“TRUSK”:UN MOMENTO DI DISVELAMENTO DELLA MODERNITA’

La storia culturale della Modernità è piena di paradossi, che derivano in ultima sintesi dal contrasto fra, da una parte, la pretesa trionfalistica di avere superato, grazie alle “idee chiare e distinte”, l’interminabile era del mito, e, dall’altro, l’incapacità di definire in modo soddisfacente un qualunque termine del mondo dell’esistenza: soggetto, oggetto, ragione, verità, mondo…


1.Dalla Dialettica dell’Illuminismo al Nichilismo
Da quell’ incapacità deriva un susseguirsi spasmodico di intuizioni, affermazioni e ipotesi, in cui l’unico aspetto costante è la ferma volontà di occultare in ogni modo, sotto il velo della apparente logica, della pretesa verità, della falsa obiettività, del metodo “scientifico”, dei “valori non negoziabili”, l’assoluta inconoscibiltà del mondo, e perfino dell’Io.
Nel corso dei secoli, solo alcuni,pochi, autori, come Eraclito, Pirrone, Tertulliano, al-Ghazzali, Hume, Leopardi, Nietzsche, Wittgenstein, Heisenberg, De Finetti e Feyerabend, hanno osato rivelare appieno questo meccanismo, che non soltanto scardina tutti i sistemi religiosi, filosofici e politici, ma, addirittura, paralizza la capacità di progettare (il “nichilismo”).Eppure, questa situazione è ben presente all’interno di ciascuno di noi, sì che chiunque deve affrontarla e gestirla, oggi come sempre.
Nonostante la crescente complessità e raffinatezza dei miti (trasformatisi gradualmente in lingua, religione, storia, politica, diritto, filosofia, arte), la loro debolezza e precarietà non cessa di rivelarsi nelle diverse epoche storiche; e compito primario delle classi dirigenti è sempre stato, ed è ancor sempre, quello di coprire con nuove creazioni le crepe delle narrazioni dominanti per evitare crisi culturali, e quindi politiche. Proprio da quest’ esigenza ininterrotta di “Riparazione del mondo” (“Tikkun ha-Olam”) deriva l’asprezza delle guerre culturali, che, anziché arrestarsi con l’avvento dell’ attuale era ipertecnologica, s’intensificano vieppiù, come dimostra l’attuale lotta per l’egemonia culturale e per il dominio sui mezzi di comunicazione.


2.Dai paradossi della Modernità al contrattacco MAGA
All’ interno del processo di disvelamento, il presente potrebbe costituire un momento di presa di coscienza, da una parte del mondo politico e culturale, circa la conflittualità del progetto occidentale con gl’ideali umanistici e in larga misura conservatori che pure animano il discorso pubblico di buona parte dell’ establishment europeo.
E’ il cosiddetto “scossone” per l’ Europa auspicato,tra gli altri, dall’ex-Commissario Gentiloni, anche se non si vede proprio quale potrebbe essere il soggetto attivato da questo scossone, visto che ancor oggi nessuno è capace, ma neanche desideroso, di assumere un ruolo di autentica “leadership” europea. Siamo innanzitutto di fronte a un effetto intimidatorio di lungo periodo, sulle classi dirigenti, delle vicende Olivetti, Chu, Mattei e Moro, che hanno dimostrato che chiunque fa veramente gl’interessi dell’ Italia e dell’ Europa viene comunque punito; poi, del risultato degli sforzi sistematici del sistema educativo di formare caratteri deboli e menti confuse,..
Inoltre, non è affatto detto che modeste innovazioni istituzionali (come il voto a maggioranza o l’aumento delle risorse proprie) possano supplire alla mancanza di identità e di leadership.
Certo, dovrebbero fare sobbalzare gli Europei il preventivato contratto italiano con Starlink, il sostegno di Musk agli elementi più estremi dell’UKIP e all’ AfD, la rivendicazione, da parte di Trump, di Groenlandia, Canada e Panama, oltre che l’innalzamento della richiesta di aumento delle spese militari, dal 2% al 5%. Richieste che, se accettate, comporterebbero la distruzione dell’economia europea e lo smantellamento delle seppur modeste parvenze di politiche europee commerciali e di difesa. Ma che, soprattutto, mettono comunque in evidenza quali siano gli obiettivi bipartisan americani, al di là dei veli ideologici , siano questi anti-woke, siano essi progressisti. La realtà è che, come prevedeva Morozov(ne “I Signori del Silicio”), le classi dirigenti dell’ Occidente, e soprattutto degli USA, si preparano a difendere con l’informatica le loro posizioni di privilegio (cfr. “The New Digital Age”), e questo, non potendo toccare, né la Cina, né l’ India, né l’Iran, viene fatto accrescendo ai danni degli alleati -innanzitutto europei-(“mettere fuori mercato il mondo intero”, cfr.l’”Inflation Reduction Act”).

Droni assassini

3.Le debolezze del discorso “occidentale” e l’incapacità di usarle.
La contropartita negativa, per gli USA, di questo gioco allo scoperto, sarebbe che diviene per essi sempre più difficile utilizzare le loro usuali retoriche del “mondo libero”, del libero mercato, della concorrenza e dell’indipendenza nazionale, quando invece il potere americano (statuale e informatico) si comporta in modo così specularmente e platealmente opposto, licenziando via tweet governi e magistrati indipendenti, rivendicando territori stranieri per pure esigenze di sicurezza nazionale, imponendo all’ Europa cambiamenti radicali della propria legislazione. Come fare a sostenere che gli USA si ispirano a regole obiettive nell’ interesse dell’Umanità, quando non rispettano i principi ch’essi stessi hanno imposto (democraticità, reciprocità, autodeterminazione, antitrust, rispetto dei trattati)? I fatti dimostrano anche che non si tratta qui solo di una scelta tattica e soggettiva, legata a questo o quel presidente, ma del comportamento sistemico di un Paese che applica in tutto il mondo tariffe discriminatorie, sanzioni ed altri tipi di “coercion” che allo stesso tempo dichiara totalmente vietati. Un ennesimo caso di “double standard”, che s’inquadra perfettamente nel panorama di nascondimento generalizzato che caratterizza la Modernità (che, a questo punto, s’identifica con l’ipocrisia puritana).
Ebbene, per i motivi che abbiamo sopra evidenziato, nei fatti, quello “scossone” di cui avevamo parlato all’ inizio non c’è, nei fatti e neppure nelle coscienze. Ci si limita a descrivere con un poco più di realismo del solito i fenomeni in corso, con i quali l’establishment è evidentemente del tutto intenzionato a convivere senza reagire.Anche perché si tratta della roiproposizione, in termini più aggressivi, di idee che giravano da tempo.
L’idea che le società informatiche (i GAFAM) dovessero guidare l’America alla conquista del mondo era stata espressa da Schmidt e Cohen già nel 2005 nel loro “The New Digital Age”, ed attuata in pratica con la “NSCAI” NATIONAL SECURITY COMMISSION ON ARTIFICIAL INTELLIGENCE , che redasse, sotto la guida di Schmidt, e fece approvare dal Congresso, il CHIPS and Science Act e l’Inflation Reduction Act, volti a “mettere il mondo stesso fuori mercato”, oltre a gettare le basi per altri 9 provvedimenti legislativi a favore dell’ AI americana. Oggi, furoreggia, inoltre, la singolare idea che gli Stati esteri debbano “ridurre il surplus commerciale con gli USA”, quando tale surplus deriva solo dal fatto che, grazie al signoraggio del dollaro, gli Americani possono comprare gratis qualunque merce in tutto il mondo. L’unico vero modo per eliminare il deficit commerciale americano sarebbe quindi eliminare il signoraggio del dollaro, con la “de-dollarizzazione”; invece, gli USA e i filo-americani d’Europa (come Christine Lagarde e Ursula von der Leyen), vorrebbero che tale surplus venisse eliminato comprando in America prodotti antieconomici di cui gli Europei non hanno alcun bisogno.
Ci si potrebbe stupire del fatto che molti osservatori ritengano che Europa e America tendano a divergere, quando, di fatto, quel che si vede in superficie è una sempre maggiore acquiescenza degli Europei agli Americani, e perfino l’erosione di una delle ultime isole di resistenza, l’estrema destra, cooptata così facilmente da Musk. Invece, la divaricazione è nei fatti stessi, nell’ atteggiamento oramai platealmente ostile del potere americano nei confronti degli Europei, e giungerà all’ estremo dei paradossi se, per ipotesi, gli Europei accettassero di aumentare al 5% del PIL le loro spese di difesa. Ciò vorrebbe dire una spesa annua di 850 miliardi di Euro, cioè pari a quella americana. Ma, se ciò fosse, non avrebbe proprio più alcun senso che gli USA dominassero la NATO, Con 850 miliardi l’anno, l’Europa dovrebbe potersi permettere un servizio segreto europeo, un sistema missilistico, spaziale e nucleare, europeo, dei missili ipersonici, oltre che una potentissima industria “duale”. Inoltre, se l’America persisterà a voler annettere territori, come la Groenlandia, che sono “territori d’oltremare” di uno Stato Europeo, l’Europa dovrebbe considerare, nella sua “percezione delle minacce”, anche e soprattutto gli USA. In pratica, la dottrina gaulliana della “Force de Frappe Tous les Azimuts”, cioè i missili puntati su Washington. Cosa che invece è ovviamente assente nel più recente documento europeo, il “Rapporto Niinistoe”.

Jack Ma, oggi in esilio


4.Il “Sistema Informatico-Digitale “al potere
Soprattutto, attraverso l’inedita simbiosi fra Musk e Trump (che Giannini ha chiamato “Trusk”), si è evidenziato che il progetto di Schmitt e Cohen era tutt’altro che una chimera, ma, anzi, ha vinto in tutto l’ Occidente. Come scrive Cacciari: “La tecnica domina il dover essere dell’umanità e ne è diventata, in tutta evidenza, la nuova religione.””La Macchina, Macchina divenuta intelligente, ‘spirituale’, rappresenta il fattore fondamentale della nostra vita. E i suoi padroni ne sono quindi, di necessità, i sovrani”“Si sono affermate nel corso degli ultimi decenni culture politiche che hanno assecondato un tale processo e che nulla hanno a che fare con destre e sinistre del Novecento.” Fra queste (a nostro avviso): la cultura della cosiddetta algoretica, sotto l’influenza di Teilhard de Chardin, e il “Movimento 5 Stelle”, creato da un informatico come Casaleggio, che ha alimentato l’illusione di una democrazia digitale (che abbiamo visto essere insostenibile).
Ma in realtà sono i GAFAM nel loro complesso ad avere preso il sopravvento sull’Amministrazione americana: Musk come porta-parola ufficiale; Zuckerberg come agitatore aggressivo; Schmidt come lobbista parlamentare; Kurzweil come teorico e teologo.

Il totalitarismo è legato al millenarismo religioso


5.Il totalitarismo del XXI Secolo
In definitiva, come scrive Giannini, “il muskismo è una teoria totalitaria dell’ umano tanto quasi quanto lo fu il marxismo”, e questo è ovvio se si pensa al precursore Saint- Simon (che voleva affidare agl’industriali “il potere spirituale”), se non addirittura alle radici gnostiche dei totalitarismi secondo lo schema di Voegelin (Il mito del Mondo Nuovo). Più precisamente, il “Muskismo” è addirittura l’”inveramento” del comunismo(deperimento dello Stato più anarchismo), e, quindi, come scrive Cacciari, una religione fondamentalistica, ennesima riedizione della “Réligion de l’Humanité” di Saint-Simon, già presente un po’ in tutte le culture e le società moderne (Garibaldi ne teneva sempre con sé un esemplare).
A questo punto. l’unico serio ostacolo alla creazione di un fondamentalistico Stato Mondiale dei GAFAM (come quello profetizzato da Juenger) è costituito, a oggi dall’alleanza fra Russia e Cina, perché questi due Paesi hanno avuto il coraggio di affrontare di petto il Sistema Informatico-Militare, come si è fatto in Cina con il “Crackdown sui BAATX” e in Russia con il superamento delle tecnologie militari USA.
Ed è per questo che il Sistema Informatico-militare incalza la politica americana, a partire da Trump, perché, secondo essi, lo Stato americano non ha fatto abbastanza per coordinare l’espansionismo delle imprese e imbrigliare i partner in accordi commerciali esclusivi (che non accettino la Cina).
Secondo quanto scrive Massimo Giannini su “La Repubblica”, il progetto totalitario occidentale consisterebbe ora nel “somigliare alle autocrazie, ibridando tecnica e politica”. In realtà, questo parallelismo regge solo fino a un certo punto. Intanto, come abbiamo visto, l’idea della “creazione di una nuova società organica” sul modello dell’ Ancien Regime, ma con “il potere spirituale nelle mani degl’industriali”, era già presente in Saint-Simon, fu elaboratanei minimi dettagli dal Cosmismo russo e dal Trockismo, e infine espressa in modo mirabile da Kurzweil (oltre ad avere cultori in Garibaldi e in Juenger). Tutto ciò molto prima della recente svolta centralistica in Cina e in Russia, nata, questa sì, dalla rivalità mimetica con l’ America -con il disciplinamento degli oligarchi ai tempi di Khodorkovskij, con la rinazionalizzazione delle imprese strategiche dopo l’exploit dei GAFAM, e con la necessità di contrastare le spinte separatiste tibetana, uighura e di Hong Kong, fomentate dagli USA-.Inoltre, perché tanto in Cina, quanto in Russia, il potere degli oligarchi è subordinato a quello dello Stato (come dimostrano i casi di Khodorkovskij e di Jack Ma), mentre negli USA gli oligarchi fanno ciò che vogliono.
L’emersione a Est e a Ovest di sempre nuove società illiberali costituisce certamente un ulteriore dato di fatto, a causa soprattutto della guerra culturale in corso fra “Democrazie” e “Autocrazie”, e in particolare, della centralità, in quest’ultima, dell’informatica: si tratta infatti di un’economia di guerra, dove nessuno spazio può essere lasciato ai nemici, siano essi interni o esterni.
Chi ha imitato gli altri in campo informatico è stata in ultima analisi la Cina: innanzitutto, ha forgiato i propri BAATX proprio come l’ARPA ha forgiato i GAFAM, e secondo il modello di questi ultimi, poi, mentre l’Europa ha preteso assurdamente di nascondere la propria impotenza sotto una pletora di grida manzoniane, la Cina ha semplicemente tradotto in Cinese le nostre grida, applicandole immediatamente e integralmente ai suoi BAATX, comminando ad essi migliaia di sanzioni, e giungendo, coerentemente, ad espropriare Jack Ma. E’ ciò che i GAFAM vogliono evitare accada anche in Occidente (lo “spezzatino” dei GAFAM sul modello Standard Oil e AT&T, ed è per questo che sono saltati rapidissimamente sul carro di Trump, “tirandolo per la giacchetta”, come sta facendo in primis Zuckerberg.


6.Le rivendicazioni di Zuckerberg contro l’ Unione Europea

Zuckerberg con la Commissaria Jourovà


L’Europa, che ha preteso a lungo di costituire, con la sua legislazione sul web, il “Trendsetter of the Worldwide Debate”, è stata sonoramente sementita dai fatti:
-l’Europa non può legiferare su imprese che esistono solo in USA, e vivono in simbiosi con l’Esercito Americano, che le protegge;
-queste imprese sono più forti dei Governi europei, e i più credono che ora siano più forti perfino di Trump, il quale non riesce ad opporsi a Musk;
-le stesse Istituzioni Europee violano, per complicità con i GAFAM, le norme ch’esse hanno adottato, perché, nella vita concreta, tutto in Europa è così strettamente connesso con le forze armate americane, con la Intelligence Community, con le fondazioni, università e imprese USA, che il trasferimento di dati dalla UE agli USA è ininterrotto, ed essenziale per il funzionamento stesso dell’Europa, anche se il Parlamento Europeo, il diritto europeo e la Corte di Giustizia ne richiedono l’interruzione;
-un siffatto “decoupling” (effettivamente preparato, ma ancora non messo in atto, in Russia e in India), richiederebbe infatti una fortissima volontà politica e una lunga preparazione tecnica ed economica, che in Europa non ci sono.
Intanto, Zuckerberg sta aprendo un nuovo fronte:il rifiuto dell’applicazione extraterritoriale del diritto europeo ::“The U.S. government under incoming President Donald Trump should intervene to stop the EU from fining American tech companies for breaching antitrust rules and committing other violations”.
Non soltanto, quindi, in America l’antitrust è stato praticamente cancellato per non danneggiare i GAFAM, ma addirittura Zuckerberg pretende che l’Europa disapplichi completamente (almeno nei confronti degli Americani), il proprio intero pacchetto di tutela, di cui essa va fiera. Anche se avevamo visto lo stesso Zuckerberg stringere la mano della Commissaria Jourovà dopo aver concordato tale pacchetto. Sempre secondo Giannini”, “le smunte comparse di quel che resta del teatrino comunitario provano a resistere”.
In effetti, la Presidente von der Leyen aveva sempre vantato i presunti successi della Commissione nel controllo mondiale sul digitale, mentre oggi si rivela che l’unica seria discepola della Commissione (con il preteso ”effetto Bruxelles”) è stata la Cina.
Intorno all’ attacco comntro la UE, Zuckerberg sta elaborando un’intera ideologia contro gl’interventi della UE sui GAFAM, descritti come un asset americano da difendere:”I think it’s a strategic advantage for the United States that we have a lot of the strongest companies in the world, and I think it should be part of the U.S. strategy going forward to defend that,”
Zuckerberg continua così:”If some other country was screwing with another industry that we cared about, the U.S. government would probably find some way to put pressure on them, but I think what happened here is actually the complete opposite” .
Ecco che cosa s’intende in pratica con “Make America Great Again”, e ciò contro cui gli attuali politici europei non hanno il coraggio di muoversi.

D.O.G.E. : UNA VITTORIA DELL’ IDEOLOGIA CALIFORNIANA

Il progressivo sovrapporsi della vittoria di Musk a quella di Trump costituisce l’immagine plastica di una mutazione epocale in corso in tutto il mondo, definita genericamente “crisi della democrazia”:

-nell’Impero Americano, il più grande guru dell’ informatica, un finanziere che già domina tutti i mercati strategici, preme (apparentemente, con successo) per essere nominato capo di un progettato “Department of Goverment Efficiency” (“D.O.G.E.”), destinato a porre l’intero Stato americano, che domina il mondo intero,sotto la tutela del Gruppo Musk;

-in Cina, la digitalizzazione si spinge fino a controllare ogni azione dei cittadini, la loro salute, i loro spostamenti;

-in Israele, l’intero popolo palestinese è controllato ininterrottamente dai vari sistemi digitali dell’Esercito e dei servizi segreti, e i ministri possono essere “licenziati” senza motivazione e senza alcun impatto sull’appoggio dei partiti al Governo; inoltre, il Paese, divenuto, grazie a quanto sopra, il massimo esperto mondiale di tecnologie di controllo, rivende queste ultime a tutti i Paesi del mondo;

-in Russia, gli organi governativi sono perennemente riuniti in una tele-conferenze con il Presidente, e perfino le loro relazioni individuali al Presidente sono trasmesse in diretta: il trionfo del “Talk Show”;

-nella UE, si sta preparando una sorta di “mobilitazione generale”(“Rapporto Niinistö),civile e militare,  e vige una censura generale pan-europea contro chiunque non sia allineato sul “politicamente corretto”(il “Digital Services Act”);

-in Ucraina, sono stati sciolti 11 partiti politici ed espropriata la maggior parte delle Chiese, colpevoli di essere restate fedeli al Patriarcato di Mosca.

