e le idee concrete e innovative emerse, siamo convinti che il progetto progredirà, e siamo a disposizione per sostenerlo in tutte le sedi.
Intervento dei Governi sul progetto approvato dal Parlamento
Facendo seguito al precedente articolo sull’ Intelligenza Artificiale, ci sentiamo in dovere di dare qualche informazione anche sui più recenti, sconcertanti, sviluppi dell’interminabile iter legislativo dell’”AI Act”, alla cui approvazione i Governi italiano, francese e tedesco, si sono improvvisamente opposti, con la motivazione che una regolamentazione troppo severa danneggerebbe l’industria europea. Nel frattempo, la Cina ha approvato la sua legislazione sull’Intelligenza Artificiale Generativa, togliendo all’ Unione il tanto vantato primato, mentre gli Usa stanno abbandonando la loro originaria inerzia, e tentando di darsi una legislazione.
1.Timeline degl’interventi
Prima di esprimere i nostri dubbi circa il comportamento dei Governi, facciamo innanzitutto e soprattutto notare la strana coincidenza temporale fra:
-Giugno: Presentazione al Parlamento Usa del SAFE Innovation Act, che il proponente senatore Schumer avrebbe voluto divenisse il modello a livello mondiale;
-15 Agosto: Regolamento cinese sull’AI generativa, che “annacqua” il relativo progetto di legge. Nonostante questa mitigazione, la legislazione cinese sull’ IA si pone come strumento di “global leadership”, essendo giunta la Cina ad affermare i propri standard prima di quelli occidentali – un obiettivo, questo, che ha fatto da sempre parte del programma di Xi Jinping -;
-15 Novembre: incontro fra Biden e Xi Jinping, fra l’altro per avviare “trattative” sull’ Intelligenza Artificiale, anche se, secondo autorevoli studi legali americani, si tratta soprattutto di “imparare dalla Cina”, come del resto ha già fatto il Parlamento con l’”Inflation Reduction Act”;
-17 Novembre:licenziamento di Sam Altman, fondatore e amministratore delegato di OpenAI (produttrice della mitica ChatBPT), accusato di avere sviluppato una tecnologia pericolosa, “Q*”, senza i previ adeguati controlli;
-18 Novembre: presentazione dell’accordo trilaterale fra Italia, Francia e Germania, che rende siffatti controlli praticamente superflui;
-22 Novembre: riassunzione di Sam Altman presso OpenAI.
Le modalità assai insolite del licenziamento e della riassunzione di uno degli uomini più influenti del momento fanno pensare che, dietro di questi, ci siano questioni di primario interesse. La principale spiegazione si trova probabilmente nel fatto che, come noto, l’Intelligenza Artificiale, che ha un impatto a “tappeto” su tutte le sfere della vita umana, è particolarmente rilevante nel settore della difesa, e soprattutto, in quello della guerra nucleare. Ed è per questo che il dialogo sino-americano sull’ IA è condotto essenzialmente fra le Forze Armate dei due Paesi (con l’evidente esclusione dell’Europa).Si noti poi che, né la Cina, né gli USA, e nemmeno l’Unione, hanno a oggi una vera legge organica sull’IA; si direbbe che questi pourparlers mirino ad omogeneizzare, o almeno coordinare, le leggi che stanno per essere approvate.
Quanto all’ Europa, si è forse ritenuto che stabilire una regolamentazione restrittiva in un momento in cui sono in corso due guerre più che regionali, e inedite trattative sino-americane sull’ IA, e soprattutto su quella militare, sarebbe stato prematuro. Anche perché, su questi argomenti, le Autorità europee si rimettono sempre al giudizio degli Americani (che oggi probabilmente non si è ancora formato).
Con il recente documento italo-franco-tedesco, la discussione sul progetto di regolamento slitterà presumibilmente a dopo le prossime Elezioni Europee.
2.Non siamo il “Trendsetter of the Global Debate” (come avrebbe voluto la Commissione)
L’Unione Europea aveva preteso fino ad oggi (manipolando una giusta idea di Coudenhove Kalergi e Spinelli), che l’Europa, finito il periodo coloniale, si distinguesse per il proprio “soft power”. Uno dei punti su cui si concentrava questa pretesa era proprio l’esistenza di un pacchetto normativo sull’ informatica (si trattava essenzialmente del GDPR), che, per quanto gravemente insufficiente, era comunque di molto superiore a quello delle altre aree del mondo. Si era addirittura preteso che le legislazioni delle altre mondo copiassero sistematicamente quella europea (“the Brussels Effect”).Cosa forse vera, ma solo perché quest’ultima è congegnata in modo tale da non avere alcun effetto pratico, sicché i legislatori extraeuropei possono fingere di avere lavorato indefessamente, senza in pratica disturbare i veri “poteri forti”, cioè i GAFAM.
Quindi, il fatto che sia stata finalmente approvato il complesso e sofisticato “pacchetto” legislativo cinese ha tolto all’ Unione il principale incentivo per proseguire su questa strada verso l’AI Act. Il compito di “Trendsetter of the Worldwide Debate”per l’IA, è stato assunto, con le ultime mosse, dalla Cina, come constatato dagli stessi osservatori americani. In questo contesto, se la Cina ha mitigato il controllo sull’ IA, gli Occidentali temono, perseguendo un approccio rigoroso, di offrire alla Cina una nuova breccia (dopo l’Alta Velocità, la Via della Seta, la transizione green) attraverso la quale affermare la propria superiorità. Preoccupazione a nostro avviso infondata, perchè anche l’approccio cosiddetto “mitigato” della Cina è più rigoroso della precedente bozza europea (oggi considerata “troppo rigorosa”), e dell’approccio americano, che fa leva soprattutto sull’autoregolamentazione dei GAFAM. Quindi, la Cina non si preoccupa più di tanto d’imporre una disciplina alle proprie imprese, perché queste, anzi, come è successo recentemente con i BAATX, ne escono rafforzate e ancor più atte a competere nella sostanza sui mercati internazionali
“Eppure,” come scrive Da Empoli, “non erano queste le premesse della strategia che la Commissione Europea ha pubblicato nel 2018 con l’obiettivo di far recuperare all’ Europa il tempo perduto”.Quest’autore la definisce “Una specie di Caporetto del policy design”.
In particolare, la normativa cinese prevede tre cose che in Europa (e ancor più negli Stati Uniti) mancano:
-un’Agenzia generale per il cyberspazio (l’Amministrazione Cinese del Cyberspazio), con estesi poteri normativi a livello centrale;
-Prescrizioni amministrative sui contenuti;
-un sistema articolato di notifiche e autorizzazioni.
L’Amministrazione Cinese del Cyberspazio (che non esiste in alcun Paese occidentale) è stata dunque la prima a introdurre una serie di norme amministrative specifiche per l’IA, in attesa dell’emanazione una legge organica sull’ AI:
-il Regolamento per la raccomandazione di algoritmi;
-il Regolamento sulla Sintesi Profonda;
-il Regolamento sull’ IA Generativa;
-il Progetto di direttive sull’audit algoretico,
E’ quindi profondamente sbagliato circoscrivere il dibattito fra Cina e Occidente sulle implicazioni della normativa cinese sulla libertà di espressione. Circa quest’ultima, il grado di “moderazione” sul web imposto dalle legislazioni cinese ed europea differisce solo per la parziale differenza di oggetto (qui, “discorsi di odio”, “razzismo”, “teoria di genere”), piuttosto che (“valori del socialismo con caratteristiche cinesi”, oppure “valori confuciani”), ma in ambo i casi si tratta di una censura politica affidata alle macchine intelligenti perché quella affidata all’ uomo, nonchè scadente, sarebbe comunque troppo costosa.
Al contrario, come suggerisce la Brookings Institution, occorrerebbe studiare attentamente le soluzioni legislative cinesi (che tra l’altro sono partite dal progetto europeo, ma lo hanno rapidamente superato in quanto a concretezza).Questo è particolarmente vero per gli USA, che stanno conducendo discussioni con la Cina sulla AI, fortemente volute dai GAFAM, i quali ultimi hanno accolto Xi Jinping a San Francisco con una standing ovation a una cena d’onore dell’industria americana. Vari commentatori suggeriscono ai legislatori di approfittare di queste discussioni per familiarizzarsi con la normativa cinese.
Di tutto questo si dovrà tenere anche e soprattutto nella creazione dell’ Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale di Torino, ma, soprattutto, si rende più urgente che mai la creazione di un’Agenzia Europea per la Tecnologia, quale quella da noi proposta, in grado di gestire autorevolmente depositi, audits, autorizzazioni, rapporti con analoghe istituzioni a livello internazionale, in modo che l’Europa non sia più tagliata fuori, come oggi accade, dalle vicende decisive per il futuro dell’ Umanità.
Per ora, ci limitiamo a prendere atto del fatto che, su argomenti di una tale importanza e a cui la propaganda della UE ha attribuito un notevole peso, l’opinione pubblica viene tenuta all’ oscuro circa decisioni assai poco coerenti degli Stati membri, che avranno comunque un impatto importante sul futuro dell’Europa, molto più dei “ludi cartacei” sulle riforme istituzionali, e delle quali proprio per questo dobbiamo occuparci. Occorre la creazione di un ambiente culturale e politico recettivo a questi temi, e che segua attivamente le evoluzioni legislative: italiana, europea e dei maggiori Paesi del mondo.
Dal licenziamento (e riassunzione) di Sam Altman agli accordi USA-Cina.
1.Il caso Altman
In questi giorni si sta assistendo a una vera e propria esplosione di notizie e commenti riguardanti l’avanzata dall’ Intelligenza Artificiale (IA) quale fenomeno centrale del XXI Secolo. Fra questi eventi, quello che ha suscitato più scalpore è stata la destituzione di Sam Altman, fondatore e Amministratore delegato di OpenAI, la società informatica che aveva creato ChatGPT, uno straordinario strumento di assistenza allo svolgimento di attività culturali, accusato di avere sviluppato, senza gli adeguati controlli, una tecnologia molto pericolosa, la Q*. Ciò che ha suscitato un’ancora maggiore agitazione è stata la misteriosa decisione, dopo alcuni giorni, di rieleggere allo stesso ruolo, anche in seguito a una protesta dei dipendenti, lo stesso Altman. Al punto che quest’ultimo è stato incoronato, dal Jerusalem Post, “l’Ebreo più influente del mondo”, davanti, tra l’altro, a Nethaniahu, Blinken, Soros, Herzog, Ganz e Zuckerberg. E’ proprio vero che oramai i guru dell’informatica stanno acquisendo ovunque un potere senza precedenti. E dire che Eisenstadt sosteneva che, almeno ai suoi tempi, in Israele, i rabbini contavano più dei finanzieri. Neppure lì è più così.
2.Il dialogo USA-Cina
La seconda notizia centrale per il futuro del mondo è che l’idea formulata da Kissinger a Pechino e nel suo libro “L’Era dell’Intelligenza Artificiale”, e rilanciata infine da autorevoli guru del mondo informatico (come Faggin, inventore del “touchscreen” e Suleyman, fondatore di DeepMind), quella della necessità di un dialogo fra USA e Cina per il controllo dell’ Intelligenza Artificiale, è stata posta al centro dell’ incontro fra Biden e Xi Jinping al summit di San Francisco. Il meccanismo essenziale di questo controllo dovrebbe essere congegnato, secondo i libri di Kissinger e di Suleyman, sulla falsariga del controllo sugli armamenti, e, in particolare, su quello degli armamenti nucleari; esso dovrebbe mirare, non solo a evitare attacchi a sorpresa, ma anche a vietare certi tipi di sviluppo dell’ AI che oggi purtroppo sono al centro delle strategie delle grandi potenze, come il famigerato sistema ”Dead Hand” (in Russo, “Miortvaja Rukà”), che prevede lo scatenamento in automatico della guerra nucleare nel caso dell’impossibilità di comando da parte delle autorità militari. Per altro, il dialogo fra i militari è già addirittura partito. Questa decisione congiunta costituisce dunque un’enorme vittoria della Cina, perché sancisce la raggiunta parità tecnologica e militare fra i due Paesi, con l’esclusione di altre potenze. Appena 20 anni fa, quando i colossi americani (i GAFAM) dominavano ancora anche il mercato cinese, nessuno (salvo, forse, i vertici del PCC; cfr. Pieranni, Tecnocina) avrebbe immaginato un risultato simile.
3.Accresciuto interesse in Italia
Altra notizia importante: dopo la sentenza del Consiglio di Stato circa l’assoggettamento di Facebook all’ IVA, il Ministero delle Finanze sta muovendosi concretamente per la riscossione degli arretrati. Era ora! Dalla loro creazione, una trentina di anni fa, i GAFAM non hanno mai pagato neppure un euro di tasse in Europa, salvo i modestissimi importi concordati con il fisco con una serie di accordi transattivi.
Domenica 26 Novembre, Il Sole 24 Ore ha dedicato due pagine allo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale nel mondo. Biagio Simonetta constata per l’ennesima volta che, mentre tutte le nazioni, e, in particolare, i grandi blocchi come USA, Cina e India, stanno facendo passi da gigante in questo settore, fondamentale, oltre che per lo sviluppo economico, per la proiezione di potenza, grazie alla centralizzazione di massicci investimenti pubblici e privati, l’Europa, invece, che non ha una sua politica unitaria dell’ IA, mentre avrebbe (sul piano quantitativo) tre volte il peso degli USA e 6 volte quello della Cina in questo settore, è totalmente irrilevante in campo mondiale, perché non riesce a mettere questa sua capacità sul piatto delle trattative internazionali, e anche perché non ha un proprio esercito, che possa, per così dire, “monetizzare” le competenze nazionali in materia di IA. A nulla serve il fatto che la Commissione e il Parlamento stanno lavorando da anni alla redazione di un “Artificial Intelligence Act “che viene vantato come “il più perfetto del mondo” (ma che non è stato fino ad ora approvato mentre nel frattempo la Cina ha già approvato il suo). Comunque, la bozza approvata dal Parlamento Europeo, e ora in fase di frenetica revisione per tener conto delle implicazioni del “caso Altman”, è già concettualmente vecchia, perché non tiene conto delle implicazioni filosofiche, geopolitiche e sociali poste in luce proprio dalla vicenda di ChatGPT, che non è “rischioso” nel senso dell’AI Act, ma è comunque insidioso per l’umanità perché altera drammaticamente le modalità stesse del pensiero umano.
4.Andremo finalmente verso un autentico “Umanesimo Digitale”?
Almeno, tutti gli autori citati si stanno finalmente allontanando dalla visione materialistica, legalistica e politicante del controllo sull’ IA (secondo la quale basterebbe un controllo sulla progettazione per rendere “etica” quest’ultima, mentre invece non ci si rende conto che l’informatica e la bioingegneria, prima ancora dell’IA, hanno già modificato radicalmente l’essenza della natura umana quale emersa dall’”Epoca Assiale” teorizzata da Jaspers, Eisenstadt ed Assmann). Né le idee formulate durante la prima parte dell’Epoca Assiale (Evo Antico), né quelle emerse nei secoli della Modernità, sono oramai più neppure applicabili nel mondo automatizzato. Ne sono prova l’equilibrio del terrore nucleare basato sulla risposta digitale automatica a un attacco nucleare (“Dead Hand”), lo spionaggio digitale a tappeto (Echelon, Prism), il controllo capillare sui cittadini (sentenze Schrems della Corte di Giustizia europea), la disoccupazione tecnologica (innanzitutto nel settore dei “colletti bianchi”), la “vita sintetica” (CRISPR, clonazione, fecondazione assistita, utero in affitto), gl’ impianti cerebrali (Musk), e, soprattutto, l’utilizzo massiccio dell’IA per il decision-making politico, amministrativo e di business….
