DALL’EGIZIO AL MUSEO DELL’ EUROPA verso Torino Capitale Europea della Cultura 2033

Nella prefazione al libro “La Memoria è il nostro futuro”, ispirato all’ idea-chiave della “Memoria Culturale” di Ian Assmann, il direttore del Museo Egizio di Torino, Christian Greco, ha sviluppato un approfondito discorso sul ruolo che i musei potrebbero, e dovrebbero, avere, nel dibattito contemporaneo circa le identità culturali – un dibattito a nostro avviso determinante per le sorti della pace e della libertà nel mondo-.Discorso ulteriormente allargato con “La cultura è di tutti”, scritto con Paola Dubini, Egea,Milano, 2014.
Nel contempo, il Sindaco di Torino ha lanciato un tavolo di lavoro per la candidatura della Città a Capitale Europea della Cultura nel 2033. Il discorso sui musei s’inserisce perfettamente in questa prospettiva, che rientra, a sua volta, a pieno titolo, nella missione e nella storia dell’Associazione Diàlexis.


1.Contro la moderna follia
Nessun momento avrebbe potuto essere più appropriato di questo, in cui assistiamo, per usare un termine attualissimo, a una Guerra Senza Limiti (cfr. Liang Qiao , Xiangsui Wang, e al.),fra, da un lato, il blocco culturale, politico e militare “occidentale”, che, pure fra le apparenti divergenze (fra “cultura Woke”, “Cancel Culture”, Politicamente Corretto, Singularity, turbocapitalismo, “progressismo da ZTL”, sovranismo e “Make America Great Again”), condivide l’idea di una missione superiore attribuita all’Occidente, e, dall’ altro, la molteplicità delle infinite culture del resto del mondo (pre-alfabetiche, animistiche, politeistiche, patriarcali, epistocratiche, religiose, comunitarie, conservatrici, monarchiche o ancestrali), a lungo spregiate e perseguitate in quanto barbariche e arretrate (cfr., per esempio, la conquista delle Americhe, la Tratta Atlantica, lo schiavismo, il Trail of Tears, l’ imperialismo, il neo-colonialismo, i genocidi, l’islamofobia, la russofobia, l’”esportazione della democrazia”), ma le quali infine, grazie ad una sorta di “Lunga Marcia” (indipendenza di Cina, India, Vietnam e altri Paesi afro-asiatici; rilancio delle “tigri asiatiche”; miracolo cinese) hanno oramai raggiunto un livello di parità culturale, politica, economica e militare con il “Primo Mondo”, il che che permette loro di esprimere il loro punto di vista circa i grandi temi dell’ Umanità.
Qualora si assumano questi diversi orientamenti culturali e storici come un qualcosa di fisso e assoluto, l’“escalation” verso la Terza Guerra Mondiale, in corso in Ucraina, nel Levante e nel Mar della Cina, è inevitabile. Se, invece, come a noi pare più sensato, si vanno a cercare le radici comuni delle diverse culture del mondo, quali esse apparivano per esempio all’ inizio dell’ Epoca Assiale (cfr. Jaspers, Eisenstadt e Assmann), uno “Scontro di Civiltà” sembra più lontano. Visto che qui si parla innanzitutto del Museo Egizio, non vi è chi non veda le similitudini fra l’Antico Egitto e le società ad esso coeve, come in particolare quelle mesopotamiche e anatoliche, con lo stesso ruolo attribuito ai sovrani di diritto divino, le loro mitologie addirittura “traducibili”, come nel trattato di Qadesh, l’etica professionale dei guerrieri montati su carri (pensiamo a Mozi o al Bhagavadgita), il principio di “humanitas” (“ren”仁), che traspare dalla “Regula Aurea”, l’indistinguibilità fra etica e diritto, spezzato dal positivismo giuridico delle poleis (cfr. Antigone)…
Anche avvicinandoci nel tempo, i poemi omerici e Gilgamesh, il Mahabharata e il Ramayana sono collocati in una stessa atmosfera etica e letteraria, caratterizzata dall’interazione fra gli uomini e gli dei, dal culto dell’eroe, dal senso del destino, che incombe sugli eroi e sugli stessi dei: un’atmosfera che ha permeato tutte le letterature successive (pensiamo all’Ifigenia di Goethe, ai Sepolcri, a Carlyle, ad Anouilh, alla Cassandra di Christa Wolf, all’ “Eschile, l’éternel perdant” di Kadaré).
Infine, i pensatori che hanno gettato le basi del pensiero mondiale, da Mosè a Jina, da Laotse a Confucio, da Zhuangzi a Mozi, da Eraclito a Parmenide, da Socrate a Platone, da Budda ad Aristotele, da Epicuro a Lucrezio, da San Paolo a Sant’Agostino, hanno affrontano tutti, seppure con diversi metodi e linguaggi, le stesse questioni, a partire dall’ indeterminatezza della realtà (Rgveda, Protagora, Socrate, Confucio).
Soprattutto il Cristianesimo testimonia l’eredità dei popoli primitivi e medio-orientali (cfr. Rees,Cristianesimo e antiche radici) a cominciare dal tema del Giardino Terrestre (il “Gan Eden” con un chiaro riferimento all’area sud-arabica); per passare al Diluvio Universale, così simile a ciò che si è detto e fantasticato su Atlantide, la Lemuria, Doggerland e Kumari Kandam; per poi venire al Figlio di Dio, alla Resurrezione, alla Trinità, agli Angeli, Arcangeli, Troni e Dominazioni, al Salvatore, all’Aldilà, all’ Apocalisse, all’ascetismo e al monachesimo. I Re Magi che adorano il Bambino non compiono lo stesso rito dei Lama che ancor ora selezionano il Piccolo Budda in giro per il Tibet? E il ricordo di Cristo e i suoi apostoli non è ancora vivissimo nei monasteri del Kashmir e nelle grotte di Chennai?
Solo negli ultimi mille anni il pensiero “occidentale”, con Averroè eal-Ghazzali, Hume e Hegel, Marx e Nietzsche, Freud e Jung, Wittgenstein e Heisenberg, De Finetti e Feyerabend, è sembrato allontanarsi dalle basi lato sensu umanistiche dell’Epoca Assiale, per tingersi spesso con il colori del “sospetto”. Sospetto talvolta del tutto giustificato, ma che più spesso rimanda alla “nostalgia” per quelle radici comuni (greche o cristiane, buddiste o zoroastriane).Contemporaneamente emergeva, con la Qabbalà e Newton, St-Simon e Marx, Rostow e Kurzweil, una visione teo-tecnocratica che pretende di cancellare le antiche culture in nome di una pretesa “obiettività” fondata sulla tecnica, vera “sostanza” del mondo e pensiero di Dio : visione che è oggi dominante nella Teoria dello Sviluppo e nella Singularity Tecnologica.


  1. Nostalgia dell’ avvenire
    Come scrive Greco, “Divenire consapevoli della relatività della visione contemporanea può rappresentare un primo passo per avvicinarsi al passato con la stessa cura e la stessa attenzione che un giorno speriamo venga dedicata alle nostre azioni e ai nostri pensieri..” Ma per noi è ancora di più. E’ lo strumento principe per bloccare la deriva della Modernità verso un mondo senza umanità dominato dagli algoritmi, in cui non vi sarebbe futuro per l’eredità dell’ Epoca Assiale.
    La contemplazione del passato non costituisce quindi una motivazione per l’immobilismo. I popoli più antichi già anticipavano aspetti della postmodernità, se non della futurologia, anche se li inserivano in una visione più vasta dell’ Uomo. Gli antichi libri sacri e i muri dei templi sono pieni di descrizioni di macchine volanti e di tute spaziali; i protagonisti degli affreschi egizi e cretesi sono multiculturali; l’idea dell’ibernazione quale premessa per la resurrezione è tipicamente egizia; ma neppure la fluidità di genere era certo sconosciuta, anche se con risvolti che certo non sono più ben accetti alla Cancel Culture…
    L’ethos dei popoli antichi può costituire anche un modello per quelli odierni, anzi, può aiutare a costruire una forza che eviti quella dissoluzione della società che spiana la strada al governo delle macchine intelligenti. La cultura che tutti abbiamo assorbito è l’erede diretta dell’educazione aristocratica, la “paideia” dei Greci, che accomunava, come concetto, i guerrieri spartani e le fanciulle dei “thiasoi”:il “gymnazein kai philosophein”, così come lo Yoga e il Bushido, sono la base della formazione “integrale” del cittadino “optimo jure”, che accoppia cultura fisica e pensiero critico. Non per nulla, “cultura” si diceva, in Greco Antico, “Paideia”, e si dice, in Neoellenico, “Politismòs”. Per questo, è importante la “storia della memoria” (“mnemostoria” di cui parla Dubini), a cui i coniugi Ian e Aleida Assmann hanno dedicato tutta la loro vita scientifica. Abbiamo appena assistito alle Fonderie Teatrali Limone di Moncalieri a una splendida rappresentazione di “Tragùdia”, un’opera in Grecanico calabrese che rivisita in modo innovativo le tragedie classiche del ciclo tebano, dimostrandone la perenne attualità.
    Ciò che vale per le culture antiche vale anche per le società contemporanee non occidentali. Secondo Lévi-Strauss, la filologia classica costituisce la forma primaria dell’antropologia. E’ noto come i Gesuiti, edificando su una base culturale classica e cristiana, siano divenuti i massimi esperti di Cina, traendone insegnamenti anche per l’Occidente, e diffondendoli in Europa con le loro “Lettres Amusantes et Curieuses”, a cui si abbeverarono gl’Illuministi, e grazie alle quali furono introdotti in Europa concetti fondamentali come quelli dello Stato minimo e dei concorsi pubblici per i funzionari. Ancora questa setytimana il Presidente Mattarella, citando indirettamente l’omonima opera in Cinese di Matteo Ricci, basata sul “De Amicitia” di Cicerone, ha citato l’amicizia quale chiave di volta di un mondo poliedrico, di cui evidentemente Cina e Italia dovrebbero essere protagoniste.
    Quanto valeva nei secoli XVII e XVIII dovrebbe valere a maggior ragione anche oggi. Lo studio comparato delle culture dovrebbe costituire un freno ai fanatismi, permettendo anche di capire come certe caratteristiche che noi attribuiamo erroneamente e polemicamente agli altri Continenti siano soprattutto un effetto indotto dell’incontro con l’Occidente, come il “socialismo con caratteristiche cinesi” (derivato in parte dal marxismo europeo), il “nazionalismo” russo (discendente dal romanticismo tedesco), il puritanesimo islamico (imitazione di quello anglosassone), il culto esclusivistico del dio/eroe/signore Rama (frutto della “rivalità mimetica” con la jiahad islamica e con la figura di Maometto), e la “nazione palestinese” dall’incontro-scontro degli Arabi con il “Popolo d’Israele”. Ma, soprattutto, la centralizzazione indotta dalla società della comunicazione di massa, e, in particolare, dalla transizione digitale, che, dell’era delle comunicazioni, costituisce il culmine – un fenomeno che parte dalla Presidenza Imperiale americana, dal Complesso Informatico-militare e dalla Società dell’ 1%, ma si è esteso al resto del mondo, dove però viene stigmatizzato come “autocrazia”-.
    In conclusione, lo studio del passato può e deve essere la fonte per la costruzione del futuro, così come la ricostruzione del Regno di Salomone era l’obiettivo del messianesimo, o gli “aurea saecula” il modello per il “principatus” augusteo, o “le urne dei forti” la scaturigine di una nuova generazione eroica di Italiani.


3.Favorire la poliedricità dei musei
L’ignoranza, da parte degli Europei, delle culture degli altri Continenti e delle periferie dell’Europa è abissale, ma grave è anche la censura selettiva della nostra stessa storia. Il compito di chi volesse veramente colmare questo abisso non sarebbe certo facile, richiedendosi il concorso di cultura, Chiese, Europa, Stati, tecnologie ed Istituzioni.
Cominciamo, per esempio, dalla parallela ignoranza delle civiltà precolombiane e di quella danubiana. Continuiamo con la Persia e in generale le radici dell’identità europea. Arriviamo infine alle cristianità orientali (malabarica, etiope, monofisita, ariana, nestoriana) e ai popoli dell’ Est Europa (Uralo-Altaici, Unni, Avari, Slavi, Bulgari, Caucasici, Ottomani, Karaiti, Askhenzaziti, Sefarditi). Per concludere poi con i primi secoli della storia americana (dalla Leggenda Nera a quella bianca, dalle colonizzazioni spagnola, olandese, francese e russa, alla tratta atlantica, al “Trail of Tears”, al Trattato di Guadalupe Hidalgo ;cfr.Aleksandar Hemon su “La Stampa”), alla classificazione razziale degl’Italiani (Lombroso,Sergi ), all’Eccezionalismo Americano e i progetti di integrazione europea (Dubois, Podiebrad, Sully, St-Pierre, Santa Alleanza, Trockij, Coudenhove Kalergi, Fulbright, Galimberti, von Ribbentrop…).
Tutto ciò potrebbe, e dovrebbe, fare oggetto di un’intensa attività culturale, e, in particolare, museale, incurante delle contrapposte egemonie culturali.
Una perspicua esemplificazione di quest’impellente esigenza è costituita proprio dal Museo dell’ Europa, di cui da tempo molti lamentano la mancanza, ma del quale si è riusciti, dopo molti sforzi, soltanto a realizzare una forma quanto mai incompleta, la Casa della Storia Europea di Bruxelles, sotto l’egida del Parlamento Europeo.
Orbene, questo museo non risponde purtroppo minimamente alle esigenze di conoscenza evocate dal paragrafo precedente, e, in primo luogo, quella di dare spazio al cosiddetto “patrimonio dissonante”di cui parla Dubini:”l’insieme delle vestigia del passato attorno alle quali diversi gruppi presentano narrazioni fortemente discordanti e spesso in conflitto”. Ricordiamo, come parte del “Patrimonio Dissonante”: le varie nozioni di genealogia dei popoli; la patria originaria degli Indo-europei; le influenze afro-asiatiche;il millenarismo; il Barbaricum; l’Ancien Régime; la Leggenda Bianca e la Leggenda Nera; il colonialismo; i grandi imperi; la nascita delle “nazioni”;l’America; il post-umanesimo; i totalitarismi..
Al contrario, si pretende d’imporre una cosiddetta “Memoria Condivisa”,cioè una serie di luoghi comuni cementati dalla propaganda, in cui i Greci sono i “Buoni” e i Persiani i “Cattivi”; gli Unni sono “Barbari”; i Comuni sono “Borghesi”; gli Anglosassoni costituiscono “un’Avanguardia”; l’Europa Orientale e l’Asia sono “arretrate”, e così via…
La Casa della Storia Europea, confondendo Europa con Unione Europea, parte assurdamente solo dalla Rivoluzione Francese, come se non facessero parte della storia europea Goebekli Tepe e la Bibbia, le Piramidi e le Zigurrat, , il mondo greco-romano, l’Euro-Islam, le “Tre Rome”, i Progetti d’integrazione europea (Dubois, Podiebrad, Sully, St-Pierre,la Santa Alleanza, Coudenhove Kalergi, Spinelli, Galimberti, Gorbaciov… ). Quel museo costituisce dunque la plastica rappresentazione dell’incapacità degli Europei di rappresentare la propria identità, per una serie di vizi intrinseci dell’Europa attuale: insufficienza della capacità cognitive e creative della classe dirigente; diktat ideologici; gretti particolarismi…
Con quel tentativo, di per sé meritorio, si è almeno evidenziata ed esemplificata un’ enorme lacuna nel panorama museale europeo, che va comunque colmata con un’azione congiunta dell’intelligentija, della politica, dell’ Unione, delle Istituzioni, degli specialisti, delle scuole, dei musei…Senza un’azione siffatta, è impossibile quel rilancio dell’Europeismo che da molti viene invocato, ma per lo più abbinato a concetti, come quello di “Memoria Condivisa”, che ne inficiano l’efficacia, provocando un senso di inautenticità e così tarpando le ali al necessario entusiasmo.
La decisione del Sindaco di Torino Lorusso di candidare Torino a Capitale Europea 2033 riapre una discussione da noi avviata da ben 14 anni, prendendo spunto dall’allora proposta candidatura della città per il 2019, a cui avevamo dedicato ben 2 libri.Allora come ora, la nostra proposta era quella che la candidatura non dovesse esaurirsi nella promozione puntuale di un grande evento, bensì costituire un momento determinante di trasformazione del tessuto culturale e sociale del nostro Territorio. In concreto, suggerivamo di compiere una intesi ragionata delle più vitali tradizioni della Città: editoria impegnata, alta tecnologia ed Europa.
Tutto ciò si era tradotto in 200 progetti di 50 associazioni riunite nel Comitato della Società Civile per Torino Capitale,e con il sito Torino 2019, che hanno fatto oggetto di un’apposita opera editoriale e di una serie di manifestazioni di accompagnamento presso il Comune. Purtroppo, come noto, il Sindaco aveva deciso allora di non candidare la Città. Tuttavia, l’esperienza acquisita rimane, e può essere utilizzata per la prossima candidatura.
Il Museo dell’ Europa (o almeno una mostra a questo proposito) può costituire un elemento centrale del progetto di candidatura, partendo fin da subito con un percorso di avvicinamento. Se il progetto sarà dedicato all’ Europa nel suo complesso, e non solo all’ Unione Europea, esso potrà essere ben accolto anche nel clima di critica dell’ Unione che si sta diffondendo.
Senza ovviamente addentrarci qui nei contenuti precisi del progetto, siamo per altro in grado di suggerire almeno i grandi filoni conduttori, che potrebbero tradursi in eventuali sezioni (e/o esposizioni). Essa potrebbe collocarsi in palazzi storici aventi una forte connotazione evocativa, accanto al Museo Egizio e quello del Risorgimento, oppure accanto al Museo di Arte Orientale, che testimoniano le tradizioni culturali europee e internazionali di Torino.

