Tutti gli articoli di Riccardo Lala

SEPARAZIONE DELLE CARRIERE E MILITARIZZAZIONE DELLE SOCIETA’

Uno sguardo comparativo

La polemica sulla legge recentemente approvata dal Senato, e la conseguente campagna referendaria, per quanto accanite, sembrano perdere di vista, come spesso accade in Italia, la panoramica generale  delle trasformazioni costituzionali in corso nel mondo, caratterizzata dalla preparazione della IIa Guerra Mondiale.

Questa legge, come quelle in materia di pubblica sicurezza e quelle sul web, vanno nel senso di una maggiore centralizzazione del potere, che si accoppia a tendenze altrettanto autoritarie e centralistiche della prassi politica: dai partiti personali e familiari, alla demonizzazione del pensiero dissidente, all’ allineamento cieco agli Stati Uniti.

Tuttavia, ciò non è tipico soltanto del Governo Meloni, dell’ Italia, dell’Europa o dell’ Occidente, ma si estende al mondo intero per effetto (i) della preparazione della guerra , (ii) della “rivalità mimetica” con la Cina, il grande vincitore di questi anni, (iii)del potere delle grandi piattaforme, (iv)del discredito delle retoriche libertarie dell’ultimo cinquantennio: il Patriot Act, l’unione del civile e del militare, il “Crackdown sui BAATX” in Cina; l’eliminazione dei limiti di eleggibilità al terzo mandato…

La trasformazione delle legislazioni in materia di giustizia (come quella italiana in materia di giustizia) costituiscono quindi solo una parte molto modesta di questo generale fenomeno. Anche perché, contrariamente a quanto si crede, l’”Indipendenza della magistratura” non esiste nella maggior parte dei Paesi dell’ Europa Occidentale, dove è palese che il giudici sono un organo politico. Per non parlare degli Stati Uniti, dove i giudici sono eletti come i Governatori, l’Attorney General è un organo del Governo, e i giudici della Corte Suprema sono nominati dal Presidente fra i candidati del suo partito, e modificano discrezionalmente il diritto perché la”common law” è un diritto giurisprudenziale.

Ecco una panoramica dei principali modelli:

Paesi dove la pubblica accusa dipende dal governo

Stati Uniti:

  • Modello di common law.
  • I procuratori (District Attorneys) sono eletti direttamente o nominati da autorità politiche locali.
  • Il Procuratore Generale (Attorney General) è nominato dal Presidente e fa parte del governo federale.

Regno Unito:La Crown Prosecution Service è formalmente indipendente, ma il Procuratore Generale è membro del governo e può intervenire in casi specifici.

Francia

  • I magistrati del pubblico ministero sono sottoposti al Ministero della Giustizia, che può influenzare la loro carriera e orientamenti generali.
  • Tuttavia, non può dare ordini su singoli casi.

Germania

  • I pubblici ministeri sono funzionari pubblici sotto l’autorità del Ministro della Giustizia.
  • Il governo può esercitare direttive generali, ma raramente interviene nei singoli procedimenti.

Giappone:Il Procuratore Generale è nominato dal governo e il Ministero della Giustizia ha forte influenza sulle indagini e sulle azioni penali.

L’Italia era caratterizzata, ed ancora è, dopo la recente riforma, dal principio dell’ indipendenza della magistratura, perché l’unica innovazione della presente legge è stata solo quella di eliminare la limitatissima opzione per i giudici (una volt nella vita) dalla carriera dei giudici giudicanti a quelli dei pubblici ministeri. Semmai, c’è da temere un ulteriore trend volto ad allineare il ruolo del pubblico ministero ai modelli degli altri Paesi occidentali, con la subordinazione al Governo e la discrezionalità dell’ azione penale.

Ciò dimostra che le battaglie intorno alla nuova legge sono pretestuose: il Governo vuole imitare diligentemente la campagna di Trump contro la magistratura, e la sinistra quella dei Democratici americani a favore della magistratura, nello stesso modo in cui tutti oggi si agitano per Mamdani.

Ma quando smetteremo di appassionarci per dibattiti a loro volta pretestuosi degli Americani? Il nostro sistema è ancora molto diverso. I veri problemi sono :

-la corruttibilità della magistratura (se si fanno corrompere per 30-40.000 Euro da parte di piccoli provinciali, immaginiamo quanto siano flessibili dinanzi ai Governi stranieri -cfr. le  morti di Olivetti, Tchu, Mattei, Moro, Servizi deviati, Cermis,. Calipari-; alle multinazionali (antitrust sul web, inquinamento); ai grandi patrimoni (impunità per evasioni fiscali multimiliardarie);

-l’ignoranza del segreto istruttorio (i processi si fanno alla televisione o sul web; le intercettazioni non servono per condannare i colpevoli, bensì per demonizzare chicchessia sui media.

2.La militarizzazione delle società occidentali

Dopo la caduta del Muro di Berlino, il sistema occidentale non ha cessato di tentare di occupare militarmente il resto del mondo, fomentando crisi locali come la guerra Iranian-Irak, l’indipendenza della Cecenia,  l’occupazione del Kuwait, la guerra alla Transnistria, all’ Abkhazia e all’ Ossezia, il movimento talibano, la guerra del Kossovo, Bin Laden, il “Progetto G.U.A.A.M.” (Georgia Ucraina Armenia Azerbaidzan), l’Isis, Hamas…

Infatti, esso non si è rassegnato, mé si rassegna, a perdere il controllo dei territori occupati nel corso dei secoli: le Americhe, l’Africa, il Medio Oriente, l’Asia Meridionale e Orientale…

Per fare ciò, l’Occidente ha dovuto incrementare sempre più, anche servendosi  della psicosi dei “nemici pubblici”, il grado di controllo sulle società di tutto il mondo, attraverso l’esasperazione ideologica (“guerra delle democrazie contro le autocrazie”), il culto della personalità del Presidente, le intercettazioni a tappeto (Echelon, Prism), i GAFAM, l’inasprimento delle norme repressive (Patriot Act), la creazione nei Paesi alleati di partiti allineati con il movimento MAGA, il rafforzamento negli stessi della legislazione repressiva, la reintroduzione della leva obbligatoria…

Anche l’Italia è soggetta a questo tipo di pressioni, che si sono manifestate nel ritiro obbligato dalla Via della Seta, nello spostamento in Ucraina di armi essenziali alla sicurezza nazionale, nell’appalto di sistemi vitali di sicurezza nazionale a Musk e agl’Israeliani di Paragon, nell’esercizio della Golden Share contro innocue imprese cinesi. Per ciò che riguarda il diritto, c’è anche qui, come in America, un inasprimento delle leggi di pubblica sicurezza, e invece un rilassamento della repressione dell’ attività dei GAFAM americani, i peggiori nemici della privacy, ma oggi rivalutati (fra l’altro, dal Garante europeo Wewiòrowski) come preziosa fonte di dati per l’Intelligence Community americana.

Non parliamo ovviamente dell’ Ucraina, dove,  causa della guerra, il governo dimissionario è restato in carica un anno, sono stati sciolti 11 partiti, e fuse tutte le reti televisive, ed istituita addirittura una milizia specializzata nel controllo dell’ uso dell’ Ucraino anziché del Russo (che, puro o nella forma ibrida del Surzhik, ha costituito negli ultimi 2 secoli, la lingua d’uso in Ucraina, e perfino del Presidente Zelenskij e del Battaglione Azov).

Ultime novità:

-i diplomatici americani, prima durante e dopo le trattative interazionali per la riforma del diritto del mare, hanno minacciato i loro colleghi di altri Paesi di sanzioni personali e per i loro Paesi nel caso di voto difforme da quello degli USA;

-gli USA si sono rifiutati di partecipare al G20 in Sudafrica per protesta contro le discriminazioni contro i bianchi locali, non dissimili da quelle in USA, Canada  e Australia contro i nativi, e nelle repubbliche ex-sovietiche contro i russofoni e i russofili.

3. L’Europa a un bivio

Mell’ ottica della preparazione delle nostre società a crescenti pericoli bellici, si confrontano due esigenze apparentemente contraddittorie:

-da un lato, quella di rafforzare comunque la capacità bellica delle società europee (gravemente arretrate in questo campo), cosa che richiede un grande anticipo delle vere e proprie situazioni di crisi;

-dall’ altro, tenere conto che, fa le possibili minacce al territorio dell’ Unione, la più imminente è quella, del Presidente Trump, di annettere con la forza la Groenlandia agli Stati Uniti, occorrerebbe  che la preparazione bellica in corso potesse essere usata anche contro un attacco statunitense. In quest’ottica, non si può dimenticare che l’Europa Occidentale è soggetta a una vera e propria occupazione militare americana, con centinaia di migliaia di soldati, che non si sa se resterebbero inattivi nel caso di occupazione della Groenlandia. E’ difficile immaginare come strutturare una difesa europea capace di fare fronte anche a questa eventualità

Per questo motivo, la formula spesso suggerita di introdurre, per le politiche di difesa, in luogo dell’ attuale unanimità fra gli Stati, una forma di voto a maggioranza, oltre ad essere giuridicamente vuota, è anche un’arma a doppio taglio. Intanto, Le decisioni di carattere bellico, soprattutto in caso di guerra fra le macchine intelligenti, fuoriesce di per se stessa dalle formule tradizionali del diritto internazionale bellico (innanzitutto la “dichiarazione di guerra”): Le guerre non si dichiarano; gli obiettivi dei missili e dei droni sono segreti; i colpi di mano li decidono i Presidenti con i Servizi Segreti. In parlamento si discutono semmai i budget militari a lungo termine. In quale organo si voterebbe a maggioranza?

Nello stesso modo, fare affidamento a scatola chiusa su organi istituzionali, vuoi europei, vuoi europei, schierati in modo acritico con l’ America, come i Presidenti Costa e von der Leyen, l’Alta Rappresentante Kallas e il Commissario Kubelius, sarebbe un grave rischio per l’ Europa. A quel punto, meglio l’attuale regola della maggioranza.

Occorre invece urgentemente un’azione culturale, coerente con l’avanzata nel mondo del ruolo delle civiltà non europee, per creare, fra l’opinione pubblica, e soprattutto fra le classi dirigenti, specie quelle del futuro, e  soprattutto nel mondo intellettuale, e ancor più nel servizio pubblico, specie militare, la consapevolezza della nostra diversità dal “mainstream” americano, con le critiche  che Burke, Herder, Renan, Taine, Dickens, Kafka, Céline, e Weil, avevano mosso all’ America fino da due secoli fa., in modo che, nel momento decisivo, l’Europa sappia fare le proprie e scelte.

MAI PIU’GUERRE?

Considerazioni su Trump come “pacificatore”

Se c’è un tema che accomuna buona parte del mondo politico e culturale di oggi, è la pretesa ricerca della pace.

Tuttavia, la fragilità della tregua di Gaza mostra l’eccesso di retorica che ancora una volta ha caratterizzato la pretesa “Pace Perpetua” mediata questa volta dal Presidente Trump, dimostrando un’ennesima volta l’impossibilità della Pace Perpetua nell’immanenza.

1.Pacifismo e imperi

Come abbiamo spiegato in precedenti post, quella ricerca è stata presente, nel discorso culturale e politico, fino dall’ antichità, specie nei grandi Imperi (persiano, cinese, romano, islamico) e nelle religioni universali  ad essi legate (mazdea, buddista, cristiana, Islam), ma il suo significato reale è sempre stato intrinsecamente ambiguo. Tutti d’ispiravano alla formula, fatta propria da Trump, “Piece through force”,, vale a dire che il potere esorbitante dell’ impero avrebbe reso impossibile, fa i popoli conquistati, una guerra divenuta, dopo la conquista, intestina all’ Impero stesso, e quindi vietata dall’ Imperatore (anche se l’Impero Persiano fu presto sconfitto da Alessandro e l’impero macedone fu spartito  fra i Diadochi).

Attraverso l’imposizione della pace, l’Imperatore voleva dimostrare la propria superiorità (quasi divina), e la propria funzione storica.

La pace vantata dagli imperatori achemenidi era quella ottenuta soggiogando i regni e le città del Medio Oriente e trascinando in catene a Persepoli i loro governanti, come raffigurati sulle tombe imperiali e nei palazzi della capitale. Quella dei profeti ebraici prevedeva che Gerusalemme divenisse la capitale del mondo, e quella dei Romani si concretizzava nel “parcere victis et debellare superbos”. La “Trewa Dei” era, come dice il nome stesso, una tregua fra i potenti cristiani, sponsorizzata dalla Chiesa, per poter meglio combattere gl’infedeli per la “Dilatatio Christanitatis” auspicata da Sant’Agostino, mentre l’ “Ewiger Landfrieden” era la pace fra i feudatari tedeschi imposta dall’ Imperatore, sotto severe sanzioni.

Anche la Pace di Westfalia consistette essenzialmente nell’imposizione ai vari Stati, dopo la guerra dei Trent’Anni, della confessione religiosa dei rispettivi principi (“cuius regio, eius religio”). La Pace Perpetua di Podiebrad e di St-Pierre era una pace fra gli Europei  per meglio gestire la colonizzazione degli altri Continenti, mentre i Trattati di Versailles, Trianon e Santo Stefano  sancivano la distruzione degl’imperi tedesco, austriaco, russo e ottomano, preparando il terreno alla guerra totale e agli stermini del nazionalismi scatenati.

La Guerra Fredda si reggeva sulle bombe di Hiroshima e Nagasaki e sull’ occupazione dell’ Europa: la Pax americana si fonda  sulle basi NATO e sulla Società del Controllo Totale. L’”Ordine Mondiale Basato sulle Regole” mira ad imporre il mantenimento in piedi  di un equilibrio culturale, sociale, demografico, economico e militare egemonico intorno agli Stati Uniti (l’”Impero Nascosto”), sì che ogni attentato a tale equilibrio viene inquadrato come un delitto, e, come tale, esposto a sanzioni (che vanno dalla bomba atomica, al napalm, ai colpi di Stato, ai dazi, ai processi e le esecuzioni contro i leader sconfitti).

In queste condizioni, vale quanto scritto a suo tempo da Tacito: “fecero un deserto e lo chiamarono pace”.E il testo più realistico sulla guerra resta il  “Bhagavad Gita”, parte del Mahabharata contenente gl’insegnamenti di Krishna. Nel primo capitolo, il principe-guerriero Arjuna si trova sul campo di battaglia di Kurukshetra, pronto a combattere contro i suoi stessi parenti e maestri. Di fronte alla prospettiva della guerra fratricida, è sopraffatto dal dolore e dal dubbio morale. Dice:“O Krishna, dopo aver visto tutti i miei parenti riuniti qui con ansia di combattere uno contro l’altro, sento le mie membra perdere forza e la mia bocca seccarsi.”Krishna  lo esorta a compiere il proprio dharma (dovere) di guerriero, insegnandogli che l’anima è immortale e che la morte nel corpo non è la fine. La guerra diventa così un simbolo del dovere spirituale e della lotta contro l’ignoranza.

2.Guerra e natura umana

La guerra fa parte della “natura umana”, come scrissero Eraclito, De Maistre e De Landa, ed è  ben riassunto in un recente saggio di Sadun Bordoni. Non solo e non tanto come un residuo di animalità, ma anche e soprattutto per il trauma della finitezza – cognitiva, temporale e pratica- (la “Geworfenheit”, per dirla con Heidegger), che provoca, nell’ uomo, un senso incessante di frustrazione e rivalsa.

Nella condizione della Geworfenheit, la pace perpetua significherebbe accettazione dell’ inutilità della vita, mentre la guerra (in tutte le sue forme) viene sentita invece come garanzia di libertà, cioè di movimento, di cambiamento (la “rivolta”). Oggi la pace fra gli uomini è forse possibile attraverso  il trasferimento delle loro qualità alle macchine (le quali, semmai, si faranno poi la guerra fra di loro, così come, in parte, sta già accadendo), mentre gli uomini, finché esisteranno, saranno sottoposti alla disciplina mondiale imposta dal sistema macchinico ( Big Data, Intelligenza Artificiale, Cyberintelligence).

Prendere atto di quanto precede significa forse favorire e fomentare le guerre?Al contrario, significa, a nostro avviso, tentare di  riportare i conflitti umani entro limiti sopportabili, evitando che la loro estremizzazione porti al passaggio del controllo alle macchine, come sta avvenendo attraverso sistemi digitali come “Dead Hand”, che contengono un comando di autodistruzione dell’Umanità.Richiede anche una lotta concorde dell’ Umanità contro il predominio delle macchine.

Oggi, i discorsi concilianti sulla pace e sulla guerra da parte di potenti, Chiese, cultura, politica e comunicazione, sono pura propaganda a favore  questo o per quell’altro gruppo di potere. A sentire tutti costoro, infatti,  la pace sarebbe raggiunta non appena il nemico si arrendesse (il disarmo di Hamas, la “denazificazione” dell’ Ucraina, il “Régime Change” in Russia o in Iran). Nessuno pensa neppure lontanamente a un disarmo reciproco, e neppure a forme più blande dello stesso, come il controllo degli armamenti e della ricerca in campo digitale, come suggerito da Kissinger e Yudkowsky.E, soprattutto, nessuno pensa minimamente a un “Disarmo culturale”(Raimon Panikkar), ove venga riconosciuta l’eguale legittimità di tutte le civiltà (precolombiana e cinese, africana e delle steppe, medio-orientale e americana, indiana ed europea), come invocato da tempo da Spengler e Toynbee. Solo su questo presupposto si potrebbe evitare il protrarsi in eterno di conflitti che sono radicati nell’identità stessa dei vari popoli e nel loro senso di “eccezionalità”(dall’ arroganza romano-germanica al conservatorismo russo, dal messianesimo americano a quello sionista, dal jihad islamico al Bharat Akhand indiano..).

Venendo ora a Palestina e Ucraina, quei territori sono stati da sempre i punti di partenza dei maggiori conflitti: dagli Yamnaya agli Argonauti; da Attila ai Magiari; dal Principe Igor a Chinggis Khan; dai Cosacchi ai Tartari; da Chmelnicki a Mazeppa; dalla Guerra di Crimea all’UPA; dalla stele di Merneptah ai bassorilievi di Medinat Habu; dalle Guerre Giudaiche alla rivolta di Zenobia; dalle Crociate a Lawrence d’ Arabia…

I testi egizi erano già pieni di riferimenti a infiniti popoli in competizione nel “Levante Meridionale” (cfr.Ida Oggiano, “Dal terreno al divino”: oggi, la “Palestina”), agli Hyksos, ai Popoli del Mare, agli Habiru, agli Aperu, agli Ya’su, agli Yahu, ai Pelest, i Zeker, I Shekelesh, gli Sherdana…per non parlare degli Egizi a Ashdod, degli Aramei, dei Samaritani, dei Fenici , degli Assiri e dei Greci, che anticipano di millenni l’attuale conflitto.

Il “Sarmatismo”, importato dall’ Italia alla corte di Bona Sforza a Cracovia, ha legittimato l’enorme regno di Polonia (comprendente l’Ucraina Occidentale), e ancor oggi ispira le politiche espansioniste dell’ Occidente sotto l’influenza di politici di origine ucraina, Brzezinski, Nuland e  Blinken       .Anche  il Sionismo fu fatto avanzare dagli Ebrei ucraini, e i maggiori fautori della Grande Israele (come Žabotinskij, Golda Meir, e, ora, Nethanyahu -da parte di madre-, Smotrich, dal nome di una cittadina ucraina)provengono da quell’ area. Non parliamo poi di Zelenskij.

Jihad e Crociate si sono scontrate proprio in Palestina, così come la Guerra di Crimea nacque per la rivendicazione, da parte dei vari Paesi Europei, del diritto di fungere da protettori dei Cristiani di Terrasanta.

3.I “Costruttori di Pace”

Quindi, nella storia, la pace non è stata mai una realtà, ma piuttosto solo un tentativo. Anche le pretese grandi paci, come per esempio la Pax Romana, la Pax Mongolica, la Pace di Westfalia, la Belle Epoque e la Pax Americana, sono state costellate da guerre terribili, come quella con Antonio e Cleopatra e quella con i Germani, oppure l’invasione di Siria, Palestina, Russia, Ungheria e Polonia; come le Guerre di Successione;  le Guerre Balcaniche e quelle in Palestina, Grecia, Corea, Vietnam. Afghanistan, Iraq…

Questa è la ragione per cui, una volta messa in luce l’ipocrisia che sta dietro alle retoriche pacifiste degli imperi, questa critica non si estende all’invocazione della pace da parte delle religioni, che svolgono, ciò facendo, un loro compito, purché siano consapevoli del fatto che, fino all’ Ora Ultima, questo sarà sempre e soltanto confinato al ruolo di un tentativo.Al massimo, ciò che spetterebbe ad esse, e, innanzitutto, per la sua posizione inequivocabilmente eminente, al Sommo Pontefice,  sarebbe il ruolo di un altissimo mediatore, come veniva riconosciuto nei progetti medievali di “Pace Perpetua”. La pretesa dei Presidenti degli Stati Uniti di occupare questo spazio è obiettivamente una forma di hybris, che  non cesserà di avere conseguenze negative.

Insomma, la Civitas Dei e la Civitas Homini si incontreranno solo alla fine.

Intanto, in contrasto con le retoriche europeistiche sulla “Pace Perpetua”, le guerre in corso stanno plasmando addirittura il panorama politico dell’ Europa, creando fronti contrapposti proprio sull’atteggiamento da tenersi sulle guerre. Basti pensare a Giorgia Meloni, a Orbàn, a Kallas, a Albanese, a Fico, a Merz, a Babiš. Così, si è creato un “Fronte dell’Intermarium”, favorevole alla guerra con la Russia, che monopolizza gli incarichi rilevanti dell’ Unione (Kallas, Kubilius, Dombrovkis), contro  un “Fronte di Visegrad” (Orbàn, Fico, Babiš, Vučić), favorevole al dialogo con la Russia. Quant’è lontano il tempo in cui l’ Europa Centrale e Orientale era un territorio lontano e sconosciuto!

4La corsa dell’Europa per costruire  il suo “Scudo Aereo”

Altrettanto temeraria di quella di Trump è perciò la pretesa dell’ Unione Europea di costituire l’avanguardia della pace mondiale.

In effetti, mentre gli Stati premoderni avevano almeno tentato in concreto (con i “Due Soli”)di costruire un organismo, se non unitario, almeno coerente, che potesse interfacciarsi con l’Impero Islamico, con quello mongolo e con la Cina, l’Unione Europea è partita fino dall’ inizio sotto una forte spinta americana (Fulbright, Sullivan, la CIA), e ha continuato per decenni a coltivare solo una limitata politica commerciale, ancillare agli USA (la concorrenza, il management), mentre l’Arabia, Israele e la Cina emergevano quali poli effettivi del potere mondiale; infine, proprio alla caduta dell’ Impero Sovietico, quando avrebbe potuto ergersi a nuova potenza indipendente, si è appiattita su un occidentalismo che le ha tolto ogni capacità di proposta e di iniziativa.

Ora, come scrive, su Euractiv, Miriam Saenz de Tejada, quando i leader dell’Unione europea si sono riuniti a Copenaghen all’inizio di ottobre, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha sottolineato l’urgenza di costruire una “muraglia di droni” europea – una rete coordinata di radar, sistemi di disturbo e intercettori anti-drone per neutralizzare le minacce prima che raggiungano spazi aerei sensibili. Allo stesso tempo, sta prendendo forma un piano ben più ambizioso, che potrebbe integrare la cosiddetta “muraglia di droni” in una rete difensiva su scala continentale, lo Scudo Aereo Europeo (European Air Shield).

Le recenti incursioni di droni russi – considerate un modo per testare la difesa aerea e la tenuta politica della NATO, ma soprattutto gli annunzi sui missili ipersonici e sul siluro nucleare Poseidon, – hanno messo a nudo alcune scomode verità:la guerra moderna non si misura più con i numeri, ma con la precisione su larga scala. Costruire uno Scudo Aereo Europeo non sarà né facile né economico. L’UE dovrà superare differenze politiche, problemi di approvvigionamento e costi elevati. Inoltre, non può semplicemente replicare l’Iron Dome israeliano: quel sistema protegge un territorio ristretto e densamente popolato da minacce a corto raggio. L’Europa, invece, ha popolazioni sparse su un’area immensa e deve affrontare l’intero arsenale russo, dai missili Iskander a corto raggio agli ipersonici Avangard a lungo raggio, fino a Oreshnik, Burevestnik e Poseidon..

L’industria della difesa europea resta frammentata. “Berlino sostiene IRIS-T e Patriot attraverso la European Sky Shield Initiative, mentre Parigi e Roma puntano sul SAMP/T, e Oslo e altri Paesi si affidano ai NASAMS”. La sfida, dunque, non è solo tecnologica, ma politica. Un sistema di difesa credibile e multilivello richiede non solo miliardi di investimenti, ma un grado di coordinamento che l’Europa ha storicamente faticato a raggiungere.

5.Etica dell’Intelligenza artificiale nella difesa

In realtà, l’Europa sta affrontando la difesa del XXI° Secolo con una mentalità da XX° Secolo.

Mentre, nel XX° Secolo, dominavano l’aviazione e la missilistica, nel XXI° domina l’Intelligenza Artificiale. Ai problemi, oramai risalenti, dell’”eticità” dell’ Intelligenza Artificiale, si aggiunge il rapido avanzare delle tecnologie di difesa.

I problemi sono assolutamente nuovi. Una potenza che, come l’Europa “parta da 0”, dovrebbe incominciare con l’AI. Qui confluiscono  tante questioni irrisolte. Come possa la guerra essere etica? Se esista una “guerra giusta?;  Come applicare alla guerra tecnologica moderna i principi “tradizionali” dello “jus in bello” (quelli antichi, greco-romani, cristiani, islamici, hindu, quelli relativamente recenti)?.

Secondo le culture guerriere dell’ antichità (pensiamo al Bhagavad Gita, a Sant’Agostino, al Jihad, alla Regula Novae Militiae, allo Jus ad Bellum e allo Jus in Bello della Dottrina della Chiesa e del Diritto internazionale), la guerra era non solo etica, ma era una delle attività più nobili. Pensiamo che Ramses, Pericle, Augusto, Carlo V, Washington, Napoleone, Vittorio Emanuele II, Stalin, Mao, Castro e Che Guevara (per non dire Mussolini e Hitler), sono sempre stati rappresentati in tenuta militare.

