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MARIO TCHOU: UN ESEMPIO DA RICORDARE

PROGRAMMA “CANTIERI D’ EUROPA”: 9 NOVEMBRE 2021

ore 10:00-13:00

60° ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI MARIO TCHOU

Allora e oggi: L’informatica in Piemonte e in Europa,

una riflessione per la Conferenza sul Futuro dell’ Europa

IN DIRETTA E IN STREAMING

BIBLIOTECA GINZBURG, Via Lombroso 16, Torino

Il simbolo del Movimento Comunità

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Passcode: 685473

Con la collaborazione di:

-Movimento Europeo;

-Olivettiana;

-ANGI

-Rivista “Culture Digitali”

.

L’attuale corsa al digitale fra USA e Cina
lascia spazio all’ Europa?

PROGRAMMA

Ore 10,00:Inizio dei lavori; Saluti dei promotori e delle Autorità

Ore 10,45: Intervento di Pier Virgilio Dastoli sulla Conferenza sul Futuro dell’ Europa

Ore 11,00: Galileo Dallolio (associazione “Olivettiana”) New Canaan (Usa) , Elea 9003 e Programma P101: 

Adriano Olivetti, Mario Tchou, Roberto Olivetti e Pier Giorgio Perotto 

dal 1952 al 1965.

Ore 11,20: Roberto Saracco, Il digitale ieri e oggi

Ore 11,40  Germano Paini, L’impatto-tecnoculturale

Ore 12,00Contributi dei rappresentanti delle Istituzioni

Ore 12,20 Domande e dibattito

Per qualunque problema, tel. 3357761536

Hanzhou, città di origine di Tchou,
oggi uno dei principali centri dell’ informatica mondiale

Sulle pagine de “La Repubblica” del 4 Novembre, Massimo Cacciari ha lanciato giustamente una polemica circa l’”i ncompetenza” dei cosiddetti “tecnocrati” che reggono le sorti di molti Paesi, e, “in primis”, dell’Italia, e sono esaltati, invece, dal “mainstream”, come il sommo vertice della competenza.

Mentre ci riserviamo d’intervenire con maggiore profondità su quell’ articolo, ci limitiamo qui a ricordare ai nostri quattro lettori, un evento, che ricorre domani, che può aiutarci a chiarire la problematicità delle “competenze” nella società europea contemporanea: il sessantesimo anniversario della drammatica morte di Mario Tchou, responsabile della progettazione dei computer Olivetti e  personaggio emblematico di tutta una stagione dell’economia italiana, caratterizzata dallo sforzo di imprenditori e manager (Olivetti, Mattei, Ippolito) per conseguire eccellenze tecnologiche italiane, capaci di contendere i mercati internazionali alle industrie delle grandi potenze, e, in  primis, di quelle americane.

Si trattava di “super-competenti” (tanto dal punto di vista della cultura , quanto da quello dell’economia e della politica) che avrebbero dovuto, e voluto, riorientare la società italiana verso un adeguato equilibrio fra formazione umana e potenza tecnologica, ma che invece, purtroppo per noi, furono prematuramente stroncati prima di poter realizzare i loro obiettivi.

Anche Olivetti, Mattei ed Ippolito  si situavano dunque  a cavallo fra tecnica e politica, sì che sarebbero stati perfetti per un “governo dei competenti” quale auspicato da Cacciari; purtroppo, non erano riusciti ad orientare la società italiana; anzi, furono sonoramente sconfitti. In particolare, il modello olivettiano era tutto finalizzato a creare una sintesi politica nel senso alto fra una cultura poliedrica e  le più avanzate tecnologie.

Quella stagione  si concluse quindi tragicamente per i suoi protagonisti,  stritolati fra i poteri forti occidentali e l’establishment italiano, che, dal dopoguerra, ha basato tutta la propria strategia sulla svendita dell’economia nazionale (sia essa “pubblica” o “privata”), ricevendone in cambio la protezione dei privilegi consolidati e un “soft landing” finanziario all’ estero.

La targa commemorativa di Mattei scoperta qualche giorno fa nel parco di Algeri che porta il suo nomre

1.Divisione internazionale del lavoro e tecno-nazionalismo

Come ricorda Giuditta Parolini nella sua tesi di dottorato su Mario Tchou, “E’ un dato di fatto che l’economia italiana per decenni è cresciuta senza produrre innovazione. Non tutti ritengono che sia un problema. Lo storico David

 Edgerton, critico di quella che chiama una visione  “innovation-centric techno-nationalist”, usa proprio il caso italiano per sostenere la sua argomentazione:’Negli anno Ottanta,  l’Italia ha superato la Gran Bretagna per guadagno pro-capite (…).In un mondo ispirato dal tecno-nazionalismo era letteralmente incredibile che l’ Italia fosse diventata più ricca della Gran Bretagna pur spendendo molto meno della Gran Bretagna in ricerca e sviluppo.”

Parolini  contrappone alle tesi di Edgerton degli ottimi argomenti:“Quanto scritto da Edgerton nel 2006 oggi solleva molti interrogativi alla luce della crisi che ha colpito le economie europee. Paradossalmente sono proprio nazioni quali  Spagna e Italia a soffrire di più. Attribuirne  tutta la colpa al sistema di sviluppo senza innovazione su cui hanno basato la loro fortuna è certo eccessivo, ma è altrettanto legittimo chiedersi se una diversa attitudine per la ricerca e sviluppo non avrebbe potuto dare a queste nazioni strutture più dinamiche e un capitale umano in grado di facilitare la ripresa.”  

Basti pensare alle esperienze, in quegli stessi anni, di Francia e Israele in campo nucleare, al Concorde, a Minitel, ad Ariane, al TGV.

L’autrice  cita a questo proposito Luciano Gallino: “L’attività di ricerca e sviluppo da cui nasce una tecnologia è di per sé un’attività ad alta intensità di lavoro e di conoscenza. La fabbricazione industriale di prodotti ad alta tecnologia è anch’essa ad alta intensità di lavoro. L’impiego di una tecnologia proprietaria consente di generare in tutta la filiera del processo produttivo un valore aggiunto più elevato”.

De Gaulle aveva chiesto aiuto per la Force de Frappe
a Israele e all’ URSS

2. La svendita della Divisione Elettronica

Il punto di vista degli “occidentalisti” sulla Olivetti era stato espresso icasticamente da Vittorio Valletta nel 1964: “La società di Ivrea è strutturalmente solida e potrà superare senza difficoltà il momento critico. Sul suo futuro pende però una minaccia, un neo da estirpare: l’essersi inseriti nel settore elettronico, che nessuna azienda italiana può affrontare”. Per questo motivo, come  aveva scritto Lorenzo Soria, l’Olivetti venne svenduta alla GE, la  quale per altro l’aveva acquistata solo per “ordini di scuderia” del Dipartimento di Stato, perché, come  implicato dal libro di Paolo Fresco, che aveva negoziato l’acquisto,  non interessata a quel mercato, tanto che essa aveva rivenduto subito dopo la divisione alla Honeywell. Nel frattempo, la Olivetti (forse illegalmente, perché la divisione era stata ceduta) era riuscita a vendere in America ben 44.000 calcolatrici(ori) P101.Questo per dire che la Olivetti era un’impresa che andava benissimo  grazie alle sue competenze, anche senza l’appoggio, né della proprietà, né dello Stato.

