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RINUNZIARE A ESSERE UNA FEDERAZIONE?Considerazioni sulla difesa dell’ Europa

“Qui in Europa siamo governati in sostanza dagli Americani(…) Non siamo nazioni sovrane (…). Non possiamo decidere sui nostri destini, perché su questi decide Washington”(Klaus von Dohnanyi, ex-Ministro per la cultura e la scienza ed ex-Sindaco di Amburgo)
Sono 80 anni che gli Europei perdono tempo a discutere se sia meglio una federazione o una confederazione, quando i due termini sono stati usati in modo quanto meno promiscuo in tutti tempi e in tutte le lingue (Berith, Lega, Bund, Confoederatio, Confédération, Unia, Union, Confederation, Rzeczpospolita, Sojuz, Savez, Respublika, Federacija, Soobscestvo…). Intanto, l’Europa moderna ha fatto effettivamente insieme ben poche cose, e, spesso, le più interessanti, come cooperazioni fra Stati (Mitropa, Arbed, Concorde, Ariane, Cooperazione allo Sviluppo, BEI, Tornado, Airbus, Eurofighter, Galileo, TGV, Euro)…Oggi, la cosiddetta “Coalizione dei Volenterosi” vorrebbe seguire sostanzialmente quegli esempi. Tuttavia, tutto ciò potrebbe andar bene finché si resti sul piano teorico, mentre, se si arrivasse veramente a una guerra con la Russia, il problema della condotta delle ostilità si porrebbe comunque in modo drammatico, com’è dimostrato dal dibattito in corso in Germania, che ci riporta alla tanto esecrata esperienza dell’Asse, dove il mancato coordinamento fra Italia e Germania (ma anche fra i generali nazisti) aveva portato a una serie di sconfitte: in Africa, nei Balcani, in Russia…
Ricapitoliamo qui di seguito i concetti fondamentali dei dibattiti in corso.


1.L’impossibilità per l’ Europa di vincere la Russia
Come già le invasioni della Russia da parte della Svezia, di Napoleone, della coalizione per la Crimea e di Hitler, un’eventuale guerra fra i “Volenterosi” e la Russia non potrebbe in nessun caso essere vinta,già perché i “Volenterosi” non dispongono di una deterrenza nucleare neppur lontanamente comparabile a quella russa, e gli Stati Uniti hanno chiaramente manifestato l’intenzione di non utilizzare la loro (presumibilmente perché anch’essa oggi inferiore a quella russa: vedi missile Oreshnik), e una guerra in Europa non varrebbe il rischio.
In ogni caso, l’articolo 5 del Trattato Nord-Atlantico, e tanto meno la parallela clausola dei trattati UE, non potrebbero funzionare, se non altro perché non sono automatica, mentre invece le guerre nucleari post-moderne sarebbero semplicemente istantanee. Come sarebbe possibile discutere a 27 (ma anche solo a sue o tre) l’uso dell’arma nucleare? Per ovviare a questo stallo, si sta cercando di fare della Germania l’ago della bilancia, che oggi non può funzionare perché, attualmente, lo stesso governo tedesco deve astenersi dal voto nell’UE se i ministeri competenti e i partiti partner della coalizione nazionale non riescono a trovare una posizione comune ( un meccanismo noto come “Voto Tedesco”). La richiesta dei Cristiano-democratici ai Socialdemocratici sarebbe quella di consentire a Merz di “assumere il coordinamento fin dall’inizio o di impadronirsene durante il processo se la cancelleria lo ritiene necessario per garantire una posizione coerente del governo”. Si tratta di un’impostazione assolutamente governativa, evidentemente nella previsione che i meccanismi federali europei non vengano implementati in tempi utili. Di fronte a questo sconquasso, Gabriele Segre propone di rinunziare al progetto federalista (che, come scrive Cacciari, non è mai stato preso sul serio da nessuno).
Come abbiamo scritto in precedenza, l’idea di creare una federazione chiamata “Stati Uniti d’ Europa” è sempre stata molto debole, in quanto costituiva una confessione palese di ancillarità esistenziale dell’ Europa nei confronti dell’ America, a cui non poteva che seguire anche un’ancillarità di fatto, da cui ancora non ci siamo liberati.Invece, come scriveva Tocqueville contrapponendola all’ America, l’Europa ha un’eredità di governance fondata sul pluralismo (l’”Antica Costituzione Europea”), con Papa e Imperatore, Ordini e Regni, Monasteri e Leghe, Principati e Comuni, Feudi e Corporazioni…, che, “mutatis mutandis”, potrebbe valere ancor oggi, salvo che nel campo della Difesa.