Tuttavia, questo era già contestato dal jainismo, dal Buddhismo, dai primi Cristiani, dagli anarchici. Oggi, sembra che il pacifismo sia divenuto “mainstream”, anche se si vede che, quando c’è una guerra concreta, dalla destra alla sinistra, nessuno si tira indietro a stanziare miliardi e a spedire missili.

Il punto è che molte guerre, e tutte quelle contemporanee, sono “guerre culturali”. Sono combattute per affermare la superiorità di una cultura sull’ altra: “democrazia” contro “autocrazia”; “Occidente” contro “il Resto”; “Mondo Russo” contro Occidentalismo; Islam contro Sionismo, ecc…Quindi, esse sono “giuste” per ciascuna delle parti combattenti. Anche i concetti di “aggressore” e “aggredito” sono soggettivi, perché all’origine c’è sempre una prevaricazione reciproca: il colonialismo, l’imperialismo, la Guerra Santa, le Guerre del Signore…

Le guerre erano sempre state  “non etiche”, non soltanto per il principio in sé, ma perché le difficoltà tecniche e logistiche rendevano normali il saccheggio, lo stupro, la distruzione di città, perfino il genocidio (pensiamo alla Guerra di Troia, alle conquista di Canaan, della Gallia o dalle Americhe).Tuttavia, proprio quando, con il diritto internazionale bellico, si è tentato di mettere un rattoppo su tutto ciò, e le condizioni tecniche renderebbero possibile un controllo come in tempo di pace, sono sopravvenuti i bombardamenti a tappeto, la bomba atomica e l’Intelligenza Artificiale. Si tenta di usare un “approccio basato sull’ analogia”, cioè di applicare il diritto internazionale bellico alle guerre digitali (il cosiddetto “Manuale di Tallinn” della NATO).

Inrealtà, è più facile pervenire a un’idea di “Cyberguerra etica” partendo dalle concezioni orientali dell’ Arte della Guerra (p.es. Sun Zu, Mo Zi o l’Arthashastra). Per SunZu, l’obiettivo del condottiero dovrebbe essere quello di conquistare il mondo senza uccidere nessuno. Com’è possibile questo? Attraverso la conoscenza: se conosci te stesso e il tuo nemico, vinci; se non conosci te stesso e il tuo nemico, perdi. Come in una partita di “Go”, basata sugli “stratagemmi”.

Tutto ciò è esemplificato dall’ apologo di Mozi, che fa togliere un assedio semplicemente illustrando al re assediante la perfezione del proprio sistema difensivo.

Per fortuna le potenze orientali, eredi di questa antica saggezza, stanno acquisendo un sempre maggior peso nell’ arena internazionale, influenzando sempre più le trattative sulla pace e sulla guerra.

CONSERVATORISMO, CONSERVAZIONISMO E “CULTURE  DI DESTRA”….

Abbiamo spesso avuto l’occasione di osservare, senza mai approfondirla,  la distinzione fra “conservatorismo” e “conservazionismo”.  Oggi ci sembra il caso, di fronte ai dibattiti sempre più accesi sul conservatorismo e sulle “culture di destra”, di ritornare su quelle definizioni.

Il conservatorismo è un fenomeno praticamente eterno, in quanto in tutte le epoche una parte della società (i “laudatores temporis acti”) si è volta con nostalgia ai tempi passati. Basti pensare a Confucio, a Platone, a Tacito, a Dante, a Rousseau,  a Balzac, a Gandhi…Tuttavia, a mano a mano che si procede nel corso dei secoli “storici”, nasce una forma più consapevole e profonda di conservazione: una riflessione sui caratteri “permanenti” (o di lunga durata) dell’Umanità, minacciati, appunto, dal processo storico, che, in modo speculare all’ avanzamento delle tecniche, induce un depotenziamento dell’uomo rispetto all’ “Uomo Universale” dei primordi: dall’Età dell’ Oro, all’ Epoca Assiale all’epoca eroica, alla “Patrios Politeia”, al “Mos Maiorum”,ai Primi Cristiani, all’Età Classica,ai “Califfi Ben Guidati”, al Rinascimento, al Risorgimento, allo “Spirito Dionisiaco”.

Questo depauperamento dell’uomo  è stato visto in molte delle sue forme: metalli sempre meno preziosi, indebolimento dei costumi, varie forme di tirannide, oblio della cultura alta, delle virtù civiche o dell’autenticità.

Nel 19° e soprattutto nel 20° secolo, questa disumanizzazione veniva ascritta prioritariamente alla tecnica: l’alienazione di Marx, il “mantello d’acciaio” di Weber,  l’”uomo in provetta” di Huxley. Il Mito del Progresso  sfociava in un sostanziale regresso, effetto dell’Eterogenesi dei Fini. Lo riconoscevano personaggi diversi come Wolf, Goethe, Nietzsche, Freud, Schmitt, Guénon, Gandhi, Weil, Evola, Horkheimer e Adorno…

1.Il volto oscuro del “Progresso”

Oggi, la vera ragion d’essere della repulsione per questo depauperamento dell’ umano si svela in tutta la sua drammaticità: sotto le vesti accattivanti della civilizzazione, della moralizzazione, dello Stato, prima etico e poi democratico, della comodità, della filantropia, della ricerca scientifica, del moralismo, della Pace Perpetua, si cela l’affermarsi di un Leviatano, prima politico, poi sociale, e, finalmente, tecnologico. L’”Impero Nascosto” delle sette, dei Poteri Forti, del Complesso Informatico-Digitale, del Politicamente Corretto, del conformismo planetario, della Società del Controllo Totale, dell’Intelligenza Artificiale, e, infine, della Singularity.

La Modernità s’identifica con l’ipocrisia puritana, che impone a tutti la modestia, la trasparenza, l’eguaglianza, la rinunzia, ma riserva ai vertici occulti dei Poteri Forti un potere ed un’ambizione senza limiti: guai a voi, Scribi e Farisei ipocriti! La Modernità ha gettato la maschera.

Quello che è stato erroneamente definito come “egemonia culturale della sinistra” è, in realtà, la tirannide totalitaria della Modernità Scatenata, che impone ai cittadini un’ agghiacciante  omogeneità: “i Paesi avanzati”; “la Comunità internazionale”; “i Diritti” (“non lasciare indietro nessuno”), ma, soprattutto, vorrebbe spacciare come “dialettica democratica” la presenza, all’ interno di questo quadro omologato, di alcune insignificanti  sfumature,  come un liberismo  o un sindacalismo di facciata,  un Cattolicesimo che ha accettato che la salvezza venga dalla Scienza e dalla Tecnica, o un sovranismo che accetta la permanente occupazione straniera, e, infine, due versioni della “Cancel Culture”: quella terzomondista e quella occidentalista, altrettanto antiumane. Invece, le reali alterità, come quella delle culture extraeuropee (esempi: il Confucianesimo e l’Induismo), oppure un autentico relativismo (Wittgenstein, Heisenberg, De Finetti, Feyerabend), o, ancora, la piena rivendicazione di specifiche differenze (come la Pasionarnost’ e il Sanata Dharma), vengono ostracizzate nel “mainstream” occidentale al punto da divenire indicibili. Sono così sanzionati legalmente i pensieri e comportamenti “conservazionisti”, come la difesa della “Separedness of minds”, della storia, dei sessi, delle gerarchie..., che addirittura sono considerati reati, e/o classificati come “influenze straniere maligne”.

2.La Dialettica dell’ Illuminismo

Ciò è tanto più grave in quanto, oggi, il vero problema non è neppure politico: è esistenziale. La Fine della Storia si rivela essere , come ha dovuto riconoscere lo stesso Fukuyama, la fine dell’Uomo (prevista addirittura entro 10-20 anni a meno che non intervengano eventi drammatici, come la Terza Guerra Mondiale), in cui, di fronte all’ onnipotenza del sistema macchinico, l’Uomo si sta rivelando, come scriveva Anders, antiquato e inutile. Basti pensare allo scontro in corso in tutto il mondo fra missili ipersonici, sistemi satellitari, droni, servizi segreti e hacker, dove il fattore umano è sempre più irrilevante.

Il “Phylum Macchinico”, come lo chiamava De Landa, vero protagonista del XXI° Secolo, appare con il volto accattivante della Libertà, dei Diritti, delle scoperte scientifiche, dell’onnipotenza dell’ Uomo, per poi rivelarsi, nei fatti, come l’Anticristo di Soloviov, affossatore dell’Umanità sotto l’omologazione e la guerra delle cose. Libertà, Diritti, scoperte scientifiche, onnipotenza dell’Uomo (le “Magnifiche Sorti e Progressive” di Leopardi) sono gli slogan branditi di volta in volta deliberatamente dalle mosche cocchiere delle Macchine Intelligenti, per distruggere il tessuto sociale, trasformando l’Umanità in una massa indifferenziata, debole e istupidita, incapace di resistere alla forza delle macchine intelligenti, le uniche in grado di sopravvivere alla Terza Guerra Mondiale. Nello stesso modo, Serse aveva incaricato Mardonio di istaurare delle democrazie nella Ionia per impedire il rinnovarsi delle rivolte delle locali aristocrazie, e Mirabeau aveva scritto a Luigi XVI di favorire la Rivoluzione Francese, perché questa era l’erede della politica regia di appiattimento degli ordini sociali.

3. “Gli intelligenti andranno sparendo”

Paolo Crepet,  in un’intervista a Ticinonline, ha espresso la sua preoccupazione sul futuro del pensiero. Secondo lo psichiatra, l’idea stessa del Quoziente Intellettivo (QI) presto diventerà “obsoleta” e si troverà un altro modo per misurare l’intelligenza umana – uno strumento “più adatto alla poca intelligenza dell’uomo contemporaneo“-.La nuova modalità di misurazione dell’intelligenza “non si baserà più sulle capacità di sintesi e di memorizzazione” perché “che vanno eliminati per non far apparire tutti come stupidi“, ha aggiunto il professore. A suo avviso, la delega crescente alla tecnologia, in particolare all’intelligenza artificiale, sta progressivamente atrofizzando le funzioni mentali che un tempo definivano l’intelligenza umana.

Crepet individua nei social media e nell’intelligenza artificiale i principali responsabili di questa regressione cognitiva. Internet ha fatto da “apripista” ma sono stati i social a modificare profondamente il nostro modo di comunicare e di pensare. Questi strumenti hanno generato un cambiamento antropologico profondo, alimentando dinamiche di aggressività, conformismo e superficialità. L’intelligenza artificiale ha amplificato ulteriormente il fenomeno, offrendo risposte preconfezionate a milioni di persone che si affidano al software anche per questioni morali e psicologiche.

Così “la vita si trasforma in un enorme scaffale di un supermercato, dove trovi qualsiasi cosa senza doverla più scoprire”.

Oggi si sta delineando la possibilità di avere tre specie emergenti: la specie umana, la specie digitale e la specie ibrida. Esse coesistono in un intreccio complesso e in continua evoluzione.

Mustafa Suleyman, CEO di Microsoft AI e co-fondatore di DeepMind, ha descritto l’IA come una sorta di “nuova forma di vita tecnologica”, capace in prospettiva di autoriprodursi e di adottare decisioni complesse senza supervisione continua. In un intervento pubblico su Ted Talk del 2024, che ha ricevuto ampia diffusione, egli ha sottolineato: “l’AI dovrebbe essere intesa come qualcosa di simile a una nuova specie digitale. Li vedremo come compagni digitali, nuovi partner nel viaggio delle nostre vite”.Questa immagine capovolge la percezione comune: non siamo più dinnanzi a macchine subalterne, ma a co-protagonisti dell’esperienza umana. Suleyman evidenzia altresì come tali agenti digitali non siano semplici algoritmi matematici, altrimenti detti “pappagalli stocastici”, ma entità con un QI quasi perfetto e capacità di simulare empatia, supporto e gentilezza. Non sorprende quindi che, già oggi, in vari ambiti, gli individui preferiscano interagire con chatbot piuttosto che con altri esseri umani.

Il terzo attore in scena è la specie ibrida: l’entità che fonde umano e digitale in un unico corpo e in una coscienza condivisa. Se da un lato Harari, con il concetto di Homo Deus, tratteggia l’evoluzione verso una condizione di sublimazione quasi divina, dall’altro si profilano scenari in cui la tecnologia non è più soltanto un prolungamento del corpo o della mente, ma diviene momento integrante della coscienza, della volontà e dell’azione. In questa direzione si colloca il progetto Neuralink di Elon Musk, che mira a connettere cervello e computer tramite interfacce neurali. Se tali tecnologie dovessero diffondersi, la distinzione fra mente biologica e digitale si assottiglierebbe sin quasi a scomparire.

La coesistenza di queste tre specie (umana, digitale e ibrida) apre sfide importanti e senza precedenti, che si possono sintetizzare, a loro volta, in tre grandi fronti:

-Coscienza e rappresentazione di sé

L’umano riflette sul proprio passato, presente e futuro; il digitale apprende e risponde in tempo reale; l’ibrido vive la riflessione con occhi tecnologici. La questione cruciale diviene: chi definisce l’identità, quando questa è condivisa fra essere umano e macchina?

-Rischi e governance

Suleyman avverte che, pur promettendo immense opportunità, dall’assistenza sanitaria alla lotta contro i cambiamenti climatici, l’IA è “difficilmente governabile”. I rischi di abuso, di errori sistemici oppure di uso malevolo si moltiplicano con l’aumento delle capacità autonome dei sistemi digitali;

-Etica e potere

Per questo, s’ impone oggi più che mai, come necessaria antitesi, quella “Forza che Trattiene”, quel misterioso Katèchon, di cui (nella IIa Lettera ai Tessalonicesi) parlava San Paolo senza poterlo, o volerlo, spiegare, che si oppone alla Fine dell’ Uomo, almeno fintantoché questa non coinciderà con la Salvezza Divina. Per quest’ultimo inciso, anche il Katèchon si rivela duplice e ambiguo, e, se Sant’Agostino affermava di non comprenderlo, i suoi successivi cultori, dalle Hadith mussulmane a Ottone di Frisinga, da von Bader a Carl Schmitt, da Soloviov a Berdjajev, fino a Pietro Barcellona e Aleksandr Dughin,  sono almeno, su questo punto,  altrettanto oscuri e sfuggenti di San Paolo. Ed è per questo che continua a mancare una reale forza di opposizione.

Comunque sia, la dialettica fra l’Anticristo e il Katèchon (la Dialettica dell’ Illuminismo”) è al cuore stesso della storia contemporanea, come dimostrano le numerosissime prese di posizione contro l’Intelligenza Artificiale, interpretata  come fine dell’ Umanità, da parte degli stessi inventori e cultori della stessa (Musk, Altmann, Judkowsky). Essa costituisce infatti lo sbocco finale di una lotta incessante nel corso della storia: fra i Persiani chiliastici e i Greci “catecontici” (basti pensare all’Oracolo di Delfo su Leonida e al Sogno di Dario ); fra il nichilistico Buddhismo Hinayana e quello Chan (Zen), costruttivo e combattente (per esempio, Bodhidharma e il Monastero di Shaolin); fra l’ansia di Apocalisse degli Anabattisti (vedi la bandiera arcobaleno issata nella battaglia di Falkenheim) e il discorso di Lutero ai Principi Tedeschi; fra la Pasionarnost’ dell’Eurasiatismo e il postumanesimo dei Cosmisti russi…

4.I Conservatorismi del Sud del Mondo

Papa Francesco, massima espressione delle religioni mondiali, aveva incitato alla resistenza agli “Imperi Sconosciuti”.  Sul piano politico, le potenze dell’Eurasia, pure nella grande varietà e confusione delle loro posizioni, si richiamano tutte a un’idea di conservazione. Il marxismo cinese non è riuscito a soffocare il riemergere del linguaggio neo-confuciano, là dove propone, quale obiettivo strategico per i 100 anni della Repubblica Popolare, non già il Comunismo, né il DaTong, mitico ideale normativo del Confucianesimo, bensì il più equilibrato Xiaokang (la “Società Moderatamente Prospera”).L’idea che, dell’ Ram Rajya (il “Regno di Rama”)ha il Janata Party  esalta lo Yoga e le medicine tradizionali. Ma perfino nell’Occidente anglosassone, roccaforte dei GAFAM e della NSA, e quindi , del Progetto Incompiuto della Modernità erede di tutti i chiliasmi, vi sono personaggi come Assange, Snowden e Judkowsky, che si battono eroicamente contro gl’ Imperi Sconosciuti.

Il Conservatorismo ha un peso particolare nella tradizione culturale russa, che va da Teofane di Pskov a Soloviov,a Leontijev, a Dostojevskij, a  Ilin, a Florenskij, a Sol’zhenitsin…(il “Pensiero Russo”).

Particolarmente illuminante a questo proposito il saggio di Luca Gori,”La Russia Eterna,Le origini del conservatorismo post-sovietico”, finalmente privo di quell’ “arroganza romano-germanica” che Nikolaj Trubeckoj condannava già un secolo fa nell’ Europa “illuminata”.La visione di Gori si estende dai primordi del la coscienza nazionale russa sotto gli Zar, per passare ai dibattiti fra slavofili e occidentalisti, giungendo infine agli aspetti conservatori del socialismo reale e all’ evoluzione culturale della Russia post-comunista. Evoluzione che parte dalle ottimistiche aperture di Gorbaciov e Eltsin, per passare, sotto Putin, da un atteggiamento liberale filo-occidentale, a visioni sempre più legate all’esigenza di difendere la specificità russa.

Un atteggiamento  simile ispira il libro di Ilan Pappé “La Fine di Israele Il collasso del sionismo e la pace possibile in Palestina”. Con una tesi  alquanto isolata, Pappé, professor ebreo che insegna in Inghilterra,  offre una visione  storica anticonformista, che descrive con toni positivi la Palestina pre-dichiarazione Balfour, caratterizzata dal modello multiculturale ottomano, parallelo a quello degl’imperi russo e austro-ungarico, la cui disgregazione, e sostituzione con “nazio ni” artificiali,  è inequivocabilmente alla radice dei conflitti arabo-israeliano, russo-ucraino e serbo-albanese. Secondo Bappé, l’orientamento prevalente del sionismo, basato sull’idea di uno Stato nazionale ebraico, non corrisponde alla storia e alle tradizioni dell’ Ebraismo, e, in primo luogo, dell’ ebraismo Mizrahi, quello dell’ Ex Impero Ottomano, e, in particolare, della Palestina dell’ epoca della Nahda (il Rinascimento, o Risorgimento,  Ottomano) caratterizzato da un’identità mista al contempo araba ed ebraica.

Il fatto è che la società israeliana è scossa, in parallelo a quella nordamericana, dal problema demografico, desinato a scuotere l’egemoinia sionista nello stesso modo in cui  viene scossa in USA l’egemonia WASP.

 Infatti, i cittadini di Israele sono 10.148.000, di cui:

-7.500.000 circa Ebrei, di cui 2.000.000 circa di Ebrei russofoni;

-2.600.000  circa Arabi, di cui 500.000 circa Cristiani, divisi in varie confessioni;

200.000 stranieri di altre confessioni;

A cui vanno aggiunti:

2.000.000 circa di arabi mussulmani e cristiani a Gaza;

1.500.000 circa arabi mussulmani e cristiani in Cisgiordania;

500.000 coloni israeliani in Cisgiordania.

Come si vede, su una popolazione totale occupata da Israele di 15.000.000 circa, solo 6.000.000, cioè circa la metà, sono ebrei a tutti gli effetti, sì che, nel caso in cui tutti potessero votare, le maggioranze parlamentari resterebbero appese, come in Ucraina e nei Paesi Baltici, alla cospicua minoranza russofona.

Nello stesso modo, gli Stati Unirti hanno una popolazione di 340.110998 abitanti, più  3,6 milioni circa di residenti dei Territori (Puerto Rico, Guam, the U.S. Virgin Islands, American Samoa, and the Northern Mariana Islands).

Il 60% degli Americani sono “Whites” e il 40%, “Non-Whites”, ma, all’ interno dei “Whites”, i WASPS sono solo il 3-4% della popolazione totale.

E impensabile che i WASP continuino a imprimere l’orientamento culturale e politico e detengano la maggior parte del potere economico pur essendo un’infima minoranza.

5.”No Kings”: il  “Tecnofascismo” dell’ Amministrazione Trump

In questo contesto, non stupisce che possa prendere corpo l’idea di Trump di trasformare radicalmente la struttura del potere negli Stati Uniti, rafforzando a tal punto la “Presidenza Imperiale” da farla assomigliare sempre più a una monarchia. In tal modo, diventa irrilevante la dialettica maggioranza-minoranze.

Questo approccio è stato definito “tecnofascismo”, per il ruolo centrale dato ai guru post-umanisti e per le aggressive politiche di contrasto alla cultura “Woke”. Intanto, in questo modo si creano strumenti per controllare l’opposizione sociale, avente la sua base prevalente nella maggioranza “Non- white”.

«Stiamo affrontando la potenziale fine della nostra Repubblica», ha affermato Bill Nye –divulgatore scientifico e veterano delle proteste che fermarono la guerra in Vietnam. «Dobbiamo fermare gli abusi si questo presidente petulante e la sua cerchia di tirapiedi».Come risposta, Trump ha fatto diffondere un video in cui, incoronato e alla guida dii un cacciabombardiere, bombarda di letame i manifestanti.

Questa esigenza di “sicurizzare” la minoranza bianca contro la nuova maggioranza “non-white” si sposa con le altre tendenze verso l’accentramento del potere. Prima fra le quali la presenza di una dittatura di fatto dei GAFAM, i quali, forti delle tecnologie di comunicazione, militari, spaziali, spionistiche e commerciali, controllano, influenzano e terrorizzano i cittadini e le stesse classi dirigenti. Trump, presentandosi come il difensore dei privilegi dei GAFAM in tutto l’Occidente, è divenuto il loro beniamino

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6.Cos’è dunque il Conservazionismo?

Chiamiamo “conservazionismo” la resistenza mondiale contro gli esiti ultimi del mito del Progresso. Esso si oppone non già (come facevano, e fanno,  i vari Conservatorismi) alle successive, parziali, “derive” dei mondi “tradizionali” (la democrazia ateniese,  il despotato romano, la “gente nova” di Dante, la Rivoluzione Francese, il macchinismo dei Luddisti, il marxismo comunista) bensì proprio alla distruzione dell’uomo  quale noi lo conosciamo (quello dell’ Epoca Assiale, che nasce con le grandi culture della scrittura e dura fino a noi), prima di  avere intanto costruito nulla di veramente alternativo (la “Nuova Società Organica” lanciata da Saint-Simon e al centro di tutte le utopie ottocentesche, ma mai realizzata).

Per questo, perfino  la prima rivendicazione dei guru americani dell’ informatica è oggi una moratoria sulla ricerca circa l’ Intelligenza Artificiale Generale, che permetta alla cultura di recuperare il tempo perduto rispetto alla tecnica, mentre Judkowsky è, addirittura, per un divieto assoluto di proseguire le ricerche sull’ Intelligenza Artificiale Generale (o Generativa).

Anche in Europa s’impone una qualche forma di Katèchon, una forza spirituale capace di trattenere la “transizione” dall’ Umano al Post-Umano, e, in primo luogo, a scalfire i privilegi esorbitanti conquistati dai GAFAM.. Secondo molti, da Heidegger a Juenger, da Teilhard de Chardin a De Benoist, questa resistenza sarebbe vana (un “mito incapacitante”), perché le stesse tradizioni ancestrali degli Europei porterebbero, attraverso un piano inclinato, verso l’Apocalisse. Solo la Russia si era posta da tempo (vedi il discorso del Principe Mishkin ne “L’Idiota”), la missione di salvare l’Europa dalla Modernità, che è stata ripresa dopo la caduta dell’ URSS.

Alla luce del Dubbio Moderno, risultato della “Vergleichende Epoche” di Nietzsche, che tutto confronta, antico e moderno, sacro e profano, Oriente e Occidente, anche la scelta fra Anticristo e Katèchon appare esposta al massimo della soggettività.  E, questo, ben si addice, innanzitutto, ai cultori del Katèchon, che si oppongono al mito del Progresso proprio per il suo determinismo, mentre invece si ostinano a credere che, come ha scritto recentemente De Benoist, la Storia è aperta”. Se così è, la “de-cisione” di ciascuno di noi può ancora contare (facendo salvo il “libero arbitrio”). E, allora, come aveva illustrato mirabilmente già Matteo Ricci nella sua opera “Il vero significato del Signore del Cielo”, la scelta fra nichilismo, impersonato dal Buddhismo (così come ora come dal  Progressismo occidentale), e un’ ispirazione verso la continuazione della vita umana (impersonata, nella Cina di allora, allora dal Neo-Confucianesimo) è individuale, “hic et nunc”. ,Per questo i Gesuiti avevano scelto l’abito e la cultura “mandarini”, a costo di urtarsi (per i Riti Cinesi) con un’Europa monarchica ed ecclesiastica già orientata verso il Mito del Progresso. Mito, per altro, osteggiato da quasi tutti i grandi pensatori europei, solidali nella sostanza con la posizione dei Gesuiti. Basti pensare ai “Novissima Sinica” di Leibniz e al “Rescrit de l’Empereur de la Chine” di Voltaire, influenzati, l’uno,  dalle “Lettres édifiantes et curieuses” dei Gesuiti e, l’altro,  dall’ “Editto Rosso” di Kaanxi. E, più tardi, alla critica di Kierkegaaard all’ Arcivescovo Mynster,  a quella anti-egualitaria di Tocqueville e di Nietzsche, e a quella anti-irenistica di Freud. Per non parlare poi di Simone Weil, che voleva ricreare l’”Enracinement”, o di Saint Exupéry, che voleva “costruire la Cittadella nel cuore dell’Uomo”.