4.Un’ipotesi di Museo
Pur con la necessaria provvisorietà e indeterminatezza, ci sentiamo di delineare qui le linee essenziali di un possibile museo dell’ Europa, che potrebbero divenire le sezioni di un museo, e/o oggetto di mostre specifiche durante l’anno di Capitale Europea della Cultura:
-le meraviglie d’Europa (dall’ Artico all’ Asia Centrale, i fiordi e il Mediterraneo, le Alpi e le isole);
-le origini degli Europei(“Out of Africa”, Neanderthal, neolitico, cacciatori- raccoglitori, agricoltori, il cavallo, il Medio Oriente);
-l’Europa nelle scienze umane (geologia, etnografia, linguistica, genetica, teologia, geografia, storia, antropologia, dottrine politiche, scienze strategiche, arte, filosofia, letteratura, architettura,economia, diritto, sociologia, tecnologia);
-la “Memoria Culturale” (da Gilgamesh alla Bibbia; da Omero a Orazio; dal Nuovo Testamento al Corano; dalle Crociate ai Progetti d’integrazione; dall’Umanesimo alla Modernità)

-il predecessori (Mesopotamia, Egitto, Anatolia;il mondo greco-romano; Israele; il Barbaricum; il Cristianesimo;l’Euroislam; Bisanzio; i Progetti di Crociata;le grandi esplorazioni (europee ed afroasiatiche);
-le tracce delle civiltà (da Cnosso a Stonehenge, da Micene a Delfi, dal Partenone a Pompei, da Santa Sofia a Granada, da Venezia a San Pietroburgo, da Versailles alla nuova Berlino);
-i progetti d’ integrazione europea (Saint-Pierre;Saint-Simon; Santa Alleanza; Paneuropa; Ventotene, Galimberti, Fulbright, Schuman);
-la “Dekadenz”(Nietzsche, Dostojevskij, Spengler, Guénon, Huxley) e la “Distruzione dell’ Europa” (Benda, Lukàcs, Hillgruber);
-il mondo di Yalta (Est e Ovest;Guerra Fredda e Coesistenza Pacifica) e la caduta del Muro (il Dissenso; Gorbachev);
-l’Unione Europea (dal Federalismo all’ Unione; vittorie e sconfitte; Brexit);
-la Guerra senza Limiti (alla ricerca di un Nuovo Ordine Mondiale; la Società delle Macchine Intelligenti);
-il “patrimonio dissonante” (progressismo e perennialismo; Oriente e Occidente; Nord e Sud; Nazioni e Stati-Civiltà).

TELECONFERENCE ORE 18

Chi volesse commentare il post di oggi potrebbe farlo sul link seguente:

LINK PER ZOOM CALL Alpina Diàlexis  ti sta invitando a una riunione pianificata in Zoom.

Argomento: 9 MAGGIO 2023 || GIORNATA DELL’ EUROPA
Ora: 9 mag 2023 06:00 PM Torino (TO)

Entra nella riunione in Zoom
https://us06web.zoom.us/j/82282731196?pwd=bHpmbU9MTVBYclRGS3pDRFZ2eDdOdz09

9 MAGGIO 2023 GIORNATA DELL’ EUROPA

I partiti europei dinanzi alle elezioni del 2024

Nonostante molte obiettive difficoltà che ci hanno impedito di organizzare, come tutti gli anni, la tradizionale manifestazione per il 9 maggio, abbiamo voluto comunque dare il nostro contributo a ricordare quest’ importante ricorrenza, che abbiamo ogni anno celebrato con spirito critico, ben consapevoli del fatto che la Dichiarazione Schuman ha costituito, come non ci stanchiamo di ricordare, il momento del trionfo del Funzionalismo sul Federalismo, e, con ciò, l’inizio dei problemi di un’integrazione europea concepita fin dal principio come monca, vale a dire mancante di nerbo politico e culturale, e, come tale, destinata inevitabilmente a confluire nel progetto tecnocratico di omologazione occidentale,che sta sfociando nella Società del Controllo Totale

Abbiamo scelto perciò di diffondere un set di filmati, in cui illustriamo come la politica sia chiamata, in Europa, ad affrontare temi decisivi, a partire dalla Terza Guerra Mondiale, già in corso in Ucraina e in preparazione nel Mar della Cina. Di conseguenza, si pone, prima, al Movimento Europeo, poi, ai partiti politici (che stanno avviando le manovre per le elezioni europee del 2024), la necessità di una profonda rivisitazione di tutte le basi su cui si sono appoggiati fino ad oggi, per essere in grado di riflettere sulla Fine dell’ Uomo, sulla Società delle Macchine Intelligenti, sulla Guerra Totale, e di posizionare l’Europa di conseguenza.

Diàlexis ha pubblicato, a questo proposito, il libro“Verso le elezioni 2024: i partiti europei nella tempesta”

Pubblichiamo qui di seguito un ciclo di 6 filmati su questi temi, e di seguito i testi scritti di commento.

CICLO DI FILMATI SUI PARTITI EUROPEI DINANZI ALLE ELEZIONI DEL 2024

VIDEO 0 – 9 MAGGIO 2023 || GIORNATA DELL’ EUROPA || 0 – LIBRO “VERSO LE ELEZIONI EUROPEE DEL 2024″, Link: https://www.youtube.com/watch?v=HzPrtZAHHIA&t=3s

VIDEO 0 – 9 MAGGIO 2023 || GIORNATA DELL’ EUROPA || 0 – LIBRO “VERSO LE ELEZIONI EUROPEE DEL 2024″, Link: https://www.youtube.com/watch?v=HzPrtZAHHIA&t=3s

VIDEO 1 – 9 MAGGIO 2023 || GIORNATA DELL’ EUROPA || 1 – L’INVOLUZIONE DELL’UNIONE, Link: https://www.youtube.com/watch?v=LFtF2joOHKU&t=4s

VIDEO 2 – 9 MAGGIO 2023 || GIORNATA DELL’ EUROPA || 2 – CRISI DELL’UNIONE E CRISI DELL’ ORDINE MONDIALE, Link: https://www.youtube.com/watch?v=xFYcJQVb8zk&t=7s

VIDEO 3 – 9 MAGGIO 2023 || GIORNATA DELL’ EUROPA || 3 – RITROVARE I VALORI ALL’ ORIGINE DELL’UE, Link: https://www.youtube.com/watch?v=45RNC71wU5Q&t=59s

VIDEO 4 – 9 MAGGIO 2023 || GIORNATA DELL’ EUROPA || 4 – SUL RUOLO DEL MOVIMENTO EUROPEO, Link: https://www.youtube.com/watch?v=GbSHUrD13Yc&t=10s

VIDEO 5 – 9 MAGGIO 2023 || GIORNATA DELL’ EUROPA || 5 – CONTRO LA TERZA GUERRA MONDIALE, Link: https://www.youtube.com/watch?v=fgRyz–tgLg

I partiti politici europei di fronte alle sfide della legislatura 2024-2029

1.IL LIBRO “VERSO LE ELEZIONI EUROPEE DEL 204: I PARTITI EUROPEI NELLA TEMPESTA” (QUADERNO n. 1/2023 DI AZIONE EUROPEISTA).

Non potendo organizzare, per motivi di salute, la tradizionale manifestazione  del 9 maggio, Associazione Diàlexis e Rinascimento Europeo hanno ritenuto comunque di predisporre la seguente serie di filmati, postati sul canale Youtube www.alpinadialexis .com, quale avvio dell’urgente dibattito che si richiede per preparare una legislatura che, in pendenza della guerra in Ucraina e (si teme) anche nel Mar della Cina, sarà decisiva per l’ Europa e per il mondo.

Questi filmati costituiscono, da un lato, la risposta all’editoriale di Lucio Levi s “The Federalist Debate” sullo stesso argomento, e, dall’altra, una sintesi del libro in oggetto, che verrà esposto al Salone 2023 del Libro di Torino.

1.IL LIBRO “VERSO LE ELEZIONI EUROPEE DEL 204: I PARTITI EUROPEI NELLA TEMPESTA” (QUADERNO n. 1/2023 DI AZIONE EUROPEISTA).

Non potendo organizzare, per motivi di salute, la tradizionale manifestazione  del 9 maggio, Associazione Diàlexis e Rinascimento Europeo hanno ritenuto comunque di predisporre la seguente serie di filmati, postati sul canale Youtube www.alpinadialexis .com, quale avvio dell’urgente dibattito che si richiede per preparare una legislatura che, in pendenza della guerra in Ucraina e (si teme) anche nel Mar della Cina, sarà decisiva per l’ Europa e per il mondo.

Questi filmati costituiscono, da un lato, la risposta all’editoriale di Lucio Levi s “The Federalist Debate” sullo stesso argomento, e, dall’altra, una sintesi del libro in oggetto, che verrà esposto al Salone 2023 del Libro di Torino.

Riteniamo fondamentale continuare al più presto e in modo sistematico il dibattito su questi temi.

2.L’INVOLUZIONE DELL’UNIONE

Il processo d’integrazione europeo ha oramai dietro di sé  una storia millenaria. Già l’Impero Romano, il Sacro Romano Impero e gl’imperi asburgico e napoleonico, oltre che la Santa Alleanza, avevano prefigurato, infatti, forme d’ integrazione europea.

L’integrazione postbellica era nata sotto il segno di molte contraddizioni, prima fra le quali il conflitto fra:

-FUNZIONALISMO;

-FEDERALISMO.

Il funzionalismo (Mitrany, Haas, gli stessi Schuman e Monnet) concepiva l’integrazione europea come una delle articolazioni dell’ordine internazionale occidentale, che muoveva verso la Fine della Storia e l’unità del mondo. Esso costitituiva  l’applicazione in campo politico di un movimento più vasto, che comprende l’informatica (la “trasfusione senza spargimento di sangue”, dell’ intelligenza, dall’uomo alle macchine), l’architettura (Futurismo, Bauhaus, Le Corbusier), ed altre branche della cultura. Attraverso  un trasferimento di funzioni, dagli Stati, ad organismi sovrannazionali, si sarebbe realizzato un ordine mondiale armonico e centralizzato.

Il federalismo (Spinelli, Galimberti, Coudenhove-Kalergi, De Rougemont) puntava invece a fare dell’ Europa un autonomo soggetto politico, con un proprio progetto di società, anche se, a causa del suo pluralismo, lasciava aperta una vasta gamma di soluzioni pratiche, comunque alternative a capitalismo e comunismo).

La costruzione concreta dell’Europa attraverso i Trattati di Parigi, di Roma, di Maastricht e di Lisbona, ha realizzato in pratica il progetto funzionalista, pur sfruttando le tematiche del federalismo per dissimulare occidentale, sotto le “Retoriche dell’ Idea di Europa” (pace, democrazia internazionale),la natura passiva del progetto funzionalista, finalizzato allo sviluppo tecnocratico

Oggi, questo gioco delle parti  fra funzionalismo e federalismo ha perduto di credibilità, a causa del sempre maggiore coinvolgimento degli Europei nelle guerre dell’ Occidente,  del relativo declino delle società europee rispetto alla crescita del resto del mondo e della diminuita fede nella capacità degli USA di esercitare un ruolo protettivo, tre cose  che contraddicono le promesse di pace, sicurezza e prosperità fatte dalle Retoriche dell’ Idea di Europa .

Ciò ha eroso anche la credibilità dell’Unione Europea, e la sta forzando ad una qualche, seppur confusa, forma di rinnovamento, che si sta materializzando nello sforzo del PPE, asse portante del Parlamento europeo, di stringere un’alleanza con le opposizioni di destra, che più di altri hanno canalizzato le critiche contro le derive mondialistiche dell’Unione.

Ma, come si è lasciata sfuggire Ursula von der Leyen (che comunque sarebbe sacrificata da questa manovra), si tratterebbe di applicare la formula gattopardesca “cambiare tutto perché nulla cambi”.

3. CRISI DELL’UNIONE  E CRISI DELL’ ORDINE MONDIALE

Le stesse contraddizioni in cui si dibatte l’Europa coinvolgono l’intero Occidente, che ha sposato totalmente le ragioni delle tecnocrazie digitali, finanziarie e farmaceutiche  che puntano alla trasformazione dell’Umanità, prima, nella società del controllo totale, e, poi, in un complesso macchinico, smentendo così  le sue promesse di umanità e di libertà.

Anche se si è fatto tutto per farlo dimenticare, il primo, in un contesto europeistico,  a parlare  di Crisi della Civiltà Moderna, era stato proprio il Manifesto di Ventotene. Ma, se si vuole comprendere questa crisi, occorre andare indietro nel tempo, ristudiando gli autori che hanno parlato di questa crisi: Rousseau, , Saint-Simon, De Maistre, Kierkegaard, Nietzsche, Guénon, Spengler, Huxley, Evola,  Heidegger, Anders..

L’Unione Europea, che aveva preteso, ancora pochi anni or sono,  di ergersi sopra gli altri Continenti quale “Trendsetter del dibattito mondiale”, cioè maestro di saggezza e di virtù, ha assistito impotente all’escalation della Terza Guerra Mondiale che si combatte anche per sua mancanza di preveggenza, di magnanimità e di coraggio, nel cuore stesso dell’ Europa, ma che si sta preparando anche sul Mar della Cina, nonché ad uno sviluppo tentacolare dei GAFAM, oramai denunziato dai loro stessi fondatori, ma di fronte al quale le migliaia di norme tanto esaltate emanate dall’ Unione Europea si rivelano sempre più delle grida manzoniane, perché inapplicabili a casa dei GAFAM: cioè, negli USA.

Per questo, la crisi della politica europea, che ha prodotto una formidabile spinta a destra in Polonia, Ungheria, Italia, Spagna, Finlandia, Svezia, non si potrà risolvere semplicemente associando all’establishment i vittoriosi partiti di destra, bensì solo con una profonda riflessione sull’avvenire del mondo, stretto nella morsa tra la guerra nucleare e il dominio dell’ Intelligenza Artificiale, prodotti tutti dell’ opzione prometeica contenuta nel Primo Programma Sistemico dell’Idealismo Tedesco, secondo cui l’uomo si sarebbe salvato da sé  grazie a una nuova ideologia e una nuova scienza.

Le sempre più convulse prese di posizione, da un lato, dei guru informatici sui pericoli dell’ Intelligenza Artificiale, e, dall’ altro, dei leaders dell’alleanza dell’Est sulla prossimità della guerra nucleare, dimostrano che siamo vicini all’esito finale  di quelle scelte prometeiche degli ultimi tre secoli.

I limiti dello sviluppo sono oramai noti a tutti, tanto che Sir Martin Reed ha parlato del XXI Secolo come “il Secolo Finale”. L’avvicinarsi del Secolo Finale, scandito dalla guerra nucleare e dalla Singularity,ha trasformato tutte le pretese conquiste dell’ Occidente in trappole mortali.E’ impressionante ritrovare in ogni momento tracce di quest’ideologia messianica : a partire dalla bandiera arcobaleno, che è quello dell’eresia anabattista (combattuta innanzitutto da Lutero)alla battaglia di Falkenheim e simboleggia l’ Apocalisse, a cui la maggior parte  dell’ establishment occidentale sembra anelare, travolta dalla mistica dell’autodistruzione.

Lo straordinario sviluppo dei Paesi asiatici si spiega invece, a nostro avviso, non tanto e non soltanto  con la loro massa critica e con la loro etica del lavoro, bensì anche e soprattutto con la loro capacità di affrontare in modo olistico le sfide delle nuove tecnologie, non dimenticando, bensì addirittura incrementando, il ruolo della cultura, delle tradizioni, delle gerarchie. Così si spiega che in Cina, contrariamente che in Europa e negli Stati Uniti, lo sviluppo delle locali imprese digitali (i BAATX) è stato accompagnato con attenzione ed efficacia dallo Stato in tutte le sue fasi: studio, sviluppo, superamento dei concorrenti, informatizzazione della società, regolamentazione. Nel 2021, la Cina si è data una legislazione sul digitale simile a quella europea (anche se più lineare), ma l’ha anche fatta immediatamente applicare, sanzionando inflessibilmente quasi tutte le imprese digitali nazionali e i loro stessi fondatori (il “crackdown sui BAATX”).

Invece, l’Europa, dopo la morte di Olivetti e di Zhu, ha delegato sistematicamente da 60 anni ai GAFAM americani tutte le sue attività digitali, al punto che essi hanno il monopolio perfino sui servizi digitali delle Istituzioni europee (affidati da sempre alla Microsoft). Le sentenze della Corte di Giustizia vengono sistematicamente disapplicate, con la connivenza del Garante Europeo.