Tutte queste realtà vanificano responsabilità individuale, etica del lavoro e riproduttiva, come pure la dialettica politica.
Sulla base di quelle considerazioni, gli autori citati si stanno muovendo giustamente sulla strada di una riforma innanzitutto culturale. Faggin, in “Irriducibile”, parte dalla centralità della fisica quantistica (il Principio di Indeterminazione) per negare l’attualità di un’ intelligenza puramente razionale, e quindi anche dell’Intelligenza Artificiale, basate, come sono, su un’imitazione dei procedimenti della matematica e della fisica classiche. Suleyman, in “The Coming Wave”, parla di un “containment” dello sviluppo dell’ IA.
Kissinger, infine, sostiene in modo assai pregnante che “”La tecnologia, la strategia e la filosofia devono essere in qualche modo allineate, per evitare che una scavalchi le altre. Quale aspetto della società tradizionale dovremmo difendere? E quale aspetto della società tradizionale dovremmo essere pronti a sacrificare per crearne una superiore?”
Purtroppo, neppure le tre, seppure illuminanti, opere citate, sono state in grado di rispondere alle domande poste giustamente da Kissinger, perché nessuno vuole, sa o può, affrontare lo spinosissimo problema del rapporto fra società tradizionale, modernità ed iper-modernità. Occorre ricordare che il “Progetto Incompiuto della Modernità” consisteva proprio nel rispondere alle questioni irrisolte poste dalla religione facendo affidamento soltanto sulla scienza (1° Programma Sistemico dell’ Idealismo Tedesco). Questo approccio fu razionalizzato brillantemente da Saint-Simon, che scriveva che l’ “Epoca Critica” apertasi con la Rivoluzione Francese avrebbe dovuto essere superata da una nuova Società Organica, fondata sulla religione della scienza, che avrebbe ricostruito su basi immanentistiche l’ordine ch’era stato dell’“Ancien Régime”. Secondo gl’ideologi ottocenteschi (fossero essi liberali, socialisti, nazionalisti o cristiano-liberali), tale ordine sarebbe stato basato sui principi “moderni” della Ragione. Orbene, tutti sentono in cuor loro (e moltissimi dicono) che questo progetto è fallito, in quanto la “religione della scienza e della tecnica” dei Positivisti e dei Marxisti era intrinsecamente contraria fin dai principi alle ideologie politiche ottocentesche, come dimostrato dalle nuove scoperte scientifiche, e, in particolare, dalla fisica quantistica, che ha rimesso al centro l’”esprit de finesse” e il libero arbitrio, con ciò negando l’economicismo, l’egualitarismo, l’etnicismo e il moralismo dell’Occidente. Quindi, le società moderne sono state condannate a trasformarsi in qualcosa di molto diverso: non già l’auspicato ”organicismo” erede della tradizione, bensì la dittatura delle Macchine Intelligenti che, se non contrastata, sfocerà nella costruzione di una Megamacchina centralizzata a livello cosmico, in cui l’Intelligenza Artificiale regnerà su sottosistemi galattici e società di macchine intelligenti, e in cui l’uomo non avrà posto (la “Singularity Tecnologica”). Fino che anche questa finirà (forse a causa dell’intrinseca incapacità dell’ Intelligenza Artificiale di essere veramente “generativa”, e della conseguente stagnazione).
La “delusione” dei progressisti per i fallimenti della Ragione (dalla Shoah alla bomba atomica, dallo Stalinismo all’anomia dell’Occidente, dal crollo del Socialismo Reale alla guerra di tutti contro tutti) è pienamente giustificata già dalla constatazione che, come del resto si poteva prevedere fin dall’ inizio, lo sviluppo della tecnica e, in generale, della ragione dispiegata, non ha liberato l’umanità dai suoi endemici mali: finitezza, ignoranza, mortalità, malattie, violenza. Non parliamo dei seppur opinabili, ma probabili, catastrofici sviluppi futuri a cui abbiamo sopra accennato.
Occorre quindi, proprio per rispondere coerentemente alle filosofie ottocentesche, tornare a studiare con umiltà le “società tradizionali” di cui parla Kissinger, vale a dire quelle pre-alfabetiche, quelle classica e medievale e quelle orientali (anche attuali), per comprendere come esse affrontassero, e ancora affrontino, brillantemente, i problemi eterni dell’umanità, scoprendo quali sono gli aspetti in cui esse sono compatibili, ed anzi assolutamente idonee a vivere nella Società delle Macchine Intelligenti come dimostrato dallo sviluppo straordinario dell’Asia Orientale e Meridionale.
Certamente, anche dopo aver compiuto questa necessaria operazione culturale, l’umanità di domani risulterebbe molto diversa da tutte quelle che abbiamo conosciuto a partire dall’Epoca Assiale “allargata” (Assmann), perché la presenza delle nuove tecnologie, e, in particolare, quella dell’ Intelligenza Artificiale, non verrà comunque eliminata, bensì “superata” e riorientata. Del resto, già nelle mitologie dell’ Epoca Assiale c’erano le macchine intelligenti, come per esempio il Talos, un drone di bronzo che volava ininterrottamente intorno a Creta per difendere, per conto di Zeus, l’amata Europa, o i tartarughe giganti che navigavano intorno alla Cina con a bordo gl’”Immortali” confuciani, ma soprattutto i Virana volanti e varie armi “magiche” degli Dei vedici, come Pashupata, Brahmastra ecc…Tutto ciò ha fatto nascere addirittura la tenace “leggenda dell’ antico astronauta”, secondo cui in tempi antichissimi una razza aliena avrebbe portato sulla terra tecnologie avanzatissime.
Comunque sia, il comportamento degli Dei delle varie mitologie (e soprattutto quelli mesopotamici, che creano gli uomini per sostituirli nel lavoro) nei confronti delle loro macchine ci fornisce delle indicazioni di come l’umanità potrebbe approcciarsi alla gestione delle macchine intelligenti, che non richiedono più il “lavoro” in senso stretto, bensì intense attività “filosofiche” e “politiche”, paragonabili a quelle dei “guru” indiani e dei saggi taoisti. Ma questo è un campo ancora da esplorare.
5.L’Agenzia Europea per la Tecnologia
Per parte nostra, abbiamo affrontato di petto il problema centrale della politica economica europea, vale a dire l’assenza, da parte dell’ Europa, di un centro ben definito di programmazione dello sviluppo tecnologico, quello che noi chiamiamo “Agenzia Tecnologica Europea”, che dovrebbe svolgere innanzitutto, ma non solo, i compiti che negli USA sono stati svolti dal DARPA, responsabile dello sviluppo delle tecnologie “dual use” (cioè al contempo civili e militari). Il nostro libro omonimo (Euopean Technology Agency”, acquistabile come e.book presso StreetLib, è stato distribuito alle massime autorità europee -innanzitutto von der Leyen, Breton e il compianto Sassoli-, ma solo quest’ultimo si era impegnato per il progetto.
Proprio perché l’Agenzia da noi proposta sarebbe chiamata a svolgere una serie di ruoli che oggi non sono svolti da nessuno, essa dovrebbe avere una struttura complessa, capace di occuparsi di ricerca culturale, economica e tecnica, di programmazione degli aiuti all’ economia, di ricerca di base e di gestione dei finanziamenti, raggruppando, in molti casi, i compiti di piccole agenzie create dall’ Unione ed oggi esistenti, sulla cui utilità molti, a cominciare dalla Corte dei Conti, hanno espresso seri dubbi ancora recentemente, ma che l’Unione ha voluto comunque rifinanziare.Essa dovrebbe e potrebbe coesistere con analoghe agenzie esistenti a livello nazionale, come per esempio la costituenda Agenzia Italiana per l’ Intelligenza Artificiale di Torino, cfr. i nostri libri sull’ argomento in vendita presso Streetlib (per altro anch’esse nel complesso ridondanti nell’ ottica di un ciclopico sforzo di “catch up” che si richiederebbe nei confronti delle grandi potenze).
Oggi, alla luce degli sviluppi in corso ovunque nel mondo e con le elezioni europee alle porte, sembra difficile continuare a ignorare quest’enorme lacuna del sistema europeo, che, in questo momento storico, lo inficia fino dalle fondamenta. E’ su questo, e non su sterili scaramucce personalistiche, che i partiti europei dovrebbero confrontarsi. Per questo, rilanceremo una campagna d’informazione rivolta al mondo politico e al Movimento Europeo.
RADICI Il festival dell’identità (coltivata, negata, ritrovata) 1-5 novembre 2023, Torino
Radici chiama grandi artisti e voci a interrogarsi pirandellianamente su una, nessuna, centomila identità: individuale e collettiva, di nazione e di popolo, l’identità come idea che una persona ha di sé nel contesto di una società sempre più complessa e allo stesso tempo sempre più omologata, complice la trasformazione antropologica dovuta all’avvento del consumismo che ha cambiato stili di vita e modelli culturali, come denunciò per primo Pier Paolo Pasolini negli anni del Boom. In parallelo, Radici indaga anche il tema di chi a un certo punto della sua esistenza ha deciso di espatriare e di costruire il proprio futuro altrove, venendosi a trovare come in sospeso tra due mondi e due identità. Oggi che i social media amplificano, condizionano e distorcono l’identità e che l’Intelligenza Artificiale la mette in discussione, Radici allarga il più possibile il discorso, aprendolo a idee e contenuti diversi, ponendo domande capaci di risvegliare la nostra consapevolezza. (Giuseppe Culicchia)
un progetto di Fondazione Circolo dei lettori con il contributo di Regione Piemonte e Assessorato Regionale all’Emigrazione
➜ ANTEPRIMA | SABATO 21 OTTOBRE H 18 BRET EASTON ELLIS PRESENTA LE SCHEGGE (EINAUDI) con Diego De Silva, introduce Giuseppe Culicchia in collaborazione con Giulio Einaudi editore L’uscita di The Shards segna l’attesissimo ritorno al romanzo dell’autore di American Psycho. Una storia che racconta la scoperta del sesso e della morte nella Los Angeles dei primi anni Ottanta, e la ricerca di un’identità del protagonista – lo stesso Bret – nel passaggio dall’adolescenza al mondo degli adulti.
MERCOLEDÌ 1 NOVEMBRE
➜ h 17.00 VIVA LA PAMPA GRINGA! con Eugenio Goria, Albina Malerba, Giovanni Tesio e, in collegamento da Santa Fe per la FAPA – Federazione delle Associazioni Piemontesi d’Argentina, Hernan Trossero, AlejandraGaido e Laura Moro Quanti sono i Piemontesi d’Argentina? Tantissimi, e generazione dopo generazione hanno saputo mantenere nel corso del tempo un fortissimo legame con la terra d’origine, a cominciare dall’uso del dialetto, che naturalmente non è rimasto immutato una volta sbarcato al di là dell’Atlantico. Quando le radici e l’identità di una comunità si rinnovano innanzitutto attraverso la lingua.
➜ h 19.00 GIORDANO BRUNO GUERRI Gabriele D’Annunzio e la Carta del Carnaro con Giuseppe Culicchia Per un breve periodo all’alba degli anni Venti del Novecento, Fiume diventa uno stato libero nel cuore dell’Europa, nel quale il poeta-soldato Gabriele D’Annunzio riesce a dare vita alla prima T.A.Z. – o Zona Temporaneamente Liberata – della Storia. La Carta del Carnaro è la sua avanzatissima costituzione, senza eguali nel mondo.
➜ h 21.00 MARIA GRAZIA CALANDRONE Vite in sospeso tra genitori adottivi e genitori biologici con Simonetta Sciandivasci Nel romanzo Dove non mi hai portata (Einaudi), finalista del Premio Strega 2023, l’autrice racconta la storia autobiografica della sua indagine sul proprio passato, quello di una bambina di appena otto mesi abbandonata nel parco di Villa Borghese da parte dei genitori poi suicidi. E costruisce allo stesso tempo il ritratto dell’Italia da cui tutti noi proveniamo.
➜ h 24.00, Cinema Centrale | 🎬 RADICI DI MEZZANOTTE L’ODIO DI MATHIEU KASSOVITZ presentato da Giuseppe Culicchia ed Enrico Verra in collaborazione con Aiace Torino Prima prova d’autore per Mathieu Kassovitz, L’odio segnò l’esordio sul grande schermo di Vincent Cassel e all’uscita in patria scatenò feroci polemiche per la crudezza con cui raccontava le banlieues parigine, le rivolte che vedevano protagonisti i figli degli immigrati dal Nordafrica e il fallimento delle politiche di integrazione.
GIOVEDì 2 NOVEMBRE
➜ h 17.30 ENZO BIANCHI Identità e Comunità con Francesco Antonioli Quando l’individuo trova se stesso nella condivisione, nella meditazione e nel dialogo, aprendosi all’Altro da sé. Il Cristianesimo delle origini, oggi, e l’idea di comunità in un mondo ridotto a semplice sfondo dei nostri selfie, in cui a prevalere è sempre più l’egoismo narcisista del singolo, che nel frattempo da cittadino è diventato consumatore.
➜ h 19.00 PAOLA AGOSTI Dal Piemonte al Rio de la Plata con Elena Loewenthal Da sempre interessata al tema dell’emigrazione, Paola Agosti si è imbattuta già più di quarant’anni fa – lavorando alla trascrizione visiva de Il mondo dei vinti di Nuto Revelli – nelle testimonianze dei Piemontesi che lasciarono la loro terra per le Americhe, e in particolare per l’Argentina. Nel corso dei decenni ha compiuto più viaggi in quel Paese, la “Pampa gringa” che è diventata una seconda patria per quegli Italiani. E ce la racconta attraverso la sua testimonianza e le sue fotografie.
➜ h 21.00 PAOLO DI PAOLO PPP e la mutazione antropologica degli Italiani con Giuseppe Culicchia Nel solco del Giacomo Leopardi che nel suo Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’Italiani individuò i tratti della nostra identità nazionale, Pier Paolo Pasolini ha saputo intercettare in anticipo sui tempi i segnali di quel mutamento antropologico che con l’avvento del consumismo ha cambiato per sempre l’Italia e gli Italiani.
➜ h 24.00, Cinema Centrale | 🎬 RADICI DI MEZZANOTTE IL SORPASSO DI DINO RISI presentato da Enrico Verra in collaborazione con Aiace Torino Girato da Dino Risi nell’estate del 1961, in pieno Boom, Il sorpasso racconta attraverso l’indimenticabile viaggio in auto lungo l’Aurelia di Bruno (Vittorio Gassman) e Roberto (Jean-Louis Trintignant) il mutamento antropologico degli Italiani, colto nel passaggio dell’Italia da Paese agricolo a consumista.