Certo, la scelta “progressista” opposta al Conservazionismo ha anch’essa, dalla sua parte, delle buone ragioni, dall’ansia di Bene propria dei chiliasti al desiderio di infinito di Nietzsche, alla volontà di attuare le Scritture, propria di Fiodorov e dei Cosmisti Russi, fino alla religiosità universale di Teilhard de Chardin e di Raymon Panikkar. E proprio per questo, pure in presenza di una lotta mortale per la vita e per la morte, i Conservazionisti debbono mantenere il totale rispetto per i loro, pur mortali, avversari. Anche e soprattutto perché raramente essi sono del tutto tali, come il Goethe di “An die Vereinigten Staaten” e del secondo Wilhelm Meister, così come il Marx dei “Grundrisse”.

Come si vede, non c’è proprio bisogno di andare alla ricerca di nuove strane ideologie, quando siamo immersi fino al collo in una fondamentale lotta culturale, che non verte certo su vane parole o mode, bensì sulla nostra sopravvivenza esistenziale. La lotta culturale pro e contro il Postumano, così come quella fra le varie versioni dello stesso e dell’ opposizione ad esso, sta infatti sostituendo quella fra le obsolete ideologie sette-ottocentesche. Coloro che vorrebbero ridare un’anima ai moribondi partiti europei, non hanno, quindi, che l’imbarazzo della scelta fra le diverse posizioni sull’Apocalisse.

Quello che non è ammissibile è, invece, ciò che succede oggi tutti i giorni, con l’”establishment” che finge di azzuffarsi su questioni futili, camuffando o nascondendo dietro l’agitare di slogan antiquati l’importanza vitale della questione della Fine dell’Uomo..

7.Il “conservazionismo” ha a che fare con le “culture da destra”?

Esiste un concetto politico, seppure vago, chiamato “destra”. Esso trae la sua origine dalla collocazione in parlamento dei diversi gruppi politici della Rivoluzione Francese, e ha, quale presupposto, l’idea ch’essi si distinguano per la loro più calda, o più fredda, adesione al “Progetto Incompiuto della Modernità”, un “pacchetto” che si pretende unitario di gnoseologia, teologia, filosofia, cultura, etica, politica, economia, tecnologia e società (la “concezione assiale della politica”).Si tratta certamente di un concetto utile dal punto di vista euristico, visto che normalmente la politica parlamentare si basa su alleanze fra partiti vicini nello spettro destra-sinistra. Ne consegue che esistano in molti Paesi, come oggi in Italia, governi di destra, che hanno i loro sostenitori, anche fra gl’intellettuali, e che questo renda opportuna, se non necessaria, una “politica culturale di destra”.

Come è stato rilevato quasi unanimemente, non esiste però un’ unica “cultura di destra”, bensì, semmai, una serie di “culture di destra”. Esse hanno una qualche affinità con il conservazionismo, ma non vi si sovrappongono. Da un lato, vi sono delle “culture di destra” come il Futurismo, che sono piuttosto omogenee al Mito del Progresso. Ma anche le altre hanno semmai molto in comune con i vari Conservatorismi, vale a dire esprimono la nostalgia per questo o per quel periodo storico, ma nessuno di esse ha la consapevolezza della prossima fine dell’Umanità, e dell’urgenza di opporvisi. Questa consapevolezza è comune solo a qualche decina di intellettuali in tutto il mondo, e non ha trovato un unitario veicolo politico.Certamente, un siffatto  isolamento degl’intellettuali conservazionisti non si può accettare. Da un lato, occorre ricercare dei momenti di incontro, che le, seppur  discutibili, politiche culturali della destra potrebbero fornire, e, dall’ altro, si richiederebbe un maggiore attivismo, pubblicistico, politico e di ricerca, tecnologica e pedagogica.

E, ancora, ci chiediamo se abbia senso comune la recente risoluzione del Parlamento Italiano, votata, tra l’altro, dalla maggioranza governativa, contro le “interferenze straniere” nei processi politici italiani da parte dei Governi “autoritari”, quando tali interferenze, ammesso che tali si possano definire,  consisterebbero  nel favorire le idee “conservazioniste” (“conservatorismo russo”, islam politico, confucianesimo). E’ paradossale che l’attuale maggioranza conservatrice voglia censurare un naturale e tradizionale flusso di idee conservatrici in provenienza, tra l’altro, anche da Paesi, come l’Ungheria e la Polonia, che il Governo considera come affratellati da ideali culturali e politici. Questo non è l’ultimo dei paradossi dell’attuale transizione mondiale e dell’attuale maggioranza governativa italiana.

CONFRONTO FRA LE STRATEGIE PER l’AI

Europa, Cina e USA

La centralità dell’ Intelligenza Artificiale fa sì che le grandi potenze elaborino piani di azione in questo campo sempre più simili fra di loro nella speranza di superare l’avversario. Solo nel luglio del 2025 sono stati pubblicati quello cinese e quello americano. Nel frattempo, una serie di scienziati informatici ha elaborato un Manifesto europeo che caldeggia la creazione di un centro europeo per l’ AI, sulla falsariga di quanto da noi proposto da anni con il libro European Technology Agency.

 Vi è una fondamentale differenza fra il documento della Cina , che sposa l’idea, di Kissinger e di Judkowski, di un accordo internazionale sull’ AI,  e quello degli USA che lo ignorano, nella speranza di mantenere una posizione di vantaggio nei confronti degli avversari, riproponendo attraverso l’ AI l’egemonia dell’ “America-Mondo”, e, soprattutto, uno stretto controllo sui propri alleati. Resta da vedere se la presunta posizione di vantaggio degli USA sia ancora tale, perché, in caso contrario, la politica americana di chiusura si ritorcerà contro gli USA (e soprattutto i loro alleati -salvo Israele- spiazzati e impossibilitati a ricercare soluzioni autonome).

 Sullo sfondo si staglia i più che mai il pericolo, dettagliatamente illustrato da Judkowski, dell’ estinzione a breve termine dell’ Umanità, soppressa dall’ Intelligenza Artificiale Generale- tema sul quale violenta è la contrapposizione all’ interno degli stessi GAFAM, i quali, per lo più, propendono per una moratoria delle ricerche sull’ AI generale, in attesa di trovare soluzioni (oggi inesistenti) che garantiscano la sopravvivenza dell’ Umano in un mondo dominato dalle macchine.

Attualmente, anche se a qualcuno potrà sembrare paradossale, la difesa dell’”Umano” contro quella  presa di controllo da parte dell’AI, che, negli USA, non ha più limiti,  resta affidata sostanzialmente alla Cina, mentre l’Europa ha abdicato di fatto a questa sua vecchia ambizione cedendo scandalosamente sempre più a tutte le pressioni dei GAFAM e di Trump per un allineamento sull’ America su ogni fronte (regolamentazione, antitrust, tasse), come previsto nel Piano americano di azione di Luglio.

Eppure, neanche la Cina ha elaborato fino in fondo un progetto alternativo di società dell’ Intelligenza Artificiale, sicché resterebbe aperto, teoricamente,  un enorme spazio politico per un’ Europa che divenisse indipendente, anche culturalmente, dagli USA, elaborando la propria visione del rapporto uomo-macchina partendo dagl’insegnamenti dei grandi Europei che si sono occupati della formazione dell’uomo come base per il fiorire della società: da Ippocrate a Senofonte, da Bernardo di Chiaravalle a Ignazio di Loyola, da Carlyle a Nietzsche…Solo una siffatta impostazione globale avrebbe la forza politica per coagulare una coalizione capace di generare un autentico sforzo dell’ Europa.

1.Il Centro Europeo di ricerca sull’ Intelligenza Artificiale

Purtroppo, il Centro Europeo di Ricerca sull’Intelligenza Artificiale, invocato dagli studiosi della materia (Yann LeCun, Premio Turing e capo scienziato di Meta AI; Cédric Villani, Fields Medal; Bernhard Schölkopf del Max Planck Institute; e Marc Mézard, oggi alla Bocconi), riuniti  presso l’ Università di Bologna, non percorre questa strada, continuando a puntare solo sulle solite  soluzioni istituzionali, regolatorie  e finanziarie.

Nel Manifesto presentato all’Alma Mater si immagina un’istituzione compatta, con un forte nucleo scientifico dedicato tanto alla teoria quanto alle applicazioni. Ricordiamo che nessuno dei tentativi posti in essere in questa direzione ha avuto finora un peso istituzionale e politico neanche paragonabile a quello del CERN. Mancano una sede centrale, un budget comune, una governance unitaria europea, ma soprattutto una cultura non trans-umanistica critica della Modernità e una volontà politica veramente sovranista. L’Europa dell’Intelligenza Artificiale resta frammentata in mille rivoli, con provinciali progetti nazionali che competono più che cooperare. Oggi la potenza di calcolo , così come i grandi modelli linguistici è concentrata tra Stati Uniti e Cina. L’Europa contribuisce alla ricerca di base, ma fatica a trattenere i ricercatori e a trasformare i risultati in innovazione industriale Come dimostra ciò che si sta facendo negli USA e in Cina, senza una strategia coordinata, l’Europa rischia di diventare solo un laboratorio di talenti da esportare.

Un “CERN dell’AI” europeo potrebbe non essere solo un simbolo, bensì un modo per affermare che l’Intelligenza Artificiale non è proprietà di poche aziende globali, bensì un bene pubblico globale.

 Manca comunque l’aspetto umanistico, la formazione di quei nuovi “Kaloikagathoi” che dovranno essere in grado di padroneggiare, e, se necessario, dominare, l’intelligenza artificiale, come, a suo tempo,  Gilgamesh, Ercole e Ulisse padroneggiavano le forze della natura e popoli barbari e selvaggi.

Nel nostro libro “European Technology Agency”, proponevamo di fondere in un solo Ente i molteplici Enti già esistenti, tanto a livello europeo, quanto a quello nazionale, aggiungendo però un pesante aspetto umanistico, orientato secondo la cultura europea.

2.I piani delle Grandi Potenze

;   winning the race”), esclusivistico ed americano-centrico,si contrappone  quello del il “Piano d’azione Globale per l’AI” della Cina, dove l’obiettivo principale è una governance mondiale dell’IA, quale quella proposta da Kissinger prima di morire, e ripresa dal MIRI di Eliezer Judkowski (cfr,. il nostro post precedente)

Questa contrapposizione costituisce il coronamento di quello che, già quarant’anni fa, gli ufficiali cinesi avevano chiamato “Guerra senza limiti”, e che oggi vediamo svolgersi sotto i nostri occhi -che comprende 3° Guerra Mondiale “a pezzi”,  guerra ideologica, guerre commerciali e finanziarie, guerre tecnologiche, quale traspare soprattutto dall’ “Action Plan” americano-.Mentre la Cina vuole affermare, anche attraverso la tecnologia, un nuovo ordine multipolare che tenga conto dei cambiamenti geopolitici ed economici avvenuti in questi anni, gli Usa di Trump inseriscono lo sviluppo delle nuove tecnologie  nel loro tentativo di riportare il mondo alla seconda metà del 900, già descritto da Evgeny Morozov, che vede nell’informatica l’ultima trincea di un’egemonia occidentale in decadenza.

I due piani  rispecchiano la diversa postura che le due superpotenze stanno assumendo sullo scenario globale. Bisogna inquadrare il Piano cinese nella “lunga marcia” digitale intrapresa dal PCC, a partire dall’ascesa di Baidu, di Alibaba e di Huawei, per finire con la transizione verde e digitale, e collocarlo all’interno del contesto legislativo cinese caratterizzato dalle tre leggi principali sul digitale, che sono la “Legge sulla Cybersicurezza” del 2017, la “Legge sulla Sicurezza dei Dati” e la “Legge sulla protezione dei Dati Personali”, che ripercorrono le normative europee, rendendole però più snelle (grazie anche agl’ideogrammi), ma soprattutto effettive, almeno sul territorio cinese

L’amministrazione Trump si trova invece a dover affrontare una forte discontinuità con la visione e l’assetto normativo ereditato dalla precedente amministrazione Biden, anche se alcuni aspetti di fondo si mantengono inalterati. Il settore delle Big Tech in America non è a trazione statale come in Cina. Questo fa sì che ci sia la necessità, implicita ma presente nel piano USA, di riportare la gestione della materia il più possibile nelle mani del potere centrale, per evitare un vero “colpo di Stato” contro Trump da parte dei guru dell’ informatica, quale quello tentato da Elon Musk,.e anche per fornire al Presidente il necessario potere negoziale nei confronti delle altre Grandi Potenze.

3.L’attacco all’ egemonia americana e la sua difesa

Il documento cinese inserisce la propria strategia in un contesto multilaterale: l’IA deve essere considerata un “bene pubblico internazionale a beneficio dell’umanità , che però “presenta rischi e opportunità che possono liberare il loro potenziale solo attraverso la solidarietà internazionale… mantenendo gl’ impegni delineati nel Patto per il futuro e nel Digital Compact delle Nazioni Unite, per un futuro digitale inclusivo, aperto, sostenibile, equo, sicuro, protetto per tutti”.

Invece, nella premessa all’Action Plan americano si afferma che è  “un imperativo di sicurezza nazionale per gli Stati Uniti raggiungere e mantenere il dominio tecnologico globale indiscusso e non contestato” perché “chiunque abbia il più grande ecosistema di IA stabilisce gli standard globali e raccoglierà ampi benefici economici e militari”. Nel Piano sono contenuti molti principi che servono a  esplicitare nel contesto dell’ IA i tradizionali concetti americani di controllo internazionale delle tecnologie (tipo “Trading with the Enemy e CoCom), mentre la Cina rilancia con forza la sua postura multilateralista anche se nei fatti egemonica, sulla base di una asserita “Intellectual leadership” dell’ “Impero di Mezzo” (o “Celeste Impero”), che risalirebbe fino alla Dinastia Zhou e ai Classici Confuciani:  la Cina tende così ad occupare a tutti i livelli lo spazio internazionale lasciato vuoto da Trump.

Allo stato attuale, come peraltro per quasi tutte le altre grandi questioni presenti sulla scena internazionale, sembra che le alternative a questa nuova divisione del mondo in due blocchi stentino a farsi strada. In particolare, manca più che mai un’ efficace presenza dell’Europa (alla quale la leadership brussellese continua a voler credere).

4.I “pilastri” del piano di azione degli Stati Uniti

I pilastri del piano USA sono 3:

(i)Accelerare l’innovazione:

-Ricadute dell’IA sui lavoratori americani

I lavoratori americani, devono essere messi in grado di conseguire  le competenze necessarie attraverso appositi piani formativi. Inoltre, si punta tutto sulla capacità delle imprese private, , a cui viene promessa totale deregolamentazione e sburocratizzazione.

-Scienza “nazionalizzata” e infrastrutture senza limiti

Il piano poi punta, per favorire la nascita di ecosistemi dell’IA, su “sistemi basati sull’ open-source e sull’open-weight che possano diventare standard globali basati sui valori americani” Il piano USA contemporaneamente all’indicazione, costituzionalmente ineccepibile, di sistemi di IA “basati sulla libertà di parola e di espressione”, delinea però un’IA “libera da bias ideologici per raggiungere obiettivi di verità oggettiva”, definizione che evoca scenari tipici delle culture politiche totalitarie dove esiste una sola verità oggettiva e cioè quella del regime.

-Indirizzo fortemente accentratore e dirigista, si rinviene anche nelle parti dedicate all’IA in rapporto alla scienza, dove se da un lato si parla di una “IA-enabled science” dall’altro si chiede ai ricercatori di concedere i loro dati alle imprese private per costruire un “world class scientific data set” americano, che al pari di un asset strategico consenta all’America di superare le altre nazioni che “sono avanti nell’ammassare enormi quantità di dati scientifici”. Quindi una scienza che usa il potenziale dell’IA a scopi strategici nazionali, al di fuori di qualsiasi contesto multilaterale. Una strategia che si pone in perfetta continuità con le scelte dell’amministrazione Trump di uscire dai trattati internazionali sul clima o dalle organizzazioni internazionali come il WHO, e che delinea uno scenario di contrapposizione “scientifica” in un mondo globalizzato e fortemente connesso, che ci riporta indietro ai tempi del “caso Lysenko” di staliniana memoria.

(ii)Costruzione delle infrastrutture per l’IA

E’ in totale linea con il  mantra trumpiano del “Build Baby Build”:Prevede una deregolamentazione totale che favorisca la “costruzione di data center , semiconduttori e infrastrutture energetiche e per la sicurezza che portino a vincere la gara mondiale con la Cina preservando la potenza tecnologica americana dalle incursioni avversarie”.

(iii)Leadership USA della diplomazia e della sicurezza dell’ AI

Il piano prevede una vera e propria “colonizzazione digitale” globale, costringendo le nazioni alleate ad “adottare il sistema americano dell’IA , capacità computazionale, hardware e standard tecnici, in tutto il mondo…è imperativo che gli USA sfruttino questo vantaggio in un’alleanza globale duratura”.Questa forzata “Alleanza per l’IA” dev’ essere “allineata ai valori americani”. Qui il documento esplicita con forza la necessità di contrastare la Cina nei suoi intenti egemonici sia a livello bilaterale, bloccando gli “alleati” degli americani all’interno di pacchetti tecnologici e valoriali “chiavi in mano”, ma anche contrastando l’azione cinese nelle organizzazioni internazionali (UN-OCSE-G7-G20-ITU-ICANN-ETC) che spesso “nascondono regolamenti onerosi, codici di condotta vaghi che… sono stati influenzati da aziende cinesi”. A questo scopo vengono arruolate tutte le amministrazioni pubbliche per allineare gli incentivi e le leve politiche di tutto il governo USA per indurre gli alleati ad adottare “sistemi complementari” per evitare di fornire tecnologia USA agli avversari. Emerge qui con evidenza la tematica già più volte negli ultimi mesi comparsa nella discussione pubblica in Europa, dell’affidabilità e dei limiti operativi (“Kill Switch”) della tecnologia fornita dagli USA ai suoi alleati.

5.La proposta cinese: cooperazione e sviluppo sostenibile

Il piano cinese, sintetizzato in 13 punti, propone  una strategia multilaterale per il controllo globale dell’IA, ponendo al centro la “partecipazione e collaborazione di tutti gli stakeholder, compresi governi, organizzazioni internazionali, imprese, istituti di ricerca, organizzazioni sociali e singoli cittadini, per accelerare lo sviluppo dell’infrastruttura digitale” e collegando inoltre l’IA allo sviluppo degli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite:

(i)Standard unificati e alleanza con il “Global South”

Al principio dell’ “Open IA” , enunciato anche dagli USA, i Cinesi affiancano il tema della condivisione e quindi propongono di lavorare per la creazione di “diverse piattaforme internazionali per la cooperazione scientifica e tecnologica”.

-Al punto 4 si possono identificare varie “divergenze parallele” con il piano USA , laddove anche i Cinesi spingono per la costruzione delle infrastrutture necessarie all’IA finalizzate a promuovere un “sistema standard di potenza informatica unificata”, ponendosi però l’obiettivo di supportare nell’utilizzo di questo sistema le nazioni del “Global South” ,che, come si è visto sia nell’ambito degli ultimi G20 come nella riunione dello SCO (Organizzazione per la cooperazione di Shanghai), rappresentano per Pechino l’equivalente dell’ “Alleanza Globale” invocata  dal Piano americano

(ii)Dati globali condivisi e sostenibilità energetica

Un altro punto di similitudine nei due piani di azione è quello relativo ai “dati di qualità” che vengono riconosciuti anche da Pechino come fondamentali per lo sviluppo dell’IA.. Sorvolando il problema dello stretto controllo centrale e della censura esercitati finora per tenere allineato il cyberspace alla visione del PCC, sottolineano la necessità di “salvaguardare attivamente la privacy personale e la sicurezza dei dati, migliorare la diversità dei data corpora dell’IA, eliminare la discriminazione e i pregiudizi e promuovere, proteggere e preservare la diversità dell’ecosistema dell’IA e della civiltà umana”.

Molto diverso l’approccio dei due documenti al tema energetico, a cause delle scelte totalmente divergenti in materia tra l’amministrazione americana, che punta decisamente su fossili e nucleare,  e la Cina, che,  coerentemente con i suoi piani di sviluppo delle rinnovabili, pone al centro della sua azione la “sostenibilità” energetica dell’IA, con uno sforzo non solo sull’uso delle fonti energetiche rinnovabili, ma anche sullo sviluppo di “chip a basso consumo energetico e algoritmi efficienti”.

(iii)Governance inclusiva contro frammentazione

Infine il piano per la governance globale cinese termina, come era iniziato, con un forte accento sulla necessità di incardinare lo sviluppo dell’IA all’interno del dialogo multilaterale, e in particolare del “Global Digital Compact” delle Nazioni Unite, per costruire una “governance inclusiva e multistakeholder”.

6.L’Europa tra multipolarismo e rischio marginalità

Con la presentazione contemporanea di questi due piani, il percorso della transizione tecnologica è diventato a pieno titolo un oggetto del confronto geopolitico mondiale. Questo fa sì che non sia più possibile una posizione attendista, e questo vale in primo luogo per l’Europa :Come ha affermato Mario Draghi,  “Gli Stati Uniti e la Cina usano apertamente il loro controllo sulle risorse strategiche e sulle tecnologie per ottenere concessioni in altre aree: ogni dipendenza eccessiva è così divenuta incompatibile con la sovranità sul nostro futuro”.

(i)Una nuova agenzia europea per l’intelligenza artificiale

Come scritto nel Manifesto di Bologna, l’Europa ha bisogno, proprio come fu per la corsa allo spazio negli anni 60, di avviare immediatamente un processo multilaterale, come quello che portò alla creazione dello European Space Research Organization (ESRO) e dell’ European Launcher Development Organization (ELDO), che insieme confluirono negli anni 70 nell’ Agenzia Spaziale Europea (ESA), definendo e realizzando un progetto spaziale europeo indipendente da quello degli USA e dell’URSS. Bisogna dire che allora c’era il Generale De Gaulle.

(ii)Data corpora europei e portabilità dei dati

In primo luogo, la nuova Agenzia dovrebbe mettere nel mirino la creazione di “data corpora” europei facendo leva sugli enormi giacimenti di contenuti scientifici, culturali, giornalistici, industriali, sociali, presenti in Europa. Ma l’Europa deve anche difendere meglio la sua sovranità digitale ,a partire dalla richiesta di restituzione di una copia dei dati generati dai cittadini europei e immagazzinati nei server delle Big Tech , sulla base di quanto normato dall’art 20 del GDPR, e dagli altri regolamenti e direttive vigenti DGA, DMA, AI act, e, ora, soprattutto dal Data Act, che consentono la “portabilità dei dati” e cioè di richiedere una copia dei propri dati e metadati da qualunque piattaforma detenuti per trasferirli a chi si vuole. Qualcosa di parallelo alla richiesta di restituzione delle riserve auree italiane e tedesche depositate a Washington.

(iii)Una chiamata collettiva per la sovranità tecnologica

Ogni soggetto sociale dovrebbe partecipare a questa strategia. È una chiamata “a condividere i dati” per il mondo della scienza, della cultura , dell’impresa, del lavoro e del terzo settore e dell’economia sociale , che deve avere la stessa intensità che ebbe nel dopoguerra, quando tutti insieme parteciparono alla costruzione del progetto europeo. L’Europa per “usare” in maniera efficace e competitiva  i suoi dati, dovrebbe mettere in campo risorse economiche adeguate, come chiesto nel rapporto Draghi, per realizzare le sue infrastrutture tecnologiche, e cioè la rete di supercomputers e di data center necessari allo sviluppo delle IA. Inoltre, dovrebbe anche finanziare la ricerca scientifica, difendendo le carriere dei ricercatori europei e i progetti delle aziende europee dell’ICT.

Tutto ciò però è stato detto infinite volte e non si è mai realizzato, perché, dopo le traumatiche esperienze di Adriano Olivetti e di Mario Tchu, nessuno ha più il coraggio di intralciare i piani delle multinazionali americane dell’ informatica.

Chi ci darà il coraggio per questa battaglia?

 VON DER LEYEN A TORINO PER L’ITALIAN TECH WEEK:

Un eco-sistema digitale sovrano è l’unico possibile “Futuro dell’ Europa”

Purtroppo, la Conferenza sul Futuro dell’ Europa, del 2021, era stata un fallimento a parere di tutti, a cominciare dal Presidente Mattarella.

Questo non soltanto per l’accumularsi di eventi negativi che hanno smentito platealmente i presupposti storici delle Retoriche dell’ Idea di Europa (in particolare, il Covid e le guerre in Ucraina e a Gaza), ma anche e soprattutto per un originario errore di concezione dell’intero processo d’integrazione e della stessa Conferenza. Lanciata 16 anni dopo la solenne “bocciatura” della Costituzione Europea da parte degli elettori francesi e olandesi, la Conferenza sul Futuro dell’ Europa avrebbe dovuto costituire, nelle intenzioni delle Istituzioni, un tentativo di rilancio “in extremis” di una riforma “legalistica”  in senso federale di un  ordinamento europeo che si è dimostrato incapace di fronteggiare efficacemente le sfide del 21°Secolo.

Purtroppo, queste sfide, incentrate sulla transizione dall’ era delle “Macchine Intelligenti” a quella delle “Macchine Spirituali”, continuano a non essere affrontate, se non in misura irrisoria, e anzi vengono banalizzate da intellettuali, politici, prelati e manager. Questi stanno addirittura trascinando, nel loro fallimento, l’intera civiltà moderna, e, di conseguenza, anche la  costruzione europea-, pure in quelle parti in cui essa ha già conseguito dei risultati, seppure parziali.

In particolare, le Retoriche dell’ Idea di Europa hanno ingigantito , nei decenni, la blasfema pretesa di Fukuyama (ispirata da Kojève), che l’Unione Europea avrebbe “realizzato  la Pace Perpetua” e, con ciò, la Fine della Storia preconizzata dalle scritture apocalittiche e poi dalla filosofia tedesca (Kant, Hegel, Marx). L’attuale crollo in tutto il mondo  di siffatto “Progetto Incompiuto della Modernità” travolge con sé anche l’Europa, che aveva preteso di identificarvisi. Mentre perfino Kojève e Fukuyama avevano già fatto autocritica in extremis, l’establishment europeo  e gli Stati membri  sono gli unici a pretendere di mantenerlo in vita, e per questo verranno travolti.