Certo, visto che l’informatica non sarebbe divenuta un settore di alti profitti se non trent’anni dopo, con il “capitalismo della sorveglianza”, si sarebbero dovuti superare alcuni decenni durissimi, per i quali effettivamente si sarebbe richiesto un pesante intervento dello Stato, che avrebbe potuto venire solo da un “progetto europeo”, come Panavia, Airbus ed Arianespace, che pure si fecero in quegli anni. Si sarebbe soprattutto passare dalla produzione del hardware a quella del software, dall’informatica alla cibernetica, dalla produzione di sistemi a quella di servizi, e da questi agli ecosistemi.

Matteo Ricci aveva delineato chiaramente l’alternativa
fra nichilismo e pensiero costruttivo

3.Una scelta esistenziale

La scelta fra il “laissez-faire” e il “tecno-nazionalismo” deriva innanzitutto da scelte antropologiche e politiche a monte. Il “tecno-nazionalismo”,  esaltato  tra gli altri da Servan-Schreber e da Glotz, Seitz e Suessmuth, oltre che da Edward Luttwak,  prende le mosse da una valutazione “forte” del legame sociale,  inteso in primo luogo un progetto di civiltà. I  “tecno-nazionalisti” sono convinti che, pur all’ interno della visione scettica tipica della modernità, l’Umanità meriti ancora di proseguire, e, pertanto, che anche la singola persona abbia delle ragioni per garantire una continuità di idee, di affetti, e perché no, anche di istituzioni e di sangue. Il che non significa solo Nazione, ma anche e soprattutto famiglia, impresa, città, tradizioni, Continente. Orbene, nella società post-industriali, queste forme di continuità sono rese possibili solo dal possesso delle nuove tecnologie, in quanto i poteri forti condizionano tutte le società, proprio tramite le tecnologie, nella direzione dell’ omologazione e dalla meccanizzazione della vita. S’impone agli altri un Kulturkampf tecnologico .

Il liberista o il terzomondista, che considerano  peccaminoso il tecno-nazionalismo perché mira a rafforzare la propria azienda, il proprio territorio, il proprio Paese, nella concorrenza internazionale, sono in fondo dei nichilisti e degl’ipocriti, che sanno benissimo  che le grandi Potenze praticano il tecno-nazionalismo fino a livelli impensati (il “keynesismo militare” di Kalecki); e, tuttavia, ritengono (in buona o in cattiva fede), che, per l’ Europa, sia meglio non imitarli, sia perché le risorse impiegate per la ricerca e sviluppo (come quelle per la Difesa) potrebbero essere invece usate per incrementare i consumi, sia perché una corsa agl’investimenti tecnologici porta con sé un accrescimento delle conflittualità, con rischi per la stabilità dei rapporti sociali consolidati. L’azienda, il paese, la nazione, perfino la famiglia, sono, per costoro, delle realtà transeunti, da subordinare al quieto vivere, e, soprattutto, alle gratificazioni immediate degl’individui. Per essi, il modello ideale sono le “trente glorieuses”, in cui gli Europei campavano, anche se ingloriosamente, costruendo automobili,  producendo moda, gestendo alberghi e spiagge per i miliardari americani e le dive di Hollywood, mentre gli Americani (e i Sovietici) andavano nello spazio.

Di converso, per i “tecno-nazionalisti”, ad alimentare la volontà d’ innovazione tecnologica e sociale è proprio quella “corrispondenza di amorosi sensi” con i morti e con i non ancora nati, che dà l’entusiasmo di vivere e di lottare. Non per nulla il movimento di Olivetti si chiamava “Comunità”, ed aveva, come simbolo, una campana, dimostrando le proprie fortissime radici personalistiche, localistiche  e tradizionalistiche.

Non diversamente che nel mondo naturale, anche in quello umano tutto si sviluppa conquistando nuovi spazi. Nel mondo contemporaneo, dove la guerra è più rara perché più micidiale, quest’espansione si realizza essenzialmente attraverso l’economia, e sempre più la tecnologia. La “Search of Excellence” tanto esaltata, negli anni ’80 e ’90, dalle teorie di management, altro non era se quella scienza che studiava la conquista dei mercati grazie all’innovazione tecnologica e sociale all’ interno della “Società della conoscenza”.

Dopo la IIa Guerra Mondiale, gli Stati Uniti (definiti proprio per questo una nazione giovane, che traina il mondo intero) hanno perseguito in tutti i modi la superiorità politica ed economica attraverso l’innovazione sociale (la grande impresa, l’organizzazione tayloristica-fordista, l’economia creditizia, la bomba atomica, le Conferenze Macy, il fall-down tecnologico, la common law, la rivolta di Berkeley,  la globalizzazione, la finanziarizzazione, l’informatica, l’ideologia californiana…).

Hanno imitato gli Stati Uniti quei Paesi che aspiravano (ed aspirano) a non essere fagocitati nel “soft power” americano (URSS, Israele, Giappone, Francia, Germania, e, oggi, Cina),perché presumono di avere un messaggio storico alternativo  da  tramandare ( il mondo delle steppe, il monoteismo, la saggezza orientale, la Rivoluzione Francese, la cultura mitteleuropea, il “socialismo con caratteristiche cinesi”), i quali sono stati costretti, dal meccanismo della “rivalità mimetica”(Girard), a “clonare” almeno taluni aspetti del sistema americano (l’industria militare, la militarizzazione della società, il fall-out tecnologico, le Public Companies, le industrie digitali).

Il nostro progetto di Istituto per l’ Intelligenza Artificiale è stato
bocciato dal Governo senza neppure comunicarlo

4.Un declino inevitabile

Dal punto di vista dei risultati a lungo termine, le due scelte non sono indifferenti. La strada dei prodotti di consumo a basso contenuto tecnologico (vetture utilitarie, turismo, moda) percorsa deliberatamente da Italia e Spagna ha portato (come si prevedeva), dopo i primi 30 anni dalla fine della guerra, alla fuga da questi Paesi dei capitali nazionali, degl’intellettuali e dei tecnici innovativi, delle imprese importanti, dei posti di lavoro. Un invecchiamento generale della società.