VENERDì 3 NOVEMBRE
➜ h 18.00 ROBERTO ALAJMO Mediterraneo Culture Club con Giuseppe Culicchia Come scrisse Goethe nel suo Viaggio in Italia, «la Sicilia è la chiave di tutto». Già parte della Magna Grecia, porta d’accesso all’Europa e collegamento tra questa e il mondo arabo, l’isola che isola non è ha una storia unica fatta di conquiste, contaminazioni e migrazioni, che molto dice sulle nostre radici.
➜ h 19.00 MARCELLO VENEZIANI Identità, tradizione e negazione con Giuseppe Culicchia Quand’è che i concetti di identità e tradizione sono diventati, se riferiti all’Occidente, politicamente scorretti? E perché? Che senso ha cancellare pezzi di storia e di cultura anziché studiarli e, a seconda dei casi, trarne insegnamento o criticarli? Dai campus delle università americane, la “cancel culture” è arrivata fino a noi. E a un tratto, rieccoci a Salem.
➜ h 21.00 EMIR KUSTURICA Da Underground all’Angelo ribelle con Pietro Negri Scaglione Il regista serbo due volte Palma d’Oro a Cannes, che con Underground ha raccontato la guerra civile che ha insanguinato l’ex Jugoslavia, rende omaggio nel suo ultimo libro al Premio Nobel per la Letteratura Peter Handke, andando alle radici dell’odio che ha lacerato quel lembo d’Europa sul finire del Novecento.
➜ h 24.00, Cinema Centrale | 🎬 RADICI DI MEZZANOTTE GATTO NERO GATTO BIANCO DI EMIR KUSTURICA presentato da Enrico Verra e Giuseppe Culicchia in collaborazione con Aiace Torino Girato da Kusturica lungo il Danubio, nei pressi del confine serbo-bulgaro, doveva essere un documentario sulla musica gitana intitolato Musika Akrobatika, ma poi il regista (e musicista, oggi anche scrittore) decise di cambiare progetto in corsa e ne fece un film che, prendendo lo spunto dal desiderio di quattro giovani di sfuggire al matrimonio, mette in scena un popolo.
SABATO 4 NOVEMBRE
➜ h 11.00 FARIAN SABAHI Due Paesi, una storia con Alessandra Coppola L’autrice di Non legare il cuore. La mia storia persiana tra due Paesi e tre religioni (Solferino) racconta con l’ausilio di preziose immagini di famiglia una storia di identità sospesa, le cui radici si ramificano tra la Persia e il Piemonte.
➜ h 15.00 ILIDE CARMIGNANI Un caffè con l’alter-ego con Giuseppe Culicchia Il mestiere di chi traduce comporta la necessità di calarsi completamente nell’opera altrui: chi traduce si trasforma in sosia, cerca nella sua lingua le parole che non sempre possono restituire con esattezza l’originale. Si tratta di mettere da parte la propria identità e di assumerne un’altra, non sulla scena come succede agli attori, ma tra le pagine di un romanzo. E Ilide Carmignani, traduttrice di scrittori come Gabriel García Márquez, Roberto Bolaño e Luis Sepúlveda, ne sa qualcosa.
➜ h 18.00 JAVIER CHIABRANDO Piemontesi d’Argentina con Giorgio Ballario La comunità dei Piemontesi d’Argentina è notoriamente assai numerosa e ha saputo mantenere nel corso dei decenni un rapporto unico con le proprie radici. E Javier Chiabrando, acclamato scrittore di noir discendente da genitori originari della nostra regione, vi appartiene a pieno titolo. a seguire La Cricca dij Mes-cià IL CONCERTO con Maurizio Bongioanni, fisarmonica, Daniele Ronco, voce, Matteo Ternavasio, chitarra, Simone Chiappalone, basso, Emanuele Bevione, fiati e Davide Barbero, percussioni La Cricca dij mes-cià è un gruppo di musica folk popolare nato nel 2013. Alterna canti della tradizione rivisti in chiave ballabile con canzoni di proprio pugno. Cantano l’amore e le tradizioni, lo spopolamento dei paesi, il consumo di suolo, l’importanza di possedere un orto. Il ritmo trainante si mischia al piemontese, il genere folk è contaminato. Dalla tournée in Argentina, presso le comunità piemontesi, ne è nato il documentario Réis-Raìz.
➜ h 21.00 PAOLO NORI A cosa servono i Russi introduce Giuseppe Culicchia Lo scrittore e traduttore porta a Torino il suo reading-spettacolo A cosa servono i Russi. Perché passo la mia vita con in mano dei libri scritti in una città, Pietroburgo, lontana tremila chilometri da dove abito io? Un monologo per immagini con la musica di Modest Musorgskij, le voci originali di Lev Tolstoj, Anna Achmátova e Iosif Brodskij e le immagini di Claudio Sforza.
➜ h 24.00, Cinema Centrale | 🎬 RADICI DI MEZZANOTTE GOOD BYE, LENIN! DI WOLFGANG BECKER presentato da Giuseppe Culicchia in collaborazione con Aiace Torino La pellicola di Wolfgang Becker racconta in modo scanzonato e a tratti surreale la perdita di identità di un popolo, e la storia della protagonista interpretata da Katrin Sass è la metafora di un Paese che con la caduta del Muro ha dovuto letteralmente reinventarsi, perché da un giorno all’altro era finito non solo un regime ma un intero sistema di valori.
DOMENICA 5 NOVEMBRE
➜ h 11.00 RUTH DUREGHELLO Quando le radici sono di fronte e il futuro sta dietro le spalle con Elena Loewenthal Quando le radici sono di fronte e il futuro sta dietro le spalle: o dell’unicità di un popolo capace di conservare la propria identità rinnovandola nel corso del tempo in ogni dove. L’ex presidente della Comunità Ebraica di Roma dialoga con la direttrice della Fondazione Circolo dei lettori Elena Loewenthal.
➜ h 12.00 FRANCO CARDINI Un secolo dopo Il tramonto dell’Occidente di Spengler: a che punto è la notte? introduce Giuseppe Culicchia Il filosofo, storico e scrittore tedesco Oswald Spengler scrisse Il tramonto dell’Occidente tra il 1918 e il 1922. A un secolo di distanza, Franco Cardini si interroga nel suo La deriva dell’Occidente (Laterza) sull’identità di questa parte di mondo anche alla luce del rinnovato conflitto geopolitico con un Oriente nuovamente accusato di barbarie nel contesto della guerra che sta sconvolgendo l’Ucraina.
➜ h 17.00 INGO SCHULZE E oplà, il mondo si capovolse con Giuseppe Culicchia Nato e cresciuto nell’ex Repubblica Democratica Tedesca o DDR, Ingo Schulze – autore per Feltrinelli del recente La rettitudine degli assassini – ha visto sgretolarsi alla pari dei suoi connazionali non solo il Muro di Berlino ma anche l’identità di un popolo, ritrovandosi a doverne costruire un’altra, e nei suvi libri ha saputo raccontarlo come pochi.
➜ h 21.00 STEFANIA ROCCA L’Italia è il Paese in cui sono accampati gli Italiani reading da Diario Notturno e La solitudine del Satiro di Ennio Flaiano introduce Giuseppe Culicchia Ennio Flaiano, scrittore, giornalista e sceneggiatore nella Roma della Dolce Vita portata sul grande schermo da Federico Fellini ha saputo raccontare come pochi l’Italia e i suoi abitanti da un punto di vista antropologico. Il reading ricostruisce, attraverso le sue pagine, l’identità di un popolo e di un Paese andando alle radici di La grande bellezza di Paolo Sorrentino.
Torino sarà forse finalmente sede del centro nazionale per l’Intelligenza artificiale. L’annuncio, a sorpresa, arriva dal ministro alle Imprese e al Made in Italy, Adolfo Urso, che ha partecipato all’apertura dell’anno accademico del Politecnico. La candidatura di Torino era proprio partita dalla collaborazione tra pubblico e privato, con la spinta anche della Diocesi di Torino.
«Abbiamo finalmente definito lo statuto che permetterà di attivarlo subito – ha spiegato Urso – dando impulso all’attività di Torino e alla sua capacità di guidare un processo di trasformazione che non deve intimorirci». Sono più di tre anni che la città aspetta e ormai sembrava fosse diventata l’ennesima promessa poi tradita (fatta nel 2020: quello che era stato ribattezzato I3A per Torino era un compenso. La città aveva da poco perso la gara con Milano per diventare sede del Tribunale europeo dei brevetti e al ministero dello Sviluppo economico c’era Luigi Di Maio). Da allora il progetto si era “sgonfiato”, fino a diventare un polo per l’IA applicata solo all’automotive con il governo Draghi. Anche quello fermo perché mancava lo statuto che definiva tempi e missioni. Ieri la svolta: Torino ritornerà (forse) ad avere un centro nazionale per l’Intelligenza artificiale applicata ad automotive e aerospazio, ma anche «aperta agli altri temi». Il progetto conta gsu un finanziamento di 20 milioni l’anno. Per il luogo dove insediarsi, un’opzione è quella dell’area di corso Settembrini, accanto al Competence Industry Manufacturing 4.0.
1.L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE: FORZA DETERMINANTE DEL 21° SECOLO:
L’Artificial Intelligence Act
Un altro spunto di attualità che dimostra tangibilmente l’attualità di questo tema è costituito dall’ approvazione, il 14 giugno, da parte del Parlamento Europeo, – della sua “posizione negoziale” sul progetto legislativo dell’ “Artificial Intelligence Act”, vantato, a torto, come l’unico atto legislativo in materia, mentre ,per esempio, in Cina, si sta procedendo con maggiore celerità e concretezza. -Apro una parentesi. L’iter legislativo europeo è incredibilmente lungo, tanto che viene il sospetto che si voglia soprattutto “épater le bourgeois” con continui “effetti annuncio”, a cui non fanno mai seguito fatti concreti. Anche la decisione, a sorpresa, del Governo Meloni, di riesumare, nella sua forma “depotenziata”, l’Istituto per l’ Intelligenza Artificiale, rischia di fare la stessa fine.
Ne consegue che è vero che, come diremo in seguito, l’Unione Europea ha oramai adottato una selva di provvedimenti sull’informatica così vasta da riempire una intera biblioteca, ma, di fatto, l’unico che ha avuto un impatto pratico è stato il GDPR (General Data Protection Regulation), del 2016, a tutela della privacy sul web, che ha generato l’enorme (e inutile) burocrazia delle autorizzazioni per l’utilizzo dei dati in rete, ma ha fallito platealmente il suo principale obiettivo: quello di evitare di consegnare (come stanno facendo le multinazionali del web -i GAFAM-, l’insieme dei nostri dati all’ Intelligence Community americana).E’ impressionante come la Commissione e le autorità nazionali preposte alla Privacy disattendano da molti anni le due chiare e univoche sentenze Schrems della Corte di Giustizia a questo riguardo. Infatti, il Governo Americano, nello stipulare sempre nuovi accordi con la Commissione, non garantisce affatto agli utenti europei le stesse tutele garantire in Europa, bensì si riserva espressamente di applicare la legislazione militare americana, ben più lasca del GDPR.
Crediamo che, fra i partiti europei, dovrebbe essere discussa proprio una revisione, per quanto graduale, delle politiche europee del digitale, nel senso di un maggiore coraggio e di una maggior concretezza. A questo sono dedicate le numerose pubblicazioni dell’ Associazione Diàlexis sull’ argomento in oggetto, di cui si parlerà in seguito
Stupisce che in un documento così importante e così sofferto come la bozza approvovata dal Parlamento, non si riesca neppure a definire l’oggetto stesso della normativa di cui trattasi -cioè l’Intelligenza Artificiale-.
Infatti, così si definisce, in modo incredibilmente impreciso, un“sistema di intelligenza artificiale” (sistema di IA): un software sviluppato con una o più delle tecniche e degli approcci elencati nell’allegato I, che può, per una determinata serie di obiettivi definiti dall’uomo, generare output quali contenuti, previsioni, raccomandazioni o decisioni che influenzano gli ambienti con cui interagiscono’
Ciò per altro non mi ha stupito perché l’Intelligenza Artificiale non è altro che l’informatica nella sua fase matura. E’ infatti proprio dell’ informatica generare contenuti, previsioni, raccomandazioni e decisioni che influenzano gli ambienti con cui interagiscono. Fra questi, i
software di controllo dei motori, quelli per la guerra digitale, quelli delle SMART Cities, ecc..
Quello che stupisce infine è l’incredibile scollamento fra il riconoscimento verbale della natura dirompente dell’ Intelligenza Artificiale, che spesso emerge dalle parole degli scienziati, degl’intellettuali, dei prelati, dei politici e degl’imprenditori, e l’enorme superficialità con cui poi tutti trascurano i temi evocati, o credono di risolverli con pura retorica.
Prendiamo ad esempio il -per altro apprezzabile – discorso di Giorgia Meloni all’ Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che ha affrontato in modo per altro non convenzionale alcuni dei temi più impegnativi in materia di intelligenza artificiale, quali quello dell’ “Antiquatezza dell’uomo”du Guenther Anders, quello di un’’”etica digitale”, quello della necessità di un Nuovo Ordine Mondiale che tenga conto dell’ Intelligenza Artificiale, e, infine, quello della responsabilità in materia delle Nazioni Unite, senza dimenticare l’accenno fatto al contributo concettuale di Henry Kissinger su cui torneremo.
A queste essenziali prese di coscienza ha fatto anche riscontro ieri l’ormai insperato salvataggio dell’ Istituto Italiano per l’Intelligenza di Torino, su cui ci eravamo tutti tanto impegnati, e che avrebbe dovuto costituire il segno dell’iniziativa italiana su questo tema. Tuttavia, come vedremo in seguito più in dettaglio, questo recupero, che si colloca sulla falsariga di quello a suo tempo annunziato (ma mai attuato) dal Governo Draghi, è estremamente parziale, tanto da snaturare l’originario disegno, e, soprattutto, si colloca in contraddizione con quanto da noi auspicato nel libro “L’Istituto Italiano di Intelligenza Artificiale di Torino”, dove si parla soprattutto dei risvolti culturali ed etici della materia.
Un altro elemento dell’ attualità odierna che non manca, ogni giorno, di mettere sotto i nostri occhi quanto il mondo sia cambiato, è costituito da quegli sconcertanti personaggi che sono i guru dell’ informatica, e soprattutto del più sconcertante fra di essi: Elon Musk.
Quest’ultimo sta dimostrando plasticamente come, nella figura del guru, si cumulino oramai quelle del leader carismatico (scenografie da stella rock), dell’uomo politico (interventi presso il presidente degli USA, il Papa..), dell’ inventore (la Tesla, gl’impianti cerebrali di microchip) , dell’opinionista (i suoi famosi tweet), dell’ editore (il padrone di Tweetter, ora X), del potentato geopolitico (offerta e successivo spegnimento di Starlink durante il conflitto ucraino), dell’ industriale (SpacelLink), vanificando i concetti moderni di sovranità (Musk opera indipendentemente dagli USA), di concorrenza (è monopolista in molti settori), perfino di soggetto autonomo (gl’impianti cerebrali permetteranno l’eterodirezione di un numero “n” d’individui)..
