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L’UCRAINA QUALE “PONTE FRA EST E OVEST”

Considerazioni sulla conferenza internazionale proposta dal Movimento Europeo

Teleconference Macron, Scholz
Xi Jinping

Oggi, il Presidente Xi Jinping ha avuto una teleconference con Macron e Scholz, con cui questi hanno praticamente investitoo, i modo informale, il Presidente cinese del ruolo di mediatore per conto dell’Europa. Per quanto la cosa possa sembrare esorbitante sotto tutti i punti di vista (a che titolo parlano Macron e Scholz? Perché l’ Europa non può mediare da sola? Cosa ci sta a fare Borrell?), l’iniziativa  dovrebbe essere foriera di sviluppi molto positivi.

La cosa va letta come l’ultimo episodio di un’evoluzione avviatasi già nei giorni passati. Al termine dei colloqui fra il Segretario di Stato Blinken e il primo ministro cinese Wang Yi, l’agenzia di stampa Xinhua aveva emesso un comunicato, in cui, tra l’altro, “la Parte Cinese“ also encourages the United States, the North Atlantic Treaty Organization (NATO), and the European Union to engage in equal dialogue with Russia

E’ importante rilevare come, secondo la Cina, anche l’Unione Europea e la NATO debbono partecipare alle trattative in esito alla guerra in Ucraina, per una soluzione globale delle tensioni di lungo periodo nell’ area europea (“ face up to the frictions and problems accumulated over the years”), e, in particolare all’ allargamento a EST della NATO “pay attention to the negative impact of NATO’s continuous eastward expansion on Russia’s security”, e per costruire un nuovo meccanismo europeo di sicurezza: “ and seek to build a balanced, effective and sustainable European security mechanism in accordance with the “indivisibility of security” principle”.

In una successiva dichiarazione, Wang Yi ha anche affermato:” Relations with Russia and those with the European Union were two separate issues, ….China’s relationship with Europe was not dependent on or related to any third party.”

Insomma, la Cina non vuole, né trovarsi imbarazzata dalla sua amicizia con la Russia, né essere ostacolata, nei suoi rapporti con l’ Europa, da interferenze americane. Di fatto, è in una posizione ideale per mediare, tenendo conto dell’ interesse del mondo intero per un’Europa pacifica ma anche forte.

Infatti, ha annunziato un prossimo summit fra Cina e UE, ed ha affermato che “Beijing firmly supported Europe’s “strategic autonomy””.Autonomia che però, nonostante le dichiarazioni retoriche, le Istituzioni della UE di fatto non stanno affatto perseguendo in concreto, e che non sarà probabilmente conseguita senza un sostanzioso aiuto cinese.

Alle “avances” cinesi corrisponde infatti la richiesta del Movimento Europeo di convocare una Conferenza per la sicurezza in Europa.

Mentre tutti i commentatori si concentrano sugli aspetti apparentemente più macroscopici della guerra in corso, dall’enormità sostanziale del conflitto, alle confliggenti interpretazioni e versioni dello stesso favorite dai diversi Governi, ai devastanti impatti economici, noi desideriamo qui concentrarci invece su queste  trasformazioni desiderabili e possibili degli attuali assetti europei che si potrebbero, e dovrebbero, perseguire in occasione delle future trattative, per una soluzione in profondità e di lungo periodo dei  molti, gravissimi e urgenti problemi del mondo.

In effetti, l’”Operazione Speciale” in Ucraina non è certo la linea più diretta e auspicabile per affrontare la questione della sicurezza europea (che sarebbe ovviamente compito prioritario degli Europei, e non di altri, e che dovrebbe essere stata affrontata diversamente da gran tempo). Però, come al solito, “oportet ut scandala eveniant”.

E comunque la Russia e l’Ucraina non possono essere gli unici interlocutori di una questione che riguarda evidentemente anche e soprattutto l’Unione Europea e la NATO. I cui trattati istitutivi sono da anni giustamente soggetti a critiche, che questa crisi potrebbe e dovrebbe aiutare a superare. Ma riguarda altrettanto la Cina, che, con le sue Nuove Vie della Seta, rivendica per sé un ruolo attivo in tutte le vicende dell’Eurasia, che impattano profondamente sulla sua economia e sulla sua società, largamente dipendenti dagli scambi internazionali. Basti pensare alle ferrovie che attraversano la Russia, l’Ucraina, la Polonia….E difatti, anche Borrell ha espresso il desiderio che la Cina promuova un negoziato, e Wang Yi ha affermato chiaramente che essa si sta predisponendo a farlo.

Gli Stati Uniti, che si erano illusi di avere soffocato le Vie della Seta – con il terrorismo islamico, con i moti di Hong Kong, con le ingerenze con i Governi europei (e in primis quello italiano), con le sanzioni contro la Cina- se la vedono oggi rispuntare sotto forma di mediatrice necessaria nel conflitto ucraino.

Ed è  su questa svolta che si potrebbe innestare il discorso più vasto sull’architettura europea.

Mitterrand a Praga

1.La Confederazione paneuropea (Assise di Praga del 1989).

Infatti, oggi, il problema immediato sentito da tutti, ma finora irrisolto, è quello di proporre una soluzione della crisi ucraina che sia accettabile a tutte le parti, e dotata di una sua intima coerenza. Tuttavia, una siffatta proposta non avrebbe, né chances, né un seguito, se non poggiasse su una solida base di riflessione e una proposta di più ampio respiro.

E, innanzitutto,  occorre chiedersi perché l’unica soluzione lineare, quella proposta in passato, la Confederazione Europea di Mitterrand, discussa nel 1989 alle Assise di Praga, sia stata sempre scartata senza discussione, per le opposizioni degli Stati Uniti e delle classi dirigenti atlantiste:” à partir des accords d’Helsinki, je compte voir naître dans les années 1990 une Confédération européenne au vrai sens du terme qui associera tous les États de notre continent dans une organisation commune et permanente d’échanges, de paix et de sécurité.».

Si noti bene che le Assise di Praga erano un incontro non limitato ai politici, bensì aperto alla società civile di tutta Europa.

Fino a pochi anni fa (almeno fino al 2008), l’obiettivo di politica europea della Russia (sotto Gorbaciov, Elcin e Putin) sembrava rimasto appunto proprio quello di una strutturazione dell’Europa sulla base di una confederazione con l’Unione Europea, quale  già adombrata negli statuti del Consiglio d’ Europa e dell’ OCSE, (anche attesa l’indisponibilità della UE, espressa a Putin dal Presidente Prodi, ad una adesione della Russia alla UE, quale invece già richiesta da Elcin).

Invece, l’obiettivo dell’”establishment” occidentale era radicalmente diverso: “bloccare la storia” in modo da rendere irreversibile il suo”impero nascosto”  esteso a tutto il mondo: “La caduta del Muro di Berlino nel 1989 e la successiva dissoluzione dell’Unione Sovietica fecero emergere la falsa convinzione che la fine della guerra fredda e dell’imperialismo comunista avrebbe aperto la strada ad un mondo sostanzialmente unipolare nel quadro dell’egemonia degli Stati Uniti d’America e del libero mercato.I passi in avanti compiuti dal processo di integrazione europea, dall’Atto unico europeo del 1987 al Trattato di Lisbona del 2009 sono ben lontani dall’obiettivo degli Stati Uniti d’Europa ribadito nel 1984 su Le Monde e il mondo unipolare immaginato nel 1989 ha lasciato il posto ad un pianeta sempre più ingovernabile con tensioni crescenti fra Stati che rivendicano al loro interno il principio della sovranità assoluta e all’esterno il ruolo di attori internazionali.(P.V. Dastoli, “Est-ce qu’il faut une troisième guerre mondiale pour créer les Etats-Unis d’Europe ?”) .

Come conseguenza, di fronte al “muro di gomma” degli Europei (vedi dichiarazioni di Prodi) e all’invasività delle sempre rinnovate politiche americane (Guerra del Kossovo, Operazione “GUAAM”, Euromaidan, erosione delle tradizionali neutralità di Svizzera, Austria, Svezia e Finlandia), la Russia è stata costretta, nei decenni, anziché a procedere, come avrebbe voluto, sulla strada dell’integrazione paneuropea, a difendere in tutte le direzioni in modo sempre più aggressivo la propria autonomia politica attraverso tattiche negoziali e militari alternate (interventi in Transnistria, Kossovo, Ossetia, Abkhazia, Donbass), ora sfociate nella guerra con l’Ucraina, più acuta ed evidente delle precedenti, ma qualitativamente non diversa.

Nel frattempo, tradizioni giuridiche secolari e sancite da trattati internazionali, come l’ “Immerwaehrende Neutralitaet” svizzera e austriaca, venivano (e vengono) erose con cavilli formalistici dalla NATO e dalla UE.

Per molto tempo, in quegli anni, Putin aveva parlato e operato a favore della UE, della democrazia e del mercato, ma, dopo tante delusioni, la sua visione politica è cambiata radicalmente:”dopo tanti anni di politica estera e di incontri con tanti presidenti americani ho capito che mai con gli USA ci potrà essere vera pace perchè sono contro di noi per il semplice motivo che esistiamo”. Per questa convinzione, egli ha progressivamente militarizzato la Russia, nell’ ideologia, nella cultura, nel diritto, nella società…, come risulta particolarmente evidente in questi giorni.

Tutte le potenze che sono intervenute nel conflitto con ambizioni di mediazione hanno tentato, per ora inutilmente, di delineare un’ipotesi di strutturazione dell’area est-europea che soddisfi le esigenze di tutte le parti in causa, ivi comprese le ”legittime preoccupazioni della Russia”. Per quanto ci riguarda, la confederazione paneuropea resta però l’unica prospettiva che permetterebbe di uscire in modo stabile da una conflittualità che oggi appare senza rimedio, non solo sull’ Ucraina, ma anche per ciò che concerne tutta l’Europa, e una conferenza internazionale, quale quella proposta dal Movimento Europeo,  sembra l’unico strumento veramente adeguato.

Attraverso le diverse pubblicazioni della Casa Editrice Alpina e dell’Associazione Culturale Diàlexis (in particolare, Ucraina, no a un’inutile strage, del 2014) avevamo già tentato da circa un decennio di delineare uno scenario complessivo che avrebbe permesso di raggiungere questo risultato.

Proprio il fatto che trovare una soluzione politica non sia facile potrebbe costituire in realtà un’opportunità per la UE, la quale, desiderando (a quanto da essa stessa dichiarato) fondare una visione nuova, basata sulla “sovranità europea” di cui parla Wang ( ma per cui non oggi esistono sufficienti basi materiali e spirituali), non può che giovarsi di uno scenario mobile, che offra il destro di uscire dal “Pensiero Unico”. Senza una forte spinta dal basso (e dall’ esterno), l’Unione non sarà mai all’altezza di quell’ obiettivo.

Tra l’altro, la crisi ucraina sta infatti coincidendo temporalmente con la fase terminale della Conferenza per il Futuro dell’Europa, che non sembra abbia raggiunto alcuna conclusione operativa (per dirla con il Presidente Mattarella, si sta concludendo in modo “grigio”). In particolare, non c’è nessuna proposta concreta sulla politica estera e di difesa dell’ Europa, che, come si può vedere proprio nel caso dell’ Ucraina, non esiste, perché tutte le cose importanti (per esempio la “no flight zone”, la fornitura dei MIG, la linea di successione di Zelenski, la mediazione cinese…) vengono ancor sempre decise, in realtà, fra Stati Uniti, Russia e Cina. Come difficoltà aggiuntiva c’è il fatto che, in una materia così fluida come quella militare, ci si debba sempre consultare in 27.

Sarebbe il caso che il Movimento Europeo, stigmatizzando in modo energico l’assenza di idee nella Conferenza, si esprimesse molto più chiaramente per una ripresa della proposta di Mitterrand e di Gorbaciov. L’attuale svolgimento della Conferenza (burocratico, autoreferenziale, e privo di entusiasmo, dialettica e concretezza) è, infatti, quanto di più lontano dalle realtà di quest’Europa scossa dalla pandemia, dalle sanzioni, dalla crisi economica, dalla guerra).La stessa presidenza di turno, quella francese, stretta fra la guerra e le elezioni, non ha fatto praticamente nulla per l’Europa, salvo ora la videoconferenza con Xi Jinping.

E’ dunque chiaro che:

il primo messaggio all’ Europa, è: datevi un “comandante in capo” in grado di trattare con poteri corrispondenti a quelli di Biden, Putin e Xi Jinping;

-Il secondo messaggio è: datevi una forza nucleare veramente europea. Certo, c’ è già quella francese, ma, a parte la sua debolezza rispetto a quelle russa e americana, è ad esclusiva discrezionalità del Presidente francese, che non è in grado di usarla politicamente. La Presidenza francese dovrebbe mettere la Force de Frappe a disposizione dell’Europa, precisandone le condizioni, e l’Unione che dovrebbe dotarsi di un meccanismo di gestione delle crisi che garantisca il comando unico;

-Terzo messaggio: datevi un profilo chiaro (una dottrina strategica comune), in modo da poter formulare risposte univoche;

-Quarto messaggio: spendete meglio i vostri soldi, licenziando praticamente tutti gli alti ufficiali, la maggioranza degli ufficiali, metà dei sottoufficiali e molti soldati, e dotatevi, al loro posto, di analisti, agenti segreti, ingegneri informatici, nucleari e spaziali, addestratori di milizie civili, contractors, come hanno gli altri eserciti. Sviluppate computer quantici, missili ipersonici, “gliders”, ecc…

Mariupol, centro del conflitto del Donbass

2.Il ruolo dell’ Ucraina nel futuro dell’ Europa

Gorbačëv aveva parlato di una “Casa Comune Europea” ispirandosi al papa Enea Piccolomini , Elcin, Putin e Erdoğan hanno continuato a caldeggiare, oramai da un ventennio, e con una pazienza veramente encomiabile,  l’adesione alla UE dei rispettivi Paesi, ricevendone risposte evasive o sdegnate. La realtà è che, come si era lasciato sfuggire Prodi con Putin,  Russia e Turchia sono troppo grandi, e potrebbero dettare le loro condizioni, anziché accettare supinamente quelle della UE.