E si potrebbe andare avanti all’ infinito…

In questo intervento, cercheremo di analizzare le ragioni di questo trend, con particolare riguardo al ruolo di Elon Musk nella nuova costellazione di potere conseguente alla vittoria di Trump.

1.Brave New Word (ll mondo nuovo)

Rivivono in Musk certi aspetti del bolscevismo originario, come il cosmismo (la “colonizzazione dello spazio di Tsiolkovskij,  di Vernadskij , di Bogdanov e del movimento ingegneristico kievano “Do Marsa”= “su Marte”).

Dovunque, l’accresciuta conflittualità fra il progetto  post-modernista incarnato dai GAFAM (le Grandi Piattaforme americane) e quello conservatore (rappresentato dai BRICS) -conflittualità ramificata attraverso tutti gli Stati del mondo-, ha generato una situazione di guerra strisciante e di preparazione bellica permanente fra i grandi Paesi, che rende inevitabile la centralizzazione di tutti i poteri intorno al rispettivo leader e al suo “cerchio magico”, per essere sicuri della rapidità della mobilitazione bellica, per mantenere intatta la retorica ufficiale, per evitare ogni “infiltrazione” ostile, per razionalizzare un’economia sinistrata in vista di una guerra prolungata, per contrastare le catastrofi derivanti dalla crisi ecologica…Questa centralizzazione si appoggia sulle nuove tecnologie digitali di controllo capillare della popolazione, che finiranno per risultare le uniche vere vincitrici di questo confronto, come scritto profeticamente da Manuel De Landa nel suo “La guerra nell’ era delle macchine intelligenti”.

In queste condizioni, che senso ha ripetere stancamente le retoriche della libertà individuale, della separazione fra Stato e Chiesa, della divisione dei poteri, della libertà di opinione, della “privacy” che avevano caratterizzato il XX° secolo? Qui si fa solo più a gara a chi abolisce più libertà, considerandosi ogni realtà indipendente come un focolaio di pericolo, in quanto è possibile che venga conquistato da un “nemico”, e usato per “destabilizzarci”.

L’insistere a tentare di spiegare tutto ciò con gli stereotipi del XX° Secolo è non solo inutile, ma anche sospetto, in quanto è molto probabile che si voglia nascondere in mala fede la realtà delle cose, e in particolare il fallimento di una cultura irrealistica (i “parametri utopico-liberali” di cui parla Giovanni Ursina), che per altro ha sostenuto le carriere di intere generazioni d’intellettuali e di politici.

Quando si attaccano,  con l’accusa di “democrazia illiberale”, alcuni Paesi dell’Unione Europea (Ungheria, Slovacchia) o della NATO (Turchia), in realtà si vuole condannare non già la loro pretesa illibertà, bensì la loro eccessiva indipendenza, che permette loro di non schierarsi al 100% con l’ America, divenendo così a loro volta un pericolo per il controllo centralizzato e militarizzato,da parte  da parte della stessa, degli “alleati” occidentali. Tuttavia, questi Stati  non fanno che ripetere in piccolo quello che già succede in grande nelle grandi potenze (a cominciare dagli Stati Uniti), e anticipando quello che accadrà ancora in tanti altri Stati. Essi debbono centralizzarsi per resistere ai potentissimi condizionamenti del Complesso Informatico-Digitale occidentale (di cui Musk è il tipico esempio)..

D’altronde, le contraddizioni della Modernità che stanno esplodendo ora, e, in particolare, quelle della “democrazia” occidentale, erano già iscritte fin dall’ inizio nel suo DNA. Per esempio, pur parlando di democrazia, lo stessoGeorge Washington ne criticava già,  in nome del “Repubblicanesimo”,  gli aspetti fondamentali: i partiti, il voto popolare e lo spirito di parte.

Il punto è che la democrazia è per sua natura illiberale. Mentre il liberalismo è un’ideologia tipica dell’ aristocrazia del ‘700 che lottava contro lo Stato assoluto inneggiando alla “liberalità” dei signori (pensiamo a Rochefoucauld), la democrazia è quella deriva delle antiche Poleis, denunziata fin da Omero (Tersite), per passare a Socrate, Aristotele e lo “Pseudo-Senofonte”, che le aveva portate ad essere dominate da un pathos plebeo, dalla demagogia, dall’“oclocrazia”(l’”apistos demos” di Aristotele), e, infine, dalla tirannide (i Trenta Tiranni). E che altro è il “trumpismo” (o il “populismo”:la “pancia” del popolo), se non lo spirito plebeo elevato a virtù civica, in quanto la più pura espressione del “popolo” tanto esaltato negli ultimi 200 anni?

“Democrazia illiberale” è un termine assolutamente equivoco, sia se usato in senso dispregiativo, sia usato in senso elogiativo, perché, nell’attuale gergo americaneggiante, tanto “democrazia” quanto “liberale” designano il contrario di quanto avevano significato per almeno mezzo secolo in Europa (per esempio, in “Democrazia Cristiana” e “Partito Liberale”). D’altronde, la traduzione del l’omonimo libro di Zakaria parla giustamente di “democrazia senza libertà”, che ben si attaglia a praticamente tutti gli Stati attuali. Sarebbe forse meglio parlare di  “sistema carismatico-rappresentativo”, in quanto esso  tenta di conciliare l’esigenza di un leader, provocata dalla mobilitazione generale mondiale, con le forme giuridiche della democrazia rappresentativa (così come, nel Principatus augusteo, l’esigenza di un principe provvidenziale veniva conciliata con le forme tradizionali del cursus honorum repubblicano)

Del resto, vi è sempre stato un legame fra “mobilitazione generale” e idolatria del “popolo”, che è quello che, come ben studiato da Jünger, aveva portato ai totalitarismi del 20° Secolo. L’unico modo per por fine alla mentalità da mobilitazione generale è far finire la Terza Guerra Mondiale, rendendo nuovamente possibile, all’interno di ciascuno dei blocchi concorrenti, una forma di pluralismo, non più accusabile di “intelligenza con il nemico”. Vediamo se Trump ne sarà veramente capace.

Questa situazione smentisce in modo definitivo la credenza che, nel XXI° secolo, possano avere ancora una qualche utilità le categorie di “Destra” e di “Sinistra”, ma anche di “Democrazia” e “Autocrazia”, essendo restata in campo solo la distinzione fra “governo degli algoritmi” (come quello che si è instaurato in America grazie alla convergenza delle azioni di Eric Schmidt e di Elon Musk) e il (almeno più “umano”) “governo del leader” (come quelli di Cina, Russia, India, Turchia..).

In questo contesto, l’Europa, disabituata a pensare dall’egemonia del “pensiero unico”, non sa più come orientarsi. Perfino coloro che, per un motivo o per l’altro, amerebbero defilarsi dal Governo delle Macchine Intelligenti, dell’America e della NATO, sono in seria difficoltà, visto che c’è una corsa sfrenata da parte di tutti ad accattivarsi la coppia, ormai onnipotente, “Trump-Musk”, mentre le effettive intenzioni di Trump non sono ancora neppure note. Come ha affermato sprezzantemente Putin, “ciò che manca all’ Europa sono i cervelli”.

La vicenda Trump-Musk dimostra almeno quanto siano ancora diverse l’Europa e l’America.

2.Il ruolo di Elon Musk nell’amministrazione Trump

Come anticipato, vogliamo qui concentrarci però su quella che appare come la vera novità del secondo mandato di Trump, il quale forse ha vinto in questo modo schiacciante non già per l’appoggio di nuove correnti di opinione o all’ “endorsement” di autorevoli “opinion leader”, bensì grazie a un impero finanziario e tecnologico -quello di Musk- che già domina l’Occidente, sui mercati dei media, delle biotecnologie, dell’ intelligenza artificiale, dello spazio,  dell’ autoveicolistica,  delle telecomunicazioni, essendo così in grado di pilotare l’intera società americana e di mettere in ombra gli stessi GAFAM “minori”. E, difatti, Musk ha messo a disposizione di Trump un congruo numero di miliardi, di cui una quota precisa dedicata al voto di scambio, oltre che l’accesso senza limiti e senza censura alla piattaforma “X”, quella che era stata un tempo Twitter, e che Musk ha comprato. Gli mancava solo il timbro di “Direttore tecnico degli Stati Uniti”,cosa che oramai sembrerebbe avere. Infine, è lui il migliore intermediario con Zelenskij, perché buona parte dell’ esito della guerra dipende dalla disponibilità, o meno, della rete Starlink.

Si è superato perfino il concetto marxiano di “Comitato d’affari della borghesia”: l’Amministrazione americana è il dominio privato di due imprenditori-soci, dei quali l’uno, il Presidente e il “junior partner”, anche se rappresenta formalmente lo Stato, ma l’altro, da “CEO”, controlla l’intera società, realizzando così il sogno tecnocratico di Saint-Simon. Altro che “conflitto di interessi”!

Il gigante aerospaziale SpaceX e Tesla di Musk sono entrambe tra le aziende che valgono di più al mondo al mondo. SpaceX è la seconda più grande azienda privata al mondo, con una valutazione di 210 miliardi di dollari. La società di veicoli elettrici Tesla è la decima società quotata, con una capitalizzazione di mercato di oltre 900 miliardi di dollari.

Musk ha una quota del 42% in SpaceX e una quota del 13% in Tesla, e ha anche quote di controllo in X, la piattaforma precedentemente nota come Twitter, e nella startup di intelligenza artificiale generativa xAI. Musk è di gran lunga la persona più ricca del mondo, con un patrimonio netto di circa 280 miliardi di dollari, più di 60 miliardi di dollari in più rispetto al secondo uomo più ricco, il fondatore di Amazon Jeff Bezos.

Ma, soprattutto, Musk incarna nel modo più trasgressivo la “hybris” del Postumanesimo, nei suoi aspetti più inquietanti: l’Intelligenza Artificiale Generativa, le microchip nel cervello, i twitter senza alcuna moderazione, la colonizzazione privata dello spazio, la disoccupazione tecnologica, la maternità surrogata.

In effetti, il progetto di Musk, cioè quello di ufficializzare il controllo dei GAFAM sullo Stato americano, e, con ciò, sull’ Occidente,  non è nuovo. Esso era stato teorizzato da Schmidt e Cohen nel loro libro “The New Digital Age”, concepito dai due autori nel 2003, nella Baghdad ridotta in cenere ed occupata dall’ esercito americano, in cui si suggeriva che Google avrebbe dovuto sostituire la Lockheed nel guidare l’America alla conquista del mondo (“Googleization of the World”). Ed è stato criticato da Evgeny Morozov  quale ultimo tentativo, da parte di una civiltà fallimentare, per bloccare l’esito della Storia, che, di per sé, starebbe voltando le spalle all’ Occidente.

Sempre Schmidt aveva incominciato a mettere in pratica quel progetto, con la creazione di NSCAI, la commissione incaricata dal Congresso di elaborare una strategia per contrastare il superamentodegli USA da parte della Cina, da cui nacque l’Inflation Reduction Act, con cui il Senatore Schumer si proponeva di “mettere fuori mercato il mondo intero”.

Ora, è stata colmata una lacuna nel progetto,  perché Musk (anche se aborre la California, preferendole il Texas) sta non soltanto teorizzando, bensì incarnando nella propria persona, la “ideologia californiana”, che fonde cultura nichilista e intelligenza artificiale, politica tecnocratica e monopolio universale.

Facendo ciò, egli ha dato un significato concreto all’ ideologia M.A.G.A., oscillante vagamente fra l’isolazionismo e il nazionalismo.

3.Il “programma di governo” di Musk

Musk, nonostante che provenga dal campo progressista e abbia sostenuto Trump solo da luglio, ne è divenuto ormai il compagno inseparabile, perfino nei colloqui con Zelenskij, anche se è improbabile che assuma un ruolo ufficiale. Egli ha, inoltre, affermato che “non è necessario alcun compenso, alcun titolo, alcun riconoscimento” per i suoi servizi (ampiamente compensati evidentemente dalla possibilità di difendere dall’ alto i propri interessi), guidando un “Dipartimento per l’efficienza governativa” (D.O.G.E.) che Trump ha pubblicizzato come  “Segretariato per la riduzione dei costi”, con l’obiettivo di tagliare da 2.000 miliardi di dollari o più dal bilancio federale (evidentemente subappaltando funzioni pubbliche alle multinazionali del web, e, in primis, a quelle di Musk, che è già l’insostituibile fornitore dell’ Amministrazione). In un’intervista al podcast Joe Rogan Experience ha detto che spera di “sgomberare il ponte” da regolamenti e agenzie federali indebiti e “ridurre le agenzie [federali] per renderle molto più piccole….assicurarsi che …si attengano a ciò che il Congresso ha autorizzato”.

D’altra parte, le aziende di Musk sono al lavoro anche in Italia per darsi assegnare (vedi scandalo S.O.G.E.I.) delle commesse strategiche, nell’outsourcing dei servizi pubblici, con le quali anche il nostro Paese diventerà dipendente da Musk per il funzionamento stesso dello Stato, così come stafacendo in America, e come avevano già fatto le Istituzioni europee con Microsoft.

Quali siano le sue intenzioni lo ha dimostrato ancora il 13 novembre, con un post sulla sua piattaforma dedicato alle sentenze dei giudici italiani (ed europei) circa i “paesi sicuri”. La forma e il contenuto del post costituiscono un esempio ineguagliato delo stile  di Musk, che interviene non sollecitato su una vicenda giudiziaria italiana ed europea, indicando una soluzione, le dimissioni dei giudici, che è agli antipodi, non solo dell’ ordinamento italiano, ma anche sull’ “ordine giuridico basato sulle regole” di cui l’ America si fa vanto. Per quanto sia pericoloso, e/o sgradito, essere sommersi da immigranti che porteranno anche da noi l’insanabile contraddizione americana fra “Whites” e “Non-Whites”, ancor peggio è essere governati contra legem da Washington da un informatico sud-africano, quasi fossimo un “bantustan” qualunque. Questo dimostra plasticamente che cosa dovrebbe impedire l’ “autonomia strategica” italiana ed europea.

Musk ha affermato inoltre  che, dopo queste elezioni, non ha alcuna  intenzione di smettere di pesare sulla politica. Il suo super comitato di azione “continuerà dopo queste elezioni e si preparerà per le elezioni di medio termine e per eventuali elezioni intermedie”, evidentemente tentando anche di interferire nelle politiche interne degli “alleati”, come faceva già Bannon. Fortunatamente, Trump si era presto stancato di quell’ alleato scomodo.

4. Musk e l’Antitrust

L’idea che il più grande monopolista del mondo sia incaricato dal Presidente di ristrutturare lo Stato americano mette  una fine definitiva dell’illusione  che la “destra” sia favorevole al libero mercato. E’ come incaricare il lupo di guidare una mandria di agnelli. Il che è per altro logico, perché la “destra” trumpiana non è liberista, bensì interventista nell’ economia, ma nell’ ottica attuale della mobilitazione bellica, secondo il collaudato modello del “keynesismo militare”, applicato negli Stati Uniti di Roosevelt, nella Germania nazista e oggi nella Russia di Putin. Il ruolo degli imprenditori è quello di “oligarchi”, fedelissimi del “leader” che possiedono le imprese, ma le gestiscono secondo le esigenze della programmazione bellica (pensiamo per esempio alla programmazione di Todt e di Speer e alle Reichswerke Hermann Göring).

Come ovvio, Musk si è scontrato spesso con i regolatori dell’amministrazione Biden. La FTC guidata da Khan ha colpito X, allora nota come Twitter, con una multa di 150 milioni di dollari, e ha ordinato restrizioni sui metodi di raccolta dati per la pubblicità della società di social media per la pubblicità. La SEC guidata da Gensler si è scontrata con Musk per il suo uso di Twitter nel contesto del suo ruolo in Tesla, risalente a un controverso tweet del 2018 in cui Musk ha affermato di aver ottenuto i fondi necessari per rendere privata la Tesla.

Ci sono poi una serie di cause legali in sospeso e indagini governative contro Musk e le sue aziende,  che  naturalmente apprezzerebbe il clima normativo più leggero lanciato da Trump. Tra le questioni legali e normative che Musk deve affrontare ci sono un appello per ripristinare il suo bonus da 50 miliardi di dollari in azioni Tesla, annullato da un giudice del Delaware a gennaio, un’indagine sui sistemi di guida autonoma di Tesla da parte della National Highway Traffic Safety Administration e un avvertimento segnalato dal Dipartimento di Giustizia sui premi da 1 milione di dollari dell’American PAC ad alcuni elettori di stati indecisi.

Tesla, che rappresenta la maggior parte della ricchezza di Musk rispetto a qualsiasi altra sua azienda, sta già ricevere una formidabile spinta dalle proposte economiche di Trump che probabilmente danneggerebbero i suoi concorrenti di veicoli elettrici, un vantaggio che si è tradotto nel rally delle sue azioni mercoledì, fatto che ha già fatto aumentare il valore delle azioni di Tesla fino a un trilione di dollari.

Al diavolo il conflitto di interessi!

Eppure, la resa incondizionata degli Stati  ai guru dell’informatica non sarebbe in teoria affatto inevitabile. Lo dimostra il caso della Cina.

5.Il precedente di Jack Ma

Ricordiamo che uno scenario analogo si era prodotto recentemente in Cina, dove esistono multinazionali digitali che, seppure presenti solo in quel Paese, hanno dimensioni analoghe a quelle americane (i “BAATX”). Questo è uno degli aspetti più appariscente della presunta defezione della Cina verso il capitalismo, sulla quale non concordiamo, perché, tecnicamente, il socialismo non è la statizzazione di tutta l’economia, bensì “il controllo sociale sui mezzi di produzione”, che è ciò che si sta realizzando in Cina attraverso meccanismi giuridici complessi, comprendenti anche il mercato.

Anche  Jack Ma aveva creato un impero privato simile a quello di Musk (oltre ad assumere atteggiamenti spettacolari ricalcati su Musk, come quando si era presentato ai dipendenti vestito come Michael Jackson.).

Nel frattempo, la Cina aveva approvato a tempo di record una serie di leggi sull’ ICT ispirate a quelle europee, ma più concrete e applicabili, in base alle quali tutte le multinazionali cinesi si sono viste esposte a una pioggia di sanzioni, in quanto, come le loro colleghe occidentali, intralciano continuamente la concorrenza, trascurano la privacy, ecc…(il “Crackdown sui BAATX”).

Quando Ma aveva lanciato una campagna di stampa contro il sistema bancario cinese, che gli negava quel sostegno finanziario che invece Musk ha in Occidente, per trasformare il suo impero industriale e tecnologico cinese in un impero finanziario mondiale, è stato arrestato e detenuto per alcuni mesi, finché ha rinunziato ai ruoli operativi nelle sue società, trasferendosi all’ estero e limitandosi a incassare i dividendi dovutigli in quanto socio di minoranza delle società stesse.

7.Trump e i conservatori

Un altro “miracolo” di Trump è stato quello di trasformare i conservatori, da sempre considerati “dei pariah” della politica, specie europea, in protagonisti ambiti delle politiche nazionali e della UE.