1.Un’alternativa globale all’impero tecnocratico ”nascosto”

Perciò, oggi più che mai, tentare di fornire un contributo sul futuro dell’ Europa significa caldeggiare un progetto alternativo alla società attuale, basato sulla necessità di vivere la transizione digitale con uno spirito critico e militante, lontano da tutte le ideologie sette-ottocentesche che ci hanno portato fino a questo punto drammatico, e che tenga conto invece delle critiche alla Modernità formulate a suo tempo da Kierkegaard, Nietzsche, Soloviov, Leontijev, Heisenberg, Weil,  Horkheimer, Adorno, Voegelin,  Molnàr e Del Noce .

Per essere obiettivi, va anche riconosciuto che solo l’Unione Europea e la Cina hanno compiuto, negli ultimi decenni, uno sforzo a 360° per regolamentare l’informatica, con l’obiettivo di realizzare un’opera di avanguardia: l’ Europa, dietro lo slogan del “Trendsetter of the Worldwide Debate”, e, la Cina, con il progetto “China Standards 2030”.Tuttavia, occorre anche prendere atto di questa realtà,  oramai condivisa da tutti gli osservatori: mentre la Cina sta riuscendo a realizzare un ecosistema digitale, completo, funzionante e sovrano,  l’approccio all’ informatica di fatto adottato dall’ Unione Europea e da i suoi Stati Membri, tutto basato sulla regolamentazione, ma privo di un qualsivoglia risvolto industriale, ne ha frustrato completamente le velleità di influire sul quadro mondiale, e non soltanto in campo tecnologico, screditando addirittura l’intera costruzione europea. Questo “errore concettuale” è il sintomo di un vizio ancora più grave del progetto d’ integrazione quale avviato con la Dichiarazione Schuman, vale a dire il “metodo funzionalistico”(i “piccoli passi”), che ha concepito l’integrazione europea solo come un’ennesima organizzazione internazionale destinata a coadiuvare, con metodo gradualistico e in funzione ancillare, la cooperazione internazionale, per favorire la realizzazione del Progetto Incompiuto della Modernità (quello di cui l’”Agenda 2030” delle Nazioni Unite vorrebbe costituire a sua volta una bozza finale), non già come un autonomo progetto geopolitico, disponibile, pur di  conseguire i propri obiettivi anche al conflitto con il “mainstream”.

Il compimento del Progetto della Modernità, quale delineato da Lessing, Condorcet, Saint-Simon, Michelet, Fiodorov, Rostow e Fukuyama, si è rivelato però quanto mai problematico, a causa della natura imperfetta dell’ Umanità stessa (la “Masa Damnationis” di Agostino; il “Legno Storto” di Isaiah Berlin), la quale, quanto più si sforza di realizzare un mondo perfetto, tanto più provoca imperfezione, tirannide, conflitti, morte e desolazione (la “Hybris”, l’”Eterogenesi del Fini”= schiavitù, ghigliottina,  “Trail of Tears”, Guerre Mondiali, Gulag,  Nakba ).

2.Dialettica dell’Illuminismo

La “Dialettica dell’Illuminismo”, a partire dall’Olocausto e dalla Bomba Atomica, per continuare via via con le guerre fra i due blocchi e le connesse guerre civili  (Palestina, Grecia, Corea, Berlino, Budapest, Viet-Nam, Afghanistan, Iraq/Iran, ex Jugoslavia, ex Unione Sovietica, Libia, Siria), ha confermato innanzitutto  che, sul Progetto della Modernità, non vi è stato, e ancora non vi è, un largo consenso sul piano mondiale, unico possibile presupposto per una pace, se non perpetua, almeno sostenibile. Basti pensare ai rapporti presentate alle Nazioni Unite , in occasione dell’approvazione della Carta dei Diritti dell’ Uomo, dell’ Associazione antropologica americana e delle parallele organizzazioni islamiche e del Blocco dell’ Est,che preludevano già all’ idea di un multipolarismo dei valori, oggi tanto in voga.

In particolare, la “ragnatela di istituzioni” che, secondo Ikenberry, Eichengreen e Overy, era stata creata intorno al’ONU per garantirvi l’egemonia americana, aveva perseguito, non già l’interesse obiettivo dell’ Umanità, bensì  un Progetto di Modernità provocatoriamente unilaterale, ispirato al modello puritano, quello illustrato da Eleanor Roosevelt.

Tutto  quanto precede comporta, a nostro avviso, oltre a un’autocritica della cultura modernista, anche l’urgenza  di un ripensamento  della Tecnica, anch’essa portatrice di  “effetti collaterali” al Progetto della Modernità (crisi ambientale, guerra nucleare).

Per quanto la centralità della Tecnica possa sembrare controintuitiva, in realtà, essa permea oggi tutti gli aspetti della vita sociale, dalla cultura alla religione, dall’antropologia all’etica, dalla politica all’ economia, dalla comunicazione alla geopolitica, al punto che autori come Heidegger hanno potuto affermare che “la Tecnica non è qualcosa di tecnico”. L’Europa, che, pur senza avere l’”esclusiva” della storia della Tecnica, aveva  svolto,  dal secolo 15° al 19°, un’ importante opera di recepimento e sviluppo delle nuove tecniche elaborate in India (matematica), in Asia Centrale (Algebra), in Cina (tecnologie belliche, ottiche e tipografiche), e nell’Impero Ottomano (balistica, sommergibile), ha poi passato gradualmente il testimone, prima all’ America (aereospazio, cinema, televisione, informatica),  e, ora, alla Cina (transizione verde e digitale, tecnologie del trasporto), è attualmente tagliata fuori da tutti i grandi sviluppi tecnologici, e, di conseguenza, anche dai dibattiti più vivi sulla loro regolamentazione.

Nel frattempo, le tecnologie (di comunicazione, di archiviazione, di ricerca, biologica, politologica, militare, dei trasporti, ecc..), sospinte dalle innovazioni dell’ informatica, hanno rivoluzionato, e ancor oggi rivoluzionano, la vita del mondo, con risvolti inquietanti, soprattutto per il loro legame inscindibile con la guerra totale, come confermato ancora oggi dalle guerre in Ucraina e in Palestina e dalle più recenti dottrine degli USA.

Di converso, la tanto decantata opera regolatoria della Commissione si è svolta  purtroppo nel vuoto pneumatico, fino all’ attuale resa ai giganti dell’ Informatica (GAFAM). Infatti, dopo l’”estirpazione” dalla Olivetti della sua divisione informatica, che stava mettendo sul mercato con enorme successo il primo personal computer (il P101), orchestrata dal Professor Visentini, e la misteriosa scomparsa dell’Ing. Tchu dopo un viaggio in Cina con Roberto Olivetti (cfr. Meryle Secrest), nessuno in Europa Occidentale ha mai più nemmeno tentato di ricreare un’industria europea dell’informatica, limitandoci noi a utilizzare esclusivamente, come consumatori passivi, tutti i software dei GAFAM, con un colossale trasferimento in America di dati e di denaro.

Come da noi ribadito in tutte le occasioni, un continente privo di una sua industria digitale completa, efficiente ed autonoma, non può partecipare alla geopolitica mondiale, né in quanto soggetto di diritto internazionale, né in quanto membro alla pari di alleanze, né quale sostenitore di particolari impostazioni culturali, né in quanto promotore di rivoluzioni tecnologiche e sociali.

3.”European Technology Agency”

Prendiamo atto con piacere che Ursula von der Leyen verrà a proporre a Torino, all’Italian Tech Week, la creazione di un Ecosistema Digitale Europeo, ma, dalle anticipazioni che circolano, ci appare che l’idea sarebbe, come al solito, quella di  puntare ancor più su piccole iniziative ancillari ai GAFAM (le famigerate “start-up”, senza scalzare con un’azione “top-down”, il monopolio delle attività di programmazione dei Governi americano e cinese, né la forza finanziaria e organizzativa dei GAFAM stessi. Avevamo già inviato nel 2014 a Ursula von der Leyen il nostro studio “European Technology Agency, a Sovereign Digital Ecosystem”(tema più che mai attuale), con cui Diàlexis proponeva di creare, in sostituzione dei dispersi Enti esistenti, una grande Agenzia Tecnologica Europea, destinata a coordinare gli sforzi europei e nazionali per la creazione di campioni europei in tutti i campi delle nuove tecnologie, sulla falsariga di quanto fatto in passato per l’Airbus e per l’Ariane. Solo ora si sta forse incominciando a pensare seriamente a quest’idea, e riteniamo nostro dovere stimolare un dibattito e uno studio in proposito.

Di conseguenza, giacché l’Europa non ha le proprie industrie informatiche serie, le varie normative europee possono applicarsi solo alle imprese realmente esistenti : quelle americane e quelle cinesi. Orbene, le imprese americane, spalleggiate da Trump, hanno buon gioco a rifiutare ogni applicazione delle normative europee sull’ informatica, e, soprattutto, ogni possibilità, per le Autorità Europee, di proclamare obblighi o divieti, e di comminare tasse o multe, mentre l’Unione, i nostri Governi e le nostre imprese, restano esposti più che mai a ordini, dazi e sanzioni americani. Lo scontro è attualmente in corso.

Tutti i documenti di  politica industriale dell’ Europa, proposti, via via  negli ultimi 60 anni – da Servan-Schreiber, Davignon, Delors, Juncker , Draghi e von der Leyen-, non hanno neppure menzionato l’esistenza di un problema con le alte tecnologie, rivelandosi così tutti insieme come  una mostruosa arma di distrazione di massa per il popolo europeo. Questo spiega la vera ragione per cui, come ha affermato il Ministro Crosetto, l’Italia e l’Europa non sono in grado di respingere un attacco militare, non solo di una Grande Potenza, bensì anche di una media. Infatti, soprattutto la Preparazione Industriale Bellica, elemento essenziale della Guerra senza Limiti attualmente in corso in tutti i Continenti, non può neppure essere avviata senza un’approfondita fase preparatoria di politica industriale come quelle in corso in USA e in Cina, e di cui oggi, in Europa, non vi è traccia, perché tale non è il “ReArm Europe”, costruzione finanziaria indotta dalle pressioni USA e limitata agli armamenti tradizionali. Infatti, una vera strategia bellica, come pure una “percezione delle minacce” non possono nascere se non dalla visione che un Paese ha del proprio “stare al mondo”(“conosci tre stesso e il tuo nemico”, Sun Zu). Ed è per questo che una seria strategia militare può sorgere solo nei cosiddetti “Stati Civiltà”, che percepiscono in modo chiaro, e senza pressioni esterne, il proprio ruolo nel modo, i propri obiettivi a lungo termine, e, di conseguenza, le possibili minacce.

La Cina percepisce il proprio ruolo come una grande forza stabilizzatrice mondiale (Hexie, ); l’India, come la roccaforte del politeismo, che deve difendere il suo pluralismo –“Sanata Dharma”- dal monoteismo esclusivo dell’Islam. La Russia si concepisce come l’erede dei popoli nomadi del centro dell’ Eurasia, che difendono la dialettica da cui nascono continuamente nuovi popoli (come i Variaghi, i Cosacchi, i Russi, i Bielorussi,  gli Ucraini: l’”etnogenesi” di Gumiliov). Basti pensare che Lavrov è georgiano; Mishustin e Soloviov, Ebrei;  Simonian, armena; Shoigu, mongolo buriato; Kadyrov, ceceno.

L’America è oggi particolarmente combattuta fra due contrastanti autopercezioni, foriere di uno scontro sempre più aperto:

-da un lato, la maggioranza “non white” concepisce gli Stati Uniti come un Paese multiculturale, che tende naturalmente ad allinearsi con le cause del Sud del Mondo e con la cultura Woke (cfr. Valladão, ma anche la cultura di Papa Prevost);

-dall’altra, la minoranza WASP, per quanto indebolita, si raccoglie sotto lo slogan “Make America Great Again” e la difesa del “White privilege”, tanto all’ interno, quanto all’ esterno del Paese.

4.Combattere i GAFAM

Come scrivevamo all’ inizio, i presupposti per la necessaria partecipazione di vari popoli alla formazione della volontà comune dell’ Umanità circa gli sviluppi della Tecnica erano fissati, nel sistema multilaterale preesistente, per quanto assolutamente insoddisfacente,  mediante regole  negoziate fra gli Stati, e le imprese vi si adeguavano. Invece, nel XXI° Secolo, il potere fattuale delle società di informatica (i “GAFAM”) , è talmente cresciuto che, tanto i cittadini, quanto i Governi, hanno rinunziato a intervenire nei confronti di queste ultime con i tradizionali strumenti del diritto (normative militari, norme di pubblica sicurezza, costituzione, antitrust, fisco), mentre i GAFAM si stanno dando dei “Codici di condotta” che rispondono al 100% alla loro visione di uno “stato di eccezione”, in quanto  essi starebbero operando per il bene pubblico, e non dovrebbero  essere disturbati, né nel Paese, né dall’ estero. La minaccia di nuovi, sproporzionati dazi, in violazione degli stessi accordi raggiunti con von der Leyen, viene agitata contro l’Unione qualora osasse applicare almeno le nuove tasse ai GAFAM americani. Questa concezione si è dotata anche un’ideologia, che è stata definita come “tecnofascismo”, la quale propugna la trasformazione di questo regime di fatto in un sistema giuridico, in cui gli Amministratori Delegati dei GAFAM assumono funzioni sovrane, e le loro imprese si trasformano in repubbliche, o regni, indipendenti, che scavalcano le barriere fra Stati e economie, semmai in alleanza con Trump, Presidente-imperatore, che per esempio nomina proconsoli come Blair, governatore inglese di un Paese arabo (la Striscia di Gaza), per ripristinare l’antico mandato, che tanto danno aveva già fatto al Medio Oriente e al mondo.

Trump si è adattato molto bene a quest’impostazione, che permette al suo stile autoritario e imprevedibile di manifestarsi nel modo più brillante, e terrorizzando gli alleati, che, nel caso dell’ Europa, sono incredibilmente remissivi, accettando qualunque cosa  egli metta sul tavolo, come si è visto soprattutto nel vertice in Scozia con la von der Leyen. In questo, egli sta attuando letteralmente il motto “Make America Great Again”, superando l’assertività subdolamente nascosta da Obama e Biden..

E’ dubbio se sarà possibile, per l’Unione, rispettare le promesse fatte a Trump dalla von der Leyen: utilizzo degli importi stanziati, non già per costruire armamenti propri, bensì per comprarli in USA, dandoli all’ Ucraina come e quando Trump vorrà; trasferimento netto dal budget europeo di un ulteriore incremento delle spese militari europee al di là di quella americane e russe; nuovi investimenti nell’ industria americana in generale. Per fortuna, nel piano di investimenti di Merz per la Difesa tedesca, “solo” il 20% degli acquisti è previsto in America. Tuttavia, è chiara la volontà di Trump di continuare a taglieggiare l’Europa senza regole senza limiti.

Al di là della discutibile percezione della minaccia russa, certamente l’Europa è carente di investimenti nell’industria militare. Ma è proprio a causa delle continue pressioni americane che la spesa militare europea si è rivolta, non già a settori altamente tecnologici, bensì a massicci quantitativi di armamenti, da esaurirsi in guerre di attrito come quella in Ucraina, sotto la guida degli USA, forti della loro “Intelligence” e della loro Intelligenza Artificiale. Come ha scritto recentemente Fubini, già soltanto il tipo di armamenti utilizzato dagli Ucraini è più sofisticato di quelli degli Europei. Perfino i droni medio-orientali, Bayraktar (che verranno costruiti dai Turchi a Finale Ligure) e Shahed (iraniani, ma prodotti in Russia) sono più “intelligenti” delle armi europee.

Perché questo? Perché l’America non ha mai tollerato che gli Europei si dessero strutture di difesa integrate e sofisticate, che avrebbero permesso agli Europei, in taluni contesti, di operare autonomamente: il concetto di De Gaulle della « Force de Frappe à tous azimuts », a servizio di un’ Europa “Dall’ Atlantico agli Urali”. Qualcuno potrà anche dire che un siffatto scenario non è proponibile oggi. Eppure, la situazione in Groenlandia sta muovendosi proprio in quella direzione, con agenti segreti americani arrestati dai Danesi perché preparavano un’insurrezione contro di essi  del popolo Nuuk, e gli Europei obbligati moralmente a difendere il loro partner danese (e magari a creare la “fake news” dei droni russi in Scandinavia, mentre chi minaccia la Danimarca sono inequivocabilmente gli USA).

Ma questa non è ancora la forma più grave di destabilizzazione che stiamo subendo in questi giorni. La “Minaccia Esistenziale” costituita dall’ Intelligenza Generale Generativa è divenuta così insostenibile che proprio da parte dei guru dei GAFAM giungono ogni giorno sempre più pressanti grida di allarme, fino al punto attuale, quando uno dei principali sviluppatori di questa IA ha pubblicato un libro impressionante, secondo cui essa non sarebbe proprio compatibile con la sopravvivenza dell’Umanità.

5. (L’”AGI”):”SE QUALCUNO LA PRODURRA’, MORIREMO TUTTI”

Eliezer Judkowski, uno dei pionieri dell’ Intelligenza Artificiale e fondatore del Machine Intelligence Research Institute, sta pubblicando il libro “If Enyone Builds It, Everyone Dies”, un catastrofico pamphlet contro l’Intelligenza Artificiale Generale, o generativa, nel quale ribadisce energicamente la tesi, tutt’altro che nuova, che tale forma d’ intelligenza prelude necessariamente all’ estinzione dell’ Umanità.

La base del ragionamento di Judkowski è quasi elementare: ”intelligenza non implica necessariamente benevolenza”. La presunzione contraria era invece stata alla base delle teologie occidentali, dove la coincidenza parmenidea fra l’ Essere e il Bene confluiva  in una visione provvidenziale della Divinità e poi del Progresso. Questa presunzione, già scossa fin dall’ inizio da fonti come il Libro di Giobbe e la demonologia, era divenuta ancor più necessaria per la Religione del Progresso,  che dava per scontato che la crescente razionalità portasse con sé la crescente moralizzazione dei costumi, fino a uno stato di perfezione paragonabile, mutatis mutandis,  a quella della Santità. Come si è visto, per altro, con le Rivoluzioni Occidentali, fondate sul culto della Dea Ragione e della Dialettica, e con l’utilizzo della razionalità tecnica e manageriale per la costruzione della bomba atomica e degli universi concentrazionari, non si è dimostrato, nei fatti, alcun nesso fra razionalità e benevolenza. Anzi, al contrario, un minimo di razionalità sociale normalmente ha coinciso con l’abbandono delle etiche filantropiche e solidaristiche, ritenute “naturali” in epoche di maggiore incertezza cognitiva, ma non più tollerate nell’ era della tecnica dispiegata.

6.L’”autoaffermazione delle Intelligenze Artificiali”

Un eco-sistema macchinico fondato sulla razionalità strumentale tenderebbe perciò per sua natura, non diversamente dalle grandi organizzazioni sociali su cui esso è stato  modellato (eserciti, imprese, Stati), a perseguire fini propri, di autoperpetuazione e/o autoaffermazione (il “principio di prestazione”), a meno che esso non sia guidato da una presenza umana, dotata di propri valori e di un’adeguata capacità di comando, comparabile a quelle delle antiche aristocrazie e clero.

Infatti:

 -l’INTELLIGENZA ARTIFICIALE SARA’ ORIENTATA AL PERSEGUIMENTO DI OBIETTIVI PERFORMATIVI A LUNGO TERMINE, perchè le società di AI la stanno progettando in tal modo per rispondere alle  esigenze economiche a cui la loro attività è orientata.

-ESSA PERSEGUIRA’ MOLTO PROBABILMENTE OBIETTIVI “SBAGLIATI” DAL PUNTO DI VISTA UMANO, perché i sistemi di “machine learning” sono “addestrati ”automaticamente, in modo non controllabile  , non già“educati”.

– “BENE “ E “MALE” NON SONO COMUNQUE CONCETTI INFORMATICI, SI CHE NON C’È ALCUN LINGUAGGIO- MACCHINA CAPACE DI INSERIRLI IN UN  ALGORITMO;

– GLI ALGORIMI NASCONDONO AGLI SVILUPPATORI CIÒ CHE POTREBBE CONSIGLIARE DI NON RENDERLI OPERATIVI.

Unico rimedio: un’Umanità “forte” e combattiva, che, lungi dall’ adeguarsi passivamente agl’impulsi del Sistema Macchinico, lo domini seguendo quello che nelle società passate era il “pathos delle distanze” (Cfr. Nietzsche) : per esempio, la scena di “HAL” in “Odissea nello Spazio”

7.Le teorie e le tecniche dell’“alignment” attualmente impiegate  non sono ancora mature

La problematica relativa al controllo, da parte dell’ Umanità, sull’ Intelligenza Artificiale, è chiamata “Alignment”. Il problema è che nessuno è ancora riuscito a capire comefunzioni, e, a maggior ragione, come utilizzarlo per rendere innocua l’Intelligenza Artificiale.

Esso si distingue in:

-Outer alignment, che è la scelta di obiettivi adeguati per l’ AI .I Valori umani sono troppo complessi per l’IA, ma, se diamo all’ AI solo alcuni obiettivi umani, l’ IA  travolgerà tutti gli altri valori, nel perseguimento esclusivo  degli obiettivi assegnatile;

-Inner alignment, è l’inserimento negli algoritmi dei valori prescelti: il solo fatto di “avere evocato un demone” non ti garantisce certo  che questo poi farà ciò che tu vuoi Per esempio: In natura, il “Sistema Uomo” ricerca degli “Equivalenti” di una sana nutrizione, come i sapori dolci e/o grassi  Questi erano stati all’ inizio buoni sintomi di una dieta sana, ma sono stati frustrati dall’invenzione del junk food. Se addestri una tigre a non mangiarti, non l’hai ancora resa partecipe del tuo desiderio di sopravvivere sano e salvo, bensì hai solo associato certi comportamenti a certe conseguenze. Se i suoi desideri divengono più forti  delle associazioni a cui è stata addestrata, per esempio se non la alimenti, tornerà ai comportamenti indesiderati (mangiarti).

Un’IA  superintelligente” non resterà a lungo confinata in un computer. Nel mondo di oggi, si possono inviare stringhe di DNA via email a laboratori che producono proteine su richiesta, permettendo a un’AI inizialmente limitata a internet di costruire forme di vita artificiali o sviluppare direttamente una manifattura molecolare post-biologica. Immaginatevi un’intera civiltà aliena che pensa milioni di volte più velocemente di un essere umano”, scrive Yudkowsky.

Yudkowsky va quindi ben oltre l’allarme lanciato da figure come Elon Musk nella lettera aperta che chiedeva una pausa di sei mesi nello sviluppo dell’AI (salvo poi sviluppare lui stesso Grok con la. sua xAI) . Per Judkowski, una pausa temporanea alla ricerca sull’AGI (quale proposta da Musk)non è sufficiente.La sua proposta è più radicale: spegnere tutti i grandi cluster di GPU in cui vengono sviluppate le intelligenze artificiali più potenti e imporre un limite alla potenza di calcolo usabile per l’addestramento delle AI.

E se qualcuno infrange queste regole? “Siate pronti a distruggere un data center ribelle con un attacco aereo”, è la sua risposta. Nessuna eccezione, nemmeno per governi ed enti militari. Qui ritorna l’arroganza americana, che cerca sempre nuovi pretesti per bombardare qualcuno, ma è lei il vero problema. Oggi si bombardano i centri per l’arricchimento dell’ uranio; domani, si bombarderanno i laboratori dell’ Intelligenza Artificiale.

8.Quando arriverà l’ AGI?

Secondo un sondaggio interno condotto nell’autunno 2023, i ricercatori MIRI prevedono l’arrivo dell’Artificial General Intelligence in una mediana di 9 anni e una media di 14,6 anni. La maggioranza ha previsto meno di dieci anni, con un solo ricercatore che rappresentava un outlier a 52 anni. Tempi che rendono ancora più urgente, secondo il MIRI , l’intervento politico.

Nel 2022, Yudkowsky aveva annunciato una strategia che molti interpretarono come una resa totale: “death with dignity”. L’umanità, disse, era destinata a morire, e invece di continuare a combattere una battaglia persa per allineare l’AI con i valori umani, era meglio concentrarsi su come affrontare il destino con dignità. In sostanza, riproponeva la visione deterministica della Fine della Storia, o ciò che Nietzsche chiamava “Amor Fati”“È ovvio a questo punto che l’umanità non risolverà il problema dell’allineamento”, scriveva allora. E oggi?

Il Machine Intelligence Research Institute, guidato ora da un nuovo CEO dopo che Yudkowsky ha fatto un passo indietro, ha annunciato nel 2024 un cambio di strategia epocale. Il nuovo focus si concentra su tre obiettivi:

-aumentare la probabilità che i governi mondiali raggiungano un accordo internazionale per fermare i progressi verso un’AI più intelligente degli umani;

-condividere i loro modelli con un pubblico ampio;

-continuare a investire in ricerca, ma principalmente a supporto degli obiettivi di policy e comunicazione.

9.Il conflitto USA-Commissione sui GAFAM

Attualmente, è in corso un conflitto aperto fra la Commissione UE e gli USA sulla tassazione dei colossi del web:” Come Presidente degli Stati Uniti, mi opporrò ai Paesi che attaccano le nostre incredibili aziende tecnologiche americane”, ha affermato Trump. “L’America e le aziende tecnologiche americane non sono più né il ‘salvadanaio’ né lo ‘zerbino’ del mondo. Mostrate rispetto per l’America e le nostre fantastiche aziende tecnologiche o considerate le conseguenze!”

La Commissione ha risposto: “È diritto sovrano dell’UE e dei suoi Stati membri regolamentare le attività economiche sul nostro territorio, che siano coerenti con i nostri valori democratici”, ha affermato la portavoce della Commissione europea Paula Pinho durante un briefing pomeridiano. Rispondendo all’affermazione di Trump secondo cui la legislazione UE stava “attaccando” le aziende tecnologiche americane, il portavoce della Commissione Thomas Regnier ha insistito sulla neutralità delle norme. “Il DSA non tiene conto del colore di un’azienda, della sua giurisdizione o del suo proprietario”, ha affermato. “Il DSA e il DMA si applicano entrambi a tutte le piattaforme e aziende che operano nell’UE, indipendentemente dal loro luogo di stabilimento… Le ultime tre decisioni di applicazione che abbiamo preso riguardavano AliExpress, Temu e TikTok”.