Per tutti questi motivi, l’AI è oggi al centro della storia mondiale, e, in particolare, della “Guerra Mondiale a Pezzi” oggi in corso, che sta estendendosi gradualmente all’ intero pianeta (dall’ Ucraina al Nagorno Karabagh, al Kosovo, alla Palestina), minacciando costantemente il futuro dell’ Umanità. Basti pensare che l’idea stessa di “cibernetica” fu creata da un insieme di intellettuali ed agenti governativi americani attraverso le “Conferenze Macy” durante il maccartismo e subito dopo la IIa Guerra Mondiale; o che Norbert Wiener aveva inaugurato nel 1949 il grande computer Golem di Rehovoth con un accenno neanche troppo velato al Golem, quel mostro ch’era stato creato per proteggere il popolo ebraico dai suoi nemici; che Putin aveva definito Internet “un’operazione speciale della CIA”; che Jack Ma è stato tenuto in arresto per qualche mese dalle Autorità di Pechino finché non ha accettato di coordinare la strategia di espansione internazionale delle attività informatiche dell’ industria cinese, in vista dello scontro con gli Stati Uniti.
2.SUA CENTRALITA’
L’AI opera in tutti i campi: decision-making; salute; guerra; finanza; vita quotidiana; cultura; economia; lavoro; politica:
Decision Making: nella novella “Una decisione inevitabile” di Asimov, le decisioni dei Presidenti “dell’ Occidente” sono determinate dalla strategia dei robot e dei computer; Salute: chiunque, come me recentemente, ha dovuto sottoporsi a un controllo sanitario stringente da parte dei medici, sa bene quante macchine elettroniche essi usino per qualunque diagnosi o terapia; la guerra in Ucraina è tutta telecomandata dall’ Intelligenza Artificiale; è impossibile gestire un conto corrente senza l’home banking; Wikipedia è diventata una fonte indispensabile di documentazione; le strategie dei fondi d’investimento sono guidate dall’ intelligenza artificiale; la disoccupazione tecnologica colpisce duramente ovunque , soprattutto le industrie dei servizi; la manipolazione dell’ elettorato da parte dell’ AI è già risultata vincente in molti casi (Google Analytica).
Non si può elaborare una teoria sociale o politica, un insegnamento, una strategia, che non abbia ben chiara l’azione dell’ AI, che non ne consideri i rischi e il controllo, ma, al contempo, non la usi.
Non per nulla, i due grandi Stati che si contendono il controllo del mondo (USA E Cina) hanno approvato leggi volte a disciplinare e regolamentare l’Intelligenza Artificiale (Inflation Reduction Act e le varie leggi cinesi sull’ informatica), anche in vista del suo impatto sulla difesa nazionale.
Nell’Unione Europea, ci si è limitati a finanziare (seppur modestamente) la transizione digitale, senza una chiara visione degl’impatti geopolitici della stessa.
L’AI è il nuovo campo di combattimento della geopolitica (Starlink), in cui i guru informatici (Bill Gates, Zuckerberg, Schmidt): hanno un ruolo multiforme profeti, grandi sacerdoti, inventori, dittatori, finanzieri, strateghi, imprenditori, benefattori.
In particolare, Elon Musk sta tentando di realizzare molti dei sogni annunziati dai grandi visionari tecnocratici dei secoli scorsi:il progetto di Tsiolkowski di conquistare fisicamente il Regno dei Cieli; produrre i cyborg (vedi il “Manifesto Cyborg” di Donna Haraway); condurre una “politica dei due forni” al di sopra degli Stati Nazionali e delle Grandi Potenze.
Paradossalmente, questo iperattivismo di Musk apre anche nuovi spazi di libertà, in quanto spezza il fronte su basi ideologiche dei guru dell’ informatica
La “Guerra Mondiale a Pezzi” è innanzitutto una guerra culturale fra Stati-Civiltà. L’Europa non potrà interfacciarsi con il mondo se non avrà una propria precisa identità, che dovrà essere un’identità digitale.
A mio modesto avviso, la “Guerra Mondiale a Pezzi” ha mosso i primi passi a cavallo fra i due secoli, quando, con Internet e Echelon, si affermarono idee come quelle della “Fine della Storia”, dell’”America Mondo” e della “Singularity”. Queste idee, di chiara matrice apocalittica, suscitarono una forte “rivalità mimetica” all’ interno di aree culturali, come quella sinica, quella islamica e quella slavo-ortodossa, indicate da Huntington some “the Rest” destinato a opporsi all’ Occidente (“the West”), e che di fatto non intendevano, né intendono, essere inglobati in questo “Stato Mondiale” dominato dall’ informatica. Da allora abbiamo avuto il terrorismo islamico e l’assertività cinese e russa.
E’ nell’ ambito di questo conflitto che si sono sviluppate mosse e contromosse di una guerra tecnologica che ha avuto i suoi punti culminanti nella nascita dei BAATX (i GAFAM cinesi), PRYSM (il sistema americano di sorveglianza mondiale), le nuove armi supertecnologiche russe, il “crackdown sui BAATX”, il “decoupling” economico dell’ Occidente dalla Cina e dalla Russia, le giravolte politiche di Musk…Da tutto questo, l’Europa, che, fino dai tempi di Condorcet, Hugo, Mazzini, Nietzsche, Coudenhove Kalergi, Spinelli e De Gaulle, aveva rivendicato il proprio ruolo di leader intellettuale del mondo, è stata invece assolutamente esclusa, perché la materia del contendere è oggi sostanzialmente la configurazione della futura era della Macchine Intelligenti, relativamente alle quali l’Europa, a partire dalla fine della Olivetti, ha perduto le competenze, le basi industriali e l’autonomia strategica.
Anche la “ Sovranità Strategica Europea” rivendicata da Macron non potrà essere conseguita se non si crea un ecosistema digitale europeo; ma questo non si crea per lo stesso motivo per cui non hanno funzionato i campioni europei; motivi culturali e geopolitici.
Macron ha parlato spesso (più in passato che oggi), di una “Sovranità Strategica Europea”. Si tratta evidentemente di un’eco della “Europa dall’Atlantico agli Urali” di De Gaulle. Tuttavia, mentre De Gaulle aveva dato un certo seguito a questo slogan, con la Force de Frappe, con il Trattato dell’ Eliseo, con i Campioni Europei, con l’uscita dall’ organizzazione della NATO, Macron non sta facendo nulla di tutto ciò. In particolare, non sta facendo nessun serio passo per la creazione di giganti digitali europei.
Ancora recentemente, Roberto Baldoni, su La Repubblica del 29 settembre, chiedeva la creazione di una Big Tech europea. Purtroppo, 70 anni di fallimenti dimostrano che vi sono ostacoli pressoché insormontabili. Secondo Baldoni, ciò che manca è una seria programmazione europea del digitale. E’ quanto lamentava, nel 1961, riferendosi all’ Italia, Mario Chu, direttore tecnico dell’Olivetti, pochi giorni prima della sua misteriosa morte. La realtà è che il monopolio americano sull’ informatica è stato, ed è, protetto con tutti i mezzi. Mentre, in molti Stati fuori dell’Europa (e in particolare in Cina), c’è stata e c’è la volontà della politica di superare quest’opposizione stando a fianco dell’ industria nazionale, questa volontà in Europa non c’è stata e non c’è, non solo per l’informatica, ma per tutte le imprese di alta tecnologia: dagli aerei (EADS), ai lanciatori (Ariane).
Ciò è particolarmente vero per all’ informatica, dove tanto Qwant (il “motore europeo di ricerca”), quanto GAIA X (il “cloud europeo”), dopo grandi strombazzamenti pubblicitari, sono finite nel nulla perché fagocitate nel sistema dei GAFAM.
3.L’ERA DELLE MACCHINE SPIRITUALI
Quando parliamo della minaccia costituita dalla Singularity tecnologica, intendiamo riferirci a un intero mondo di attività e di significati, che parte da lontane aspirazioni ancestrali, come quella del “mondo immaginale” zoroastriano, dell’Intelletto Attivo aristotelico, dello Spirito Assoluto hegeliano, si articola nei miti del Golem e del Superuomo, e si è concretizzato ulteriormente nelle opere di Fiodorov, di Čapek e di Teilhard de Chardin.
Alla fine del secolo scorso, Manuel de Landa aveva scritto “La guerra al tempo delle Macchine Intelligenti”, che, tra l’altro, poneva in evidenza il peso enorme che l’informatica avrebbe avuto nelle guerre di questo secolo. Ora, possiamo andare anche più in là, immaginando che esseri artificiali abbiano più chance di vincere nelle guerre del XXI° Secolo, e anche di sopravvivere in condizioni di riscaldamento atmosferico, inquinamento, guerra chimica e batteriologica, nonché di viaggi spaziali, che non gli umani.
Il termine “Macchine Spirituali” in sostituzione di quello, ormai classico, di “Macchine Intelligenti” è di Ray Kurzweil, il quale presuppone, nella sua fumosa escatologia materialistica, che l’Intelligenza Artificiale non si limiti a sostituire il pensiero umano, bensì anche la funzione di creazione di senso, tipica della cultura e della religione, che si manifesta oramai nel “Culto di Internet”: predicatore, confessore e inquisitore del mondo contemporaneo.
La rivolta contro un mostruoso Stato mondiale informatico è fondata anche e soprattutto sul rigetto di questo progetto della “Singularity Tecnologica”, in cui l’Umano si fonderebbe con il Macchinico, l’Organico con l’Inorganico (Ishiguro).
Certamente, l’idea che (per dirla con Nietzsche) “l’uomo è qualcosa che dev’essere superato” è condivisa da gran tempo dalle culture occidentali. Il problema è la direzione in cui questo superamento dovrà avvenire: o in quello dell’auto-negazione dell’Umano per passare a un universo macchinico (l’”Antiquatezza dell’ Uomo” di Günther Anders), o in quello di un potenziamento delle qualità dell’ Umano, che permetta all’ umanità di sopravvivere alla crisi ecologica, alla guerra totale e alla conquista dello spazio (un “Enhancement” non soltanto bionico, ma, soprattutto, spirituale).
4. L’AI STA PER SUPERARE L’UOMO?
Secondo molti autori (fra cui ricordiamo qui soltanto Asimov, Kurzweil, Joy e Reed), ciò starebbe avvenendo, dato lo sviluppo enorme delle competenze dei computer e dei robot e l’utilizzo degli stessi in tutte le attività umane, di cui abbiamo già parlato.
Secondo altri, l’AI non può superare l’uomo perché non è creativa (imprevedibile)?Taluni lo sostengono, ma non è vero. Già oggi siamo superati dalla burocrazia, nonostante ch’essa non sia creativa (parte sempre da un input preesistente). Eppure, essa, con la sua “gabbia d’acciaio”(Weber) ci sovrasta e ci impedisce di esprimere noi stessi. Il problema è proprio quest’invasione di situazioni pre-costituite che ingabbiano l’umanità fino a cancellarla. Cito una cosa per tutte: la cosiddetta “Dead Hand” (o, in Russo “Miortvaja Rukà), quell’ecosistema digitale che comanda la risposta nucleare a un “First Strike”, e costituisce la principale garanzia della deterrenza nucleare grazie alla “Mutua Distruzione Assicurata”. Essa è congegnata in modo da funzionare anche dopo la distruzione dei propri alti comandi, così garantendo in ogni caso la completa cancellazione del paese aggressore ,senza bisogno di un ordine specifico dal comando supremo.
Esso, con tutti i suoi limiti,si pone esattamente all’incrocio delle tendenze, tensioni ed esigenze indicate in precedenza. Essa costituisce l’ultimo atto dell’attività regolatoria dell’UE
Citiamo solo i documenti più salienti di quest’ultima:
(EU) 2021/1153 Regulation on High Performance Computing Joint Undertaking,
(EU) 2022/2481 European Chips Act (Regulation),
2022/0032(COD) European critical raw materials act (Regulation),
2023/0079(COD) Establishing the Strategic Technologies for Europe Platform (STEP),
(EU) 2016/679 Regulation to protect personal data processed by EU institutions, bodies, offices and agencies,
(EU) 2019/1024 Data Governance Act (DGA Regulation),
(EU) 2022/868 ePrivacy Regulation,
2017/0003(COD) European Data Act (Regulation),
2023/0129(COD) Cybersecurity Regulation for a Cybersecurity Act,
(EC) 2006/112, 2022/0407(CNS) Information Society Directive,
2022/0095(COD) AI Liability Directive, 2022/0303(COD)
(EU) 2018/302 Digital content Directive,
(EU) 2019/771 Digital Services Act (DSA Regulation),
(EU) 2019/790 European Media Freedom Act, 2022/0277(COD) (EU)
L’AI Act tenta (inutilmente)di regolare l’AI sulla base delle tre Leggi dell’ Informatica delineate da Asimov:
1.Un robot non può recare danno agli esseri umani, né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, gli esseri umani ricevano danno.
2.Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, tranne nel caso che tali ordini contrastino con la Prima Legge.
3.Un robot deve salvaguardare la propria esistenza, purché ciò non contrasti con la Prima e la Seconda Legge.
Orbene, tutta la sterminata opera di Asimov aveva precisamente, come obiettivo, quello di dimostrare che le leggi di Asimov non possono funzionare.
E, aggiungo io, non lo possono per almeno tre motivi:
a)esse danno per scontato che si sappia che cosa è “bene per l’Umanità” (la virtù, il progresso, la felicità?)cosa che non è certo vera, ché, anzi, tutti i conflitti storici sono proprio dispute su questo sfuggente “bene”: pace o libertà; stabilità o progresso;eguaglianza o meritocrazia?
b)oggi,il “bene dell’ Umanità”viene interpretato secondo il “Pensiero Unico”, sicché tutti gli sforzi normativi e progettuali sono volti ad orientare l’Intelligenza Artificiale contro i cosiddetti “bias” (che sono quei pregiudizi contro cui si scagliano il pensiero unico e l’ideologia woke, i quali però hanno anch’essi, eccome! i loro pregiudizi, che l’AI dovrebbe rafforzare)
c)pretenderebbero di delegare alle macchine proprio queste scelte fondamentali ed irrisolte, oggetto (tra l’altro) delle attuali Guerre Culturali.
6.CONTENUTI DELL’”AI ACT”:
Coerentemente con l’idea delle “Tre Leggi della Robotica”, l’AI Act vieta:
– quell’IA che possa essere “dannosa”, per “la salute, la vita e i diritti”;
-le tecniche subliminali;
-quella che sfrutta gruppi vulnerabili;
-i sistemi di punteggio dei cittadini organizzati dalle pubbliche autorità;
-i sistemi biometrici di identificazione a distanza in tempo reale negli spazi pubblici per obiettivi di pubblica sicurezza
I controlli previsti nel progetto di regolamento sono più o meno stringenti a seconda delle diverse categorie di rischi.