Grazie a ciò, l’”accoppiata” Trump-Musk  ha indebolito con una duplice mossa  un probabile ostacolo al dominio mondiale dei GAFAM: la resistenza in nome dell’umano al “Governo degli algoritmi” di Musk,  così simile al “Governo delle Regole” tanto caro al liberalismo di sinistra. Questa resistenza non potrà venire se non da ambienti “lato sensu” conservatori, come per esempio le Chiese. Probabilmente, la coppia Trump-Musk spera che, essendole essi grati per averli fatti uscire dai loro ghetti, vari tipi di “conservatori”  lascino per un momento da parte le loro legittime ragioni ideali, che concettualmente li opporrebbero al “governo delle macchine” – chi per orgoglio nazionale, chi per umanesimo, che per difesa della libertà-…, e “lavorino” come si dice oggi, con la coppia Trump-Musk e con gli altri grandi soggetti geopolitici modo da non contrastare, bensì da agevolare, il progetto della “Singularity Tecnologica”. Ricordiamoci che Musk, come persona, tiene comportamenti ricalcati sui grandi transumanisti, come Ray Kurzweil e l’iraniano Fereidun Esfandiari. Quest’ultimo (il cui nome originario era la traduzione in Farsi, di quello del Salvatore dell’ Avesta, Thraetona) aveva fatto modificare all’ anagrafe il proprio nome e cognome in  FM-2030, anno in cui, secondo i transumanisti, sarebbero state curate certe malattie, come quella al pancreas di cui egli sarebbe morto dopo poco, e, contestualmente, s’ era fatto ibernare. Ebbene, anche Musk, oltre a fare ricosto alla gestazione surrogata,  ha chiamato il proprio figlio “X Æ xii” (quasi fosse un nuovo modello di macchina).

La battaglia politica che, fino ad oggi, si era svolta essenzialmente all’ interno  dei “parametri utopico-liberali” di Ursina (anche la Democrazia Cristiana, e perfino il Fascismo, erano a loro modo  stregati dal  mito del Progresso), oggi lo spazio  concettuale entro cui si combatte per l’egemonia politica mondiale è sostanzialmente “conservatore” (dall’interpretazione delle varie religioni e tradizioni nazionali a quella del mito moderno del Superuomo, fino ai critici moderni  della Modernità: Ricci, Ibn Khaldun, Nietzsche, Dostojevskij, Huxley, Dumont, Teilhard de Chardin, Burgess, Compagnon).

Come scrive sempre Orsina, “l’ordine utopico-liberale  non abbia saputo  mantenere le sue promesse e … il suo fallimento ne abbia fatto emergere  chiaramente i consistenti tratti di disumanità, l’affidarsi a un esistente essere umano e astratto. Disincantato, decontestualizzato, perfettamente morale e perfettamente razionale”. In sostanza, si è compiuta la Dialettica dell’ Illuminismo descritta da Horkheimer e Adorno.

E’ all’ interno di quest’ ampio spazio politico e culturale (l’unico rimasto oggi relativamente vivo al di fuori del postumanesimo) che si può, e si deve, ora, lanciare una battaglia sulla preservazione dell’ Umano, sulla libertà minacciata, sulla pace nel mondo, sul ruolo delle classi sociali, dei popoli e dei Continenti…). Se necessario, contro tanti falsi “conservatori” che operano come apripista per la Singularity Tecnologica e per il “Governo degli Algoritmi”. Tale critica al progetto post-umanista non dev’essere preconcetta, bensì partire dalle sue (per quanto discutibili) radici storiche :il Mistero dell’ Incarnazione, l’“Antiquatezza dell’Uomo”, il mito dell’ Eterno Ritorno...

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CRISI STELLANTIS/ CRISI DELLA MODERNITA’

“Un giorno, a Mirafiori torneranno a crescere i fiori”

(Edoardo Agnelli)

Gli attuali scontri e polemiche intorno all’eredità degli Agnelli e alla crisi di Stellantis, per quanto di per se stessi rilevantissimi e interessanti, costituiscono soprattutto un’ottima occasione per riflettere sui rapporti fra cultura e tecnica. In effetti, la FIAT ha avuto un ruolo così centrale nella configurazione di Torino e dell’Italia, che la sua vera e propria sparizione  non può non lasciare perplessi circa molte delle “Grandi Narrazioni” in cui siamo vissuti immersi: quella del Progresso, quella dell’industrialismo, quelle del Capitalismo e del Socialismo, quella dell’Imprenditore, quella della classe operaia, quella della società opulenta.

Ma prima occorre ripercorrere i momenti salienti della storia di Torino e della FIAT, nonché dell’ attuale crisi dell’ industria automobilistica in Europa, ai quali questo post è dedicato, riservandoci di svolgere in altra sede le nostre considerazioni più generali sui temi di cui sopra.

1.Duemilacinquecento anni di storia di Torino (cfr. il nostro “Intorno alle Alpi Occidentali/Autour des Alpes Occidentales”).

Nonostante che Torino sia oramai identificata, nei luoghi comuni, con l’industria automobilistica, in realtà la nostra “parentesi FIAT” è durata non più di un secolo, mentre le tradizioni millenarie della città sono soprattutto militari (Giulio Cesare, Emanuele Filiberto, Eugenio di Savoia, Vittorio Emanuele II), religiose (Claudio di Torino, i Valdesi, Don Bosco, Papa Bergoglio) e culturali (Alfieri, Nietzsche, Michels, Gramsci, Gobetti, Einaudi,Olivetti, Galimberti, Pavese, Del Noce). Anche senza la FIAT, Torino sarebbe quindi rimasta una grande città europea.

Intorno all’800, il vescovo Claudio di Torino sostiene tesi iconoclastiche.Dal 1280 al 1418, Torino  fa parte dei feudi degli Acaia. Nel 1404: Ludovico di Savoia-Acaia promuove la formazione di un centro di insegnamento superiore, su sollecitazione di alcuni “magistri” fuggiti dalle sedi universitarie di Pavia e Piacenza. Nel 1506, Erasmo da Rotterdam consegue a Torino la laurea in Teologia. 

Nel 1562, Emanuele Filiberto, vittorioso a San Quintino, trasferisce a Torino la capitale e dichiara l’Italiano lingua ufficiale nei feudi orientali del Ducato di Savoia.

Nel 1706, Torino sfugge, con l’apporto del Principe Eugenio, all’ assedio dei Francesi, e viene  a fare parte del Regno di Sardegna (la cui capitale resta però Sassari, mentre la corte risiede a Torino, almeno fino alla conquista francese).

Nel 1800, Torino viene annessa all’ Impero Napoleonico.

Nel 1854,il Regno partecipa alla Guerra di Crimea

Nel 1859: Seconda Guerra d’indipendenza, e,nel 1861, Torino diviene capitale del Regno d’Italia

Nel 1862, Luserna di Rorà diventa sindaco di Torino. Durante il suo mandato,  la città perde il ruolo di capitale, che nel 1864viene assegnato a Firenze. La notizia provoca accese proteste, che sfociano in una manifestazione in Piazza San Carlo, davanti alla sede della Prefettura, che vengono represse nel sangue, con ben 52 morti fra la popolazione civile.Per la città inizia un periodo difficile,paragonabile agli anni che stiamo vivendo ora, per  una perdita, non soltanto di prestigio, ma anche di posti di lavoro: solo nel primo anno, Torino perde 32.000 dei suoi 224.000 abitanti.

1888: Nietzsche a Torino scrive “L’Anticristo”, “Il crepuscolo degli idoli” ed “Ecce Homo” .Sempre a Torino, il 3 gennaio 1889 avviene il suo crollo mentale: mentre si trova nei pressi del suo alloggio in piazza Carignano,  vedendo un cavallo che traina una carrozza fustigato a sangue dal cocchiere, abbraccia l’animale, piangendo e baciandolo.

Il 9 gennaio 1889, l’amico Franz Overbeck, allarmato dai contenuti delle ultime lettere e preoccupato per il suo crollo psichico, lo porta in treno a Basilea.

2.Momenti salienti della storia della FIAT

La Fiat era divenuta, nel corso del XX Secolo, non solo il maggior gruppo economico italiano, ma anche il simbolo delle civiltà industriale. Per questo, la sua vera e propria scomparsa costituisce oggi un presagio del superamento della società industriale e delle sue mitologie.

Viene fondata a Torino l’11 luglio 1899 (sei mesi dopo la pazzia di Nietzsche), in un periodo di vivace espansione industriale della città. Il primo stabilimento viene inaugurato nel 1900 in Corso Dante; vi lavorano 35 operai e vi si producono24 autovetture. Il presidente della società è Ludovico Scarfiotti, mentre Giovanni Agnelli è segretario del Consiglio.
Giovanni Agnelli nel 1902 diviene amministratore delegato. Dal 1903 la Fiat viene quotata in borsa e sorgono nuove società con funzioni specifiche: Società Carrozzeria industriale, Fiat Brevetti, S.A. Garages Riuniti Fiat-Alberti-Storero. Gli stabilimenti Fiat, accanto alle auto per uso civile e per competizione, producono veicoli industriali, motori marini, autocarri, tram, taxi, cuscinetti a sfera.
Il 23 giugno 1908 Giovanni Agnelli  divenuto dal 1906, a seguito di un aumento di capitale, azionista di maggioranza della Fiat, venne denunciato dal questore di Torino per “illecita coalizione, aggiotaggio in borsa e falsi in bilancio”. Nel 1913, Agnelli sarà assolto.

Nel 1911: Guerra italo-turca.

1915: Prima Guerra Mondiale. Inizio della progettazione dello Stabilimento del Lingotto.

Con lo scoppio della guerra, grande sviluppo ha la produzione di camion militari, di aerei, di autoambulanze, di mitragliatrici e di motori per sommergibili. La FIAT crea a Mosca la FIAT-Izhorski, che fornisce carri armati allo Stato russo, prima impero, poi Repubblica sovietica, oltre ad altri diversi eserciti europei.

La fabbrica del Lingotto, la più grande d’Europa, diventerà rapidamente il simbolo dell’industria automobilistica italiana, un modello di architettura futuristica e una delle immagini più note della stessa città di Torino.In quegli anni, la Fiat amplia le proprie attività nel settore siderurgico e ferroviario, in quello elettrico e nel campo delle linee di trasporto pubblico

 Alla Grande Guerra segue un decennio di estrema complessità e di profonde trasformazioni. Ne viene coinvolta anche la Fiat, le cui fabbriche vengono occupate dagli operai nel settembre 1920 (il “Biennio Rosso”). Nel novembre dello stesso anno Giovanni Agnelli diviene presidente del consiglio di amministrazione.
Nel1922: Marcia su Roma

Nel 1923, entra in funzione il nuovo stabilimento del Lingotto.Fiat dà vita alla SAVA, società di credito al consumo, con lo scopo di favorire la vendita rateale delle automobili. Cresce la partecipazione a società italiane e straniere e nasce l’IFI (Istituto Finanziario Industriale) per coordinarne la fitta rete. Nel 1924 incominciano ad operare gli impianti di Mosca per la costruzione di automobili e di camion su licenza Fiat.
Per conto delle Ferrovie dello Stato viene organizzata, per la prima volta al mondo, la costruzione in serie di automotrici elettriche e diesel.
Nel 1928, Vittorio Valletta è nominato direttore generale.

Nel 1934 viene progettata una vettura di piccola cilindrata: la 508 chiamata “Balilla”. Ne saranno prodotte 113.000 unità, con una versione sportiva (508 S) ed una a quattro marce (71.000 unità).

Nel 1936, esce la Fiat 500 “Topolino”, disegnata da Dante Giacosa: da quell’anno al 1955 se ne produrranno 510.000 esemplari. A conferma dell’orientamento verso la produzione di massa, nel 1937 iniziano a Torino i lavori per la costruzione dello stabilimento di Mirafiori. Inaugurato da Mussolini il 15 maggio 1939, ospita 22.000 operai su due turni, i dipendenti Fiat in quegli anni sono circa 55.000.
Nel 1945 muore il senatore Giovanni Agnelli e nel luglio del ’46 Vittorio Valletta assume la presidenza della Fiat.
I finanziamenti del piano Marshall nel 1948 consentono di completare la ricostruzione degli impianti. Il personale passa da 55.674 a 66.365, gli utili, stazionari nel corso della guerra, azzerati dopo il 1943, e in perdita nel 1946, ricominceranno a crescere nel 1948.
La ripresa produttiva postbellica vede l’uscita della Fiat 500 B berlinetta e giardinetta, dei modelli 1100E e 1500E, e di una vettura a carrozzeria portante, la Fiat 1400. Continua la ricerca nel campo dei motori marini e aerei, e nel 1951 è prodotto dalla Sezione Velivoli il primo velivolo militare italiano a reazione : il G 80. Nel 1956, il G 91 di Fiat, progettato dal team dell’ Ingegner Gabrielli vince un concorso NATO per la produzione di un caccia tattico.

Nel 1955 è presentata la Fiat 600, utilitaria di cui saranno costruite oltre 4.000.000 di unità.
Segue due anni dopo, la Nuova 500 che raggiungerà i 3.678.000 esemplari.
Il numero complessivo dei dipendenti passa in questo decennio dai 70 agli 80.000, la produzione passa dalle 70.800 autovetture del 1949 alle 339.300 del 1958.

Tra il 1956 e il 1958, si conclude il raddoppio degli stabilimenti di Mirafiori, che alla fine degli anni 60 arriverà a toccare la cifra di oltre 50 mila lavoratori. Si sviluppa la produzione di trattori agricoli e di macchine movimento terra.
Nascono nuovi stabilimenti in Sudafrica, Turchia e Jugoslavia, Argentina e Messico.
Le attività di impianti e costruzioni edili di Fiat coordinate dalla Impresit conoscono un forte sviluppo internazionale: l’impianto elettrico di Kariba sullo Zambesi, la diga di Dez in Iran e quella di Roiseires sul Nilo blu in Sudan, il salvataggio dei tempi egizi di Abu Simbel, la galleria autostradale del Gran San Bernardo.

Nel decennio compreso tra il 1959 e il 1968 la produzione Fiat passa da 425.000 a 1.751.400 autovetture, e il rapporto tra numero di abitanti e numero di autovetture passa da 96 a 28 abitanti per ogni auto. Anche le esportazioni conoscono una forte crescita: da 207.049 autovetture a 521.534
Aumentano inoltre la produzione di veicoli commerciali, da 18.968 a 68.200, e quella di trattori, da 22.637 a 52.735. Il personale raddoppia: da 85.117 dipendenti, passa a 158.445, con un incremento più accentuato degli operai rispetto agli impiegati.

Nel 1964 nasce la Fiat 850, nuova utilitaria di vasta diffusione cui seguono ben presto altri modelli di cilindrata superiore: la 124 e la 125 che assumeranno nel 1968 il marchio Fiat a rombi, ancora oggi utilizzato.
1966: Costruzione di Togliattigrad, la città-fabbrica in URSS.
Nel 1966, Giovanni Agnelli, nipote del fondatore, diviene presidente della Società.

Viene deciso il potenziamento della presenza Fiat nel Sud, che già si era articolata attorno agli impianti di Reggio Calabria, Bari, Napoli. Si avvia così la realizzazione degli stabilimenti di Termini Imerese, Cassino e Termoli, per la produzione di autovetture, e di Sulmona, Lecce, Brindisi e Vasto.
Al boom economico fa seguito un lungo periodo di assestamenti sociali: il 1969 è l’anno in cui la conflittualità aziendale raggiunge il culmine, con un totale di 15 milioni di ore di sciopero.
L’ondata di conflittualità ha pesanti ripercussioni sui livelli di redditività aziendale.

Nasce nel 1971 la 127, la prima Fiat a trazione anteriore. La vettura incontra molto successo di mercato e alla fine del 1974 sarà prodotta la milionesima 127.
Crisi petrolifera e innovazione tecnologica spingono verso una crescente automazione dei processi produttivi: già nel 1972 entrano in funzione a Mirafiori i primi 16 robot nella linea di produzione del modello 132, e nel 1974 quelli di Cassino. Nel 1978 nasce “Robogate”, il nuovo sistema robotizzato e flessibile di assemblaggio delle scocche, attivo negli stabilimenti di Rivalta e di Cassino, realizzato da Comau che diventerà ben presto leader mondiale

Nel 1978 avviene la fusione per incorporazione della Lancia Spa in Fiat Spa, rimane il marchio Lancia per la commercializzazione. Nel 1979, il settore Auto si costituisce in società autonoma di cui Giovanni Agnelli è presidente e comprende i marchi Fiat, Lancia, Autobianchi, Abarth e Ferrari. Il marchio Ferrari era già stato acquisito nel 1969 al 50%, quota che salirà poi all’87%.

Alla fine degli anni ’70, Fiat si consolida in una struttura a holding. Le molteplici attività produttive, che nel lungo periodo di Valletta erano distribuite in sezioni, costituiscono società autonome che si ripartiscono in Settori. Nel 1980, Cesare Romiti, entrato alla Fiat come direttore finanziario nel 1974, diviene amministratore delegato del Gruppo.
Grandissimo sviluppo conoscono in questo periodo sia la Fiat Ferroviaria che l’Iveco. Fiat Ferroviaria progetta avanzate tecnologie con carrelli a ruote indipendenti e ad assetto variabile che porteranno alla produzione del Pendolino, treno ad alta velocità con cui si aggiudicherà importanti commesse in molte nazioni europee. Iveco diventa il marchio internazionale in cui confluiscono le attività di produzione dei veicoli industriali. Il marchio Iveco comprende Fiat, Om, Lancia, Magiruz, Unic e lo spagnolo Pegaso dal 1991.

 
Nel1980, “Marcia dei 40000” contro il predominio dei sindacati

Nel 1983 viene presentata la Uno. Ne saranno prodotte 6.272.796 unità. L’anno seguente la Fiat Auto Spa acquisisce l’Alfa Romeo Spa e le sue consociate, mentre nel 1993, con il prestigioso marchio Maserati, ai raggiunge l’attuale composizione dei marchi auto.
Continuano a crescere gli accordi internazionali per la produzione su licenza Fiat e le partecipazioni societarie, sviluppando in modo particolare le attività industriali nel campo delle telecomunicazioni e le attività industriali nella componentistica.
In quest’area, attraverso un programma di acquisizioni e scorpori, viene data attuazione ad un nuovo assetto organizzativo che porta Magneti Marelli ad assumere nel 1987, attraverso UFIMA,  il ruolo di holding industriale con funzioni di governo e controllo di oltre 60 imprese in tutto il mondo. Con la diffusione dell’elettronica, la componentistica viene o a giocare un ruolo determinante nello sviluppo del mezzo di trasporto privato.
Nel 1991 inizia la costruzione di nuovi stabilimenti a Pratola Serra e a Melfi. Il Gruppo Fiat affronta la crisi dei primi anni ’90 con l’ampliamento della presenza internazionale che le consente di realizzare più del 60% del fatturato fuori Italia.

Con l’acquisizione, nel 1991, delle attività trattoristiche ed agricole della Ford Motor Co, il settore delle macchine di movimento terra si internazionalizza assumendo il marchio New Holland.
Nel 1993 si accorda con la Hitachi Co Machinery Ltd ed estende le joint venture esistenti, giungendo così ad essere uno dei principali produttori mondiali con circa il 20% della produzione globale.
Iveco stabilisce joint venture e attività produttive in India e in Cina per la produzione dei veicoli leggeri Daily.
Il 28 febbraio 1996, Cesare Romiti subentra come presidente, funzione che svolgerà fino al 1998, quando gli succederà l’avvocato Paolo Fresco. Paolo Cantarella viene nominato amministratore delegato.
L’auto innovativa di questi anni è la Fiat Punto

A partire dal settembre 1997, la Capogruppo lascia corso Marconi per trasferirsi nella storica palazzina Fiat del Lingotto, nel comprensorio che nel frattempo si è trasformato in centro fieristico e congressuale.
Gli stabilimenti in Brasile e in Argentina vengono ampliati, viene lanciata la Palio, una world car studiata per adattarsi a usi diversi e molteplici mercati. Ben presto Fiat diviene il maggior produttore in Brasile, Argentina, Polonia e Turchia.


