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“L’IDENTITA’EUROPEA”

DI MARCELLO CROCE,

Ottima base di riflessione per un piano formativo europeo

La travolgente evoluzione (o involuzione) storica dell’ Europa, in corso sotto i nostri occhi, rivela sempre più l’esigenza -anzi, l’urgenza imprescindibile-, di un’approfondita azione culturale di rinascita del Continente, che parta dalla demistificazione della storia “mainstream”, prosegua con la rivisitazione alla luce del presente di tutte le branche del sapere e della creatività umane, e sfoci in un progetto pedagogico di un livello adeguato per poter subentrare ai sistemi educativi nazionali – ben consolidati ma oramai sorpassati, da un lato, dal carattere sempre più pluriculturale del sapere, e, dall’ altro, dal sopravvento dell’ Intelligenza Artificiale-.

Si richiede pertanto, da parte degl’intellettuali europei, un’opera veramente ciclopica, di ricerca e di creatività, per opporre, alla “società globalizzata”, una cultura poliedrica adatta all’ Europa del XXI Secolo.

Leonida alle Termopili

1.La cultura italiana ed europea a cui siamo stati educati

Il pregevole libro di Marcello Croce si pone nella prospettiva  della fase iniziale di questo processo, “fotografando” per così dire, il nocciolo duro della tradizione culturale europea, quale espresso, in particolare, dal liceo classico di matrice gentiliana, che, nonostante le molte pretese riforme avviate già in epoca fascista (la “Riforma Bottai”), è rimasto essenzialmente lo stesso da ben un secolo, dimostrando, come minimo, una incredibile solidità di impianto, capace di attraversare regimi ed epoche storiche.

La visione che ci ha dato il liceo classico era essenzialmente letteraria, costruita innanzitutto intorno alle letterature greca e romana, poi anche, in minor misura, alla filosofia europea e ai “Grandi” della letteratura italiana, con qualche modestissimo sprazzo di culture europee, tutto ciò accomunato dall’ iniziale afflato “classicistico”. Pur rappresentando questa cultura solo una parte assai limitata delle infine correnti che formano l’identità europea, essa può comunque essere considerata come una buona posizione intermedia fra il subconscio ancestrale indoeuropeo e il modernismo, fra le radici medio-orientali e il mondo atlantico, fra il politeismo e messianesimo immanentistico (chiliasmo) della Postmodernità.

Nel libro di Croce, come si faceva nelle scuole ancora cinquant’anni fa, la storia della letteratura  (ma anche la storia tout court) , si arrestavano alla Prima Guerra Mondiale, quando l’immagine unitaria della cultura europea fondata sull’umanesimo incominciava a incrinarsi, sotto le spinte del relativismo, del culto dell’azione e del progresso: Nietzsche e Dostojevskij, con i quali significativamente anche Croce arresta la sua narrazione.

E’il “Mondo di Ieri” esaltato da Stefan Zweig, a cui alcuni dei Padri Fondatori dell’ Europa si ispiravano, anche se già a cavallo della Guerra Civile Europea s’ imponevano prepotentemente altre istanze (appunto, il nietzscheanesimo, il futurismo, i totalitarismi, i progressismi..), alle cui sirene alcuni di tali Padri Fondatori non erano indifferenti. Assolutamente azzeccata, quindi, l’idea di chiudere il libro con Nietzsche e Dostojevskij, che hanno espresso con efficacia ineguagliata (anche se ancora all’ interno del vecchio culto della forma “classica”), le inquietudini del tempo nuovo, ponendosi, così, come cerniere fra il XIX e il XXI secolo.

Per questo, il libro, così come la cultura “liceale” che lo ispira, costituisce una base ineguagliabile per confrontarsi con il presente, inteso come l’ultimo secolo – appunto, quello successivo alla Riforma Gentile-. Secolo in cui è accaduto tutto e il contrario di tutto, spezzando l’apparente armonia della “Welt von Gestern”, già sotterraneamente incrinata. Ci è così possibile valutare appieno la distanza fra la scuola gentiliana e la cultura ufficiale di oggi, al fine di trarne insegnamenti per il futuro, non solo della scuola, bensì anche della società, italiana come europea.