7.SONO CONSIDERATI “AD ALTO RISCHIO”:
-i sistemi usati quali elementi di sicurezza di un prodotto o che fanno oggetto di norme europee di armonizzazione (giocattoli, aerospaziale, auto, biomedici, ascensori)
-i sistemi rientranti nelle seguenti 8 aree:
(i)riconoscimento biometrico o classificazione di persone;
(ii)gestione e funzionamento di infrastrutture critiche;
(iii)educazione e formazione professionale;
(iii)impiego, gestione del personale e lavoro autonomo;
(iv)accesso ai servizi essenziali;
(v)pubblica sicurezza;
(vi)gestione delle migrazioni, del diritto di asilo e controlli alle frontiere;
(vii)giustizia;
(viii)i processi elettorali.
8.CRITICHE AL PROGETTO
Ma non è soltanto l’Artificial Intelligence Act, bensì l’insieme delle regolamentazioni UE in materia digitale, ad essere inattuabile. Infatti:
(a)Esse tentano di regolamentare l’attività dei GAFAM, che sono americani, e per questo sono più forti della UE stessa (cfr. cause Schrems, GAIA-X)
(b)Cntrariamente all’ Europa, la Cina è riuscita, nel corso di 75 anni, non solo a raggiungere, bensì anche a superare gli USA in materia informatica, attraverso diverse fasi, che vanno dal privilegiamento del settore militare, allo sviluppo di grandi imprese private (i BAATX), fino all’ adozione di una legislazione di tipo europeo e al disciplinamento dei BAATX quali strumento di politica economica internazionale.
(c)Tutto ciò frustra radicalmente l’ambizione della UE di rappresentare l’avanguardia mondiale nelle politiche del digitale, o anche soltanto di influenzare le future evoluzioni normative a livello mondiale. Le pretese di leadership culturale europea di Hugo, di Coudenhove Kalergi e di Spinelli, si rivelano così infondate.
9.IL DISCORSO DI GIORGIA MELONI ALL’ONU
Costituisce un notevole salto di qualità del discorso politico internazionale dell’ Italia, toccando alcuni dei punti salienti della problematica dell’ AI:
a)rapidità del progresso tecnologico ( l“antiquatezza dell’uomo”di Guenther Anders):”Non sono certa che ci stiamo rendendo conto abbastanza di uno sviluppo tecnologico che corre molto più velocemente della nostra capacità di governarne gli effetti”
b)il progresso rischia di sostituire le capacità umane:“Eravamo abituati a un progresso che aveva come obiettivo ottimizzare le capacità umane, e oggi ci confrontiamo con un progresso che rischia di sostituire le capacità umane”
c)l’”algoretica”:“servono meccanismi di governance globale che siano capaci di assicurare che queste tecnologie rispettino barriere etiche..”
10.CONFERMA/DECLASSAMENTO DELL’ ISTITUTO ITALIANO PER L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE.
Come abbiamo detto, il governo Meloni ha fatto un passo in avanti rispetto ai precedenti governi, che, dopo espliciti impegni, avevano deciso di affossare il progetto dell’ Istituto Italiano di Intelligenza Artificiale di Torino, non approvandone lo statuto, primo passo nell’iter burocratico per la sua realizzazione.
Tuttavia, manca ancora molto: la nomina delle cariche sociali e l’avvio delle attività. Resta il declassamento già contemplato dal Governo Draghi: riduzione dello stanziamento da 80 a 20 miliardi e riduzione delle attività all’ auto e all’ aerospaziale, così eliminando quella ricerca di base che dovrebbe costituire una solida base culturale per ovviare alla nostra arretratezza (riconosciuta dalla stessa Meloni), e permetterci d’ interloquire autorevolmente a livello internazionale.
11. AL DI LA’ DELLE REGOLAMENTAZIONI: FARE NUOVAMENTE CRESCERE LE VIRTU’ ATTIVE
Le regolamentazioni giuridiche (privacy, antitrust, fiscalità) non sono sufficienti per ovviare alla decadenza dell’ (conformismo, denatalità, pigrizia), terreno di cultura della dittatura tecnologica. Infatti, [LR1] parallelamente al dispiegarsi della tecnica, abbiamo assistito all’ alienazione dell’uomo, sempre più debole nei confronti dell’ “Apparato” tecnico e sociale (la “gabbia di acciaio” di Max Weber):Kierkegaard, Nietzsche, Stefan Heim, Eliot.
A nostro avviso, occorre tornare alle antiche virtù (Aristotele, San Tommaso):temperanza, coraggio, “prudenza”, giustizia; (Confucio:Ren = magnanimità, rispetto, scrupolosità, gentilezza e sincerità e Li=rapporti marito/moglie, genitore/figlio, amico/amico, giovane/anziano, suddito/sovrano).
11.L’UNIONE DI OGGI NON VUOLE, O NON PUO’, DARSI UNA VERA POLITICA DELL’ AI
Come quella di Adriano Olivetti (la cui azienda informatica era un anche centro di iniziativa culturale e politica), probabilmente perché la fine di quell’ esperienza incute timore nei suoi potenziali continuatori.
Ricordiamo anche il fallimento dei cosiddetti “campioni europei” (Concorde, Tornado, Eurojet, EADS, Arianespace), tutti inciampati, da un lato, nella volontà di mantenere le identità nazionali, e, dall’ altra, nella concorrenza americana.
12.LE PROPOSTE DI KISSINGER PER UNA REGOLAMENTAZIONE INTERNAZIONALE DELL’ AI
A caratterizzare i decenni della Guerra Fredda, c’erano due super potenze, Stati Uniti e Unione Sovietica, e un elemento che ha funzionato da deterrente, l’arma atomica. Nel momento in cui entrambe eranoriuscite ad averlasi era creata una situazione di stallo armato, durante cui, paradossalmente, l’Europa aveva attraversato un periodo di pace lunghissimo – meno le altre regioni, ma comunque c’erano sempre Washington e Mosca pronte a fronteggiarsi e, quindi, a limitare i danni per scongiurarne di peggiori-.
Lo stesso si potrebbe dire dell’IA del nostro tempo. Kissinger ci tiene a elencare i vari trattati con cui Usa e Urss avevano concordato di non distruggersi, ognuna delle due armata fino ai denti ma senza utilizzare la forza nei confronti dell’avversario. Lo stesso, ovvero una regolamentazione internazionale, si potrebbe fare ora con l’intelligenza artificiale.
Le diplomazie americana e cinese ci stanno lavorando e, forse, il summit della Cooperazione economica Asia-Pacifico di scena a novembre a San Francisco potrebbe essere il giusto palcoscenico per iniziare a confrontarsi “Ciascun leader dovrebbe discutere di come valuta personalmente i rischi posti dall’IA, di cosa sta facendo il suo Paese per prevenire le applicazioni che pongono rischi catastrofici e di come si assicura che le aziende nazionali non esportino rischi. Per informare il prossimo ciclo di discussioni, dovrebbero creare un gruppo consultivo composto da scienziati statunitensi e cinesi che si occupano di IA e da altre persone che hanno riflettuto sulle implicazioni di questi sviluppi”.
A lavorare a questo incontro dovrebbe essere anche l’Italia. L’anno prossimo, il nostro Paese guiderà la presidenza del prossimo G7, dove l’IA sarà uno dei temi attorno a cui ruoteranno molte discussioni.Di qui l’intervento di Giorgia Meloni alle Nazioni Unite e l’annunzio di Urso al Politecnico di Torino.
13. CHE FARE?
Attraverso la Casa Editrice Alpina e l’Associazione Diàlexis, abbiamo realizzato, sull’ Intelligenza Artificiale, questi lavori:
-Habeas Corpus Digitale
-Codex Iuris Technologici
-Re-Starting EU Economy via Knowledge-Intensive Industries
-Il ruolo dei lavoratori nell’ era delle macchine intelligenti
-European Technology Agency
-Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale,
che possono costituire il punto di partenza di una strategia culturale gradualistica, avente per oggetto di:
a)discutere e studiare su questo tema (Intelligenza Artificiale ed Europa), in tutte le sue ramificazioni: Filosofici, etici, geopolitici, costituzionali, economici, pedagogici, imprenditoriali, lavoristici (conferenze Macy).In pratica, ogni ramo dello scibile umano va riletto nell’ ottica dell’ Intelligenza Artificiale (Big Data, Cyberguerra, Teologie materialistiche, Ideologie, Governance, Industria, Diritto del Lavoro, politiche di genere, struttura economica);
b)creare istituzioni pubbliche e private dedicate a questo tema: accademie (Istituto Italiano per l’ Intelligenza Artificiale); progetti di educazione permanente; riforme dell’ economia; imprese digitali di proprietà europea; servizi segreti europei
c)battersi per l’autonomia culturale, la creazione di nuovi ceti dirigenti e una riaggregazione delle imprese sulla falsariga delle “Conferenze Macy” che diedero avvio all’ industria digitale americana
14.IA ed elezioni europee del 2024
Parallelamente a quella strategia culturale, potrebbe, e dovrebbe, svilupparsi un’azione politica, anche in concomitanza con le elezioni europee del 2024:
-europeo:Fare dell’Intelligenza Artificiale (e delle sue ramificazioni) il tema centrale del dibattito, anche per le Elezioni Europee), mentre invece oggi è assente;
-nazionale: battersi per la diffusione della cultura digitale (Accademia, upskilling, ristrutturazione delle imprese);
-locale: Favorire iniziative locali nell’area, soprattutto ora che il Piemonte sta perdendo ulteriori pezzi (per esempio, in primo luogo, l’Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale)
Il numero 3/22 dei Quaderni di Azione Europeista è stato dedicato al possibile collegamento fra la campagna elettorale 2024 la questione dell’ IA.
Tale collegamento sarebbe, a nostro avviso, la conseguenza naturale del fatto che la minaccia “esistenziale”per l’Umano costituita dall’ Intelligenza Artificiale dovrebbe rappresentare il punto determinante dell’ incontro e dello scontro fra le forze impegnate in politica, travolgendo i tradizionali steccati partitici e permettendo una riaggregazione che abbia un senso.
Chi è seriamente preoccupato per la minaccia dell’IA dovrebbe costituire un fronte “conservazionista”, che, in tutte le aree della politica, miri a porre sotto controllo l’Intelligenza Artificiale, attraverso un rafforzamento della cultura e dei legami sociali.
Il giudice costituzionale tedesco Boeckenfoerde aveva affermato che l’Europa vive grazie a premesse ch’essa non è in grado di garantire.
In effetti, il cosiddetto “Miracolo Europeo” che, secondo la “vulgata” dell’establishment, sarebbe nato come per caso dall’ incontro fra illuminismo e dottrina sociale della Chiesa , va ricondotto in realtà a millenni di tradizioni europee, che, una volta ridotte, come si fa, a semplici “radici”, senza più alcun “élan vital”, non riescono ad evitare il nichilismo, cosa che sta ora accadendo sotto la pressione, prima, della globalizzazione occidentale, poi, delle Macchine Intelligenti. Ciò è vero in particolare per ciò che concerne il modello sociale europeo e il diritto sociale, fino a poco tempo fa baluardo di un modo di vivere europeo che si distingueva all’ interno stesso dell’ Occidente.
L’idea di Gianni Alemanno di rilanciare, in alternativa all’ attuale linea politica del Governo, l’area della “Destra Sociale”, messa nella giusta evidenza da parte dei media, costituisce un’ eccezionale occasione per una rapida rassegna storica delle radici culturali dell’ idea europea di “socialità”, e della conseguente evoluzione del diritto sociale. Una rassegna quanto mai necessaria, tanto per dare un fondamento solido all’ipotesi della rinnovata “Destra Sociale”, quanto per rilanciare il progetto europeo di società in quanto modello alternativo a quello “occidentale” (cfr., p.es, Michel Albert, “Capitalismo contro capitalismo”).Una rassegna cui mi sono dedicato fino dagli anni dell’ Università, quando dedicai la mia tesi di laurea alle “Fonti del Diritto del Lavoro nell’ Europa Occidentale”, e che è continuato con l’Associazione Diàlexis, con l’opera “Il ruolo dei lavoratori nell’ era dell’intelligenza artificiale”.
Ezio Mauro, su, “La Repubblica” ha avuto una bella intuizione nel segnalare la presenza, nell’aria, del desiderio di elaborare una “dottrina sociale della destra”, che ambirebbe a sostituire la propria egemonia a quella, pluridecennale, della sinistra, che, dopo due secoli”si muove spaesata davanti alla divaricazione tra sviluppo e occupazione”. Divaricazione che, tra l’altro, Marx aveva già previsto, concludendone che non vi sarebbe stato vero sviluppo al di fuori del socialismo. La sinistra è vittima di proprie contraddizioni intrinseche e ancestrali, messe definitivamente a nudo dal suo superamento da parte del post-umanesimo dell’ ideologia californiana. Il marxismo prevedeva un’evoluzione quasi automatica, il cui esito finale sarebbe stata una società opulenta grazie all’organizzazione centralizzata dell’ economia. In questo quadro, il ruolo delle forze di sinistra non era poi così determinante.
Noi non crediamo che una“dottrina sociale della destra” quale quella abbozzata di fatto dal Centro-Destra, e descritta, anche se confusamente, da Mauro, possa conseguire l’obiettivo dell’acquisizione dell’ egemonia sociale, proprio perché colpita, non meno della sinistra,da alcune contraddizioni, appena accennate da Mauro, quali l’assenza di una visione non settoriale della crisi epocale in corso e la politica del “ressentissement”.
Certo che s’impone una “Dottrina Sociale della Destra” veramente nuova. E,in realtà, questa c’è già, ma è stata deliberatamente occultata per più di un secolo, proprio mentre s stava realizzando, da establishment, accademia e politica partitica.
Il luddismo: primo esempio di lotta di classe operaia contro la Modernità
1.Le radici premoderne delle politiche sociali
Occorre ora portare alla luce, con una ricerca nel profondo e una battaglia culturale, le vere radici degl’ideali e degl’istituti sociali europei.
Contrariamente a quanto si è ritenuto per lungo tempo, l’idea moderna di socialità è legata, non già alle culture antitradizionali della Modernità (in particolare, al positivismo e al marxismo), bensì soprattutto a radici premoderne, quando non antimoderne (classiche, medievali, d’Ancien Régime, cattoliche, monarchiche, fascistiche, democristiane). Seifert distingue le idee della Rivoluzione Francese, che sarebbero quelle dei tre ordini dell’ Ancien Régime, dalle “sette idee slave”, che sarebbero quelle all’ origine del Marxismo. Del resto, lo stesso Marx aveva colto l’esistenza di una specifica idea europea di socialità, diversa da quella americana, ma anche dalla sua propria, di cui il maggiore esponente sarebbe stato il Barone von Stein, caratterizzata dal fatto che il capitalismo europeo si era sviluppato in un ambiente ancora profondamente intriso di feudalesimo (cfr. i Grundrisse, citati da Luciana Castellina in “50 anni d’ Europa”).