In quel momento, quando  la FIAT era un gruppo multidivisionale e multiprodotto di primaria importanza a livello mondiale, incomincia però un’opera di smantellamento dello stesso, assai più avanzata di quelli comunque in corso negli stessi anni nell’ industria europea a causa della posizione subordinata dell’ Europa sullo scenario geopolitico.

3.Lo smantellamento del Gruppo FIAT

Fra le due guerre mondiali, il motto della FIAT era stato, in coerenza con la politica imperialistica dell’ epoca: “terra, mare, cielo”.

Nel dopoguerra, anche in seguito a contatti riservati fra la direzione aziendale e il Governo americano, si operò con un profilo più dimesso, preparando perfino il terreno, con dismissioni come SIMCA, RIV e  Sezione Velivoli, ad un’opposta politica di ridimensionamento del gruppo.

Nel 1985, una disputa con Ford sul controllo azionario, al quale questa non vuole rinunciare, offre a Cesare Romiti ottimi argomenti per convincere l’avvocato alla rinuncia ad un previsto accordo.

Una storia destinata a ripetersi nel 2000 quando l’offerta della Daimler Chrysler per l’acquisto di una Fiat Auto già minata da una crisi che sarebbe esplosa in tutta la sua gravità solo pochi mesi più tardi, viene sdegnosamente rifiutata. ll costruttore tedesco è pronto a conferire alla holding torinese il 12% delle azioni.

Nel 2000, Accordo con la General Motors, che si tramuterà in una vittoria del Gruppo nel 2005 grazie ad un’abile gestione del contratto da parte di Sergio Marchionne.

2002.Cessione della Fiat Ferroviaria

2003 Morte dell’ Avvocato Agnelli

2007 Accordo FIAT-Chrysler

L’intesa iniziale prevede la possibilità per Fiat di acquistare una quota del 35% di Chrysler, accompagnata da un’opzione per prendere il controllo della società, ed arrivare cosi a detenere il 55% in un momento successivo.

2009-2014: creazione della FCA. La sede di FIAT Auto è spostata in Olanda e i suoi centri direzionali divengono Londra e Dearborn.

2004: Vendita della FIAT Avio al fondo Carlyle.

2012: Morte di Marchionne

2014: Estinzione di FIAT spa

2015 Dalla fusione fra FCA e, nasce Stellantis, a trazione francese.La sede operativa viene trasferita a Parigi e l’Amminstratore Delegato è Tavares.

2019: Cessione della Magneti Marelli

2022: Operazione Militare Speciale. Cessione da Stellantis allo Stato russo dello stabilimento di Togliattigrad

2024: Chiusura della Maserati e cessione  di Magirus (parte del gruppo IVECO)

4.Gli ultimi sviluppi

Nell’ambito della causa fra Margherita Agnelli e il figlio Alain Elkann, i difensori di Margherita hanno affermato che  il ruolo di Presidente della Stellantis (e il controllo della Exor) potrebbe essere sottratto a John Elkann, per effetto dell’azione penale promossa dallo Stato. Queste parole sono contenute in una lettera dell’avvocato Dario Trevisan, legale di fiducia di Margherita Agnelli.

Al centro delle critiche di Trevisan e della sua assistita, c’è soprattutto Dicembre, società che controlla Exor e quindi Stellantis, Ferrari e Juventus. L’avvocato di John, Clark, sostiene che il controllo della Dicembre sarebbe “blindato” grazie a un atto notarile, firmato allo studio Grande Stevens il 24 marzo 1999, in cui si legge rebbe: “Qualora il signor Giovanni Agnelli mancasse o per qualsiasi ragione fosse impedito, l’amministrazione nella sua identica posizione con gli stessi poteri e prerogative sarà assunta dal signor John Philip Elkann”».

2024 Sequestro da 74,8 milioni per frode fiscale ai fratelli Elkann. Nel  settembre 2024,la Procura di Torino, dopo un sopralluogo nelle case degli Elkann e nell’ufficio del commercialista Ferrero, ha emesso un provvedimento di sequestro nei confronti di John, Lapo e Ginevra Elkann Eredità Agnelli, sequestro da 74,8 milioni per frode fiscale ai fratelli Elkann. La difesa: «Ricostruzioni non condivisibili»

La Procura di Torino emette il provvedimento nei confronti di John, Lapo e Ginevra. Trovato memorandum per eludere il fisco: Irpef evasa per 42,8 mln

La presenza di un unico produttore su tutto il territorio nazionale aveva a rappresentato per mezzo secolo un’eccezione rispetto ad altri Paesi, come Germania e Francia, dove coesistono più gruppi. Tale anomalia è da ricondurre naturalmente al ruolo non solo industriale, ma anche e soprattutto politico che la Fiat aveva avuto in questo Paese. L’indotto che si è sviluppato intorno ai siti ex-Fiat è di conseguenza fortemente integrato con la produzione di questi stabilimenti, arrivando in molti casi a lavorare in monocommittenza per il gruppo italo-francese. Diventa quindi evidente che le dismissioni innescate da Stellantis non si fermano ai muri degli impianti della multinazionale, ma il loro  impatto ha dei risvolti negativi per le tutte aziende che producono componentistica.

Lo stabilimento di Mirafiori è al suo diciassettesimo anno consecutivo di cassa integrazione, mentre a Pomigliano d’Arco la cassa integrazione durata quindici anni si è conclusa solo a inizio 2024, ma senza certezza alcuna per i prossimi modelli allocati. 

Il crollo nella produzione di autovetture rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, -23,8%. A questo calo contribuiscono tutti gli stabilimenti di assemblaggio di auto, fatta eccezione per Pomigliano d’Arco, mentre Mirafiori e Melfi hanno dimezzato la produzione e Cassino registra un -40%.  

Che esista un trend di delocalizzazione verso l’est Europa non è una novità: gli stabilimenti in Polonia e in Serbia sono in diretta competizione con i siti italiani per l’allocazione dei modelli produttivi ormai da tempo. Sia lo stabilimento di Tychy che quello di Gliwice si trovano nella Zona Economica Speciale (ZES) di Katowice, che avrebbe dovuto avere un carattere temporaneo, ma invece continua ad esistere. Gli sgravi fiscali, uniti ad un costo del lavoro molto più esiguo – in Polonia un operaio Stellantis guadagna intorno gli €800 al mese – rendono particolarmente attrattivi questi due siti industriali. Si è molto parlato anche del caso di Kragujevac, lo stabilimento serbo dove è attualmente in produzione la 500L e dove è stata assegnata la nuova ‘Pandina’ elettrica, grazie a €190 milioni di investimenti di cui €48 messi dal governo serbo. Anche qui, oltre al contributo pubblico negli investimenti, va notato che un operaio serbo guadagna circa €600 al mese.  

La vera novità sembrerebbe rappresentata dal nuovo impulso di investimenti verso il Nord-Africa, nell’ottica di un’espansione nel mercato della regione. Nonostante i volumi dei siti in Algeria e in Marocco non siano ancora sostitutivi rispetto alle produzioni in Italia, gli investimenti sono stati ingenti, coerentemente con una politica di sfrenata compressione dei costi: lo stipendio medio di un operaio Stellantis in Marocco si aggira sui €320 al mese, mentre in Algeria €250 al mese. In Marocco, nella fabbrica di Kenitra, dove attualmente si produce la nuova Fiat Topolino e che in futuro vedrà la produzione della Fiat Multipla, Stellantis ha avviato €300 milioni di investimenti per allargare lo stabilimento con l’obiettivo di raddoppiare la capacità produttiva. Nello stabilimento algerino di Orano, aperto a fine 2023, si produce invece la Fiat 500 Hybrid, e sono stati di recente annunciati €200 milioni di investimenti.(cfr. Report Fim Cisl su dati produzione e occupazione 1° trimestre 2024, 5 aprile 2024. https://www.cisl.it/wp-content/uploads/2024/04/Stellantis-FIM-CISL-Report-produzione-I%C2%B0-Trimestre-2024).

5.La crisi della Volkswagen

Purtroppo, la crisi dell’ auto in Europa non è limitata, né alla FIAT, né al Gruppo Stellantis. Anche la VW, uno dei gruppi più forti del mondo, è in mezzo alla tempesta. I risultati economici sono deludenti, a causa del l’insieme della situazione geopolitica dell’ Europa: aumento del costo dell’ energia a causa delle guerre in corso; inflazione mondiale; blocco degli intercambi con i mercati più promettenti (Cina e Russia), su cui la Germania di Angela Merkel aveva scommesso, inadeguata programmazione delle transizioni ecologica e digitale, su cui la UE a traino tedesco aveva fortemente, ma maldestramente, puntato…

E’ in discussione non solo l’industria manifatturiera, bensì l’intero “Modell Deutschland”, di cui la Volkswagen, con la VW-Gesetz,  costituiva la punta di diamante.(video”Stimmung äußerst eisig”, Annette Deutskens, NDR, zu den Tarifverhandlungen bei VW

tagesschau24, 30.10.2024) video”Deutsche Standorte sind teurer”, Markus Gürne, HR, zu den Problemen bei Volkswagen)

6.L’arrivo in Europa  delle auto cinesi.

 Con o senza dazi, queste auto si faranno strada sulle strade europee perché il forte sostegno del governo centrale consente loro di proporre continuamente prodotti “freschi”.

Ma non tutto è perfetto neanche per questi marchi.L’immagine della Cina e dei suoi prodotti è ancora un problema in Europa e soprattutto negli Stati Uniti. Dopo aver prodotto per molti anni copie di bassa qualità di prodotti occidentali, i produttori cinesi stanno ora cercando di accaparrarsi una fetta dei mercati occidentali con prodotti di alta qualità. Tuttavia, molti consumatori sono ancora riluttanti perché associano la Cina alla bassa qualità.

I marchi provenienti dalla Cina sono così tanti che è impossibile fare un bilancio complessivo. Mentre alcuni puntano sul proprio know-how per esportare le loro auto (BYD è uno di questi), altri nascondono la loro vera identità creando nuovi marchi esclusivamente per i mercati occidentali.

Una di queste è DR Automobiles e i suoi sottomarchi EVO, Tiger, ICH-X e Sportequipe. I loro prodotti non sono diversi dai modelli di Chery, BAIC e JAC,tuttavia, per la maggior parte del pubblico si tratta di auto italiane o comunque non cinesi. L’operazione di “rebadge” consente a questi marchi cinesi di evitare problemi di percezione negativa e di guadagnare più facilmente terreno in mercati come l’Italia e la Spagna. Nel 2023, i marchi di DR Automobiles hanno immatricolato più di 34.000 unità, principalmente in Italia e Spagna. Nel 2023,  era il secondo produttore cinese in Europa, dietro solo a MG. Quest’ultimo è un altro esempio di come la Cina si nasconda utilizzando un marchio occidentale. Sebbene sia nato 100 anni come marchio britannico fa, MG, acquisito nel 2007 dalla cinese SAIC, è stato interamente progettato, prodotto e pianificato in Cina.

L’anno scorso, questo marchio ha venduto 840.000 nuovi veicoli a livello globale, di cui 248.000 unità sono state immatricolate in Europa. È di gran lunga il marchio cinese più venduto nella regione e rappresenta circa il 70% di tutte le auto cinesi vendute in Europa.  Paradossalmente, MG è estremamente impopolare in Cina,  perché, in un periodo di forte nazionalismo,  è considerato un marchio straniero.

Recentemente, la Cirelli Motor Company ha iniziato a vendere auto in Italia ribattezzando veicoli Dongfeng, BAIC, Seres e FAW. Nel primo trimestre di quest’anno sono state immatricolate in Italia 25 unità.EMC, che sta per Eurasia Motor Company, offre due SUV di Geely e Chery e un’utilitaria di Yudo. Poi c’è Elaris, che ribattezza prodotti di Hycan, AION e Skywell.Infine, altrte case automobilistiche, come Chery, hanno appena creato i propri marchi per i mercati esteri. Jaecoo e Omoda sono due di questi i. Omoda, ad esempio, fino a marzo ha registrato 330 unità del suo primo SUV in Europa. Lynk & Co è un altro marchio dal nome inglese. Questa strategia funzionerà?

NUMERO DI AUTO VENDUTE IN EUROPA CON I NUOVI MARCHI CINESI 
MG58.524
BYD7.602
DR Automobiles5.922
Lynk & Co1.711
GWM1.121
Xpeng1.036
Zeekr466
Nio401
Maxus338
Omoda330
EMC313
Sportequipe301
DFSK282
Ayways192
Beijing165
Leapmotor152
Hongqi112
Geely93
Jac88
Forthing66

IL NUOVO MEMORANDUM ITALIA-CINA

E IL CONGRESSO DI FILOSOFIA DI ROMA

Una volta si chiamava “la politica dei due forni”, quella che il Governo italiano adottava con l’America e con l’Europa. Assecondando l’una o l’altra a seconda dei casi. Oggi, quando la UE, abbandonate le velleità golliste, giscardiane, mitterrandiane e macroniane “prima maniera”, si è allineata completamente con gli USA, il “secondo forno” è costituito sempre più dalla Cina, I rapporti con la quale sono soggetti ai molteplici umori della politica americana, e, di riflesso, europea. Invece, una politica europea di largo respiro verso la Cina non la coltiva nessuno. D’altronde, questo ha radici lontane, dall’ esaurirsi delle missioni in Cina del Patriarca Rabban, di Giovanni di Montecorvino, dei  Gesuiti, che denotano tutte un’incapacità, una carenza, a pensare in grande.

La recente visita di Giorgia Meloni a Pechino, per “ricucire lo strappo con la Cina” si colloca in quella collaudata tradizione italiana (e democristiana). La quale ha fatto scuola in Europa e nel mondo, tanto che si può dire che il “sovranismo” s’identifichi sempre più con questo atteggiamento. Ungheria e Turchia, ma anche Brasile, India, Argentina, Arabia Saudita e Filippine, si distinguono in questo gioco, l’unico che, in un mondo dominato dalle grandi potenze, possa dare un po’ a tutti la possibilità di far valere le proprie ragioni. Ed è questo, per oggi, in pratica, il maggior vantaggio del multipolarismo.

Tuttavia, nel caso dell’ Italia, l’oscillazione in corso, fra il rigetto della Via della Seta e il rinnovato attivismo filo-cinese, è stata veramente repentina e inaspettata.

1.Lo “spirito della Via della Seta”

Lo  “Spirito della Via della Seta”, citato la Li Qiang e Xi Jinping   negl’incontri della settimana scorsa coincide sostanzialmente con il multipolarismo. Su casi concreti, come l’auto elettrica, significa mantenere in piedi  l’apertura dei commerci fra Est e Ovest, quella  che aveva portato alla creazione del WTO e all’ adesione, allo stesso, di Russia e Cina.

Esso non coincide, come invece ha detto qualcuno, con “un progetto di espansione mondiale della Cina”. Infatti, la “Via della Seta” o come veniva chiamata in un lontano passato (“Via Regia” o “Periplum Maris Indici”) non era mai stata un’esclusiva della Cina, bensì coinvolgeva altrettanto le Repubbliche Marinare italiane, gl’ imperi Persiano e  Bizantino, i potentati mussulmani ed indiani, l’Asia Centrale e il Sud-Est Asiatico (tutte le terre visitate da Marco Polo e dai Gesuiti, oltre che da tanti altri viaggiatori cristiani, buddisti, manichei, mussulmani e  cinesi), sì che i suoi punti centrali erano Damasco, Samarcanda, Musiris, Mahabalipuram, Malacca….

Tra parentesi, ai nostri giorni, l’idea di una “Nuova Via della Seta” l’aveva lanciata Hillary Clinton nel 2010.Tuttavia, essa era stata lasciata cadere poco dopo dall’ America, e la Cina se n’era quindi impossessata con gran fragore e grandi investimenti, a partire da un famoso discorso di Xi Jinping nel 2013.

Il concetto centrale delle “Nuove Vie della Seta” è che, dopo lo stallo conseguente all’invasione occidentale, nell’ Ottocento,  di Siberia, India e Cina, l’asse centrale del commercio mondiale  dovrebbe tornare a posizionarsi, nel XXI° secolo,  in Asia, dove viveva (e ancor vivono) i 2/3 della popolazione mondiale. Di questo si erano accorti appunto gli Americani, e per questo avevano abbandonato l’idea della Via della Seta e scoraggiato i loro alleati a parteciparvi, perché uno spostamento dell’asse dei commerci internazionali, da chiunque realizzato,  non potrà non comportare anche un mutamento dei rapporti di forza fra modernità occidentale, nuovo confucianesimo, hindutva e islam. L’allontanarsi dell’Asia dal Marxismo non ha comportato, come sperato in Occidente,  l’accettazione dell’egemonia americana, bensì la rinascita delle rispettive culture pre-rivoluzionarie, cosa che invece l’Europa non ha potuto conseguire perché ingabbiata nell’ Occidente.

 Di qui il primo voltafaccia italiano (l’abbandono del primo Memorandum con la Cina), che oggi viene a sua volta rinnegato.

La giustificazione ufficiosa era stata che, mentre il progetto dell’Occidente, alla caduta del Muro di Berlino, era quello di “assorbire” gradualmente l’ex blocco socialista, paese per paese, fino a inglobare la Cina nel sistema di potere americano-centrico, ci si era presto accorti che l’introduzione, nel sistema cinese, di elementi occidentali, lungi dallo scardinarlo, lo rafforzava. Le trattative fra i vertici degli Stati potevano essere condotte meglio da un Paese a partito unico che da un sistema decentrato come l’Occidente; le enormi imprese cinesi potevano competere molto efficacemente sui mercati mondiali con le multinazionali americane;  gli start-upper cinesi avevano più sostegno da parte del PCC di quanto ne avessero quelli americani dall’ ARPA e dalla finanza di Wall Street; c’erano più intellettuali anglo-americani affascinati dal confucianesimo che intellettuali cinesi filo-americani; infine, la Cina ha un mercato in crescita di un miliardo e mezzo di lavoratori e  consumatori, il cui accesso è diventato un’esigenza vitale per le imprese occidentali.

Questo è ciò che Americani e Europei chiamano “concorrenza sleale”. Ma perché mai, se un Paese ha un sistema più efficiente nel commercio internazionale, dovrebbe modificarlo per rendersi impotente nella competizione mondiale? E perché l’Italia avrebbe dovuto risentirsi di questo tipo di concorrenza, che danneggia semmai l’economia americana, ma non la nostra?

Oggi, si accusa la Cina di una nuova colpa che tale non è: la sovrapproduzione. La Cina produrrebbe di più di quanto essa sia in grado di consumare. Ma ciò è sempre stato, perché essa è, come l’Italia, un Paese esportatore. E c’è di più. La sovracapacità della Cina è semplicemente l’effetto del “signoraggio del dollaro”. Essendo (ancora) il dollaro la valuta internazionale di riserva e di scambio, nulla di più facile per il Governo americano che stampare sempre più dollari per permettere agli Americani di comprare sempre più merci dai Paesi esportatori, e, in primis, dalla Cina, mantenendo, così, a spese degli altri Paesi, un tenore di vita particolarmente dispendioso, e non sostenuto dalla loro economia reale. Inoltre, il deficit commerciale degli USA è un comodo strumento di ricatto verso i Paesi esportatori, perché un’eventuale riduzione di questo deficit significa indebolimento delle economie dei Paesi esportatori. La via di uscita dal deficit commerciale degli Stati Uniti verso la Cina (e il resto del mondo) sta comunque già delineandosi: è la “de-dollarizzazione”, che, togliendo al dollaro il signoraggio, ridurrà gli Usa a un Paese fra gli altri, costringendo il suo Governo a una politica di austerità e gli Americani a una drastica riduzione del loro tenore di vita, con il corrispondente innalzamento di quello dei partner commerciali degli USA, che potranno finalmente permettersi di comprare le sovracapacità dei Paesi esportatori. Di qui la radicalizzazione della politica americana, non avvezza a “tirare una coperta troppo corta”.