Ne consegue anche il continuo ritardo nell’ upgrading digitale delle nostre economie e il conseguente declassamento dei nostri giovani più qualificati, con  la risultante disoccupazione giovanile.

4. RITROVARE I VALORI ALL’ ORIGINE DEI PARTITI POLITICI EUROPEI

Il liberalismo e il nazionalismo  erano nati a metà del 18° secolo; il socialismo nell’800 circa; il comunismo a metà dell’Ottocento; l’ambientalismo negli anni ’60 del Novecento. E’ normale ch’essi siano divenuti obsoleti, travolti dal processo storico ch’essi pretendevano di guidare, ma da cui invece sono stati trascinati.

Nel  processo di adeguamento all’omologazione occidentale, i partiti europei hanno infatti perso di vista gli obiettivi per cui essi erano stati creati : liberare i cittadini dall’ingerenza di Stati sempre più centralizzati; evitare le ingerenze straniere nella vita dei popoli; fornire un ruolo nella società ai vari tipi di lavoro resi necessari dall’ organizzazione tecnica dell’economia; conciliare la vita spirituale con le esigenze della società moderna; difendere la natura dalle attività predatorie della tecnica scatenata. Al contrario, i “liberali” sono diventati fautori dei colossi tecnologici e della militarizzazione della società; i “socialisti” hanno agevolato di fatto lo smantellamento delle imprese europee e dello Stato sociale; i partiti “cristiani” hanno abbandonato la difesa dell’ umano, accettando  la diffusione di valori disgregatori dell’ordine sociale e del messianesimo tecnocratico dei GAFAM, che spianano la strada al controllo totalitario delle tecnologie, e, in particolare, delle biotecnologie; i “patrioti” sono divenuti gli zelanti esecutori degli ordini del complesso informatico-militare occidentale.

Di fronte a questa ritirata generalizzata, solo il conservatorismo, il più antico dei movimenti politici , che risale alla Fronda e alla Rivincita Aristocratica dell’inizio del 700, mantiene un proprio “appeal”. Non per nulla si sta cercando, per esempio, da parte di Fratelli d’Italia, di recuperare i discorsi del “conservatorismo”, che, per altro, in buona parte d’ Europa, non ha radici, se non molto lontane. Perfino il Paese in cui il conservatorismo è nato, l’Inghilterra, ha vissuto un processo di svuotamento dello stesso, che, da partito della difesa tradizioni, è divenuto, con la Thatcher,  un partito liberista e americaneggiante.

Certamente, dinanzi allo strapotere della rivoluzione digitale (controllo totale, social, censura digitale, bioingegneria, guerra digitale) e dell’”esportazione della democrazia”(Corea, Vietnam, Iran,  Kosovo, Irak, Afghanistan, Ucraina, Paesi Arabi), una sana reazione , etica prima che ideologica e giuridica, s’impone. Tuttavia, gli aspiranti “conservatori” hanno idee piuttosto confuse su “che cosa” conservare. Conservare il sistema teocratico basato sul Mito del Progresso e uno Stato rinunziatario che si fa prevaricare dalle lobbies significa continuare a tenerci legati mani e piedi mentre i GAFAM trasformano gli uomini in macchine.

Se vogliono recuperare le loro ragion d’essere, e, di conseguenza, la loro incidenza sulla realtà e la loro capacità di coinvolgere gli elettori, i partiti europei devono compiere una profonda riflessione che sbocchi su una “svolta a U” delle loro traiettorie culturali e politiche.

I liberali debbono tornare a condurre lotte di libertà, come quella per la liberazione di Assange, quelle contro i reati di opinione e la censura, quelle per un’applicazione rigorosa dell’ antitrust ai GAFAM. I socialisti devono volgere il crescente interventismo pubblico conseguente alla guerra, dalla  frenesia bellicistica (la produzione a ritmo frenetico di munizioni), alla difesa dell’ economia europea contro il contingentamento imposto dalla NATO, e al rafforzamento dei diritti dei lavoratori secondo il modello della Mitbestimmung tedesca; i partiti cristiani debbono riscoprire l’idea paolina di “Katechon”, cessando di essere le mosche cocchiere del livellamento sociale per spianare la strada ai GAFAM, e del Complesso Informatico-Digitale per una guerra senza limiti che, come il Papa non si stanca di denunziare, sta portando alla fine dell’ Umanità; i “patrioti” debbono diventare i difensori dell’ Identità Europea contro la sua dissoluzione nell’ Occidente; gli ambientalisti debbono smettere di fare i piazzisti per le industrie verdi, e difendere seriamente un rapporto naturale fra uomo e ambiente.

Infine, e soprattutto, i “conservatori” debbono difendere l’umano contro la disgregazione, nella cultura, nella politica, nel diritto, nell’ economia, ricercando un dialogo senza preconcetti  con i grandi movimenti conservatori che si trovano soprattutto  in Asia e in Europa Orientale.

5.SUL RUOLO DEL MOVIMENTO EUROPEO

Così come, e ancor più, che per i partiti europei,  il Movimento Europeo deve compiere una siffatta radicale riflessione, che gli permetta di rinascere, da movimento marginale e sconosciuto ai più, per divenire finalmente quello che immaginavano Coudenhove-Kalergi e Spinelli: il movimento egemone della politica europea, sul modello del Partito Indiano del Congresso. L’eredità che dobbiamo lasciare alle successive generazioni è quella di un europeismo consapevole e vigoroso, che non si confonda né con il Mito del Progresso, né con il messianesimo puritano, né con gl’interessi del Complesso Informatico-Digitale, ma, anzi, ad essi si opponga come principale alternativa.

Per fare ciò, esso dovrà riflettere profondamente sulla storia dell’integrazione europea e su quella delle altre integrazioni regionali: delle Americhe (Hamilton, ma anche Che Guevara), e anche quelle cinese (Taiping, Kang Youwei,Sun Yat Sen, Mao) , indiana (Tilak, Gandhi, Modi) ed islamica (Mawlana, Aflaq). Solo così essa potrà cogliere il ruolo della cultura, la ricerca dell’eccellenza, la difesa delle differenze, in particolare contro le tendenze livellatrici della globalizzazione (le Rivoluzioni Atlantiche, le guerre coloniali e post-coloniali, la “cancel culture”..), riconoscendo il valore positivo dei movimenti di liberazione continentale dei BRICS, a cui anche l’ Europa dovrebbe riallacciarsi, come suggeriva per esempio Simone Weil.

Solo così esso potrebbe tornare ad essere un elemento propulsivo della ricerca culturale e politica, e, in tale qualità, tornare ad essere un interlocutore autorevole dei partiti europei.

Per potere fare ciò, esso deve uscire dal suo ghetto, e ricomprendere tutti coloro che, sotto diverse bandiere o etichette, riflettono sull’ Europa e di danno da fare per essa. Penso ad esempio a pensatori come Cardini, Brague e Delsol, e a quel che resta di Paneuropa. Questo anche e in considerazione del fatto che i dibattiti decisivi sull’ Europa si stanno svolgendo in questo momento fra il PPE e Fratelli d’ Italia, FIDESZ e il Vaticano., in aree culturali finora inesplorate dai Federalisti.

6.IN 5.IN PARTICOLARE, CONTRO LA TERZA GUERRA MONDIALE.

Non v’è dubbio che, oramai da molti anni, tutte le potenze mondiali stiano preparando la Terza Guerra Mondiale fra Cina e USA, già implicita nella idea di “fusione” dei Taiping: con le guerre dell’ Irak e dell’ Afghanistan; con le Rivoluzioni Colorate e Arabe; con la corsa agli armamenti; con le continue guerre civili in quasi tutti i Paesi ex-sovietici; con la militarizzazioine dell’Artico, dello spazio e dell’Oceano Pacifico. Una guerra mondiale condotta con l’Intelligenza Artificiale sarà particolarmente catastrofica, perché le macchine sono più idonee degli uomini a sopravvivere in condizioni di guerra totale, cosicché la prossima guerra sarà la migliore occasione per il potere macchinico per prendere il controllo del mondo e quel che resta dell’Umanità.

E colpirà in primo luogo l’ Europa: Russia, Georgia, Ucraina, Moldova, ex Jugoslavia, ma anche l’Italia, dove stazionano un centinaio di testate nucleari americane.

Mi chiedo come facciano le sinistre alternative e i cattolici, oltre, ovviamente, ai Federalisti Europei, che da sempre proclamano fragorosamente la Pace Perpetua, a collaborare oggi entusiasticamente alla preparazione culturale, ideologica, politica, tecnologica, poliziesca e militare della Terza Guerra Mondiale e del Secolo Finale. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti!

Questo è il momento di svegliarsi e di agire risolutamente, al di là degli schemi del XX° Secolo, inapplicabili alla guerra delle Macchine Intelligenti.

Il dibattito all’ interno del Movimento Europeo, e, dei partiti europei, non può che avere come punto qualificante la fuoriuscita dalla guerra mondiale in corso.Le strategie per questa fuoriuscita sono di difficile agibilità, perché si tratta di uno scontro effettivo, fra due potenze a vocazione universale, e fra due concezioni del mondo -l’una ciclica e atemporale, l’altra orientata alla Fine della Storia-, che non ammettono la neutralità.

Eppure, visto che la Guerra Senza Limiti non è che l’ennesimo avatar dell’ Arte della Guerra di SunZu, l’intelligenza (umana) potrebbe avere la meglio sui due contendenti: facendo leva sulle risorse culturali, che “vanno a monte” delle motivazioni dei contendenti (Apocalisse vs. DaTong), disinnescandole. Si tratta del “disarmo culturale” predicato da Raimon Panikkar.

OGGI PRESENTAZIONE DEL LIBRO “I PROGETTI EUROPEI NELLA RESISTENZA” ORE 16, CASA DEL QUARTIERE DI SAN SALVARIO, VIA MORGARI 10 (ATTENZIONE: NUOVE CREDENZIALI)

RICCARDO LALA ti sta invitando a una riunione pianificata in Zoom.

Argomento: progetti europei della resistenza: un primato italiano

Ora: 22 mag 2022 03:45 PM Amsterdam, Berlino, Roma, Stoccolma, Vienna

Entra nella riunione in Zoom

https://us06web.zoom.us/j/86298136839?pwd=YjQ5b1hsRDkrMnRXUWs2cnVSc2YrUT09

ID riunione: 862 9813 6839

Passcode: 140903

Un tocco su dispositivo mobile

+13462487799,,86298136839#,,,,*140903# Stati Uniti (Houston)

+16699006833,,86298136839#,,,,*140903# Stati Uniti (San Jose)

Componi in base alla tua posizione

        +1 346 248 7799 Stati Uniti (Houston)

        +1 669 900 6833 Stati Uniti (San Jose)

        +1 929 205 6099 Stati Uniti (New York)

        +1 253 215 8782 Stati Uniti (Tacoma)

        +1 301 715 8592 Stati Uniti (Washington DC)

        +1 312 626 6799 Stati Uniti (Chicago)

ID riunione: 862 9813 6839

Passcode: 140903

Trova il tuo numero locale: https://us06web.zoom.us/u/kscAFeR7q

Domenica, 22 Maggio,

Casa del Quartiere  di San Salvario, Via Morgari 10, ore 16.00

DAL PASSATO AL FUTURO DELL’ EUROPA

Con Virgilio Dastoli, Marco Margrita, Riccardo Lala, Marcello Croce, Ferrante Debenedictis, Aldo Rizza

La Savoia: nocciolo duro
del regno burgundo

1.Savoia europea

La Savoia era già un’Europa in miniatura. Il suo territorio era stato attribuito dai Romani ai Burgundi, popolo germanico originario dell’ isola baltica di Bornholm (Burgundaholmr), come “premio” per aver combattuto a fianco dei Romani e contro gli Unni sui Campi Catalaunici. I Burgundi (Worms, Gunther, Hagen, Crimilde) sono perciò al centro del Canto dei Nibelunghi e del Waltharius, ma i Romani avevano loro destinato la Sapaudia (Savoia), così chiamata per i suoi abeti (“sapins”).

La Savoia era dunque una contea del regno dei Burgundi, poi “di Arles”. I suoi  signori, originariamente franchi, si espansero dai due lati delle Alpi, divenendo vicari imperialoi tanto in Italia quanto in Provenza, eunendo popoli di Langue d’Oil, Langue d’Oc, Franco-Provenzali, Schwytzerduetch, Walser, Piemontesi,Valdesi, Italiani.

Attraverso la Savoia arrivò in Italia il Gotico Internazionale. Emanuele Filiberto e Eugenio di Savoia erano stati i grandi condottieri del Sacro Romano Impero, mentre il Piemonte era stato poi annesso integralmente da Napoleone alla Francia. Lo Statuto Albertino era stato scritto in Francese, e Torino era la città preferita del filosofo tedesco Nietzsche.

Non stupisce dunque che anche in epoca recente gli abitanti dell’antico Ducato avessero mantenuto una tempra al contempo altrettanto internazionale ed altrettanto combattiva (Gramegna). Abbiamo avuto infatti, in Piemonte e in Valle d’Aosta, due dei più dignificativi comandanti partigiani, e, al contempo, teorici dell’ Europa: Duccio Galimberti e Federico Chabod, di cui, deplorevolmente e misteriosamente, nessuno si ricorda.

Emanuele Filiberto, vincitore a San Quintino

2.Duccio Galimberti

Galimberti, avvocato e poi comandante del CLM piemontese per Giustizia e Libertà, ucciso misteriosamente durante una finta liberazione, fu l’unico giurista nel corso della storia ad avere scritto una costituzione coordinata italiana ed europea. Un uovo di colombo: come evitare i continui conflitti di competenze che paralizzano la vita dell’ Unione Europea (Germania, Lituania, Polonia, Ungheria)? Basta scriverle contemporaneamente, come due “gradini” di una stessa costruzione istituzionale.

Oltre a questa geniale idea, la costituzione di Galimberti precede di trent’anni le pur timide prime bozze del Parlamento Europeo, che per altro  non furono mai nemmeno discusse.

Infine, si tratta di una costituzione mista, con elementi di democrazia rappresentativa, di socialismo e di corporativismo, che bene incarnava lo spirito dei tempi (per esempio la legislazione tedesca sulla partecipazione,  l’Organische Gedanke olandese o il pensiero politico di Simone Weil). Oltre tutto, Galimberti scrisse la sua Costituzione a cavallo dell’8 Settembre, lanciò il suo progetto partigiano direttamente dal balcone del suo studio legale al centro di Cuneo, dopo di che, fatta incetta di armi, si diresse decisamente verso le Alpi per iniziare la lotta armata.

La Sacra di San Michele,simbolo
del Piemonte

3.Federico Chabod

Quanto a Chabod, storico valdostano e alpinista, titolare di cattedra a Milano, stava insegnando in questi anni sul tema Europa e Nazione (Storia dell’Idea di Europa, L’idea di nazione). Sopravvenuto l’8 settembre, si dedicò alla lotta partigiana e fu fra i principali coautori della Dichiarazione di Chivasso, un documento in cui le popolazioni alpine delle Alpi Occidentali rivendicarono, per il periodo postbellico, un’ampia autonomia. Infine, fu incaricato di redigere lo statuto della Regione Autonoma Valle d’ Aosta (secondo la falsariga delle idee della Dichiarazione di Chivasso), che fu adottato prima ancora della Costituzione italiana, e fu perciò di modello per le altre Regioni Autonome, nonché per le Comunidades Autònomas spagnole.

In un momento in cui, dopo decine di Trattati, una Convenzione e una Conferenza, l’Europa stenta più che mai a darsi una Costituzione, non sarebbe proprio superfluo se i giuristi, i politici e i movimenti sociali riprendessero umilmente in mano le opere di chi aveva tempestivamente posto il tema della costituzionalizzazione dell’Europa.

Il penitenziario di Ventotene

3.Il Manifesto di Ventotene

Tutto ciò non esclude certo l’importanza del contributo al movimento per l’integrazione europea da parte del Manifesto di Ventotene, altro illustre sconosciuto, anzi, tradito, dalla politica “mainstream”. Il Manifesto si pone, rispetto alla costituzione europea, alla Dichiarazione di Chivasso e alle opere di Chabod, su un piano diverso: quello della riflessione politica (o geopolitica), mentre gli altri si pongono su quelli della costruzione istituzionale, della storia culturale e della “multi-level governance”. Tuttavia, la mancata integrazione di tutti questi livelli in un unico corpus progettuale è stata una delle debolezze del federalismo “politico” à la Spinelli nella sua competizione con il metodo funzionalistico prescelto dai Governi, e, soprattutto, dagli Stati Uniti.

In un momento in cui la chiusura in sordina della Conferenza sul Futuro dell’Europa e l’entusiasmo costruttivistico di Macron richiedono nuove idee, ci sembra necessario aprire un dibattito a tutto tondo e a tutti i livelli con tutte le tradizioni della storia dell’integrazione europea, per elaborare un percorso veramente innovativo ed efficace contro tutti gli ostacoli che ci circondano.