Soprattutto in Inghilterra enei Paesi tedeschi, il diritto del lavoro presenta profonde tracce della cultura feudale. Basti pensare alla denominazione del diritto del lavoro quale “Law of Master and Servant” (=“Legge del padrone e del servo”) e del contratto di lavoro come “Treuedienstvertrag” (=“Contratto di fedeltà e servizio”). La Rivoluzione Francese, con la Legge Le Chapelier, segna in Francia, almeno ufficialmente, la fine del sistema corporativo, mentre, per esempio, in Austria, le corporazioni si trasformano in Camere di Commercio e Camere del Lavoro.
Contrariamente all’idea conservatrice di socialità intesa come solidarietà, la motivazione primaria di Marx non era stata la questione sociale, bensì l’aspirazione al superamento delle religione (cfr. “La Sacra Famiglia”) come testimoniato dalla sua opera giovanile “Oulanem”, deliberatamente satanistica, ispirata alla retorica libertaria del Prometeo di Goethe.
Da queste sue radici nello Sturm und Drang, Marx fu spinto, prima, all’adesione alla Sinistra Hegeliana -la quale tentava di attualizzare gli obiettivi del “Primo Programma Sistemico dell’ Idealismo Tedesco” (realizzare nell’immanenza le promesse escatologiche delle religioni occidentali)-, e, poi, all’elaborazione del Materialismo Storico, una teoria del Progresso che si pretendeva scientifica, opponendosi alle premesse spiritualistiche e organicistiche del Socialismo Utopistico (la ricerca di una “Nuova Società Organica”-cfr. Saint Simon-). In tutto ciò, la questione sociale si poneva, per Marx, sostanzialmente solo come un passaggio strumentale, una fase necessaria della transizione automatica, meccanicistica, dal capitalismo al socialismo. Il proletariato avrebbe realizzato la necessità storica di questa fase attraverso la sua rivoluzione e la sua dittatura; le sue rivendicazioni economico-sociali avrebbero costituito semplicemente un’astuzia della Ragione per favorire il corso del Progresso. Il socialismo sarebbe non già più etico, bensì tecnicamente superiore al capitalismo, e quindi destinato a sostituirlo, per il semplice fatto che, incarnando l’intelligenza collettiva (“General Intellect”) sarebbe più razionale, e, pertanto, economicamente più efficiente. Un siffatto “socialismo” avrebbe anche ben poco a che fare con l’assistenzialismo: esso era semplicemente il controllo sociale sui mezzi di produzione, in vista di un’evoluzione tecnologica illimitata, destinata a rendere superfluo, alla fine, il controllo sociale esercitato storicamente dallo Stato e dal diritto (e di conseguenza lo stesso socialismo, superato dal “comunismo”, una sorta di anarchia tecnologica). Nel socialismo, l’automazione avrebbe permesso di produrre in abbondanza e senza sforzo, sì che, ad un certo momento (il comunismo) l’umanità avrebbe potuto dedicarsi quasi esclusivamente al tempo libero. Quest’ anarchia finale, la ”trascendenza pratica” di cui parlava Nolte, avrebbe realizzato il progetto chiliastico del Primo Programma Sistemico dell’ Idealismo Tedesco(sostanzialmente, il paradiso in terra).Infatti, essendo la cultura una “sovrastruttura” della struttura economica, la soluzione del problema delle risorse materiali avrebbe comportato quasi automaticamente il venir meno delle contraddizioni della società: potere, violenza, ingiustizie…
Il problema della sinistra è che questo obiettivo sembra ora realizzarsi non già grazie agli sforzi della politica marxista, bensì per effetto della dialettica intrinseca al Complesso Informatico-militare. E, per giunta, come potevasi prevedere sin dall’inizio, questa società della sovrapproduzione appare, vista da vicino, così poco attraente!
Per Lenin, il socialismo sarebbe stato “i soviet più l’elettrificazione”, vale a dire la dittatura del proletariato organizzato sotto la guida del Partito Bolscevico, per il compimento della rivoluzione industriale, fino alla fase in cui “le macchine produrranno altre macchine”, come accennato nel cosiddetto “Maschinenfragment” di Marx. Purtroppo, il proletariato sarebbe naturalmente riformista, perché non solo non condivide, ma non comprende neppure, gli obiettivi della rivoluzione. Perciò, dev’ essere assoggettato alla rude guida del Partito.
Stalin si sottrae al dibattito sul socialismo imponendo il dogma secondo cui esso, anziché essere un obiettivo di lungo periodo, sarebbe già stato realizzato nell’ URSS attraverso il capitalismo di Stato (il “socialismo reale”), mentre, nei Paesi satelliti, si avvia la “costruzione del socialismo” mediante le politiche di fronte popolare sotto l’egemonia del Partito Comunista (la “Blockpolitik”). L’approssimarsi del Comunismo renderebbe particolarmente violenta la lotta di classe, e, quindi, necessario il terrore rosso (come sostenuto da procuratore generale Vysinskij, regista dei “Processi di Mosca”).
Per i marxisti revisionisti, poi, il socialismo si sarebbe potuto realizzare anche solo attraverso un’interpretazione elastica dei “fronti popolari”, in cui la guida del Partito Comunista si manifestasse gramscianamente nella forma di un’”egemonia culturale”, capace di gestire “democraticamente” una temporanea collaborazione di classe con la borghesia, in modo da indirizzarla verso riforme in senso socialista, mantenendo così l’orientamento finale verso il socialismo e il comunismo. Era questo tra l’altro il senso del “Compromesso Storico”. Per l’ideologia socialdemocratica, ciò non implicherebbe l’uso della violenza, ma solo di un “soft power”, grazie a cui, per esempio, come avviene ancor oggi oggi, sono vietati i partiti di ispirazione fascista (ma non quelli postfascisti), e il sistema dei media è controllato da lobbies invisibili, laicistiche e pacifiste.
La società europea idealizzata da Mauro sarebbe infine l’”Eredità del Novecento”, cioè dell’ idea maritainana, secondo cui la Democrazia Cristiana sarebbe stata “un partito di centro che guarda a sinistra”,”che aveva benedetto la solidarietà, la responsabilità, la sussidiarietà m e il bene comune della dottrina sociale della Chiesa, e aveva fissato nelle Costituzioni del Dopoguerra la dimensione sociale e solidale dello Stato.”Tutte belle parole che però, come veremo, non corrispondono alla realtà, molto più complessa, e articolata nello spazio e nel tempo.
L’attuale “ideologia californiana” va ancora oltre, ritenendo che il “deperimento dello Stato” profetizzato da Marx nella fase storica del Comunismo, riprendendo precedenti miti nichilistici, stia già avvenendo grazie al “Trust Socialism” delle multinazionali (Burnham) e allo strapotere dei GAFAM (i giganti dell’ informatica).
In tutta questa vicenda, “i poveri” e “i lavoratori” hanno svolto un semplice ruolo di comparse, mentre il pathos solidaristico delle Chiese e del sindacalismo è stato bollato come la peggiore tentazione del movimento progressista, così come predicava Brecht attraverso opere quali “Santa Giovanna dei Macelli” e “L’anima buona del Sechuan”.
In definitiva, la tradizione marxista, in tutte le sue sfaccettature, s’inserisce perfettamente in un elitarismo tecnolatrico di origine alchemica, cabbalistica, massonica e sansimoniana, radicalmente opposto alle tradizioni cetuali, corporative ed etiche europee, dove il “popolo” e le sue aspirazioni non hanno alcun peso, anzi, vengono repressi.
La differenza di base fra, da un lato, le tradizioni europee di socialità e la Grande Narrazione progressista del “sociale”( sia essa marxista, tecocratica o populista) è una divergenza teologica. Per i progressisti, la “vera” socialità è quella che nasce, con una cesura netta con l’Antichità, con le eresie, i Comuni, la Riforma, il marxismo, la rivoluzione industriale e tecnologica: essa costituisce l’inveramento delle profezie sul Millennio, che si adempiono ora con il Postumanesimo. Per i conservatori, o, meglio, i “conservazionisti”, la socialità è invece una costante dell’ Epoca Assiale, un”ideale normativo” mai interamente realizzato (come il Da Tong cinese, che, come la lingua Cinese, ignora i tempi occidentali del verbo, e quindi può realizzarsi, o scomparire, in qualunque momento).
La pretesa dei progressisti occidentali d’imporre una “Fine della Storia” si tramuta, per via dell’Eterogenesi dei Fini, nella Fine dell’ Uomo, che, infatti, sta per intervenire a causa dell’ipertrofia della tecnica e della sua prevaricazione su uomo e natura. Il conservazionismo contiene una risposta adeguata alla Società del Controllo Totale, e il suo discorso pubblico sta già sostituendosi, per mille diversi rivoli (pessimismo tecnologico, socialismo di guerra, umanesimo digitale,revivals religiosi, sovranismo) al “mainstream” progressista.
Solidarnosc, un grande esempio di sindacalismo solidarista, dileguatosi dopo avere vinto il Blocco dell’ Est
2.Il solidarismo, dai Romani all’islamismo
Se vogliamo trovare una radice dello spirito solidaristico che ha ispirato la creazione del diritto sociale in Europa, e ispira ancora gran parte delle attuali retoriche europee, lo troviamo piuttosto nelle società cetuali del passato, ben anteriori all’ “Eredità del Novecento” di cui parla Mauro.
In esse, i poveri erano visti come un ceto sociale come gli altri, con particolari diritti e doveri, come i “Proletarii” nella costituzione repubblicana romana, che avevano un loro status giuridico -uno jus activae civitatis-, sotto la protezione dei tribuni della plebe.
Quanto al Discorso della Montagna, letto attentamente, esso sembra volto non tanto a promuovere una generica solidarietà sociale, bensì a stabilire una nuova gerarchia basata su valori ascetici (i “poveri nello spirito”). Esso ha contribuito potentemente alla saldatura fra religione e socialità. In generale, Le religioni di salvezza, condannando l’attaccamento alle cose materiali, esaltavano la solidarietà fra gli uomini, e quindi il senso di misericordia. Di qui, l’orientamento degli ordini monastici verso le opere sociali, come pure l’inserimento della “Zakat” (la beneficienza) fra i 5 Pilastri (Arkan) dell’ Islam.
Anche le corporazioni, che nascono, nella società classica, da un’ispirazione religiosa (pagana), trovano la loro massima fioritura nel Medioevo cristiano, e vengono incorporate nelle politiche colbertistiche dello Stato Assoluto, che prendevano come modello l’Impero cinese pubblicizzato dai Gesuiti, ispirato all’ ideale dell’”Armonia”.
A questo ideale si ispira anche l’istituzione originalissima delle “Reducciones”, Enti autonomi costituiti in America Latina sempre dai Gesuiti (cfr. in particolare le lettere di Dom Antonio Vieira al Re del Portogallo), quale baluardo della libertà degl’indigeni contro lo schiavismo dei conquistadores, e organizzate secondo il sistema comunitario ch’ era stato proprio dell’ Impero Inca.
Più che contro l’aristocrazia, la Rivoluzione Francese si accanì contro i ceti lavoratori. Intanto, la maggior parte delle 500.000 vittime della Rivoluzione Francese furono membri delle corporazioni, mentre, in Inghilterra, si scatenava la repressione contro i Luddisti, che si opponevano alla meccanizzazione del lavoro nell’industria tessile, con un dispiegamento di truppe superiore a quello delle Guerre Napoleoniche. Anche in Scandinavia, l’abolizione, più tarda, delle corporazioni, porterà a violenti scontri sociali.
Nel frattempo, le Chiese cristiane prendevano posizione sulla “Questione Sociale”. All’interno del Calvinismo olandese, Abraham Kuyper dedicò tutta la sua vita di teologo, di pastore, di pubblicista e ministro, alla creazione di un intero sistema di pensiero sociale neo-corporativo (“Organisch Gedachte”), che fu poi ripreso dall’ Anti-Revoltionair Partij. Nella Chiesa Cattolica, i Pontefici adottarono una decina di Encicliche Sociali, mentre teorici e organizzatori come von Ketteler, Vogelsang e Toniolo, gettavano le basi del pensiero sociale cattolico.
Tutta l’ideologia e la prassi del Principio di Sussidiarietà, tanto invocata da tutti soprattutto nell’Unione Europea, deriva dalla scoperta, da parte di Tocqueville, dei “corpi intermedi” quale contrappeso agli aspetti totalitari ella democrazia; concetto ripreso dalle Encicliche Sociali come difesa della società civile contro la pervasività dello Stato laicista ottocentesco, e poi base teorica per l’associazionismo cattolico, che rivendicava dal basso quel ruolo centrale che la Chiesa aveva assunto nell’assistenza sociale ai tempi dell’ Ancien Régime. Fiorivano allora , soprattutto in Piemonte, i Santi Sociali: Don Bosco, Cottolengo, Faà di Bruno.
Di qui la nascita del Terzo Settore, una società solidaristica come quella delle Reducciones, alternativa tanto al capitalismo quanto al socialismo, che sostiene in modo autonomo la vita della società, quasi fino a sostituirsi all’ economia commerciale e perfino allo Stato. Lo stesso principio solidaristico, tratto però dalle radici tribali, lo si ritrova nelle società africane, con movimenti come Njamaa o Ubuntu Mobuntu, e in quelle estremo-orientali (la “Mura Mentality”, eternata nei “Sette Samurai” di Kurosawa).
Sempre nell’ Ottocento, il Barone von Stein studiava in Austria la questione sociale. Tra l’altro, fu lui a inaugurare l’espressione “movimenti sociali”. Nasceva il Socialismo della Cattedra e II Reich inaugurava il Reichsversicherungsamt (L’Ente Imperiale delle Assicurazioni Sociali), a cui si affiancò ben presto una parallela legislazione austro-ungarica, non priva di connessioni con lo studio delle società contadine slave (in particolare, della “zadruga” balcanica),da parte di riformatori conservatori germanici Il Kaiser qualificava i lavoratori come “Soldaten der Arbeit“. Pochi anni dopo, Spengler parlerà di un “socialismo prussiano”.
All’inizio del ‘900, Sorel rivendicava, contro l’inerzia del movimento socialista, il movimentismo quale motore dell’azione sociale. Ne nasceva il “Cercle Proudhon”, luogo d’incontro fra anarco-sindacalisti e l’Action Francaise, aspirante a restaurare l’ordine cetuale dell’ Ancien Régime. Nello stesso tempo, il movimento sionista coniugava aspirazioni nazionali e religiose con un’ethos socialista, attraverso istituzioni quali il sindacato Histadruth e Enti quali i Kibbutzim.
A cavallo della 1° Guerra Mondiale, l’interventismo di sinistra, e, in particolare, Mussolini, propugnavano la sintesi fra socialismo e nazionalismo, che troverà la sua pratica espressione nel Programma di Sansepolcro.
In Germania, nel 1920, il Reichswirtschaftsrat univa lavoratori e datori di lavoro. Nel 1922,colla Gesetz über die Entsendung von Betriebsratsmitgliedern in die Aufsichtsräte der Kapitalgesellschaften, veniva avviata la cogestione e la socializzazione delle imprese, che i Sindacati cristiani salutavano come la “costituzione dei lavoratori quale nuovo ceto”.Tuttavia, il sopraggiungere della crisi del 29 e el nazismo interruppero questi tentativi. La Carta del Quarnaro di D’Annunzio e di De Ambris introdusse in Italia, riallacciandosi agli statuti delle antiche città adriatiche, l’idea, presente anche nell’art. 165 della Costituzione di Weimar, di una partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese e dello Stato, ricalcata sull’ idea di Toniolo, di associazione fra capitale e lavoro.