2.Dazi e sanzioni non funzionano

Da quando, all’inizio di questo secolo, si era vista quella formidabile espansione dell’economia cinese, era partita una corsa per ideare e imporre soluzioni di vertice atte a frenare la naturale espansione delle idee, delle politiche, dell’economia e delle imprese cinesi, mediante il “decoupling”, il “re-shoring” e il “friend-shoring”. Si era incominciato ipotizzando di  scavalcare il WTO, organizzazione universale delle Nazioni Unite, con due minori associazioni “regionali”, il TFF per l’Occidente e il TIFF per l’Asia-Pacifico, che lasciassero fuori la Cina e la Russia. Quelle due organizzazioni, imposte con trattative segrete, furono bocciate, prima ancora che dai Cinesi, dal mondo imprenditoriale occidentale, che non accettava di vedere la propria libertà di commercio coartata per ambizioni geopolitiche.

Si passò allora ai dazi. Tuttavia, le concomitanti crisi georgiana e ucraina, con le loro sanzioni nei confronti della Russia, offrirono in realtà enormi spazi di mercato alla Cina, per la vendita di beni di consumo, gli investimenti e l’importazione di materie prime, in sostituzione di quelli occidentali.

Adesso, ci si sta rendendo conto che frenare l’ascesa, almeno economica, di un Paese di un miliardo e mezzo di abitanti, non travolto dalle continue crisi che coinvolgono buona parte del mondo, non è materialmente possibile. Ma poi perché la si dovrebbe frenare? Ammesso e non concesso che ne abbiano qualche vantaggio gli Americani, che vantaggio ne avremmo noi Europei, che, da quando siamo prigionieri del nostro cantuccio atlantico, siamo in un’ interminabile fase di sostanziale stagnazione?

Quindi, nuova corsa: questa volta, a riaprire il dialogo.

3.Un nuovo orientamento dell’ Italia?

Così, bene sta facendo il Governo a “ricucire” ciò che aveva esso stesso strappato (cioè il Memorandum sulla Via della Seta). Tanto più che ne è andato di mezzo il nostro sistema industriale, che non ha mai accettato l’esclusione dalla nostra rete delle tecnologie 6G, quasi-monopolio di aziende cinesi, e che si sta sforzando di attirare un investimento cinese nell’automotive per compensare le défaillances di Stellantis. La quale a sua volta ha appena iniziato l’ importazione delle auto elettriche della partner cinese Leapmotors.

Si tratterebbe di uno stabilimento in grado di realizzare 100mila auto in un anno, il primo completamente cinese in Italia (aggirando così i dazi e i divieti europei di incentivi).E, quasi come una beffa, questo produttore sarebbe un (quasi ex) socio di Stellantis, che potrebbe rilevare l’ex stabilimento Maserati di Grugliasco, o insediarsi nella ex Olivetti dell’italo-cinese Professor Chu. Dongfeng è un’azienda a totale capitale pubblico cinese, di Wuhan, ed è fra i partner dell’italiana DR (De Risio), che rimarchia e commercializza auto cinesi in Europa (di recente anche con il marchio Tiger). Ma soprattutto, è socia di Stellantis. Dieci anni fa, difatti, la Dongfeng (una forza produttiva di un paio di milioni di veicoli in patria) fu fra i protagonisti della ricapitalizzazione di PSA Peugeot, arrivando ad averne il 14%. Quota poi ridottasi con Stellantis, ma tutt’ora esistente anche se a poco più dell’1,5%. Per il riacquisto delle sue azioni Stellantis ha già pagato un miliardo e c’era l’intenzione, con l’ultimo buyback in corso, di liberarsi dell’ingombrante partner, soprattutto avendo ormai in corso la Joint Venture con Leapmotor.

In realtà, gli Europei avrebbero tutto l’interesse a non associarsi alla suicida politica americana dei dazi sulle auto elettriche, e a  favorire la propria crescita attraverso imprese congiunte con i Cinesi (che è stata la politica tradizionale dei grandi marchi tedeschi).

Inoltre, restano più vivi che mai tutti i legami storici e culturali, da Marco Polo a Matteo Ricci, ma anche da Leibniz a Voltaire, fra Italia (ed Europa) e Cina,  due antichi imperi aventi tutto l’interesse a ricreare un nuovo multipolarismo di civiltà tradizionali, come ai tempi della Via della Seta. Il termine non piace in Occidente proprio per questo: perché si richiama a un tempo in cui gli Stati Uniti neppure erano concepibili, e invece Cina e India, Islam e Europa, dominavano la scena internazionale.

Sembra che ora, nell’ incertezza dei rapporti con gli USA e con la UE,  il Governo italiano si stia orientando proprio in tal senso, proponendo perfino l’Italia,  sulla scia di Orbàn, quale “ponte” fra la UE e la Cina. Il che, nell’interpretazione dei Cinesi, equivale a una partecipazione informale alla Via della Seta. Ma allora, come lamenta Giuseppe Conte, perché è stato abbandonato il vecchio Memorandum che diceva le stesse cose? Oggi, l’Italia ha portato a casa una serie di accordi bilaterali funzionali al business ma rischiosi per tutti quei settori che da sempre sono considerati più sensibili nel rapporto tra Italia e Stati Uniti, oggetto di attenzioni speciali dell’UE, e più in generale nelle relazioni atlantiche. Il nuovo Memorandum, che sostituisce quello lasciato cadere, parla infatti di cose altrettanto, se non più, concrete, come l’automotive  e l’intelligenza artificiale (i BAATX).Solo attraverso una cooperazione con la Cina potrebbero nascere delle multinazionali a base italiana ed europea nel campo dell’ informatica, che gli USA temono come la peste, come dimostrato dal caso Olivetti, il cui braccio destro, il Professor Chu, era, guarda caso, italo-cinese. Inutilmente la Commissione, per frenare le avances italiane, richiama la competenza europea in materia di commercio con l’estero, quando essa non ha fatto che eseguire i diktat degli Stati Uniti, e nessuno, tanto meno la Francia e la Germania, ha accettato sue ingerenze nei loro rapporti con la Cina.

Purtroppo, sono proprio quei Paesi, grandi investitori in Cina, a dover ora implementare, loro malgrado, le imposizioni europee sui dazi. Il che ne renderà la realizzazione impossibile.

Pe questo, in realtà, i messaggi dall’incontro Xi-Meloni valgono per tutti gli Europei, che non potranno rilanciare la loro economia se non con delle joint ventures paritetiche con le multinazionali cinesi, come da noi a  suo tempo suggerito con “L’Europa corre sulle Vie della Seta”.Proprio per questo, insieme alla premier, sono andati in Cina i leader delle maggiori imprese italiane, ben intenzionate a sfruttare questa finestra di opportunità.

Si sta forse realizzando quanto da noi suggerito con il volume Da Qin?

Come ha detto Xi Jinping, occorrerebbe però, da parte italiana, una maggiore sincerità. Infatti, le cose scritte in questo articolo le sanno tutti, o almeno nel mondo politico e nei ministeri, ma invece si preferisce trincerarsi dietro bugie diplomatiche, quali quelle della “concorrenza sleale” e della “sovracapacità”.

In particolare, le collaborazioni industriali con la Cina dovrebbero partire dal riconoscimento dell’arretratezza tecnologica europea derivante dalle forme attuali di collaborazione all’interno del sistema economico occidentale (e in primis nel settore digitale, e in generale nella alte tecnologie), che potrà essere superato solo con una reale volontà di fare concorrenza alle multinazionali americane.

4.Il Congresso Mondiale di Filosofia a Roma  e la Via della Seta Culturale

Come ha commentato alla televisione l’ambasciatore italiano a Pechino, Ambrosetti,  in occasione della mostra di Pechino su Marco Polo inaugurata dalla premier, se si vuole commerciare, bisogna innanzitutto intendersi. Si impone dunque innanzitutto una Via della Seta Culturale, che è la più difficile da realizzare, perché equivale alla negazione del sistema concettuale dell’ Occidente.

In questo campo, l’arretratezza degli Europei è abissale. Non solo per via dell’ignoranza generalizzata sulla storia, la geografia, le culture e le lingue dell’ Asia, bensì anche per l’arroganza che ha sempre caratterizzato l’”establishment” occidentale, dall’ “Esquisse” di Condorcet, alla Fenomenologia dello Spirito di Hegel,  alle “Leaves of Grass” di Whitman,  fino all’idea del primo Fukuyama di una  “Fine della Storia” con la vittoria finale dell’American Creed – tutte fondate sull’ idea hegeliana che le culture medio-orientali, indiane e cinesi rappresentino delle fasi “superate” della “Storia Universale”-.

Non a caso il Congresso Internazionale di Filosofia, che si è aperto (guarda caso) a Roma ha per titolo”La filosofia attraverso i confini”, partendo dal documento “Convivialità e dialogo fra i popoli. Termine, “Convivialità” , che ricorda da vicino la “Sobornost’”, che è lo slogan del cristianesimo ortodosso russo. ”(cfr. Solomon e Higgins, From Africa to Zen).

Tuttavia, anche gl’intellettuali “mainstream” che inneggiano alla multiculturalità non sono immuni da profondi retaggi dell’”arroganza romano-germanica” (cfr.Trubeckoj, “Europa e Umanità”), quali, ad esempio, la sostanziale riduzione della realtà al mondo empirico, la pretesa di una logica universale, che in realtà è ricalcata su quella, rigidissima, delle lingue occidentali ribattezzate da qualcuno come “nostratiche”, la centralità della politica, che riduce la filosofia ad ideologia, il mito del progresso…Intanto, la “cancel culture” che era partita come  un attacco all’ egemonia WASP nella cultura americana, sta finendo  per colpire anche la cultura europea, e addirittura, a ben guardare, quelle afro-asiatiche, accusate di misticismo, patriarcato, autoritarismo. In tale modo, non si riesce in alcun modo a mettersi nei panni degli altri, bensì si continua ad ergersi sul proprio piedestallo ideologico.

Al contrario, l’insegnamento stesso della filosofia non potrebbe più farsi se non in stretta connessione con la filologia generale e comparata. Infatti, una cosa è il pensiero fondato su sistemi alfabetici, che riproducono i suoni, e altro è una filosofia fondata su una scrittura pittografica, che passa immediatamente dal simbolo al concetto, scavalcando le questioni di grammatica, sintassi e pronunzia, potendo così accomunare le logiche di civiltà così diverse come quelle cinese, coreana, giapponese e vietnamita. Quindi, occorrerebbe invertire le basi stesse dello studio “delle filosofie”, partendo, per esempio, dai “Jiaguwen”, i 230 “radicali” che rappresentano le “idee primordiali” delle civiltà siniche e costituiscono gli elementi costitutivi dei 30.000 caratteri cinesi.

Giustamente Roberto Esposito ha criticato su La Stampa anche l’utilizzo ormai assorbente dell’ Inglese anche nella filosofia comparata (che porta ad un’ulteriore banalizzazione del fatto linguistico).Ma la soluzione non è, a nostro avviso,  un utilizzo indiscriminato della traduzione, che sta diventando per necessità traduzione automatica, bensì nel dovuto accoppiamento fra una cultura linguistica comparata e l’uso intelligente della traduzione automatica resa possibile dall’ Intelligenza Artificiale, che renderà inutile una “lingua veicolare” e rivaluterà tutte le grandi lingue storiche di cultura (Latino, Greco, Ebraico, Arabo, Persiano, Sanscrito, Tamil, Ge’ez, Cinese Classico, Giapponese Classico), nelle quali gl’intellettuali potranno ricominciare a scrivere e a parlare, disponendo di linguaggi più adeguati per i concetti astratti.

Non c’ è dunque una sola “storia della filosofia” (come si insegna nei nostri licei), bensì un “grappolo” di storie della filosofia (quelle “occidentali”: greco-cristiana-moderna, ebraica, islamiche, russo-ortodosse, americane;  quelle “siniche”-le “San Jiao” taoista, confuciana, buddhista-; quelle “indiche”: buddhist e indù; quelle “africane”; quelle pre-colombiane e indigenistiche; quelle pre-alfabetiche).

Quando la cultura europea ha voluto esprimere la sua disperazione per il vuoto creato dagli eccessi del progressismo, essa si è sempre rivolta all’ Oriente (“Il Vero Significato del Signore del Cielo” di Matteo Ricci, i “Novissima Sinica” di Leibniz, il “Rescrit de l’Empereur de la Chine” di Voltaire, il “Westöstlicher Diwan” di Goethe, il “Mondo come Volontà e Rappresentazione” di Schopenhauer, la “ Crisi del Mondo moderno ” di Guénon, la “Waste Land” di Eliot, il “Cammino del Cinabro” di Evola, la “Citadelle” di Saint-Exupéry). I “Conservatori Europei” di oggi, se vogliono costruire credibilmente un’“altra Europa”, non possono certo ignorare questa realtà, che, storicamente, i loro antenati erano stati i primi a individuare. A buon senso, non si può pretendere ch’ essi avallino oltre un certo limite la “cancel culture” della “sinistra bianca” (“Bai Zuo”, cfr:: “La falsa moralità della sinistra bianca occidentale e gli scienziati patriottici”, su “Renren”), che ha trovato espressione, per esempio, nell’ inaugurazione dei Giochi Olimpici di Parigi, mettendosi, con ciò, contro la cultura confuciana dell’ordine, quella indiana delle gerarchie, quella islamica della religione, quella africana e sudamericana della natura.

La riapertura del dialogo con la Cina dovrebbe servire  quindi anche e soprattutto per uscire dall’attuale crisi esistenziale dell’ Umanità (che ha come epicentri convergenti l’egemonia dei GAFAM (messa in evidenza per ultimo dalla sentenza Google e dall’invasione dell’ arena politica da parte di Musk), la “Terza Guerra Mondiale (a Pezzi”?) e la “Cancel Culture”(o “Cultura Woke”), così come raccomandato, prima di morire, da Henry Kissinger, e, più recentemente, dal Papa. In questo, l’Italia potrebbe fungere veramente da “ponte” culturale, al di là dei limiti burocratici dei Trattati Europei, anch’essi da riscriversi per esprimere la vera Identità Europea e i veri interessi dell’ Europa e del mondo (cfr. il libro “Da Qin”, da noi pubblicato nel 2018).

RIPARTE LA BATTAGLIA PER L’ISTITUTO ITALIANO PER L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Convegno presso il Centro Studi San Carlo.

Costituisce da molti anni il cuore della nostra battaglia culturale  a sostegno di un serio inquadramento culturale, politico, normativo e economico, dell’ Intelligenza Artificiale all’interno di un ente centrale europeo capace di coordinare l’immane sforzo che si richiede dall’ Europa nei prossimi, pochissimi, anni(quello che avevamo chiamato European Technology Agency; cfr.per ultimo il  post del 30 novembre).

E’ infatti prioritario superare l’enorme problema della nostra arretratezza culturale, politica, tecnologica e militare, nei confronti delle grandi potenze, in materia di informatica in generale e di Intelligenza Artificiale in particolare. Abbiamo dedicato a questa lotta, a partire dal 2010,  ben sette volumi, in Italiano e in Inglese, largamente diffusi fra le Istituzioni, e continuiamo a batterci in tal senso attraverso questa pagina web.

1.Riassunto delle puntate precedenti

Come illustrato nei post di Technologies for Europe, la battaglia per l’Intelligenza Artificiale ferve più che mai a livello internazionale.

In particolare:

(a)essa è divenuta uno dei punti focali del conflitto fra USA e Cina: ambedue i contendenti  si sono posti l’obiettivo di essere il “leader”assoluto  mondiale in questo settore, il che potrebbe significare  in pratica ( come aveva detto Putin già molti anni fa), “controllare il mondo”;

(b)essa fa oggetto anche di un’accanita lotta interna negli Stati Uniti, fra coloro che credono che l’Intelligenza Artificiale debba svilupparsi senza controlli (per esempio, Sam Altman), e coloro che pensano che, al contrario, si imponga una regolamentazione, nell’ interesse stesso dei GAFAM (per esempio Mustafa Suleyman);

-infine, tanto gli USA quanto la Cina  (ma perfino l’Unione Europea) stanno elaborando regolamentazioni sempre più sofisticate nella speranza di influenzare la legislazione degli altri Paesi, contendendosi così (almeno simbolicamente) il titolo di ”promotore del dibattito mondiale”, il che costituirebbe, per il “vincitore”, un vantaggio nel senso del “soft power”.

Per ciò che concerne l’Italia, essa si sta trascinando faticosamente da molti anni, sotto i diversi Governi Conte (1 e 2), Draghi, e, ora,  Meloni, tentando di rispondere con una propria strategia dell’ AI a quella, seppure stentata, della UE, e di costituire, come vorrebbe appunto il sistema europeo, un proprio istituto nazionale di intelligenza artificiale, a cui il regolamento UE delegherebbe gran parte delle attività.

Sono già state pubblicate due “strategie” (cfr. i nostri volumi “L’Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale di Torino e Intelligenza Artificiale e Agenda Digitale), rimaste però allo stato di grida manzoniane, ed era stato deciso (e inserito nella Strategia Italiana) che sarebbe stato creato a Torino l’Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale, il cui ruolo e dotazione  sono stati per altro ridimensionati nel corso del tempo(dagli iniziali 80 a 20 miliardi). Ora, il Governo Meloni ha approvato lo statuto dell’Istituto, che però sarebbe rimasto con la sua attuale, limitata, dotazione, e con la missione ristretta all’automotive e all’ aerospazio. L’approvazione dello statuto costituisce la premessa necessaria per la formazione del Consiglio di Amministrazione, a sua volta necessario per redigere un piano di azione e incominciare le attività. Con tutto il rispetto per questi due settori, a cui abbiamo dedicato quasi trent’anni lavorativi, e che pertanto ben conosciamo, questa limitazione costituisce un grave handicap  in considerazione all’enormità dei compiti che la situazione attuale impone a qualunque pubblica autorità che, come il costituendo Istituto,  abbia la pretesa di occuparsi d’ Intelligenza Artificiale.

Molto opportunamente, perciò, l’IPSEG e il Centro Studi San Carlo avevano organizzato per giovedì 1° dicembre scorso un convegno dedicato all’ Intelligenza artificiale presso il Centro Studi San Carlo.

2.Gl’interventi

Il convegno è stato aperto dagli Avvocati Stefano Commodo (presidente dell’ IPSEG e moderatore dell’evento) e Fabrizio Lala.