I whistleblowers, una nuova forma di erosismo

2.Una Paideia per il XXI secolo

Aprirsi a rami nuovi della cultura, dalla storia della scienza alla paleontologia comparata, dalle religioni orientali alla cibernetica, non dovrebbe significare dimenticare quella cultura classica europea, bensì integrarla in modo fattivo nelle realtà attuale e in fieri, così come hanno fatto il Giappone e la Cina sotto lo slogan: “tecnologia occidentale, valori orientali”.

Operazione riuscita, almeno parzialmente, in tutte le aree “non Occidentali” (la maggioranza del mondo: Asia, Africa, America Latina, vale a dire 7 miliardi di persone), dove si sono rivalutati buddismo, induismo, Islam, taoismo, confucianesimo, scintoismo, indigenismo, sciamanesimo… Solo  in  Occidente qualcosa di simile non sta invece accadendo, perché questo è lacerato dalla divisione interna alla sua potenza egemone, gli USA, fra l’”eccezionalismo Americano”, da un lato, e i “non-whites”,dall’ altro, che già Tocqueville vedeva come foriera di una futura disgregazione, che paralizza ogni rinnovamento culturale.

La cultura classica veicolata dal liceo classico si riallacciava essenzialmente all’ idea ateniese di Paideia, che, attraverso un adeguato bilanciamento di “gymnazein” e “philosophein”, mirava alla formazione di un cittadino “optimo iure” della Repubblica, “kalos kai agathos”, vale a dire sano e valente nell’arte della guerra, ma al contempo saggio e capace di partecipare attivamente alla vita della polis: come si evince dal libro di Croce, una sintesi fra  Achille e Ulisse. Un sincretismo  come quello degli altri Continenti vorrebbe dire, per l’ Europa, rivalutare la classicità europea, come altri hanno fatto con le loro “classicità”, aggiungendovi il Cristianesimo:  una forma di “sincretismo” ben presente in Cina e in India.

Inutile invece ricordare quanto le pedagogie occidentali dell’ultimo secolo si siano allontanate dall’ ideale classico, e poi liceale, di educazione “elitaria” (l’armonia raggiunta attraverso la disciplina, lo sforzo e l’esercizio),  a causa della visione traumatica della Modernità da esse coltivata, che sfocia nella Società delle Macchine Intelligenti.

Per contrastare le rigidità della società borghese, si era perseguito in un primo tempo  l’ideale romantico dell’ “autenticità”(Steiner, Montessori). Dopo di che si era passati alla critica delle culture classica e cristiana  in nome del pragmatismo e della democrazia (la Riforma Bottai, la Scuola di Barbiana). Si arrivava così all’ educazione antiautoritaria (Reich, Fromm), con i suoi corollari della fluidità di genere  (Marcuse) e della “cancel culture”(Chakravarti Spivak, Bhabha), la quale mira proprio a cancellare,  a favore della maggioranza americana “non WASP”, quella cultura classica europea che i WASPs avevano originariamente  imposto in America come dominante. Operazione  che ha certamente un senso compiuto, di critica alla Modernità,  nelle Americhe, nate dalla colonizzazione europea, dalla Leyenda negra, dalla Tratta Atlantica e dal “Trail of Tears”. Essa però, in Europa, ha il significato opposto: la sostituzione,  a quel che resta della cultura europea tradizionale, di un misto di culture WASP e Woke, ma pur sempre americane, e quindi estranee alle nostre tradizioni.

Imporci gli effetti indiretti di una diatriba intestina americana aggiunge così, per noi, il danno alle beffe. La nuova cultura europea dovrebbe essere indifferente a queste contraddizioni, che le sono estranee, salvo, semmai, utilizzarle strumentalmente per sfuggire alla cappa delle retoriche occidentalistiche.

Purtroppo, non è materialmente possibile imporre con la bacchetta magica il ritorno puro e semplice alla scuola di Gentile, né alla civiltà contadina delle “lucciole” esaltata da Pasolini, né tanto meno ad epoche e climi culturali più lontani, come dimostrato anche, indirettamente, da esperienze di altri Continenti, come il congresso culturale di Kyoto durante la Seconda Guerra Mondiale.