L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE  NEI GIORNI  DEL CONFLITTO UCRAINO

PRESENTAZIONE DI: “ INTELLIGENZA ARTIFICIALE E AGENDA DIGITALE”, PENSARE PER PROGETTARE IL FUTURO

Sabato 21 maggio Centro Studi San Carlo, Via Monte di Pietà 1, ore 15.00

Con: Marcello Croce, Ferrante De Benedictis,Riccardo Lala,Marco Margrita, Enrica Perucchietti, Roberto Saracco,

Alpina Diàlexis ti sta invitando a una riunione pianificata in Zoom.

Argomento: IA e Agenda digitale // Dott. Riccardo Lala
Ora: 21 mag 2022 ore 15:00 Torino (TO)

Entra nella riunione in Zoom
https://us06web.zoom.us/j/89121340117?pwd=ajFZQ3NEdnlaWDVkUVEvRTAvTzdJZz09

ID riunione: 891 2134 0117
Passcode: 997292

Nel corso di Aprile, Enrica Perucchietti e Riccardo Lala avevano svolto, all’ interno di “Pensare il Futuro”, mini-master organizzato da Azione Futura e Rinascimento Europeo presso il Centro Studi san Carlo, due lezioni circa l’intelligenza artificiale, in cui erano stati presentati, fra l’altro, una serie di documenti di base su quest’argomento dell’Unione Europea e del Governo Italiano, oltre che stralci di documentazione sulle azioni, in questo settore, delle autorità di altri Paesi.

Ora,  quei materiali, preceduti da due testi introduttivi dei due docenti, viene presentata al pubblico del Salone Off.

Pur trattandosi di una selezione, è una documentazione importante, raccolta non già per uno sterile scrupolo documentario, bensì con lo scopo di permettere ai lettori di comprendere quali e quante questioni fondamentali per la nostra società si celino dietro la terminologia spesso astrusa del diritto dell’informatica e delle politiche della transizione digitale.

I missili ipersonici sono governati dall’IA

1.Un’evoluzione a ritmo accelerato

Rispetto ad alcune settimane fa, lo stato dell’arte si è ora ulteriormente precisato in due diverse direzioni:

-da un lato, l’intelligenza digitale si sta rivelando quale uno dei protagonisti del conflitto in corso, la cui origine neppur tanto remota si può situare nella corsa fra le Grandi Potenze verso l’Intelligenza Artificiale, con l’ Endless Frontier Act, i missili ipersonici e la cyberguerra;

-dall’ altro, Torino si sta lodevolmente  orientando ad essere un centro di eccellenza nel campo dell’ Intelligenza Artificiale, da un lato con la trasformazione, operativa da pochi giorni, da parte di Reply, della storica palazzina del Lingotto, sede del Gruppo FIAT durante  due periodi della sua storia, in un laboratorio di produzione di robot e di altri prodotti accomunati dall’ uso dell’ Intelligenza Artificiale, e, dall’ altro, dalla localizzazione, nel grattacielo di Intesa Sanpaolo, della direzione dedicata all’ intelligenza artificiale nel settore finanziario.

Da qualche giorno,
al Lingotto
si producono i robot

2.Un impegno serrato per il futuro

Questi sviluppi rendono sempre più evidente come l’Intelligenza Artificiale stia divenendo un elemento integrante  della cultura generale, che influenza direttamente la vita culturale, politica, geopolitica, economica e sociale di qualsiasi territorio, sicché risulta necessario promuoverne la conoscenza e la padronanza a tutti i livelli.

L’Associazione Culturale Diàlexis, in collegamento, nella misura del possibile, con tutte le forze vive della società, intende promuovere la conoscenza e la consapevolezza di questa realtà sempre più centrale, stimolando anche la volontà politica di Enti, Associazioni, partiti, imprese, di partecipare in modo attivo al suo sviluppo e alle decisioni a livello nazionale e internazionale circa la sua disciplina giuridica ed economica.

Desideriamo discutere con voi le modalità per proseguire questo dialogo, con l’obiettivo di creare un vero movimento di pensiero mirante a formare una cultura europea dell’umanesimo digitale, capace di porre sotto controllo l’onnipotenza delle imprese dell’ informatica, confermata in modo spettacolare in questi giorni , tra l’altro, dalle vicende  borsistiche, e perfino militari, del gruppo Tesla, che sembra voler contendere ad Alfabet e a Meta la leadership tecnologica e politica del mondo digitale occidentale.

“IL CUORE SANGUINA ANCORA”.

Al pettine tutti i nodi della crisi europea

Senza il “Tea Party”, non ci sarebbero state le “Rivoluzioni Atlantiche”

Voi – milioni. Noi – nugoli agguerriti.
Fateci guerra, o ardimentosi!
Sì, noi – gli asiatici! Sì, noi – gli Sciti,
Con gli occhi a mandorla e bramosi!

Noi – solo un’ora, voi secoli aveste.
Noi, servi docili e ubbidienti,
Fummo lo scudo tra le razze avverse
Dell’Europa e delle barbare genti!

Il vostro martello i secoli forgiava,
Coprendo il rimbombo della lavina,
E per voi una fiaba diventava
La distruzione di Lisbona e Messina!

Voi per centenni guardavate a Oriente,
Ammassando e fondendo i nostri ori,
E aspettavate il momento conveniente
Per puntarci contro i vostri cannoni!

E’ ora. Batte le ali la sventura,
E ogni giorno aumenta l’offesa,
E il momento verrà in cui nessuna
Traccia di Paestum resterà illesa!

O vecchio mondo! Finché non perirai,
Finché proverai un tormento amaro,
Rifletti, sii saggio, come Edipo vai
Davanti alla Sfinge col mistero arcano!

La Russia è la Sfinge. Esultante e afflitta,
Pur piangendo nero sangue con furore,
Essa ti guarda, ti guarda, ti fissa,
Con tutto il suo odio e tutto il suo amore!…

(Aleksandr’ Blok, “Gli Sciti”)

I Cosacchi scrivono al Sultano

Ancora una volta, oportet ut scandala eveniant. Proprio dagli eccessi della propaganda di guerra, di ambo le parti, potrebbe, e dovrebbe, nascere finalmente un dialogo senza pregiudizi e di alto profilo sull’autentica Identità Europea. Che non è affatto lineare, come vorrebbe il “mainstream” occidentale,  e come in fondo non vuole riconoscere nessuno (cfr. il nostro libro “10.000 anni d’identità europea”). Essa non comprende solo la “coscienza europea” occidentale, bensì anche, necessariamente, le culture dell’ Europa Centrale e Orientale.

Essa costituisce, a mio avviso, quella chiave per una “Nuova Architettura di Sicurezza”,  che  resterà introvabile  finché nessuno , né a Est, né ad Ovest, vorrà cercarla, mentre noi la stiamo indicando da ben 15 anni.

Ne posso parlare con coscienza di causa perché, contrariamente all’ attuale “establishment”, dell’Europa Centrale e Orientale, me ne sono sempre interessato, da molti decenni, impegnandomi per tante cause secolari che praticamente tutti  stanno scoprendo solo ora. Al tempo dei disordini studenteschi (‘68 e successivi), ero stato veramente uno dei pochi, o, meglio, l’unico, ad avere organizzato in Italia grandi manifestazioni di giovani contro ciascuna delle massime prevaricazioni del regime sovietico:

nel  1968, contro l’invasione di Praga;

-nel 1971, contro l’arresto a Danzica, dei sindacalisti del  Komitet Obrony Robotników  e, nel 1972, a Kiev, di Ivan Dziuba, (divenuto anni dopo  Ministro della Cultura), per il suo samizdat (in Ucraino)“Internacijonalizm czy Rusifikacija. In particolare, avevo affisso al portone dell’ Università di Torino un “Dazebao” in cui chiedevo (in tempi non sospetti) la liberazione  di Dziuba, arrestato per essersi occupato proprio del tema di oggi: “russità” e/o “ucrainità” dell’ Ucraina. Ne era seguita una rissa.

Quando noi facevamo quelle manifestazioni, nessuno si sognava neppure lontanamente di applaudirci, ché, anzi, eravamo stati ostacolati e minacciati, tanto dai partiti, quanto dalle istituzioni, quanto dai sedicenti “movimenti studenteschi”. Ricordo perfino che, avendo affisso uno striscione sul Palazzetto dello Sport chiedendo la liberazione della Cecoslovacchia durante una rappresentazione del Circo di Mosca, eravamo stati inseguiti con intenzioni minacciose dalla stessa polizia locale, oggi ovviamente impegnata nell’ assistenza agli Ucraini.

La verità è che l’attuale “establishment” non si è mai interessato dell’ Europa, bensì solo delle  sue obsolete ideologie, e, al massimo, dei rapporti fra le grandi potenze, in base ai quali i suoi membri  hanno orientato le loro carriere. E ciò ancor più ora, quando, con il suo appiattimento sulle posizioni americane, ha perso ogni residua legittimità ad esprimersi sul futuro del nostro Continente, o a pretendersi “europeista”.

Improvvisamente, quell’”establishment” e quelle persone (politici, giornalisti, intellettuali), che non volevano si protestasse contro eventi ben più inequivoci, adesso esigono un unanimismo “bulgaro”   circa le loro inutili lamentazioni sulle sorti di un’Ucraina che, allora, non sapevano neanche che cosa fosse.

Cito alcune frasi in Ucraino della sentenza contro Dziuba, praticamente simili, mutatis mutandis,  a quanto oggi l’ “establishment” divce di chi non si allinea con il “Pensiero Unico”: “L’”opera” di Dziuba ‘Internazionalismo o russificazione” è stata scritta  con un approccio non scientifico. Essa utilizza i classici del marxismo-leninismo, i documenti del Partito ed altre fonti, falsificandole e deformandole per sostenere la ‘concezione’ dell’ autore cherieccheggia le idee del nazionalismo borghese ucraino.’

Comunque, sempre con lo stesso risultato di allora: nessun miglioramento dell’insoddisfacente corso  degli avvenimenti, e solo l’avanzamento nella carriera  di quegl’interessati agitprop (sempre gli stessi sotto diverse bandiere)

Svolgiamo qui intanto alcune considerazioni, partendo da Dostojevskij, tirato in ballo inopinatamente dalla polemica fra l’Università “Bicocca” di Milano e lo scrittore Nori(autore del libro su Dostojevskij “Il cuore sanguina ancora”), per poi tornare a riproporre quella che era stata sempre la nostra posizione: l’Europa da Brest a Vladivostok, unica soluzione che eliminerebbe alla radice tutti i problemi, culturali, militari, economici e militari, che oggi ci tormentano, a Ovest come a Est.

Primavera di Praga

1.La battaglia intorno a  Dostojevskij

Ci associamo intanto all’articolo della coraggiosa Donatella di Cesare, che attaccava su “La Stampa” il conformismo russofobico imperante, citando giustamente Anna Netrebko, che, opponendosi al boicottaggio di Gergijev, ha scritto:«’Non è giusto costringere gli artisti ad esprimere pubblicamente le proprie opinioni politiche e a denunciare la propria terra d’origine’. Così chi ha la colpa di essere russo viene ovunque estromesso a priori da eventi artistici, organizzazioni sportive, tornei di calcio. Fifa e Uefa decretano l’espulsione della Russia, mentre il Comitato Olimpico esclude a priori cittadini russi e bielorussi, a meno che non si svestano dei loro panni di russi e bielorussi gareggiando come apolidi o neutrali. Ma la discriminazione si diffonde perfino nelle università e nelle accademie. Ricercatori che avevano scritto mesi fa articoli scientifici si vedono adesso rifiutare i propri contributi dalle riviste non con ragioni di merito, bensì per il semplice motivo di essere russi. Coinvolgere l’arte, lo sport, la scienza e la ricerca nella guerra non è una scelta saggia. Dovrebbe semmai essere l’esatto contrario: lasciare aperti proprio questi spazi al dialogo e alle prove di pace”. “Che chi è russo debba essere qui improvvisamente additato a nemico appare non solo inconcepibile, ma anche indegno di un Paese civile. È vero che i venti di guerra soffiano forti ormai anche per le nostre strade e nelle nostre piazze, e che c’è chi fa di tutto per accendere gli animi, ma forse occorrerebbe fermarsi prima di compiere gesti di cui pentirsi e vergognarsi”…. “Ha compiuto in tal senso un gesto più che discutibile Beppe Sala, primo cittadino di Milano, capitale dell’ospitalità, che ha portato Valerij Gergiev, sospetto di essere putiniano, a lasciare la direzione del Teatro alla Scala. Ma dirigere un’orchestra non è comandare una truppa militare. Questo significherebbe accettare solo gli artisti che, sotto intimidazione, abiurino pubblicamente”.

Il culmine di questa frenesia è la pretesa dell’autocritica. Bisogna dichiarare, non solo di essere contrari a questa guerra, bensì anche di essere contrari alla Russia (o almeno al suo Governo). Metodi cari al socialismo reale, di cui tutti accusano (poco logicamente) Putin, e alla cui realtà il “mainstream” europeo è in effetti molto più vicino. In generale, il “mainstream” occidentale è più l’erede dell’egemonia culturale marxista di quanto non lo siano i Paesi “sovranisti” dell’est (i quali sono semmai culturalmente gli eredi dei vecchi “dissidenti” come Florenskij, Gumilëv, Bahro, Amal’rik o Sol’zhenitsin). Era infatti il “socialismo reale” quello che credeva, come l’attuale “mainstream”, in una marcia trionfale del Progresso verso la Fine della Storia, pretendendo  che ogni evento fosse giudicato secondo questo metro, e deformando fatti e giudizi per farli coincidere con la “linea del partito”. Ora, quell’atteggiamento è stato “girato” semplicemente  nel senso che la “Fine della Storia” sarà costituita dalla Singularity Tecnologica, e che tutto ciò che serve a quello scopo (e in primis l’”Occidente”) va sottolineato ed esaltato, e tutto il resto va ostracizzato “senza se e senza ma”. Senza neppure documentarsi sui fatti, come fa il nostro “establishment”, che risponde oramai soltanto a riflessi pavloviani indotti da alcune lobby.L’iter provvidenziale verso la Singularity passa dunque, per gli attuali zhdanovisti, attraverso la “Missione dell’ Occidente”, la rivoluzione tecnologica, il mondo unipolare, i GAFAM, “lotta delle democrazie contro le autocrazie” e, soprattutto, l’ossequio allo Stato-guida americano.

I vecchi “dissidenti” e i “riformisti” dei Paesi comunisti, pur essendo diversissimi fra di loro, erano accomunati, nella loro diversità,  proprio dal rifiuto sostanziale di quella Modernità che accomunava sovietici e americani. Kadaré era un “nazionalcomunista” cultore dei miti ancestrali albanesi del Kanun e della Bessa; Sol’zhenitsin un nostalgico dell’ Impero Russo che teorizzava l’unità degli Slavi Orientali; Wałesa portava “la Madonna sul bavero della giacca”, ecc…E’ ovvio che i loro eredi intellettuali di oggi continuino a non apprezzare l’omologazione tecnocratica occidentale.

Di converso, le attuali paranoie piccolo-nazionaliste della Russia (e dell’ Ucraina) nascono proprio dalla pluridecennale repressione delle autentiche culture.

Sarebbe ora che si lasciasse “respirare con  i due polmoni dell’ Europa” un pensiero indipendente ed autentico, radicato nella nostra eredità culturale.

Ivan Dziuba, professore, patriota ucraino e ministro della cultura

2.”Filosofija Obśćego Diela”( “La Filosofia del Compito Comune”)

E’ paradossale che l’ideologia segreta dell’ attuale “mainstream” occidentale (il postumanesimo) prenda le mosse proprio da un ascetico e geniale bibliotecario di Mosca, Fëdorov, che, con la sua enorme personalità, era riuscito a trasformare, alla fine dell’ Ottocento, il suo modesto ufficietto in un cenacolo da cui passarono i massimi intellettuali russi del’ epoca: Dostojevskij, Tol’stoj, Berdiajev, Tsiolkovskij, Vernadskij…(i quali per altro sin gran parte si rivoltarono contro il suo insegnamento, ponendo le basi di quel “Pensiero Russo” che oggi sembrerebbe il nemico per eccellenza dell’ “Occidente”).

Secondo Fëdorov, l’Uomo doveva  innalzarsi dal suo stato di entità alle mercé di cieche forze naturali, e vittima di un’entropia dissolutrice, a quello di una realtà capace di controllare razionalmente i processi evolutivi e cosmici, al fine di risolvere definitivamente il problema della morte, che è alla radice di ogni male.

Nella concezione fedoroviana, la Natura è la nostra “nemica temporanea”, data la sua tendenza disgregatrice ed entropica; solamente una volta che avremo invertito il corso naturale che va dalla vita alla morte e reindirizzato tutto verso la “vita eterna”, essa diventerà la nostra “amica permanente”.

Se la Disintegrazione è infatti la regola universale, se la morte è il male più grande che affligge universalmente tutti gli uomini — un vero e proprio “crimine” che ha accompagnato l’uomo fin dalla sua comparsa — allora la Reintegrazione, la resurrezione dei morti, è il bene più alto e oggetto del compito umano. Ciò implica non solo raggiungere un’immortalità per coloro che nasceranno, ma ripristinare alla vita eterna tutte le persone che ci hanno preceduto, affinché possano condividere quel mondo perfezionato dalla ragione umana dove noi tutti vivremmo nella fraternità per sempre. La Resurrezione è la trasformazione dell’universo — dal caos verso il quale si sta muovendo — nel cosmo, in una grandezza di incorruttibilità e indistruttibilità.