Sono poi intervenuti:

-il professor Alberto Oddenino, professore di Diritto Internazionale all’Università di Torino, che ha sottolineato l’urgenza della regolamentazione sulla IA generativa;

-l’Avvocato Stefano Faraoni, dottorando all’Università di York con una tesi sulla manipolazione computazionale, che ha posto in evidenza la gravità di questa pratica nei più svariati settori, a cominciare dalla manipolazione delle elezioni nei Paesi democratici (vedi Google Analytica), e la scarsa effettività, a questo proposito, del regime previsto della bozza di “AI Act” oggetto a giorni  del “trilogo” fra le Istituzioni dell’Unione;

-Il Dott. Agostino Ghiglia, membro del Consiglio del Garante  per la Privacy, che ha vissuto in prima persona la vicenda della sospensione in Italia della famigerata Intelligenza Artificiale ChatGPT ha chiarito che la decisione del Garante era pienamente fondata, in quanto ChatGPT stava violando parecchi principi fondamentali del GDPR e della corrispondente legislazione italiana (tutte norme da gran tempo in vigore), e tra l’altro, nelle more della decisione, continuava a profilare massicciamente i propri utenti;

-il Professor Luca Poma, docente di Scienze della Comunicazione dell’Università LUMSA di Roma e consulente dell’ Ambasciatore Terzi, ha parlato dell’ AI nei controlli sociali in Cina;

-infine, l’intervento più atteso e più polemico, quello di Don Luca Peyron, Apostolato Digitale dell’ Arcidiocesi di Torino,primo promotore dell’Istituto, il quale, da un lato, ha criticato in modo molto duro il declassamento dell’istituto, che lo trasformerà presumibilmente in una semplice fonte di finanziamento per alcune imprese locali, e, dall’ altro, ha proposto una visione nettamente opposta dell’ Istituto, quale vero e proprio regolatore, anche in senso tecnico, dell’ Intelligenza Artificiale in Italia, sulla falsariga dell’ Istituto recentemente creato in Spagna. A suo avviso, qualora l’Istituto assumesse, ed esercitasse adeguatamente, anche solo per i settori assegnatigli, il compito di regolazione, in particolare relativamente alle categorie di algoritmi a “rischio alto”, che sono soggetti a previa notifica, potrebbe vantare un pedigree che potrebbe servire per qualificarlo quale Istituto Europeo dell’ Intelligenza Artificiale, che oggi manca. Ancor meglio, se esso assolvesse in modo esemplare il proprio compito (in particolare, attraverso un approccio basato su parametri scientifici), potrebbe diventare un esempio per il mondo intero. Verrebbe, diciamo noi, recuperata la figura del “trendsetter of worldwide debate”, che la Commissione e gli Stati Membri, dopo avere fatto balenare, stanno ora mettendo a repentaglio.

3.I nostri commenti

Mentre plaudiamo a Don Peyron per la perseveranza e il coraggio nel difendere queste idee,  prendiamo anche atto del livello del salto qualitativo che ora, a suo avviso, si richiede rispetto al dibattito originario, anche per il decorso del tempo e per la “concorrenza” della Spagna.

Mentre concordiamo pienamente su questo punto, riteniamo che, alla luce delle esperienze pregresse,  sia difficile conseguire obiettivi di tali ambizioni, perché, nell’ establishment torinese, italiano ed europeo, vi è una scarsa consapevolezza dell’ importanza dell’ argomento (nonché la volontà di mantenere l’equilibrio esistente nella presente, insufficiente, costellazione di competenze e di poteri).

Per questo abbiamo proposto di collegare l’auspicabile “follow-up” propositivo della manifestazione ad un’altra iniziativa strategica della Città: la proposizione, da parte del Comune, della candidatura di Torino a Capitale Europea della Cultura per il 2030.Infatti, la cultura di oggi è innanzitutto una onnipervasiva  cultura digitale, e quindi nulla sarebbe più appropriato che inserirla fra i temi dell’ evento,  che, certo, è situato molto lontano nel tempo, ma dovrebbe generare fin d’ora molte iniziative di accompagnamento, che coinvolgeranno coralmente la città.

Sempre sotto l’aspetto della cultura, molto interessante la proposta del Dott. Ghiglia dell’inserimento in tutti i corsi scolastici, da quelli più bassi a quelli della più elevata accademia, e, aggiungiamo noi, senza dimenticare la formazione permanente,di  una parte dedicata all’ Intelligenza Artificiale, nelle sue molteplici declinazioni:

-preparazione teorica e pratica di base;

-complemento alle discipline specifiche;

-upskilling collegato all’ upgrading dei vari settori dell’ economia e del lavoro.

Anche qui, ci sarebbe la possibilità di un solido collegamento con un rafforzato Istituto per l’Intelligenza Artificiale quale auspicato da Don Peyron,  dato anche che simili istituti ed agenzie svolgono in genere un’attività di consulenza specialistica nei confronti del legislatore e del Governo,

4.Conclusioni

In chiusura, l’ Avvocato Commodo ha annunziato che è in programma una serie di iniziative per dare un seguito concreto alla manifestazione, rafforzando il sostegno al nuovo Istituto e cercando di orientarlo nel modo più proficuo per Torino, l’Italia e l’ Europa.

Constatando la riuscita della manifestazione, l’alto livello dei partecipanti e le idee concrete e innovative emerse, siamo convinti che il progetto progredirà, e siamo a disposizione per sostenerlo in tutte le sedi.

APPROVATO LO STATUTO DELL’ISTITUTO ITALIANO PER L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE DI TORINO

Torino sarà forse finalmente  sede del centro nazionale per l’Intelligenza artificiale. L’annuncio, a sorpresa, arriva dal ministro alle Imprese e al Made in Italy, Adolfo Urso, che ha partecipato all’apertura dell’anno accademico del Politecnico. La candidatura di Torino era proprio partita dalla collaborazione tra pubblico e privato, con la spinta anche della Diocesi di Torino.

«Abbiamo finalmente definito lo statuto che permetterà di attivarlo subito – ha spiegato Urso – dando impulso all’attività di Torino e alla sua capacità di guidare un processo di trasformazione che non deve intimorirci». Sono più di tre anni che la città aspetta e ormai sembrava fosse diventata l’ennesima promessa poi tradita (fatta nel 2020: quello che era stato ribattezzato I3A per Torino era un compenso. La città aveva da poco perso la gara con Milano per diventare sede del Tribunale europeo dei brevetti e al ministero dello Sviluppo economico c’era Luigi Di Maio). Da allora il progetto si era “sgonfiato”, fino a diventare un polo per l’IA applicata solo all’automotive con il governo Draghi. Anche quello fermo perché mancava lo statuto che definiva tempi e missioni. Ieri la svolta: Torino ritornerà (forse) ad avere un centro nazionale per l’Intelligenza artificiale applicata ad automotive e aerospazio, ma anche «aperta agli altri temi». Il progetto conta gsu un finanziamento di 20 milioni l’anno. Per il luogo dove insediarsi, un’opzione è quella dell’area di corso Settembrini, accanto al Competence Industry Manufacturing 4.0.

1.L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE: FORZA DETERMINANTE DEL 21° SECOLO:

L’Artificial Intelligence Act

Un altro spunto di attualità che dimostra tangibilmente l’attualità  di questo tema è costituito  dall’ approvazione, il 14 giugno, da parte del Parlamento Europeo, –  della sua “posizione negoziale” sul progetto legislativo dell’ “Artificial Intelligence Act”, vantato, a torto, come l’unico atto legislativo in materia, mentre ,per esempio, in Cina, si sta procedendo con maggiore celerità e concretezza. -Apro una parentesi. L’iter legislativo europeo è incredibilmente lungo, tanto che viene il sospetto che si voglia soprattutto “épater le bourgeois” con continui “effetti annuncio”, a cui non fanno mai seguito fatti concreti. Anche la decisione, a sorpresa, del Governo Meloni, di riesumare, nella sua forma “depotenziata”, l’Istituto per l’ Intelligenza Artificiale, rischia di fare la stessa fine.

Ne consegue che è vero che, come diremo in seguito,   l’Unione Europea ha oramai adottato una selva di provvedimenti sull’informatica così vasta da riempire una intera biblioteca, ma, di fatto, l’unico che ha avuto un impatto pratico è stato il GDPR (General Data Protection Regulation), del 2016, a tutela della privacy sul web,  che ha generato l’enorme (e inutile) burocrazia delle autorizzazioni per l’utilizzo dei dati in rete, ma ha fallito platealmente il suo principale obiettivo: quello di evitare di consegnare (come stanno facendo le multinazionali del web -i GAFAM-, l’insieme dei nostri dati all’ Intelligence Community americana).E’ impressionante come la Commissione e le autorità nazionali preposte alla Privacy disattendano da molti anni le due chiare e univoche sentenze Schrems della Corte di Giustizia a questo riguardo. Infatti, il Governo Americano, nello stipulare sempre nuovi accordi con la Commissione, non garantisce affatto agli utenti europei le stesse tutele garantire in Europa, bensì si riserva espressamente di applicare la legislazione militare americana, ben più lasca del GDPR.

Crediamo che, fra i partiti europei, dovrebbe essere discussa proprio una revisione, per quanto graduale,  delle politiche europee del digitale, nel senso di un maggiore coraggio e di una maggior concretezza. A questo sono dedicate le numerose pubblicazioni dell’ Associazione Diàlexis sull’ argomento in oggetto, di cui si parlerà in seguito

Stupisce che in un documento così importante e così sofferto come la bozza approvovata dal Parlamento, non si riesca neppure a definire l’oggetto stesso della normativa di cui trattasi -cioè l’Intelligenza Artificiale-.

Infatti, così si definisce, in modo incredibilmente impreciso,   un“sistema di intelligenza artificiale” (sistema di IA): un software sviluppato con una o più delle tecniche e degli approcci elencati nell’allegato I, che può, per una determinata serie di obiettivi definiti dall’uomo, generare output quali contenuti, previsioni, raccomandazioni o decisioni che influenzano gli ambienti con cui interagiscono’

Ciò per altro non mi ha stupito perché l’Intelligenza Artificiale non è altro che l’informatica nella sua fase matura. E’ infatti proprio dell’ informatica generare contenuti, previsioni, raccomandazioni e decisioni che influenzano gli ambienti con cui interagiscono. Fra questi, i

 software di controllo dei motori,  quelli per la guerra digitale,  quelli delle SMART Cities, ecc..

Quello che stupisce infine  è l’incredibile scollamento fra  il riconoscimento verbale della natura dirompente dell’ Intelligenza Artificiale, che spesso emerge dalle parole degli scienziati, degl’intellettuali, dei prelati, dei politici e degl’imprenditori, e l’enorme superficialità con cui poi tutti trascurano i temi evocati, o credono di risolverli con pura retorica.

Prendiamo ad esempio il -per altro apprezzabile – discorso di Giorgia Meloni all’ Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che ha affrontato in modo per altro non convenzionale alcuni dei temi più impegnativi in materia di intelligenza artificiale, quali quello dell’ “Antiquatezza dell’uomo”du Guenther Anders, quello di un’’”etica digitale”, quello della necessità di un Nuovo Ordine Mondiale che tenga conto dell’ Intelligenza Artificiale, e, infine, quello della responsabilità in materia delle Nazioni Unite, senza dimenticare l’accenno fatto al contributo concettuale di Henry Kissinger su cui torneremo.

A queste essenziali prese di coscienza ha fatto  anche riscontro ieri l’ormai insperato salvataggio dell’ Istituto Italiano per l’Intelligenza di Torino, su cui ci eravamo tutti tanto impegnati, e che avrebbe dovuto costituire il segno dell’iniziativa italiana su questo tema. Tuttavia, come vedremo in seguito più in dettaglio, questo recupero, che si colloca sulla falsariga di quello a suo tempo annunziato (ma mai attuato) dal Governo Draghi, è estremamente parziale, tanto da snaturare l’originario disegno, e, soprattutto, si colloca in contraddizione con quanto da noi auspicato nel libro “L’Istituto Italiano di Intelligenza Artificiale di Torino”, dove si parla soprattutto dei risvolti culturali ed etici della materia.

Un altro elemento dell’ attualità odierna che non manca, ogni giorno, di mettere sotto i nostri occhi quanto il mondo sia cambiato, è costituito da quegli   sconcertanti personaggi  che sono i guru dell’ informatica, e soprattutto del più sconcertante fra di essi: Elon Musk.

Quest’ultimo sta dimostrando plasticamente come, nella figura del guru, si cumulino oramai quelle del leader carismatico (scenografie da stella rock), dell’uomo politico (interventi presso il presidente degli USA, il Papa..), dell’ inventore (la Tesla, gl’impianti cerebrali di microchip) , dell’opinionista (i suoi famosi tweet), dell’ editore (il padrone di Tweetter, ora X), del potentato geopolitico (offerta  e successivo spegnimento di Starlink durante il conflitto ucraino), dell’ industriale (SpacelLink), vanificando i concetti moderni di sovranità (Musk opera indipendentemente dagli USA), di concorrenza (è monopolista in molti settori), perfino di soggetto autonomo (gl’impianti cerebrali permetteranno l’eterodirezione di un numero “n” d’individui)..

Per tutti questi motivi, l’AI è oggi al centro della storia mondiale, e, in particolare, della “Guerra Mondiale a Pezzi” oggi in corso, che sta estendendosi gradualmente all’ intero pianeta (dall’ Ucraina al Nagorno Karabagh, al Kosovo, alla Palestina), minacciando costantemente il futuro dell’ Umanità. Basti pensare che l’idea stessa di “cibernetica” fu creata da un insieme di intellettuali ed agenti governativi  americani  attraverso le “Conferenze Macy” durante il maccartismo e subito dopo la IIa Guerra Mondiale; o che Norbert Wiener aveva inaugurato nel 1949 il grande computer Golem di Rehovoth con un accenno neanche troppo velato al Golem, quel mostro ch’era stato creato per proteggere il popolo ebraico dai suoi nemici; che Putin aveva definito Internet “un’operazione speciale della CIA”; che Jack Ma è stato tenuto in arresto per qualche mese dalle Autorità di Pechino finché non ha accettato di coordinare la strategia di espansione internazionale delle attività informatiche dell’ industria cinese, in vista dello scontro con gli Stati Uniti.

2.SUA CENTRALITA’

L’AI opera  in tutti i campi: decision-making; salute; guerra; finanza; vita quotidiana; cultura; economia; lavoro; politica:

Decision Making: nella novella “Una decisione inevitabile” di Asimov, le decisioni dei Presidenti “dell’ Occidente” sono determinate dalla strategia dei robot e dei computer; Salute: chiunque, come me recentemente, ha dovuto sottoporsi a un controllo sanitario stringente  da parte dei medici, sa bene quante macchine elettroniche essi usino per qualunque diagnosi o terapia; la guerra in Ucraina è tutta telecomandata dall’ Intelligenza Artificiale; è impossibile gestire un conto corrente senza l’home banking; Wikipedia è diventata una fonte indispensabile di documentazione; le strategie dei fondi d’investimento sono guidate dall’ intelligenza artificiale; la disoccupazione tecnologica colpisce duramente ovunque , soprattutto le industrie dei servizi; la manipolazione dell’ elettorato da parte dell’ AI  è già risultata vincente in molti casi (Google Analytica).

Non si può elaborare una teoria sociale o politica, un insegnamento, una strategia, che non abbia ben chiara l’azione dell’ AI, che non ne consideri i rischi e il controllo, ma, al contempo, non la usi.

Non per nulla, i due grandi Stati che si contendono il controllo del mondo (USA E Cina) hanno approvato leggi volte a disciplinare e regolamentare l’Intelligenza Artificiale (Inflation Reduction Act e le varie leggi cinesi sull’ informatica), anche in vista del suo impatto sulla difesa nazionale.

Nell’Unione Europea, ci si è limitati a finanziare (seppur modestamente) la transizione digitale, senza una chiara visione degl’impatti geopolitici della stessa.

L’AI è il nuovo campo di combattimento della geopolitica (Starlink), in cui  i guru informatici (Bill Gates, Zuckerberg, Schmidt): hanno un ruolo multiforme profeti, grandi sacerdoti, inventori, dittatori, finanzieri, strateghi, imprenditori, benefattori.

In particolare,  Elon Musk sta tentando di realizzare molti dei sogni annunziati dai grandi visionari tecnocratici dei secoli scorsi:il progetto di Tsiolkowski di conquistare fisicamente il Regno dei Cieli;  produrre i cyborg (vedi il “Manifesto Cyborg” di Donna Haraway); condurre una “politica dei due forni” al di sopra degli Stati Nazionali e delle Grandi Potenze.

Paradossalmente, questo iperattivismo di Musk apre anche nuovi spazi di libertà, in quanto spezza il fronte  su basi ideologiche dei guru dell’ informatica

La “Guerra Mondiale a Pezzi” è innanzitutto una guerra culturale fra Stati-Civiltà. L’Europa non potrà interfacciarsi con il mondo se non avrà una propria precisa identità, che dovrà essere un’identità digitale.

A mio modesto avviso, la “Guerra Mondiale a Pezzi” ha mosso i primi passi a cavallo fra i due secoli, quando, con Internet e Echelon, si affermarono idee come quelle della “Fine della Storia”, dell’”America Mondo” e della “Singularity”. Queste idee, di chiara matrice apocalittica, suscitarono una forte “rivalità mimetica” all’ interno di aree culturali, come quella sinica, quella islamica e quella slavo-ortodossa, indicate da Huntington some “the Rest” destinato a opporsi all’ Occidente (“the West”), e che di fatto non intendevano, né intendono, essere inglobati in questo “Stato Mondiale” dominato dall’ informatica. Da allora abbiamo avuto il terrorismo islamico e l’assertività cinese e russa.

E’ nell’ ambito di questo conflitto che si sono sviluppate mosse e contromosse di una guerra tecnologica che ha avuto i suoi punti culminanti nella nascita dei BAATX (i GAFAM cinesi), PRYSM (il sistema americano di sorveglianza mondiale), le nuove armi supertecnologiche russe, il “crackdown sui BAATX”, il “decoupling” economico dell’ Occidente dalla Cina e dalla Russia,  le giravolte politiche di Musk…Da tutto questo, l’Europa, che, fino dai tempi di Condorcet, Hugo, Mazzini, Nietzsche, Coudenhove Kalergi, Spinelli e De Gaulle, aveva rivendicato il proprio ruolo di leader intellettuale del mondo, è stata invece assolutamente esclusa, perché la materia del contendere è oggi sostanzialmente la configurazione della futura era della Macchine Intelligenti, relativamente alle quali l’Europa, a partire dalla fine della Olivetti,  ha perduto le competenze, le basi industriali e l’autonomia strategica.

Anche la “ Sovranità Strategica Europea” rivendicata da Macron non potrà essere conseguita  se non si crea un ecosistema digitale europeo; ma questo non si crea per lo stesso motivo per cui non hanno  funzionato i campioni europei; motivi culturali e geopolitici.

Macron ha parlato spesso (più in passato che oggi), di una “Sovranità Strategica Europea”. Si tratta evidentemente di un’eco della “Europa dall’Atlantico agli Urali” di De Gaulle. Tuttavia, mentre De Gaulle aveva dato un certo seguito a questo slogan, con la Force de Frappe, con il Trattato dell’ Eliseo, con i Campioni Europei, con l’uscita dall’ organizzazione della NATO, Macron non sta facendo nulla di tutto ciò. In particolare, non sta facendo nessun serio passo per la creazione di giganti digitali europei.

Ancora recentemente, Roberto Baldoni, su La Repubblica del 29 settembre, chiedeva la creazione di una Big Tech europea. Purtroppo, 70 anni di fallimenti dimostrano che vi sono ostacoli pressoché insormontabili. Secondo Baldoni, ciò che manca è una seria programmazione europea del digitale. E’ quanto lamentava, nel 1961, riferendosi all’ Italia, Mario Chu, direttore tecnico dell’Olivetti, pochi giorni prima della sua misteriosa morte. La realtà è che il monopolio americano sull’ informatica è stato, ed è, protetto con tutti i mezzi. Mentre, in molti Stati fuori dell’Europa (e in particolare in Cina), c’è stata e c’è la volontà della politica di superare quest’opposizione stando a fianco dell’ industria nazionale, questa volontà in Europa non c’è stata e non c’è, non solo per l’informatica, ma per tutte le imprese di alta tecnologia: dagli aerei (EADS), ai lanciatori (Ariane).