In quest’ultimo, vale il discorso sulla mancanza di coordinamento e alle caotiche assemblee dei Generali di Hitler. E, lì, sarebbe forse il caso di guardare agli antichi Progetti di Crociata, aggiornati con la parziale automatizzazione dei processi decisionali.


2.Il “trilemma” della difesa nucleare europea
Ancor più problematica è la situazione in campo nucleare. Qui, secondo Foreign Affairs, si tratterebbe di conciliare tre disparati obiettivi: una deterrenza credibile ed efficace contro la Russia; la stabilità strategica, intesa come minimizzazione degl’incentivi per ntutti gli Stati a fare uso per primi delle armi nucleari(first strike); non-proliferazione dagli Stati nucleari ad altri Stati. Secondo Foreign Affairs, questi obiettivi non possono essere raggiunti tutti contemporaneamente. L’unica soluzione efficace sarebbe, a nostro avviso, quella discussa a suo tempo fra Gorbaciov e Mitterrand: una “Casa Comune Europea” in cui Russia ed Europa non rappresentassero più una fonte di minaccia reciproca, perché accomunate da prospettive culturali simili. E’ ancora possibile conseguire questa situazione dopo trentacinque anni di azioni volte costantemente ad attizzare l’odio reciproco? Certo, è difficile, e richiederebbe un lungo processo di avvicinamento, ma meno lungo di quanto lo sarebbe stato nel 1989. Infatti, oggi si tratta in realtà di conciliare due situazioni di fatto e due culture politiche meno lontane di allora. Intanto, oramai, dopo l’utilizzo, da parte di Ursula von der Leyen, dell’ Art. 122 del Trattato di Lisbona per fare passare RearmEurope a semplice maggioranza, l’ Unione si è già mossa decisamente sulla strada di uno Stato militarizzato, com’è attualmente la Russia. Anche gli sforzi del Governo Italiano di introdurre il Premierato vanno nella stessa direzione.
Nel contempo, dal punto di vista ideologico, la Russia ha rivitalizzato il “Russkij Konservatizm”, mentre, nell’ Unione Europea, si è scatenata una vera febbre identitaria (funzioni religiose, bandiere, inni, commemorazioni, eroi), non dissimile dalla Pasionarnost’ che, secondo Gumiliev, caratterizzerebbe l’identità russa. Tutto ciò non incontra più nessuna controspinta sostanziale, né dagli Stati Uniti, che anzi invitano l’ Europa a dare più spazio alle proprie politiche identitarie (vedi Vance), né da parte dell’Unione, che si fa promotrice di manifestazioni sovraniste europee (basate sull’inflazione della bandiera e dell’ inno).
Sarebbe il caso di cogliere quest’occasione di europeizzazione, e sembra paradossale che siano i sedicenti “conservatori” ad opporvisi.


3.L’”Establishment” non crede, e non ha mai creduto a Ventotene.
Come abbiamo scritto, le realizzazioni concrete delle organizzazioni europee, e, in generale, degli Europei insieme, nacquero, non già da un‘ideologia federalista (quale?), bensì da un lavoro sotterraneo dell’America e dall’applicazione delle idee dei Funzionalisti Mitrany e Haas, veicolate dalla “Dichiarazione Schuman” e dai Trattati europei scritti dallo studio americano Allen Overy (l’Europa dei piccoli passi, l’Europa degli Stati).Spinelli e i suoi seguaci avevano seguito un percorso, assolutamente condivisibile, ma del tutto differente, che sarebbe stato ancor più distante se non vi fossero state pressioni di vario tipo (La Malfa, Nenni), per far loro accettare l’inserimento in delle Comunità Europee assolutamente funzionalistiche e atlantiste, e, addirittura, per inserirvisi dal punto di vista personale.