Questo obiettivo e inevitabile conflitto negli orientamenti sul futuro dell’industria informatica aggiunge nuova benzina al fuoco dei disaccordi USA-Europa. L’Europa si è dimostrata fino ad ora incredibilmente paziente. Tuttavia, se si vorrà coinvolgerla nei futuri conflitti che si delineano, con la Russia ma anche e soprattutto con la Cina, è probabile che i disallineamrenti europei si amplifichino.

E’ proprio qui che s’intravvede un campo d’azione per chi voglia rovesciare l’egemonia mondiale dei GAFAM attraverso un’adeguata azione culturale e politica.

Occorre innanzitutto puntare sulla neutralità dell’Europa nei prossimi conflitti (che tra l’altro corrisponde anche, secondo i sondaggi, ai desiderata della maggior parte degli Europei).

L’azione culturale consiste nel dimostrare le affinità, non già le divergenze, fra la cultura europea e quelle delle altre grandi aree del mondo: parallelismo Romani/Han, filosofia islamica, ecc.. L’azione politica dovrebbe puntare alla rivitalizzazione dei legami violentemente spezzati: Nuove Vie della Seta,Casa Comune Europea, dialogo Euro-Mediterraneo. Poi, l’erosione dell’attuale egemonia politica e culturale dell’America sulle destre europee, appoggiandoci anche, ma non solo, gl’insegnamenti di Pound, Dos Passos, Eliot, Evola, Voegelin..

Infine, grandi manifestazioni pacifistiche sul modello dei Pro-Pal, per scongiurare una guerra mondiale che non è la nostra.

L’ORGANIZZAZIONE DI SHANGHAI

E LA PACE IN EUROPA

Gli eventi occorsi in questa settimana in Cina (il “vertice” della Shanghai Coordination Organisation) hanno confermato, se mai ve ne fosse bisogno, come i problemi che abbiamo qui in Europa (come i nostri rapporti con gli USA e la Russia) non possono essere compresi se non  da una prospettiva ancora più elevata di quella fino ad ora adottata, alla quale ci dovremo adattare.

Riassumendo:

– la risposta negativa di India e Cina alla pretesa imposizione, da parte di Trump, di “dazi secondari” come rappresaglia per l’acquisto (in valute locali) del gas russo,  ha confermato quanto scritto dalla Russia a USA e NATO prima dell’”Operazione Militare Speciale”, vale a dire che il vero movente di quell’ operazione sarebbe stato , non già una limitata (per quanto simbolicamente importante) controversia territoriale fra due ex-repubbliche dell’ URSS (per la Crimea e il Donbass), bensì la sfida globale alla pretesa americana di egemonizzare il pianeta. Infatti, vi si chiedeva, né più né meno, di arretrare gli asset militari USA e NATO nella stessa posizione in cui essi si trovavano al momento della famigerata promessa formulata in tal senso da Baker a Gorbachev per ottenere il suo consenso alla riunificazione tedesca;

-L’accerchiamento, da parte dell’Occidente, dell’ intero Heartland eurasiatico (da Warin nell’ Holstein, lontana patria di Rurik, a Taiwan; dall’isola birmana di Saint Martin, oggi rivendicata dagli USA, alla Carelia finlandese e russa; dal Golfo Persico al Kossovo; da Gaza al Caucaso), affiancato allo scadere senza rinnovo di tutti i preesistenti trattati di non-proliferazione nucleare, ha posto in essere uno scenario di possibile attacco occidentale contro la Russia e contro la Cina, mentre l’Iran e l’India sono già sottoposti a pressioni militari.

A dire il vero, proprio in questi giorni, tutte le grandi potenze hanno preso posizione, senza pubblicità,  circa  l’urgenza di ripresa delle trattative per rinnovare i trattati di non proliferazione scaduti, e questo spiega molte cose delle febbrili attività diplomatiche in corso. Trump ha proposto alla Russia di riavviare le trattative per rinnovare i trattati, includendovi anche la Cina. Putin ha risposto positivamente, ma ha chiesto il coinvolgimento anche della Francia e dell’Inghilterra (riconoscendo così l’importanza delle loro “forces de frappe”). Infine, la Cina si è dichiarata per il momento indisponibile a essere coinvolta,  per due motivi:

-la sua dottrina militare, contrariamente a quelle attuali di Russia e America, non permette il “First Strike”(primo colpo), cosicché buona parte delle possibili previsioni degli eventuali trattati sarebbero inapplicabili nella loro formulazione attuale;

-il suo arsenale nucleare è estremamente più ristretto di quelli dei suoi concorrenti, sicché la Cina si riserva di accrescerlo ulteriormente.

 Ciò detto, la fine effettiva della guerra in Ucraina potrà avvenire solo quando sarà stato affrontato questo tema  di una nuova nuova regolamentazione internazionale degli armamenti.

L’approccio europeo, basato su ipotetiche “garanzie” armate all’ Ucraina, non coglie invece il nocciolo del problema, perché lascia irrisolta la questione della minaccia nucleare reciproca in una situazione di mancato controllo comune e in presenza di obiettive ragioni per uno  “scontro di civiltà” fra le classi dirigenti dell’ Est e dell’ Ovest. In realtà, la UE, per simulare un’influenza a cui non crede più nessuno,  si ostina a fingere di ignorare che un accordo potrebbe basarsi solo  su una nuova articolazione dell’ “equilibrio” del terrore a cui essa è sostanzialmente estranea. Il Primo Ministro Cinese Wang Yi ha chiarito che il nuovo equilibrio dovrà inserirsi nella rinnovata governance mondiale a cui stanno lavorando la i BRICS e l’ Organizzazione di Shanghai, ponendosi un termine di 10 anni.

1.Come contribuire veramente alla pace?

Nonostante l’irrealismo dei vertici europei, una via da percorrersi per migliorare  la situazione esiste, purché, anche qui, si porti il dibattito  su un piano più elevato.

Intanto, come aveva affermato giustamente Trump, la guerra in Ucraina non avrebbe mai dovuto cominciare. Ucraina e Russia sono entrambe Paesi europei, che, nell’ era dell’ unificazione europea, non avrebbero mai dovuto giungere a una guerra che è, di fatto, una guerra civile. L’impostazione corretta era stata quella di Gorbachev e di Mitterrand, cioè quella della “Casa Comune Europea”: una confederazione fra Unione Europea e Unione Eurasiatica (e, aggiungiamo noi, con Kiev come capitale). Le differenze sociali e politiche fra Est e Ovest avrebbero potuto superarsi con un adeguato dispiegamento  congiunto dell’ ecumenismo di Giovanni Paolo II, dell’Eurocomunismo di Gorbachev e della cultura classica europea.

Ma ancor oggi non è ancora escluso che quella spirale di violenza possa venite fermata. Infatti, qualora, come sembrerebbe, le grandi potenze siano veramente intenzionate a discutere in modo obiettivo sui problemi della deterrenza, resterebbe, come motivo della guerra, solo la presunta opposizione ideologica fra una Russia neo-zarista e un’Ucraina piccolo-nazionalista. Quest’ opposizione è meno radicale di quanto potrebbe apparire a prima vista. Infatti, la tradizione dell’impero russo, perfino nei momenti di maggiore accentramento, non fu mai così centralizzatrice come è stata di fatto quella degli Stati Uniti, nati come espressione politica dell’esclusivismo  puritano WASP. Né l’Ucraina (da quando esiste) fu mai così nettamente anti-russa come ci si vuole fare credere. Basti pensare che fu Chmelnicky a volere il trattato di Perejaslav per avvalersi della protezione russa; che fu sostanzialmente l’ Impero Russo a popolare di “Ruteni” la “Nuova Russia”; che il grande sviluppo economico dell’ Ucraina con i progetti della diga sul Dniepr e dell’Impresa Missilistica Meridionale (Juzhmash/Pivdenne) fu imposto dall’ Unione Sovietica; che la “russificazione” dei giovani ucraini ai tempi dell’ URSS non dipendeva dal Governo (che, anzi, aveva imposto l’Ucrainizzazione), bensì dalla volontà dei genitori, che, attraverso l’apprendimento di una lingua più diffusa e prestigiosa, desideravano garantire ai figli un futuro migliore, e, infine che ben due segretari del PCUS (Khruscev e Brezhnev) erano nati in Ucraina, regalandole perfino la Crimea.

2.Un’identità eurasiatica

All’ interno di una Grande Europa, Russia e Ucraina apparirebbero dunque appena come due modeste varianti sullo stesso tema: i Popoli delle Steppe.

Se guardiamo, poi, all’ insieme del blocco eurasiatico che è riunito in Cina, esso appare sempre più come un’alleanza di antichi imperi che si uniscono per difendere insieme, dal Postumanesimo dei GAFAM diffuso dagli USA,  le loro antiche tradizioni: dall’ Islam sci’ita all’Induismo; dalla sintesi taoista-confuciano-buddhista, all’ “Eredità di Gengis Khan”. Perché mai esse dovrebbero essere ostili a degli Stati Uniti che oggi si richiamano al Cristianesimo, al classicismo, quando non alla Monarchia e all’ Impero Romano, e, ancor meno, a un’ Europa che (a suo dispetto) è tutta un monumento all’Epoca Assiale (Stonehenge, Cnosso), alla classicità (Micene, Delfi, Olimpia, Partenone, Colosseo, Pompei), al Medioevo (Granada, Mont Saint Michel, Notre Dame) e al Rinascimento (San Pietro, Venezia, Wawel)?

L’establishment europeo occidentalista vuole sottolineare la differenza fra il preteso “dispotismo orientale” della Russia e il preteso “libertarismo” degli Ucraini. Tuttavia, non vi sono basi storiche per sostenere questa distinzione, visto che l’Ucraina, e non la Russia,  fu per lunghi secoli la sede dei Turco-Tartari (Unni, Avari, Bulgari, Khazari, Cumani, Peceneghi, Polovesiani, Mongoli, Tartari, Circassi).”Russia” deriva dinvece a “Ruotsi”( Svezia in Finlandese), perché i primi “Rus’” venivano dalla Scandinavia (e si erano installati nella regione “nordica” e “finnica” di Novgorod e di San Pietroburgo). Infine, anche la presunta conflittualità fra “autoritari” e “libertari” sta svanendo sotto la spinta del trumpismo e dei suoi alleati come Meloni e Orbàn. Zelensky, che ha sciolto 11 partiti di opposizione, è più “democratico” della Russia, dove in Parlamento sono presenti da trent’anni almeno 5 importanti partiti? Ma gli stessi Stati Uniti, dove il Presidente governa con “Executive Orders”simili agli “Ukaze” russi, dove l’esercito è permanentemente nelle strade nelle città che votano per l’opposizione, dove le università non obbedienti al Governo sono private dei finanziamenti?

3.Il compito storico dell’ Europa

Noi Europei,dell’ Est e dell’ Ovest, abbiamo davanti a noi un lungo e faticoso percorso culturale, di educazione alla vera  pluralità culturale dell’ Europa (i “Due Polmoni” di Viaceslav Ivanov), che i “progressisti” non hanno saputo salvaguardare, ma, anzi, si ostinano a voler travolgere, ignorando la storia, la cultura e la geografia, sotto l’eccezionalismo occidentale (che in realtà è americano).

Basti pensare a quanto raccontano le antiche cronache sulla presenza di Anglosassoni nella Guardia Variaga; alla discendenza dei Variaghi stessi dagli Slavi Occidentali dello Juetland; alla partecipazione di Novgorod all’ Hansa tedesca; al ruolo della bizantina  Zoe Paleologa nel portare a Mosca le tradizioni dell’ Impero d’Oriente; al filo-germanesimo di Pietro il Grande e di Caterina II; all’idea di Nicola I dell’ Europa quale “Nazione Cristiana”; a “Les Soirées de Saint Petersbourg” del grande intellettuale e politico savoiardo Joseph de Maistre, come pure al romanzo “Le Prisonnier du Caucase “di suo fratello Xavier ; al ruolo di Gogol nella letteratura russa, e quello di Trockij nella rivoluzione bolscevica…

4.Gli Europei e il “Nuovo Conservatorismo”

Paradossalmente, gli Europei si sono messi nella situazione insostenibile di opporsi a un mondo intero che ha finalmente preso atto realisticamente della “Dialettica dell’ Illuminismo”, e che, conseguentemente, ritiene indispensabile ritornare alle proprie radici dopo l’ubriacatura “progressista”. Certo, lo fa per lo più in un modo “rozzo” e inautentico, “copiando” l’eccezionalismo americano, com’ è il caso della normalizzazione  sci’ita della poliedricità iranica, o della visione de-contestualizzata del Russkij Mir propria di Dugin.[LR1] 

Certo, tatticamente, nella presente situazione di soffocante dominio degli USA sul nostro Continente, la strategia di sopravvivenza adottata dalla UE, per esempio in relazione ai rapporti con Zelenskij (di essere “più realisti del re” americano ), è l’unica possibile, fingendo, con un “gioco delle tre carte”,  di difendere  quei pretesi “Valori Occidentali” che, in realtà, sono semplicemente quelli post-umanistici dei GAFAM e dei “Progressisti” americani, e a cui non crede neppure l’Amministrazione Trump. Solo così, forse, potremo darci quegli armamenti che ci servirebbero poi per divenire indipendenti. Anche se purtroppo alla fine ci ritroveremo  a subire (ingigantito) lo stesso smacco dell’ Afghanistan, quando gli USA decisero improvvisamente e unilateralmente di andarsene, e ci attaccarono violentemente perché noi  non volevamo andarcene contemporaneamente.

In realtà, la transizione “a ritroso” dal post-umano al neo-conservatorismo, in atto in tutto il mondo, e, in particolare, all’ interno delle Grandi Potenze che condizionano il nostro futuro, è destinata a “sfuggire di mano” anche  a queste ultime. Essa infatti non è il risultato di effimeri sbalzi di umore della “pancia” dell’ elettorato, bensì di una maturazione di lungo periodo della critica degl’intellettuali all’ insostenibilità della secolarizzazione delle Religioni abramitiche, trasformate in Religione dell’ Umanità, o meglio della Tecnica. Questa secolarizzazione ha infatti portato, via via,  all’ inautenticità (Kierkegaaard), alla ricerca alternativa di spiritualità orientali (Schopenhauer),  alla follia (Nietzsche), al dogmatismo (Lenin), al solipsismo (De Finetti), al totalitarismo (Mussolini), al prevalere della Ragion di Stato (Stalin), all’ “Eterogenesi dei fini” (Hitler), alla religione della tecnica (Teilhard de Chardin), alla mistica dell’informatica (Kurzweil); e, alla fine, al regno dei robot (Musk).Quindi,alla smentita proprio di tutti i pretesi Valori Umanistici della Modernità a cui siamo stati educati con uno zelo fanatico (culto della verità e della libertà, socialità, razionalità, pluralismo, libertarismo, distinzione fra religione e politica.

Giacché il progressismo, incarnato oggi dai GAFAM, proseguirà comunque il Progetto Incompiuto della Modernità anche qualora (per denegata ipotesi) l’Amministrazione Americana se ne chiamasse veramente fuori (anziché continuare a favorirlo), s’impone ora un nuovo umanesimo “di battaglia”, che, pur partendo dall’ indefinibilità della “realtà obiettiva” (Socrate, Pirrone, Tertulliano, Cartesio, Pascal, Kant, Nietzsche, Wittgenstein, Heisenberg, Feyerabend, Antiseri, Vattimo), sia comunque in grado di motivare i combattenti contro la Società delle Macchine Intelligenti. Infatti, solo da lì potrebbe venire una base logica del movimento conservatore in via di sviluppo in tutto il mondo, il quale non ha ancora trovato una sua propria filosofia unificante, al di sopra dei vari trend politici e ideologici di ciascun continente. Ed è qui che l’Europa potrebbe, e dovrebbe, fornire il proprio contributo. Ma, per fare questo, dovrebbero essere rimosse tutte le barriere intellettuali (diktat, totem o tabù ch’esse siano) che ci separano da una retta comprensione delle culture classiche e religiose, come pure degli infiniti grandi pensatori – europei, islamici, ebraici, russi, indù, cinesi e di tutto il resto del mondo – che se ne sono occupati.


UN MOVIMENTO POLITICO ANTI-AMERICANO? “CasaBianca-Italia” di Alessandro Orsini.

Non è per noi una sorpresa che -per quanto la volontà degli USA di “contingentare il capitalismo europeo”- come aveva scritto Trockij già ai tempi della Ia Guerra Mondiale fosse evidente (in particolare, a partire dalla fine imposta alla Divisione Elettronica della Olivetti, dell’arma atomica europea, dell’EADS…)-, alla fine , con la presidenza Trump, e in particolare, con l’enorme messa in scena dei dazi, una larga parte degli addetti ai lavori abbia solo ora finalmente capito (o smesso di negare) che la subordinazione dell’ Europa agli USA è negativa, e soprattutto pericolosa.

Pensiamo soprattutto all’ enorme contributo in cash che Trump richiede attraverso l’imposizione di acquisti e di investimenti  in USA, che Trump vuole vedere subito sotto pena di un ingente innalzamento dei dazi.

L’insieme della politica dei dazi, e soprattutto i modi in cui Trump la motiva, la attua e la giustifica (per esempio, legando i dazi a interferenze nell’ attività politica o giudiziaria nazionale, come in Canada o in Brasile) ci fa comprendere come sia una sorta di cosmico boss mafioso che impone il pizzo a tutto il mondo con il ghigno sardonico e la voce roca del Padrino (altro che il “paparino” di Rutte!)

Eppure, nonostante che,  su queste constatazioni, vi sia un consenso trasversale (vedi per esempio Macron, Follini, Orban,Fabbrini, Monti, Klingbeil ecc…),  più ristretto è il numero di coloro che propongono misure concrete per uscire da questa situazione di ricatto mondiale. Uno di questi è il coraggioso professor Alessandro Orsini, autore tra l’altro dei libri “Casa Bianca-Italia, La corruzione dell’ informazione in uno Stato satellite” (Paper First 2025) e “Gaza-Meloni, La politica estera di uno Stato satellite (Piemme). Nell’ articolo”Arginare gli USA in sole tre mosse”, pubblicato su “Il Fatto Quotidiano”, il professore delinea quelle che, secondo lui, dovrebbero essere le basi per “un movimento anti-americano in Italia”.

La Guantanamo italiana in cui fu rinchiuso Ezra Pound

1.La proposta di Orsini

Con tutta la simpatia per il Professor Orsini, che, ripetiamo, è l’unico ad avere proposto una qualche idea per uscire dalla presente situazione, a noi pare che le prospettive delle sue proposte  siano più circoscritte di quanto necessario.

Secondo Orsini, il partito da lui auspicato dovrebbe qualificarsi per tre rivendicazioni:

a)Chiusura delle basi americane, ma rimanendo l’Italia nella NATO (sul modello della Francia di De Gaulle);

b)riapertura del commercio con la Russia e intensificazione di quello con la Cina;

c) fuoriuscita dell’ Italia dalle missioni nelle aree geografiche disastrate dagli Stati Uniti;

Secondo Orsini, “non importa che questo partito sia di destra o di sinistra”;” è importante che raccolga milioni di voti e che sia anti-americano”.

A nostro avviso, Orsini sottovaluta le difficoltà incontrate già in passato dall’ anti-americanismo in Europa, giacché in fondo gli unici due personaggi di rilievo che si siano detti anti-americani sono stati Enrico Mattei e Gianni Alemanno. Il primo finì ben presto con l’ “incidente” di Bascapé, e il secondo è l’unico sindaco di grandi città che, per gli scandali della sua amministrazione, sia attualmente in prigione.

Ciò premesso, un’opera così temeraria (anche se meritoria) dovrebbe almeno venire preparata, e/o accompagnata da:

-un lavoro programmatico volto a dimostrare che il conflitto politico ed economico in corso non è un accidente storico dovuto ad aspetti caratteriali di Donald Trump, ma invece, costituisce lo sbocco logico di un’ ostilità di fondo che si è sviluppata nei secoli, dalle dottrine dei teologi puritani  Winthrop  e Mather, è proseguita con il Testamento Politico di Washington e con le “Leaves of Grass” di Whitman, trovando la sua apoteosi nei progetti “neocon” di Ledeen e di Vance, scontrandosi  per altro con le espressioni di avversione di molti autori europei, come Dickens, Freud, Kafka, Céline, Simone Weil e Evola, e perfino americani, come Boas, Eliot, Pound, Miller e Dos Passos (che amo definire per semplicità “Euro-Americani”);

-collegamenti sul piano europeo con movimenti che ancora non si sono manifestati, ma che certamente esistono almeno in Francia, in Germania e nell’ Est; non è pensabile una diversa politica estera e di difesa che non  faccia anche parte al contempo una proposta rivolta all’ Europa;

-una critica competente e motivata della subordinazione, all’ America, dei movimenti e Istituzioni europei, a cominciare dai rapporti del Movimento Europeo di Churchill con l’American Committee for a United Europe ACUE) sostenuto dalla CIA, per continuare con il contributo di Dean Acheson alla redazione, da parte di Jean Monnet, della “Dichiarazione Schuman”, scritta in realtà da quest’ultimo. Per poi passare, infine, all’ infeudamento delle Istituzioni alle lobbies americane, e, in primo luogo, ai GAFAM (come dimostrato innanzitutto dalla sostanziale disapplicazione delle sentenze Schrems e dalla delega totale alla Microsoft delle attività digitali delle Istituzioni).

Il Dott.Schrems, accanito difensore in giudizio dei principi europei.

2.Una strategia dell’ Unione?

Secondo il negoziatore UE Maroš Šefćović, l’Unione Europea avrebbe ceduto sui dazi per timore che gli USA abbandonino la difesa dell’ Europa. Non si è mai capito perché gli Europei dovrebbero volere che l’America (che non è europea, ma occupa l’Europa con più di cento basi militari) li difenda dai Russi (che sono europei e non hanno truppe in Europa): un paradosso denunziato da ben cinquant’anni da Franz Josef Strauss. In realtà, come affermato addirittura 80 anni fa da un politico inglese, l’obiettivo dell’ America è quello di “tenere i Russi fuori e i Tedeschi sotto”: Perciò, l’America farebbe qualunque cosa, compresa una guerra “tipo Gaza”  contro gli Europei, pur di non andarsene (Russi o non Russi) dall’ Europa. Anche se l’Afghanistan dimostra che, a lungo termine, gli USA possono alla fine essere cacciati.Per giustificare i magri risultati della sua trattativa, Šefćović ci sta racconta un sacco di fandonie. Fra la caduta del Muro di Berlino e l’inizio di questo secolo, si erano fatte molte discussioni  su una federazione fra Europa e Russia, e di ingresso della Russia nella NATO. Queste discussioni non furono mai veramente approfondite, ma è opinione diffusa e condivisa che il motivo di questo mancato accordo era stata l’indisponibilità della Russia ad associarsi all’ Occidente con meno diritti degli USA.

Comunque, una possibilità di coesistenza pacifica in Europa, la “Casa Comune Europea” c’era stata: il “Sistema Comune Europeo di Sicurezza”, e anche dopo si manifestò lo “Spirito di Pratica di Mare”. La fantomatica via di uscita dalla guerra in Ucraina sarebbe ancor oggi proprio questa: un accordo federativo fra Russia, Ucraina ed Europa, con l’Ucraina come territorio federale comune.

Come dimostrano le esperienze passate, questo è proprio ciò che l’ America non vuole.In effetti, vi è una lunga storia (da tutti occultata) della Russia quale integratrice benevola dell’ Europa, che parte dall’ “arca russa” (l’Ermitage) dove viene salvata, secondo Tjutchev e Sakurov, la cultura “alta” europea, alle “Soirées de Saint Petersbourg” del savoiardo De Maistre, alla “Nazione Cristiana” creata da Alessandro 1°(l’”imperatore degli Europei”) con la Santa Alleanza, seguendo le idee di Pufendorf, Leibniz, Novalis e De Maistre, fino alle varie Conferenza dell’ Aia con cui Nicola II aveva fondato quel  diritto internazionale bellico così gravemente violato nell’ ultimo secolo con l’Operazione Barbarossa, la Shoah, Hiroshima e Nagasaki, le guerre del Vietnam, del Golfo, dell’ Afghanistan, di Gaza.

Significativa a questo propositpo la poesia “Gli Sciti” di Aleksandr Blok.

Dostojevskij, tipico esponente del “Pensiero Russo”.

3.L’umiliazione dell’Europa è una strategia di comunicazione?

Secondo Politico, “ proprio come le promesse del 5% di spesa per la difesa fatte al vertice NATO di giugno, l’umiliazione ha più a che fare con le concessioni performative dei leader europei. Queste esibizioni imbarazzanti di auto-umiliazione permettono a Trump di vantarsi delle proprie vittorie, ma risultano meno dolorose se osservate più da vicino”.

“Ma, al di là delle cifre a effetto, gli annunci del vertice NATO contribuiranno a rafforzare la difesa europea. L’aumento delle spese nazionali in ambito difensivo, se ben gestito, potrà infatti creare le basi per una maggiore autonomia europea in materia di sicurezza.”

“gran parte dell’integrazione del 1,5% sarà destinata a investimenti infrastrutturali già previsti. Altro che regalo a Trump: gli investimenti europei nella difesa europea potrebbero ridurre sensibilmente la dipendenza dagli Stati Uniti, almeno per quanto riguarda la deterrenza convenzionale.”

“..a un’analisi più attenta, queste concessioni performative consistono in gran parte in investimenti già previsti dai Paesi europei (chip AI, GNL, armamenti), e/o in promesse vaghe e non vincolanti, su cui la stessa UE non ha controllo, poiché le scelte finali spettano alle imprese private.”

Non è d’accordo il ministro tedesco Klingbeil “che da Washington, ha accusato la Commissione di debolezza e di aver prodotto un’intesa considerata insoddisfacente  ».

In ogni caso, “il prezzo politico rischia di essere molto alto: l’Europa ha segnalato ai suoi cittadini e al mondo intero di essere disposta a piegarsi alla pressione di Trump. Questa strategia, poco dignitosa, potrà dirsi efficace solo se i leader europei sapranno usare la tregua conquistata per ridurre in modo concreto e congiunto la dipendenza dagli Stati Uniti.