Ciò è particolarmente vero per all’ informatica, dove tanto Qwant (il “motore europeo di ricerca”), quanto GAIA X (il “cloud europeo”), dopo grandi strombazzamenti pubblicitari, sono finite nel nulla perché  fagocitate nel sistema dei GAFAM.

3.L’ERA DELLE MACCHINE SPIRITUALI

Quando parliamo della minaccia costituita dalla Singularity tecnologica, intendiamo riferirci a un intero mondo di attività e di significati, che parte da lontane aspirazioni ancestrali, come quella del “mondo immaginale” zoroastriano, dell’Intelletto Attivo aristotelico, dello Spirito Assoluto hegeliano, si articola nei miti del Golem e del Superuomo, e si è concretizzato ulteriormente nelle opere di Fiodorov, di Čapek e di Teilhard de Chardin.

Alla fine del secolo scorso, Manuel de Landa aveva scritto “La guerra al tempo delle Macchine Intelligenti”, che, tra l’altro, poneva in evidenza il peso enorme che l’informatica avrebbe avuto nelle guerre di questo secolo. Ora, possiamo andare anche più in là, immaginando che esseri artificiali abbiano più chance di vincere nelle guerre del XXI° Secolo, e anche di sopravvivere in condizioni di riscaldamento atmosferico, inquinamento, guerra chimica e batteriologica, nonché di viaggi spaziali, che non gli umani.

Il termine “Macchine Spirituali” in sostituzione di quello, ormai classico, di “Macchine Intelligenti” è di Ray Kurzweil, il quale presuppone, nella sua fumosa escatologia materialistica, che l’Intelligenza Artificiale non si limiti a sostituire il pensiero umano, bensì anche la funzione di creazione di senso, tipica della cultura e della religione, che si manifesta oramai nel “Culto di Internet”: predicatore, confessore e inquisitore del mondo contemporaneo.

La rivolta contro un mostruoso Stato mondiale informatico è fondata anche e soprattutto sul rigetto  di questo progetto della “Singularity Tecnologica”, in cui l’Umano si fonderebbe con il Macchinico, l’Organico con l’Inorganico (Ishiguro).

Certamente, l’idea che (per dirla con Nietzsche) “l’uomo è qualcosa che dev’essere superato” è condivisa da gran tempo dalle culture occidentali. Il problema è la direzione in cui questo superamento dovrà avvenire: o in quello dell’auto-negazione dell’Umano per passare a un universo macchinico (l’”Antiquatezza dell’ Uomo” di Günther Anders), o in quello di un potenziamento delle qualità dell’ Umano, che permetta all’ umanità di sopravvivere alla crisi ecologica, alla guerra totale e alla conquista dello spazio (un “Enhancement” non soltanto bionico, ma, soprattutto, spirituale).

4. L’AI STA PER SUPERARE L’UOMO?

Secondo molti autori (fra cui ricordiamo qui soltanto Asimov, Kurzweil, Joy e Reed), ciò starebbe avvenendo, dato lo sviluppo enorme delle competenze dei computer e dei robot e l’utilizzo degli stessi in tutte le attività umane, di cui abbiamo già parlato.

Secondo altri, l’AI non può superare l’uomo perché non è creativa (imprevedibile)?Taluni lo sostengono, ma non è vero. Già oggi siamo superati dalla burocrazia, nonostante ch’essa non sia creativa (parte sempre da un input preesistente). Eppure, essa, con la sua “gabbia d’acciaio”(Weber) ci sovrasta e ci impedisce di esprimere noi stessi. Il problema è proprio  quest’invasione di situazioni pre-costituite che ingabbiano l’umanità fino a cancellarla. Cito una cosa per tutte: la cosiddetta “Dead  Hand” (o, in Russo “Miortvaja Rukà), quell’ecosistema digitale che comanda la risposta nucleare a un “First Strike”, e costituisce la principale garanzia della deterrenza nucleare grazie alla “Mutua Distruzione Assicurata”. Essa è congegnata in modo da funzionare anche dopo la distruzione dei propri alti comandi, così garantendo in ogni caso la completa cancellazione del paese aggressore ,senza bisogno di un ordine specifico dal comando supremo.

5.L’”ARTIFICIAL INTELLIGENCE ACT” DELL‘UNIONE EUROPEA

Esso, con tutti i suoi limiti,si pone esattamente all’incrocio delle tendenze, tensioni ed esigenze indicate in precedenza. Essa costituisce l’ultimo atto dell’attività regolatoria dell’UE

Citiamo solo i documenti più salienti di quest’ultima:

(EU) 2021/1153 Regulation on High Performance Computing Joint Undertaking,

(EU) 2022/2481 European Chips Act (Regulation),

2022/0032(COD) European critical raw materials act (Regulation),

2023/0079(COD) Establishing the Strategic Technologies for Europe Platform (STEP),

(EU) 2016/679 Regulation to protect personal data processed by EU institutions, bodies, offices and agencies,

(EU) 2019/1024 Data Governance Act (DGA Regulation),

(EU) 2022/868 ePrivacy Regulation,

 2017/0003(COD) European Data Act (Regulation),

2023/0129(COD) Cybersecurity Regulation for a Cybersecurity Act,

(EC) 2006/112, 2022/0407(CNS) Information Society Directive,

2022/0095(COD) AI Liability Directive, 2022/0303(COD)

(EU) 2018/302 Digital content Directive,

(EU) 2019/771 Digital Services Act (DSA Regulation),

(EU) 2019/790 European Media Freedom Act, 2022/0277(COD) (EU)

L’AI Act tenta (inutilmente)di regolare l’AI sulla base delle tre Leggi dell’ Informatica delineate da Asimov:

1.Un robot non può recare danno agli esseri umani, né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, gli esseri umani ricevano danno.

2.Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, tranne nel caso che tali ordini contrastino con la Prima Legge.

3.Un robot deve salvaguardare la propria esistenza, purché ciò non    contrasti con la Prima e la Seconda Legge.

Orbene, tutta la sterminata opera di Asimov aveva precisamente, come obiettivo, quello di dimostrare che le leggi di Asimov non possono funzionare.

E, aggiungo io, non lo possono per almeno tre motivi:

a)esse danno per scontato che si sappia che cosa è “bene per l’Umanità” (la virtù, il progresso, la felicità?)cosa che non è certo vera, ché, anzi, tutti i conflitti storici sono proprio dispute su questo sfuggente “bene”: pace o libertà; stabilità o progresso;eguaglianza o meritocrazia?

b)oggi,il “bene dell’ Umanità”viene  interpretato secondo il “Pensiero Unico”, sicché tutti gli sforzi normativi e progettuali sono volti ad orientare l’Intelligenza Artificiale contro i cosiddetti “bias” (che sono quei pregiudizi contro cui si scagliano il pensiero unico e l’ideologia woke, i quali però hanno anch’essi, eccome! i loro pregiudizi, che l’AI dovrebbe rafforzare)

c)pretenderebbero di delegare alle macchine proprio queste scelte fondamentali ed irrisolte, oggetto (tra l’altro) delle attuali Guerre Culturali.

6.CONTENUTI DELL’”AI ACT”:

Coerentemente con l’idea delle “Tre Leggi della Robotica”, l’AI Act vieta:

– quell’IA che possa essere “dannosa”, per “la salute, la vita e i diritti”;

-le tecniche subliminali;

-quella che sfrutta gruppi vulnerabili;

-i sistemi di punteggio dei cittadini organizzati dalle pubbliche autorità;

-i sistemi biometrici di identificazione a distanza in tempo reale negli spazi pubblici per obiettivi di pubblica sicurezza

I controlli previsti nel progetto di regolamento  sono più o meno stringenti a seconda delle diverse  categorie di rischi.

7.SONO CONSIDERATI “AD ALTO RISCHIO”:

-i sistemi usati quali elementi di sicurezza di un prodotto o che fanno oggetto di norme europee di armonizzazione (giocattoli, aerospaziale, auto, biomedici, ascensori)

-i sistemi rientranti nelle seguenti 8 aree:

(i)riconoscimento biometrico o classificazione di persone;

(ii)gestione e funzionamento di infrastrutture critiche;

(iii)educazione e formazione professionale;

(iii)impiego, gestione del personale e lavoro autonomo;

(iv)accesso ai servizi essenziali;

(v)pubblica sicurezza;

(vi)gestione delle migrazioni, del diritto di asilo e controlli alle frontiere;

(vii)giustizia;

(viii)i processi  elettorali.

8.CRITICHE  AL PROGETTO

Ma non è soltanto l’Artificial Intelligence Act, bensì l’insieme delle regolamentazioni UE in materia digitale, ad essere inattuabile. Infatti:

(a)Esse tentano di regolamentare l’attività dei GAFAM, che sono americani, e per questo sono più forti della UE stessa (cfr. cause Schrems, GAIA-X)

(b)Cntrariamente all’ Europa, la Cina è riuscita, nel corso di  75 anni, non solo a raggiungere, bensì anche a superare gli USA in materia informatica, attraverso diverse fasi, che vanno dal privilegiamento del settore militare, allo sviluppo di grandi imprese private (i BAATX), fino all’ adozione di una legislazione di tipo europeo e al disciplinamento dei BAATX quali strumento di politica economica internazionale.

(c)Tutto ciò frustra radicalmente l’ambizione della UE di rappresentare l’avanguardia mondiale nelle politiche del digitale, o anche soltanto di influenzare le future evoluzioni normative a livello mondiale. Le pretese di leadership culturale europea di Hugo, di Coudenhove Kalergi e di Spinelli, si rivelano così infondate.

9.IL DISCORSO DI GIORGIA MELONI ALL’ONU

Costituisce un notevole salto di qualità del discorso politico internazionale dell’ Italia, toccando alcuni dei punti salienti della problematica dell’ AI:

a)rapidità del progresso tecnologico ( l“antiquatezza dell’uomo”di Guenther Anders):”Non sono certa che ci stiamo rendendo conto abbastanza di uno sviluppo tecnologico che corre molto più velocemente della nostra capacità di governarne gli effetti”

b)il progresso rischia di sostituire le capacità umane:“Eravamo abituati a un progresso che aveva come obiettivo ottimizzare le capacità umane, e oggi ci confrontiamo con un progresso che rischia di sostituire le capacità umane”

c)l’”algoretica”:“servono meccanismi di governance globale che siano capaci di assicurare che queste tecnologie rispettino barriere etiche..”

10.CONFERMA/DECLASSAMENTO DELL’ ISTITUTO ITALIANO PER L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE.

 Come abbiamo detto, il governo Meloni ha fatto un passo in avanti rispetto ai precedenti governi, che, dopo espliciti impegni, avevano deciso di affossare il progetto dell’ Istituto Italiano di Intelligenza Artificiale di Torino, non approvandone lo statuto, primo passo nell’iter burocratico per la sua realizzazione.

Tuttavia, manca ancora molto: la nomina delle cariche sociali e l’avvio delle attività. Resta il declassamento già contemplato dal Governo Draghi: riduzione dello stanziamento da 80 a 20 miliardi e riduzione delle attività all’ auto e all’ aerospaziale, così eliminando quella ricerca di base che dovrebbe costituire una solida base culturale per ovviare alla nostra arretratezza (riconosciuta dalla stessa Meloni), e permetterci d’ interloquire autorevolmente a livello internazionale.

11. AL DI LA’ DELLE REGOLAMENTAZIONI: FARE NUOVAMENTE CRESCERE LE VIRTU’ ATTIVE

Le regolamentazioni giuridiche (privacy, antitrust, fiscalità) non sono sufficienti per ovviare  alla decadenza dell’ (conformismo, denatalità, pigrizia), terreno di cultura della dittatura tecnologica. Infatti, [LR1] parallelamente al dispiegarsi della tecnica, abbiamo assistito all’ alienazione dell’uomo, sempre più debole nei confronti dell’ “Apparato” tecnico e sociale (la “gabbia di acciaio” di Max Weber):Kierkegaard, Nietzsche, Stefan Heim, Eliot.

A nostro avviso, occorre tornare alle antiche virtù (Aristotele, San Tommaso):temperanzacoraggio, “prudenza”, giustizia; (Confucio:Ren = magnanimità, rispetto, scrupolosità, gentilezza e sincerità e Li=rapporti marito/moglie, genitore/figlio, amico/amico, giovane/anziano, suddito/sovrano).

11.L’UNIONE DI OGGI NON VUOLE, O NON PUO’, DARSI UNA VERA POLITICA DELL’ AI

Come quella di Adriano Olivetti (la cui azienda informatica  era un anche centro di iniziativa culturale e politica), probabilmente perché la fine di quell’ esperienza incute timore nei suoi potenziali continuatori.

Ricordiamo anche il fallimento dei cosiddetti “campioni europei” (Concorde, Tornado, Eurojet, EADS, Arianespace), tutti inciampati, da un lato, nella volontà di mantenere le identità nazionali, e, dall’ altra, nella concorrenza americana.

12.LE PROPOSTE DI KISSINGER PER UNA REGOLAMENTAZIONE INTERNAZIONALE DELL’ AI

A caratterizzare i decenni della Guerra Fredda, c’erano due super potenze, Stati Uniti e Unione Sovietica, e un elemento che ha funzionato da deterrente, l’arma atomica. Nel momento in cui entrambe eranoriuscite ad averlasi era creata una situazione di stallo armato, durante cui, paradossalmente, l’Europa aveva attraversato un periodo di pace lunghissimo – meno le altre regioni, ma comunque c’erano sempre Washington e Mosca pronte a fronteggiarsi e, quindi, a limitare i danni per scongiurarne di peggiori-.

Lo stesso si potrebbe dire dell’IA  del nostro tempo. Kissinger ci tiene a elencare i vari trattati con cui Usa e Urss avevano concordato di non distruggersi, ognuna delle due armata fino ai denti ma senza utilizzare la forza nei confronti dell’avversario. Lo stesso, ovvero una regolamentazione internazionale, si potrebbe  fare ora con l’intelligenza artificiale.

Le diplomazie americana e cinese ci stanno lavorando e, forse, il summit della Cooperazione economica Asia-Pacifico di scena a novembre a San Francisco potrebbe essere il giusto palcoscenico per iniziare a confrontarsi “Ciascun leader dovrebbe discutere di come valuta personalmente i rischi posti dall’IA, di cosa sta facendo il suo Paese per prevenire le applicazioni che pongono rischi catastrofici e di come si assicura che le aziende nazionali non esportino rischi. Per informare il prossimo ciclo di discussioni, dovrebbero creare un gruppo consultivo composto da scienziati statunitensi e cinesi che si occupano di IA e da altre persone che hanno riflettuto sulle implicazioni di questi sviluppi”.

A lavorare a questo incontro dovrebbe essere anche l’Italia. L’anno prossimo, il nostro Paese guiderà la presidenza del prossimo G7, dove l’IA sarà uno dei temi attorno a cui ruoteranno molte discussioni.Di qui l’intervento di Giorgia Meloni alle Nazioni Unite e l’annunzio di Urso al Politecnico di Torino.

13. CHE FARE?

Attraverso la Casa Editrice Alpina e l’Associazione Diàlexis, abbiamo realizzato, sull’ Intelligenza Artificiale, questi lavori:

-Habeas Corpus Digitale

-Codex Iuris Technologici

-Re-Starting EU Economy via Knowledge-Intensive Industries

-Il ruolo dei lavoratori nell’ era delle macchine intelligenti

-European Technology Agency

-Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale,

che possono costituire il punto di partenza di una strategia culturale gradualistica, avente per oggetto di:

a)discutere e studiare su questo tema (Intelligenza Artificiale ed Europa), in tutte le sue ramificazioni: Filosofici, etici, geopolitici, costituzionali, economici, pedagogici, imprenditoriali, lavoristici (conferenze Macy).In pratica, ogni ramo dello scibile umano va riletto nell’ ottica dell’ Intelligenza Artificiale (Big Data, Cyberguerra, Teologie materialistiche, Ideologie, Governance, Industria, Diritto del Lavoro, politiche di genere, struttura economica);

b)creare istituzioni pubbliche e private dedicate a questo tema: accademie (Istituto Italiano per l’ Intelligenza Artificiale); progetti di educazione permanente; riforme dell’ economia; imprese digitali di proprietà europea; servizi segreti europei

c)battersi per l’autonomia culturale, la creazione di nuovi ceti dirigenti e una riaggregazione delle  imprese sulla  falsariga delle “Conferenze Macy” che diedero avvio all’ industria digitale americana

14.IA ed elezioni europee del 2024

Parallelamente a quella strategia culturale, potrebbe, e dovrebbe, svilupparsi un’azione politica, anche in concomitanza con le elezioni europee del 2024:

Quest’azione potrebbe, e dovrebbe, articolarsi su più livelli:

-europeo:Fare dell’Intelligenza Artificiale (e delle sue ramificazioni) il tema centrale del dibattito, anche per le Elezioni Europee), mentre invece oggi è assente;

-nazionale: battersi per la diffusione della cultura digitale (Accademia, upskilling, ristrutturazione delle imprese);

-locale: Favorire iniziative locali nell’area, soprattutto ora che il Piemonte sta perdendo ulteriori pezzi (per esempio, in primo luogo, l’Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale)

Il numero  3/22 dei Quaderni di Azione Europeista è stato dedicato al possibile collegamento fra la campagna elettorale 2024 la questione dell’ IA.

Tale collegamento sarebbe, a nostro avviso, la conseguenza naturale del fatto che la minaccia “esistenziale”per l’Umano costituita dall’ Intelligenza Artificiale dovrebbe rappresentare il punto determinante dell’ incontro e dello scontro fra le forze impegnate in politica, travolgendo i tradizionali steccati partitici e permettendo una riaggregazione che abbia un senso.

Chi è seriamente preoccupato per la minaccia dell’IA dovrebbe costituire un fronte “conservazionista”, che, in tutte le aree della politica, miri a porre sotto controllo l’Intelligenza Artificiale, attraverso un rafforzamento della cultura e dei legami sociali.