Non per nulla questa strategia era stata predicata, praticata e perfino imposta al mondo industriale di gran parte d’ Europa, espressamente per non fare ombra ai colossi americani (come risulta dalle documentate pressioni in tal senso, descritte ancora in opere recenti). E se ne vedono i risultati. Questa “linea politica”, controintuitiva e tirannica non meno di quelle imposte a Est dal Comintern e dal COMECON, dava luogo a situazioni paradossali, spiegabili solo con un eccesso di conformismo. Un ricordo personale: i Servizi Legali della FIAT avevano realizzato, negli Anni ’70, un’indagine fra i cosiddetti “capi-settore”, cioè gli Amministratori delegati delle 12 sub-holding del Gruppo, sull’ importanza dei brevetti, da cui era emerso che nessuno di essi li considerava importanti, preferendo evidentemente, o copiare, o pagare delle licenze, o infine, usare tecnologie obsolete. La realtà sul campo era ancor più stupefacente. Infatti, quando, al Settore Componenti aveva realizzato un’indagine lievemente diversa, vale a dire quella del bilancio tecnologico fra tecnologia acquisita dall’ esterno e tecnologia licenziata a terzi, era risultato che, in realtà, tale bilancio era positivo: la componentistica FIAT in realtà cedeva all’ esterno più tecnologia di quanta ne comprasse, e questo dimostra ch’essa generava, al suo interno, tecnologia nuova. Come si spiega siffatto paradosso se non con il conformismo dei vertici aziendali, che, per essere più realisti del re, fingevano addirittura di essere più arretrati di quanto in realtà già lo fossero?

Servan-Schreiber aveva teorizzato per primo la sovranità

5.Olivetti, Mattei, Ippolito (e Tchou) in controtendenza

Olivetti, Mattei e Ippolito, pur essendo ben introdotti nella logica dei “poteri forti” dell’era della Guerra Fredda, avevano deciso di non stare al gioco, anzi, avevano sfidato quel “mainstream” rinunciatario. Tchou, che era un  giovanissimo professore ancora in aspettativa in America, lo aveva detto con chiarezza nella sua intervista del 59 di Paese Sera:“Attualmente possiamo considerarci allo stesso livello (dei nostri concorrenti) dal punto di vista qualitativo. Gli altri però ricevono aiuti enormi dallo Stato. Gli Stati Uniti stanziano somme ingenti per le ricerche elettroniche, specialmente a scopi militari. Anche la Gran Bretagna spende milioni di sterline. Lo sforzo della Olivetti è relativamente molto notevole, ma gli altri hanno un futuro più sicuro del nostro, essendo aiutati dallo Stato.”La Olivetti, invece, anziché vendere i propri computer allo Stato a caro prezzo, li aveva perfino regalati.

Nel 1958, il Governo americano aveva fondato DARPA, il famoso Ente militare per il finanziamento delle tecnologie “duali”, che, proprio nel 1960, aveva cominciato a finanziare DARPANET, il primo Internet.

Olivetti stava lavorando a una trasformazione dell’ Olivetti secondo il modello tedesco dell’”impresa di Stakeholders”, un’associazione fra Politecnico di Torino, comune di Ivrea, una fondazione di lavoratori e la famiglia Olivetti, non diversa da quello che sono oggi, grazie alla cogestione, la Volkswagen, la Daimler e la BMW. Il 28 luglio 1960 era entrata in vigore la Volkswagengesetz, grazie a cui la più grande impresa automobilistica (che domina, tra l’altro, il mercato cinese), è diretta congiuntamente dal Governo, dagli azionisti, dai manager, dai lavoratori e dalle banche. Come dimostrato dall’ enorme peso che la sindacalista italo-tedesca Cavallo sta avendo nel conflitto con il vertice aziendale.

Queste anomalie non potevano essere tollerate, né a Roma, né a Torino. Gli Stati Uniti avevano più volte fatto pressione sul Governo perché bloccasse le iniziative di Mattei (che morrà anch’egli, in un attentato, nel 1962). Nello stesso tempo, in Italia, anziché la trasformazione dell’ Olivetti in fondazione, si era verificato l’ingresso nel capitale sociale del Gruppo d’Intervento capeggiato da Mediobanca, con il passaggio in minoranza della Famiglia Olivetti. In quell’occasione, il Professor Valletta, presidente della Fiat, aveva pronunziato  la famosa frase sulla necessità di “estirpare la Divisione Elettronica, perché l’ Italia non se la poteva permettere”.

Mario Tchou con l’ ELEA 9003

6.Il ruolo di Tchou

Valletta non aveva poi tutti i torti.

Innanzitutto, gli Stati Uniti non avevano alcuna intenzione di permettere la nascita di concorrenti nell’ industria informatica.

In secondo luogo, senza l’ Europa, l’Italia non avrebbe potuto sostenere il costi di una corsa all’ informatica. Oggi, perfino gli USA sono stati costretti ad adottare una legislazione ben più coercitiva per costringere i vari segmenti della società americana a cooperare alla rincorsa della Cina in campo digitale.

Infine, l’ Italia non aveva neppure tutte le competenze necessarie.

Mentre le prime due carenze non si rivelarono superabili, alla terza Olivetti aveva cercato di porre rimedio attraverso Mario Tchou, un italiano anomalo (soprattutto per quei tempi): un italo-cinese di seconda generazione, specializzato in America, dov’era diventato professore giovanissimo.

Nel fare ciò, Olivetti era stato incoraggiato da Enrico Fermi. Un altro innovativo professore italiano emigrato e ben inserito in America.

Infine, nel 1961, quando era risultato evidente a Roberto Olivetti, rimasto solo a proseguire l’ambizioso programma del padre, che non avrebbero trovato aiuto in Italia, i due avevano perfino tentato (secondo la giornalista americana Meryle Secrest, che vi aveva addirittura partecipato, un avventurosissimo contatto con la Cina di Mao, partendo da Hong Kong con lo yacht di Roberto, pochi giorni prima della morte di Tchou.

In effetti, Tchou, per quanto italianissimo e perfettamente inserito nell’ambiente culturale italiano, non aveva troncato per nulla i suoi legami con la Cina. Aveva ancora il passaporto cinese (a quell’epoca l’unico Stato cinese riconosciuto dall’ Italia era Taiwan), e in famiglia parlava cinese. D’altro canto, la sua famiglia, originaria di Hangzhou (città dedita quante altre mai al culto di Marco Polo), era di altissimo livello culturale; suo padre era stato imprenditore della seta e diplomatico.

Anche Mario Thou aveva un ampio spettro di interessi, ed era stato dispiaciuto di dover interrompere, per l’impegno alla Olivetti, la sua consuetudine di suonare al pianoforte.

Dalle ormai molte sue biografie, risulta ch’egli era un tipico “gentleman”  d’una volta, un “junzu”  per la terminologia confuciana. Qualità che gli giovava moltissimo, tanto nei rapporti interpersonali, quanto nella leadership del gruppo di lavoro ch’egli diresse, prima a Barbaricina, poi a Borgolombardo. Questo suo modo di fare, unito alla sua incredibile cultura e competenza, lo rendevano estremamente persuasivo, mettendolo in grado di chiedere al suo team le prestazioni più impossibili. Spirito di “team”, se vogliamo, “tipicamente cinese”, che gli sopravvisse, e trovò la sua più illuminante espressione  dopo la sua morte e dopo la cessione della Divisione alla GE, quando il piccolissimo team dell’ ing. Perotto, in una stanza completamente circondata dallo stabilimento GE, riuscì a produrre come Olivetti, sotto la dicitura “Calcolatrice”, quello che in effetti era un calcolatore elettronico (quindi, ceduto alla GE), a venderlo in America in 44.000 esemplari e a vincere, infine, una causa milionaria con Honeywell per plagio.