Vanno però fatti salvi i principi di base, i paradigmi “immutabili” o, almeno, plurisecolari della Tradizione europea (e, più in generale, dell’Epoca Assiale: spirito, ordine, armonia, eccellenza, famiglia, cultura), mentre i contenuti non possono non variare: cultura contemporanea e comparatistica, Intelligenza Artificiale…

La casa di Nietzsche a Sils Maria

3.Dostojevkij e Nietzsche

Impossibile estrarre, dall’ enorme massa delle opere di questi due autori, pochi, ma inequivoci, elementi, che permettano d’ individuare esattamente la loro posizione e funzione nel passaggio fra Ottocento e Novecento. In effetti, essi sono così cruciali proprio perché esprimono a tal punto i diversi volti della Modernità, che nessun movimento culturale importante del XX e del XXI secolo ha potuto prescindere da essi.

In genere , si suol dire banalmente che essi condividono il concetto che “se Dio non esiste, tutto è permesso” -frase che per altro avrebbe formulato per primo Stirner, e che comunque non è che la riformulazione in chiaro della tematica cartesiana e pascaliana del “dubbio sistematico”-. Cartesio infatti postulava l’esistenza di Dio quale garanzia di una verità obiettiva. Ma, con ciò, apriva la strada all’ abbandono della “Ragion Pura”, che dovrebbe valere di per sé, indipendentemente dalle esigenze gnoseologiche degli umani. Se, però, la “Ragion Pratica” è solo “trascendentale”, l’Umanità è libera di forgiarsi quella verità che più le si confa’. A quel punto, “non esistono più fatti, ma solo interpretazioni”, sospinte dalla “Volontà”. Volontà che non può essere solo “di vita”, bensì di qualcosa di più, “Volontà di Potenza”. Anche le scelte umane, e ciò che a quelle scelte sottende, i “Valori”, sono aspetti della Volontà di Potenza. Perciò, non è possibile formulare un sistema di valori stabile e condiviso: tutto è in movimento, nello spazio e nel tempo (“panta rhei”). Coloro che pretendevano che il sistema dei valori fosse stabile nel tempo e nello spazio affermavano che questo era stato stabilito da Dio (o dagli Dei), e fosse stato dato da questo (o da questi) agli uomini, come nella Stele di Hammurabi, o per i 10 Comandamenti. Ma tanto il Codice di Hammurabi, quanto i Dieci Comandamenti, erano precisamente il contrario di un sistema stabile. Proprio il Genesi narra che le originarie Tavole della Legge furono distrutte da Mosè per sdegno del fatto che gli Ebrei adorassero il Vitello d’Oro, e sostituite con tavole scritte di suo pugno, dove il primo comandamento suonava, come oggi ”Io sono il Signore Dio Tuo, non avrai altro Dio all’ infuori di me”. E, come prima cosa, Mosè fece una strage di Israeliti, colpevoli di avere adorato il vitello, infrangendo  così il comandamento “non uccidere!”.

La storicità dei valori esisteva dunque già prima di Nietzsche e Dostojevskij(pensiamo per esempio a Erodoto o a Gioacchino da Fiore), sicché il “relativismo etico” non è certamente un ‘invenzione moderna. Ciò che è invece nuovo è che questo relativismo non viene più affermato in forma implicita (“obiter dictum”), bensì sottolineato in modo polemico. La teoria della diversità dei valori fra l’aristocrazia e  gli schiavi, che già esisteva, per esempio, nelle opere della “rivincita aristocratica” dei primi del ‘700, ma solo in Nietzsche diventa un vero e proprio motore della Storia, a partire dall’affermarsi degli Indoeuropei, attraverso l’Induismo, l’Ebraismo, e il Cristianesimo, fino al moralismo progressista contemporaneo a Nietzsche. Parallela alla visione di Nietzsche è la visione della degenerazione del Cristianesimo in Dostojevskij, dove il messianesimo laico del progressismo viene identificato con il mito dell’ Anticristo, una pseudo-salvezza materialistica che pretenderebbe (con i risultati catastrofici che oggi si vedono) di negare il carattere drammatico dell’ esistenza umana.