E non si dica che non sono “democratici”. La storia di questi ultimi decenni ci insegna che Solidarnosc, FIDESZ, AKP, Edinaja Rossija, sono nate dalle vittoriose rivendicazioni antitotalitarie contro regimi liberticidi, come i Partiti Comunisti dell’ Est e i militari polacchi e turchi. Se i loro leaders hanno dovuto incrementare, nel corso di questi decenni d’indipendenza,  i poteri propri e dei loro Governi, ciò è stato dovuto alle pesanti forme di destabilizzazione subite, nonostante le loro origini e i loro meriti,   da parte dall’ America e dalla UE, come per esempio  la colonizzazione dei media e della cultura di Polonia e Ungheria da parte di gruppi finanziari e lobbistici occidentali, le Rivoluzioni Colorate serba, georgiana e ucraina preparate a tavolino secondo il manuale di Gene Sharp e finanziate dall’ Endowment for Democracy; il colpo di stato sobillato dal telepredicatore islamista Gülen  con sede in USA.

In conclusione, una proposta europea per l’Ucraina potrebbe situarsi lungo cinque linee di azione:

un nuovo tipo di confederazione dell’Unione Europea, da un lato con l’Unione Eurasiatica, e, dall’ altra, con la Turchia, secondo la vecchia proposta di Mitterrand (utilizzando “come veicolo” il Consiglio d’ Europa e/o l’ OSCE?);

-la “federalizzazione” dell’ Ucraina (ma anche della Turchia), come prevista dagli Accordi di Minsk, utilizzando ad esempio le esperienze della Finlandia, del Belgio e della Svizzera, oltre che le già esistenti 12 Euroregioni dell’Ucraina. Ricordiamo che il Belgio ha una Comunità neerlandofona, una francofona e una germanofona, più una “Città Capitale” che è anche la “capitale” della UE e della NATO;

-la trasformazione dell’ Ucraina nel “territorio confederale”, e, di Kiev, nella sua “capitale”. Intanto, per rispetto verso  i nostri partners orientali, e, in secondo luogo, per dare, all’ Ucraina un ruolo, “una missione”, come quella che giustamente rivendicava la “Confraternita Cirillo-Metodiana”tanto amata dai nazionalisti ucraini, che non sia solo quella di “Antirussia”;

-la neutralizzazione del territorio ucraino, con adeguate garanzie internazionali reciproche (come proposto, fra gli altri, da personaggi come Kissinger e Brzezinski). Non si capisce perché ciò che si è fatto, e si continua a fare, per quasi la metà degli stati europei, membri (Irlanda, Svezia, Finlandia, Austria, Malta) dell’ UE, e non-membri (Svizzera, Liechtenstein, Serbia, Georgia , Azerbaidjan, Islanda, Moldova) non possa essere fatto anche per l’Ucraina;

-una collaborazione urgente fra l’ America, la Russia e l’Europa, su  un progetto generale di controllo degli armamenti, non limitato alle armi nucleari  e alle difese antimissilistiche, bensì allargato a un’applicazione generalizzata del Principio di Precauzione. Infatti, le “garanzie” dell’equilibrio degli armamenti sono, prima che giuridiche, tecniche: vale a dire trasparenza delle tecnologie, efficacia dei controlli,ecc …;

-il passaggio della “Force de Frappe” francese sotto il controllo europeo;

-uno scadenziario preciso di trasferimento delle competenze militari (ivi compresi gli acquisti di materiale militare e le attuali basi NATO e americane), dagli USA e dalla NATO alla UE. E non si dica che un Esercito Europeo non sarebbe in grado di difendere l’ Europa, quando perfino l’esercito ucraino si sta rivelando capace di sostenere l’assalto di quello russo. Gli Europei stanno spendendo già adesso il doppio dei Russi, ma stanno semplicemente sprecando i loro soldi. E poi, non avendo noi l’ambizione di dominare il mondo, non avremmo bisogno di spendere quanto gli Americani. Semmai, bisognerebbe spostare un certo numero di stanziamenti verso l’AI, l’intelligence, il missilistico e il nucleare.

Si tratterebbe insomma semplicemente di ritornare all’ impostazione originaria del Movimento Federalista Europeo, che considerava la CSI come una realtà federale positiva e utile, con cui collaborare nell’ambito del Federalismo Mondiale. 

Occorre  sottolineare che, a causa della grande varietà di tradizioni delle diverse parti dell’ Ucraina, un aspetto importante dell’ Ucraina è la sua vocazione naturale  al  federalismo. Pensiamo ad aree altamente omogenee sotto tanti punti di vista, come Galizia Orientale (Leopoli), Podlessia (Cernihiv), Regione Kievana, Donbass (Kharkiv), Novorossija-Zaporizzhia (Dnipro), Bessarabia (Odessa), Rutenia Transcarpatica (Uzhgorod). Volendo, anche Crimea (Simferopol).

La “federalizzazione” era stata invocata fin dalla creazione del nuovo Stato, e già parzialmente attuata in Crimea. Essa costituiva il nucleo del programma del Partito delle Regioni che aveva vinto le elezioni. Questo progetto è già perfino accettato, negli Accordi di Minsk II, ma mai concretizzato per l’opposizione dell’ Ucraina. Esso è anche consono allo spirito federalistico dell’ Unione Europea. Non per nulla, l’Ucraina aveva fatto oggetto della creazione, grazie alle sue successive amministrazioni,  delle sue 12 Euroregioni. Come in altre parti d’Europa, le Euroregioni dell’ Ucraina non funzionano, ed era stato proprio Jatseniuk a lamentarsene quando era stato Ministro degli Esteri.

Da dove vennero i primi Indoeuropei

3.L’Ucraina  cuore dell’ Europa

A noi pare che la  materia più  delicata del contendere sia proprio quella  simbolica: la pretesa di centralità rispetto a una tradizione condivisa: quella della Rus’ di Kiev. La Russia non può permettere che Kiev, suo mitico luogo di origine, cada in mano a forze antirusse (l’”Antirussia” contro cui si scaglia ancora il Presidente Putin). Ne verrebbe sconvolto lo  stesso equilibrio culturale e psicologico del Paese (che punta tutto sulla propria continuità storica da Rjurik ,se non dagli Sciti, a Putin, sicché gli Slavi Orientali dovrebbero essere per i Russi non già dei partners, più o meno affidabili, bensì dei “fratelli”=“bratjà”).  Di converso, i nazionalisti ucraini (e dei Paesi vicini), che finalmente, dopo molti secoli, sono riusciti, anche se in modo discutibile e in ritardo sugli altri Europei, a crearsi una loro “identità nazionale”, non vogliono neppur essi “mollare la presa”, lasciando ai “Moscoviti” (i “Moskali”) la leadership dello Slavismo, che, secondo la “Comunità Cirillo-Metodiana”, sarebbe spettata all’Ucraina. È un vecchio conflitto, quello fra “Ucrainofili” e “Russofili”, che, per quanto limitato nello spazio e nel tempo, aveva già fatto molte vittime, per esempio in Galizia durante e dopo la 1° Guerra Mondiale. Ci sembra grave che, invece, non vengano mai ricordate le altre importanti tradizioni culturali dell’ Ucraina (greco-romana, turco-tartara, Polacco-Lituana, Ungherese, Rutena, Askhenazi, Karai).

Quella che noi suggeriamo è un’ulteriore  contromossa . Per noi, il Maidan non è il centro dell’ Ucraina Occidentale, né dell’Ucraina in generale: è il cuore dell’ Europa. Fin dagli inizi, l’Europa è stata molteplice: non per nulla, già Diocleziano aveva diviso l’Impero Romano in quattro parti. In Europa, vi sono almeno tre, se non quattro, “Rome”: oltre che la “Roma” propriamente detta, ci sono Istanbul e Mosca. Nessuna di queste può essere “il” centro dell’Europa. Fisicamente, il “centro” si situerebbe  proprio in Ucraina Occidentale (forse, in Bucovina, vicino al Castello di Hotyn).Secondo John Anthony, l’area si origine dei Proto-Indoeuropei si situerebbe lungo il medio corso del Don, nell’ Oblast di Samara, da dove essi sarebbero poi migrati verso l’Ucraina e la Romania. Quindi, non più Kiev origine degli Slavi Orientali (la Rus’ di Kiev), bensì la Russia meridionale quale origine degli Indo-Europei.

In Kiev, parzialmente slava e ortodossa, parzialmente cattolica, parzialmente medio-orientale (di cui è simbolo la Chiesa Cattolico-Orientale), come dice lo stesso nome “Maidan” (Turco, Arabo, Persiano, Urdu, Hindi) si potrebbe stabilire il “centro” dell’Europa, intesa, non già come semplice Unione Europea, bensì come Confederazione fra UE, Comunità Eurasiatica e Turchia.

Tuttavia, per fare questo, occorrerebbe che, al di sopra delle identità regionali e nazionali, emergesse con chiarezza la natura dell’ Identità Europea quale espressione della Dialettica dell’ Illuminismo nell’ era delle Macchine Spirituali. Tale dialettica si configura, oggi, come tensione fra, da un lato, la Rivoluzione Biopolitica perseguita dal Complesso Informatico-Militare, e, dall’ altra, l’aspirazione al superamento della Modernità nel nome delle tradizioni culturali e religiose. Quest’aspirazione, che oggi trova la sua incarnazione soprattutto nel dialogo interculturale ed ecumenico, dovrebbe trovare espressione anche in un movimento politico internazionale volto al controllo degli abusi delle nuove tecnologie, siano esse civili o militari.

A quel punto, la “radice” non sarebbe più nella Rus’ di Kiev (il “Russkij Mir”), bensì nelle culture di Yamnaya e di Tripollie (origine degli Europei),da cui si sarebbe dipartita anche la “Cultura di Sintashta” (dove Anthony vede similitudini con la cultura vedica).

L’ Europa, la Russia e l’Ucraina, per il loro carattere di “ponte” fra le culture occidentali e orientali, dovrebbero divenire il supporto politico di questo movimento. Per fare ciò, esse devono però riconoscere le loro radici comuni (i “due Polmoni” di cui parlava Papa Wojtyła), sviluppando forme di sinergia e di associazioni che accrescano il loro peso in quanto polo di trasformazione della società mondiale.

Ci si obietterà che ciò è irrealistico, in quanto, oggi, si andrebbe piuttosto verso una conflittualità crescente fra Occidente ed Eurasia. Si osserverà anche che questo è il momento di un forte “revival” di ogni tipo di nazionalismo:

-campanilistico-economicistico , come quello del “Made in Italy”;

-geopolitico-finanziario,come quello dell’”austerità” tedesca;

-populisico volgare, come quello anti-immigrati e anti-euro;

-quello sciovinistico novecentesco, come quello “sovranista”;

-quello del “ressentissement”, come quelli dei “popoli senza storia” contro gli “Herrenvölker;

-quello piccolo-nazionale, come quelli basco, catalano, scozzese o Fiammingo;

-quello letterario e aulico, come quello delle grandi “nazioni aristocratiche”;

-quello  opportunistico e filo-NATO, come quelli degli establishment militari;

-quello neo imperiale, come quello russo.

Noi crediamo invece che, in una visione pluricentrica e pluriculturale, tutte le forme di identità, comprese quelle nazionali, possano trovare uno sbocco e una fioritura, purché si inquadrino nell’ obiettivo storico dell’ Europa del XXI Secolo.

Così, la Russia potrebbe perseguire il suo ruolo di catalizzatore delle infinite forze dell’Eurasia; il mondo nordico potrebbe  continuare a costituire il cuore economico dell’ Europa; quello mediterraneo la colonna vertebrale di una rinnovata Società della Conoscenza intesa come Società della Cultura e delle Fedi; quello Centro-Orientale, una “cerniera” intorno alla quale si muovono tutte queste altre realtà. E, ancora all’ interno di ciascuno di quei “mondi”, si possono inserire le Macroregioni Europee (baltica, atlantica, alpina, adriatica, danubiana, ecc…) , ciascuna con delle sue specificità (quale ecologica, quale marinare, quale turistica, quale multiculturale, quale storica…).E, poi, ancora, nazioni, regioni, città, in un’Europa delle Identità in cui ogni anello della catena ha una propria vita.

Tuttavia, senza una nuova classe dirigente che approfondisca, maturi, formalizzi, consolidi, concretizzi, diffonda e difenda questa visione, l’ Europa va inesorabilmente verso il declino, l’irrilevanza, il conflitto e la distruzione: Complesso Informatico-militare contro democrazia; NATO contro Russia; nazionalismo russo contro revanscismo baltico e ucraino; arroganza tedesca contro Paesi mediterranei; Stati Nazionali contro micronazionalismi; nazionalità titolari contro minoranze etniche…

E’ chiaro che questo non è fino ad ora avvenuto perché tutte le componenti dell’ establishment non vogliono perseguire quell’ obiettivo, vuoi perché non informate, vuoi perché non lo condividono, vuoi perché paralizzate da  un’opinione pubblica succube dei “media”, vuoi perché eterodirette dall’ America.