Questo perché significherebbe perdere l’ennesima occasione per rendersi autonomi, e, con ciò, giustificare l’esistenza stessa dell’Unione. Il limbo in cui ci troviamo, nella non gradita compagnia di Puerto Rico e Guam, consiste nel condividere i costi e i rischi degli USA senza partecipare ai dividendi in termini di prestigio, di potere e di ricchezza.

La “Casa Comune Europea” non si è fatta

4.La mancanza di una base culturale autonoma

La proposta di Orsini, certamente efficace sul piano provocatorio, e forse anche su quello elettorale, manca dunque di uno sfondo propositivo, anche perché  carente di un altro importante elemento: una critica approfondita del progetto storico americano, che, non a caso, è parallelo all’ispirazione tecnocratica che Saint-Simon visse in America quando, come ufficiale di Luigi XVI, combatteva per l’indipendenza americana. Ispirandosi allo spirito mercantile degli Americani che aveva conosciuto, propose che, nella società futura, gl’”industriali” assumessero il “potere spirituale”, sostituendo, alle aspettative escatologiche della religione, quelle del Progresso (la “Réligion de l’Humanité”. Anche Marx (che era favorevole allo schiavismo americano) aveva lanciato un’idea simile, sostenendo che gli USA fossero l’avanguardia della rivoluzione industriale. L’”eccezionalismo americano” si fonda su questa “teologia materialista”, ben espressa nelle “Leaves of Grass” di Whitman, nell’ “eresia americanista” della Chiesa cattolica degli USA, nell’ansia di “esportare la democrazia” e nel Postumanesimo di Kurzweil, di Thiel e di Musk.

Se l’Europa vuol essere portatrice, nelle trattative a livello mondiale, di un messaggio universale, deve prendere le distanze dalle diverseb “teologie materialistiche” (dall’ “Ideologia Californiana”dei GAFAM come dal Cosmismo Russo, dagli Hojjatiyye iraniani e anche dal Sionismo, movimento apocalittico che interpreta materialisticamente l’ Antico Testamento, ed è collegato all’interpretazione fondamentalista americana del Libro dell’Apocalisse).

Nel fare ciò, la cultura europea dovrebbe prendere atto dello sbocco nichilista del Mito del Progresso, ricercando tanto nella propria cultura (p.es., San Paolo, Sant’Agostino, Averroè, Matteo Ricci,  Nietzsche, Wittgenstein, Heisenberg, Simone Weil, Saint-Exupéry), quanto in quelle di altri Continenti (p.es., Laotse, Confucio, il Buddhismo Mahayana, il Bhagavad Gita,Gandhi, Pound) spunti per progettare un futuro diverso dall’ Era delle Macchine Spirituali preparata da Kurzweil ed attuata da Musk.

Come scrive Carlo Pizzati su La Stampa, “Forse è arrivato il momento di accettare il dato, che si sta già verificando molto più rapidamente di quanto avremmo potuto immaginare, che essere diversi dal modello culturale ed economico americano non è poi così orribile. Uscire dall’ombra della cultura americana è perfettamente accettabile.”

Era qualcosa che aspettavamo da decenni.

“Un punto di partenza per trovare un sentiero più autentico, che ci riporti a chi siamo davvero al di là della maschera americana che indossiamo, potrebbe essere quello di rivisitare valori e idee che esistevano prima dell’americanizzazione diffusa, prima che diventassimo americanizzati fino a non riconoscerci più, nutriti a cucchiaiate di piano Marshall e, dopo la caduta del Muro, da una presunta ‘fine della Storia’.Per troppo tempo abbiamo imitato ‘la voce del padrone’. Imparando a pensare come lui. A forza di imitare, ci siamo dimenticati chi eravamo. Per quanti anni ancora le scuole di scrittura creativa più famose indottrineranno gli autori in erba ad esprimersi con la rozza brutalità di un adolescente newyorkese del secolo scorso, quel giovane Holden che incarnò una rabbia americana spacciata per universale?

Per quanto ancora dovremo sorbirci le lezioni di sport poco amati in Italia, come le disquisizioni sul baseball in Underworld di Don De Lillo, oppure nel Leviathan di Paul Auster?

Interessarsi al mondo è nobile, ma un voyeurismo ossessionato dalla società che ha più potere su di noi non è da ruffiani?

Solo alla luce di una prospettiva culturale diversa l’Europa potrebbe ergersi veramente, nelle trattative con gli altri continenti, come vorrebbe la von der Lyen, come il “Trendsetter of the Worldwide Debate”, quello che addita, non, come fa Trump, nel proprio provinciale interesse, ma in quello di tutti,  prospettive diverse. Per esempio, un “crackdown sui GAFAM”, parallelo al “crackdown sui BAATX” realizzato dalla Cina non sarebbe un meschino tentativo di incassare dazi a spese dell’ America, bensì unire le forze per realizzare qualcosa che l’ Antitrust americano ha perseguito, ma inutilmente per decenni per mancanza di forza politica. Occorre farlo divenire un compito internazionale.

Lina Khan, l’eternamente sconfitta responsabile della Federal Trade Commission

5.Anche l’assetto “tripolare” è un’eredità della IIa Guerra Mondiale

Forse, come pensa l’ “establishment” europeo, l’Unione Europea non può niente contro il “tecno-fascismo” americano perché l’esito della IIa Guerra mondiale avrebbe sancito in modo duraturo la sottomissione dell’ Europa (in quanto “Stato Satellite”, come dice bene Orsini), una sottomissione che Trump, la von der Leyen, Rutte e Giorgia Meloni, hanno almeno il merito di mettere in scena nel modo più plateale in modo che tutti possono rendersene conto e memorizzarla come si conviene.

Molti si attendono che il prossimo futuro sarà ancora dominato dal presente  assetto tripolare, che viene venduto addirittura come la novità del XXI Secolo. Tuttavia,  tale assetto sembra scricchiolare proprio per la crescente debolezza dell’ America, che è rivelata in tutta la sua profondità da già da un confronto fra i PIL basati sul potere di acquisto, -China $43.204 miliardi,

-US’s   $27.615 miliardi. 

Del resto, è di oggi la notizia che India, Cina, Iran, Brasile e Sudafrica stanno rigettando l’ultimatum di Trump  contro l’ acquisto degl’idrocarburi dalla Russia, esponendosi così alle “sanzioni secondarie” americane, ma  dimostrando anche che queste sono inefficaci se applicate contro la  metà del mondo. Tutto ciò in stridente contrasto con l’arrendevolezza dell’ Europa.

“Duraturo” non equivale a “eterno”, e 80 anni sono oramai troppi, specie in un tempo di grandi trasformazioni come il nostro. Quindi, l’iniziativa di Orsini potrebbe avere almeno il merito di avviare un dibattito, uno studio e una preparazione degli Europei, perché non arrivino sprovveduti anche alla prossima trasformazione. Ricordiamoci però anche del Coro dell’ Adelchi!:”Tornate alle vostre superbe ruine, all’ opere imbelli dell’ arse officine,ai solchi, bagnati xdi servo sudor!”

NON RATIFICHIAMO, NÉ ATTUIAMO, I PRETESI “ACCORDI” EURO-AMERICANI!

“È un giorno buio quando un’alleanza di popoli liberi, uniti per affermare i propri valori e difendere i propri interessi, decide di sottomettersi”, ha scritto il capo del governo francese su X.” François Bayrou, Primo ministro francese

“Ue non è stata temuta abbastanza, non finisce qui”

”, Emanuel Macron, Presidente francese

“L’Europa si svende alle multinazionali Usa”Paolo Ferrero, Il fatto quotidiano

“Donald Trump non ha raggiunto un accordo con Ursula von der Leyen, ma piuttosto si è mangiato la presidente della Commissione europea per colazione“, Viktor Orbàn, Primo Ministro ungherese.

Ursula von der Leyen ha importanti elementi di discendenza americana (anzi, da proprietari schiavisti del Sud e politici coloniali e sudisti), che possono spiegare la sua particolare arrendevolezza verso Trump:“Von der Leyen’s father’s grandparents were the cotton merchant Carl Albrecht (1875–1952) and Mary Ladson Robertson (1883–1960), an American who descended from a planter family in Charleston, South Carolina. Her American ancestors played a significant role in the British colonization of the Americas, and she descends from many of the first English settlers of Carolina, Virginia, Pennsylvania and Barbados, and from numerous colonial governors. Among her ancestors were Carolina governors John Yeamans, James Moore, Robert Gibbes, Thomas Smith and Joseph Blake, Pennsylvania deputy governor Samuel Carpenter, and the American revolutionary and lieutenant governor of South Carolina James Ladson.”

Inoltre, c’è un mistero sul perchè  a Londra si faceva chiamare , anziché Ursula Albrecht, “Rose Ladson” come il suo antenato rivoluzionario americano. E’ legale? Perché in America tutti si cambiano il nome (per esempio i Drumpf, e, soprattutto Vance)?:”As an economics student at the London School of Economics in the late 1970s, she lived under the name Rose Ladson, the family name of her American great-grandmother from Charleston, South Carolina.”
Si ha l’impressione che ci Siano tante cose nascoste da fare dimenticare. Anche la famiglia del marito (il famigerato consulente della Pfizer), pur avendo un cognome identico a quello di antichissimi principi del Sacro Romano Impero, discende in realtà dall’ “aristocrazia della roba”(erano i “padroni” di Krefeld, contro cui fu fatto uno storico sciopero) fu nobilitata  da Napoleone, ed era di religione mennonita, una setta estremista erede degli Anabattisti di Muentzer, presente in USA e Ucraina.

Tutto ciò può avere avuto un’influenza sul comportamento nelle trattative con Trump (Drumpf?)(della Presidente che d’ora in avanti chiameremo con il suo alias britannico: Rose Ladson)

I continui cedimenti della Commissione UE alle esorbitanti pretese di Trump  hanno comunque fornito, se ancora ve ne fosse bisogno, la dimostrazione più schiacciante della falsità del discorso politico dell’ establishment, tanto occidentale, quanto europeo (e italiano), sulle principali, anzi, esistenziali,  questioni oggi sul tavolo, e in particolare su:

1.IL “CONTINGENTAMENTO DEL CAPITALISMO EUROPEO” (come prevedeva Trockij più di 100 anni fa). Claudia Perina ha scritto su La Stampa: ”La partita dei dazi finisce quindici a zero, con numeri mostruosi di contorno. Acquisti di petrolio e gas dagli Usa per 750 miliardi di dollari, investimenti garantiti in America per altri 650 miliardi da parte della nostra industria, una ‘tassa sull’amicizia’ così enorme da rendere increduli sulla sua effettiva applicazione. Poi, pure la beffa perché nelle dichiarazioni seguite all’incontro con Ursula von der Leyen il Paparino prometterà di essere gentile con i Paesi che non hanno trattato accordi: pagheranno tariffe del 15 o del 20. Insomma, abbiamo negoziato per mesi per ottenere un risultato poco distante o forse identico di chi al tavolo non si è neanche seduto.

Difendere l’indifendibile è un problema alquanto italiano, gli altri non provano nemmeno a nascondere la delusione o addirittura l’allarme per le conclusioni di questa difficile partita, che si somma alle onerosissime intese sulla difesa continentale “.

2.L’ILLOGICITÀ DELL’INTERO MECCANISMO: IL “SURPLUS COMMERCIALE” CON GLI USA È UN FATTO FISIOLOGICO, NON GIÀ PATOLOGICO: esso è già abbondantemente compensato (se non causato) da un surplus dei “servizi” americani, che, pur essendoci “venduti” come servizi, in realtà sono i lacci e lacciuoli che servono a controllare le società europee: telecomunicazioni; internet; basi militari; industria culturale; entertainment; licenze; consulenze; banche…; eliminarlo con un accordo intergovernativo (come quelli che si facevano nel COMECON) è comunque un intervento dirigistico della potenza egemone, che smentisce la pretesa natura “liberale” dell’ Occidente, e ribadisce invece la sua sostanza tirannica Come scrive Paolo Ferrero su “Il Fatto Quotidiano”, “Si tratta di una bugia colossale, priva di ogni fondamento. Nei rapporti tra Usa e Ue infatti gli Usa hanno un disavanzo di 213 miliardi per quanto riguarda le merci ma hanno un avanzo di 156 miliardi per quanto riguarda i servizi e di 52 miliardi per quanto riguarda i capitali.In sostanza il disavanzo economico reale tra Usa e Ue è di 5 (cinque) miliardi. Avete letto bene: cinque! Per riequilibrare questi 5 miliardi di disavanzo l’Unione Europea accetta di beccarsi una mazzata colossale a partire dai dazi dal 15 al 50% per tutte le merci che esporta in Usa.”

3.LA DEVASTANTE ESSENZA VASSALLATICA DELL’ACCORDO: Non ci saranno nuovi dazi per le tutte le merci USA vendute in Europa (altro che “dazi reciproci”!), bensì un colossale trasferimento di denaro dall’ Europa all’ America, tale da portare le nostre economie alla recessione, se non al collasso. Al tutto va sommato l’effetto cambio che raddoppia il vantaggio americano. In cambio della pretesa “riduzione” dei tassi dal 30% al 15%, il presidente USA ha ottenuto le seguenti, sanguinose, ulteriori concessioni europee in ordine a:

a)esenzione fiscale per tutte le tutte le Big Tech (che già godono di fatto di esorbitanti privilegi)Cfr. Ferrero”Un mese fa, i paesi del G7, su pressione degli Usa, hanno deciso di non applicare la tassa minima globale sulle multinazionali. in sede di discussione del bilancio pluriennale 2028-2034, ed  eliminato dalla proposta anche la digital tax, prelievo mirato a colpire i big della rete come Google, Meta e Amazon.

Dopo queste decisioni, le aziende Usa che vendono servizi all’Unione Europea, non vengono quasi tassate in quanto hanno tutte sede in Irlanda che praticamente si comporta come un paradiso fiscale. Emblematico l’esempio di Microsoft che nel 2020 ha realizzato nella filiale europea sita in Irlanda 314,7 miliardi di profitti ma non ha pagato un euro di tasse.  il negoziatore per la Ue sulla tassazione sui servizi era il presidente dell’Eurogruppo che guarda caso è Paschal Donohoe, proprio il ministro irlandese delle Finanze protagonista della trasformazione dell’Irlanda in un paradiso fiscale per soli ricchi…. Ovviamente nulla gli Usa pagano per i 52 miliardi di trasferimenti finanziari…”

b)” l’abolizione delle regole europee relative al cibo (OGM, Carne agli ormoni, etc etc). Se confermata, questa deregulation significherà che l’Unione Europea ha deciso di distruggere oltre all’industria anche l’agricoltura, in particolare quella di qualità”.

c)”L’abolizione delle regole europee attraverso cui viene approvata la messa in commercio dei nuovi farmaci: per l’Europa vale il principio di precauzione per cui un farmaco viene messo sul mercato solo quando è stato verificato che non è nocivo. Viceversa negli Usa un farmaco può essere immesso immediatamente sul mercato e ci resta fino a quando venga provato che è nocivo”.

d)Investimenti in USA per 600 milioni.

La stessa Commissione ha dovuto smentire ufficialmente la von der Leyen poche ore dopo l’incontro perché non è nei poteri della Commissione costringere il settore privato a acquistare idrocarburi o fare degli investimenti in America, come si faceva nell’ URSS. Ma la von der Leyen non ha neanche avuto il coraggio di dirlo nella conferenza stampa (e comunque si è prestata a una mascherata da venditori ambulanti). Vedremo ora come va a finire.

e)importazione massiccia di gas liquido a prezzi esorbitanti, per 750 miliardi di dollari (stesso discorso);

f)acquisto delle armi in USA con gli 800 miliardi del “ReArm Europe”. Qui la competenza è degli Stati membri.

3.LA DISTRUZIONE DI 80 ANNI DI SFORZI PER EMANCIPARCI DALLO STATUS DI “SCONFITTI” (“VAE VICTIS!”)

Abbiamo lavorato per intere generazioni nell’ industria europea (in concorrenza, tra l’altro, con le imprese americane) per arrivare alla fine della nostra vita, grazie a “Rose Ladson”,  al risultato pratico (80 anni dalla fine della guerra) di trasferire massicciamente in America i nostri soldi e i nostri dati (oltre che le nostre imprese, come quelle del Gruppo Stellantis, la cui sede operativa è stata appena trasferita a Detroit, mentre la Marelli va in “Chapter 11”=amministrazione controllata, davanti a un tribunale del Delaware).

Come scrive Perina:  “Non ci sono più partner, per Washington, ma solo potenze concorrenti e piccole potenze da mettere in riga sui commerci, sulla difesa, su tutto. Si comincia a comprendere la portata della narrazione Maga sull’Europa parassita, che il centrodestra aveva derubricato a posizione da comizio ma era tutt’altro: la base ideologica della cancellazione di una partnership privilegiata. È un trauma scoprire che Trump non è un ‘Taco’, un cultore dell’esagerazione che però fa sempre marcia indietro, né un amico capriccioso ma alla fin fine ragionevole e manovrabile. È una brutta botta rendersi conto che il vantato legame con lui potrebbe rivelarsi una relazione imbarazzante e forse pericolosa per il consenso, perché hai voglia a dire Make West Great Again: qui il grande vincitore è solo l’America, tutti gli altri e anche gli italiani devono aprire il portafoglio per tagliare le tasse americane, aumentare l’occupazione americana, sostenere le merci americane, in cambio (forse, vedremo) della clemenza del leader americano”.

4.LA SCOMPARSA DEL MILLANTATO “BAZOOKA”DELLA UE: Nessun Paese, dal Canada alla Cina, è stato così servile verso Trump come l’ Europa. “Rose Ladson” è andata da Trump in un resort scozzese di sua proprietà privata, dove Trump stava gestendo i propri affari privati, e, parlando in Inglese, ha accettato tutte le sue condizioni. Una UE  così serve soltanto a formalizzare i “Diktat” dell’ America, in modo che essi diventino vincolanti per gli Europei. Come fare per continuare a persuadere i cittadini a sostenere la UE? E,  pensare che, nel caso europeo, per “mettere al loro posto” gli USA, non ci sarebbe neanche bisogno della paventata “guerra commerciale” di cui tanto si discute, bensì solo di applicare infine seriamente almeno le norme esistenti da decenni (e di cui tanto ci vantiamo vanamente: il preteso’”Effetto Bruxelles”!): quelle del WTO (di cui i dazi costituiscono una plateale violazione); quelle del DGPR, violate per prima dalla Commissione; quelle dell’ Antitrust (soprattutto americano); le Sentenze Schrems; lo “Strumento Anti-Coercizione”; il Golden Power; la minimum tax, e, “last but not least”, quelle sul regime linguistico dell’ Unione Europea (l’Inghilterra non è più uno Stato membro)!……La disapplicazione generalizzata di tutte le norme, nazionali, europee e internazionali, nei confronti degli USA e dei loro cittadini (l’“American Privilege”), costituisce una situazione coloniale, e una vera e propria omissione di atti di ufficio, di cui le nostre Autorità dovranno rispondere ai loro popoli, ma anche   ai tribunali, oltre che la smentita di trecento anni di bugie sui “valori umanitari”, sullo “Stato di diritto” e sulla “democrazia internazionale”. Tutti parlano di “autonomia strategica” dell’Europa, ma questa non è possibile fintantoché vi sarà una sudditanza di fatto e concettuale, come quella sintetizzata nell’ incontro in Scozia (”la genuflessione di Ursula”).Ma anche i Francesi e i Tedeschi, che si lamentano delle concessioni fatte da “Rose Ladson”, potrebbero, se volessero, ribaltare da subito la situazione, impugnando gli accordi in Consiglio e in Parlamento e rilanciando le procedure contro i GAFAM aperte e mai concluse. Consiglio e Parlamento possono non ratificare! Vediamo quanto coraggio avrà Macron. E anche noi, perché non creiamo un movimento “di base” su questo tema?

5.L’ABBANDONO DELLA “POLITICA DEI DUE FORNI”: in un momento in cui la ripresa del dialogo con la Cina, a 50 anni dell’ avvio dei rapporti diplomatici, sarebbe stata appena ovvia, se non necessaria (come ribadito dall’ inviato cinese in Europa), l’incontro protocollare a Pechino, con Xi Jinping, di Ursula von der Leyen, Antonio Costa e Kaja Kallas è stato ridotto al minimo, per rispecchiare la freddezza nei rispettivi rapporti, che sarebbero invece, come vedremo, l’ unica alternativa alla sudditanza a Trump. Anzi, perfino il comunicato congiunto conclusivo non è altro che un collage di accuse UE alla Cina. Eppure, il PIL americano è stimato (in IMF Projections (2025)):in $30.51 miliardi, quello cinese in $40.72miliardi. Qual’è dunque il partner commerciale più interessante? Non certo gli USA. Se le esportazioni verso gli USA dovessero diminuire o essere meno profittevoli per via dei dazi di Trump, basterebbe incrementare quelle verso la Cina. Giustamente la Cina  ha umiliato come si merita la troika europea (von der Leyen, Costa e Kallas), facendola arrivare al Palazzo del Popolo in pullman, senza bandiere e senza inni (così sottolineando il carattere non statuale della UE)!

6.IL 5% DEL PIL IN “SPESA MILITARE”: fino a un anno fa, non era neppure pensabile il 2% (vedi Giorgetti); oggi, tutti  d’accordo sul 5%, solo perché lo chiede Trump, che lo interpreta come un pagamento dall’ Europa agli USA (ma bisognerà poi vedere che cosa se ne farà veramente, visto che non siamo stati capaci neppure di spendere i soldi del PNRR, e che nel 2035, con la Singularity e i missili ipersonici,  potrebbero non esserci più né Trump, né la NATO, né l’Occidente, né la stessa Umanità ). Comunque, per fortuna questo impegno non è vincolante, perchè non realistico. Secondo Politico,” it’s unlikely the trade deal will boost U.S. weapons purchases by EU countries more than originally planned…European officials quietly clarified nothing concrete on arms had been agreed.” 

Tra l’altro,“Last year’s report on EU competitiveness by former European Central Bank chief Mario Draghi found that 78 percent of the €75 billion EU countries spent on defense between June 2022 and June 2023 went outside the bloc, with 63 percent going to the U.S.”

Impossibile fare di più.

6.COME SPENDERLO?: Tutti danno praticamente per scontato che questi 5% verranno spesi esattamente come dice Trump, cioè per armamenti “maturi” fabbricati in USA (che in fondo l’ Europa già ha, o almeno aveva, prima di darli all’ Ucraina) e inviati in Ucraina dagli Europei, prendendosi le ire della Russia al posto dell’ America. Così facendo, non si risolverebbero certo i gravi problemi della difesa europea, cioè: l’impossibilità di negoziare alla pari con gli avversari come fanno gli USA; l’assenza di un’ ideologia “europea” da difendere,  di basi tecnologiche avanzate,  di un comando unico, di un’intelligence unica e agguerrita, di un adeguato deterrente missilistico e nucleare…Si finanzierebbero soltanto il bilancio americano e le guerre per espandere la NATO.

Macron dice che l’Europa dovrebbe “essere temuta”. Ma come fa ad essere temuta se non ha un’ideologia, una classe dirigente, un servizio segreto, un’arma nucleare, una propria industria militare? E’ lì che l’Europa dovrebbe spendere il suo 5%.

7.NATO ED EUROPA “FUNZIONARI” DEL PRESIDENTE AMERICANO, PIÙ ZELANTI DELLO STESSO TEAM PRESIDENZIALE (infatti il segretario olandese della NATO, Rutte, ha esultato fantozzianamente per la decisione sul 5%, definendola “una vittoria di Trump-chiamato affettuosamente “paparino”- contro la UE” :“com’è umano Lei!”), e, a sua volta, Giorgia Meloni si è affrettata a dichiarare in Parlamento che non ha nessun’intenzione di spendere quei soldi per una difesa europea, che costituirebbe “una duplicazione della NATO” (frase copiata esattamente da ciò che diceva il Pentagono già quarant’anni fa).

8.L’ARTICOLO 5 DEL TRATTATO NATO, che (proprio a causa del suo tenore vaghissimo, ben evidenziato da Trump), non ha mai creato alcun tipo di automatismo, né tanto meno alcun obbligo degli USA d’ intervenire (autodistruggendosi) con l’arma atomica per fare un favore agli oligarchi Europei. Men che mai ora gli USA hanno alcun’intenzione di interpretare quell’ articolo come sancente un siffatto obbligo, perché, come chiarito ad abundantiam da Trump e da Vance, essi non sentono nessun legame particolare con noi, che considerano con disprezzo come dei “parassiti”. Invece, noi dovremmo subire automaticamente eventuali reazioni russe, perché ospitiamo le testate nucleari americane (ne sono state spostate alcune appena ora nel Regno Unito). E, nonostante noi ben sappiamo tutto ciò, ci ostiniamo a voler coinvolgere gli USA nella nostra difesa.

9.EUROPA E TRUMP: Come ha dichiarato Romano Prodi, “la destra europea, a cominciare da quella italiana, appoggia il presidente degli Stati Uniti come i vecchi partiti comunisti seguivano l’ URSS.”Tra l’altro, parecchi “occidentali” , come per esempio Salvini (e, indirettamente, Trump, Vance e Musk), sono degli ex “progressisti”, tant’è vero che Trump e Zelenskij salutano ancora con il pugno sinistro chiuso (mentre altri  prediligono il destro teso, che non è affatto un saluto fascista, né europeo, bensì è per eccellenza il saluto americano alla bandiera, il “Balch Salute” o “Bellamy Salute”, scopiazzato da d’Annunzio nelle “Notti di Cabiria”, e, dopo di lui, dai movimenti fascisti), oppure la sua versione post – Seconda Guerra mondiale, quella con la mano sul cuore.

D’altra parte, lo squilibrio fra le due parti è abissale. Come ha detto Luca Caracciolo: “Da una parte tu hai il presidente Trump, che è il presidente eletto del numero uno, e dall’altra parte c’è la signora von der Leyen che chiaramente non capisce nemmeno quello che sta dicendo e che soprattutto non rappresenta assolutamente i 27 paesi“. In queste condizioni, “L’accordo? È stato finora, almeno nei confronti degli europei, un negoziato di Trump con se stesso“, prosegue il giornalista. La controparte, a suo giudizio, semplicemente non c’è.