Per ambedue questi autori, l’Apocalisse non è un incidente di percorso, bensì un destino ineluttabile. Ambedue non propongono veramente una soluzione, perché non riescono ad uscire veramente dal pessimismo e dal determinismo da cui vorrebbero liberarci. I loro epigoni continueranno perciò a dibattersi negli stessi problemi. Tra l’altro, Nietzsche avrebbe voluto tradurre in pratica le proprie idee, fondando un “partito della vita”, che avrebbe dovuto travolgere tutte le classi dirigenti d’Europa, dalle Chiese agl’Imperi Centrali ai socialisti. La pazzia interruppe però fan dall’ inizio questo progetto.

In Dostojevskij, la progettualità politica consisteva nell’adesione all’idea ortodossa della Terza Roma, che avrebbe sconfitto l’Anticristo, salvando l’ Europa.

Nonostante le difficoltà di realizzazione pratica delle idee dei nostri due autori, non si può negare che la loro capacità di esprimere nel modo più efficace la tensione apocalittica della Modernità abbia fatto sì che ad essi si siano ispirati buona parte degli autori più significativi del Novecento, da Thomas Mann a D’Annunzio, da Martin Buber a Ahad haHam, da Tsiolkovskij a Stefan Heim, da Lu Xun a Heidegger, da Wittgenstein a Spinelli, da De Finetti a Saint Exupéry.

Sono quindi i nostri autori  corresponsabili della Guerra Civile Europea e delle sue stragi? Probabilmente sì, perché anche i politici, e, in particolare, i politici totalitari, hanno fatto ampio ricorso a concetti tratti dalle loro opere. Nessuno ha ancora proposto di bandirli in nome della Cancel Culture, perché non hanno avuto importanti effetti pratici in America e nei confronti dei popoli di colore, sui quali si basa la cultura “Woke”. Nessuno è andato ancora a ripescare, per esempio, il giudizio di Nietzsche sull’ eccidio degli Herero. Perfino quando, nell’ ondata russofoba, si è tentato di boicottare Dostojevskij, come nel caso delle conferenze di Nori, la reazione è stata così violenta che si è rinunziato a procedere oltre.

Anche in questo l’Europa è diversa dall’ America. Un’ eventuale damnatio memoriae degl’intellettuali che, nel corso dei millenni, hanno incarnato punti di vista diversi da quelli attuali eliminerebbe tutte le basi della civiltà europea, da Sinliqiunnini alla Bibbia, da Omero a Ippocrate,da a Cesare a Orazio,da Sant’Agostino ai poeti provenzali, da Lutero, a Machiavelli, da Voltaire a Wagner, da Florenskij a Schmitt…

Proprio per questo, la storia della cultura europea dopo il 1914 è così difficile da scrivere. Per questo occorrerebbero, al contempo, un enorme coraggio e un’inesauribile acribia. Se, però, vogliamo che quello sforzo serva a qualcosa, dovremmo affrontare proprio questo tema, che è quello che dovrebbe distinguerci dall’ America, giustificando l’esistenza di un’Identità Europea che non sia se non una brutta copia di quella americana. Secondo il “canone occidentale”, l’America, attraverso la conquista e l’occupazione dell’Europa avrebbe provvidenzialmente liberato  quest’ultima dalle sue pericolose tendenze: identitarismo, spiritualismo, elitarismo, cetualismo, estetismo. Per questo, contraddicendo a tutti gl’insegnamenti della storia, l’occupazione e la subordinazione dell’ Europa dovrebbero durare in eterno. Se l’Europa vuole sopravvivere, deve uscire da questa trappola concettuale.

Per fortuna, provvidenzialmente, la Cancel Culture sta travolgendo anche il moralismo puritano: l’America non è più la Fine della Storia: dalla nuova Guerra Civile Americana sta scaturendo una visione problematica della missione dell’America, in cui anche la cultura europea potrà inserirsi per rivendicare una propria autentica legittimità.