Per parte loro, le politiche europee degli Stati Membri e delle Istituzioni sono state sempre ispirate solamente agl’interessi del “deep State” dei singoli Stati Membri, che non hanno mai avuto l’intenzione di cedere le proprie competenze all’ Europa, ma preferiscono cederle, semmai, come già diceva De Gaulle quando parlava del “Federatore Esterno”, agli Stati Uniti, che, almeno, erano lontani. ReArm Europe segna infine il trionfo dei “deep State” nazionali, che sognano oggi di costruire giganteschi eserciti nazionali, funzionali non già alla difesa dell’Europa, bensì a far primeggiare Germania, Francia, Inghilterra o, rispettivamente, Polonia, all’ interno di un fantomatico “Occidente” che conta sempre meno in un’ottica mondiale, ma salvando così la ragion d’essere delle diverse burocrazie.
Però, con Trump, il velo d’ ipocrisia sui rapporti transatlantici si sta diradando, sì che sta divenendo impossibile continuare ad affermare (come accade ancor oggi) che il legame transatlantico sia compatibile con l’autonomia strategica europea. Infatti, Trump e i suoi ministri attaccano insistentemente l’Europa e l’Unione Europea, si rifiutano d’ incontrare le sue Istituzioni, danno tutta l’impressione di non prendere minimamente sul serio il cosiddetto “ombrello nucleare” dell’ Art. 5, e si propongono espressamente, con i loro dazi, di peggiorare la situazione economica degli Europei , colpevoli di aver “fregato” l’ America. Stanno perfino studiando come addebitare agli Europei i costi della guerra in Yemen, asserendo (assai poco credibilmente) ch’ essa è fatta essenzialmente per tutelare gl’interessi europei.


4.La falsità dell’ “Identità Europea” di Benigni e Vecchioni, ma anche di Meloni.
Noi, che abbiamo difeso l’Identità Europea quando nel ’68, si voleva imporci un internazionalismo privo di radici e che sfociò nel terrorismo – noi, che abbiamo organizzato le manifestazioni studentesche per Jan Palach, per il KOR, per gl’intellettuali ucraini; noi che abbiamo lavorato per 4 anni in quella roccaforte della cultura e del diritto europei che è la Corte di Giustizia a Lussemburgo; noi che abbiamo organizzato centinaia di alleanze fra imprese europee, tra l’altro nei settori della difesa e dell’ aerospazio e nell’ Europa Centrale e Orientale; noi che siamo concentrati da decenni sullo studio della storia dell’ Identità Europea- sappiamo distinguere l’identità autentica da quella fasulla distillata dai gatekeepers e recitata da attori prezzolati, che pretendono vi sia un’unica “Identità Atlantica”(a seconda delle preferenze, con o senza Trump).
In realtà, l’America di Trump, che viene incolpata di ogni male, è l’America di sempre, ma senza l’ipocrisia puritana dei “liberals”. E’ l’America che nasce con il giuramento del Mayflower, dove i membri della Congregazione di Scrooby imposero agli altri passeggeri di giurare loro fedeltà. Essa continuava con la strage delle streghe di Salem, ben descritta ne “La Lettera Scarlatta” di Hawthorn. Nella Dichiarazione d’ Indipendenza si giustificava la loro “conspitacy” contro il Re d’Inghilterra con il fatto che questi parteggiava per i barbari Indiani e per i Canadesi papisti. Si dava per scontata la schiavitù in un momento in cui i tribunali la bandivano dall’ Impero Britannico. Appena resisi indipendenti, gli Americani avviarono il “Trail of Tears”, spossessando gl’ Indiani e deportandoli a Ovest, dove strapparono al Messico la metà del loro territorio, e dove impediscono ancor ora ai latinos di ritornare. Gl’intellettuali come Emerson, Whitman, Friske, Turner, Mead e Willkie teorizzavano il Destino Manifesto degli Stati Uniti di conquistare il mondo con il pretesto di portarvi la libertà. Cacciarono la Spagna da Cuba, da Puerto Rico e dalle Filippine, ma vi instaurarono colonialismo e neo-colonialismo. Finanziarono Trockij, Stalin e Hitler. Fecero esplodere, primi e unici nella storia, due bombe atomiche sulla popolazione civile di un Giappone già sconfitto. Invasero la Corea, il Vietnam, l’Irak e l’Afghanistan. Controllano il mondo intero con le intercettazioni e i social networks, lo occupano da ottant’anni con migliaia di basi, e lo taglieggiano con il signoraggio del dollaro e la monopolizzazione dei commerci. Fin dai tempi dell’invenzione dell’informatica, progettano un impero mondiale delle Macchine Intelligenti, diretto dagli amministratori delegati delle loro multinazionali (l’”America-Nondo” di Valladao). A sua volta, l’intellighentija europea (Dickens, Kafka, Céline, Alvaro, Simone Weil) ha stigmatizzato costantemente lo spirito dell’America come materialista, sfruttatore, volgare, livellatore, anticulturale, associandosi, in ciò, agl’intellettuali indipendenti americani (Boas, Eliot, Pound, Miller, Dos Passos, Chomski)