Il fascismo sviluppò nella sua massima estensione il concetto corporativo, a cui aderirono pensatori e sindacalisti di tutta Europa, facendone uno dei cardini del proprio sistema. In occasione del congresso corporativo di Ferrara, Ugo Spirito lanciò la sua idea della Corporazione Proprietaria, che costituì poi la base occulta del modello socialista jugoslavo.
Nella sua fondamentale opera “Der Arbeiter” (“L’Operaio”), Ernst Juenger teorizzò, espandendo idee del marxismo e del “socialismo prussiano”, la nascita, con la “Mobilitazione Totale” industriale bellica, di un nuovo tipo di uomo, un gigante mezzo uomo e mezzo macchina, il “Post-Uomo” che avrebbe dominato la nuova era. A questa specie di cyborg corrispondeva, sul piano politico, un nuovo tipo di Stato, lo “Stato Nazionale del Lavoro”, incarnato, nel 1927, dai due modelli sovietico e italiano. E, in effetti, nell’ immaginario collettivo, bolscevismo e fascismo furono accomunati nella loro idea di “nazionalizzazione delle masse” attraverso il completamento della rivoluzione industriale e la creazione dello Stato sociale.
Nel Manifesto di Verona venne proclamato il principio della socializzazione delle imprese, poi realizzato legislativamente negli ultimi giorni della Repubblica Sociale.
Buona parte delle classi dirigenti della sinistra postbellica furono allevate dai “fascisti di sinistra” operanti nel campo del sindacalismo (come De Ambris), e intorno al Ministro Bottai, e, in particolare, la sua rivista “Primato”, o a Cinecittà. Basti pensare a Malaparte, Ingrao, Pajetta, a Napolitano, a Fo. Anche i teorici del federalismo europeo, come tutta Giustizia e Libertà, e, in particolare, Adriano Olivetti, furono ispirati dal corporativismo, proprio nella sua forma della Corporazione Proprietaria e della Socializzazione. I progetti della Resistenza (come quelli di Galimberti, Spinelli, Het Parool e Libérer e Fédérer), contenevano accenni al corporativismo (avversione per la partitocrazia, socializzazione delle imprese strategiche).
Subito dopo la IIa Guerra Mondiale,nonostante la sconfitta dell’ Asse, le corporazioni vennero introdotte in Olanda, Spagna e Portogallo, mentre la Jugoslavia socialista adottava in pratica, sotto i nome di “autogestione sociale”, tutti i principi della Corporazione Proprietaria (OOUR, Federazione di Organizzazioni di Lavoro Associato), della rappresentanza corporativa e del Federalismo Integrale, poi imitati in altri Paesi ”socialisti”, come per esempio l’Algeria.
In Olanda, l’ordinamento corporativo si fondava su un’organizzazione complessa, avente al vertice la Fondazione del Lavoro (“Stichting van de Arbeid”), e il Consiglio Economico e Sociale (“Sociaal- Economisch Raad”), sulla falsariga del Reichswirtschaftsrat in dem Arbeitgeber und werkschaften vertreten sind e, alla base, le Corporazioni (“Bedrijf- en Produktschappen”).
Molti principi del diritto del lavoro contenuti nella Costituzione Italiana, e in gran parte mantenuti nel diritto del lavoro postbellico, provengono dalla Carta del Lavoro fascista, di cui riprende la terminologia (“lavoro”; “giusto salario”;”contratto collettivo valido erga omnes” “responsabilità sociale dell’ impresa”, “lex favorabilis”).
Nel 1952, in Germania, per evitare l’acquisizione forzata delle aziende da parte delle imprese dei Paesi vincitori, venne introdotta, dal Governo democristiano, una cogestione delle imprese estremamente pervasiva, simile a quella del Manifesto di Verona, che è tutt’ora in vigore, e che è stata imitata praticamente in tutta Europa (paradossalmente, salvo che l’Italia, madre della socializzazione, ma che, nel dopoguerra, non ne ha più neppure voluto parlarne).
La Democrazia Cristiana fu particolarmente attiva nelle politiche sociali, allineandosi così sulle Encicliche Sociali. Basti ricordare lo Statuto dei Lavoratori, votato dalla DC e approvato con l’astensione dei Comunisti.
Anche la politica del lavoro gollista fu basata sul principio della cogestione delle imprese, oltre che su altri simili principi “corporativi”.
Non parliamo dei moti del ’68, che non furono solamente progressisti, bensì conobbero anche, soprattutto nelle università di Roma, di Perugia di Messina e Reggio Calabria, un’ampia gamma di espressioni alla tradizioni della Destra Sociale, in particolare con le riviste “L’Orologio” di Luciano Lucci Chiarissi e “Nuova Repubblica” di Giano Accame, nata dall’omonima ala scissionista filo-gollista del Partito Repubblicano, quella di Randolfo Pacciardi.
Buona parte del diritto sociale europeo è dipendente storicamente dai principi della cogestione, della partecipazione e del sindacalismo. D’altronde, dobbiamo le assicurazioni sociali e l’Ordinanza sull’Orario di Lavoro, al II° Reich; l’Opera Maternità e Infanzia, al fascismo; i Contratti Collettivi validi erga omnes, alla Carta del Lavoro; le Case INA, a Fanfani, i Comitati Economici e Sociali all’ Anti-Revolutionair Partij olandese; la cogestione ad Adenauer e De Gaulle. Senza contare il peso che il Peronismo ha esercitato sul pensiero sociale di Papa Francesco.
Lo stesso discorso vale per l’ambientalismo,nato con Thoreau, Ruskin, Arnold e i Wandervoegel, come protesta contro le brutture dell’ industrializzazione, proseguito sotto il Nazismo, come ritorno al Sangue e alla Terra, e ripreso da intellettuali conservatori, come Améry, Bahro, Jonas, Lorenz e Eibl-Ebersfeld, e, infine, teorizzato dall’Enciclica “Laudato sì”.
La riunificazione dell’ Europa dopo la caduta del Muro di Berlino avvenne innanzitutto sotto la spinta del sindacato polacco Solidarnosc, fortemente influenzato da Papa Giovanni Paolo II e dalla Chiesa polacca.Nello stesso modo, la nascita di un Islam politico democratico, e, quindi, dell’ Euroislam, ha conosciuto la spinta sociale di partiti come i Fratelli Mussulmani e l’AKP, fortemente radicati nei corpi intermedi.
La dottrina politica dell’Unione Europea si fonda sui concetti conservatori di “stabilità” , “pluralismo”, ”sussidiarietà” e “solidarietà”; la sua legislazione comprende direttive sulla partecipazione dei lavoratori e sui Consigli di Fabbrica Europei, tratti dalle tradizioni del corporativismo cristiano e dalla prassi della Mitbestimmung tedesca.
Si può dire così che buona parte del patrimonio ideale, concettuale, politico e legislativo del “sociale”, vantato come proprio dalla sinistra, e divenuto parte integrante della sua egemonia, sia in realtà oggetto di un’appropriazione culturale rispetto a preesistenti culture politiche. E, ancor oggi, le retoriche delle istituzioni nazionali ed europee, ivi comprese quelle del pensiero unico e del post-umanesimo, non sono altro che una scimmiottatura riduttiva, dogmatica ed ossessiva dei temi storici della “Destra Sociale”: ambientalismo, solidarismo, interclassismo, elitarismo, stabilità sociale, Stato etico…
Per questo, la “Destra Sociale”, anziché rappresentare, come vorrebbero i luoghi comuni, una forma di “estremismo”, costituirebbe il reale “mainstream” della cultura europea del sociale, se non fosse oscurata dalle convergenti narrative di diverse lobbies antieuropee: quella post-marxista, quella post-umanista quella californiana…
La paradossale storia della città di Togliatti:costruita dalla FIAT con tanta fatica; ceduta da Stellantis per 1 rublo per evitare grane con l’ America.
3.La politica sociale non può neppure cominciare senza una “difesa del lavoro nazionale”
Esula da tutte le tradizioni sociali europee, ivi comprese quelle marxiste,l’idea dell’ assistenzialismo (centrale invece nel dibattito sul Reddito di Cittadinanza e sul Salario Minimo), ovvio corollario dell’accettazione del principio liberistico dell’inevitabilità della disoccupazione, che, invece, gli Stati Nazionali del Lavoro non ammettevano, poiché il lavoro era, per essi, non già un diritto, bensì un dovere, in vista della Mobilitazione Totale.
Né le politiche sociali marxiste, né quelle antimoderne, hanno perciò mai posto al loro centro l’assistenzialismo, che è solo l‘effetto indiretto di una cattiva gestione dell’ economia (le “market failures”, a cui, perfino secondo i liberisti, lo Stato deve rimediare con il proprio intervento). Si è condannati a fare assistenza quando non ci sono, come oggi, né lavoro, né partecipazione, sicché i cittadini si trasformano tutti gradualmente in “nuovi poveri” e, poi, in potenziali “Gilets Jeaunes”.
L’economia è stata mal gestita per molti decenni, non soltanto in Italia, ma in tutta Europa, per effetto di ideologie e politiche mistificatorie, come il liberismo e la lotta di classe, impostesi in Europa dopo la IIa Guerra Mondiale, paradossalmente proprio in un’era di gestione politica dell’ economia in tutto mondo (e in primis negli Stati Uniti, che si pretendono liberisti), a partire dal Piano Marshall, per arrivare al DARPA, all’aiuto allo sviluppo, all’ antitrust, dalle tecnologie duali, al Trading with the Enemy Act, alle sanzioni, al “de-risking”, al “friend-shoring” (senza contare le politiche del blocco socialista e dei Paesi in Via di Sviluppo)….Solo l’Europa postbellica aveva sempre sdegnosamente rifiutato di condurre questo tipo di politiche. Ora le conduce “perché ce lo chiede la NATO”, per contrastare le “influenze maligne” delle “Autocrazie”.
La Terza Guerra Mondiale oramai avviata ha portato comunque alla rivalutazione dei vecchi concetti (mai abbandonati nella sostanza) dell’ Economia Nazionale, del controllo politico e militare sull’ economia, dei sussidi e dei divieti, delle collaborazioni pubblico-privato e civile-militare, delle politiche industriali nazionali, dei consorzi obbligatori : nella terminologia di Lenin, il”socialismo di guerra”, in quello di Kalecki, il “keynesismo militare”. In questo contesto , anche le politiche sociali non possono non assumere una connotazione “nazionale”: i posti di lavoro si creano sostenendo la competitività del “sistema Paese” nei confronti del resto del mondo. Per esempio, favorendo una cultura tecnologica nazionale, la nascita di nuove imprese nazionali in aree strategiche e la difesa di quelle esistenti. Nella presente fase, ciò deve avvenire in un contesto europeo, come avvenuto in passato con l’Ariane, l’Eurojet, l’Eurofighter, i Corridoi Europei, l’Airbus, Galileo…
IL Governo Meloni si è fatto recentissimamente portatore di questo keynesismo militare, attraverso lo stravolgimento dei patti parasociali della Pirelli, la tassazione degli extra-profitti delle banche e l’intervento diretto del Ministero delle Finanze nella rete telefonica nazionale per controbilanciare l’azionariato francese ed americano.
Purtroppo, abbiamo assistito negli ultimi decenni a operazioni catastrofiche di segno opposto, come la distruzione dell’ Olivetti e del Concorde, il boicottaggio di Eurofighter e EADS, la difesa oltre i limiti del ragionevole dei monopolisti americani dell’ informatica, la cancellazione della FIAT..
Queste attività di sabotaggio antieuropeo continuano tutt’ora, con la svendita ai Russi di Togliattigrad e con l’acquisto, da parte di ESA, del lanciatore SpaceX di Elon Musk in luogo della paneuropea Ariane. Per non parlare degli effetti catastrofici per l’ Europa delle sanzioni contro mezzo mondo e del “decoupling” dalle economie russa e cinese, effetti che si stanno vedendo in questi giorni con la decrescita in Germania, colpiti dalla riduzione degli affari con la Cina e con la Russia.
Poi ci si stupisce della scarsità di posti di lavoro altamente qualificati e del dilagare di attività da terzo mondo (l’”economia da bar”), come i balneari (in cui vorremmo fare concorrenza sui prezzi all’ Albania) e il bracciantato agricolo, principale stimolo all’immigrazione clandestina! I posti da grande finanziere internazionale, un tempo ambiti dai “capitani di ventura” italiani; di supermanager come Mattei, Romiti, Marchionne; di scienziati internazionali come Marconi e Fermi; di grandi imprenditori come Olivetti, Versace, Armani, lo stesso Berlusconi; quelli di intellettuali internazionali come Puccini, Toscanini, Montessori, Fellini, Visconti, Antonioni, Eco, sono oramai prerogativa di quei Paesi che sostengono maggiormente i loro talenti, con un’adeguata “advocacy”, più necessaria che mai in un mondo di lobby internazionali, di “soft power”, di disinformazione e di trolls: America, Cina, India, Israele..L’Europa non è più un posto per giovani, né tanto meno per giovani laureati.
Siamo stati testimoni di questo progressivo declassamento, avendo lavorato all’ internazionalizzazione dell’ industria italiana per i gruppi CIR e FIAT, su progetti come Togliattigrad, FIAT Polski, Eurojet, Eurofighter, Airbus, Ariane, Vega.., gradualmente liquidati da politiche antinazionali ed antieuropee, come la cessione dell’ Olivetti alla General Electic, l’acquisto dei F35 americani, lo smantellamento dell’EADS…
In questa situazione, nessuno, né la sinistra, né la destra, è in grado di offrire concretamente ai nostri giovani dei posti di lavoro all’ altezza delle nostre tradizioni, della nostra cultura, delle ambizioni e dei sacrifici delle nostre famiglie. Esistono solo più posti da entertainer, baristi, camerieri, bagnini.
Stupisce solamente che movimenti come quello dei “Gilets Jaunes” non siano più frequenti.
Una destra veramente sociale dovrebbe quindi cominciare dalla creazione, con una politica proattiva, di posti di lavoro nei settori strategici. E’ tanto bello parlare di un nuovo “Piano Mattei”, ma Mattei andava in giro per il mondo a combattere per l’economia italiana, per dare, come egli diceva, “un posto al sole” all’ Italia, e per questo fu ucciso. I nostri attuali governanti sono disposti a rischiare la loro vita per il futuro dei nostri giovani, difendendo le nostre aziende nel mondo, applicando coerentemente l’antitrust e la legislazione fiscale, sostenendo la tecnologia nazionale con adeguate politiche interventiste? Parliamo di industrie informatiche, di finanza internazionale, delle stesse industrie culturali.