Il Cristianesimo, secondo il filosofo russo, rimane l’unica religione “vivente ed attiva” che ha saputo trasformare fino in fondo il problema della vita e della morte in problema religioso, ma sarebbe sbagliato intendere la fede cristiana come una mera “commemorazione della vita” in quanto essa è anche, e soprattutto, “un compito di redenzione” che comprende  salvezza di tutto il cosmo.

Come nel “Primo Programma Sistemico dell’ idealismo tedesco”, la soluzione fedoroviana al problema della vita e della morte richiede l’unione delle due forme di ragione, teorica e pratica, e delle due classi, dotti e ignoranti.

Il “Compito Comune”, indicato dalla filosofia ‘supramoralista’ di Fiodorov, non farebbe altro che attuare ciò che Dio vuole da noi, ossia un progresso incessante delle conoscenze e un’applicazione continua delle stesse, in modo che l’uomo si avvicini in misura sempre maggiore alla perfezione divina.Fëdorov anticipava, tanto Teilhard de Chardin, quanto Ray Kurzweil.

Le Vie della Seta passano da Kiev

3. La “scienza della rianimazione”

L’uomo, grazie ai mezzi scientifico-tecnici, deve imparare non solo a migliorare se stesso, creando organi artificiali (protesi) adatti a nuovi ambienti ed estendendo ad infinitum la sua durata vitale, ma deve anche imparare a rianimare i suoi Antenati dalla polvere e dalle tracce che hanno lasciato. Tutta quanta l’attivitá scientifica dev’ essere dunque subordinata allo scopo finale di rintracciare gli atomi e molecole degli Antenati sparsi per il mondo, dato che “tutta la materia è la polvere degli Antenati”, per la loro ricostruzione in un nuovo glorioso corpo (come quelli degli estinti dinosauri che abbiamo visto rinascere miracolosamente in “Jurassic Park”.

E’ l’obiettivo perseguito implicitamente con le analisi dei reperti biologici in corso “a tappeto” da parte della scienza paleontologica, ed esplicitamente, dagli scienziati bolscevichi, con la mummificazione dei leader sovietici, con le ricerche sulla “quasi immortalità”, sulla criogenetica e sulla clonazione umana.

Fiodorov giunge a immaginare che, quando i discendenti dell’umanitá odierna, i ‘figli dell’uomo’, colonizzeranno tutto l’universo, trionferà la bellezza, tutto l’ordine cosmico diventerà così capolavoro artistico, prodotto adamantino e imperituro della creatività umana: l’estetica dell’astronautoica sovietica

La capacità di vivere in tutto l’Universo, consentendo alla razza umana di colonizzare tutti i mondi, ci darà il potere di unire  questi mondi  in un tutto artistico, in un’opera d’arte, della quale gli innumerevoli artisti, come nell’immagine del Creatore Uno e Trino, sarà l’intera razza umana, la totalità delle generazioni risorte e ricreate ispirate da Dio, dallo Spirito Santo, che non parleranno più attraverso certi individui, i profeti, ma agirà attraverso tutti i figli dell’uomo nella loro (supramorale) totalità etica o fraterna, attraverso i figli dell’uomo raggiungerà la perfezione (per Teilhard de Chardin, il “Punto Omega”; per Kurzweil, la “Singularity”).

I guerrieri “Yamnaya”
fra Russia e Ucraina

4.La leggenda del grande Inquisitore e il Racconto dell’ Anticristo

L’escatologia di Dostojevskij costituisce l’esatto opposto di quella del suo mentore, ed è questa la ragione per cui quest’autore può essere assunto come il lontano ispiratore della “Russia Sovrana”, e il nemico dell’ attuale “mainstream” occidentale. Il senso della Leggenda del Santo Inquisitore de “I Fratelli Karamazov” era stato  colto già da Rozanov, quando descriveva il viaggio dello scrittore  a Londra, in visita dell’esposizione universale del 1863. Nella folla raccolta a visitare i prodigi della scienza e dell’industrializzazione, egli riconosce …un quadro biblico, qualcosa della Babilonia, non so che profezia dell’Apocalisse che si va compiendo definitivamente” .

Secondo Dostojevskij, il socialismo ateo aveva trasformato il cristianesimo nei tre grandi miti di massa della società moderna: la moltiplicazione dell’avere, il valore eminente del fare e la sottomissione universale alla forza organizzativa del potere. Cristo aveva rifiutato l’invito di Satana a cambiare le pietre in pane rispondendogli che l’uomo non vive di solo pane. Ma le moltitudini affamate di beni da consumare non vorranno invece vivere soltanto per ciò che hanno o esigono di avere? L’uomo diventa così schiavo di ciò che possiede o di ciò che vuol possedere. Il secondo rifiuto di Cristo a Satana, che l’invita a gettarsi dal pinnacolo del Tempio per provare con un miracolo la propria divinità, significa la negazione che l’esorbitante potenza del fare sia la prova della grandezza dell’uomo. L’ultimo dono che il Tentatore offriva a Gesù nel deserto, tutti i regni della terra, viene sdegnosamente rifiutato.

L’interpretazione dell’omologazione modernistica come l’avvento dell’Anticristo sarà ripresa da Soloviov  nel Racconto dell’ Anticristo, una parabola ancor più esplicita del carattere ingannatore del mito del progresso universale, e della necessità dell’alleanza, contro di esso, di tutte le Chiese e religioni, ripreso dal “Ludus de Antichristo” di Ottone di Frisinga..

E’appunto a queste tendenze  di lungo periodo che si è riallacciato il Patriarca Kirill nelle sue recenti, contestatissime,  omelie, in cui ha ripreso il tema, classico nella cultura russa, della salvezza dell’ Europa per opera della Russia. Questo background è utile anche  per comprendere le passioni in gioco nella guerra di informazione in corso sulla guerra in Ucraina, che si sovrappone a due conflitti ben più globali e radicali, con cui non deve però essere confuso:

-quello fra la pressione globalizzatrice dell’ Occidente (“ogromnoje davlenije Zapada”), e la visione della Russia come Katèchon, ereditata dal Patriarca Filofej, autore dell’”Epistola sulla Terza Roma”, e ribadita, nei secoli,  da von Bader, da Dostojevskij, dai Neo-Eurasiatisti, e, da ultimo, dal Patriarca Kirill;

-quello fra gli antichi Imperi Eurasiatici (Cina, Russia, India, Iran, Pakistan), fautori di un Nuovo Ordine Mondiale multipolare, e la difesa a oltranza, da parte della NATO, di una sua pretesa superiorità -etica, esistenziale, economica, politica e militare-, contraddetta, però, tanto dai fatti, quanto dai numeri.

Ambo i conflitti debbono essere tenuti ben presenti nello studiare, valurtare e risolvere la guerra in corso. Invece, purtroppo,  a noi pare che le infinite forze che, in tutti i Continenti, si muovono contro il Post-umanesimo non riescano mai ad assurgere a un punto di vista più alto, in cui si comprendano veramente le cause di quanto accade, permettendo così l’elaborazione e la gestione di una strategia unitaria. Solo così questa battaglia potrebbe essere vinta.

Dopo la battaglia fra i Kievani
e i Polovesiani

4.L’Ucraina non è “Occidentale”

Le opposte propagande sono volte ad accreditare l’idea che l’Ucraina costituisca, come voleva già Brzezinskij, “la punta di diamante dell’ Occidente”contro la barbarie asiatica. In realtà, a mio avviso, l’Ucraina ha rappresentato in passato, e ancora rappresenta oggi, come dice il suo stesso nome, una terra di transizione fra Oriente e Occidente, e sarebbe un peccato se fosse costretta a scegliere, oggi, fra Russia e Occidente.

L’Ucraina ha condiviso con la valle del Don le prime civiltà indoeuropee; è stata il paese degli Sciti, dei Sarmati, dei Goti, dei Bulgari. dei Magiari, dei Khazari, dei Cumani, dei Peceneghi, dei Mongolo-Tartari, degli Ottomani, dei Cosacchi, dei Karaim e degli Askhenzaim. I Polacchi chiamavano l’Ucraina “Campi Selvaggi”, perché ivi cavalcavano senza freni i popoli nomadi delle steppe.

La stessa strenua resistenza dimostrata oggi contro l’Armata Russa dimostra il carattere guerresco degli Ucraini, non diverso in ciò da quello dei Russi, e non alieno dagli aspetti più severi dei costumi di guerra, dai poteri assoluti del Presidente, al divieto di tutti i partiti, all’ unificazione forzata delle reti televisive, agli omicidi dei “traditori”, alle deliberate eccezioni alla Convenzione di Ginevra, all’ uso di potenti milizie private fortemente ideologizzate. In realtà, il pericolo della cosiddetta “autocrazia” denunziato dalla retorica occidentale è un fenomeno universale, derivante dalla transizione digitale, dalla “guerra senza limiti” e dalla “Società del Controllo Totale”, che conferiscono ai Governi poteri sempre più estesi in qualunque ambito territoriale e geopolitico.

Comunque, nella narrazione ucraina, il Paese sarebbe l’erede culturale soprattutto dei selvaggi Cosacchi, il cui nome stesso è turco, e significa “cavalieri erranti”. Quindi, per definizione,ancora i popoli guerrieri e nomadi delle steppe, il cui prototipo è costituito dal Taras Bul’ba messo in scena del russo-ucraino  Gogol’. L’immagine più classica dell’antica Ucraina, quella che rappresenta i Cosacchi di Zaporozhe, che, incominciado a propendere per il Gran Principe di Mosca, scrivono collettivamente una provocatoria lettera di contumelie al Sultano, li rappresenta come un branco di selvaggi mongoli.

Tra parentesi, è grottesco come i nostri media i sforzino di minimizzare le caratteristiche “neonaziste” del battaglioni speciali dell’esercito ucraino, caratteristiche che sono evidenti a tutti, a partire dalla loro origine storica, per passare alla loro simbologia, e  finire alla storia dei loro collegamenti con vari eserciti occidentali, da quello austro-ungarico, passando da quello nazista, ed arrivare, alla fine, a quello americano. Nel Dopoguerra, i battaglioni speciali occidentali sono nati da organizzazioni politiche di “rivoluzionari di professione” filo-americani attivi su tutti i fronti delle guerre post-sovietiche (difesa del Parlamento di Vilnius, guerre ex Jugoslave, Cecenia), condividendo la parabola delle analoghe formazioni baltiche. Prima ancora, essi si riallacciavano all’ UPA e al tentativo di Rosenberg (stroncato da Hitler) di favorire la nascita di un’Ucraina indipendente alleata con la Germania. Prima ancora, i fondatori dell’ UPA erano stati legati alla Repubblica ucraina fondata da ufficiali austro-ungarici al comando dell’ “Atamano” Skoropadski.

La loro simbologia è altamente significativa a questo proposito: il loro emblema risulta dalla sovrapposizione della runa “Wolfsangel”, usata da varie divisioni di SS, al “Sole Nero” che troneggiava nella sala delle riunioni del Wewelsburg, la roccaforte delle SS. Se ci si chiede perché il Governo ucraino abbia inserito queste unità nell’esercito regolare, e non sia parco neppur oggi di riconoscimenti, né per il leader dell’ UPA Bandera, né per gli attuali comandanti del Battaglione Azov, la risposta è che, senza unità così motivate e determinate, non sarebbero stati possibili, né l’Euromaidan (un caso di scuola di insurrezione di piazza), né la riconquista e la attuale difesa di Mariupol, città fondamentale dal punto strategico e simbolico. D’altronde, anche quelle dei separatisti del Donbass sono milizie volontarie, che combattono nello stesso spirito.

Credo che non sia irrilevante, a questo proposito, ricordare che il Donbass è vicinissimo a Stalingrado: è la “Sacca del Don” dove sono morti tanti Italiani, proprio a Doneck, allora chiamata “Stalino”(per via delle acciaierie).E che il Battaglione Azov è stato fondato a Mariupol, dopo una prima occupazione dei separatisti. Certamente, nella memoria collettiva, tanto dei Russi, quanto degli Ucraini, questo ricordo è tutt’altro che irrilevante.

L’insieme di questa vicenda appare caratterizzato fin dalle origini da un uso abnorme della propaganda di guerra e della disinformazione, non solo da parte dei soggetti implicati direttamente nel conflitto, ma da parte di tutti. Non parliamo qui delle polemiche sulla strage di Bucha, che dimostrano, se non altro, l’assurdità di questa guerra, dove tutti possono essere tutto e il contrario di tutto: le vittime sono “ucraine” o “Russe”? Le hanno uccise i Russi, i Siberiani, gli Ucraini,, i “nazisti”? Ma situazioni di questo genere possono e debbono essere valutate adeguatamente solo da tribunali internazionali (che per lo più non ci riescono neppur essi), perché perfino le Nazioni Unite se ne stanno rivelando incapaci

Osserviamo solo un al fatto veramente imbarazzane: che tutti, nei filmati degli “Ucraini”, soprattutto quelli  più anti-russi, parlano fra di loro inRusso, e non ne fanno neppure mistero. Basti guardare la versione originale della serie televisiva “Sluga Narodu”, che ha come protagonista Zelenskij, e che ha costituito base delle sue fortune elettorali, dove l’unico a parlare , sempre in Russo, ma con accento ucraino, è un politico che viene ridicolizzato e isolato da tutti i membri del governo (fittizio) di Zelenskij. Si badi bene, non un accenno di accento ucraino, e neppure russo-meridionale, neanche una “G” o una “o” all posto di una “a” aspirata: purissimo Russo moscovita (tant’è vero che Zelenskii era stato scambiato per un “filo-russo”.Anche il doppiaggio in Italiano  ha suscitato corrispondenti critiche.Ma ciò che è più impressionante che, anche  sul sito del famigerato “Battaglione Azov” ,  i colloqui sono anche qui in purissimo Russo, in particolare quelli che mostrano l’addestramento dal vivo dei miliziani. Hanno un accento più “meridionale” i comandanti dei separatisti. Dal che si evince con tutta evidenza che non siamo in presenza, come si dice in Occidente, di uno scontro fra opposti nazionalismi (o patriottismi), bensì di una guerra civile inter-russa per procura, fra “eurasiatisti” e ”atlantisti”, che procede dal 2008, ma ha le sue radici ben prima. Cosa che non stupirebbe nessuno, dopo le rivolte cosacche, gli scontri fra Bianchi e Rossi, le Repubblichette rivoluzionarie, l’Holodomor, la guerra partigiana e i “Fratelli della Foresta”. Tra l’altro, come riuscire a comunicare, fra tanti “volontari” e “mercenari”, in una lingua così sconosciuta come l’Ucraino? Nello stesso modo che nell’Assedio di Vienna, i soldati di Sobieski avevano dovuto, per distinguersi dai Turchi, usare bracciali colorati, così accade oggi in Ucraina fra i bracciali azzurri e gialli degli Ucraini e quelli bianchi dei Russi.

Se scadente è la qualità delle messe in scena ucraine, altrettanto  non convincenti i propagandisti russi. Come si farebbe, anche potendo e volendo, a “denazificare”, e perfino a “de-ucrainizzare”l’ Ucraina?Qui non siamo nel 1945, non ci sono i “Tedeschi” da “convertire”. Russi e Ucraini si confondono veramente, come si confondono fra loro un po’ tutti i popoli d’ Europa, che sono un continuum di civiltà, di culture, di lingue, dialetti, paesaggi, idee, da Gibilterra alla Čukotka, già feudo di Abramović. Anche nel rapporto della politica ufficiale verso la Russia vi è una transizione impercettibile, con l’”establishment” occidentale sempre più ostile, proprio mentre Ungheria e Serbia  confermano a schiacciante maggioranza i loro leaders pro-russi.

L’“internazionalità” della guerra è per altro comprensibile a causa dell’inaudita posta in gioco, che coinvolge da un lato, la sopravvivenza stessa dei Paesi belligeranti, ma, dall’ altra, anche l’intera struttura ideologica ed economica degli equilibri mondiali.

Colin Powel mostra alle Nazioni Unite una fiala di finta arma batteriologica

4.L’Ucraina, centro dell’Europa sulla Via della Seta.

Per tutti questi motivi, non avrebbe senso, né che l’Ucraina venisse annessa, totalmente o parzialmente, alla Russia, né che divenisse un membro ordinario della UE, né, infine,  che le fosse semplicemente attribuito uno “status” di neutralità. La sua forza deriva proprio dall’essere essa un elemento di equilibrio fra Est e Ovest, con eccezionali rapporti con l’Europa, la Cina e, soprattutto, la Turchia, che infatti è stata ben lieta di ospitare le trattative addirittura nel palazzo imperiale ottomano di Dolmabahce. Ricordiamoci, infatti, che buona parte dell’Ucraina era appartenuta, fino al 1700, direttamente o indirettamente, all’ Impero Ottomano, e Maidan è una parola persiana (mediata dal Turco e dal Tataro di Crimea).