Il problema politico sarà dunque come fare a conseguire quegli obiettivi nonostante quest’ ambiente circostante ostile.

Per quanto la pace in Ucraina sia un obiettivo immediato e la federazione eurasiatica un obiettivo di medio termine, le strategie per conseguirlo non devono contraddirsi reciprocamente, e devono tenere conto dei vincoli del realismo.

La strage di Srebrenica, sotto gli occhi dei Caschi Blu

4. Il federalismo mondiale non è un mondo angelico

La nascita del federalismo europeo si confonde, fin dai più lontani precedenti, con quella delle organizzazioni internazionali. Esso le ha sempre  sostenute  lealmente, anche perché esse costituiscono, per essa, il canale privilegiato per esercitare il suo ruolo nel mondo. Coerentemente con le impostazioni classiche del federalismo, il completamento dell’integrazione europea dovrebbe permettere anche la realizzazione del federalismo mondiale.

Tutto ciò presuppone però, a monte, una rivoluzione culturale, in quanto, nel dibattito culturale e politico, non sono ancora stati approfonditi adeguatamente concetti essenziali per tale riforma, come per esempio “Superpotenza”, “Confederazione”, “Impero”, “Imperialismo”, “Grande Potenza”, “Federazione”, “Stato”, “Stato Nazionale”, “Nazionalismo”, “Stato Federale”, “Federalismo”, che, infatti, tanto nella letteratura specialistica, quanto nei media, sono utilizzati in modo assai promiscuo. Intanto, quando si parla di federalismo mondiale, si pensa spesso a uno scenario utopico: tutti concordi su un unico modello, senza conflitti: la Fine della Storia. Questa però non sarebbe una federazione mondiale, bensì un impero mondiale, se non, addirittura, una tirannide universale (Rousseau, Kant).

Perciò. Il federalismo mondiale, la confederazione fra UE e Eurasia e lo stesso federalismo europeo potranno funzionare solo se interiorizzeranno la critica anti-utopica.Perfino all’ interno di un solo Stato ci sono insurrezioni, rivoluzioni e guerre civile. Uno Stato mondiale in cui tutte queste fossero rese impossibili sarebbe la fine dell’uomo. Non per nulla i cultori dello Stato Mondiale sono anche gli zelatori della Fine della Storia e della Singularity Tecnologica.Al contrario, il federalismo mondiale si pone in contraddizione estrema con il modello attualmente vincente, quello della globalizzazione tecnocratica (che aspira, appunto, a un  impero mondiale, e/o universale). Secondo tale modello di globalizzazione, dovrebbe esistere un unico centro (il Complesso Informatico-Militare), che imporrebbe a tutti gli Stati il livellamento delle loro culture per obbedire a direttive unitarie, che mirano a un modello si sviluppo finalizzato alla egemonia della tecnica (standardizzazione, concentrazione, conformismo, atomizzazione).

Il federalismo mondiale invece, aspirando a far partecipare al governo del mondo tutte le parti dello stesso, si sforza, al contrario, di organizzare una pluralità di soggetti politici, e di aggregarli, per rafforzarli, all’ interno di grandi “contenitori”  continentali o semi-continentali, come l’ India, l’ Europa, l’Africa, le Americhe, il Medio e l’Estremo Oriente, ecc…Esso prende atto del fatto che esistono, nel mondo, molti modelli culturali e politici (Kupchan, De Masi). Per questo motivo costituisce non già, come pretendono taluni teorici, la fine di tutti i conflitti, bensì l’avvio di conflitti di nuovo tipo. La causa immediata delle attuali tensioni a livello mondiale (corsa agli armamenti, conflitti locali) è costituita per esempio dal fatto che le forze della globalizzazione, non accettando questo pluricentrismo, lo sottopongono a pressioni di ogni genere.

Nell’ambito di questo conflitto generalizzato, si collocano conflitti più localizzati, vertenti sulle modalità secondo cui si vorrebbero organizzare i singoli soggetti continentali e/o subcontinentali (p.es., Palestina, Ucraina, Kashmir, isole Daoyu). Questo “pensare per continenti” che prende l’avvio dalla “Dottrina Monroe”, si sviluppa con l’”eurasiatismo” e “Paneuropa” per sconfinare nell’imperialismo (vedi “la Grande Asia” giapponese o “il Grande Medio Oriente” di Bush).

Esso ha, certo, paradossalmente, una certa parentela con lo “Scontro di Civiltà” di Huntington, solo che l’obiettivo è diverso: là, si trattava di una grande coalizione per vincere la Terza Guerra Mondiale; qui di un accordo multilaterale fra tutti i maggiori attori, per disinnescare il rischio della guerra mondiale (Habermas). Basti pensare che Huntington voleva dividere l’ Europa al confine coll’Ortodossia (paradossalmente, qualcosa di simile alle attuali rivendicazioni russe).

Anche per fare ciò, i politici dovrebbero acquisire una visuale culturale più ampia, comprensiva di  un’eccezionale competenza culturale comparata, cercando di vedere come certe soluzioni riescano a conciliare esigenze obiettive e pulsioni identitarie di soggetti diversi. L’ostacolo principale al raggiungimento di questo obiettivo è la “colonizzazione culturale” dell’ Europa da parte dell’ideologia californiana, che sta tentando d’ imporre, come fosse l’“Identità Europea”, l’egemonia culturale transumanista, introducendo in Europa una “cancel culture” che si traduce in un “Cancel Europe”. E, infine, nel “Cancel Mankind”.Il caso della persecuzione della cultura russa in tutto il nostro Continente è più che eloquente.

La retorica byroniana copriva le stragi della Guerra di Liberazione greca

5.Le Nazioni Unite dovranno “cambiare pelle”

Sono nate come alleanza vincitrice della 2° Guerra Mondiale, e ne mantengono l’ impronta e l’ideologia (il “One-Worldism” diffuso dagli Stati Uniti all’ inizio della Seconda Guerra Mondiale). L’Europa vi è rappresentata da  uno Stato Membro, ma non ha un proprio seggio. Anche il suo nome è obsoleto, si richiama alla Guerra antinapoleonica e alla  Battaglia di Waterloo, alla  Seconda Guerra Mondiale e agli Stati Uniti, dov’essa ha sede: “Millions of tongues record thee, and anew/Their children’s lips shall echo them, and say,/’Here, where the sword united nations drew,/Our countrymen were warring on that day !’ (Lord Byron, Childe Harold’s Pilgrimage).

Infine, dovrebbero essere trasferite in un Paese neutrale. Non sembra infatti ammissibile che, come nel recente caso del team russo, gli Stati Uniti possano negare l’accesso alle Nazioni Unite ai rappresentanti degli Stati membri.

Anche le Organizzazioni specialistiche sono obsolete. Esse non riescono a svolgere loro funzioni più fondamentali che mai, come, in primo luogo, un’applicazione giuridicamente vincolante a livello mondiale del Principio di Precauzione e del Principio della difesa dell’Identità Culturale. Vanno fuse e coordinate fra di loro e con le Nazioni Unite.

L’incontro di Pratica di Mare fra Putin e Bush

6.La NATO e l’OCSE potrebbero costituire la base di una Alleanza  del Nord del Mondo

A nostro avviso, essendo attualmente la NATO e l’OCSE le organizzazioni dei Paesi del Nord-Ovest del mondo, esse potrebbero diventare, fondendosi, un regime-quadro federale dei rapporti fra Europa, America e Medio Oriente. Quest’affermazione non è, a nostro avviso, contraddetta, bensì rafforzata, dalle recenti vicende ucraine. Infatti, la rivalità russo-occidentale è stata creata artificialmente per giustificare la sopravvivenza della NATO stessa come tale, mentre  Gorbačëv e Elcin avevano deliberatamente smobilitato il Patto di Varsavia nella speranza di essere accolti subito in Europa, venendo però respinti.

Come ha affermato l’Arcivescovo Emerito di Torino, Monsignor Bettazzi, dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia, la NATO stessa avrebbe dovuto essere sciolta, e sostituita da qualcosa di europeo.La NATO dovrà dunque mantenere solo i suoi compiti politici, abbandonando quelli militari, divenuti ormai obsoleti dopo la fine della Guerra Fredda e la creazione di una Politica Estera e di Difesa. Tra l’altro, i compiti dell’OCSE comprendono già precisamente il controllo degli armamenti, provvedimenti di sicurezza, diritti umani, minoranze etniche, democrazia, antiterrorismo e ambiente, anche se vengono in questo momento talvolta strumentalizzati.

Potrebbero essere membri della nuova organizzazione gli Stati Uniti, il Canada, il Consiglio d’Europa, la Conferenza degli Stati Islamici e Israele. E’ ovvio che ciascuno di questi soggetti potrebbe associarsi agli altri pur mantenendo la propria identità, ma abbandonandone le interpretazioni escatologiche ed assolutistiche. Compito principale: coordinare verso l’esterno le difese dell’area nord del mondo contro attacchi esterni (p.es., terroristici), e difesa antimissilistica. Svolgere una funzione arbitrale circa eventuali conflitti “interni” (p.es., il caso ucraino). Accordi ben precisi dovrebbero essere stabiliti fra questi organismi, le Nuove Vie della Seta e l’Organizzazione di Cooperazione di Shanghai.

Evitandosi (o, almeno, allontanandosi  dalla nostra area) la competizione fra i sistemi nucleari americano e russo, l’Europa potrebbe divenire veramente l’area più pacifica e sicura della terra, anche se ciò non eliminerebbe certo l’esigenza di un Esercito Europeo, e di una cooperazione di difesa con gli Stati Uniti e con il Medio Oriente, ma con finalità diverse da quelle attuali.

Questa autonomizzazione dell’Europa sarebbe facilitata da un sistema antimissilistico comune e dalla creazione di un Esercito Europeo capace di bilanciare quello russo, in attesa di integrarsi progressivamente con questo.

Roma, Costantinopoli, Mosca

7.Il Consiglio d’Europa potrebbe divenire la “Federazione delle Tre Europe”

Il Consiglio d’Europa è l’unica organizzazione che raggruppi tutti i Paesi d’Europa.  Potrebbe costituire l’ambito di cooperazione federale fra una ricostituita Comunità Europea, la costituenda Comunità Eurasiatica e una nuova auspicabile realtà federale anatolica o panturcica. In tal modo, senza scontentare gli oppositori di una più stretta integrazione europea di Russia e Turchia, si permetterebbe a questi due Stati di contare di più anche formalmente nelle politiche europee (cosa a cui fermamente essi aspirano, e che si è voluto fino ad ora ad essi negare). Si terrebbe così anche conto che le “tre Rome” eredi della Tetrarchia romana, quella “occidentale” (romana e germanica)  , quella balcanico-medio orientale (bizantino-turca), e quella “scitico-sarmatica” (Russia, Mar Nero, Siberia, Asia Centrale) costituiscono tutte insieme l’eredità storica dell’ Europa, senza che alcuna di esse possa vantarne il monopolio, così come Kaifeng, Xi’an, Nan Qing e Pechino condividono l’eredità del Tian Ming. Tutte insieme costituiscono il nostro Stato-Civiltà. Questo richiederebbe un ravvicinamento delle culture delle diverse aree. Volendo, si potrebbe anche pensare alle forme di partecipazione di una “Quarta Roma”, l’America. Certo, questo presupporrebbe un ulteriore cambiamento di cultura, quale quello auspicato a suo tempo dagli “Euroamericani” (Eliot, Pound, Dos Passos, Frantzen).

Modernità e post-modernità sono innervate dalla “lotta per il riconoscimento”: dal principio di eguaglianza presente nelle “carte atlantiche”, alla “Missione dei Popoli”, alla decolonizzazione, alle politiche di genere. Tuttavia, non è stato ancora dato un riconoscimento pieno alle tendenze culturali diverse dall’“Occidente”. Nel caso dell’Europa, alle tendenze “asiatiche” o “eurasiatiche”al suo interno(popoli delle steppe, ebraismo, Cristianesimo orientale, Euroislam, Costantinopoli, Slavismo), con l’abbandono, da parte dell’Europa e dell’ America, della cosiddetta “Arroganza Romano-Germanica” denunziata a suo tempo da Trubeckoj, e ancora aleggiante, tra l’altro,  nei programmi scolastici e in quelli dei partiti politici europei.

Quanto sta accadendo appunto con Russia e Turchia crea, certamente, dei nuovi ostacoli su questa strada. Da un lato, il Consiglio d’ Europa dovrà formulare  una sua nuova politica di partenariato con Russia e Turchia, che garantisca loro la partecipazione all’ Europa con un ruolo paritario e  la sicurezza, non solo nucleare, ma anche contro ogni forma di destabilizzazione. A quel punto, si vedrebbe che le questioni aperte, in primo luogo quelle dei missili e delle minoranze etniche, si risolverebbe automaticamente.

L’Unione ha perso qualcosa dell’ispirazione originale?

8.L’Unione Europea dovrebbe tornare a chiamarsi “Comunità Europea”.