 [LR1]

RICAPITOLAZIONE E RETTIFICA DEL PROGRAMMA DELLE PRESENTAZIONI AL SALONE DEL LIBRO (Salone In e Off)

SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2022

PROGRAMMA “CANTIERI D’ EUROPA”

SALONE IN

21 maggio, Lingotto,

Sala Arancio,ore 12.15

UN PONTE FRA EST E OVEST

PRESENTAZIONE DEL LIBRO: UCRAINA; NO A UN’INUTILE STRAGE 

 Con: Virgilio Dastoli,Riccardo Lala, Marco Margrita Alessio Stefanoni, Enrico Vaccarino

Attenzione: le credenziali Zoom sono state cambiate:

Ora: 21 mag 2022 12:00 AM

Entra nella riunione in Zoom

https://us06web.zoom.us/j/81381685241

ID riunione: 813 8168 5241

Sabato 21 maggio Centro Studi San Carlo, Via Monte di Pietà 1, ore 15.00

L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE  NEI GIORNI  DEL CONFLITTO UCRAINO

PRESENTAZIONE DI: “ INTELLIGENZA ARTIFICIALE E AGENDA DIGITALE”, PENSARE PER PROGETTARE IL FUTURO

Con: Marcello Croce, Ferrante De Benedictis,Riccardo Lala,Marco Margrita, Enrica Perucchietti

Entra nella riunione in Zoom
https://us06web.zoom.us/j/89121340117?pwd=ajFZQ3NEdnlaWDVkUVEvRTAvTzdJZz09

ID riunione: 891 2134 0117
Passcode: 997292

Domenica, 22 Maggio,

Casa del Quartiere  di San Salvario, Via Morgari 10, ore 16.00

GALIMBERTI E CHABOD:

L’IMPRONTA DELLE ALPI OCCIDENTALI SU RESISTENZA ED EUROPA

DAL PASSATO AL FUTURO DELL’ EUROPA

PRESENTAZIONE DEL LIBRO: PROGETTI EUROPEI NELLA RESISTENZA

 Con Pier Virgilio Dastoli, Marcello Croce, Marco Margrita. Aldo Rizza, Alessio Stefanoni

Entra nella riunione in Zoom
https://us06web.zoom.us/j/86298136839

ID riunione: 862 9813 6839

L’intelligenza artificiale e l’agenda digitale


“La conflittualità sempre più accesa in campo internazionale sta mettendo in evidenza più che mai il ruolo determinante dell’informatica, e, in particolare, della sua punta più avanzata, l’Intelligenza Artificiale, in campi così diversi come la cultura, l’equilibrio strategico, la comunicazione, la politica parlamentare, il risparmio energetico…
Dato anche il ruolo determinante che la conoscenza esercita nella competitività di persone, aziende, territori e Stati, sentiamo l’imprescindibile urgenza di un’azione approfondita a lungo termine, di riflessione, ricerca, dibattito, progettazione e comunicazione, su questi temi, quale parte integrante ed essenziale della formazione della coscienza civica dei cittadini, e per il rilancio culturale, politico, etico ed economico della nostra società.
L’Associazione Culturale Diàlexis, attiva da 15 anni su questi temi, propone, con quest’opera collettiva, un “pacchetto” volto a stimolare le attività di cui sopra. Da un lato, con la prefazione di Enrica Peruchietti e l’introduzione di Riccardo Lala, fornisce una visione d’insieme della materia e dei suoi collegamenti con la storia, la filosofia, la politica e l’economia. Dall’ altro, essa contiene un campionario ragionato della sterminata messe dei documenti ufficiali dell’ Unione Europea, del Governo Italiano e di Autorità di tutti i paesi del mondo, che illustrano come il tema sia ovunque studiato, dibattuto ed affrontato in un clima di massima urgenza.
Il nostro contributo non si esaurisce in questa, seppur doverosa, opera documentaria, bensì ha anche l’ambizione di far leva su quest’attività di comunicazione per formulare le necessarie critiche agli orientamenti dominanti in tema di rapporto uomo-macchina, ideologia, politiche tecnologiche ed economiche, al fine di stimolare un interesse dei cittadini e di aggregare un consenso verso nuovi orientamenti più attenti alla difesa dell’ Umano e al rilancio dell’ Europa nelle competizioni del XXI secolo”

ISBN: 978-88-95657-15-8

Prezzo: 14,00 € versione cartacea

L’istituto italiano per l’intelligenza artificiale di Torino

L’Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale di Torino, previsto dalla Strategia Italiana per l’Intelligenza Artificiale, se realizzato in coerenza con le sue premesse, potrebbe rivelarsi come un momento di svolta nella politica economica, non soltanto del territorio, bensì anche dell’Italia e dell’ Europa.

In un momento in cui la sfida dei vaccini sta dimostrando con drammatica urgenza l’imprescindibilità di un’autonomia tecnico-scientifica dell’ Europa e dei suoi Stati Membri, la creazione di organismi, come l’Istituto, dedicati proprio alla ricerca, allo studio, al dibattito, alla progettazione, alla programmazione e al trasferimento di conoscenze nell’area più avanzata delle tecnologie digitali, può costituire  la necessaria premessa per un riorientamento globale delle nostre società verso la parte più viva dello sviluppo mondiale.

In particolare, per il Piemonte, privato a suo tempo dell’ informatica e dell’ editoria, e particolarmente provato dalla ricollocazione geopolitica dell’ industria veicolistica, un siffatto nuovo orientamento potrebbe dare avvio momento di costruzione e di rinascita da troppo tempo atteso.

L’Associazione Culturale Diàlexis, che da più di un decennio si sta attivando per rianimare il dibattito culturale, politico ed economico nelle Alpi Occidentali, riorientandolo verso l’ Europa e il mondo, ha raccolto in questo dossier, accanto ai documenti ch’essa stessa ha prodotto quale contributi all’elaborazione delle strategie dell’ Unione e del Governo, anche  i documenti di base provenienti dalla Chiesa e delle Istituzioni europee e nazionali, nonché stralci di paralleli studi effettuati in Germania sullo stesso argomento.

Facendo ciò, essa  ambisce a situarsi più che mai al centro di quella dialettica trasversale fra cultura, tecnologia, politica e società, che caratterizza oggi le società leader del mondo. In tal modo, essa  vuole soprattutto supportare l’Unione Europea nel suo ambizioso sforzo per divenire  effettivamente, come dichiarato, il “Trendsetter del Dibattito Mondiale”.

OSSERVAZIONI NELLA CONSULTAZIONE DEL MISE SULLA STRATEGIA NAZIONALE DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE: TERZA PUNTATA

Il primo satellite  quantico 墨子 (Micius), ideato in Austria, ma realizzato in Cina

1.Incrementare gli investimenti, pubblici e privati, nell’IA e nelle tecnologie correlate

Premesso che:

-l’Italia e l’Europa sono gravemente arretrate, rispetto agli Stati Uniti e alla Cina, nello sviluppo, l’utilizzo e la valorizzazione dell’intelligenza artificiale, sì che s’impone un’azione drastica di recupero;

-le risorse dedicate dall’ Europa, già scarse, sono state ulteriormente ridotte dal Consiglio Europeo;

-le strategie digitali europee sono basate su un approccio estremamente diffuso e non coordinato;

-tutto ciò peggiora la già esistente situazione di dipendenza dalle multinazionali del web (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft, i “GAFAM”);

-l’Italia non riesce mai a spendere, soprattutto nel campo del digitale, se non una quota irrisoria dei fondi europei;

-in seguito all’ esito del Coronavirus, l‘Unione Europea sta rendendo disponibile all’ Italia una quantità di fondi fino ad ora senza precedenti;

le strategie necessarie per incrementare gl’investimenti italiani nell’ intelligenza artificiale sembrano essere:

a)partecipare in modo attivo alla definizione alle politiche europee, in particolare alla definizione del quadro normativo e finanziario europeo in materia di tecnologia;

b)premere per la definizione di un quadro unitario di tutte le politiche tecnologiche europee, in particolare mediante la creazione di un’unica Agenzia Tecnologica Europea, chiamata a coordinare tutte le attività tecnologiche dell’ Unione e degli Stati Membri;

c)realizzare un parallelo sistema italiano, che gestisca in modo unitario e programmato gli sviluppi tecnologici dipendenti dal MISE, dalla Difesa e dal MIBAC, da CDP e Invitalia;

d)insistere perché si crei un quadro aggiuntivo al Quadro Pluriennale UE 2021-2027, insufficiente per recuperare le posizioni rispetto a USA e Cina;

e)sostenere la creazione di campioni digitali europei (JEDI, Gaia-X, Qwant), partecipando con un ruolo attivo ,tanto finanziario, quanto tecnologico, anche canalizzando in nuovi veicoli pubblici-privati le competenze e le risorse italiane;

d)richiedere una politica più energica dell’Unione Europea contro gli abusi delle multinazionali del web, per ciò che riguarda la tassazione del web, l’unbundling e l’applicazione rigorosa del DGPR, in modo che non possano fare concorrenza sleale ai campioni europei;

-affidare all’ Istituto Italiano dell’Intelligenza Artificiale anche lo studio degli aspetti commerciali e normativi, oltre che tecnologici,  della realizzazione degli obiettivi di cui sopra.

2. Potenziare l’ecosistema della ricerca e dell’innovazione nel campo dell’IA

Attualmente, tanto l’Unione Europea quanto lo Stato italiano affidano molte loro importanti funzioni in outsourcing ai monopolisti del web (in particolare Microsoft), che sono quelli la cui influenza l’antitrust dovrebbe limitare.

Per ciò che concerne l’Italia, è particolarmente grave l’accordo monopolistico  con cui Poste Italiane ha praticamente affidato a Microsoft l’intero proprio funzionamento, facendole perfino gestire in cloud tutti i propri dati, vale a dire la corrispondenza degli Italiani, che, secondo il Patriot Act e il CLOUD Act, è automaticamente soggetta al controllo delle autorità americane. Per questa ragione, la Corte di Giustizia ha vietato agli Europei di continuare a consegnare dati ai monopolisti americani. Sono in corso 101 azioni giudiziarie in tutta Europa da parte di Maximilian Schrems per arrestare questo fenomeno.

Lo Stato italiano non può continuare a rendersi complice di questa violazione del DGPR. La messa in discussione di quest’accordo costituirebbe un importante esempio per gli altri Stati membri e per le stesse Istituzioni, che, come rilevato con preoccupazione dall’ EDPRS, hanno un analogo, ancor più preoccupante, accordo con Microsoft.

b)Usare i fondi della CDP e di Invitalia per creare il veicolo italiano pubblico-privato che partecipi con un ruolo attivo nei campioni europei, specializzandosi negli aspetti dell’ intelligenza artificiale;

c)creare l’Istituto Italiano dell’Intelligenza Artificiale di Torino, coordinandolo con l’Istituto Italiano di Tecnologia.

3.Sostenere l’adozione delle tecnologie digitali basate sull’IA.

Le tecnologie digitali non hanno tutte un eguale valore strategico. Tecnologie come i computer quantici, i motori di ricerca, i social networks, il cloud, i big data, anche se oramai consolidate, costituiscono uno zoccolo necessario per costruire un ecosistema digitale autonomo, quale quello che l’Europa vorrebbe darsi, e anche per l’Intelligenza Artificiale.  Purtroppo, l’Europa non dispone neppure di queste tecnologie se non in piccola parte. E’ necessario che essa  riesca in breve tempo ad appropriarsene, per poi svilupparsi in quelle più avanzate. Per questo, è prioritario sostenere l’autonomia digitale europea, e, su quella base, sarà possibile sviluppare anche l’intelligenza artificiale.

Ciò premesso, le azioni più appropriate per favorire l’adozione del’ IA sembrano essere:

4.Rafforzare l’offerta educativa a ogni livello, per portare l’IA al servizio della forza lavoro

La transizione dalle “macchine intelligenti”, tipiche della società industriale, all’ “intelligenza artificiale”, tipica della società postindustriale, comporta una trasformazione totale dei ruoli sociali (“upskilling”) dove, con la sostituzione delle macchine all’uomo non solo nei ruoli manuali, ma anche in quelli concettuali, specialistici, direttivi e decisionali, agli uomini rimarranno essenzialmente funzioni di controllo.

Ciò comporterà, da un lato, il progressivo azzerarsi della domanda di profili per ruoli esecutivi, e, dall’ altra, un fabbisogno sempre crescente di formazione e informazione, che sarà conseguibile solo grazie a:

-il coordinamento delle tempistiche fra sviluppo dell’automazione e quello della formazione;

-lo spostamento di risorse sempre più elevate verso le attività di la formazione e d’informazione.

In particolare, una gestione sicura del rapporto uomo-macchina richiederà la rivalutazione della formazione classica, come garanzia di apertura mentale ed educazione della volontà, atte a garantire una giusta gerarchia fra l’uomo e la macchina.

L’Istituto Italiano dell’ Intelligenza Artificiale dovrebbe servire anche e soprattutto come catalizzatore di questi processi, fornendo una base culturale per la società postindustriale, studiando i meccanismi sociali delle trasformazioni, fornendo strumenti digitali per la loro comprensione, previsione e orientamento.

5.Sfruttare il potenziale dell’economia dei dati, vero e proprio carburante per l’IA

L’unico modo in cui in Europa si possa sfruttare adeguatamente l’economia dei dati è costituito dall’applicazione rigorosa del DGPR, che, come chiarito dalle due sentenze Schrems, implica che i dati degli Europei non possano più essere trasferiti in America, dove, per legge, essi sono sotto il controllo delle autorità americane. In tal modo, i dati, anziché essere utilizzati dall’industria informatica europea, lo sono da parte di quella americana, che si rafforza sempre più, sottraendo risorse all’ economia europea, come non cessa di rilevare la commissaria Vestager, mercato alle imprese europee, come ha sostenuto il Governo francese, e democraticità alle Istituzioni, attraverso l’inversione dei ruoli fra controllore e controllante, lamentato dall’ EDPRS.

Affinché il GDPR, le due sentenze Schrems e il rapporto dell’ EDPRS non restino solo sulla carta, bensì divengano un fatto reale, occorre che i principi giuridici si traducano in fatti tecnici, e, in particolare:

-il consorzio Gaia-X funzioni a regime;

-esso si basi su tecnologie europee e server situati in Europa;

-l’industria digitale europea trasformi in algoritmi i principi giuridici europei, in materia di privacy ma anche di creative commons, di procedura civile e penale, di diritto militare, di proprietà intellettuale, di segreto di Stato, ecc…

Inoltre, urge un’ enorme attività giuridica volta a definire le modalità di funzionamento del cloud europeo e i suoi criteri di sicurezza.

6.Consolidare il quadro normativo ed etico che regola lo sviluppo dell’IA.

Il quadro normativo ed etico -anzi, prima etico che normativo-, dell’ AI, è tutt’altro che consolidato.

Il primo equivoco è quello secondo cui sarebbe possibile dettare dei principi etici alle macchine (le vecchie ”Leggi della Robotica” di Asimov), cosa assurda perché le macchine hanno logiche e linguaggi diversi da quelli umani. Il secondo è quello secondo cui ci basterebbero alcuni generici principi ingegneristici da rispettarsi da parte dei progettisti (come i vecchi manuali di qualità, manutenibilità, eccetera), per garantire un’ Intelligenza Artificiale “etica”, mentre ormai si è capito che si tratterebbe semmai solo di un’AI “affidabile”. Tuttavia, le macchine “affidabii” non ci garantiscono di non essere più intelligenti di noi, né di non essere così micidialmente “affidabili” da conseguire perfettamente gli obittivi prefissati, come il dispositivo russo ”Miortvaia Rukà” concepito per garantire la Distruzione Reciproca Assicurata anche nel caso dello sterminio degli alti comandi.

In generale, le Macchine Intelligenti sono fatte per riprodurre i processi mentali e comportamentali dei propri creatori. Ne consegue che l’unico modo per avere dei sistemi “etici” è di formare degli uomini “etici”, il che vuol dire, innanzitutto, capaci di mantenere, come dicono Bell e Wang Pei, la giusta gerarchia fra gli uomini e le macchine. Questo è il primo compito del nuovo sistema educativo per l’era elle “macchine spirituali”.

7.Promuovere la consapevolezza e la fiducia nell’IA tra i cittadini.

Oggi, la diffidenza verso l’Intelligenza Artificiale è generalizzata. Ciò è del tutto logico, perché tanto la fantascienza, quanto la dottrina filosofica e politologica, quanto, infine, le informazioni sulla realtà, convergono nel descrivere l’intelligenza artificiale come potenzialmente anti-umana, strumento del Complesso Informativo-Militare, e, in ogni caso, accaparrata dai monopolisti americani che sottraggono i dati degli Europei e manipolano politica, economia e diritto, anche a fini bellici.

Per dissipare questa diffidenza basterebbe dunque che gli Stati Membri e l’Unione Europea si decidessero finalmente ad applicare quei principi etici e giuridici ch’essi sbandierano:

-che ridiano gli istituti di cultura la capacità di formare una classe dirigente onesta, illuminata ed energica, capace di tener testa tanto ai poteri forti che alle macchine intelligenti;

-che vietino a chicchessia di trasferire dati sensibili alle multinazionali del web;

-che impongano l’applicazione rigorosa del DGPR, dell’antitrust, del diritto della proprietà intellettuale, del diritto fiscale internazionale e del segreto di Stato;

-che favoriscano finalmente la nascita e lo sviluppo di fornitori europei di ICT e intelligenza artificiale.

8. Rilanciare la pubblica amministrazione e rendere più efficienti le politiche pubbliche

Per rilanciare la pubblica amministrazione italiana (che non può esserlo separatamente da quella europea), e rendere più efficienti le politiche pubbliche, occorre che queste siano riformate e razionalizzate avendo l’intelligenza artificiale come criterio direttivo. In particolare:

a)Finalizzare l’intera attività pubblica alla difesa dell’umano contro la macchinizzazione;

b)Garantire la conformità fra i ruoli istituzionali e i ruoli all’ interno dell’ecosistema digitale europeo, per ciò che concerne le Istituzioni (politiche e tecnici amministrative); le Euroregioni (Macro e micro); gli Stati Membri (politica e amministrazioni); gli Enti locali (regioni e città); le imprese (grandi e piccole); i cittadini (come singoli e come comunità), una razionalizzazione resa drammaticamente improrogabile dalla crisi del Covid;

c)Smettere di appaltare alle multinazionali del web funzioni essenziali dell’Unione Europea e degli Stati europei;

d)Creare un’informatica pubblica molto più “users friendly” di oggi, quando il tempo perduto dai cittadini per le difficoltà e i costi di uso e di accesso, le indisponibilità del servizio, le lentezze, i tempi del chiarimento e delle manutenzioni, annullano, ed anzi superano, i risparmi sperati in termini di riduzione dei costi del lavoro e di certezza amministrativa. L’Intelligenza Artificiale potrebbe costituire un fattore decisivo in questa direzione;

e)standardizzare l’informatica pubblica in tutta Europa.

9.Favorire la cooperazione europea e internazionale per un’IA responsabile e inclusiva

L’AI costituisce il campo di elezione per la cooperazione europea e internazionale. Infatti, essa rappresenta, nello stesso tempo, la massima opportunità e la massima minaccia per l’Umanità nel suo complesso, e, soprattutto, per l’Europa, particolarmente esposta a rischi esistenziali quali la guerra atomica e la colonizzazione tecnologica. A maggior ragione, l’Italia non può neppure pensare di avviare la minima politica digitale, e tanto meno d’influenzare la cooperazione internazionale, al di fuori di un quadro europeo. L’Italia, conscia di questa sua necessaria interazione con l’Europa e con tutte le parti del mondo, può dare un contributo essenziale di pensiero, di esempio, di proposizione e di mediazione. Innanzitutto, nonostante la sostanziale “prorogatio” di tutte le politiche digitali europee, vi è un’esigenza impellente, anche se poco discussa, di rovesciare le logiche fino ad ora seguite, gravemente deficitarie:

a)a 50 anni dal computer “Programma 101” della Olivetti, l’industria digitale europea è ancora al palo. L’Europa non ha piattaforme web internazionali, non controlla neppure i propri dati e ha lasciato ad altri le proprie invenzioni, per esempio in materia di satelliti quantici. Ciò rende l’Europa totalmente dipendente dall’ esterno;

b)questa situazione è stata contrastata un po’ da tutte le Istituzioni, ma con risultati sostanzialmente nulli, in quanto, alle prese di posizioni teoriche, non sono poi seguiti i fatti;

c)in tutti questi conflitti interistituzionali, la posizione di un grande Stato membro come l’Italia può fare la differenza;

d)l’Italia, in concomitanza con l’approvazione della Strategia e l’istituzione dell’Istituto Italiano dell’Intelligenza Artificiale, dovrebbe farsi promotrice del progetto, sostenuto dall’associazione Culturale Diàlexis, di un’Agenzia Tecnologica Europea, responsabile di coordinare tutte le attività tecnologiche europee, in modo da superare, nel rispetto delle tradizioni culturali europee, la sfida esistenziale delle macchine spirituali e la colonizzazione tecnologica dei GAFAM.