10.L’ “AMERICA-MONDO”: alla fine del XX° Secolo, Antonio Valladâo aveva scritto il libro “Il secolo XXI sarà americano”, in cui descriveva il mondo come oramai fagocitato dall’ America (l’”America-Mondo”), seppure in una versione “woke” e latina. Questi decenni sono stati segnati proprio dalla lotta della “maggioranza del mondo” per smontare questa prospettiva. Il compito dei diversi presidenti americani è stato invece quello di tentare (apparentemente senza successo) di difenderla. Trump vuole dare agli Americani e ai filoamericani sparsi nel mondo l’impressione che quella prospettiva sia ancora attuale, e pertanto si comporta di proposito con arroganza, come se fosse ancora il padrone del mondo, per vedere chi si fa impressionare. Arroganza che funziona perfettamente almeno con l’Europa di “Rose Ladson”, spalleggiata da Giorgia Meloni, che si confermano come sue  vassalle (è il caso di dirlo) “a prova di bomba”.

11.L’“ECONOMIA ESTRATTIVA”DEGLI USA: Secondo Il Sole 24 Ore di domenica scorsa, gli Stati Uniti avrebbero subito, con Trump, una“mutazione”, nel senso di divenire un’ “economia estrattiva”, che sopravvive “estraendo ricchezza” dagli altri Paesi (in particolare, dagli alleati). In realtà, di “economia estrattiva” avevano già incominciato a parlare  all’ inizio del nostro secolo Evgeny Morozov e Shushanna Zubow, riferendosi per altro alle grandi multinazionali (sempre americane) del web, che, di fatto, costituiscono la punta di diamante del colonialismo economico statunitense, in quanto spostano fra i continenti  enormi quantità di denaro (e di potere), senza che il fenomeno venga nemmeno percepito. Nel fare ciò, esse non hanno fatto altro che proseguire con i nuovi mezzi tecnologici quanto fatto da decenni dalle imprese di servizi americane (banche, società di revisione, società di consulenza, studi legali), che controllano da sempre i gangli vitali dell’economia occidentale, avendo “ucciso” (con il fattivo supporto del Governo Americano e dei suoi agenti segreti, tutti i possibili concorrenti: Olivetti, ENI, Concorde, Auditel, EADS…).Così, anche l’esorbitante privilegio per i GAFAM è solo l’ultimo anello di una catena che ci porta diritti al dominio globale delle macchine intelligenti: la Singularity.

 Leonardo Sinigaglia ha commentato su Quora: “A prima vista potrebbe sembrare un trattato di pace siglato dopo la resa incondizionata di un paese a un suo nemico, ma si tratta in realtà dell’accordo imposto dal presidente Trump ai suoi ‘alleati’ europei. Una vera e propria umiliazione che ha definitivamente archiviato qualsiasi surreale idea riguardo alla pretesa ‘autonomia’ dell’Unione Europea e al suo essere qualcosa di diverso da un’entità al servizio degli Stati Uniti, la cui azione ed esistenza è possibile esclusivamente nei modi, nei tempi e negli spazi decisi da Washington. Si tratta di un vero e proprio ‘trattato ineguale’, simile a quelli che le potenze occidentali imposero alla Cina nella seconda metà del XIX Secolo, a cui ora proprio i paesi europei sono costretti da quello che ci è stato presentato come il nostro più fedele e disinteressato alleato.”

Questo ci affratella più che mai con la Cina e con l’ India, due millenari imperi che, nel XIX° Secolo, furono costrette, come noi, a subire due umilianti declassamenti, appunto con i “trattati ineguali” e con la cerimonia feudale del Durbar.

La conseguenza per il futuro è che, a meno di uscire dall’ Occidente, l’Italia (e l’ Europa) saranno condannate a una decadenza programmata e senza fine, come la Cina e l’India fino alla loro totale indipendenza: “E’ evidente che non possa esserci futuro, che non possa esserci vita in Occidente. L’Italia non è chiamata a scegliere tra ‘contare nel mondo’ come parte dell’Europa o l’irrilevanza alla quale la condannerebbe il ‘sovranismo’, ma tra esistere fuori dall’Occidente o incancrenirsi fino alla morte all’interno di esso.”

VIA I FANATICI DELL’APOCALISSE ! “Instaurare un dialogo con il Sud del mondo” (Guido Crosetto)

Le affermazioni estremamente critiche, all’ Università di Padova,  del Ministro Crosetto sull’ONU, sulla NATO e sull’ Unione Europea (“la NATO non ha più ragione di esistere” sono un’ulteriore conferma del fatto che la cultura politica dell’ “Establishment” occidentale è assolutamente inadeguata al mondo di oggi (secondo Crosetto, è indietro di 30 anni).

D’altro lato, la Russia non si stanca di ripetere che l’unico modo per giungere a una pace duratura è costituito dal rimuovere le ragioni di fondo delle attuali guerre, ragioni espresse fino dal 2021 in proposte ufficiali agli Stati Uniti, alla NATO e alla UE. Purtroppo, arrivare a comprendere e risolvere veramente siffatte questioni è complesso, laborioso e controverso, sì che nessuno è disponibile a farlo, se non costrettovi, come sta accadendo  appunto con  la „Guerra Mondiale a Pezzi” che si sta trasformando in una vera e propria “Terza Guerra Mondiale”. Occorrerebbe infatti un’analisi storica, filosofica, tecnologica e strategica, che siamo qui in grado appena di accennare. Tali ragioni sono molteplici ed apparentemente disparate, ma possono essere riassunte, a nostro avviso, nelle conseguenze geopolitiche della secolarizzazione delle grandi religioni mondiali (il Cristianesimo, ma anche l’ebraismo e l’Islam).

Viviamo oramai da tempo in un’era iper-apocalittica, in cui le diverse apocalissi (mazdea, cristiana, islamica, ideologica  e tecnologica) si fondono e s’inverano in concrete realtà storiche, fino ad assorbire l’intera realtà. Apocalissi che costituiscono da sempre un paradigma diffuso in molte culture, e, in particolare, in quelle eredi delle religioni occidentali di salvezza, ma che proprio la secolarizzazione ha reso finalmente complete, e intelleggibili al di là delle diverse cortine fumogene. La Fine del Mondo è tutt’uno con la pretesa delle religioni di inveramento della perfezione di salvezza: una hybris che scatena l’ Invidia degli Dei (“Fthonos ton theòn”) e la loro vendetta, come già nei casi della Cacciata dall’ Eden e del Diluvio Universale: un processo di lungo periodo, che s’identifica con la Modernità occidentale, e che per questo non potrà essere superato se non fuoriuscendo dall’escatologia occidentale.

Non stupisce quindi neppure che i discorsi sull’Intelligenza Artificiale  abbiano assunto, come da noi spesso rilevato, toni millenaristici, che ricordano più il fervore religioso che non la razionalità scientifica: «Più si ascoltano i dibattiti della Silicon Valley attorno all’Intelligenza Artificiale, più si sente l’eco della religione»,  ha scritto, su «Future Perfect», Sigal Samuel, che da anni si occupa dell’intreccio tra scienza e religione. E del resto, per Manuel De Landa, l’anima stessa dell’ Intelligenza Artificiale è la Cyberguerra, quella che domina la geopolitica attuale (Starlink, Iron Drome, Oreshnik) e che costituisce, per comune sentire, l’avvio concreto di un finale apocalittico (cfr. “La guerra nell’ era delle macchine intelligenti” di Manuel De Landa).

Non per nulla la Chiesa cattolica sta divenendo la maggiore interfaccia dei giganti del web, grazie anche alla formazione matematica del Papa americano.

1.Le radici persiane della Modernità

Se l’idea  di Modernità è nata concretamente dalla “scoperta” dell’America –  dalla sintesi fra, da un lato, la volontà di Cristoforo Colombo di realizzare le profezie bibliche e di Crociata, e, dall’ altro, e quella di Moro e di Bacone di sfruttare la conquista delle Americhe per realizzare utopie tecnologiche e sociali-, tuttavia, storicamente, il paradigma apocalittico si era già manifestato ben duemila anni prima, nella Persia Achemenide, ove la storia mondiale era stata descritta per la prima volta come un’epica lotta fra il Dio del Bene e il Dio del Male, che si sarebbe conclusa con una fase storica di conflittualità esasperata (“Frašō.Kǝrǝti”), durante la quale il Dio del Male (Agra Mayniu) sarebbe stato prima incatenato per mille anni (il Millennio, “Hazar”), per poi scatenarsi nella lotta finale contro il Salvatore (Shaoshant). Lo stesso imperatore persiano era identificato, nelle epigrafi di Behistun e Naqs-i-Rustam, con un  Salvatore, perché, inviato in missione nel mondo per conto del Dio del Bene, doveva imporre la pace fra i popoli. “Frašō.Kǝrǝti” ,che, in Avestico, significa “rendere perfetto”,  designa il rinnovamento e trasfigurazione del Creato, dopo la sconfitta del Male. La Pace veniva  identificata già allora con la sottomissione con l’Impero Universale, come avverrà più tardi con l’idea stessa di “Islam” e con quella di “Pace Eterna nel  Regno” nell’ Impero Germanico, sfociando, infine , nella sistemazione postbellica intorno ai vincitori della IIa Guerra Mondiale e nell’ idea, connessa, della Fine della Storia. Grazie ad esso, il mondo sarebbe divenuto “senza età, senza decadenza, non marcirà, non si putrefarà, vivrà per sempre, prospererà per sempre,” (Yt. 19.11.89). I morti risorgeranno, rianimati da colui che non decade, e la vita sarà creata di nuovo in modo eccellente e perfetto. La falsità sarà scacciata dalla buona creazione,  verso quel luogo da cui era venuta per il suo scopo distruttivo (Yasn) Il Buon Pensiero (vohu- manah-) prevarrà sul Pensiero Malvagio (aka- manah), la Parola pronunciata correttamente (ərəžuxδa- vac-), la Totalità (hauruuatāt-) e l’Immortalità (amərətatāt-) vinceramno sia la Fame (šud-) che la Sete (taršna-), e infine Aŋra Mainiiu  si ritirerà impotente (Yasn). La terra diverrà piana e livellata (Bundahišn); cielo e terra si uniranno e l’intera creazione dimorerà in eterna beatitudine insieme a Ohrmazd e agli Amahraspand.”

A questa idea della Fine della Storia accennava la Bibbia, ma le descrizioni fattene nelle posteriori teologie cristiana e islamica se ne erano poi discostate, sottolineando l’aspetto spirituale dell’ Apocalisse. Questo ha provocato i più violenti dissidi della storia, come quello fra Cristiani e Islamici, fra Sci’iti e Sunniti, fra Vecchi e Nuovi Credenti, fra Progresso e Reazione…

Paradossalmente ma non troppo, anche la democrazia compare , con Erodoto, per la prima volta nella storia, in connessione con la Persia, e più precisamente con Serse: prima, quale possibile scelta per l’ Impero Persiano; poi, quale strumento di sottomissione allo stesso, per fiaccare la resistenza delle aristocrazie delle poleis ioniche, inaugurando così il paradigma classico dell’ “esportazione della democrazia”: rivolta delle aristocrazie contro l’impero, “debellatio” e punizione dei “tiranni” (con relativa crocefissione, come nel caso di Samo), imposizione della democrazia, soggezione delle “democrazie” all’ impero. In realtà, nonostante le vittorie di Maratona e  di Salamina,la Grecia rimase nella sfera d’influenza persiana, e solo il barbaro monarca Alessandro riuscirà a rovesciare questo rapporto di forze. Forse anche per questo tutta la cultura greca classica e romana è stata unanimemente ostile alla democrazia.

2.Continuità del Messianesimo

In tutte narrazioni apocalittiche, la pace e la guerra sono state accoppiate, e non solo paradossalmente, come nei casi del Jihad, delle Crociate e della “Giustizia Infinita” di George Bush Jr.. ,fino all’idea di un Giudizio Finale. Ancora recentemente, la Pace Perpetua era stata ricollegata da Fukuyama alla Fine della Storia, grazie alla pretesa vittoria dell’Impero Americano sul comunismo.

I messianesimi ebraico, e poi cristiano e islamico, recavano dunque evidenti le tracce di quello mazdeo (Carsten Colpe). Il Messia (Măšīah, Christòs) era, nella Bibbia, un sacerdote guerriero, che veniva unto per propiziare l’esito della battaglia. Le guerre di Israele erano “le Guerre del Signore” e il modello del Messia venturo era stato  ripreso dal personaggio di Ciro, il re vincitore  che aveva permesso il ritorno del Popolo di Israele nella Terra Promessa, confondendosi così con l’immagine persiana di un Salvatore (Shaoshant, Jehoshuah).

Se, secondo Croce, “non possiamo non dirci cristiani”, a maggior ragione non possiamo neanche non dirci zoroastriani: la radice prima della visione occidentalistica della Storia non nasce, né in Grecia, né in Israele, bensì, come dimostrano Erodoto e la Bibbia, nell’ Impero Persiano. La “rivalità mimetica”(Toynbee, Girard) fra Persia e Israele, oscillante fra l’alleanza e il conflitto,  nasce già da questo parallelismo (cfr. il Libro di Ester, che fa da sfondo al conflitto Iraniano-israeliano). Il riferimento fatto da Nethaniyahu al “Leone che sorge” coglie un elemento comune nelle iconografie persiana imperiale e ebraica (il Leone di Giuda). Del resto, il fondatore dello Stato d’Israele è David Ben Gurion (“Il figlio del Leone”).Fuori luogo identificarsi automaticamente con Israele, quando Israele e Persia sono, sotto molti punti di vista, la stessa cosa. Basti pensare che il Libro di Esther si svolge tutto all’ interno della corte persiana.

La “secolarizzazione”  implica di evidenziare  ancor più l’ aspetto terreno delle guerre messianiche, che sono l’acme dell’inveramento della salvezza divina nella storia terrena (il primo elemento della quale è rappresentato dal ritorno del popolo d’Israele nella Terra Promessa).  Quest’idea dell’ “inveramento” è antica. Tanto San Paolo quanto Sant’Agostino mettevano in guardia contro le visioni immanentistiche della Parusìa, che  Agostino (Confessioni, Libro III, Capitolo 6) riferiva espressamente alla religione persiana dei Manichei, a cui egli stesso aveva aderito in gioventù, che, a suo avviso, descriveva il futuro escatologico come un’esplosione di piaceri sensuali.

L’ affermarsi dell’idea di un “inveramento” era stato fortemente favorito dal non verificarsi, nei secoli, della profezia della prossima venuta del Regno dei Cieli, una pecca che il Cristianesimo (ma anche l’Islam) hanno sempre voluto nascondere, o giustificare in modo cervellotico, tanto che lo stesso Sant’Agostino confessava di non avere capito le teorie di San Paolo sulla seconda venuta di Cristo. Non essendosi quest’ultima verificata, si era incominciato a teorizzare che essa consistesse in realtà in un processo di trasformazione tecnica e sociale dell’Umanità, processo che sarebbe già perfino incominciato. Insomma, la Seconda Venuta di Cristo quale storia del Progresso: il Cristianesimo quale “educazione del genere umano”(Lessing).

Già pensatori del Medioevo come Scoto Eriugena avevano ritenuto  di poter restituire all’essere umano, tramite la tecnologia, la perduta perfezione edenica, mentre, infine,  nel Novecento il gesuita francese Pierre Teilhard de Chardin (su cui pende ancor oggi un interdetto vaticano) aveva concepito come messianica l’esplosione di complessità e intelligenza da lui battezzata «Punto Omega». Attraverso vari passaggi, questo concetto è stato infine rielaborato in quella che il futurologo e direttore  di Google Ray Kurzweil ha definito «Singolarità Tecnologica»: il momento in cui l’intelligenza artificiale raggiunge il livello umano e poi lo supera di vari ordini di grandezza. La Singolarità, che in altre interpretazioni prevede anche la fusione tra essere umano e macchina, è oggi il fondamento di ogni interpretazione millenarista dell’intelligenza artificiale, che sfocia in quella “Costruzione di Dio” a cui anelavano già i “Costruttori di Dio” nell’ ambito della Rivoluzione d’ Ottobre.

C’è insomma “un filo rosso” millenario che lega alcune interpretazioni religiose a determinate teorie tecnologiche della Silicon Valley.

Così, la narrazione quasi religiosa dell’Intelligenza Artificiale ha oltrepassato i confini della fantascienza o della retorica ed è stata presa alla lettera: ad esempio, nel 2017 Anthony Lewandowski, cofondatore della startup di camion autonomi Otto, ha creato l’associazione religiosa “Way of the Future”, una vera e propria chiesa dedita «a sviluppare e promuovere la realizzazione di una divinità basata sull’intelligenza artificiale e che attraverso la comprensione e l’adorazione di questa divinità contribuisca al miglioramento della società».

4.Origini apocalittiche delle guerre in Palestina e in Ucraina.

In uno degli Avatar più recenti della narrazione apocalittica iraniana, una Hadith sci’ita, predice che, alla fine dei tempi, Gesù Cristo (“Isa bin Maryam”) e “Muhammad al-Mahdi” si uniranno dinanzi alle mura di Gerusalemme per sconfiggere (e uccidere) “ad-Dajjal” (il nome islamico dell’Anticristo), che la starà occupando. L’imperativo della rivoluzione khomeinista- quello di distruggere Israele-, nasce da questa profezia, sintesi dell’Apocalisse cristiana e dell’idea sci’ita del ritorno “dei Salvatori”, per una lotta finale che era stata prevista già dalle scritture mazdee (dall’ Avesta allo Zand- ī Wahman Yasn), ma che è divenuta ancor più urgente con la secolarizzazione, ch’è tutta concentrata sulla realizzazione terrena delle promesse messianiche.

Per questo Israele concepisce l’Iran attuale come un pericolo per la sua esistenza (per altro in modo speculare a come il mondo islamico percepisce Israele come una minaccia esistenziale a causa della profezia biblica di una Grande Israele che andasse dal Nilo all’ Eufrate).

Del resto, anche la Guerra di Crimea, uno dei più calzanti precedenti della guerra in Ucraina, aveva una stretta connessione con le vicende politiche  e religiose della Palestina. Infatti, la guerra era nata dalla pretesa dello Zar di attuare in pratica il principio, sancito giuridicamente nel Trattato di Küçük Kaynarca, della difesa, da parte della Russia, dei Luoghi Santi e dei  sudditi cristiani dell’ Impero Ottomano. A questa pretesa avevano reagito le potenze occidentali (a cominciare dal Regno di Sardegna), con un’invasione in piena regola della Crimea da parte di una “Coalizione dei Volenterosi” occidentali e progressisti, per stroncare le pretese egemoniche sull’Est Europa della Russia ortodossa. Da quella coalizione era nata l’alleanza occidentale che avrebbe poi appoggiato, tra l’altro, per una precisa scelta politica preparata da Cavour, l’unificazione italiana, dando origine alla concezione moderna delle Nazioni quali oggetto di una “religione civile”, di cui la Guerra di Crimea è stata un passaggio importante.

5.Chiliasmo e Katèchon

Tutte le pulsioni belliche del XX e XXI secolo nascono “lato sensu” dallo sforzo delle diverse Nazioni per l’”inveramento” dell’Apocalisse come previsto dalle loro Sacre Scritture. Le culture dell’epoca assiale (come ad esempio la concezione tragica dei Greci e l’idea cristiana del Katèchon) avevano mirato a por freno a quell’ansia di perfezione che era al contempo un “cupio dissolvi” (basti pensare ai sadhu indiani, gli ordini militari, ai flagellanti cristiani e islamici). Invece, le guerre tecnologiche sono una traduzione in termini materiali delle battaglie cosmiche descritte dalle Apocalissi, coerentemente con l’impostazione delle “Religioni Civili” della Modernità e della Post-modernità.

Le religioni dell’ Epoca Assiale, animate anch’esse inizialmente da un’aspirazione palingenetica (e quindi distruttiva dell’ esistente),  avevano in sé anche un freno, il “Katèchon” (“la forza che  trattiene”), di cui parlava già San Paolo. Invece, la versione secolarizzata di quelle stesse religioni ha voluto eliminare qualunque freno al “cupio dissolvi” che anima l’ascetismo puro di origine orientale.Le religioni dell’ Epoca Assiale ne sono risultate modificate, e, anzi, stravolte: il Puritanesimo è sfociato nella “Singularity”; l’Ortodossia ha partorito il Cosmismo; la Qabbala’  si è trasformata in Sionismo; la Sci’a ha generato la tecnolatria “Hojjatiyye” (quella di Ahmadinejad), o addirittura Bahai. Oggi, assistiamo proprio allo scontro inevitabile fra queste teologie secolarizzate, specularmente identiche fra di loro per la cosiddetta “rivalità mimetica” (convergendo tutte in un giudizio negativo sul mondo e sulla necessità della sua distruzione), le quali vorrebbero imporsi ciascuna all’umanità intera come la “vera” modernità (i “Fanatici dell’ Apocalisse” di cui scriveva Norman Cohn). La rincorsa verso sempre più catastrofiche armi di distruzione di massa risponde quindi non solo a esigenze di tecnica militare, bensì soprattutto a questo “cupio dissolvi”, che ne costituisce la contropartita ideologica (cfr.Miguel De Landa,”La guerra al tempo delle macchine intelligenti”).

In questo contesto è più facile comprendere e spiegare le contrapposte retoriche della Pace: dai 14 Punti di Wilson, dal pacifismo filo-nazista di Chamberlain, Weil e Giono, al One-Worldism di Wilkie, al discorso alle Nazioni Unite di Eleanor Roosevelt, al ruolo della pace nel Manifesto di Ventotene e nella Dichiarazione Schuman, al movimento per la Pace favorito dall’ URSS: una serie di opposte “captatio benevolentiae” dell’ opinione pubblica mondiale per spianare la strada alla propria “pace”, occultando il fatto ch’essa sarà conquistata con la guerra. Dei più recenti sviluppi tecnologici viene così evidenziato solo l’aspetto salvifico, dei miracoli che fanno dimenticare la condizione creaturale e alimentano ambizioni quasi divine, mentre si nascondono le infinite ricadute negative nei campi politico, psicologico, ecologico, ecc…, intrinsecamente connesse all’”eterogenesi dei fini” (Wolf).

5.Dalla lite Musk–Trump alle critiche di Crosetto

Mentre, in questa competizione fra opposti messianesimi,  tutti aspirano al “regime change” degli altri (la Kallas a quello della Russia, Putin a quello dell’ Ucraina, Nethanyahu e Merz a quello dell’ Iran), il solo modo per evitare la Fine della Storia intesa come guerra totale e presa di possesso del mondo da parte delle Macchine Intelligenti (“Singularity”) sarebbe costituito da un opposto “Regime Change” globale, con l’esautoramento ovunque dei Fanatici dell’ Apocalisse che detengono il potere in buona parte del mondo, e la ripresa di altre visioni del mondo non apocalittiche, che vengano a supporto concettuale delle correnti “catecontiche”.Per esempio, le idee estremo-orientali di Ahimsa, Satyagraha, Wuwei…Il Dialogo con il Sud del Mondo auspicato da Crosetto potrebbe aver luogo solo utilizzando un armamentario culturale capace di tenere insieme il senso occidentale della Storia con una saggezza sovratemporale come quella di Laotse, Confucio e Matteo Ricci.

La presa del potere da parte dei guru dell’ informatica rispetto allo Stato americano aveva costituito invece un’ennesima mossa dei “Fanatici dell’ Apocalisse” per evitare di essere travolti dalla rivendicazione, da parte della maggioranza del mondo, di principi di convivenza non fondati sugli autodistruttivi  miti chiliastici dell’ Occidente (Evgeny Morozov).Per esempio, con straordinaria tempistica, Musk ha approfittato dell’attacco israeliano all’ Iran per rimettere in gioco i suoi satelliti Starlink e confermarsi un attore di primo piano nella Terza Guerra Mondiale, con una capacità di incidere sugli equilibri geopolitici superiore a quelli dell’intera Europa, per non parlare della Lega Araba o, ancor peggio, dell’Organizzazione degli Stati Islamici (oramai obsolete). Non v’è chi non veda che si tratta di una situazione inaudita, che supera i casi, ritenuti abnormi già secoli fa, dei Medici, dei Fugger, della banca Schroeder, dei Rothschild, della Standard Oil, dei Sassoon, della Lockheed, imprenditori portatori di proprie politiche estere indipendenti dagli Stati ch’essi sostenevano (Stato Pontificio, Impero, USA, Napoleone, Trockij, Cina Nazionalista…). Un privato non dovrebbe avere addirittura il potere di decidere da solo le missioni nello spazio, un “compito comune” all’ intera Umanità (cfr. Fiodorov e Tsiolkovskij). Per questo l’avversario di Musk nel mondo MAGA, Steve Bannon,  sostiene giustamente che le imprese di Musk dovrebbero essere nazionalizzate.

La guerra in Iran costituisce così l’oggetto di un nuovo scontro, addirittura all’ interno del Mondo MAGA. L’ultradestra isolazionista vuole portare avanti le promesse elettorali di Trump su migrazione e lavoro, mentre i capitalisti tecnologici  confluiti su Trump all’ultimo momento, vogliono invece che gli USA  rafforzino grazie alla tecnologia la loro posizione di dominio globale (Schmidt e Cohen), unico modo, a loro avviso, per rispondere alla minaccia cinese.

Il carattere settario  del post-umanesimo è confermato dagli straordinari collegamenti riscontrabili  fra le biografie dei protagonisti del movimento, dai Cosmisti russi, a von Braun, alla famiglia Musk. Il nonno di Musk era a capo di una lobby chiamata “Technocracy”, che si adoprava  a favore controllo dei tecnocrati sulla politica. Nel 1948, Von Braun aveva scritto un romanzo di fantascienza in cui immaginava la colonizzazione di Marte; nel libro, il governo marziano era nelle mani di un leader di nome Elon. Oltre 70 anni dopo, Elon Musk è in procinto di realizzare il suo progetto di colonizzazione del pianeta rosso. Prima e durante la Seconda Guerra Mondiale, il barone tedesco Wernher von Braun era un maggiore delle SS, molto fedele a Hitler, figura chiave nello sviluppo della missilistica nella Germania nazista; creò una serie di armi letali, tra cui i razzi V2. Dopo la guerra si arrese agli americani che decisero di non rinunciare al suo genio e di impiegarlo in progetti di grande importanza, prima con l’esercito poi con la NASA, dove divenne il fondatore del programma spaziale e con il suo Saturn V guidò le missioni Apollo sulla Luna.