Essa potrebbe articolarsi, al suo interno e verso l’alto, secondo il principio della “Multilevel Governance” (l’Europa a più Velocità, l’”Europa delle Regioni”). Barbara Spinelli ha auspicato che l’Europa divenga un “impero non imperialistico”. Espressione contorta per indicare l’atteggiamento di certi imperatori del passato, i quali deliberatamente avevano deciso, come Adriano,  di  rinunziare all’ espansionismo per concentrarsi sul governo dei propri territori. Questi “imperi non imperialisti” furono, in fin dei conti, la regola nel passato, in quanto ciascun impero (Sacro Romano Impero, Impero Russo, Ottomano, Mughal, Cinese) di fatto si concentrava su uno specifico “semicontinente”. Solo gl’imperi persiano ed islamico, e, oggi, quello “democratico”, avevano fatto dei  seri tentativi per divenire imperi mondiali. All’interno, gli Imperi sono caratterizzati dal carattere fluido delle diverse identità collettive (Città e Nazioni, Province ed Etnie, ecc..), che non vengono definite in senso rigido e gerarchico come nel caso degli attuali Stati Nazionali. Oggi, abbiamo a disposizione, per tutto questo,  l’espressione “Stato-Civiltà”

Come arrivare a questa soluzione?

Mitterrand e Gorbaciov a Praga

9.Le trattative per la fine della guerra ucraina: l’ occasione per una trattativa globale?

L’idea di una trattativa globale, che coinvolga anche gli Europei e le grandi potenze, sta oramai prendendo piede. Tutti sembrano rivolgersi alla Cina come possibile grande mediatore. Ora, non dobbiamo dimenticare che la Cina:

-ha come colonna portante della sua attuale politica le Nuove Vie della Seta”;

-ha come principale alleato la Russia;

-ha come importanti partner commerciali l’Ucraina e i Paesi di Visegràd (16+1);

-ha già espresso il suo desiderio che l’Europa sia più indipendente;

-è in attesa del prossimo meeting con la UE per rendere operativo il trattato finalizzato a fine 2021.

Agli Europei non resterebbe che inserirsi, in modo propositivo, creativo, indipendente ed energico, in questa dialettica.

Il Movimento Europeo propone giustamente una Conferenza Europea per la Pace e la Sicurezza, a favore della quale ci siamo già pronunziati nei nostri precedenti post:

“Si tratta di una questione essenziale per gli interessi strategici dell’Unione europea, che dovrebbe essere posta al centro delle prossime sessioni plenarie della Conferenza sul futuro dell’Europa i cui tempi e le cui modalità di decisione dovrebbero essere rivisti alla luce di quel che sta avvenendo in Ucraina”.

L’unico problema è che la nostra classe dirigente non è, né propositiva, né creativa, né indipendente, né energica, come dimostra il suo ininterrotto e monotono allineamento, culturale, militare, politico ed economico con i pregiudizi e gl’interessi americani. Si tratta perciò di costruire dal basso un’alternativa, fondata su una cultura veramente paneuropea e sovrana, capace di confrontarsi con quelle di tutto il mondo, senza demonizzare, né Confucio, né il Corano, né Dostojevskij.

I 100 ANNI DEL PARTITO COMUNISTA CINESE, Un’occasione per ripensare la storia mondiale

Qin Shih Huang Di, il Primo Imperatore

“Mi svegliai sospirando, pensando alla capitale dell’ impero dei Zhou”

(da “Le memorie di uno storico” di Sima Qian)

Il 1° luglio, la Cina ha celebrato il centenario della fondazione del Partito Comunista Cinese. Al di là delle diatribe ideologiche, è questo il momento di ricapitolare, per ora solo artigianalmente, un po’ di storia mondiale, per capire dove ci troviamo, in particolare noi Europei.

I Tù,: la base storica della scrittura cinese

1.Le grandi civiltà dell’Epoca Assiale

Per fare ciò, è necessario riandare alla storia del mondo, di cui tanto noi, quanto la Cina (ma non gli Stati Uniti), siamo stati fra i grandi protagonisti. Solo a fronte di questa profondità storica è possibile comprendere la natura e il destino degli “Stati-civiltà”, a cui noi apparteniamo, e, in particolare, quelli della Cina e dell’Europa.

A partire dal quinto millennio a.C., nelle grandi pianure fertili, alcuni popoli si avviavano lungo un percorso di sedentarizzazione, costruendo villaggi e creando forme embrionali di società, fra di loro comparabili:

-nel mondo proto-sinico, lungo l’alto corso del Fiume Giallo (la Cultura di Erlitou, il mondo dell’ “Imperatore Giallo”);

-la Civiltà Indo-Sarasvati, lungo il corso dell’ Indo (Mehrgarh, il mondo del Kumari Kandam);

-la civiltà mesopotamica, nella bassa valle del Tigri e dell’ Eufrate (el-Obaid, Uruk, il mondo di Utnaspishtim);

-quella egizia, lungo il Nilo (la Cultura pre-dinastica, il mondo degli “Shemsu Her”);

-quella dei Kurgan , lungo il Volga (Srednyj Stol, la “Cultura Jamnaja”).

La civiltà europea è l’erede di quelle medio-oreientali e della Cultura di Jamnaja; quella cinese, della cultura di Erlitou.

Molte di queste civiltà  ebbero loro eroi mitici, come l’Imperatore Giallo, Yu, Gilgamesh, il Re Scorpione. Da esse derivarono i primi imperi storici: quello degli Xia, quello elamita, quello sumerico, quelli dell’Alto e del Basso Egitto, oltre che le civiltà di Mohendjo Daro e danubiana.

Nel 3200 a.C. nascono le scritture cuneiforme ed egizia e si costruiscono Stonehenge e Skara Brae.Nel 2800 a.C., nasce in China la cultura di Longshan,  mentre, a Creta,  Knossos  raggiunge gli 80.000 abitanti. Intorno al 2700 a.C., viene scritta l’ Epopea di Gilgamesh, e verso il 2600 a.C., inizia la fase matura della Cultura Indo-Sarasvati; nel 2270 viene fondato l’impero di Akkad.

Nel 1800 a.C., nascono nel Sinai e a Ugarit i primi alfabeti; in Mesopotamia, vengono scritti  l’ Epopea di Gilgamesh  e il Codice di Hammurabi.

Nel 1600 a.C.,  nascono le Civiltà micenea e hittita e la Dinastia Shang , con il suo sistema di scrittura sulle ossa divinatorie (Tù), simile, sotto certi aspetti, da un lato ai simboli usati dall’ uomo preistorico, e, dall’altro, alle prime forme dei pittogrammi egizi e mesopotamici.

Come si vede, un impero centralizzato cinese esisteva fin dagli albori della civiltà, al tempo dei Cretesi e degli Ittiti.

Nel 1500 inizia la composizione del Rgveda.

Sul limitare fra il I° e il II° millennio, nascono civiltà che influenzano profondamente le culture successive: i Zhou, idealizzati da Confucio e da Sima Qian; i Popoli del Mare (Shardanas,Tursenas, Sikler, Theuker, Pelast,probabili  antenati degl’Italici); si generano i fatti narrati nell’ Esodo e la Guerra di Troia; nell’ Europa Centrale vivono  le culture di Hallstatt  e La Tène.

Le affascinanti dame dell’ Era Tang

2.Alfabeti e religioni lungo la Via della Seta

Nel corso del I°millennio a.C., si sviluppano le culture confuciana, vedica, persiana e greco-romana.

Gl’imperi Qin e Han, Maurya e Gupta, arsacide e romano  furono collegati dalle Vie della Seta e dalle spedizioni evangelizzatrici di buddhisti, nestoriani e islamici. Ad essi succedettero  i Sassanidi, il Califfato, l’Impero carolingio.

All’inizio del 7° d.C secolo, nasce la Dinastia Tang, e la Cina completa il Grande Canale che l’attraversa ancor oggi, e inventa l’arte della stampa. Mieszko I  diviene duca di Polonia, e nel sacro Romano Impero viene proclamata per la prima volta la “Trewa Dei” (“Ewiger Landtfrid”), antenata del “progetto di Pace Perpetua”).

Nascono gl’ imperi selgiuchide e Azteco.

Nel XIV secolo, si affermano ancora nuovi imperi: i Ming, i Mughal, gli Asburgo, e, in America, gl’ Inca. Nel XV, tanto i Cinesi quanto gli Europei avviano  esplorazioni oceaniche su larga scala. Gli Europei importano molte invenzioni cinesi, indiane ed arabe (algebra, bussola, polvere da sparo, stampa, carta moneta), sviluppando moderne tecnologie culturali e navali che permettono  loro di espandersi un po’ dovunque; in Estremo Oriente, fioriscono  potenti imperi come quello Qing e quello  giapponese  dell’ Era di Edo, con un livello di vita e di cultura nettamente superiore a quello europeo.

I Gesuiti si configurano quali gli agenti di un’ inedita globalizzazione culturale, che va dalla Spagna della Reconquista sl Giappone, dal Québec alla Cina, dal  Sudamerica alla Bielorussia,  spaziando fra teologia tecnologia, didattica ed economia, politica e arte, linguistica e  matematica.

Intanto, si afferma il ruolo centrale dell’America, e le tredici colonie inglesi raggiungono l’indipendenza. La Compagnia delle Indie assume il controllo dell’Asia Meridionale, e gli Occidentali impongono l’apertura commerciale a Cina e Giappone. Con il saccheggio di Delhi e di Pechino, India e Cina, che, ancora a metà Ottocento, rappresentavano più della metà del PIL mondiale, vengono ridotte ad uno stato semi-coloniale, con una corrispondente decadenza economica (i “Cento Anni di Umiliazione”). “ Il paese ha subito un’intensa umiliazione, il popolo è stato sottoposto a grande dolore e la civiltà cinese è stata fatta sprofondare nell’oscurità. Da quel momento, il ringiovanimento nazionale è stato il sogno più grande del popolo cinese e della nazione cinese.”(Xi Jinping)

Si manifestano i primi movimenti di resistenza, come quelli dei Sepoys e dei Taiping, da cui scaturiranno i primi moti d’indipendenza di India e Cina: “il Movimento del Regno Celeste di Taiping, il Movimento di riforma del 1898, il Movimento Yihetuan e la Rivoluzione del 1911 sorsero uno dopo l’altro e furono escogitati una varietà di piani per garantire la sopravvivenza nazionale , ma tutto questo si è concluso con un fallimento. La Cina aveva urgente bisogno di nuove idee per guidare il movimento per salvare la nazione e una nuova organizzazione per radunare le forze rivoluzionarie..

Qianlong, l’imperatore dell’ era illuminista

3.Il ringiovanimento  della Cina

Nella visione del Partito Comunista Cinese, la rinascita ( o ilo “ringiovanimento”) della Cina, inizia con la sua fondazione, che ha sostituito, ai 100 anni di “umiliazione”, i 100 anni di “ringiovanimento”.

Mentre Gandhi inizia il suo apostolato, Mao fonda, nel 1921, il Partito Comunista Cinese. La Seconda Guerra Mondiale non iniziava, contrariamente a quanto affermato in Occidente, con l’attacco tedesco alla Westerplatte (1939), bensì con l’Incidente al Ponte Marco Polo a Pechino, nel 1938 (Grosser). Inoltre, la maggior parte delle vittime della IIa Guerra Mondiale non fu, né israelitica, né russa, né tedesca, bensì cinese.

Ne consegue che, nel 1949, alla fine della Guerra Civile, la Cina era distrutta. Le successive campagne di Mao (“Cento Fiori”, “Grande Balzo in Avanti”, “Rivoluzione Culturale”), che, si dice in Occidente, furono sanguinarie e perfino inutili, servirono in realtà a ricostituire e consolidare uno Stato, un’economia, un partito e una società sconvolti da continue guerre, e comportarono comunque una crescita economica e tecnologica rispetto al precedente stato di totale distruzione.

Le riforme di Deng Xiaoping, così come l’apertura al commercio con l’estero e al mercato, e le Zone Economiche Speciali, segnarono poi, sfruttando anche i presupposti storici dell’era maoista, un ritorno alla gloriosa economia mista della Cina Imperiale, che permise alla Cina di divenire la ”fabbrica del mondo”.

Personalmente, avevo avuto il privilegio di visitare la Fiera di Canton nel 1978, precisamente all’ inizio delle riforme di Deng Xiaoping. La Cina di allora era ben diversa da quella di oggi. Tanto per cominciare, era protetta, anche verso Hong Kong, da una sorta di Grande Muraglia, con Shenzhen che era solo un’ enorme risaia,e con milioni di biciclette in giro per le strade anche nel cuore della notte(senza illuminazione). Che differenza dall’attuale megalopoli dell’ Area della Baia del Fiume delle Perle (Yuegangao Dàwānqū) !

Con l’inizio del nuovo secolo, la Cina ha stretto legami sofisticati con il resto del mondo, e, in particolare, con gli Stati Uniti, sviluppando autonomamente tutte le tecnologie di avanguardia (energia nucleare, treni ad alta velocità, missilistica,  stazioni spaziali,  informatica, computer quantici, ambiente), e dotandosi di una modernissima classe dirigente.

Oggi, con una popolazione di 1.400.000 abitanti e un PIL di 16,642.32 milioni di dollari, la Cina è tornata ad essere complessivamente il principale Paese del mondo, cosa che (come si vede dal rapido excursus del punto precedente) era sempre stata in tutto il corso della storia. Già come tale, essa, in un’era in cui  “uno vale uno”, è divenuta automaticamente, per definizione, il Paese inaggirabile. Inoltre, in un momento in cui la transizione all’era delle macchine intelligenti sta provocando un profondo disorientamento ideale, non solo in Occidente, ma in tante aree del mondo, a cominciare dal Medio Oriente, il fatto di riallacciarsi, seppure in forma inedita, al suo passato, fa della Cina un paese forte e interessante, anche se non necessariamente un modello per altri.