Durante il colloquio annuale fra Cina e Ue tenutosi un paio di giorni fa a Bruxelles, la Cina ha affermato di stare lavorando per la pace in Ucraina, “ma a modo suo”. Prima dell’inizio della guerra, Wang Yi aveva già affermato che il ruolo dell’Ucraina era quello di costituire un ponte fra Est ed Ovest.

Questa tesi era quella che avevamo già sostenuto nel Quaderno n. 3 dei nostri Quaderni di Azione Europeista, che stiamo per ripubblicare come Quaderno 1-2022, con qualche correzione della tempistica, giacché esso appare ancor oggi attualissimo.

Infatti, indipendentemente dall’ esito del conflitto russo-ucraino, sta procedendo il progetto della Via della Seta, che non è solo cinese. Tra l’altro, sono stati terminati, o in via di completamento, i ponti di Pamukkale, sull’ Ellesponto/Dardanelli) e di Pelješac (fra la Dalmazia e Dubrovnik), e il tunnel sotto il Bosforo.

L’integrazione dell’ Eurasia procede,dunque,  nonostante tuti i “decoupling” (e gli embargo e le sanzioni con cui li si mettono in pratica).Dopo il recente incontro con i vertici UE, il Presidente Xi  ha affermato che la Cina and  l’Unione Europea  devono respingere la rinascita della “mentalità dei blocchi e della Guerra Fredda”. Perciò, la Cina accoglie con calore gl’investimenti europei  e vorrebbe esplorare una accresciuta complementarietà fra questo suo atteggiamento aperto e un’ autonomia strategica aperta, come si addice a “due grandi civiltà”.Peccato che, fra embarghi e sanzioni, alle imprese europee non lasciamo più fare commercio estero.

Quanto all’ Ucraina, Xi ha citato: l’urgenza che tutte le parti favoriscano le  trattative, anziché boicottarle; lavorare concretamente contro l’aggravarsi dell’ emergenza umanitaria; ricercare, con il supporto della Cina, un quadro di sicurezza europea equilibrato, efficace e sostenibile e completo.

A nostro avviso, tale “quadro equilibrato” potrà essere raggiunto solo se l’”Europa  da Brest a Vladivostok” diverrà, come la Cina, uno Stato-Civiltà, con una sua chiara e distinta identità, un suo Governo autorevole ed efficace, un suo esercito autonomo, quale reso possibile già dall’ attuale elevatissimo livello di spesa militare, se del caso ulteriormente rafforzato nelle direzioni di una comune cultura militare, della messa in comune delle armi nucleari e spaziali e della digitalizzazione a tappeto.

Oltre a ciò, l’ Europa e la Cina dovrebbero farsi portatori, a livello mondiale, di serie trattative per un’Organizzazione Mondiale di Difesa del Principio di Precauzione, che assorba AIEA, UNESCO, OMS e Agenzia per la lotta contro le armi chimiche e biologiche, che sostituisca gli obsoleti trattati in campo missilistico, per stabilire un controllo a tappeto sulle nuove tecnologie per impedire il superamento degli uomini da parte dei robot, lo scatenamento a sorpresa di guerre totali, la diffusione di propaganda di guerra, la gestione politica delle epidemie, la dipendenza dal web, ecc…

L’UCRAINA QUALE “PONTE FRA EST E OVEST”

Considerazioni sulla conferenza internazionale proposta dal Movimento Europeo

Teleconference Macron, Scholz
Xi Jinping

Oggi, il Presidente Xi Jinping ha avuto una teleconference con Macron e Scholz, con cui questi hanno praticamente investitoo, i modo informale, il Presidente cinese del ruolo di mediatore per conto dell’Europa. Per quanto la cosa possa sembrare esorbitante sotto tutti i punti di vista (a che titolo parlano Macron e Scholz? Perché l’ Europa non può mediare da sola? Cosa ci sta a fare Borrell?), l’iniziativa  dovrebbe essere foriera di sviluppi molto positivi.

La cosa va letta come l’ultimo episodio di un’evoluzione avviatasi già nei giorni passati. Al termine dei colloqui fra il Segretario di Stato Blinken e il primo ministro cinese Wang Yi, l’agenzia di stampa Xinhua aveva emesso un comunicato, in cui, tra l’altro, “la Parte Cinese“ also encourages the United States, the North Atlantic Treaty Organization (NATO), and the European Union to engage in equal dialogue with Russia

E’ importante rilevare come, secondo la Cina, anche l’Unione Europea e la NATO debbono partecipare alle trattative in esito alla guerra in Ucraina, per una soluzione globale delle tensioni di lungo periodo nell’ area europea (“ face up to the frictions and problems accumulated over the years”), e, in particolare all’ allargamento a EST della NATO “pay attention to the negative impact of NATO’s continuous eastward expansion on Russia’s security”, e per costruire un nuovo meccanismo europeo di sicurezza: “ and seek to build a balanced, effective and sustainable European security mechanism in accordance with the “indivisibility of security” principle”.

In una successiva dichiarazione, Wang Yi ha anche affermato:” Relations with Russia and those with the European Union were two separate issues, ….China’s relationship with Europe was not dependent on or related to any third party.”

Insomma, la Cina non vuole, né trovarsi imbarazzata dalla sua amicizia con la Russia, né essere ostacolata, nei suoi rapporti con l’ Europa, da interferenze americane. Di fatto, è in una posizione ideale per mediare, tenendo conto dell’ interesse del mondo intero per un’Europa pacifica ma anche forte.

Infatti, ha annunziato un prossimo summit fra Cina e UE, ed ha affermato che “Beijing firmly supported Europe’s “strategic autonomy””.Autonomia che però, nonostante le dichiarazioni retoriche, le Istituzioni della UE di fatto non stanno affatto perseguendo in concreto, e che non sarà probabilmente conseguita senza un sostanzioso aiuto cinese.

Alle “avances” cinesi corrisponde infatti la richiesta del Movimento Europeo di convocare una Conferenza per la sicurezza in Europa.

Mentre tutti i commentatori si concentrano sugli aspetti apparentemente più macroscopici della guerra in corso, dall’enormità sostanziale del conflitto, alle confliggenti interpretazioni e versioni dello stesso favorite dai diversi Governi, ai devastanti impatti economici, noi desideriamo qui concentrarci invece su queste  trasformazioni desiderabili e possibili degli attuali assetti europei che si potrebbero, e dovrebbero, perseguire in occasione delle future trattative, per una soluzione in profondità e di lungo periodo dei  molti, gravissimi e urgenti problemi del mondo.

In effetti, l’”Operazione Speciale” in Ucraina non è certo la linea più diretta e auspicabile per affrontare la questione della sicurezza europea (che sarebbe ovviamente compito prioritario degli Europei, e non di altri, e che dovrebbe essere stata affrontata diversamente da gran tempo). Però, come al solito, “oportet ut scandala eveniant”.

E comunque la Russia e l’Ucraina non possono essere gli unici interlocutori di una questione che riguarda evidentemente anche e soprattutto l’Unione Europea e la NATO. I cui trattati istitutivi sono da anni giustamente soggetti a critiche, che questa crisi potrebbe e dovrebbe aiutare a superare. Ma riguarda altrettanto la Cina, che, con le sue Nuove Vie della Seta, rivendica per sé un ruolo attivo in tutte le vicende dell’Eurasia, che impattano profondamente sulla sua economia e sulla sua società, largamente dipendenti dagli scambi internazionali. Basti pensare alle ferrovie che attraversano la Russia, l’Ucraina, la Polonia….E difatti, anche Borrell ha espresso il desiderio che la Cina promuova un negoziato, e Wang Yi ha affermato chiaramente che essa si sta predisponendo a farlo.

Gli Stati Uniti, che si erano illusi di avere soffocato le Vie della Seta – con il terrorismo islamico, con i moti di Hong Kong, con le ingerenze con i Governi europei (e in primis quello italiano), con le sanzioni contro la Cina- se la vedono oggi rispuntare sotto forma di mediatrice necessaria nel conflitto ucraino.

Ed è  su questa svolta che si potrebbe innestare il discorso più vasto sull’architettura europea.

Mitterrand a Praga

1.La Confederazione paneuropea (Assise di Praga del 1989).

Infatti, oggi, il problema immediato sentito da tutti, ma finora irrisolto, è quello di proporre una soluzione della crisi ucraina che sia accettabile a tutte le parti, e dotata di una sua intima coerenza. Tuttavia, una siffatta proposta non avrebbe, né chances, né un seguito, se non poggiasse su una solida base di riflessione e una proposta di più ampio respiro.

E, innanzitutto,  occorre chiedersi perché l’unica soluzione lineare, quella proposta in passato, la Confederazione Europea di Mitterrand, discussa nel 1989 alle Assise di Praga, sia stata sempre scartata senza discussione, per le opposizioni degli Stati Uniti e delle classi dirigenti atlantiste:” à partir des accords d’Helsinki, je compte voir naître dans les années 1990 une Confédération européenne au vrai sens du terme qui associera tous les États de notre continent dans une organisation commune et permanente d’échanges, de paix et de sécurité.».

Si noti bene che le Assise di Praga erano un incontro non limitato ai politici, bensì aperto alla società civile di tutta Europa.

Fino a pochi anni fa (almeno fino al 2008), l’obiettivo di politica europea della Russia (sotto Gorbaciov, Elcin e Putin) sembrava rimasto appunto proprio quello di una strutturazione dell’Europa sulla base di una confederazione con l’Unione Europea, quale  già adombrata negli statuti del Consiglio d’ Europa e dell’ OCSE, (anche attesa l’indisponibilità della UE, espressa a Putin dal Presidente Prodi, ad una adesione della Russia alla UE, quale invece già richiesta da Elcin).

Invece, l’obiettivo dell’”establishment” occidentale era radicalmente diverso: “bloccare la storia” in modo da rendere irreversibile il suo”impero nascosto”  esteso a tutto il mondo: “La caduta del Muro di Berlino nel 1989 e la successiva dissoluzione dell’Unione Sovietica fecero emergere la falsa convinzione che la fine della guerra fredda e dell’imperialismo comunista avrebbe aperto la strada ad un mondo sostanzialmente unipolare nel quadro dell’egemonia degli Stati Uniti d’America e del libero mercato.I passi in avanti compiuti dal processo di integrazione europea, dall’Atto unico europeo del 1987 al Trattato di Lisbona del 2009 sono ben lontani dall’obiettivo degli Stati Uniti d’Europa ribadito nel 1984 su Le Monde e il mondo unipolare immaginato nel 1989 ha lasciato il posto ad un pianeta sempre più ingovernabile con tensioni crescenti fra Stati che rivendicano al loro interno il principio della sovranità assoluta e all’esterno il ruolo di attori internazionali.(P.V. Dastoli, “Est-ce qu’il faut une troisième guerre mondiale pour créer les Etats-Unis d’Europe ?”) .

Come conseguenza, di fronte al “muro di gomma” degli Europei (vedi dichiarazioni di Prodi) e all’invasività delle sempre rinnovate politiche americane (Guerra del Kossovo, Operazione “GUAAM”, Euromaidan, erosione delle tradizionali neutralità di Svizzera, Austria, Svezia e Finlandia), la Russia è stata costretta, nei decenni, anziché a procedere, come avrebbe voluto, sulla strada dell’integrazione paneuropea, a difendere in tutte le direzioni in modo sempre più aggressivo la propria autonomia politica attraverso tattiche negoziali e militari alternate (interventi in Transnistria, Kossovo, Ossetia, Abkhazia, Donbass), ora sfociate nella guerra con l’Ucraina, più acuta ed evidente delle precedenti, ma qualitativamente non diversa.

Nel frattempo, tradizioni giuridiche secolari e sancite da trattati internazionali, come l’ “Immerwaehrende Neutralitaet” svizzera e austriaca, venivano (e vengono) erose con cavilli formalistici dalla NATO e dalla UE.

Per molto tempo, in quegli anni, Putin aveva parlato e operato a favore della UE, della democrazia e del mercato, ma, dopo tante delusioni, la sua visione politica è cambiata radicalmente:”dopo tanti anni di politica estera e di incontri con tanti presidenti americani ho capito che mai con gli USA ci potrà essere vera pace perchè sono contro di noi per il semplice motivo che esistiamo”. Per questa convinzione, egli ha progressivamente militarizzato la Russia, nell’ ideologia, nella cultura, nel diritto, nella società…, come risulta particolarmente evidente in questi giorni.

Tutte le potenze che sono intervenute nel conflitto con ambizioni di mediazione hanno tentato, per ora inutilmente, di delineare un’ipotesi di strutturazione dell’area est-europea che soddisfi le esigenze di tutte le parti in causa, ivi comprese le ”legittime preoccupazioni della Russia”. Per quanto ci riguarda, la confederazione paneuropea resta però l’unica prospettiva che permetterebbe di uscire in modo stabile da una conflittualità che oggi appare senza rimedio, non solo sull’ Ucraina, ma anche per ciò che concerne tutta l’Europa, e una conferenza internazionale, quale quella proposta dal Movimento Europeo,  sembra l’unico strumento veramente adeguato.

Attraverso le diverse pubblicazioni della Casa Editrice Alpina e dell’Associazione Culturale Diàlexis (in particolare, Ucraina, no a un’inutile strage, del 2014) avevamo già tentato da circa un decennio di delineare uno scenario complessivo che avrebbe permesso di raggiungere questo risultato.

Proprio il fatto che trovare una soluzione politica non sia facile potrebbe costituire in realtà un’opportunità per la UE, la quale, desiderando (a quanto da essa stessa dichiarato) fondare una visione nuova, basata sulla “sovranità europea” di cui parla Wang ( ma per cui non oggi esistono sufficienti basi materiali e spirituali), non può che giovarsi di uno scenario mobile, che offra il destro di uscire dal “Pensiero Unico”. Senza una forte spinta dal basso (e dall’ esterno), l’Unione non sarà mai all’altezza di quell’ obiettivo.

Tra l’altro, la crisi ucraina sta infatti coincidendo temporalmente con la fase terminale della Conferenza per il Futuro dell’Europa, che non sembra abbia raggiunto alcuna conclusione operativa (per dirla con il Presidente Mattarella, si sta concludendo in modo “grigio”). In particolare, non c’è nessuna proposta concreta sulla politica estera e di difesa dell’ Europa, che, come si può vedere proprio nel caso dell’ Ucraina, non esiste, perché tutte le cose importanti (per esempio la “no flight zone”, la fornitura dei MIG, la linea di successione di Zelenski, la mediazione cinese…) vengono ancor sempre decise, in realtà, fra Stati Uniti, Russia e Cina. Come difficoltà aggiuntiva c’è il fatto che, in una materia così fluida come quella militare, ci si debba sempre consultare in 27.

Sarebbe il caso che il Movimento Europeo, stigmatizzando in modo energico l’assenza di idee nella Conferenza, si esprimesse molto più chiaramente per una ripresa della proposta di Mitterrand e di Gorbaciov. L’attuale svolgimento della Conferenza (burocratico, autoreferenziale, e privo di entusiasmo, dialettica e concretezza) è, infatti, quanto di più lontano dalle realtà di quest’Europa scossa dalla pandemia, dalle sanzioni, dalla crisi economica, dalla guerra).La stessa presidenza di turno, quella francese, stretta fra la guerra e le elezioni, non ha fatto praticamente nulla per l’Europa, salvo ora la videoconferenza con Xi Jinping.

E’ dunque chiaro che:

il primo messaggio all’ Europa, è: datevi un “comandante in capo” in grado di trattare con poteri corrispondenti a quelli di Biden, Putin e Xi Jinping;

-Il secondo messaggio è: datevi una forza nucleare veramente europea. Certo, c’ è già quella francese, ma, a parte la sua debolezza rispetto a quelle russa e americana, è ad esclusiva discrezionalità del Presidente francese, che non è in grado di usarla politicamente. La Presidenza francese dovrebbe mettere la Force de Frappe a disposizione dell’Europa, precisandone le condizioni, e l’Unione che dovrebbe dotarsi di un meccanismo di gestione delle crisi che garantisca il comando unico;

-Terzo messaggio: datevi un profilo chiaro (una dottrina strategica comune), in modo da poter formulare risposte univoche;

-Quarto messaggio: spendete meglio i vostri soldi, licenziando praticamente tutti gli alti ufficiali, la maggioranza degli ufficiali, metà dei sottoufficiali e molti soldati, e dotatevi, al loro posto, di analisti, agenti segreti, ingegneri informatici, nucleari e spaziali, addestratori di milizie civili, contractors, come hanno gli altri eserciti. Sviluppate computer quantici, missili ipersonici, “gliders”, ecc…

Mariupol, centro del conflitto del Donbass

2.Il ruolo dell’ Ucraina nel futuro dell’ Europa

Gorbačëv aveva parlato di una “Casa Comune Europea” ispirandosi al papa Enea Piccolomini , Elcin, Putin e Erdoğan hanno continuato a caldeggiare, oramai da un ventennio, e con una pazienza veramente encomiabile,  l’adesione alla UE dei rispettivi Paesi, ricevendone risposte evasive o sdegnate. La realtà è che, come si era lasciato sfuggire Prodi con Putin,  Russia e Turchia sono troppo grandi, e potrebbero dettare le loro condizioni, anziché accettare supinamente quelle della UE.