Un aspetto notevole dell’opera di Croce è la sua inalterata affermatività. Per dirla con Nietzsche, il sui “dire sì” (“bejahen”).Per questo, essa si limita, ed efficacemente, a “dire sì” a tutto ciò ch’essa considera come facente parte dell’ Identità Europea, senza mai soffermarsi su ciò che ad essa è estraneo, o ne costituisce un limite. Il che è importante in un’era esclusivamente critica come la nostra, in cui è così difficile infondere negli Europei una qualche forma di entusiasmo, di “volontà di vita”. E, tuttavia, spesso quest’obliterazione del negativo fa perdere anche di vista ciò che è specificamente europeo, e, soprattutto, rende difficile scrivere l’ultima parte di questa storia, quella dopo il 1914..

Intanto, viene sfumata l’ormai abituale contrapposizione fra Greci e Persiani . Poi, Roma e i Barbari, Roma, Bisanzio, l’Euroislam, la Terza Roma. Infine, le pretese della modernità americana e tecnocratica. Tutte cose che ancora incidono, eccome, sull’ identità degli Europei e sui loro sforzi per costituirsi quale autonomo Stato-civiltà. In un momento in cui il recupero, grazie alla politica, delle tradizioni culturali europee permette finalmente un discorso più obiettivo sulla nostra storia, si richiede, a nostro avviso, anche un’adeguata messa in rilievo dell’ aspetto dialettico di questa identità. Certo, ciò renderà più sofferta la costruzione di una “memoria condivisa”. Ma è quest’ultima necessaria, o non è piuttosto sinonimo di un totalitarismo “soft”?

Infatti, quando parliamo di “Identità Europea” non pensiamo a una sorta di “Evangelo del popolo” come quello di Michelet, né a un testo di “educazione civica”, e nemmeno alla sostituzione di un’”Egemonia culturale patriottica” a un’”Egemonia Culturale della sinistra”. Pensiamo alla creazione, da parte di una minoranza attiva, di una nuova tematica, se necessario dialettica e variegata, da immettere sul mercato a condizioni di parità con  quelle oggi comunque dominanti a causa della vischiosità delle istituzioni organizzatrici del consenso: vertici politici e accademici, media, scuola, e della onnipervasività della cultura “Mainstream” globalizzata.

Oggi ci si preoccupa tanto della creazione di un’”Identità Nazionale”, che bene o male già c’è, mentre latita una vera cultura europea, con la quale non va confusa la pasticciata narrazione “occidentale” che oscilla (in attesa di ordini precisi sa Oltre Oceano), fra il suprematismo occidentale e la cultura Woke.

La prigione di Pound in Italia: materializzazione della “Gabbia di Acciaio” di Weber

5.Contributo della cultura classica alla formazione dell’ uomo dell’ Era delle Macchine Intelligenti (l’Identità Europea del XXI Secolo)

Confesso la mia reticenza ad occuparmi di quest’ultimo soggetto, a causa della mia incompetenza, teorica e pratica, in materie così distanti come  la pedagogia, la cultura fisica, la genetica, la psicologia, la cibernetica, la storia delle tecnologie,  l’interfaccia uomo-macchina, l’ Intelligenza Artificiale. Ed è proprio su questi temi che competenze ed esperienze di persone come Croce dovrebbero essere appropriatamente valorizzate. Eppure, l’”Enhancement” (“Accrescimento”) dell’Umano di fronte all’ onnipresenza dell’ Intelligenza Artificiale è così centrale nelle questioni dell’ oggi, che ciascuno di noi dovrebbe fare ogni sforzo per reperire idee e risorse per poter rispondere a domande come:

-qual è il residuo di umanità che occorre preservare dalla grande ibridazione in corso, e perché?

-esistono tecnologie (come il “Block-chain”) che possono contrastare la necessaria centralizzazione nel sistema macchinico indotta dalla logica dell’ Intelligenza Artificiale?

-data la debolezza dell’ “uomo medio” nei confronti dell’ ecosistema digitale, non è forse necessario ricreare un “ecosistema umano” che supplisca alle insufficienze genetiche con una visione “gerarchica” delle competenze?

la predestinazione sociale  resa possibile dall’editing genetico (quale preconizzata da Huxley nel “Mondo Nuovo”) è veramente aberrante come generalmente si pensa, o non costituisce un’attualizzazione di quella logica castale che caratterizzava l’Ancien Régime, e ancora caratterizza l’Homo Hierarcicus in quasi tutti i Paesi del mondo (Dumont)?