Infatti, in tutto il mondo la transizione al post-umano sta portando in evidenza la questione circa che cosa sia propriamente umano, e la conseguente urgenza dello studio delle civiltà dell’Era Assiale, di cui quelle asiatiche costituiscono un esempio vivente.

Kojève, che aveva dedicato tutta la sua attività di filosofo be di funzionario internazionale a sviluppare la teoria hegelo-marxista della Fine della Storie, era stato scioccato, alla fine della sua vita, nell’ ver dovuto constatare che il Giappone è un paese addirittura “pre-assiale” sopravvissuto fino add oggi. Tuttavia, la Cina ha superato la vecchia contraddizione est-asiatica sintetizzata dallo slogan giapponese “Wakon Yosai” (“la tecnica occidentale come mezzo, la cultura orientale come valore”). Infatti, anche la tecnica è oramai orientale. Inoltre, essa (anche a causa dell’effetto  “massa critica” dato dalle sue dimensioni e dalla sua compattezza, ma soprattutto per la sua violenta reazione ai “cento anni di umiliazione”), essa è un Paese particolarmente proiettato nel domani: è al contempo pre-assiale e post-moderna.

Questi sono gli obiettivi successi che sono stati celebrati da Xi Jinping con le cerimonie di Pechino del 1° luglio: sicurezza, tradizione, tecnologia, benessere, commerci internazionali, futuro. Essi non possono certamente essere negati, ed è per questo che gli Stati Uniti vi assistono con sgomento, senza sapere neppure che dire, perché il loro progetto di dominazione mondiale (il “Destino Manifesto”) viene implicitamente posto in dubbio stessa dall’esistenza di un Paese in grado di pretendere di essere trattato  dall’America su un piede di parità.

Questo spiazza anche l’establishment europeo, che non può certo dire lo stesso dell’Europa.

La questione deli “diritti umani”, unico argomento contro lo sviluppo attuale della Cina, è mal posto. Innanzitutto perché non è vero che tutti i Paesi del mondo vadano verso un sistema più partecipativo e permissivo, mentrteb risulta chiaro che la nuova guerra fredda, lil Pensiero Unico e la digitalizzazione portano ovunque, dove più, dove meno, alla centralizzazione del potere, sì che la Cina +è tutt’altro che un’eccezione. Poi, perché il principale accusatore della Cina, gli Stati Uniti, non si segnala certo, dal punto di vista del controllo da parte del potere, della tolleranza, del livello di repressione in patria e all’ estero, fra i Paesi più liberali.

Infine, perché non bisogna confondere i “diritti civili” (quali quelli di rappresentanza di pluralismo, ecc…), con i diritti umani, che attengono alla vita, alla salute, all’assistenza sociale, nei quali la Cina è spesso più avanzata, non solo degli Stati Uniti, ma addirittura dell’Unione Europea (che non riesce neppure, per la sua stessa ammissione, a eliminare fra i suoi cittadini la povertà assoluta).

Alla frontiera di Shenzhen nel 1978

4.Le ”Lezioni Cinesi”

In occasaione delle celebrazioni per il centenario, Xi Jinping ha fatto affermazioni molto impegnative:“La nazione cinese è una grande nazione. Con una storia di oltre 5.000 anni, la Cina ha dato un contributo indelebile al progresso della civiltà umana.” A causa di queste sue particolari caratteristiche, la essa aveva costituito per secoli un modello per i Paesi confinanti (per la Mongolia, l’Asia Centrale, la Corea, il Sud Est Asiatico, il Giappone), ma anche  la Francia di Luigi XIV(Fresnais), il Sacro Romano Impero (Leibniz), l’ Europa (Voltaire). Oggi, soprattutto per gli USA, i quali, dopo essersi illusi di manipolare la Cina, sono oggi costretti a rincorrerla,  sull’intelligenza artificiale, i 5 G, ecc…Gli stessi progetti parlamentari di campagne anticinesi, come il “Final Report” della Commissione NSCAI e la bozza della “Resolution 1169”, sono infarciti di citazioni a politiche e istituzioni cinesi, oltre che di citazioni di Xi Jinping.

Perciò, anziché parlare, come aveva fatto Italo Calvino, di “Lezioni Americane”, oggi si tende piuttosto a parlare di “Lezioni Cinesi”(Francesco Grillo).

Eravamo stati fra i primi a seguire questa strada. Infatti, nel nostro libro DA QIN, del 2017-2018, avevamo già scritto: “l’ emergere ella Cina quale nuovo player determinante su tutti gli scacchieri mondiali sta per altro fornendo, a mio avviso, all’ Europa, un “leverage” per rovesciare questa situazione di stallo, ispirandosi innanzitutto all’ inattesa crescita di quel Paese rispetto al modello americano-in tutti i settori, a cominciare dalla sua efficacia complessiva tanto sul piano dei rapporti di forza, quanto su quello culturale. “

Nella nostra visione, è chiaro che l’attuale lotta contro il controllo sull’umanità da parte delle macchine intelligenti presuppone  volontà culturali e politiche forti, capaci, da un lato, di formare e consolidare le personalità umane, e, dall’ altra, di formare un sistema legislativo e amministrativo efficiente. Tutto ciò non si ritrova nello scenario occidentale dominato da un unico centro di potere, funzionale alla strategia dei GAFAM, che sono lo strumento per l’affermazione delle macchine intelligenti, come chiaramente affermato da Eric Schmidt, Amministratore delegato della Google e presidente della Commissione NSCAI. Né si trova in un’ Europa che è l’unica area del mondo a non avere neppure tentato (come Russia, India e Corea del Sud) di limitare seriamente il potere del complesso informatico-militare americano.

Per fare  questo, sono necessari infatti grandi Stati sub-continentali, capaci, da un lato, di svolgere i compiti educativi e legislativi di cui sopra, e, dall’altro, di controbilanciare il monopolio del potere tecnocratico occidentale. Gli attuali Stati-civiltà (USA, Cina, Russia) non sono, per motivi vari, in linea con questo compito: gli USA perché sostengono addirittura i GAFAM, dando prestigiosi incarichi istituzionali ai loro dirigenti; la Cina perché tutta assorbita dal difendersi dagli USA, e la Russia perché non è tecnicamente all’ altezza. L’ Europa e l’India potrebbero fare molto di più, coniugando le loro competenze tecniche con le loro culture millenarie e il loro tradizionale orientamento a favore del pluralismo. Tuttavia, anch’esse non possono oggi contribuire in modo adeguato, perché, anziché collaborare in modo spassionato con il resto del mondo, si fanno trascinare dagli USA in un’assurda crociata anticinese, che ha come prima conseguenza l’impossibilità di collaborare con la Cina nei settori culturali e tecnologico, che sarebbero quelli da presidiare per fronteggiare l’emergenza delle macchine intelligenti, facendo anche dell’Europa e dell’India due “Stati-civiltà”.

In questa situazione complessa la Cina  svolto fino ad ora, e ancora svolge,  il ruolo comparativamente più positivo, ponendo in essere, con la propria “Sovranità digitale”(Shùzì zhǔquán), idea poi “copiata” da Macron e Borrell), il maggiore ostacolo oggi realmente esistete esistente alla realizzazione del programma di controllo mondiale  di Schmidt e Kurzweil. Essa, infatti, è riuscita a creare tecnicamente un “web cinese”, a separarlo da quello a guida americana, a creare proprie multinazionali del web, con una reale concorrenza interna, e, infine, ad abbozzare, attraverso Huawei, Alibaba e Tik Tok, una strategia di competizione internazionale con i big americani.

Questa lotta contro il monopolio americano del web  costituisce un modello per la resistenza delle altre parti del mondo (in particolare, Unione Europea, Russia e India), le quali non hanno ancora raggiunto, come la Cina, un’adeguata massa critica, né culturale, né politica, né tecnologica, né militare.

Se la Cina è contraria all’ imposizione in tutto il mondo di un unico modello culturale e politico,  è perché essa ha una sua visione per la coesistenza mondiale•         “La fondazione di un partito comunista in Cina è stato un evento epocale, che ha cambiato profondamente il corso della storia cinese nei tempi moderni, ha trasformato il futuro del popolo e della nazione cinesi e ha alterato il panorama dello sviluppo mondiale.”

Tale visione è fondata su tre pilastri:

•        „Multipolarismo”, dove  USA, Cina, Europa, Russia, e forse, India, siano su un piede di parità;.

•        „Multilateralismo“,   dove nessuno Stato indichi agli altri la direzione di marcia;

•        „ Pluralismo  Ideologico“,  dove non ci sia una sola forma di regime accettabile sullo scenario mondiale.

•        A nostro avviso, la visione del mondo che deriva dalle tradizioni culturali europee è in ultima analisi simile a quella cinese,  anche se non identica:

•        -intanto, non ha senso prescrivere un numero limitato di soggetti politici accettabili sulla scena mondiale. Per esempio, anche il Sud America e l’ Islam avrebbero  pieno titolo ad affermare un loro progetto, mentre Russia e Turchia si situerebbero forse più opportunamente all’ interno dell’ Europa;

•        -certo, non è opportuno, né giusto, che vi sia uno “Stato Guida”,  ma in più è anche logico che vi sia una competizione culturale fra le civiltà, come indicato, per esempio, nel Corano;

•        – il pluralismo è un bene prezioso da difendere, ma non lo chiamerei “ideologico”, perché le visioni del mondo, a cominciare da quelle americana e cinese,  sono piuttosto filosofiche (il  messianesimo puritano, il “Datong” e lo Xiaokang confuciani).

Lo skyline di Canton oggi

5.Le tredici ipotesi di studio per il federalismo europeo

Il nostro libro: “Da Qin”, del 2018, costituiva un tentativo di utilizzare le esperienze fatte dalla Cina sviluppandole nel senso di proposte per il federalismo europeo.

Ne erano nate 13 idee-guida, fra le quali ricordiamo:

-la“Poliedricità” dell’ Europa;

-la distinzione della stessa dall’ America;

-L’Europa quale “Stato-Civiltà”;

-l’Europa come Katechon;

-più poteri all’ Europa;

-una digitalizzazione sul modello cinese;

-no a una nuova Guerra Fredda;

-sì alla “Patria Europea”; no all’ Europa organizzazione internazionale o protettorato americano.-

Poco dopo, Francesco Grillo pubblicava il suo libro “Lezioni Cinesi”, in cui anch’egli suggeriva di assumere, proprio in concomitanza con le elezioni europee del 2019,  la Cina come modello per l’ Europa, lamentando il fatto che Macron, dopo avere adottato l’idea di una  “rifondazione euiropea” (“Renew Europe”, che corrisponde al “Zhōnghuá mínzú fùxīng” di Xi Jinping), non aveva fatto seguire alle parole dei fatti concludenti.

Grillo traeva anch’egli, dalle soluzioni cinesi, suggerimenti per una riforma dell’ Europa:

-istituzioni flessibili e pragmatismo (“non importa se i gatti siano bianchi o neri, purchè acchiappino i topi”);

-una cittadinanza europea meritocratica, sul modello dell’ “epistocrazia” cinese e del cursus honorum romano.

Non ci resta che augurare all’ Europa e alla Cina tutto il successo possibile, e adoprarci per evitare una nuova Guerra Fredda, che per l’ Europa sarebbe semplicemente autolesionistica.

PROMEMORIA: DOMANI CANTIERI VIRTUALI D’EUROPA 2020-TELECONFERENCE 4 LUGLIO (ORE10):RAPPORTI EUROPA-CINA

“Ren”:l'”altro”

Contributo personale di Riccardo Lala: La Cina: Partner/concorrente/rivale?

Continuiamo con la serie di manifestazioni in preparazione del Salone del Libro di Torino e della Conferenza sul Futuro dell’Europa. Nell’ ambito delle priorità rese note per il prossimo semestre dalla presidenza tedesca, figura anche l’accordo sugli investimenti con la Cina, a cui Angela Merkel attribuisce una particolare importanza, e al quale von der Leyen, Michel,Borrell, Xi Jinping, Li Keqiang e Yi Wang hanno dedicato importanti teleconferences preparatorie.

Quanto alla Conferenza sul Futuro dell’ Europa, essa sarà ulteriormente spostata in attesa che la fine della pandemia permetta manifestazioni dal vivo. Essa dovrebbe perciò potere anche tener conto dell’esito delle trattative con la Cina. La pubblicazione di vari documenti delle Istituzioni ci permette di comprendere quale sforzo queste stiamo facendo per passare da un originario atteggiamento di disinteresse (soprattutto se confrontato con il peso enorme che aveva, ancora nella “Dottrina Solana” il dialogo transatlantico), a questo nuovo atteggiamento di sostanziale equilibrio e di maggior interesse rispetto agli USA (i quali oggi deliberatamente perseguono un atteggiamento di confronto e di chiusura tanto verso l’ Europa, quanto verso la Cina).

Quest’equilibrio si trova espresso nei tre ruoli che la nuova dottrina europea attribuisce alla Cina:

-partner strategico;

-concorrente;

-rivale sistemico.