Dopo le decisioni sull’AI del Parlamento Americano ci vorrebbe un’Agenzia Tecnologica Europea

7.Una nuova sconfitta del Piemonte: l’Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale

Dopo 60 anni, c’ ancora qualcuno che non vuole che Torino rinasca come città delle alte tecnologie, perché non vuole che la transizione italiana ed europea verso il digitale abbia una testa pensante, bensì che resti una massa fluida e innocua, che non incide nella divisione internazionale del lavoro.

In contemporanea con le elezioni amministrative di Torino del mese scorso, il Governo ha elaborato infatti una nuova strategia per l’ IA, che smentisce integralmente i risultati a cui era pervenuta la lunga e faticosa elaborazione della precedente commissione di esperti, e, in particolare, cancella completamente, tanto l’ Istituto Italiano per l’ Intelligenza Artificiale, quanto la scelta di Torino quale sua sede.

Su tutto questo non c’è mai stato un articolo sui giornali di Torino, né una spiegazione, presa di posizione o polemica da parte di scienziati, candidati, industriali, eletti, partiti politici. Tutti d’accordo, tutti zitti, come ai tempi di Olivetti, Mattei e Ippolito (e Tchou).

Poco più di tre anni fa, nel settembre 2018, il Ministero per lo Sviluppo Economico  Di Maio aveva pubblicato un bando per cercare esperti che redigessero la strategia italiana per l’intelligenza artificiale, che l’anno successsivo avevano presentato 72 raccomandazioni, poi diventate 82.

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Il 1 ottobre 2020 era partita una nuova consultazione pubblica della durata di un mese.Nel frattempo erano passati due anni dal primo bando per cercare gli esperti, con ben due consultazioni pubbliche sui documenti prodotti.Durante questo periodo si era parlato molto dell’Istituto e di quale città dovesse ospitarlo. Era stata Torino a spuntarla, forse anche per compensare la mancata assegnazione del Tribunale UE dei brevetti (andato a Milano). Nel novembre del 2020 il Governo aveva annunciato lo stanziamento di fondi per l’I3A di Torino.

Ora non è più il Ministero dello sviluppo economico  a tirare le fila, bensì una collaborazione fra il Ministero dell’università e della ricerca, il Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale e il MISE, che costituiscono un nuovo gruppo di esperti, per redigere un documento “aggiornato”.

Il quadro tracciato non è roseo. L’Italia arriva in ritardo rispetto ai partner europei. Era il 2018 quando l’allora ministro dello Sviluppo economico aveva annunciato la pubblicazione di una strategia italiana per l’IA. Da quel momento si erano succeduti tre governi ed erano stati prodotti due documenti strategici, con relative consultazioni pubbliche, senza arrivare a una versione definitiva per far recuperare all’Italia il tempo perduto nella governance e nell’accelerazione dell’AI, sorpassata praticamente da tutti i partner europei (oltre che, ovviamente, da USA e Cina).

Nel frattempo, il Pentagono sta testando sistemi AI per ottenere allerte strategiche sulle azioni avversarie prima che queste avvengano. In altre parole, un sistema di AI predittiva che prevede le mosse del nemico per consentire azioni proattive, che ripercorre i passi del vecchio sistema sovietico con lo stesso scopo, che era stato bloccato nel 1983 dall’ eroico comportamento del maggiore Petrov.

Questa è la vera ragione dell’ incredibile ritardo: si aspettava che al governo negli Stati Uniti arrivasse Biden, per poter avviare il Transatlantic Technology Council, per poter inserire l’Intelligenza Artificiale italiana nella programmazione dell’ Endless Frontier Act, che stabilisce la nuova strategia digitale americana, che continua ad essere basata sull’ imperativo (avente forza di legge) della subordinazione degli ecosistemi digitali europei a quello americano.

Di tutto ciò, neppure la seppur minima indicazione da parte della politica. In queste condizioni, in cui nulla del nostro destino si decide con le urne, come stupirsi se l’enorme maggioranza degli elettori non va a votare?

ISTITUITA IN VATICANO LA FONDAZIONE RenAIssance, che si occuperà d’intelligenza artificiale.

Stupisce, dinanzi alla lentezza dell’Italia, dell’Unione Europea e perfino degli Stati Uniti e della Cina, nel darsi una struttura dedicata all’ Intelligenza Artificiale, la rapidità di azione dimostrata invece in questo campo da parte del Vaticano.

Mentre, infatti, la Commissione NSCAI ha appena proposto al presidente americano la costituzione di un Artificial Intelligence Board, e l’ Italia fatica a dare attuazione all’idea, espressa dal Governo Conte, di creare a Torino l’Istituto Italiano per l’ Intelligenza Artificiale, il Vaticano ha già creato la sua fondazione.

E, a ben vedere, non vi è, in questo, nulla di eccezionale, giacché, come insistiamo a dire da molto tempo, l’Intelligenza Artificiale rientra senz’ ombra di dubbio nell’ esperienza religiosa, come affermato con decisione da autori diversi  quali Meyrink, Capek, Teilhard de Chardin, McLuhan, Pouwels, Idel e Kurzweil, e il Vaticano ne è da tempo consapevole.

Uno dei temi più ricorrenti a questo proposito è quello, caro già a Newton, dell’azione tecnica quale prosecuzione dell’opera creatrice di Dio. L’altro è quello, attribuito dal mito a Rabbi Loew, secondo cui i Golem verrebbero  creati per proteggere dalle persecuzioni il popolo d’ Israele. Secondo Capek, poi, l’esistenza di automi capaci di riprodursi sarà un dono di Dio all’Umanità per ovviare alla decadenza dell’umano, espressa dalla crisi della natalità.Per gli Hojjatiyye iraniani, l’esistenza dell’intelligenza artificiale sarebbe un segno dell’approssimarsi dell’ avvento del Mahdi.Poi, per Kurzweil, l’intelligenza artificiale sarà una realtà sovraumana in grado di decidere la sorte dell’Universo. Infine, secondo McLuhan, la rivoluzione elettronica avrebbe costituito semplicemente l’avvento dell’ Anticristo.

Per ciò che riguarda la Chiesa, essa si trova da sempre al centro dei dibattiti sull’ Intelligenza Artificiale, in quanto ad essa il pensiero rivoluzionario settecentesco attribuiva  la funzione storica di aver anticipato, con la sua escatologia, la sua ecclesiologia e la sua etica, la nuova “Religione dell’ Umanità”, la “nuova mitologia” idealistica e positivistica, che sfocerà  alla fine nella “religione di Internet” quale principio di ”quasi eternità”.

La Chiesa stessa non è stata certo estranea alla nascita di queste narrazioni, in particolare attraverso le opere di Teilhard de Chardin, a cui, non per caso, ancora due anni fa la Chiesa aveva rifiutato di togliere l’interdetto.

Il dibattito sull’ Intelligenza Artificiale parte dal Golem di Praga

1.I presupposti culturali dell’ intelligenza artificiale

Giustamente, quindi, la Chiesa si è preoccupata dei presupposti culturali dell’ Intelligenza Culturale, sponsorizzando la firma, nel 2020, del “Rome Call for AI Ethics. A livello locale, l’ Arcidiocesi di Torino, si è battuto e si batte per la creazione dell’ Istituto Italiano per l’ Intelligenza Artificiale di Torino.