E non si dica che non sono “democratici”. La storia di questi ultimi decenni ci insegna che Solidarnosc, FIDESZ, AKP, Edinaja Rossija, sono nate dalle vittoriose rivendicazioni antitotalitarie contro regimi liberticidi, come i Partiti Comunisti dell’ Est e i militari polacchi e turchi. Se i loro leaders hanno dovuto incrementare, nel corso di questi decenni d’indipendenza,  i poteri propri e dei loro Governi, ciò è stato dovuto alle pesanti forme di destabilizzazione subite, nonostante le loro origini e i loro meriti,   da parte dall’ America e dalla UE, come per esempio  la colonizzazione dei media e della cultura di Polonia e Ungheria da parte di gruppi finanziari e lobbistici occidentali, le Rivoluzioni Colorate serba, georgiana e ucraina preparate a tavolino secondo il manuale di Gene Sharp e finanziate dall’ Endowment for Democracy; il colpo di stato sobillato dal telepredicatore islamista Gülen  con sede in USA.

In conclusione, una proposta europea per l’Ucraina potrebbe situarsi lungo cinque linee di azione:

un nuovo tipo di confederazione dell’Unione Europea, da un lato con l’Unione Eurasiatica, e, dall’ altra, con la Turchia, secondo la vecchia proposta di Mitterrand (utilizzando “come veicolo” il Consiglio d’ Europa e/o l’ OSCE?);

-la “federalizzazione” dell’ Ucraina (ma anche della Turchia), come prevista dagli Accordi di Minsk, utilizzando ad esempio le esperienze della Finlandia, del Belgio e della Svizzera, oltre che le già esistenti 12 Euroregioni dell’Ucraina. Ricordiamo che il Belgio ha una Comunità neerlandofona, una francofona e una germanofona, più una “Città Capitale” che è anche la “capitale” della UE e della NATO;

-la trasformazione dell’ Ucraina nel “territorio confederale”, e, di Kiev, nella sua “capitale”. Intanto, per rispetto verso  i nostri partners orientali, e, in secondo luogo, per dare, all’ Ucraina un ruolo, “una missione”, come quella che giustamente rivendicava la “Confraternita Cirillo-Metodiana”tanto amata dai nazionalisti ucraini, che non sia solo quella di “Antirussia”;

-la neutralizzazione del territorio ucraino, con adeguate garanzie internazionali reciproche (come proposto, fra gli altri, da personaggi come Kissinger e Brzezinski). Non si capisce perché ciò che si è fatto, e si continua a fare, per quasi la metà degli stati europei, membri (Irlanda, Svezia, Finlandia, Austria, Malta) dell’ UE, e non-membri (Svizzera, Liechtenstein, Serbia, Georgia , Azerbaidjan, Islanda, Moldova) non possa essere fatto anche per l’Ucraina;

-una collaborazione urgente fra l’ America, la Russia e l’Europa, su  un progetto generale di controllo degli armamenti, non limitato alle armi nucleari  e alle difese antimissilistiche, bensì allargato a un’applicazione generalizzata del Principio di Precauzione. Infatti, le “garanzie” dell’equilibrio degli armamenti sono, prima che giuridiche, tecniche: vale a dire trasparenza delle tecnologie, efficacia dei controlli,ecc …;

-il passaggio della “Force de Frappe” francese sotto il controllo europeo;

-uno scadenziario preciso di trasferimento delle competenze militari (ivi compresi gli acquisti di materiale militare e le attuali basi NATO e americane), dagli USA e dalla NATO alla UE. E non si dica che un Esercito Europeo non sarebbe in grado di difendere l’ Europa, quando perfino l’esercito ucraino si sta rivelando capace di sostenere l’assalto di quello russo. Gli Europei stanno spendendo già adesso il doppio dei Russi, ma stanno semplicemente sprecando i loro soldi. E poi, non avendo noi l’ambizione di dominare il mondo, non avremmo bisogno di spendere quanto gli Americani. Semmai, bisognerebbe spostare un certo numero di stanziamenti verso l’AI, l’intelligence, il missilistico e il nucleare.

Si tratterebbe insomma semplicemente di ritornare all’ impostazione originaria del Movimento Federalista Europeo, che considerava la CSI come una realtà federale positiva e utile, con cui collaborare nell’ambito del Federalismo Mondiale. 

Occorre  sottolineare che, a causa della grande varietà di tradizioni delle diverse parti dell’ Ucraina, un aspetto importante dell’ Ucraina è la sua vocazione naturale  al  federalismo. Pensiamo ad aree altamente omogenee sotto tanti punti di vista, come Galizia Orientale (Leopoli), Podlessia (Cernihiv), Regione Kievana, Donbass (Kharkiv), Novorossija-Zaporizzhia (Dnipro), Bessarabia (Odessa), Rutenia Transcarpatica (Uzhgorod). Volendo, anche Crimea (Simferopol).

La “federalizzazione” era stata invocata fin dalla creazione del nuovo Stato, e già parzialmente attuata in Crimea. Essa costituiva il nucleo del programma del Partito delle Regioni che aveva vinto le elezioni. Questo progetto è già perfino accettato, negli Accordi di Minsk II, ma mai concretizzato per l’opposizione dell’ Ucraina. Esso è anche consono allo spirito federalistico dell’ Unione Europea. Non per nulla, l’Ucraina aveva fatto oggetto della creazione, grazie alle sue successive amministrazioni,  delle sue 12 Euroregioni. Come in altre parti d’Europa, le Euroregioni dell’ Ucraina non funzionano, ed era stato proprio Jatseniuk a lamentarsene quando era stato Ministro degli Esteri.

Da dove vennero i primi Indoeuropei

3.L’Ucraina  cuore dell’ Europa

A noi pare che la  materia più  delicata del contendere sia proprio quella  simbolica: la pretesa di centralità rispetto a una tradizione condivisa: quella della Rus’ di Kiev. La Russia non può permettere che Kiev, suo mitico luogo di origine, cada in mano a forze antirusse (l’”Antirussia” contro cui si scaglia ancora il Presidente Putin). Ne verrebbe sconvolto lo  stesso equilibrio culturale e psicologico del Paese (che punta tutto sulla propria continuità storica da Rjurik ,se non dagli Sciti, a Putin, sicché gli Slavi Orientali dovrebbero essere per i Russi non già dei partners, più o meno affidabili, bensì dei “fratelli”=“bratjà”).  Di converso, i nazionalisti ucraini (e dei Paesi vicini), che finalmente, dopo molti secoli, sono riusciti, anche se in modo discutibile e in ritardo sugli altri Europei, a crearsi una loro “identità nazionale”, non vogliono neppur essi “mollare la presa”, lasciando ai “Moscoviti” (i “Moskali”) la leadership dello Slavismo, che, secondo la “Comunità Cirillo-Metodiana”, sarebbe spettata all’Ucraina. È un vecchio conflitto, quello fra “Ucrainofili” e “Russofili”, che, per quanto limitato nello spazio e nel tempo, aveva già fatto molte vittime, per esempio in Galizia durante e dopo la 1° Guerra Mondiale. Ci sembra grave che, invece, non vengano mai ricordate le altre importanti tradizioni culturali dell’ Ucraina (greco-romana, turco-tartara, Polacco-Lituana, Ungherese, Rutena, Askhenazi, Karai).

Quella che noi suggeriamo è un’ulteriore  contromossa . Per noi, il Maidan non è il centro dell’ Ucraina Occidentale, né dell’Ucraina in generale: è il cuore dell’ Europa. Fin dagli inizi, l’Europa è stata molteplice: non per nulla, già Diocleziano aveva diviso l’Impero Romano in quattro parti. In Europa, vi sono almeno tre, se non quattro, “Rome”: oltre che la “Roma” propriamente detta, ci sono Istanbul e Mosca. Nessuna di queste può essere “il” centro dell’Europa. Fisicamente, il “centro” si situerebbe  proprio in Ucraina Occidentale (forse, in Bucovina, vicino al Castello di Hotyn).Secondo John Anthony, l’area si origine dei Proto-Indoeuropei si situerebbe lungo il medio corso del Don, nell’ Oblast di Samara, da dove essi sarebbero poi migrati verso l’Ucraina e la Romania. Quindi, non più Kiev origine degli Slavi Orientali (la Rus’ di Kiev), bensì la Russia meridionale quale origine degli Indo-Europei.

In Kiev, parzialmente slava e ortodossa, parzialmente cattolica, parzialmente medio-orientale (di cui è simbolo la Chiesa Cattolico-Orientale), come dice lo stesso nome “Maidan” (Turco, Arabo, Persiano, Urdu, Hindi) si potrebbe stabilire il “centro” dell’Europa, intesa, non già come semplice Unione Europea, bensì come Confederazione fra UE, Comunità Eurasiatica e Turchia.

Tuttavia, per fare questo, occorrerebbe che, al di sopra delle identità regionali e nazionali, emergesse con chiarezza la natura dell’ Identità Europea quale espressione della Dialettica dell’ Illuminismo nell’ era delle Macchine Spirituali. Tale dialettica si configura, oggi, come tensione fra, da un lato, la Rivoluzione Biopolitica perseguita dal Complesso Informatico-Militare, e, dall’ altra, l’aspirazione al superamento della Modernità nel nome delle tradizioni culturali e religiose. Quest’aspirazione, che oggi trova la sua incarnazione soprattutto nel dialogo interculturale ed ecumenico, dovrebbe trovare espressione anche in un movimento politico internazionale volto al controllo degli abusi delle nuove tecnologie, siano esse civili o militari.

A quel punto, la “radice” non sarebbe più nella Rus’ di Kiev (il “Russkij Mir”), bensì nelle culture di Yamnaya e di Tripollie (origine degli Europei),da cui si sarebbe dipartita anche la “Cultura di Sintashta” (dove Anthony vede similitudini con la cultura vedica).

L’ Europa, la Russia e l’Ucraina, per il loro carattere di “ponte” fra le culture occidentali e orientali, dovrebbero divenire il supporto politico di questo movimento. Per fare ciò, esse devono però riconoscere le loro radici comuni (i “due Polmoni” di cui parlava Papa Wojtyła), sviluppando forme di sinergia e di associazioni che accrescano il loro peso in quanto polo di trasformazione della società mondiale.

Ci si obietterà che ciò è irrealistico, in quanto, oggi, si andrebbe piuttosto verso una conflittualità crescente fra Occidente ed Eurasia. Si osserverà anche che questo è il momento di un forte “revival” di ogni tipo di nazionalismo:

-campanilistico-economicistico , come quello del “Made in Italy”;

-geopolitico-finanziario,come quello dell’”austerità” tedesca;

-populisico volgare, come quello anti-immigrati e anti-euro;

-quello sciovinistico novecentesco, come quello “sovranista”;

-quello del “ressentissement”, come quelli dei “popoli senza storia” contro gli “Herrenvölker;

-quello piccolo-nazionale, come quelli basco, catalano, scozzese o Fiammingo;

-quello letterario e aulico, come quello delle grandi “nazioni aristocratiche”;

-quello  opportunistico e filo-NATO, come quelli degli establishment militari;

-quello neo imperiale, come quello russo.

Noi crediamo invece che, in una visione pluricentrica e pluriculturale, tutte le forme di identità, comprese quelle nazionali, possano trovare uno sbocco e una fioritura, purché si inquadrino nell’ obiettivo storico dell’ Europa del XXI Secolo.

Così, la Russia potrebbe perseguire il suo ruolo di catalizzatore delle infinite forze dell’Eurasia; il mondo nordico potrebbe  continuare a costituire il cuore economico dell’ Europa; quello mediterraneo la colonna vertebrale di una rinnovata Società della Conoscenza intesa come Società della Cultura e delle Fedi; quello Centro-Orientale, una “cerniera” intorno alla quale si muovono tutte queste altre realtà. E, ancora all’ interno di ciascuno di quei “mondi”, si possono inserire le Macroregioni Europee (baltica, atlantica, alpina, adriatica, danubiana, ecc…) , ciascuna con delle sue specificità (quale ecologica, quale marinare, quale turistica, quale multiculturale, quale storica…).E, poi, ancora, nazioni, regioni, città, in un’Europa delle Identità in cui ogni anello della catena ha una propria vita.

Tuttavia, senza una nuova classe dirigente che approfondisca, maturi, formalizzi, consolidi, concretizzi, diffonda e difenda questa visione, l’ Europa va inesorabilmente verso il declino, l’irrilevanza, il conflitto e la distruzione: Complesso Informatico-militare contro democrazia; NATO contro Russia; nazionalismo russo contro revanscismo baltico e ucraino; arroganza tedesca contro Paesi mediterranei; Stati Nazionali contro micronazionalismi; nazionalità titolari contro minoranze etniche…

E’ chiaro che questo non è fino ad ora avvenuto perché tutte le componenti dell’ establishment non vogliono perseguire quell’ obiettivo, vuoi perché non informate, vuoi perché non lo condividono, vuoi perché paralizzate da  un’opinione pubblica succube dei “media”, vuoi perché eterodirette dall’ America.

Il problema politico sarà dunque come fare a conseguire quegli obiettivi nonostante quest’ ambiente circostante ostile.

Per quanto la pace in Ucraina sia un obiettivo immediato e la federazione eurasiatica un obiettivo di medio termine, le strategie per conseguirlo non devono contraddirsi reciprocamente, e devono tenere conto dei vincoli del realismo.

La strage di Srebrenica, sotto gli occhi dei Caschi Blu

4. Il federalismo mondiale non è un mondo angelico

La nascita del federalismo europeo si confonde, fin dai più lontani precedenti, con quella delle organizzazioni internazionali. Esso le ha sempre  sostenute  lealmente, anche perché esse costituiscono, per essa, il canale privilegiato per esercitare il suo ruolo nel mondo. Coerentemente con le impostazioni classiche del federalismo, il completamento dell’integrazione europea dovrebbe permettere anche la realizzazione del federalismo mondiale.

Tutto ciò presuppone però, a monte, una rivoluzione culturale, in quanto, nel dibattito culturale e politico, non sono ancora stati approfonditi adeguatamente concetti essenziali per tale riforma, come per esempio “Superpotenza”, “Confederazione”, “Impero”, “Imperialismo”, “Grande Potenza”, “Federazione”, “Stato”, “Stato Nazionale”, “Nazionalismo”, “Stato Federale”, “Federalismo”, che, infatti, tanto nella letteratura specialistica, quanto nei media, sono utilizzati in modo assai promiscuo. Intanto, quando si parla di federalismo mondiale, si pensa spesso a uno scenario utopico: tutti concordi su un unico modello, senza conflitti: la Fine della Storia. Questa però non sarebbe una federazione mondiale, bensì un impero mondiale, se non, addirittura, una tirannide universale (Rousseau, Kant).

Perciò. Il federalismo mondiale, la confederazione fra UE e Eurasia e lo stesso federalismo europeo potranno funzionare solo se interiorizzeranno la critica anti-utopica.Perfino all’ interno di un solo Stato ci sono insurrezioni, rivoluzioni e guerre civile. Uno Stato mondiale in cui tutte queste fossero rese impossibili sarebbe la fine dell’uomo. Non per nulla i cultori dello Stato Mondiale sono anche gli zelatori della Fine della Storia e della Singularity Tecnologica.Al contrario, il federalismo mondiale si pone in contraddizione estrema con il modello attualmente vincente, quello della globalizzazione tecnocratica (che aspira, appunto, a un  impero mondiale, e/o universale). Secondo tale modello di globalizzazione, dovrebbe esistere un unico centro (il Complesso Informatico-Militare), che imporrebbe a tutti gli Stati il livellamento delle loro culture per obbedire a direttive unitarie, che mirano a un modello si sviluppo finalizzato alla egemonia della tecnica (standardizzazione, concentrazione, conformismo, atomizzazione).

Il federalismo mondiale invece, aspirando a far partecipare al governo del mondo tutte le parti dello stesso, si sforza, al contrario, di organizzare una pluralità di soggetti politici, e di aggregarli, per rafforzarli, all’ interno di grandi “contenitori”  continentali o semi-continentali, come l’ India, l’ Europa, l’Africa, le Americhe, il Medio e l’Estremo Oriente, ecc…Esso prende atto del fatto che esistono, nel mondo, molti modelli culturali e politici (Kupchan, De Masi). Per questo motivo costituisce non già, come pretendono taluni teorici, la fine di tutti i conflitti, bensì l’avvio di conflitti di nuovo tipo. La causa immediata delle attuali tensioni a livello mondiale (corsa agli armamenti, conflitti locali) è costituita per esempio dal fatto che le forze della globalizzazione, non accettando questo pluricentrismo, lo sottopongono a pressioni di ogni genere.

Nell’ambito di questo conflitto generalizzato, si collocano conflitti più localizzati, vertenti sulle modalità secondo cui si vorrebbero organizzare i singoli soggetti continentali e/o subcontinentali (p.es., Palestina, Ucraina, Kashmir, isole Daoyu). Questo “pensare per continenti” che prende l’avvio dalla “Dottrina Monroe”, si sviluppa con l’”eurasiatismo” e “Paneuropa” per sconfinare nell’imperialismo (vedi “la Grande Asia” giapponese o “il Grande Medio Oriente” di Bush).