La partnership è riferita soprattutto alla convergenza sui grandi temi del dibattito internazionale, come multilateralismo, riforma delle istituzioni internazionali, Green New Deal e contenimento delle pandemie. La concorrenza si esplica a livello commerciale, anche se si dovrebbe parlare soprattutto di complementarietà, perché le specializzazioni dell’Europa sono diverse da quelle della Cina,  anche e soprattutto ora che questa ha deciso di concentrarsi alte tecnologie, nella connettività e nella finanza (che invece l’ Europa sta  trascurando). Quanto alla rivalità sistemica, si tratta dell’aspetto più sofferto di questo rapporto. Infatti, l’Europa aveva rinunziato, almeno formalmente, a “esportare la democrazia”, sicché sembra improbabile che i due sistemi entrino in conflitto su questo punto (anche a causa della debolezza dell’ Europa). Anche perché non fa parte della logica della Cina “fare proselitismo”. La sua è deliberatamente una “via nazionale al socialismo”. Come tale, essa vuole avere “caratteristiche cinesi”, che non si pretende siano comuni ad altri Paesi. Ciò che disturba i vertici europei non è perciò tanto un preteso proselitismo internazionale del Governo cinese, quanto l’esistenza di una sempre nutrita schiera d’intellettuali internazionali (p.es., Jacques, Frankopan, Bell, Zhang Weiwei, Zakaria, Khanna e Zhao), i quali non mancano di esaltare i vantaggi dei “sistemi confuciani” rispetto a quello occidentali. Ma, di tutto ciò, non è responsabile il Governo cinese, bensì la crisi della cultura “occidentale” e la conseguente esigenza di ricercare  modelli diversi, che risale già ai Gesuiti, a Schopenhauer, a Fenollosa, a Pound….

L’Europa si differenzia certamente dalla Cina per il fatto di respingere, sia concettualmente (in opposizione agli USA), sia nei fatti (in opposizione alla Cina), l’approccio che Aresu ha chiamato “capitalismo politico”, vale a dire un sistema che, pur nel rispetto formale dell’ economia di mercato e dello Stato di diritto, privilegia in economia l’affermazione di un’agenda politica dello Stato, chi invocando in tutte le circostanza la sicurezza nazionale (Patriot Act, Subversion Act, War Production Act, Trading with the Enemy Act, CLOUD Act), chi la tradizione culturale e politica nazionale (la Costruzione del Socialismo, la Grande Armonia, l’Ecumene), chi, infine, i Campioni Nazionali (gli OTTs e i BATX). Il “Capitalismo politico” ha poco a che fate con la pretesa provvidenzialità del mercato a cui si ispirano ancora gli Stati e le Istituzioni in Europa.

Contro questo atteggiamento pratico delle due Superpotenze, l’Europa rivendica, nel perseguimento del proprio ideale di “Stato neutrale”, un ruolo di “Trendsetter”, quel “riferimento per tutto il mondo”  che richiama le indicazioni fornite a Strasburgo dal Sommo Pontefice. Si tratta paradossalmente di una riedizione aggiornata della concezione del “Wu Wei” (in Sankrit, “ahimsa”, “Satyagraha”=agire senza agire) tipico del Saggio (Imperatore), che però nel XXI secolo va aggiornata, a causa dell’ingerenza totalitaria dell’ informatica in qualsivoglia vicenda umana (gli “Imperi Sconosciuti” di cui parla sempre Francesco), che non permette a nessuno di comportarsi come nei secoli precedenti.

Vi sono perciò due dubbi sulla sostenibilità delle posizioni delle Istituzioni:

-da un lato,  questa dottrina (erede storica del compromesso democristiano-socialdemocratico) è in contrasto con la tradizionale lettura  europea e cattolica della laicità, espressa già nel Vangelo (Dio e Cesare), e poi in Dante (i Due soli) e nel cattolicesimo liberale, secondo il quale vi dev’essere una netta distinzione fra la funzione spirituale del Sacro e quella politica dello Stato. Lo Stato non può avocare a sé il magistero etico (la difesa del “politically correct”), senza fare violenza all’ autonomia della coscienza (un’inedito “Stato Etico” puritano a difesa della modernità, “una nazione con l’anima di una Chiesa”);

-dall’ altra, anche la vecchia dottrina, di lontana origine giapponese, della “cultura orientale+tecnica occidentale(Wakon yosai”,“Zhongti Xiyong”) si è rivelata superata nei fatti  dal fallimento delle “tigri asiatiche”. Infatti, oggi è impossibile distinguere la cultura dalla tecnica, sicché si pone la questione di un umanesimo digitale, che non può più essere indifferente alla politica. L’informatica modifica l’umano, sì che l’”Imperatore Saggio” non può più limitarsi a presiedere ai Riti, bensì deve anche essere al cuore della tecnica (sia essa costituita dai big data, dai social, dalle comunicazioni o dalla cyberguerra). La “guerra pacifica” di Mozi e di Sunzu è divenuta impercettibilmente la Guerra Senza Limiti di Qiao Liang e Wang Wensui. Questa è la ragione profonda tanto del superamento dei richiami impliciti al “wu wei”,  quanto della critica  che Alessandro Aresu muove alle politiche dell’Unione. L’attuale pacchetto europeo di misure  in materia di alte tecnologie continua a soffrire di un peccato di “angelismo” (per dirla con il Papa): l’Europa non può essere un “trendsetter” se non sperimenta prima su di sé in concreto, in tutta la sua asperità,  una nuova cultura del digitale, un “ecosistema sovrano”, veramente indipendente e diverso rispetto al Complesso Informatico-Digitale, e non un sottoprodotto dello stesso come quello espresso dal Privacy Shield, delle Standard Contractual Clauses, da Qwant e perfino del “Rome Call for an Ethical AI”.

Un confronto culturale e scientifico serrato con la Cina dovrebbe servire, a nostro avviso, a comprendere questo snodo essenziale ed esoterico della post-modernità, che l’Asia ha vissuto così intensamente,  e anche, possibilmente, a ricercare insieme delle vie  per il “Ringiovanimento” delle rispettive nazioni.

I relatori del nostro prossimo webinar parleranno essenzialmente di Italia e Cina. Quest’orientamento ha il merito della concretezza. A nostro avviso, contrariamente a quanto i più sembrano credere, l’Italia può intervenire nel contesto del confronto euro-cinese in pieno svolgimento in modo particolarmente autorevole per più di una ragione, Intanto, farebbe parte proprio del “Primato Morale e Civile degl’Italiani”(Gioberti) rivendicare  quel ruolo di “riferimento” nel mondo che Papa Francesco ha additato al mondo. Quindi, proprio la “specializzazione” naturale degl’Italiani nella cultura, nell’ arte, nella comunicazione e nel turismo fa sì ch’ essi possano svolgere una funzione centrale nel dialogo fra Est e Ovest, sulle tracce, innanzitutto, di Marco Polo, ma anche e soprattutto dei Gesuiti, che hanno vissuto il loro rapporto con la Cina come un modo per rinnovare la stessa cultura europea (il dibattito sul nichilismo nel”Vero Significato del Signore del Cielo”, lo “Stato Minimo”, la “Prisca Philosophia”). Senza dimenticare la Butterfly, la Turandot di Puccini e i “Pisan Cantos” di Pound, scritti in gran parte in Italiano e in Cinese.

Tutto questo ha trovato un principio di attuazione nell’ MOU sulla Via della Seta. Come nell’ uso linguistico antico, non vi era nessuna distinzione fra Roma, l’Italia, l’Impero Romano, l’ Europa e il Cristianesimo (tutti designati come “Da Qin”), così anche oggi occorre elaborare una concezione  “italiana” del rapporto con la Cina, che sia valida e proponibile all’ intera Europa. Una Concezione che parta dalla “Humanitas” classica, tanto simile alla “Ren” delle San Jiao siniche, e che oggi si dovrebbe declinare come “umanesimo digitale”. Un umanesimo che, sotto la dominazione del Complesso Informatico-Militare”, è tutt’altro che acquisito in concreto, e va ricercato con lo studio, il dibattito, la ricerca tecnico-scientifica, lo “Stato Innovatore” e una nuova classe dirigente. Tutto ciò può essere acquisito solo se, lungi dal rinchiudersi  nel provincialismo dei “followers”, gl’Italiani egli Europei sapranno guardare senza pregiudizi a tutto ciò che sta accadendo nel mondo, e, in primo luogo, in Asia. Solo così potranno divenire dei “trendsetters” come auspicato da Ursula von der Leyen.

Da Xue: un link fra Cina, America ed Europa

WEBINAR 4 LUGLIO, ORE 10,00

VERSO IL TRATTATO PER LA PROTEZIONE DEGL’INVESTIMENTI :

XI JINPING RICONOSCE IL RUOLO DELL’ UNIONE EUROPEA

Dopo 50 anni dall’avvio dei rapporti diplomatici fra Italia e Cina, la rapidissima ascesa di quest’ultima, dalle distruzioni di più di 100 anni di guerra, fino all’attuale posizione  all’avanguardia mondiale nella tecnologia e nell’economia,  ci fa comprendere che, per tornare a padroneggiare la propria storia, anche  gli Europei  devono  avviare una loro autonoma concettualizzazione della post-modernità, e, in particolare, del contributo che i grandi Stati-civiltà come la Cina e l’ Europa devono dare  per superare l’’”impasse” ideale e pratico in cui si dibatte l’Umanità.

Anche se il previsto trattato sulla protezione degl’investimenti è stato posticipato, e la Commissione ha evidenziato più le criticità che non gli elementi positivi, la teleconference fra Xi Jinping e Ursula von der Leyen ha costituito l’avvio di un dialogo su un piede di parità fra UE e Cina.

Questo dialogo con l’Asia, verso cui l’Europa sembra oramai avviata, serve innanzitutto a comprendere l’utilità attuale degli “Stati-civiltà” e delle loro culture, senza trascurare il ruolo di Paesi, come l’Italia, che sono stati da sempre a mezza strada fra uno Stato Civiltà e una nazione etno-culturale. Basti pensare all’ equivoco uso di ”Rum”, Da Qin, “Hroma”,”Rom”, per indicare tanto Roma, quanto l’Italia, l’Impero Romano, la Chiesa Cattolica e l’Europa.

Ursula von der Leyen ha definito il rapporto con la Cina come “strategico” e “ricco di sfide”. Infatti, pur nell’incommensurabilità e autonomia delle diverse identità continentali, l’Italia e l’Europa possono recuperare, come vorrebbero l’Unione e la stessa Chiesa, “un ruolo di riferimento a livello mondiale”, ma  solo traendo, dalle culture dell’Epoca Assiale, come quelle sinica e classico-cristiana (“Da Qin”), la forza per controllare la società delle macchine intelligenti. Per fare ciò, l’Europa ha bisogno di un umanesimo digitale non subordinato culturalmente al Complesso Informatico-Militare, come quelli sviluppati nelle varie, diverse, regioni dell’Asia contemporanea (la “Sovranità Digitale Europea”).

La collaborazione culturale, tecnologica, economica e politica -da inaugurarsi nei prossimi mesi con l’Asia, e, in primo luogo, con la Cina, dovrebbe fornire all’Europa almeno parte di quegli elementi concettuali, di know-how, finanziari e volontaristici, che le mancano per divenire anch’essa un nuovo, originale, Stato-civiltà. In particolare, il “pacchetto digitale” in gestazione a Bruxelles avrebbe bisogno, per divenire una concreta realtà, di una robusta iniezione di riflessione interculturale e di tecnologie da tutti i Paesi. Basti soltanto pensare che oggi il 50% dei brevetti depositati presso l’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale sono di origine cinese.

Con il tanto criticato MOU sulla Via della Seta, l’Italia ha fornito un esempio concreto che, senza dirlo,  ora sta seguendo la stessa Unione.

Dal punto di vista pratico, la Cina sta fornendo, in questa fase di recessione, un supporto ineguagliabile alla ripresa dell’economia europea, con i suoi massicci acquisti di Airbus e con il consenso a che la Volkswagen  sia divenuta  azionista di maggioranza delle imprese cinesi che producono e vendono il 40% dei suoi prodotti.

Confucio: una base per scrivere oggi

PROGRAMMA  DEFINITIVO

ore 10, Introduzione, di Pier Virgilio Dastoli, Presidente del Consiglio del Movimento Europeo in Italia

Ore 10,30 Alberto Bradanini, già ambasciatore italiano a Pechino: I rapporti politici, economici e commerciali fra Italia e Asia

Ore 11,00 Liu Pai, giornalista del China Media Group, Italian Department: Lo sviluppo delle relazioni sino-italiane negli ultimi anni.

Ore 11,30 Giuseppina Merchionne, Responsabile dell’Ufficio di Rappresentanza della Cina del Nord-Ovest a Milano:  L’esperienza di una vita nel dialogo interculturale Italia-Cina

Modera Riccardo Lala, Presidente dell’ Associazione Culturale Diàlexis

Ricostruzione del Mercato Occidentale di Xian, punto di partenza della Via della Seta

 

MODALITA’ TECNICHE

Ricordiamo le credenziali necessarie per partecipare alla video conferenza:

CREDENZIALI

Il link ( https://us02web.zoom.us/j/89628252000?pwd=a0F4a0ZrektOaGl5SnZyTUw2WTA2dz09 )

e la coppia meetingID+password

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Meeting ID: 896 2825 2000
Password: EUROPA

sono equivalenti tra loro.Il link è già di per sé un metodo di accesso “one click” alla conferenza.

Chi – eventualmente – dovesse ricevere la mail su un computer e volesse connettersi con un altro.


In quel caso invece di ricopiare il link a mano, può utilizzare i codici.

Nel caso di problemi, telefonare a 3357761536 o a 0116690004

A domani.