-è possibile una scelta politica fra la Singularity Tecnologica e l’Umanesimo Digitale, o il destino dell’ Umanità è oramai scritto, così come  risulterebbe da talune interpretazioni dell’ Apocalisse, quali ad esempio quelle di Teilhard de Chardin, Anders e  Kurzweil?

Una volta data una risposta a queste domande, ed eventualmente accertata la possibilità di una scelta, come utilizzare la cultura classica per realizzare l’ “Enhancement”?:

-rifare i Kaloi kai Agathoi  accoppiando, alle classiche “agogé” e “schole”, anche l’editing genetico?;

-ristrutturare l’intero curriculum di studi, dall’asilo nido alle più elevate accademie, in modo da poter fare fronte all’esigenza sempre maggiore di conoscenze teoriche e pratiche, che dovranno accompagnare una profonda ristrutturazione della società;

-riprendere la scrittura di opere “classiche”, se necessario rivalutando l’uso attivo delle lingue classiche, con l’aiuto dell’ Intelligenza Artificiale?;

-estendere il concetto di “classico” ai classici di altre culture, da Confucio a Laotse, a Sun Tsu, a Buddha, Valmiki, Firdauwsi..;.

-creare un “canone europeo” che comprenda anche la parte nascosta della cultura europea, come le culture di al-Andalus e dell’ Impero Ottomano, l’epica nordica e russa, i Progetti Europei di Crociata, le “lettere curiose e divertenti” dei Gesuiti dalla Cina, il Romanticismo dell’ Europa Orientale, il Cosmismo russo, l’Eurasiatismo.

E’ nell’ ottica di quest’azione che varrebbe la pena di tentare di riempire la lacuna circa l’ultima fase della storia dell’ identità europea, se del caso con intenti e accenti diversi dalla prima, dato il necessario intreccio di fatti, interpretazioni ed azione.

VERSO UNA VISIONE PIU’ REALISTICA DEL XXI° SECOLO:Al margine di “Biennale Tecnologia” del Politecnico di Torino

Nell’ anticipare il programma di Biennale Democrazia, lodevole iniziativa del Politecnico di Torino, per il quale sentiti ringraziamenti sono dovuti al Rettore Saracco e al Vice-Rettore De Martin, avevamo previsto che non si sarebbe dato abbastanza spazio al problema n° 1 – quello di una formazione dei giovani adeguata al XXI° Secolo-.

Questa carenza non va certo imputata, né agli organizzatori della manifestazione, assolutamente centrata, né agli egregi studiosi in tutti i campi, che hanno svolto una lodevole opera di aggiornamento su tutto ciò che è accaduto più recentemente nelle più svariate discipline, bensì a una carenza generale della cultura occidentale, che è emersa con chiarezza nelle diverse lezioni, e, in particolare, in quella di Carlo Galli.

1.La critica alla Tecnica

Il magistrale intervento di Carlo Galli  però si è arrestato sostanzialmente all’ heideggeriana attesa dell’ “Evento”, con appena un accenno all’esistenza delle culture non occidentali, le quali potrebbero sfuggire all’ occidentale “Destino della Tecnica”. La giornalista Maurizi, con riferimento ai casi Assange e Snowden, ha sottolineato la necessità, per poter garantire un’effettiva libertà, della lotta contro il Complesso Informatico Digitale. Infine, Carlo Ossola ha fatto un accenno a Werner Jaeger nel suo intervento su Bildung e Paideia. Alla sacrosanta presa di distanza, da un lato, dalla ”educazione alla morte” dei sistemi totalitari e, dall’altro,  dalla “educazione anti-autoritaria” contemporanea, non  ha fatto però seguito un chiarimento su come le future generazioni che passeranno dalle aule del Politecnico possano essere attrezzate a controllare l’invadenza della tecnica, denunziata dagli autori citati dagli illustri oratori:  Hoelderlin, Goethe, De Maistre, Marx,  Nietzsche, Huxley, Heidegger, Anders…

L’imperatore Kanxi, esempio preclaro di “Re Filosofo”, in un ritratto del pittore-gesuita Castiglione

2.Bildung e Paideia

Ci sembra che il riferimento all’ opera di Jaeger, fatto nel corso del suo intervento, sia stato limitativo. Intanto, non vorremmo contrapporre la prima alla seconda fase del pensiero di Jaeger(Early Christianity and Greek Paideia,Cambridge: Belknap, 1961), che invece mostra un senso di continuità fra le due culture.