L’ipocrisia (oggi Biden, domani Trump) ha costituito fin dall’inizio lo strumento principe dei Puritani, che si atteggiano a vittime e liberatori quando invece smaniano per stabilire il loro controllo totale sul mondo. Perciò, nei Paesi conquistati, come l’Europa, i fiduciari dei Puritani si sono presentati fino ad ora come Progressisti. Hanno costruito la loro narrazione occultando il ruolo distruttivo dell’America, innanzitutto nella Rivoluzione Francese, figlia del “Comitato di Corrispondenza” dei rivoluzionari americani, e, poi, quello nelle rivoluzioni dell’ Ottocento e nei totalitarismi. Dunque, “Oportet ut scandala eveniant.”: Trump e i Trumpiani ci stanno aprendo gli occhi sul vero volto dell’America. Suscitando l’entusiasmo degli amministratori delegati e proprietari dei monopoli dell’informatica, fino a poco fa vicinissimi a Biden, e improvvisamente si convertiti a Trump, chiedendogli si schiacciare i seppur modesti tentativi della UE di controllarli e di tassarli.


5.Cercare una via di uscita diversa
A causa di tutto ciò che precede, è sempre più difficile nascondere lo “status” di vassallaggio degli Europei, e, di conseguenza, la natura collaborazionistica dell’ intero “Establishment” . Basti pensare al fatto che l’Unione non viene mai, né menzionata, né nemmeno contattata, dai successivi presidenti americani, che Kaja Kallas è stata fatta venire a Washington con il Segretario di Stato Rubio, che però non si è nemmeno fatto trovare. Nel mondo parallelo del web si sta addirittura ipotizzando che Vance potrebbe venirci imposto come presidente dell’ Europa. Sembra quasi che l’amministrazione USA si sforzi di disgustare l’Europa, per cancellare le precedenti retoriche atlantiste troppo lente e inefficaci, ed eventualmente sospingere l’Europa verso la Russia, in modo da non essere costretta a difenderla.
In questo contesto, si pone il difficilissimo progetto di Giorgia Meloni di “costituire un ponte” fra il trumpismo e la Coalizione dei Volenterosi europei. Ponte che sarebbe teoricamente nella natura delle cose, perché vi è un’obiettiva discrasia fra il preteso “isolazionismo” (ovvero nazionalismo), di Trump e il suo “Europe Bashing”. L’Europa viene vista (in parte giustamente ) dai Trumpiani come una roccaforte “Woke” da annientare, o almeno da conquistare. Tuttavia, le aspirazioni tradizionaliste di MAGA, legate al realismo in politica, al leaderismo, alle radici cristiane, alla libertà di pensiero, porterebbero, sempre teoricamente, a un atteggiamento molto più rispettoso verso l’Europa, radice delle tradizioni americane. Oggi, nei fatti, nessun leader sovranista europeo potrebbe essere veramente trumpiano, perché dovrebbe fare gl’interessi dell’America contro quelli dell’Europa. Questo soprattutto in considerazione del fatto che, in parallelo alle varie battaglie di Trump, e quasi indistinguibile da esse, si sta consumando la mutazione ontologica del mondo attraverso l’azione dei GAFAM, e, in particolare, attraverso l’azione di Elon Musk. Mutazione che dovrebbe costituire il nemico per eccellenza di tutti i Conservatori Europei, sì che non capiamo proprio perché nessuno ne parli, in particolare, i leader sovranisti. Invece, l’atteggiamento doveroso dei veri “sovranisti europei” dovrebbe essere quello indicato, sulla stampa di lunedì , da Asma Mhalla: «È un cittadino che sa di essere un soldato che combatte in una guerra ibrida, invisibile ma costante. Perché tutte le tecnologie hanno un impiego civile esplicito e uno militare non esplicito».