Come risulta dal titolo del “Call”, la “questione culturale” dell’ Intelligenza Artificiale tende a identificarsi, per la Chiesa  come per l’accademia, per l’industria e per la politica, con la “questione etica”, che vede, sostanzialmente, l’ Intelligenza Artificiale come  uno strumento di governance, che, come tale, è neutro, e può quindi essere utilizzato in modo “etico” o “non etico”. Impostazione discutibile, poiché, come affermato da Heidegger, “la tecnica non è qualcosa di tecnico”, bensì una realtà esistenziale.

Per questo suo approccio limitativo, il “call” si inseriva nella sequenza degl’infiniti “codici etici” emanati da organizzazioni professionali ed accademiche,e ripresi sostenziamente nella recente normativa UE. Tali codici riprendono sostanzialmente l’insuperata idea delle “Tre Leggi della Robotica”, le quali a loro volta si riducevano all’ unico comandamento secondo cui i robot non debbono fare nulla che sia dannoso per l’ Umanità.Per altro, tutta la sterminata produzione letteraria di Asimov, inventore delle Tre Leggi,  ha avuto per obiettivo quello di dimostrare esse, ch’egli, negli Anni ’50 del XX Secolo, immaginava fossero adottate dall’ umanità del futuro, non avrebbero mai potuto funzionare, perché un precetto normativo non è  fa parte del linguaggio macchina, e, inoltre, perché l’Intelligenza Artificiale presuppone proprio l’autonomizzarsi della macchina dalla logica umana.

L’Intelligenza Artificiale parte dallo “Hair Trigger Alert” dei missili nucleari

2.Etica dell’ Intelligenza Artificiale ed Equilibrio del Terrore

Anche noi riteniamo che la formulazione di precetti etici destinati alle macchine (o agli sviluppatori che devono progettare le macchine) sia inefficace. Ma, quand’anche vi fosse questa possibilità di trasfondere in algoritmi dei principi normativi generali ed astratti , sorgerebbero problemi di altro genere.

Infatti, innanzitutto,  come ha dimostrato De Landa,  l’intero universo macchinico è parte integrante di un sistema geopolitico fondato sull’ equilibrio del terrore. Anche le applicazioni più innocenti come i cellulari o Alexa, essendo utilizzati per controllare il comportamento delle persone, fanno parte dell’ intelligence finalizzata ad anticipare un colpo nucleare avversario. Le macchine vengono usate prioritariamente per garantire  la Mutua Distruzione Garantita (MAD), che non è certo un principio etico. Etico è disattivarle, come dimostrato nel 1983 dal Tenente-Colonnello Petrov.

Secondo il mito, l’inventore del Golem, Rabbi Loew, poteva disattivarlo sostituendo una scheda nella sua testa

3.La virtù nell’ era delle Macchine Intelligenti

Quindi, i principi etici vanno inculcati prima nei membri della classe dirigente che controlla le macchine. Ed è ciò di cui sembra si stia discutendo fra le Superpotenze, con incerti risultati, come dimostrato per esempio dalle parallele discussioni sulla messa al bando delle armi nucleari e sulle armi autonome. Tuttavia, un effettivo controllo sulle macchine presuppone la capacità dell’ umano di mantenere un elevatissimo livello di efficienza, quale quello richiesto ad “analisti” dell’ Armata Rossa, come il Tenente Colonnello Petrov, capace di individuare in pochi secondi un errore di funzionamento della difesa nucleare sovietica, di assumersi la responsabilità di forzare il regolamento militare , e, infine, di imporsi a 150 ufficiali suoi subordinati che chiedevano a gran voce l’attivazione del sistema missilistico.

Per realizzare in tutto il mondo e in ogni momento un controllo capillare contro il malfunzionamento del sistema macchinico, occorre realizzare un’educazione capillare dell’intera umanità, sia dal punto di vista tecnico (conoscenza dei sistemi),sia da quello della maturità filosofica (solida adesione a dei principi),sia da quello decisionale (prontezza di riflessi e forza di carattere), sia, infine, da quello della conoscenza delle complesse normative sui vincoli del sistema macchinico (per esempio, degli accordi internazionali sulle armi autonome).

Per fare ciò, è senz’altro utile il contributo delle religioni, nate in ere di gradi avversità, le cui etiche erano volte in gran parte a forgiare l’uomo per renderlo capace di reagire in modo umano alle continue sfide del mondo. Su queste basi erano state costruite le etiche classica, confuciana, ebraica e cristiana. La concezione delle “virtù” (cardinali e teologali) era  funzionale proprio alla poliedricità delle capacità richieste per far fronte alle più svariate sfide.

La nostra era digitale non è infatti più libera da insidie di quelle degli Stati Combattenti o dell’Impero Romano. Ogni passo avventato, del sistema (guerra nucleare), o di singoli (catastrofi come il Ponte Morandi) può essere fatale per l’umanità.

Secondo Max Weber, ci siamo rinchiusi noi stessi in una gabbia d’acciaio

4. Salvare l’umano dal macchinico

Ma, al di là di questo, giacché “la tecnica non è qualcosa di tecnico”, è l’avanzare stesso del mondo macchinico che, come vedevano già Max Weber, Heidegger e Anders, ci porta a rinchiuderci nella nostra “gabbia d’acciaio”, paralizzando ogni guizzo di umanità. In questo senso, la resistenza dev’essere ancor più capillare.

Infine, l’argomento  principe che viene usato per disinnescare la paura dell’Intelligenza Artificiale (che, cioè, questa non arriverà mai ad un livello sufficientemente di creatività da sostituire quella umana) è un’arma a doppio  taglio, perché, come dimostra ancor sempre l’esempio di Petrov, il pericolo viene proprio dal carattere conservatore e conformistico dell’informatica. Il regolamento militare, che prevedeva il “first strike” nucleare a meno che non vi fosse un contrordine del Comitato Centrale del PCUS, incarnava la volontà di quest’ultimo di mantenere il proprio potere. Per questo, il rifiuto di telefonare al Comitato Centrale, per quanto oggettivamente provvidenziale, fu considerato una colpa per Petrov, che fu infatti mobbizzato.

Le deviazioni dalla logica del sistema macchinico, o la lotta contro gli abusi di questo, come quelle di Assange, Snowden, e perfino Schrems, sono considerate delle colpe, che vengono sanzionate, non già come tali, bensì attraverso i più svariati mezzi di pressione indiretta.

Il peso che le multinazionali del web hanno in tutte le società contemporanee è dimostrato dal fatto stesso che il “Call for an ethic AI” sia stato firmato innanzitutto, dai GAFAM, responsabili delle maggiori violazioni dell’ etica in campo digitale, oltre dal fatto che la commissione NSCAI sull’intelligenza artificiale, che ha appena concluso i lavori, sia capeggiata da Eric Schmidt, Presidente di Google, il quale, nella sua opera del 2010 “The New Digital Age”, aveva formulato la tesi secondo cui Google avrebbe dovuto subentrare a Lockheed nella guida dell’ America alla conquista del mondo.