Se, infatti, la Paideia era originariamente l’educazione dell’ aristocratico e del guerriero a “philosophein kai gymnazein”, con il Cristianesimo essa diventa “askesis”, sempre conservando la funzione centrale della formazione del carattere e dell’intelletto per fronteggiare le difficoltà della vita: un tempo, le battaglie sul campo e nell’ agorà, poi, quelle nelle scuole di teologia e negli eremi.  In tutti i casi, si trattava di affrontare un mondo difficile e complesso, né più né meno di quello attuale, minacciato dalla crisi ambientale, dalla guerra nucleare, dal controllo totale, dai persuasori occulti…Greta, Assange, Snowden, non debbono affrontare difficoltà minori (anche se diverse) da quelle di Leonida, di Socrate, di Alessandro, degli Apostoli, dei Padri della Chiesa, dei missionari…

La composizione di questa formazione (fisica ed etica, linguistica e matematica, sociale e tecnica, letteraria e filosofica), dovrà  presumibilmente tenere conto delle enormi criticità che stanno sopravvenendo: la permanente guerra ibrida; la sostituzione, alla quantità di lavoro, della sua qualità; l’arretratezza dell’ Europa; la crescente  poliedricità culturale e disciplinare; la sostituzione dell’ identità all’ideologia…

3.Il ruolo dell’ Europa

Si tratta di un compito immane, che la società dovrà affrontare, indipendentemente da come essa venga denominata e organizzata (Stati, Istituzioni, Imprese, Chiese). In ogni caso, le dimensioni dei singoli “Stati Nazionali” europei sono del tutto insufficienti, così come le iniziative “a pioggia” dell’ Unione Europea, come è emerso, tra l’altro durante la lezione di Paola Papanicolau e di Carlos De Martin sul ruolo dell’Europa nella transizione digitale. Infatti, mancano in Europa, tanto le competenze, quanto le imprese. Sarebbe un compito precipuo dell’Unione curare, con finanziamenti appositi, una cultura digitale unitaria dell’Europa, dal livello politico e scientifico, a quello tecnologico e d’impresa, fino a quello degl’ingegneri, dei professionisti, dei tecnici e dei lavoratori.

Tuttavia, nonostante le sollecitazioni, le Istituzioni rifiutano d’impegnarsi in questo campo, demandando il compito a un inesistente mercato, in realtà monopolizzato dai GAFAM.

Anche qui, bisognerebbe risolvere a monte le questioni poste, e mai risolte, da un dibattito interminabile fra i fautori della “Religione della Scienza” (Saint-Simon, Comte, Fiodorov, Bogdanov, Teilhard de Chardin), e i suoi critici, già citati in precedenza. Come affermato nell’ incontro con Carlo Galli, noi crediamo che la fuoriuscita dal circolo vizioso dell’“antiquatezza dell’ uomo”(Gehlen) possa essere conseguita solo  grazie a un incontro culturale fra Oriente e Occidente che permetta di relativizzare quell’egemonia della tecnica che trova la sua massima espressione nei GAFAM, grazie a una diversa cultura che finalmente ponga davvero l’uomo al centro, con le sue differenze, con la sua imprevedibilità, con la sua volontà. Esempi di questa tendenza si possono già riscontrare nel cosiddetto “Crackdown sui GAFAM” effettuato dalla Cina e illustrato da Simone Pieranni, semplicemente trasformando (Vincenzo Tiani), in precise leggi i confusi documenti dell’ Unione Europea che mancano di coercibilità perché l’ecosistema digitale europeo è eterodiretto dall’ America.

***

In definitiva, una iniziativa lodevole, a cui dovrebbe fare seguito un dibattito fra i cittadini.