Esso ha, certo, paradossalmente, una certa parentela con lo “Scontro di Civiltà” di Huntington, solo che l’obiettivo è diverso: là, si trattava di una grande coalizione per vincere la Terza Guerra Mondiale; qui di un accordo multilaterale fra tutti i maggiori attori, per disinnescare il rischio della guerra mondiale (Habermas). Basti pensare che Huntington voleva dividere l’ Europa al confine coll’Ortodossia (paradossalmente, qualcosa di simile alle attuali rivendicazioni russe).

Anche per fare ciò, i politici dovrebbero acquisire una visuale culturale più ampia, comprensiva di  un’eccezionale competenza culturale comparata, cercando di vedere come certe soluzioni riescano a conciliare esigenze obiettive e pulsioni identitarie di soggetti diversi. L’ostacolo principale al raggiungimento di questo obiettivo è la “colonizzazione culturale” dell’ Europa da parte dell’ideologia californiana, che sta tentando d’ imporre, come fosse l’“Identità Europea”, l’egemonia culturale transumanista, introducendo in Europa una “cancel culture” che si traduce in un “Cancel Europe”. E, infine, nel “Cancel Mankind”.Il caso della persecuzione della cultura russa in tutto il nostro Continente è più che eloquente.

La retorica byroniana copriva le stragi della Guerra di Liberazione greca

5.Le Nazioni Unite dovranno “cambiare pelle”

Sono nate come alleanza vincitrice della 2° Guerra Mondiale, e ne mantengono l’ impronta e l’ideologia (il “One-Worldism” diffuso dagli Stati Uniti all’ inizio della Seconda Guerra Mondiale). L’Europa vi è rappresentata da  uno Stato Membro, ma non ha un proprio seggio. Anche il suo nome è obsoleto, si richiama alla Guerra antinapoleonica e alla  Battaglia di Waterloo, alla  Seconda Guerra Mondiale e agli Stati Uniti, dov’essa ha sede: “Millions of tongues record thee, and anew/Their children’s lips shall echo them, and say,/’Here, where the sword united nations drew,/Our countrymen were warring on that day !’ (Lord Byron, Childe Harold’s Pilgrimage).

Infine, dovrebbero essere trasferite in un Paese neutrale. Non sembra infatti ammissibile che, come nel recente caso del team russo, gli Stati Uniti possano negare l’accesso alle Nazioni Unite ai rappresentanti degli Stati membri.

Anche le Organizzazioni specialistiche sono obsolete. Esse non riescono a svolgere loro funzioni più fondamentali che mai, come, in primo luogo, un’applicazione giuridicamente vincolante a livello mondiale del Principio di Precauzione e del Principio della difesa dell’Identità Culturale. Vanno fuse e coordinate fra di loro e con le Nazioni Unite.

L’incontro di Pratica di Mare fra Putin e Bush

6.La NATO e l’OCSE potrebbero costituire la base di una Alleanza  del Nord del Mondo

A nostro avviso, essendo attualmente la NATO e l’OCSE le organizzazioni dei Paesi del Nord-Ovest del mondo, esse potrebbero diventare, fondendosi, un regime-quadro federale dei rapporti fra Europa, America e Medio Oriente. Quest’affermazione non è, a nostro avviso, contraddetta, bensì rafforzata, dalle recenti vicende ucraine. Infatti, la rivalità russo-occidentale è stata creata artificialmente per giustificare la sopravvivenza della NATO stessa come tale, mentre  Gorbačëv e Elcin avevano deliberatamente smobilitato il Patto di Varsavia nella speranza di essere accolti subito in Europa, venendo però respinti.

Come ha affermato l’Arcivescovo Emerito di Torino, Monsignor Bettazzi, dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia, la NATO stessa avrebbe dovuto essere sciolta, e sostituita da qualcosa di europeo.La NATO dovrà dunque mantenere solo i suoi compiti politici, abbandonando quelli militari, divenuti ormai obsoleti dopo la fine della Guerra Fredda e la creazione di una Politica Estera e di Difesa. Tra l’altro, i compiti dell’OCSE comprendono già precisamente il controllo degli armamenti, provvedimenti di sicurezza, diritti umani, minoranze etniche, democrazia, antiterrorismo e ambiente, anche se vengono in questo momento talvolta strumentalizzati.

Potrebbero essere membri della nuova organizzazione gli Stati Uniti, il Canada, il Consiglio d’Europa, la Conferenza degli Stati Islamici e Israele. E’ ovvio che ciascuno di questi soggetti potrebbe associarsi agli altri pur mantenendo la propria identità, ma abbandonandone le interpretazioni escatologiche ed assolutistiche. Compito principale: coordinare verso l’esterno le difese dell’area nord del mondo contro attacchi esterni (p.es., terroristici), e difesa antimissilistica. Svolgere una funzione arbitrale circa eventuali conflitti “interni” (p.es., il caso ucraino). Accordi ben precisi dovrebbero essere stabiliti fra questi organismi, le Nuove Vie della Seta e l’Organizzazione di Cooperazione di Shanghai.

Evitandosi (o, almeno, allontanandosi  dalla nostra area) la competizione fra i sistemi nucleari americano e russo, l’Europa potrebbe divenire veramente l’area più pacifica e sicura della terra, anche se ciò non eliminerebbe certo l’esigenza di un Esercito Europeo, e di una cooperazione di difesa con gli Stati Uniti e con il Medio Oriente, ma con finalità diverse da quelle attuali.

Questa autonomizzazione dell’Europa sarebbe facilitata da un sistema antimissilistico comune e dalla creazione di un Esercito Europeo capace di bilanciare quello russo, in attesa di integrarsi progressivamente con questo.

Roma, Costantinopoli, Mosca

7.Il Consiglio d’Europa potrebbe divenire la “Federazione delle Tre Europe”

Il Consiglio d’Europa è l’unica organizzazione che raggruppi tutti i Paesi d’Europa.  Potrebbe costituire l’ambito di cooperazione federale fra una ricostituita Comunità Europea, la costituenda Comunità Eurasiatica e una nuova auspicabile realtà federale anatolica o panturcica. In tal modo, senza scontentare gli oppositori di una più stretta integrazione europea di Russia e Turchia, si permetterebbe a questi due Stati di contare di più anche formalmente nelle politiche europee (cosa a cui fermamente essi aspirano, e che si è voluto fino ad ora ad essi negare). Si terrebbe così anche conto che le “tre Rome” eredi della Tetrarchia romana, quella “occidentale” (romana e germanica)  , quella balcanico-medio orientale (bizantino-turca), e quella “scitico-sarmatica” (Russia, Mar Nero, Siberia, Asia Centrale) costituiscono tutte insieme l’eredità storica dell’ Europa, senza che alcuna di esse possa vantarne il monopolio, così come Kaifeng, Xi’an, Nan Qing e Pechino condividono l’eredità del Tian Ming. Tutte insieme costituiscono il nostro Stato-Civiltà. Questo richiederebbe un ravvicinamento delle culture delle diverse aree. Volendo, si potrebbe anche pensare alle forme di partecipazione di una “Quarta Roma”, l’America. Certo, questo presupporrebbe un ulteriore cambiamento di cultura, quale quello auspicato a suo tempo dagli “Euroamericani” (Eliot, Pound, Dos Passos, Frantzen).

Modernità e post-modernità sono innervate dalla “lotta per il riconoscimento”: dal principio di eguaglianza presente nelle “carte atlantiche”, alla “Missione dei Popoli”, alla decolonizzazione, alle politiche di genere. Tuttavia, non è stato ancora dato un riconoscimento pieno alle tendenze culturali diverse dall’“Occidente”. Nel caso dell’Europa, alle tendenze “asiatiche” o “eurasiatiche”al suo interno(popoli delle steppe, ebraismo, Cristianesimo orientale, Euroislam, Costantinopoli, Slavismo), con l’abbandono, da parte dell’Europa e dell’ America, della cosiddetta “Arroganza Romano-Germanica” denunziata a suo tempo da Trubeckoj, e ancora aleggiante, tra l’altro,  nei programmi scolastici e in quelli dei partiti politici europei.

Quanto sta accadendo appunto con Russia e Turchia crea, certamente, dei nuovi ostacoli su questa strada. Da un lato, il Consiglio d’ Europa dovrà formulare  una sua nuova politica di partenariato con Russia e Turchia, che garantisca loro la partecipazione all’ Europa con un ruolo paritario e  la sicurezza, non solo nucleare, ma anche contro ogni forma di destabilizzazione. A quel punto, si vedrebbe che le questioni aperte, in primo luogo quelle dei missili e delle minoranze etniche, si risolverebbe automaticamente.

L’Unione ha perso qualcosa dell’ispirazione originale?

8.L’Unione Europea dovrebbe tornare a chiamarsi “Comunità Europea”.

Essa potrebbe articolarsi, al suo interno e verso l’alto, secondo il principio della “Multilevel Governance” (l’Europa a più Velocità, l’”Europa delle Regioni”). Barbara Spinelli ha auspicato che l’Europa divenga un “impero non imperialistico”. Espressione contorta per indicare l’atteggiamento di certi imperatori del passato, i quali deliberatamente avevano deciso, come Adriano,  di  rinunziare all’ espansionismo per concentrarsi sul governo dei propri territori. Questi “imperi non imperialisti” furono, in fin dei conti, la regola nel passato, in quanto ciascun impero (Sacro Romano Impero, Impero Russo, Ottomano, Mughal, Cinese) di fatto si concentrava su uno specifico “semicontinente”. Solo gl’imperi persiano ed islamico, e, oggi, quello “democratico”, avevano fatto dei  seri tentativi per divenire imperi mondiali. All’interno, gli Imperi sono caratterizzati dal carattere fluido delle diverse identità collettive (Città e Nazioni, Province ed Etnie, ecc..), che non vengono definite in senso rigido e gerarchico come nel caso degli attuali Stati Nazionali. Oggi, abbiamo a disposizione, per tutto questo,  l’espressione “Stato-Civiltà”

Come arrivare a questa soluzione?

Mitterrand e Gorbaciov a Praga

9.Le trattative per la fine della guerra ucraina: l’ occasione per una trattativa globale?

L’idea di una trattativa globale, che coinvolga anche gli Europei e le grandi potenze, sta oramai prendendo piede. Tutti sembrano rivolgersi alla Cina come possibile grande mediatore. Ora, non dobbiamo dimenticare che la Cina:

-ha come colonna portante della sua attuale politica le Nuove Vie della Seta”;

-ha come principale alleato la Russia;

-ha come importanti partner commerciali l’Ucraina e i Paesi di Visegràd (16+1);

-ha già espresso il suo desiderio che l’Europa sia più indipendente;

-è in attesa del prossimo meeting con la UE per rendere operativo il trattato finalizzato a fine 2021.

Agli Europei non resterebbe che inserirsi, in modo propositivo, creativo, indipendente ed energico, in questa dialettica.

Il Movimento Europeo propone giustamente una Conferenza Europea per la Pace e la Sicurezza, a favore della quale ci siamo già pronunziati nei nostri precedenti post:

“Si tratta di una questione essenziale per gli interessi strategici dell’Unione europea, che dovrebbe essere posta al centro delle prossime sessioni plenarie della Conferenza sul futuro dell’Europa i cui tempi e le cui modalità di decisione dovrebbero essere rivisti alla luce di quel che sta avvenendo in Ucraina”.

L’unico problema è che la nostra classe dirigente non è, né propositiva, né creativa, né indipendente, né energica, come dimostra il suo ininterrotto e monotono allineamento, culturale, militare, politico ed economico con i pregiudizi e gl’interessi americani. Si tratta perciò di costruire dal basso un’alternativa, fondata su una cultura veramente paneuropea e sovrana, capace di confrontarsi con quelle di tutto il mondo, senza demonizzare, né Confucio, né il Corano, né Dostojevskij.

OGGI GIORNATA CONCLUSIVA CANTIERI D’EUROPA. Informazioni aggiuntive

1.Credenziali aggiuntive per collegamento con Roma(ore 14,30); Domande

Chi lo desidera (o in caso di problemi di collegamento) può collegarsi direttamente conm la riunione a Roma dei Movimenti Europei

https://us02web.zoom.us/j/82350685771?pwd=c3UyNWNEVjFQSlJibkwwMVpadkFNdz09

Chi desidera fare domande alla fine del collegamento (ore 14,30) ce lo comunichi con anticipo attraverso la chat o al numero 3357761536

Ad ogni buon conto, Vi ricordiamo le credenziali dirette con noi:

https://zoom.us/j/91957152382?pwd=VzIxNDFQYWxQKzg1aGNyVkRUUnhYZz09

Il programma aggiornato è il seguente:

“Sharing European Union, for a future-challenges-proof restart”
Meeting of the National Councils of the European Movement International in Italy, Portugal,
Spain, France, Malta, Greece, Cyprus and Croatia on the future of Europe
Rome, 18-19 October 2021
Venue: Hotel Pace Helvezia
Via IV Novembre, 104
Working Language: English and French with no translation
Monday, 18 October 2021

 Pier Virgilio Dastoli, President of EM-IT
 Eva Maydell (Paunova), President of IEM and MEP (video)
 Carlo Corazza, Head of Office European Parliament in Italy
 Antonio Parenti, Head of European Commission Representation in Italy
 Benedetto Della Vedova, Secretary of State Ministry of Foreign Affairs
and International Cooperation

THE CONFERENCE ON THE FUTURE OF EUROPE
Moderator: Nicoletta Parisi, EM-IT
 Introductions by Yves Bertoncini, President EM-FR and Francisco
Aldecoa Luzárraga, President EM-ES (members of the Conference)
 Fabio Massimo Castaldo, Vice-President European Parliament (video)
 Ferdinando Nelli Feroci, President of the Italian scientific Committee on
the Conference and of IAI
 Nicola Verola, Deputy Director General/Principal Director for European
Integration Ministry of Foreign Affairs and International Cooperation
 Brando Benifei, MEP and Vice-President IEM
 Luca Visentini, Secretary General ETUC – European Trade Union
Confederation
 Filipe Marques, President MEDEL – Magistrats Européens pour la
Democratie et les Libertés
 Sandro Gozi, MEP and President UEF (TBC)
Debate in connection with the Salone del Libro of Turin

Il monopolio dei GAFAM: Un denomeno unico
nella storia delle economie di mercato

2.Precisazioni sull’ incontro con “La Società” (ore 17)

All’ incontro parteciperà anche il direttore, Dott. Claudio Gentili.

Il programma risulta così modificato:

PRESENTAZIONE DELLA RIVISTA “LA SOCIETÀ” DELLA FONDAZIONE TONIOLO NUMERO UNICO SULLA DIGITALIZZAZIONE

Lunedì 18 ottobre,Ore 17:00-19:00

Biblioteca Natalia Ginzburg,Via Lombroso 16,

Sala Molinari

https://zoom.us/j/96685550666?pwd=SEltVlJyUmppNlhCN0VmTzhnK3hRUT09

Ne discutono:

Marcello Croce

Ferrante Debenedictis

Claudio Gentili

Markus Krienke

Riccardo Lala

Roberto Saracco

Modera Marco Margrita

La rivista “La Società” ha dedicato molto opportunamente un numero unico agli aspetti culturali della digitalizzazione, che spaziano dalla filosofia, alla teologia, alla politica, al diritto. Quest’opera copre un’ampia gamma di temi, con l’obiettivo di fare opera di informazione e di sintesi interdisciplinare, quanto più possibile obiettiva, cercando di mantenere le debite distanze dagli estremi del tecno-ottimismo e del catastrofismo apocalittico.

Questo incontra punta a rendere conto dei molteplici aspetti del

DOMANI EVENTO INTRODUTTIVO “SALVARE L’EUROPA PER SALVARE IL MONDO” DEI CANTIERI D’EUROPA

L’evento introduttivo dei Cantieri d’ Europa 2021 si svolgerà domattina.

Per accedervi, vi sono tre possibilità:

-Recarsi in Via Lombroso 19, Torino (Presso Metro Corso Marconi ang. Via Nizza) Biblioteca Ginzburg, Sala Rossa alle ore 10;

-entrare con le credenziali della Conferenza sul Futuro dell’ Europa<script src=”https://futureu.europa.eu/processes/Economy/f/13/meetings/65045/embed.js?locale=it”></script>
<noscript><iframe src=”https://futureu.europa.eu/processes/Economy/f/13/meetings/65045/embed.html?locale=it” frameborder=”0″ scrolling=”vertical”></iframe></noscript>;

-entrare con le credenziali di ZOOM:

https://zoom.us/j/93500636795?pwd=YlM3V3krWm9kNnA2V0Z3aFE0WlQ3UT09

Se il nostro futuro sarà una continua decadenza, oppure se torneremo a svilupparci come una parte essenziale dell’ Europa e del mondo dipende dalla nostra intelligenza, dalla nostra volontà, dalla nostra grinta, dal nostro coraggio.

VI ASPETTIAMO!

L’obelisco dove i soldati insorti incontrarono gli studenti torinesi nel 1821 si trova dinanzi alla fermata del Metro.

Non potete sbagliarvi!