Lo studio dei presupposti culturali, e soprattutto etici, dell’Intelligenza Artificiale, non può non tenere conto di questo vastissimo scenario, ché, altrimenti, si tradurrebbe in un esercizio retorico e propagandistico, né può esimersi da un’azione politica, ci cui la Chiesa, se lo vuole, è senz’altro capace.

Per questo, non possiamo ovviamente non salutare positivamente la nascita della nuova Fondazione, augurandoci ch’essa possa servire di stimolo, da un lato, alla creazione delle corrispondenti istituzioni europea ed italiana, e, dall’ altra, all’avvio, da parte della Chiesa, ma non soltanto, di una riflessione a tutto tondo sul  futuro digitale dell’ Umanità, che vada al di là dei limiti angusti dell’attuale “etica digitale” .

18 maggio 2021 Il Vaticano ha istituito una Fondazione che si occuperà di intelligenza artificiale. Accogliendo la richiesta del presidente della Pontificia Accademia per la Vita mons. Vincenzo Paglia, papa Francesco – con un rescritto ‘ex audientia’ firmato il 16 aprile scorso dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin – ha istituito infatti la Fondazione ‘renAIssance’, con personalità canonica giuridica pubblica, che ha sede nello Stato della Città del Vaticano, presso la stessa Accademia per la Vita. A dare la notizia l’’ANSA. Già approvato anche lo statuto del nuovo organismo. – See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Vaticano-istituita-Fondazione-per-intelligenza-artificiale-1acbf056-2d7d-4ae6-af11-be217acf8607.htmlCOMUNICATO

DOMANI,VENERDì 9 APRILE,

Ore 15,00

WEBINAR SU INTELLIGENZA ARTIFICIALE!

Continua la serie di manifestazioni dei Cantieri Digitali d’ Europa dedicata all’Intelligenza

PER ENTRARE: DIGITARE: https://www.youtube.com/channel/UCLZjh9nN2FxuodTx90LZpTA

Per eventuali problemi, telefonare a:

 3357761536 0116690004

Come non si stancano di ripetere autorevoli istanze, quali le recenti commissioni parlamentari tedesca e americana, la tendenza prevalente dell’ intelligencija, della politica, della Pubblica Amministrazione, delle imprese e dell’opinione pubblica, è, al di fuori dell’ Asia, quella d’ignorare la profondità delle trasformazioni che l’introduzione dell’Intelligenza Artificiale sta apportando alla vita dell’Umanità (dalla religione al gioco, dall’epistemologia alla medicina, dalla filosofia alla vita domestica, dalla politica alla scuola, dalla difesa ai trasporti, dalla geopolitica alla finanza, dall’economia al lavoro…).

Sempre quelle autorevoli fonti ammoniscono la classe dirigente sugl’inconvenienti che derivano dalla noncuranza con cui questo fenomeno viene lasciato a se stesso, anziché tenerlo sotto controllo attraverso una serie di attenzioni: sul piano della riflessione culturale, della legislazione, della organizzazione sociale, dell’educazione…

Nell’ambito delle riflessioni, da un lato, sulla Conferenza sul Futuro dell’ Europa, e, dall’ altro, sull’Istituto Italiano di Intelligenza Internazionale, i Cantieri d’ Europa dedicano il webinar del 9 aprile precisamente alla comprensione di che cosa caratterizza la transizione dall’informatica all’ Intelligenza Artificiale -prima realizzazione concreta di certe misteriose realtà astratte di cui parlavano, a volte, le religioni, le filosofie, le ideologie politiche, la fantascienza: l’Intelletto Immaginale, l’ Intelletto Attivo, lo Spirito Assoluto, il “General Intellect”, la “Singularity Tecnologica”.

Questa è la realtà in cui viviamo, con il suo equilibrio nucleare, con i suoi big data, con la sorveglianza di massa, con le “fake news”…

Fortunatamente, qualcosa si muove anche in campo organizzativo e legislativo. S’ incomincia a parlare di strumenti internazionali di controllo sulle armi autonome, di forme condivise di tassazione dei GAFAM, di un maggior intervento pubblico per diffondere la cultura tecnologica….

Se vogliamo essere dei cittadini a tutto tondo, non possiamo certo disinteressarci dell’Intelligenza Artificiale e di tutto ciò ch’essa comporta.

Paola Pisano

CANTIERI DIGITALI D’EUROPA/ 2021 EUROPE’S DIGITAL BUILDING SITES 2021/DIGITALE BAUSTELLEN EUROPAS 2021 /CHANTIERS DIGITAUX D’EUROPE 2021

CONFERENZA SUL FUTURO DELL’ EUROPA

CONFERENCE ON THE FUTURE OF EUROPE

KONFERENZ UEBER DIE ZUKUNFT EUROPAS

CONFERENCE SUR LE FUTUR DE L’EUROPE

Dibattito transnazionale su: “L’Intelligenza Artificiale nel futuro dell’ Europa”

Transnational debate on: “Artificial intelligence in the Future of Europe”

Uebernationale Debatte um: „Künstliche Intelligenz in der Zukunft Europas“

Débat transnational : « L’Intelligence artificielle dans le futur de l’ Europe

n.2

Dialexis insiste da 7 anni con i vertici europei affinché prendano sul serio la rivoluzione digitale

XXI SECOLO : DALLA SOCIETÀ DELL’INFORMATICA A QUELLA DELL’ IA/XXI CENTURY: FROM A DIGITAL SOCIETY TO THE AI /XXI JAHRHUNDERT: VON DER DIGITALER ZUR K.I.-GESELLSCHAFT/XXI SIÈCLE: DE LA SOCIÉTÉ NUMÉRIQUE À LA SOCIÉTÉ DE L’ IA

La controversa decisione di collocare a Torino l’Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale ha avuto il pregio di portare allo scoperto discussioni che normalmente si svolgono all’ ombra delle cancellerie, delle segreterie di partito, delle lobbies: quelle circa gli strumenti per promuovere, orientare e controllare l’innovazione tecnologica. E’ stata comunque una vittoria della trasparenza.

Il discusso istituto è chiamato a inserirsi, con un ruolo di punta, all’interno di una vasta ragnatela di hubs tecnologici, istituiti o istituendi dagli Stati europei all’ interno di un quadro determinato dall’ Unione, per presiedere alla transizione digitale.

La necessità e l’urgenza di enti di questo tipo è confermata dal recentissimo Final Report al Presidente e al Congresso della National Security Commission on Artificial Intelligence americana, presieduta da Eric Schmidt, la quale, dopo aver affermato che occorre “buttare nel cestino” quanto fatto finora in America (almeno dalla Pubblica Amministrazione, e soprattutto delle Forze Armate) nel campo dell’ AI, indica come soluzione principe la creazione di una National Technology Foundation, che assomiglia molto alla European Technology Agency  caldeggiata dalla nostra Associazione.

Nessuno può oggi, infatti, fare a meno di organi che promuovano, coordinino, gestiscano e orientino l’innovazione digitale.