CANTIERI D’EUROPA

WEBINAR DEL 4 LUGLIO SUI RAPPORTI FRA UE E CINA


XI-VON DER LEYEN: “IL DIALOGO PIU’IMPORTANTE PER LA UE DAL PUNTO DI VISTA STRATEGICO E IL PIU’CARICO DI SFIDE”

Il secondo webinar della serie “Cantieri d’ Europa Virtuali” sta suscitando più interesse del previsto a causa dei concomitanti sviluppi del dialogo fra UE e Cina.

La teleconference fra Xi e Von der Leyen, nonostante le apparenti ripetizioni di scene già viste, ha rappresentato un sostanziale passo in avanti, perché, da parte cinese, si è data una spinta senza precedenti al ruolo dell’Europa nel mondo, accettando un dialogo alla pari fra UE e Cina, che è una grande potenza, mentre, da parte europea, si è giunti ad affermare che “il dialogo con la Cina è il più importante, tanto dal punto di vista strategico, quanto da quello delle sfide”.

Ambedue i concetti sono assolutamente nuovi. Intanto, né America, né Cina, avevano mai accettato di trattare la UE come loro pari, preferendo sempre il dialogo con gli Stati membri, Dall’altro, gli Europei avevano sempre sostenuto che, per quanto importante possa essere il dialogo con Cina e Russia, quello veramente importante resta quello con l’America. Oggi, quando Trump chiama l’Europa e la Germania “delinquent” e minaccia dazi su tutti i nostri prodotti, il dialogo con la Cina è oramai una pura e semplice necessità. Certo non dovrà essere condotto  con un atteggiamento d’ inferiorità, bensì, come sta per altro già avvenendo, su un piede di parità. Se nel chiuso del summit il presidente cinese non ha dato garanzie chiare, ricordando anche l’importanza della posizione europea nei negoziati sullo status di Pechino al Wto, poco dopo l’agenzia di Stato Xinhua ha scritto che Cina e Ue si sono impegnate a concludere sugli investimenti entro la fine del 2020. Tuttavia, per pressare la Cina, durante il vertice è stata evocata la possibilità di una video conferenza a settembre tra von der Leyen, Michel, Merkel e Xi. Utile anche a verificare se sarà possibile recuperare il summit di Lipsia con tutti i leader europei destinato alla firma dell’intesa al momento rinviato causa pandemia.

E’ stata superata anche la barriera ideologica, quella che ha fatto affermare in passato che “la Cina è un rivale sistemico” e a Borrell che ”oramai è chiaro che abbiamo valori diversi”. Ma è proprio per questo che il dialogo s’impone più che in altri campi. Il nocciolo duro del dialogo interculturale sta proprio  nel confronto fra i diversi valori nel pieno rispetto delle diversità. Se Europa e Cina hanno diversi valori è perché le stesse loro logiche sono diverse. Concetti come “Datong”, “Taiping”, “Tianxia”, “Li” e “Fa” sono semplicemente intraducibili nelle lingue europee. Ma, se si vuole coesistere e collaborare, bisogna sforzarsi di capire gli altri,  se necessario anche studiando i caratteri cinesi, la mitologia indù e giapponese, le teologie ebraica e islamica.

D’altronde, questo fa parte delle migliori tradizioni europee, come nella Luminosa Dottrina di Da Qin sulla Stele di Xi’An, nel “Trattato sull’ amicizia” o nel “Vero Significato del Signore del Cielo” di Matteo Ricci, nel “Du despotisme de la Chine” di Bouvais, nei “Novissima Sinica” di Leibniz, nel “Rescrit de l’ Empereur de la Chine” di Voltaire, nel “Westoestlicher Diwan” di Goethe, nella “Ballad of East and West” di Kipling, nell’ “Hadji Murad” di Tol’stoj, nella “Butterfly” di Puccini,  nella “Shagané” di Esenin, nel “Siddharta” di Hesse, nei “Pisan Cantos” di Pound, nella “Turandot” di Puccini…

Anche qui, come in ogni altro campo, siamo di fronte a un enorme gap culturale, che  l’Asia, ma, soprattutto, l’Europa, dovranno colmare al più presto per poter essere in grado di fronteggiare, su adeguate basi, le difficilissime sfide che, come ha affermato Ursula von der Leyen caratterizzano il rapporto con la Cina.

Non per nulla abbiamo chiamato questo blog “DaQin”, che, in Cinese antico e classico, significava “Roma”, “Italia”, “Impero Romano” o “Cristianesimo”, e un altro blog, su questo stesso sito, “Turandot”. Invitiamo perciò i nostri lettori a seguire ulteriori approfondimenti su “Turandot” (e anche su “Technologies for Europe”).

Sarebbe ora che, nel formulare i nuovi progetti scolastici italiani ed europei (“Piano Scuola”, “Educazione alla Cittadinanza”), si tenesse finalmente conto di questo gap, e si ricalibrassero corrispondentemente i programmi.

ATTENZIONE!

Per evitare i problemi tecnici evidenziatesi nel Webinar del 9 maggio, il 4 Luglio si userà la collaudatissima piattaforma Zoom.

Le coordinate  ZOOM della manifestazione sono:

Il link (https://us02web.zoom.us/j/89628252000?pwd=a0F4a0ZrektOaGl5SnZyTUw2WTA2dz09 ) e la coppia meetingID+password sono equivalenti tra loro.Nel senso che il link è già di per sé un metodo di accesso “one click” alla conferenza.

Ecco il programma:

PROGRAMMA (PROVVISORIO)

CANTIERI VIRTUALI D’ EUROPA 2020

Webinar 4 luglio, ore 10 :

Verso il Trattato per la protezione degl’investimenti :

Xi Jinping riconosce il ruolo dell’ Unione Europea

Dopo 50 anni dall’avvio dei rapporti diplomatici fra Italia e Cina, la rapidissima ascesa di quest’ultima, dalle distruzioni di più di 100 anni di guerra, fino a una posizione  all’avanguardia mondiale della tecnologia e dell’economia,  ci fa comprendere che, per tornare a padroneggiare l’evoluzione della propria storia, anche  gli Europei  devono  avviare una loro autonoma concettualizzazione della post-modernità, e, in particolare, del contributo che i grandi Stati-civiltà come la Cina possono dare  per superare l’’”impasse” ideale e pratico in cui si dibatte l’Umanità.

Anche se il previsto trattato sulla protezione degl’investimenti è stato posticipato, e la Commissione ha evidenziato più le criticità che non gli elementi positivi, la teleconference fra Xi Jinping e Ursula von der Leyen ha costituito l’avvio di un dialogo su un piede di parità fra UE e Cina.

Questo dialogo con l’Asia, verso cui l’Europa sembra oramai avviata, serve innanzitutto a comprendere l’utilità attuale degli “Stati-civiltà” e delle loro culture, senza trascurare il ruolo di Paesi, come l’Italia, che sono stati da sempre a mezza strada fra uno Stato Civiltà e una nazione etno-culturale. Basti pensare all’ equivoco uso di ”Rum”, Da Qin, “Hroma”,”Rom”, per indicare tanto Roma, quanto l’Italia, l’Impero Romano, la Chiesa Cattolica e l’Europa.

Ursula von der Leyen ha definito il rapporto con la Cina come “strategico” e “colmo di sfide”. Infatti, pur nell’incommensurabilità e autonomia delle diverse identità continentali, l’Italia e l’Europa possono recuperare, come vorrebbero l’Unione e la stessa Chiesa, un ruolo di riferimento a livello mondiale, ma  solo traendo, dalle culture dell’Epoca Assiale, la forza per controllare la società delle macchine intelligenti. Per fare ciò, l’Europa ha bisogno di un umanesimo digitale non subordinato culturalmente  al Complesso Informatico-Militare, come quelli sviluppati nelle varie, diverse, regioni dell’Asia contemporanea.

La collaborazione culturale, tecnologica, economica e politica -da inaugurarsi nei prossimi mesi con l’Asia, e, in primo luogo, con la Cina, dovrebbe fornire all’Europa almeno parte di quegli elementi concettuali, di know-how, finanziari e volontaristici, che le mancano per divenire anch’essa un nuovo, originale, Stato-civiltà. In particolare, il “pacchetto digitale” in gestazione a Bruxelles avrebbe bisogno, per divenire una concreta realtà, di una robusta iniezione di riflessione interculturale e di tecnologie da tutti i Paesi. Basti pensare anche, che oggi il 50% dei brevetti depositasti presso l’Organizzazione della Proprietà Intellettuale sono di origine cinese.

Con il tanto criticato MOU sulla Via della Seta, l’Italia ha fornito un esempio che ora sta seguendo la stessa Unione.

Dal punto di vista pratico, la Cina sta fornendo, in questa fase di recessione,  un supporto ineguagliabile alla ripresa dell’ economia europea, con i suoi massicci acquisti di Airbus e con l’accordo a permettere alla Volkswagen di divenire azionista di maggioranza delle imprese cinesi che producono e vendono il 40% dei suoi prodotti

ore 10, Introduzione, di Pier Virgilio Dastoli, Presidente del Consiglio del Movimento Europeo in Italia

Ore 10,30 Alberto Bradanini, già ambasciatore italiano a Pechino: I rapporti politici, economici e commerciali fra Italia e Asia

Ore 11,00 Liu Pai, giornalista del China Media Group, Italian Department, Lo sviluppo delle relazioni sino-italiane negli ultimi anni.

Ore 11,30 Giuseppina Merchionne, Responsabile dell’Ufficio di Rappresentanza della Cina del Nord-Ovest a Milano,  L’esperienza di una vita nel dialogo interculturale Italia-Cina

(Ore 12,00  Giovanni Cubeddu, Direttore di Cinitalia, Il giornalismo come strumento di dialogo fra Italia e Cina?)

Ore 13,00 Domande e Dibattito

Modera Riccardo Lala, Presidente dell’Associazione Culturale Diàlexis

THE DAO OF CHINA, ITALY AND EUROPE, Comments to the presentation of Xi Jin Ping’s book in Rome

On March 23th, in Rome, the Italian version of the book if President Xi Jinping,”The Governance of China”,  (“Governare la Cina”) has been presented by The State Council Information Office of China, China International Publishing Group (CIPG) The Chinese Embassy in Italy

Foreign Languages Press and Giunti Editore S.p.A, in Palazzo Colonna, Rome.  Xi Jinping’s thought, as it has been expressed in the 19th National Congress of the Communist Party of China and in the book, is focussed on the idea that China is entitled, and obliged, because of its unique history, scale and power, to participate on an equal footing in decisions concerning the future of mankind.

Notwithstanding the frequent comparisons between the “Americam Exceptionalism” and the idea of  “Zhong Guo”, China’  approach is  different from the one adopted by the United States, which, according to a constant tradition, starting from George Washington, Emerson and Whitman, have conceived themselves as “the legislators of mankind”, so deliberately understating the contributions of different cultural traditions.

  1. Wu Wei

The concept underlying the idea of the participation of China in world affairs is the typically Asian idea of “Wu Wei” (Sanskrit “ahimsa”= “action without effort, or violence”), which means that, though wise men may act in society and history, their action is not direct, nor violent, but, on the contrary, aims at a long term impact of their wisdom, of their self- control, of their example and of their teachings.

Things have changed since the times of Lao Tse, but this has not made Wu Wei obsolete; on the contrary, that approach is still more needed now than before, because digitalisation and Artificial Intelligence have emphasized the immaterial aspects of geopolitics.

In reality, it is impossible, for this kind of reasons, to address today’s existential risks (such as the taking over, by machines, of control over mankind), either via a  XX century approach, or through a sort of technological determinism. Relevant solutions can come only from a higher level of wisdom, such as the one of the Confucian Junzi, of the Daoist Xian,of the Buddhist Rshi or of the Christian Saints.

The crucial question for the survival of mankind is its capability to maintain control over the complex technological apparatus, enhancing, to the maximum extent as possible, the positive qualities of mankind, in such a way that decisions will be taken, also in the future, at human level, whereas only their implementation will be a task for machines. The symbol of this control is the gigantic robot Mazinga, steered by a child hidden at its heart.

2.China’s unique achievements

China’s ancient culture and strong organisational structure allows the country to achieve a high level of understanding of the ongoing processes, beyond temporary moods and ideologies, permitting to it an effective decision-making process. This is shown, i.a., by the unique achievements of China in the last 50 years, after the massive destructions caused by one hundred years of wars (Opium Wars, Taiping and Boxers uprisings, North Campaign, Long March, Japanese invasion, civil war, Korean, China-India and Vietnam wars).

In the last few years, China has become the country with the highest gross internal revenue, the main holder of foreign debt (including US and Italian debts), as well the most advanced country in the areas of telecommunications, quantic computing, high speed railways and hypersonic missiles.

Invoking his country’s ancient past in order to define its future, Xi makes, in his book, a cultural appeal that fashions a historical continuity between Confucian values and contemporary “socialism with Chinese characteristics”. With the formal systematization of Xi Jinping’s thought in the CCP’s Constitution ,a new political era has emerged in China. The present-day merging of Confucianism with another dominant logic—Chinese Marxism—mirrors, at least tangentially, an ancient Chinese antecedent, when the Ming and later Qing governments codified Neo-Confucianism as a guiding convention within their respective administrations.

Also from a commercial point of view, China has shown a unique capability to cope with the challenges of today’s world, governed by digitalisation, by the creation of  multinational corporations such as Alibaba, Baidu, Tencent, Huawei and ZTE. Up to now, only China has succeeded in this effort, what has not yet happened with Russia, India and Europe. Therefore, the existence of a strong Chinese  digital industry is the best guarantee against the risk of a monopoly in the area of Artificial Intelligence.