Invece, si preoccupano di aggiungere le beffe al danno, accettando di fare, del patrimonio culturale nazionale, lo scenario di una pagliacciata quale il preannunziato incontro di arti marziali fra Musk e Zuckerberg. Ma “oportet ut scandala eveniant”: così si metterà in scena lo spettacolo realistico di un’Italia di “superbe ruine” pura scenografia, sullo sfondo del quale si scontrano i veri poteri del mondo:”il disprezzo insito nella richiesta di umiliare l’Italia a set di polistirolo”, come scrive Gianni Riotta, il quale conclude giustamente:”Passeggiare nelle nostre città, da Venezia a Siracusa, lascia già temere che un modello di sviluppo affidato solo al turismo svuoti per sempre i centri storici di cittadini, artigiani, artisti, famiglie lasciando solo fast food, Airbnb, bancarelle, kitsch”.
Di fronte alle crisi del capitalismo, torna di attualità l’economia mista
4.Quali programmi per una Destra Sociale?
Nel nostro opuscoletto, ci siamo permessi di suggerire a tutti gli schieramenti presenti nel Parlamento Europeo per riprendere vitalità, ritornando ai fondamentali, vale a dire alle esigenze per cui, secoli fa, essi erano nati. Questo vale a più forte ragione per una “Destra Sociale”, le cui radici (Classicità, Medioevo, corporazioni, Encicliche Sociali, Gaullismo, partecipazione) si confondono con la storia stessa dell’ Identità Europea.
Una volta rovesciate le politiche economiche antinazionali e antieuropee degli ultimi 50 anni, occorrerebbe, per l’Italia, accingersi anche a raggiungere gli altri Paesi d’Europa nel campo del diritto sociale, avvicinandoci a quel “modello renano” -di origine corporativa, democristiana e gollista-, dominante in tutta Europa, e di cui i partiti socialisti, in assenza di idee proprie, si erano arditamente appropriati per un certo periodo, e che è stato poi abbandonato anche da questi ultimi negli ultimi decenni: Commissariat au Plan, salario minimo, politica dei redditi, dialogo sociale, federalismo integrale, partecipazione alla gestione e agli utili delle imprese.
Gli esempi legislativi non mancano in tutta Europa: Comitato Economico e Sociale, Centre d’Analyse Stratégique, France Stratégie, Institut fuer Wiederaufbau, Betriebsverfassungsgesetz, Mitbestimmungsgesetz…
In campo ambientale, occorrerebbe mettere in pratica quanto accennato nella “Laudato sì”, in particolare un’ecologia che non fosse il puro e semplice “greenwashing” di interessi finanziari internazionali, di cui la propaganda ecologistica costituisce troppo spesso una semplice funzione di marketing, bensì una “ecologia profonda”, o “ecologia dell’ anima”.Certo, non una politica ecofobica quale caldeggiata da taluni nelle destre europee.
Sul piano della prassi politiche, ciò dovrebbe passare attraverso la presa sotto controllo dei movimenti sociali di contestazione del sistema, a partire dal Movimento Europeo, da quelli studenteschi, dai sindacati e dai movimenti ecclesiali, per rivendicare la trasformazione dell’Unione Europea in un vero Stato-civiltà; l’introduzione di sistemi capillari di partecipazione a tutti i livelli; la difesa da parte dell’ Unione, dell’economia continentale, e, in particolare, la creazione di Campioni Europei nei “settori di punta”. Insomma, per usare un’espressione cara un tempo all’ On.le Alemanno: “Italia, Europa, Rivoluzione!”
Come tutto ciò possa sposarsi con le politiche parlamentari italiana ed europea, e, in particolare, con le tattiche elettoralistiche dei partiti di destra in vista delle elezioni europee (cfr. nostro volumetto”Elezioni 2024, I partiti europei nella tempesta”), è ancora tutto da vedere.
Tuttavia, proprio se, come afferma l’on.le Alemanno, questo rilancio vuol essere più ambizioso che non una pura manovra pre-elettorale, esso non può prescindere da un preliminare lavoro culturale, che dipani questa complicata matassa di radici e di rapporti, per renderla utilizzabile oggi, nell’ era delle macchine intelligenti.E questo lavoro dovrebbe interessare intellettuali di tutto l’attuale e fatiscente “arco politico”: infatti, il diritto sociale costituisce una parte importante della identità, tradizione, storia, società ed economia europee, senza il quale non si può progettare alcuna politica seria, nessuna uscita dall’ attuale palude!
Se e nella misura in cui questo sforzo ci sarà, siamo interessati a parteciparvi, contribuendo a riscoprire quest’intero mondo sommerso, su cui poggiano comunque le basi delle nostre società europee.
PROPOSTE DEL MOVIMENTO EUROPEO PER LA PACE IN UCRAINA
Riportiamo qui di seguito le proposte di cui sopra, con in seguito un nostro commento:
“Noi riteniamo che l’Unione europea, confermando il pieno sostegno all’Ucraina nella difesa della sua libertà e del diritto all’ inviolabilità del suo territorio insieme all’impegno alla ricostruzione del paese, dovrebbe iniziare a riflettere sulle ipotesi per un avvio di un dialogo indispensabile al raggiungimento di un “cessate il fuoco” e poi dell’inizio di un processo che porti ad una pace duratura ai suoi confini essendo chiaro che la definizione delle condizioni per un accordo appartengono in primo luogo alle autorità dell’Ucraina e cioè al suo governo e al suo parlamento che sarà rinnovato nelle elezioni legislative che avranno luogo entro l’estate del 2024.
A nostro avviso le ipotesi per l’avvio del dialogo dovrebbero essere basate sui seguenti cinque elementi che potrebbero costituire un embrione di un “piano di pace” dell’Unione europea inserito nel quadro di una visione complessiva della cooperazione e della sicurezza sul continente che potrebbe assumere la forma di un accordo o di un trattato che si ispiri al metodo dei negoziati che condussero nel 1975 alla Dichiarazione di Helsinki e poi nel 1990 alla Carta di Parigi:
– La garanzia della integrità territoriale e della inviolabilità delle frontiere dell’Ucraina definite in occasione della sua indipendenza nel 1991 alla caduta dell’Unione Sovietica;
– L’attribuzione alle regioni di Donec’k, Luhans’k e della Crimea dell’autonomia secondo un modello federale e ispirandosi all’esempio degli accordi De Gasperi-Gruber applicati all’Alto Adige con l’Accordo di Parigi del 5 settembre 1946;
– L’adesione dell’Ucraina all’Unione europea al termine dei negoziati di adesione, sulla base delle condizioni stabilite dall’art. 49 del Trattato sull’Unione europea e nel quadro del processo di allargamento ai paesi candidati dei Balcani Occidentali e dell’Europa orientale (Moldavia e Georgia) che prevede:
l’accettazione piena e integrale dei principi contenuti nel preambolo del Trattato di Lisbona ivi compreso il processo di una unione sempre più stretta le cui basi dovranno essere gettate entro la prossima legislatura europea superando lo stesso Trattato di Lisbona secondo un metodo democratico costituente,
il rispetto dei valori comuni definiti nell’art. 2 e dello Stato di diritto insieme al primato del diritto dell’Unione,
il principio della cooperazione leale previsto dall’art. 4 del Trattato sull’Unione europea e della solidarietà previsto dagli articoli 80 e 222 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
l’adesione alla Carta dei diritti fondamentali,
e l’applicazione dell’art. 42.7 che prevede l’aiuto e l’assistenza degli Stati membri ad uno Stato oggetto di una aggressione armata sul suo territorio conformemente all’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite.
– L’applicazione all’Ucraina delle stesse condizioni di neutralità adottate al tempo dell’adesione dell’Austria all’Unione europea nel 1995.
– In questo spirito e in questa logica la decisione di escludere l’adesione dell’Ucraina alla Organizzazione dell’Atlantico del Nord e alle sue strutture militari.
Questi elementi dovrebbero essere presentati dall’Alto Rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite secondo l’art. 34.2 del Trattato sull’Unione europea, al Vertice della Nato di Vilnius e al Vertice dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa associandoli alla richiesta di convocare una Conferenza ispirata agli Accordi di Helsinki del 1975 e alla Carta di Parigi del 1990.”
COMMENTI DELL’ ASSOCIAZIONE DIÀLEXIS
Intanto, complimenti al Movimento Europeo per avere ideato soluzioni fuori del coro, senza timore per l’impopolarità. Pur non essendo, ovviamente, soluzioni perfette (perchè concepite come proposte interlocutorie), potrebbero costituire un anticipo di soluzioni più complete e radicali (cfr. punto 2).Quest’idea non appare irrealistica dopo il conferimento da parte del Vaticano del mandato di mediatore a Monsignor Zuppi e con l’avvicinarsi delle elezioni americane.
1.I veri obiettivi delle parti in causa
Il problema è che, come affermato ufficialmente da Russia e Cina prima dell’ avvio dell’ “Operazione Speciale”, l’obiettivo di questa non era tanto o soltanto quello di difendere la Crimea e il Donbass, oggetto dal 2014 di un tentativo di recupero da parte dell’ Ucraina, territori e che, dopo i referendum e l’incorporazione nella Federazione Russa, devono essere difesi per legge, bensì un nuovo sistema globale di sicurezza mondiale, fuori dell’egemonia degli USA, che, a loro avviso, starebbero cercando di “strangolare” (con le sanzioni e con l’accerchiamento militare) i Paesi eurasiatici e di impedire le Nuove Vie della Seta in un momento in cui le dinamiche storiche, economiche e politiche, starebbero ponendole al centro della storia. Del resto, gli ultimatum scritti di Lavrov NON erano indirizzati all’Ucraina, bensì a USA e UE, e vi si chiedeva di confermare per iscritto quelle garanzie “di non allargamento” che Baker avrebbe promesso a Gorbaciov.
E’ difficile che Russia e Cina desistano dalla “guerra senza limiti” per ridimensionare l’America, e per garantirsi così la libertà di passaggio negli stretti asiatici ed europei, vitale per il loro sviluppo economico. A meno che America e UE non firmino delle garanzie a questo proposito, come richiesto nel 2021.
Altrettanto difficile che l’America accetti senza colpo ferire di rinunziare alla sua attuale posizione privilegiata (la “Trappola di Tucidide”). Il vertice di Hiroshima non fa che “fotografare” questo scontro in tutta la sua intensità. Le dichiarazioni rese da di Giorgia Meloni sono illuminanti circa gli obiettivi occidentali al vertice.
Indubbiamente, s’imporrebbe anche, come richiesto dal Movimento Europeo, la rivalutazione in grande scala del concetto di “neutralità” (di tipo “austriaco”, cioè garantita internazionalmente), che dovrebbe estendersi a tutti i territori controversi, ovunque si trovino (per esempio, ai Balcani Occidentali e Caucaso).
Per ciò che riguarda l’Ucraina, la questione delle autonomie territoriali e culturali dovrebbe coinvolgere, a nostro parere, l’intero territorio (come voleva il Partito delle Regioni di Janukovski, che non per nulla era stato deposto con la forza). Infatti, l’Ucraina, come e più degli altri Stati Europei, è una costruzione recente e artificiale (come ad esempio anche il Belgio e la Grecia). Pensiamo a quali forzature sono state fatte per creare la Grecia che conosciamo (di cui, secondo il Fallmerayer, nel 1821, la metà della popolazione non era greca, e fu grecizzata con la forza, così come l’Ucraina viene ora “ucrainizzata” a viva forza).
L’Ucraina dovrebbe essere, come si diceva un tempo, “federalizzata” sul modello belga (comunità francofona, comunità fiamminga, comunità germanofona, Bruxelles capitale). Così, in Ucraina, vi sarebbero una comunità russofona, una ucrainofona, una rumena, una ungherese, una rutena, e una Kiev capitale…
Ma, più in generale, almeno un terzo dell’ Europa (dall’ Irlanda, alla Scozia, alla Spagna, al Benelux, ai Balcani, alla Turchia, per non parlare dell’ Europa Orientale) dovrebbe costituire una serie di “Territori Federali”, non aggregati a nessuno “Stato Nazionale”. Solo così si garantirebbe la vera identità di quei territori (la Celtia, la Franconia, i Pirenei, la Macroregione Danubiana, quella baltica, quella caucasica).
Ancora più in generale, lo Stato Nazionale non è l’unità di base ideale di un’ Europa Unita, come ben vedeva per esempio il Federalismo Integrale. Le fantasmatiche “Macroregioni” ed “Euroregioni” corrisponderebbero molto meglio alle identità storiche degli Europei e a una distruzione razional delle competenze in una “multi-level governance”.
Poi, occorrerebbe ricomporre, con questi tasselli, il puzzle di un’ Europa veramente unita e forte sulla scena internazionale.
Infine, la UE dovrebbe concedere di più all’ Est Europa. Il Socialismo Reale non è stato abbattuto dalle Comunità Europee, né dalla NATO, né da Washington, bensì dai Talibani, da Solidarnosc, da Papa Wojtyla, da Gorbaciov e da Eltsin. I loro valori, diversi, debbono entrare a fare parte della cultura comune. I popoli europei orientali si sentono frustrati dall’ essere considerati come dei questuanti e degli eterni imputati. Per questo, si buttano sulle loro glorie passate.
Occorre anche trasferire un po’ di istituzioni a Est (in un domani anche a Kiev, Mosca e San Pietroburgo).
2.Una vera pace (o tregua) fra le Grandi Potenze, può essere basata solo sull’ equilibrio nella intelligenza artificiale.
Però, una vera pace (o almeno tregua),anche per l’Ucraina, potrebbe farsi solo fra USA, Cina e Russia, e riguardare, come ha detto Kissinger, più che questioni territoriali (forse insolubili), innanzitutto la regolamentazione internazionale dell’Intelligenza Artificiale, che oramai comanda le armi nucleari e la gestione strategica delle guerre (“Hair Trigger Alert”, “Dead Hand”, militarizzazione dello spazio, Cyberguerra). Basti pensare al recentissimo scontro nei cieli di Kiev fra i missili “intelligenti” Patriot e Kinzhal, basato sulla capacità di intercettazione e/o distruzione del sistema avversario.
Come oramai affermano concordemente tutti i grandi esperti di informatica, bloccare l’intelligenza artificiale è il massimo problema comune dell’ Umanità. La guerra è infatti lo strumento di cui l’Intelligenza Artificiale si serve per subentrare agli uomini (Manuel de Landa).
Solo con un’azione culturale trasversale, passando attraverso persone come Kissinger o il Papa, si potrebbe arrivare a un accordo sul controllo dell’ intelligenza artificiale, e, con ciò stesso, al controllo sulla possibilità di scatenare una guerra.
Il problema per l’Europa è ch’essa non può partecipare autorevolmente a questo dialogo, perché, dopo la morte di Adriano Olivetti e del Professor Zhu, non ha mai più avuto la minima autonomia digitale, mancando di un proprio centro ideativo in campo informatico.
Se l’Europa vuole poter contare nella configurazione di un accordo siffatto, deve sviluppare al più presto le proprie competenze digitali, innanzitutto con la creazione di un’accademia europea dell’AI di un’accademia militare europea e di un servizio segreto europeo, poi con l’”upgrrading” digitale dell’ intero sistema produttivo e di difesa: quello che, inascoltati come sempre, abbiamo proposto co i nostro libro “European Digital Agency””Restarting EU Economy” e “Istituto Italiano dell’ Intelligenza Artificiale di Torino”.