In attesa che il Governo chiarisca le proprie intenzioni circa l’Istituto assegnato a Torino, il nostro ciclo di webinar dedicato al nuovo Istituto prosegue così (nell’ ottica d’inserirsi, da un lato, nella Conferenza sul Futuro dell’ Europa, e, dall’ altro,  di elaborare un libro bianco dedicato, nel prossimo Salone del Libro di Torino), con un nuovo incontro, focalizzato sulle basi stesse della transizione verso l’AI, partendo dalla sua natura,  per poi passare alla sua articolazione interna e ai suoi diversi campi di attuazione.

L’obiettivo è quello di far comprendere che l’Intelligenza Artificiale non è una circoscritta disciplina specialistica, bensì un intero spazio culturale, del quale non possiamo disinteressarci se vogliamo essere capaci di vivere come cittadini attivi nel  21° secolo.

WEBINAR DEL 9APRILE 2021

PROGRAMMA DELLA GIORNATA

Ore 15,00 Apertura dei lavori

Ore 15,10  Prof. Ferruccio Dastoli, Presidente del Movimento Europeo Italia: E’ possibile inserire l’Intelligenza Artificiale fra i temi della Conferenza sul Futuro dell’ Europa?

15,30 Prof.Paola Pisano, Docente di Gestione dell’Innovazione all’Università degli Studi di Torino, già Ministro dell’ Innovazione Tecnologica   e della Digitalizzazione: La transizione fra la società industriale avanzata e la società dell’Intelligenza Artificiale

15,50 On.le Alessandra Basso,Membro della Commissione Speciale AIDA per l’ Intelligenza Artificiale: Come l’Intelligenza Artificiale sta trasformando la società: il ruolo del Parlamento Europeo

16,10 Prof.Markus Krienke, Ordinario di filosofia alla Facoltà Teologica di Lugano; presidente della Cattedra Rosmini Intelligenza Artificiale e filosofia: L’intelligenza artificiale e la filosofia. Considerazioni etiche ed antropologiche.

16,30 Prof. Roberto Saracco, responsabile dell’Industry Advisory Board dell’Institute of Electrical and Electronics Engineers, e Senior Advisor di Reply Srl “L’AI e l’industria italiana fra Next Generation e Piano nazionale di ripresa e resilienza”

16,50 Domande e dibattito

Modera Riccardo Lala, Presidente dell’Associazione Culturale Diàlexis


 [LR1]Serire

E’ USCITO IL n.1 DEL 2015 DEI “QUADERNI D’AZIONE EUROPEISTA”: CORPUS JURIS TECHNOLOGICI

E’ USCITO IL n.1 DEL 2015 DEI “QUADERNI D’AZIONE     EUROPEISTA”:              CORPUS JURIS TECHNOLOGICI

Per un Trattato Internazionale sul controllo delle nuove

copertina Corpus Iuris (1) copia 

Negli ultimi giorni, non fanno che uscire sempre nuove “edizioni speciali” sul tema della Rivoluzione Informatica e del suo impatto, anche immediato,  sull’ Umanità. L’Associazione Culturale Diàlexis può vantarsi di essere stati fra i primi a portare questa materia all’ attenzione generale (“L’Habeas Corpus Digitale, Quaderni di Azione Europeistica, n.1-2014” e “Restarting EU Economy via Knowledge-Intensive Industries, n. 4-2014) .

Per questo, abbiamo appena pubblicato, con la Casa Editrice Alpina, un nuovo Quaderno dedicato a un tema ancora più puntuale: Corpus Juris Digitalis – Quaderno n. 1-2015, che è sostanzialmente l’intervento dell’ Associazione Culturale Alpina nella consultazione  telematica lanciata dalla Camera dei Deputati sulla “Costituzione del Web”.

Un Trattato Internazionale sul Controllo delle Nuove Tecnologie.

Il nostro e.book, come tutti quelli che l’hanno preceduto, non vuol essere una semplice esercitazione letteraria, bensì aspira a costituire un’azione politica concreta.

In questo caso, si è trattato del fatto che la Camera dei Deputati italiana, contemporaneamente a quella francese, sta tentando (a nostro avviso troppo flebilmente), di dare attuazione a quell’ampio, seppur vago, programma di azione legislativa a cui il Parlamento Europeo aveva voluto dare avvio con la sua Risoluzione del 12 Marzo 2014, con la quale esso aveva anche indicato  una specie di cronoprogramma per le varie istituzioni europee e nazionali   (quello che avevamo chiamato “l’Habeas Corpus Digitale”)

Tale programma non viene, a nostro avviso, messo in opera. Al contrario, le varie Istituzioni che sarebbero chiamate ad attuarlo, non solo perseverano negli atteggiamenti antigiuridici del passato, non solo non hanno adottato in tempi tecnicamente utili i provvedimenti promessi per rimediarvici, ma anche, e addirittura, continuano ad approvare emendamenti che svuotano ulteriormente i diritti dei cittadini, incrementando invece quelli dei sistemi di sorveglianza e delle multinazionali del Web.

 

 

Mappatura dei principali rischi informatici

FENOMENO RILEVATO IMPATTI NEGATIVI SOLUZIONI PROMESSE PROVVEDIMENTI ADOTTATI INCONVENIENTI
CONSERVAZIONE INDEFINITA DEI DATI Profilazione degli utenti

Controllo dei cittadini da parte di Stati Esteri

Divieto della profilazione

Creazione dei web europeo

Sentenza della Corte di Giustizia UE. Tuttavia, i nostri dati sono negli USA (e forse anche in Cina)

Progetto Quaero (fallito)

Collegamento atlantico col Brasile (si ignorano i risultati)

Le multinazionali del web posseggono un “doppio” di noi, con cui ci condizionano subliminalmente.

I servizi segreti internazionali hanno la mappatura delle opinioni e abitudini dei cittadini

INTELLIGENZA ARTIFICIALE Sostituirà l’uomo in tutte le sue attività Manuale di progettazione robusta pubblicato dal Future of Life Institute Non serve a nulla, come Asimov aveva dimostrato plasticamente con tutta la sua produzione letteraria Perdita di posti di lavoro, spersonalizzazione delle attività umane, “Fine del’ Uomo”
BRAIN PROJECT Permetterà il condizionamento remoto del cervello Potrebbe permettere alle Autorità e/o alle multinazionali di imporre l’unanimità a livello mondiale Nulla Fine della libertà
BIG DATA Consiste nell’ incrociare i dati rilevati a livello mondiale in qualunque memoria artificiale Permetterebbe ai sui detentori di prevedere le mosse di tutti gli altri, dominandoli economicamente o politicamente Cloud europeo Le multinazionali americane lo propongono già come “servizio” alle imprese europee
PROGRAMMI PRISM E ECHELON Permettono ai servizi segreti americani di spiare i cittadini europei Permettono un controllo politico, economico e culturale “No-Spy Agreement” Tutto continua come prima
NANOTECNOLOGIE Permettono di distruggere rapidamente la struttura della materia Sarebbero lo strumento più semplice e rapido per la distruzione del mondo Nulla Ogni Stato prosegue per conto suo
SISTEMI ANTIBALISTICI AUTOMATIZZATI Espropriano completamente gli stessi Alti Comandi delle decisioni sulla pace e sulla guerra, che divengono semplici automatismi Ogni situazione di conflitto può degenerare in pochi secondi senza possibilità di controllo Dialogo sulla difesa antibalistica in Europa  In Europa e nel Mar della Cina siamo in ogni momento sull’orlo di una guerra nucleare

 

La Distruzione dell’Umanesimo è in corso

Infatti, prima ancora che ad una vera e propria distruzione del mondo di carattere militare, tutti ritengono altamente probabile una distruzione dell’ uomo da parte delle macchine. A questo rischio sono infatti dedicati una serie di “Numeri Spexciali” di varie riviste politico-culturali.