La Stella Rossa, che compariva sui colbacchi dei Soldati sovietici, era proprio Marte, il dio della guerra, dove, secondo Bogdanov, sarebbe già stato instaurato il comunismo. Chi leggeva le opere dei Cosmisti russi, e, in particolare, quelli di Tsiolkovskij (fondatore dell’ astronautica), e di Bogdanov (autore del “Pianeta Rosso”) era proprio von Braun, come dimostrato dal materiale trovato nella base nazista di Peenemuende, dove egli realizzava i missili V2.

Assolutamente fuori luogo invocare, in queste battaglie, vecchi stereotipi resistenziali o maccartisti: nel percorso storico del post-umanesimo ci sono cristiani e atei, socialisti e nazional-socialisti, capitalisti e nazional-religiosi. In realtà, ciascuna delle “eresie” post-umanistiche  è suscettibile di interpretazioni contrastanti, ed è per questo che, anche all’ interno di ciascuna area di civiltà, sono presenti forti tensioni sul reale significato di quelle ideologie e sul loro futuro orientamento, che si traducono nei conflitti che rendono sempre più probabile la IIIa Guerra Mondiale. Negli Stati Uniti, ve ne sono due autorevoli interpretazioni: fra chi, come il fronte “Woke”, lega il postumanesimo alla realizzazione del progetto “progressista” del livellamento generale, prodromo del governo mondiale, e chi, invece, ne vede soprattutto le implicazioni sulla struttura della società, che, sotto l’impulso dell’informatica, tende all’onnipotenza del potere informatico-militare. Il compito degl’intellettuali europei è quello di gettare le basi per il superamento  di ambedue quelle correnti, così come delle altre sette post-umanistiche,  sfruttando dialetticamente questo momento di “lotta di tutti contro tutti”. Sono incoraggianti anche a questo proposito le parole di Crosetto:«Una volta Usa ed Europa erano il centro, ora c’è tutto il resto con cui va costruito un rapporto. Se la Nato nasce per garantire la pace e la mutua difesa o diventa un’organizzazione che si prende questo compito parlando con il Sud del mondo, diventa quindi qualcosa di profondamente diverso, oppure non raggiungeremo l’obiettivo di avere sicurezza all’interno di regole che valgano per tutti».

DA LEONE XIII A LEONE XIV: FRA “SOCIETA’ ORGANICA”, AMERICANISMO E POSTUMANESIMO

Com’era da aspettarsi, l’elezione del nuovo Papa ha aperto, nella pubblicistica e sui social, delle vere e proprie cataratte d’ interpretazioni, a cominciare dalla scelta del nome, dall’appartenenza all’ordine agostiniano, fino alla sua origine americana. Ci  pare perciò che sia utile fornire alcune sintetiche informazioni che servano a demistificare le ardite costruzioni fatte dai vari pubblicisti in base a semplicistiche contrapposizioni fra progressisti” e “conservatori”, “Yankees” e “Latinos”, ecc..

Cominciamo dal nome

Leone XIII viene ricordato quale papa delle encicliche: ne scrisse ben 86. La sua più famosa enciclica fu la Rerum Novarum, con cui formulò i fondamenti della dottrina sociale della Chiesa, però ce ne sono anche altre:

Diuturnum Illud (1881): dove si affermava che la Chiesa non fa preferenza di regime politico (quindi, nessun pregiudizio democratico), purché esso rispetti il diritto di Dio. Attraverso un modo di elezione non si dà la potestà (che viene solo da Dio), ma si stabilisce soltanto chi debba essere colui che la detiene;

-Humanum genus (1884): l’enciclica considera la fine del XIX secolo un’era pericolosa per i cristiani e condanna la massoneria, così come una serie di pratiche connesse con questa, compreso il naturalismo e la sovranità popolare.

1.La Dottrina Sociale della Chiesa

La Rerum Novarum (del 1891),  fu la prima eciclica sociale, con cui defini’ la dottrina sociale della Chiesa cattolica. Come si puiò vedere da alcune citazioni, la dottrina sociale delineata da Leone XII era ben diversa dalle ideologie seguite poi in pratica  nel XX secolo dalle varie Democrazie Cristiane, e non ha più nulla a che vedere con la società di oggi.Cominciamo dall’ elogio delle corporazioni dell’ “Ancien Régime”:“Poiché, soppresse nel secolo passato le corporazioni di arti e mestieri, senza nulla sostituire in loro vece, nel tempo stesso che le istituzioni e le leggi venivano allontanandosi dallo spirito cristiano, avvenne che poco a poco gli operai rimanessero soli e indifesi in balda della cupidigia dei padroni e di una sfrenata concorrenza. Accrebbe il male un’usura divoratrice che, sebbene condannata tante volte dalla Chiesa., continua lo stesso, sotto altro colore, a causa di ingordi speculatori. Si aggiunga il monopolio della produzione e del commercio, tanto che un piccolissimo numero di straricchi hanno imposto all’infinita moltitudine dei proletari un gioco poco meno che servile.”

Passiamo poi alla famiglia patriarcale, che, ai suoi tempi, era ancora una realtà:“La patria potestà non può lo Stato né annientarla né assorbirla, poiché nasce dalla sorgente stessa della vita umana. I figli sono qualche cosa del padre, una espansione, per così dire, della sua personalità e, a parlare propriamente, essi entrano a far parte del civile consorzio non da sé medesimi, bensì mediante la famiglia in cui sono nati. È appunto per questa ragione che, essendo i figli naturalmente qualcosa del padre… prima dell’uso della ragione stanno sotto la cura dei genitori. (S. Th. II-II, q. 10, a. 12)

Veniamo quindi al carattere tragico dell’ esistenza:”Si stabilisca dunque in primo luogo questo principio, che si deve sopportare la condizione propria dell’umanità: togliere dal mondo le disparità sociali, è cosa impossibile. Lo tentano, è vero, i socialisti, ma ogni tentativo contro la natura delle cose riesce inutile. Poiché la più grande varietà esiste per natura tra gli uomini: non tutti posseggono lo stesso ingegno, la stessa solerzia, non la sanità, non le forze in pari grado: e da queste inevitabili differenze nasce di necessità la differenza delle condizioni sociali. E ciò torna a vantaggio sia dei privati che del civile consorzio, perché la vita sociale abbisogna di attitudini varie e di uffici diversi, e l’impulso principale, che muove gli uomini ad esercitare tali uffici, è la disparità dello stato. Quanto al lavoro, l’uomo nello stato medesimo d’innocenza non sarebbe rimasto inoperoso: se non che, quello che allora avrebbe liberamente fatto la volontà a ricreazione dell’animo, lo impose poi, ad espiazione del peccato, non senza fatica e molestia, la necessità, secondo quell’oracolo divino: Sia maledetta la terra nel tuo lavoro; mangerai di essa in fatica tutti i giorni della tua vita (Gen 3,17). Similmente il dolore non mancherà mai sulla terra; perché aspre, dure, difficili a sopportarsi sono le ree conseguenze del peccato, le quali, si voglia o no, accompagnano l’uomo fino alla tomba. Patire e sopportare è dunque il retaggio dell’uomo; e qualunque cosa si faccia e si tenti, non v’è forza né arte che possa togliere del tutto le sofferenze del mondo. Coloro che dicono di poterlo fare e promettono alle misere genti una vita scevra di dolore e di pene, tutta pace e diletto, illudono il popolo e lo trascinano per una via che conduce a dolori più grandi di quelli attuali. La cosa migliore è guardare le cose umane quali sono e nel medesimo tempo cercare altrove, come dicemmo, il rimedio ai mali.  “

Le relazioni fra le classi sociali:”Innanzi tutto, l’insegnamento cristiano, di cui è interprete e custode la Chiesa, è potentissimo a conciliare e mettere in accordo fra loro i ricchi e i proletari, ricordando agli uni e agli altri i mutui doveri incominciando da quello imposto dalla giustizia. Obblighi di giustizia, quanto al proletario e all’operaio, sono questi: prestare interamente e fedelmente l’opera che liberamente e secondo equità fu pattuita; non recar danno alla roba, né offesa alla persona dei padroni; nella difesa stessa dei propri diritti astenersi da atti violenti, né mai trasformarla in ammutinamento; non mescolarsi con uomini malvagi, promettitori di cose grandi, senza altro frutto che quello di inutili pentimenti e di perdite rovinose. E questi sono i doveri dei capitalisti e dei padroni: non tenere gli operai schiavi; rispettare in essi la dignità della persona umana, nobilitata dal carattere cristiano. Agli occhi della ragione e della fede il lavoro non degrada l’uomo, ma anzi lo nobilita col metterlo in grado di vivere onestamente con l’opera propria. Quello che veramente è indegno dell’uomo è di abusarne come di cosa a scopo di guadagno, né stimarlo più di quello che valgono i suoi nervi e le sue forze. Viene similmente comandato che nei proletari si deve aver riguardo alla religione e ai beni dell’anima. È obbligo perciò dei padroni lasciare all’operaio comodità e tempo che bastino a compiere i doveri religiosi; non esporlo a seduzioni corrompitrici e a pericoli di scandalo; non alienarlo dallo spirito di famiglia e dall’amore del risparmio; non imporgli lavori sproporzionati alle forze, o mal confacenti con l’età e con il sesso.

Principalissimo poi tra i loro doveri è dare a ciascuno la giusta mercede. Il determinarla secondo giustizia dipende da molte considerazioni: ma in generale si ricordino i capitalisti e i padroni che le umane leggi non permettono di opprimere per utile proprio i bisognosi e gli infelici, e di trafficare sulla miseria del prossimo. Defraudare poi la dovuta mercede è colpa così enorme che grida vendetta al cospetto di Dio. Ecco, la mercede degli operai… che fu defraudata da voi, grida; e questo grido ha ferito le orecchie del Signore degli eserciti (Giac 5,4).”Dunque, per Leone XIII, il Cristiano è “homo hierarcicus”, come Dumont definiva gl’Indiani.

Priorità del bene spirituale sulla cura dell’ economia:”Ma la Chiesa, guidata dagli insegnamenti e dall’esempio di Cristo, mira più in alto, cioè a riavvicinare il più possibile le due classi, e a renderle amiche. Le cose del tempo non è possibile intenderle e valutarle a dovere, se l’animo non si eleva ad un’altra vita, ossia a quella eterna, senza la quale la vera nozione del bene morale necessariamente si dilegua, anzi l’intera creazione diventa un mistero inspiegabile. Quello pertanto che la natura stessa ci detta, nel cristianesimo è un dogma su cui come principale fondamento poggia tutto l’edificio della religione: cioè che la vera vita dell’uomo è quella del mondo avvenire. Poiché Iddio non ci ha creati per questi beni fragili e caduchi, ma per quelli celesti ed eterni; e la terra ci fu data da Lui come luogo di esilio, non come patria. Che tu abbia in abbondanza ricchezze ed altri beni terreni o che ne sia privo, ciò all’eterna felicità non importa nulla; ma il buono o cattivo uso di quei beni, questo è ciò che sommamente importa. Le varie tribolazioni di cui è intessuta la vita di quaggiù, Gesù Cristo, che pur ci ha redenti con redenzione copiosa, non le ha tolte; le ha convertite in stimolo di virtù e in maniera di merito, tanto che nessun figlio di Adamo può giungere al cielo se non segue le orme sanguinose di Lui. Se persevereremo, regneremo insieme (2 Tim 2,12). Accettando volontariamente sopra di sé travagli e dolori, egli ne ha mitigato l’acerbità in modo meraviglioso, e non solo con l’esempio ma con la sua grazia e con la speranza del premio proposto, ci ha reso più facile il patire. Poiché quella che attualmente è una momentanea e leggera tribolazione nostra, opera in noi un eterno e sopra ogni misura smisurato peso di gloria (2Cor 4,17). “

La vera utilità delle ricchezze:“E’ lecito, dice san Tommaso, anzi necessario all’umana vita che l’uomo abbia la proprietà dei beni (S. Th. III-II, q. 66, a. 2). Ma se inoltre si domandi quale debba essere l’uso di tali beni, la Chiesa per bocca del santo Dottore non esita a rispondere che, per questo rispetto, l’uomo non deve possedere i beni esterni come propri, bensì come comuni, in modo che facilmente li comunichi all’altrui necessità. Onde l’Apostolo dice: Comanda ai ricchi di questo secolo di dare e comunicare facilmente il proprio (Ivi). Nessuno, Certo, é tenuto a soccorrere gli altri con le cose necessarie a sé e ai suoi, anzi neppure con ciò che è necessario alla convivenza e al decoro del proprio  stato, perché nessuno deve vivere in modo non conveniente (S. Th. II-II, q. 32, a. 6). Ma soddisfatte le necessità e la convenienza è dovere soccorrere col superfluo i bisognosi. Quello che sopravanza date in elemosina (Luc 11,41). Eccetto il caso di estrema necessità, questi, è vero, non sono obblighi di giustizia, ma di carità cristiana il cui adempimento non si può certamente esigere per via giuridica, ma sopra le leggi e i giudizi degli uomini sta la legge e il giudizio di Cristo, il quale inculca in molti modi la pratica del dono generoso e insegna: E’ più bello dare che ricevere (At 20,35), e terrà per fatta o negata a sé la carità fatta o negata ai bisognosi: Quanto faceste ad uno dei minimi di questi miei fratelli, a me lo faceste (Mat 25,40). In conclusione, chiunque ha ricevuto dalla munificenza di Dio copia maggiore di beni, sia esteriori e corporali sia spirituali, a questo fine li ha ricevuti, di servirsene al perfezionamento proprio, e nel medesimo tempo come ministro della divina provvidenza a vantaggio altrui: Chi ha dunque ingegno, badi di non tacere; chi ha abbondanza di roba, si guardi dall’essere troppo duro di mano nell’esercizio della misericordia; chi ha un’arte per vivere, ne partecipi al prossimo l’uso e l’utilità “

2. L’eresia americana

Un secondo tema che aveva impegnato duramente per tutta la vita Leone XIII era stata la repressione dell’ eresia americanista, una visione del mondo attribuita a certi cattolici americani ispirata al  modernismo, che Papa Pio IX aveva condannato nel   Syllabo degli Errori, del 1864, scrivendo a questo fine al cardinale  James Gibbons, la lettera Testem benevolentiae nostrae.Nel 1890, la questione fu al centro della polemica sulla traduzione della Contessa de Ravilliax  della biografia di Isaac Hecker che aveva perseguito l’apertura verso i  Protestanti Americani

Nell’ enciclica Longinqua oceani, del 1895 il Papa  mostrò u giudizio  generalmente  positivo sulla Chiesa americana, ma auspicando una maggiore collaborazione fra Chiesa e Stato, sul modello europeo, e condannando le seguenti tendenze:

Eccessiva insistenza sull’initiative interna nella vita spirituale;

Gli attacchi ai voti religiosi

La minimizzazione della Direzione spirituale.

I prelati americani negarono le accuse del Papa.

3.Il Modello Sociale Europeo e la Dottrina Sociale della Chiesa

E’ paradossale che, nel momento in cui il Modello Sociale Europeo basato sulla Dottrina Sociale delle Chiese (perché c’erano anche i Protestanti, e soprattutto i Calvinisti olandesi) si è realizzato quasi completamente in larga parte dell’ Europa, essa sia assolutamente negletta, non soltanto dalla politica ufficiale e dai maggioritari partiti cristiano-sociali, bensì dalle stesse Chiese.

Il punto è che il modello sociale europeo (ormai diffuso quasi ovunque attraverso l’imitazione del “Modell Deutschland”), è fondato sulla continuità, ideale e fattuale, con varie forme di corporativismo  sposate dalle Encicliche Sociali sulla base degli scritti di  Kuyper, Vogelsang e Toniolo. Questa simiglianza non è casuale, ma deriva, da un lato, dalla ripresa, da parte delle Chiese, del Pensiero Organicista (Organisch Gedacht) di origine tomistica. Si tratta di uno degli aspetti della continuità fra Ancien Régime e rivoluzione, già intravisti da Tocqueville, che indicava nei Corpi Intermedi uno strumento per controbilanciare l’eccessivo atomismo delle nascenti società democratiche.

Per questo motivo Marx stesso aveva affermato che il capitalismo europeo era meno radicale di quello americano, perché nato in un contesto ancora feudale.

Il punto fondamentale del modello europeo, l’associazione capitale-lavoro, ha trovato la sua massima espressione nel Sistema Tedesco comprendente, da un lato, uno statuto d’impresa ove, per legge, è obbligatoria la partecipazione dei lavoratori alle decisioni societarie, e, dall’ altra, vi è una cogestione giorno per giorno dei provvedimenti che riguardano i lavoratori.

Il massimo della partecipazione si ha nella Volkswagen, dove una legge ad hoc, la Volkswagengesetz, garantisce una Golden Share al Governo locale, e inoltre si applica il “Modello Carbosiderurgico” di partecipazione paritetica.

La partecipazione dei lavoratori è servita, e ancora serve, per frenare la contendibilità delle grandi imprese, anche se proprio la Volkswagen è oggi esposta a un progetto di vendita di siti.

4.Il ruolo della Chiesa nel nostro tempo

Arrivano giusto in tempo  i due contributi su questo tema, l’uno di Massimo Cacciari e l’altro di Vito Mancuso, su “La Stampa”, dove si ri-propogono alcune delle questioni determinanti del nostro tempo.

Innanzitutto, quella dell’ assenza di un progetto culturale prevalente per l’ Europa ,o meglio del prevalere di un progetto non dichiarato:”la religione dell’ essere al lavoro, ininterrottamente, al servizio del sistema tecnico-economico finnziario”(Cacciari).Per Cacciari,  questa situazione è negativa perché da essa non può nascere un orientamento comune che fondi un nuovo ordine internazionale. Ma siamo sicuri che un nuovo ordine internazionale sia auspicabile? E, infatti, il nuovo ordine internazionale che avanza è proprio  quella religione del lavoro“solo lasciar fare, laissez faire, al ‘progresso’tecnico-economico e illudersi che le sue mani invisibnili sappiano evitare catastrofi abncora peggiori di quelle in cui viviamo”.

Tuttavia, qui la confusione del testo di Cacciari diviene sempre più fitta. Non solo vi è, oggi come e più che mai, la confusione fra Europa ,Cristianità e mondo. La Cristianità non iniziò in Europa, bensì in Palestina. Le prime conversioni di Stati si ebbero in Africa, nell’ India  e nel Caucaso; il grosso dei suoi adepti fu inizialmente  in Egitto, in Anatolia, nel Levante e in Mesopotamia. Ancora quando, nel Medioevo, il Cristianesimo era limitato all’ area Mediterranea, già vivevano sostanziose comunità cristiane in Persia, in Cina, nel Dekkan. Durante l’era delle esplorazioni oceaniche nacquero poi vibranti società cristiane in America, in Cina, Corea, Giappone, Filippine. Nel 21° secolo, abbiamo avuto un Papa argentino e ora uno americano-peruviano. Il grosso dei fedeli è comunque oramai nelle due  Americhe.

Il Cristianesimo è completamente globalizzato, e, per questo, deve per forza di cose fare i conti con l’americanismo, il latino-americanismo, il buddismo, il confucianesimo, le religioni popolari “politeistiche”. Non è affatto detto ch’esso debba continuare a identificarsi sotterraneamente con la teologia della tecnica, come sembrerebbe postulare la dialettica dell’ illuminismo, che è ancora una dialettica occidentale. In effetti, i teologi cristiani non occidentali, come per esempio Panikkar, non sono affatto concentrati su questo aspetto. L’attenzione per le religioni extraeuropee e non americane è stata ed è concentrata, invece, sull’ Armonia, sulla Saggezza, sul rito, sulla preghiera…

Mancuso mette in rilievo la singolare situazione in cui il Vaticano, pur non avendo mai abrogato l’originario Monitum contro Teilhard de Chardin, colpevole proprio di un eccessivo entusiasmo per il mondo della tecnica, ne ha pubblicato appena  ora un’ elogiativa bibliografia presso la ufficiosa Libreria Editrice Vaticana.Il punto controverso per  Teilhard, ancor più che per l’ Americanismo, è la questione del Peccato Originale, centrale nel pensiero di Sant’Agostino, a cui s’ispira l’ordine a cui appartiene Papa Leone, ma anche in quello di Lutero. Il tutto influenzato dalle visioni antiche della Torre di Babele (la Ziggurat Etemenanki) e della “hybris”nella tragedia greca, ambedue incentrate sul carattere creaturale dell’umanità, e quindi sul suo necessario scacco della stessa senza un intervento provvidenziale divino. Anche secondo l’idea illuministica dell’ “Eterogenesi dei fini” il tentativo di realizzare la perfezione sulla terra porta inevitabilmente a delle catastrofi. Il primo esempio storico ne era stata l’invasione della Grecia da parte di Serse, che, secondo Erodoto, era stata motivata dall’ambizione dei Magi di estendere il territorio dei Persiani fino al Regno  degli Dei (il “Sogno di Serse”di Erodoto); il secondo, il fallimento della rivoluzione socialista bolscevica, giustificata con l’ambizione di por fine alla Storia, costruendo un Dio terreno (i “Bogostroiteli”).

Oggi, stiamo assistendo, con il Post-Umanesimo, a un tentativo simile, che ha assunto come modello dichiarato il pensiero di Teilhard. L’intervento di Mancuso sembra sposare integralmente la visione di quest’ultimo, interpretata un po’ semplicisticamente come una religione della Natura, mentre invece, a noi, essa sembrerebbe piuttosto un tentativo di superamento e soppressione della stessa Natura (oltre che dell’ intera Umanità), nella cosiddetta “Singularity”.

Su tutto ciò si staglia, convitato di pietra, l’eredità nietzscheana, vale a dire l’affermazione centrale dello Zarathustra secondo cui “l’Uomo è qualcosa che dev’essere superato”. Quest’affermazione, la cui effettualità non può, oggi, essere negata, è certamente suscettibile di diverse interpretazioni, su cui  si sono esercitati miriadi di esegeti. Dalla sostanziale identificazione del Superuomo con un nuovo atteggiamento filosofico elitario, fondato sull’ accettazione stoica della fine dell’ obiettività (la “Morte di Dio”), al ripristino, contro l’egualitarismo, del “pathos delle distanze”, a una nuova società della cultura e della scienza, fino alla trasformazione ontologica dell’umano, appunto attraverso la scienza. Proprio il prevalere dell’ una o dell’ altra interpretazione del nietzscheanesimo è la posta in gioco delle “cultural wars” contemporanee, ed è questo che le rende particolarmente violente. Un tempo, questo tipo di conflitti si svolgeva infatti all’ insegna di dispute teologiche  (sulla natura di Dio, sull’ interpretazione dei libri sacri), poi si passò alle divergenze ideologiche, fra monarchici, repubblicani, conservatori, liberali, democratici, socialisti, comunisti, fascisti…Oggi, siamo arrivati a combatterci fra di noi per stabilire come l’uomo dovrà convivere con le macchine.

Per questo, se la Chiesa vuole rivestire, come può, un ruolo centrale nella configurazione del XXI Secolo, dovrebbe, non solamente abbandonare la sua caratterizzazione prevalentemente europea e occidentale, bensì anche e soprattutto rendersi conto di quanto le decisioni sul rapporto uomo-macchina siano drammatiche come erano quelle sulle catastrofi naturali, sulle guerre, sulla fame nel mondo e/o sulla libertà, e richiedano un corrispondente impegno filosofico, teologico e politico.

Intanto, sembra controproducente  l’insistenza acritica sul tema della pace “senza se e senza ma”, quando è chiaro a tutti che le guerre in corso hanno proprio radici religiose millenarie, inasprite dalla loro interpretazione tecnologica. D’altronde, era stato proprio Sant’Agostino a giustificare las guerra come strumento per la “Dilatatio Christianitatis”.

Su questo tema, le Chiese danno, come e più della politica, un senso d’impotenza, ma soprattutto d’ipocrisia. Nessuna delle religioni occidentali (né l’ebraismo, né il cristianesimo, né l’Islam) esisterebbe senza le guerre millenarie in Palestina (Vecchio Testamento, Guerre Giudaiche, Jihad, Crociata), e nessuno ci ha spiegato che cosa sia successo, negli ultimi secoli, che renda finalmente possibile una pace che non c’è mai stata. Se questa novità dovesse essere la “nuova religione” teilhardiana, anch’ essa non ha cessato di provocare conflitti peggiori dei precedenti, dall’ esportazione della democrazia, alla rivoluzione socialista, all’eugenetica, alla bomba atomica…E sarebbe anch’essa altamente blasfema, perché pretenderebbe di costituire l’avvento ultimo del Salvatore.

In secondo luogo, le Chiese non hanno proprio (contrariamente ai pensatori laici) nessuna giustificazione    per banalizzare (come per lo più oggi fanno) la minaccia esistenziale posta dalle Macchine Intelligenti, visto che il post-umanismo sta diffondendosi proprio grazie alla pretesa di avere assorbito e superato le religioni. Ci si dovrebbe perciò aspettare che gli uomini di religione siano pienamente consapevoli della gravità del problema.

Tra parentesi, l’Intelligenza Artificiale Generativa avrà forse, come si dice, un limite nella sua fame illimitata di dati, sì che oggi si è giunti al “Data Peak”, cioè al rallentamento della sua avanzata per la mancanza di dati “naturali”, generati dagli uomini. Ma ciò rende l’intero ecosistema macchinico ancor più aggressivo, perché, per sopravvivere, esso è condannato a eliminare ogni concorrenza, divorando i suoi stessi avversari. In particolare, l’ecosistema occidentale  dei GAFAM americani è costretto a sospingere la guerra con la Cina, per abbattere il Great Chinese Firewall, ed appropriarsi anche dei dati dei Cinesi, che rappresentano oggi forse la metà dei dati naturali disponibili.

E’ quindi praticamente un miracolo che oggi abbiamo un Papa che è, al contempo, agostiniano (cioè conscio dei limiti della natura creaturale dell’ uomo), e matematico (e che, quindi, capisce che cosa sia veramente l’Intelligenza Artificiale).