Gradually growing into an iconic brand in Europe, China Railway Express, which connects 59 Chinese cities with 49 European cities in 15 countries, made 6,363 trips in 2018, surging 73 percent from 2017, according to the China Railway Corporation. The Belt and Road Initiative will liaise the Chinese high speed trains network (the largest of the world), with the existing TEN-T corridors of the European Union, bringing new business opportunities to crisis-ridden Europe.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3.Negotiations with Italy and Europe

On 23 of March, the MOU about the Belt and Road Initiative has been signed in Rome with the Italian Government. This MOU, strictly compliant with several European documents dealing with the relationships with China and with connectivity with Asia, opens up a large spectrum of cooperation opportunities in areas such as worldwide policies, cultural exchanges, joint industrial projects, the promotion of Italian style, and, especially, connectivity.

In particular, the MOU gives a concrete content to China’s interest for Italy as a western terminal for the Belt and Road Initiative, defining an interest for the ports of Genoa and Trieste. This choice has a paramount impact on Northern Italy, presently ridden by a 0% growth as a consequence of the worldwide slowing down of economy, caused by Trump’s trade wars. Northern Italy is nearer to the Suez Channel than Rotterdam and Hamburg. Therefore, it is important that ships may be downloaded there, so better serving not only Northern Italy, but also the Alpine Region and Central-Eastern Europe. The Chinese cooperation will speed up the renovation of those two Italian ports, for making them apt to convey a heavy burden of maritime traffic.

On the 9th of April, the Chinese Government will meet the European Union, many members of which have already signed MOUs similar to the one signed in Rome.

The meeting is important because it should speed up a commercial treaty, including the investments regimes, between China and Europe, due to substitute commercial agreements in force with each member State, and overdue since a long time because of the ever changing international political and business climate.

A tight connection with China is badly needed by the EU because of the present economic crisis and for facing US duties. Already the purchase of 290 airplanes from Airbus, the European aerospace champion, has been an important help, by China, to the ailing European economy. Moreover, completion of the TEN-T, especially for what concerns Central and Eastern Europe, is delayed. The Chinese contribution should help Europe to carry out the proposed programs.

4.A cultural Silk Road

As it has been made clear in Xi Jinping’s book, as well as in the other book presented in Rome in these days, “La Chiesa in Cina”, with the participation of Italy’s Prime Minister Conte,  as well as in the speeches exchanged during Xi Jinping’s visit, the core meaning of the Italian adhesion to the Belt and Road initiative is neither economic, nor political, but rather cultural. China and Italy (“Da Qin”) two of the oldest civilisations in the World,  have influenced immensely the Western and the Eastern parts of the world for three thousand years. Their mutual relationships have shaped the ancient Silk Road, with Giovanni da Pian del Carpine, Marco Polo, Matteo Ricci, Giovanni Castiglione, ecc…

These countries have an important role to play also in the  future of Mankind, thanks to their ancient wisdom.

The Belt and Road initiative is important for us because it gives a concrete content to this ancient relationship.

 

LA LETTERA DI XI JINPING AGLI ITALIANI , che cita “il Regno di DA QIN”

PUBBLICHIAMO QUI DI SEGUITO LA LETTERA AGLI ITALIANI DEL PRESIDENTE XI JINPING IN VISITA NOSTRO PAESE.

SEGNALIAMO CHE, PROPRIO ALL’ INIZIO, IL PRESIDENTE RICORDA CHE I PAPPORTI FRA I DUE PAESI RISALGONO AI TEMPI DELL’IMPERO ROMANO E DEELLA DINASTIA HAN, QUANDO ERA STATA CONIATA, PER RIFERIRSI A ROMA, ALL? ITALIA, ALL’ IMPERO E ALL’ EUROPA, IL TERMINE “DA QIN”, “GRANDE CINA”.

La Cina e l’Italia sono rispettivamente emblema della civiltà orientale e occidentale e hanno scritto alcuni dei più importanti e significativi capitoli della storia della civiltà umana. L’Italia è la patria dell’antica civiltà romana e la culla del Rinascimento e il suo patrimonio di grandi monumenti, di capolavori artistici e letterari è ormai diffusamente noto in Cina. I contatti tra le due grandi civiltà, cinese e italiana, affondano le loro radici nella storia. Già più di duemila anni fa, l’antica Via della Seta ha permesso il collegamento tra l’antica Cina e l’antica Roma, nonostante le grandi distanze che le separavano. La dinastia Han inviò Gan Ying in missione alla ricerca di ciò che chiamavano «Da Qin» o «Grande Qin» che si riferiva proprio all’impero romano, mentre nei componimenti del poeta Virgilio e del geografo romano Pomponio Mela si trovano molteplici citazioni del «Paese della seta». In seguito, il «Milione» di Marco Polo scatenò la prima «passione per la Cina» della storia occidentale e il suo autore divenne un pioniere dei contatti tra la cultura orientale e quella occidentale, modello a cui si ispirano ancora oggi gli ambasciatori dell’amicizia.

La visita di Xi Jinping: «Un patto strategico con l’Italia»

Giunti all’epoca moderna, seguendo le orme lasciate dai predecessori sulla strada dell’amicizia, i rapporti bilaterali tra Cina e Italia hanno vissuto molti rinnovamenti che hanno portato sempre nuove opportunità. Nel 1970 la Repubblica Popolare Cinese e la Repubblica Italiana hanno instaurato le relazioni diplomatiche, e nel 2020 ne celebreremo il 50esimo anniversario. Dopo l’allacciamento delle relazioni diplomatiche, a prescindere da quali tempeste hanno interessato la scena internazionale, i due Paesi sono stati un esempio di cooperazione di mutuo vantaggio basata su fiducia reciproca e sulla stretta cooperazione tra Paesi con sistemi sociali, background culturali e fasi di sviluppo diversi. L’amicizia tradizionale tra Italia e Cina è solida ed è riuscita a rinnovarsi sempre nel corso della sua lunga storia divenendo una colonna portante per il rapido e stabile sviluppo dei rapporti bilaterali.

L’amicizia tra Italia e Cina si radica in una ricca eredità storica. I contatti in più di duemila anni hanno gettato le basi del rispetto reciproco e dell’apprendere l’uno dall’altro, della fiducia reciproca e della mutua comprensione, concetti che si sono trasformati nei garanti stabili e continuativi della tradizionale amicizia che ci accomuna. Di fronte alle evoluzioni e alle sfide del mondo contemporaneo, i due Paesi fanno appello alla loro preziosa e lunga esperienza e immaginano insieme gli interessanti scenari capaci di creare un nuovo modello di rapporti internazionali basati sul rispetto reciproco, sull’uguaglianza e la giustizia e sulla cooperazione di mutuo vantaggio, costruendo un futuro condiviso dell’umanità.

L’amicizia tra Italia e Cina si condensa in una forte fiducia strategica. I leader dei due Paesi hanno sempre guardato e sviluppato i rapporti bilaterali con un approccio strategico e una visione lungimirante. Da quando, nel 2004, i due Paesi hanno istituito il partenariato strategico globale bilaterale, gli incontri ai massimi livelli tra Roma e Pechino hanno avuto un ruolo di guida e di promotori dei rapporti bilaterali e di sempre mutua comprensione e fermo sostegno di fronte agli interessi fondamentali e alle questioni di grande rilevanza per ciascuno. Questo li ha resi il saldo supporto che ha garantito lo stabile e duraturo sviluppo dei rapporti bilaterali.

L’amicizia tra Cina e Italia si manifesta nella cooperazione concreta. Cina e Italia si considerano a vicenda partner importanti per il commercio e gli investimenti e vantano una forte convergenza di interessi. Nel 2018, l’interscambio commerciale bilaterale ha superato la soglia dei 50 miliardi di dollari e gli investimenti bidirezionali cumulativi hanno superato i 20 miliardi. Il Made in Italy è divenuto sinonimo di prodotti di alta qualità, la moda e l’arredamento italiani incontrano pienamente il gusto dei consumatori cinesi; la pizza e il tiramisù piacciono ai giovani cinesi. I due Paesi hanno raggiunto traguardi importanti nella cooperazione in ambiti come i satelliti e l’aviazione civile; la Settimana Cina-Italia della Scienza, della Tecnologia e dell’Innovazione, le pattuglie congiunte tra le forze dell’ordine e le attività di formazione calcistica sono state accolte molto positivamente dai popoli dei due Paesi.

L’amicizia tra Cina e Italia si tramanda in forti scambi culturali. I popoli cinese e italiano hanno sempre mostrato grande interesse nello studio della cultura l’uno dell’altro. Un professore cinese iniziò a tradurre la Divina Commedia di Dante all’età di settant’anni e l’opera si rivelò talmente ardua che solo dopo 18 anni, sul letto di morte, riuscì a completarla. In Italia i sinologi sono numerosi e hanno svolto il ruolo di ponte nei rapporti tra Cina ed Europa a partire dalla prima grammatica della lingua cinese scritta per l’Occidente da Martino Martini a «Italia e Cina» di Giuliano Bertuccioli e Federico Masini: tutti hanno aiutato a far rimanere sempre viva la passione per la sinologia nella penisola italiana.

Il noto scrittore italiano Alberto Moravia ha scritto: «Le amicizie non si scelgono a caso ma secondo le passioni che ci dominano». Il mondo odierno sta subendo profondi cambiamenti mai visti in un secolo, di fronte a ciò la storia ci affida la responsabilità di innalzare i rapporti sino-italiani e portarli a un nuovo livello e di tutelare insieme la pace, la stabilità e di far crescere la prosperità. Io desidero, con questa mia visita, di tracciare, insieme ai leader italiani, le linee guida dei rapporti bilaterali e di condurli nella nuova era.

Siamo pronti, insieme alla controparte italiana, a sviluppare ulteriormente il partenariato strategico globale, a stringere maggiormente i legami ai massimi livelli e a rafforzare la cooperazione a tutti i livelli tra i nostri governi, parlamenti, partiti ed enti locali; a rafforzare la comunicazione politica, a promuovere la fiducia e i matching strategici, a continuare a comprendere e a sostenere a vicenda gli interessi e i temi più cari alla controparte e a gettare le basi politiche dei rapporti bilaterali.

Siamo pronti, insieme alla controparte Italiana, a costruire insieme la Belt and Road — la Nuova Via della Seta, sviluppando appieno i punti di forza storici, culturali e geografici che la cooperazione tra i due Paesi sotto l’egida della Belt and Road può portare. Impegnandoci a collegare l’idea di interconnessione e connettività propria dell’iniziativa Nuova Via della Seta ai progetti italiani di «costruzione dei porti del Nord» e «investire in Italia» al fine di creare una nuova era per la Belt and Road in settori come la marina, l’aeronautica, l’aerospazio e la cultura.

Siamo pronti, insieme alla controparte italiana, ad ampliare i settori della cooperazione fattiva. La Cina continuerà ad ampliare la sua apertura con strumenti come l’organizzazione, su base annuale, di eventi come la China Import Expo che permettono di condividere le grandi opportunità che il mercato cinese presenta con i Paesi del resto del mondo, Italia compresa. Italia e Cina possono sviluppare il potenziale di cooperazione in settori come la logistica portuale, il trasporto marittimo, le telecomunicazioni e il medico-farmaceutico e incentivare le rispettive aziende ad avviare progetti di cooperazione nei mercati terzi per realizzare una cooperazione di mutuo vantaggio e che risponda agli interessi di tutti.

Siamo pronti, insieme alla controparte Italiana, a stringere ancora di più i contatti in ambito umanistico-culturale. Cina e Italia, in quanto Paesi che detengono il maggior numero di siti Unesco al mondo, vantano ricchissime risorse turistiche e culturali. I due Paesi devono rafforzare i gemellaggi tra i loro siti Unesco e incoraggiare la co-organizzazione di mostre d’arte ed esposizioni dei patrimoni culturali, la co-produzione di opere cinematografiche e audiovisive da parte degli istituti e organizzazioni culturali. Dobbiamo consolidare l’insegnamento delle nostre lingue, promuovere gli scambi tra persone in modo da apportare un nuovo e maggiore contributo alla diversità culturale mondiale e all’incontro, all’apprendimento reciproco tra universi culturali diversi.

Siamo pronti, insieme alla controparte Italiana, a rafforzare il coordinamento sull’agenda internazionale e in seno alle organizzazioni multilaterali. La Cina è disponibile per consolidare la comunicazione e la sinergia con l’Italia in seno alle Nazioni Unite, al G20, all’Asem e all’Organizzazione Mondiale del Commercio su tematiche come la governance globale, il mutamento climatico, la riforma dell’Onu e del Wto e altre questioni rilevanti, al fine di tutelare gli interessi comuni, promuovere il libero scambio e il multilateralismo e proteggere la pace e la stabilità mondiale e consentire uno sviluppo fiorente.

Ripercorrendo la storia degli ultimi 50 anni è evidente come i rapporti sino-italiani abbiano radici profonde e abbiano già ottenuto numerosi risultati. Guardando alla nuova era, la cooperazione sino-italiana ha un futuro roseo e prospettive di sviluppo ampie. Il popolo cinese è ansioso di unire le forze con gli amici italiani per coltivare insieme il terreno dei rapporti bilaterali e far sì che possa giungere a una nuova e più ricca fioritura e che l’amicizia tra Cina e Italia possa rinnovarsi costantemente.