Ad esempio, “Rischi Globali”, pubblicato da Aspenia, in “Transatlantic Watch”, censisce, fra i principali rischi della società contemporanea, il cattivo uso delle tecnologie e il furto o manipolazione di dati, mentre  l’intervento, sulla stessa rivista, di Stefano Cingolani, individua, fra di essi, “sistemi di software intelligenti in grado di eseguire compiti di lavoro della conoscenza compresi comandi non strutturati o giudizi” e “sequenziamento genetico rapido e a basso costo, analisi avanzata dei big data e biologia sintetica (“scrivere” il DNA)”.

In queste poche e aride frasi è sintetizzato il rischio, e, direi, anzi, la certezza, della distruzione dell’uomo, o, meglio, di quella concezione di uomo alla quale, nonostante i dissidi ideologici, religiosi e di civiltà, eravamo stati tutti educati. Questo tipo di uomo era mortale (come Gilgamesh), imperfetto (Umano, Troppo umano!), sessuato (Adamo ed Eva), identitario (i Montecchi e i Capuleti), radicato (la Terra Promessa), differente (Derrida), cetuale (Marx), conflittuale (Eraclito), gerarchico (Confucio), religioso (Duerkheim), individuale (Stirner), razionale (Cartesio), laico (“Libera Chiesa in Libero Stato”.

La Società del Controllo Totale in cui viviamo ha già svuotato la sessualità, trasformandola in un “optional”, ha posto in dubbio l’identità,  distrutto i ceti, criminalizzato le gerarchie e omologato le religioni un un’unica Religione della Scienza (o di Internet); sta fondendo tutte le individualità nel “General Intellect” del web e concentrando la ragione fuori dell’ uomo (il “cloud”,i “big data”). Ha riunificato religione e politica nel Culto della Rete. In definitiva, ci ha tolto ciò che Leonida e Catone, Foscolo e Croce, Stewart Mills e Gandhi , avevano chiamato “Libertà”.

Si annunzia ora, già nei prossimi mesi, l’avvio la Società delle Macchine Intelligenti, ove resta in pratica acquisito che ciascuno di noi può essere “profilato” “a tappeto” (alla faccia dei Codici sulla “Privacy”, anzi, grazie ai provvedimenti legislativi vigenti e ai loro successivi peggioramenti), in “server” centralizzati  di Stati e di multinazionali stranieri, ove tutta la nostra vita viene trasformata in un “file”, da cui estrarre messaggi personalizzati da inviarci quotidianamente per orientarci nel senso voluto dal sistema. Fra breve, i nostri uffici pubblici, i nostri ospedali, i nostri veicoli, verranno gestiti da un’unica grande macchina centralizzata, che, per “prevenire” l’errore umano, ci toglierà ogni forma di “privacy” e di autonoma scelta. Contemporaneamente, i nostri organi, deboli e difettosi, verranno sostituiti da protesi finché non rimarrà  neppure più un “pezzo” originale.

Nei prossimi anni, la “Società delle Macchine Spirituali” condizionerà i nostri corpi e i nostri cervelli, in modo tale che, alle nostre naturali inclinazioni, mortali, imperfette, patologiche, talvolta violente e criminali, vengano sostituite inclinazioni regolari, omogenee, utili al sistema.

Per il prossimo decennio, si annunzia il “back-up” di tutti i nostri “files”, dentro un’enorme cloud” -“Big Data”-, evitando così ogni inutile dispendio di energia. Subito dopo, con un comando tipo “antivirus”, si ordinerà la cancellazione dai nostri “files” di tutto ciò che è imperfetto o incompiuto. E, quindi, non resterà più nulla. Neanche dei “Big Data”, che, in ultima analisi, erano alimentati dall’ infinita materia prima della  storia e dalla memoria umana.

Temiamo intanto che, come spesso accade, la generalizzazione di un  tema porti a sottovalutarne, da un lato, la portata rivoluzionaria, e, dall’ altro, la capacità di mobilitazione del tema stesso ai fini di un riscatto più generale dell’ attuale società, e dell’ Europa in generale, dall’attuale stato di decadenza spirituale, etica, politica, economica, geopolitica e creativa.

Leonida contro Serse

La ragione prima di questa vicenda è da ricercarsi, a nostro avviso, nel conflitto fra due tipi di profezia.

Nel racconto che  Erodoto fa della vicenda di Leonida, l’oracolo gli risponde che, se il Re degli Spartani si salverà nella prossima battaglia, scompariranno Sparta e la libertà dei greci, mentre, se il re di Sparta morrà in battaglia, eterna sarà la gloria e la libertà della Grecia e di Sparta. In pratica, gli Dei lasciano l’uomo libero di scegliere, pagandone il prezzo. Orbene, Leonida, fedele alle “Leggi non scritte” della sua terra, si accinge quasi lieto a morire in battaglia, per influenzare il corso della storia nel senso da lui volutoi: la Grecia vince, e la sua cultura arriva fino a noi.

Al contrario, Serse, che non avrebbe voluto la guerra contro la Grecia, e che avrebbe poi pianto vedendo attraversare al suo esercito l’ Ellesponto, si lascia convincere da un raggiro dei Magi che gli Dei vogliano  che la Persia conquisti l’ Europa, affinché la Persia confini con il Paese degli Dei. Ideologia questa che si ritrova in tutto lo zoroastrismo e sarà ripresa da tante ideologie provvidenzialistiche,   non ultime delle quali quelle modernistiche e postumanistiche che ora ci minacciano. Serse segue le fallaci profezie dei Magi e si ritrova sconfitto. Purtroppo, oggi dei nuovi Magi vanno riproponendo ai nuovi principi lo stesso tipo di illusione. Di questi Magi fanno parte forse i leaders dell’ ISIS, ma sicuramente ne fanno parte i vertici delle Multinazionali dell’ Informatica, che stanno costruendo, come ha detto il Sommo Pontefice, degli “Imperi Sconosciuti”.  

Le due prospettive che Erodoto descrive per Leonida e Serse si aprono anche ai nostri contemporanei. O combattere, e magari perire, per difendere la nostra civiltà, o farsi travolgere comunque sconfiggere da un movimento che pretende di trascendere le nostre personalità e di trascinarci verso un destino ineluttabile, anche se descrittoci come luminoso, così come i Magi avevano fatto credere a Serse.