RICAPITOLAZIONE E RETTIFICA DEL PROGRAMMA DELLE PRESENTAZIONI AL SALONE DEL LIBRO (Salone In e Off)

SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2022

PROGRAMMA “CANTIERI D’ EUROPA”

SALONE IN

21 maggio, Lingotto,

Sala Arancio,ore 12.15

UN PONTE FRA EST E OVEST

PRESENTAZIONE DEL LIBRO: UCRAINA; NO A UN’INUTILE STRAGE 

 Con: Virgilio Dastoli,Riccardo Lala, Marco Margrita Alessio Stefanoni, Enrico Vaccarino

Attenzione: le credenziali Zoom sono state cambiate:

Ora: 21 mag 2022 12:00 AM

Entra nella riunione in Zoom

https://us06web.zoom.us/j/81381685241

ID riunione: 813 8168 5241

Sabato 21 maggio Centro Studi San Carlo, Via Monte di Pietà 1, ore 15.00

L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE  NEI GIORNI  DEL CONFLITTO UCRAINO

PRESENTAZIONE DI: “ INTELLIGENZA ARTIFICIALE E AGENDA DIGITALE”, PENSARE PER PROGETTARE IL FUTURO

Con: Marcello Croce, Ferrante De Benedictis,Riccardo Lala,Marco Margrita, Enrica Perucchietti

Entra nella riunione in Zoom
https://us06web.zoom.us/j/89121340117?pwd=ajFZQ3NEdnlaWDVkUVEvRTAvTzdJZz09

ID riunione: 891 2134 0117
Passcode: 997292

Domenica, 22 Maggio,

Casa del Quartiere  di San Salvario, Via Morgari 10, ore 16.00

GALIMBERTI E CHABOD:

L’IMPRONTA DELLE ALPI OCCIDENTALI SU RESISTENZA ED EUROPA

DAL PASSATO AL FUTURO DELL’ EUROPA

PRESENTAZIONE DEL LIBRO: PROGETTI EUROPEI NELLA RESISTENZA

 Con Pier Virgilio Dastoli, Marcello Croce, Marco Margrita. Aldo Rizza, Alessio Stefanoni

Entra nella riunione in Zoom
https://us06web.zoom.us/j/86298136839

ID riunione: 862 9813 6839

RINASCIMENTO EUROPEO E DESTRA

https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Lucas_Cranach_d.%C3%84._-_Das_Goldene_Zeitalter_(Nasjonalgalleriet,_Oslo).jpg#/media/File:Lucas_Cranach_d.Ä._-_Das_Goldene_Zeitalter_(Nasjonalgalleriet,_Oslo).jpg

L’associazione culturale “Rinascimento Europeo”  ha promosso molto opportunamente, per il 21 gennaioalle 18  , presso l’Hotel Golden Palace a Torino    (cfr. infra) un interessante dibattito sulle “anime della destra”. Premesso che non credo che i termini “destra” e “sinistra” siano di molto aiuto nell’affrontare i problemi del XXI secolo, dato che non esistono più i suoi refernti storici,- né lo Stato “nazionale”, né quello del Leviatano, né una vera “società civile” degna di essere conservata-, tuttavia, constato che, presa in senso “metastorico” e “metapolitico”, questa distinzione possa avere un senso permanente. Affermava ad esempio Mao Tze Tung che Destra e Sinistra esisteranno sempre, rivelando così il suo sostanziale Taoismo (lo Yin contro lo Yang), in contrasto con le idee, occidentale, di “Fine della Storia”,e confuciana, di “Datong”.

Nell’ affermare l’eternità dello Yang e dello Ying, Mao si qualificava dunque sostanzialmente come un conservatore,o addirittura come un “perennialista”, mettendo implicitamente in evidenza che il ruolo dei conservatori è quello di preservare le contraddizioni che vivificano la realtà (Máodùn=),contro coloro che le vorrebbero abolirle: in termini occidentali,  il “Katèchon” contro il chiliasmo (il messianesimo immanentistico tipico degli eretici, degl’integralisti e dei modernisti). Non per nulla, “maodun” dignifica “lancia-scudo”, come esemplificato da Hanfeizi  nell’aneddoto sulle lance invincibili che non possono attraversare scudi infrangibili. In questo senso, ha pienamente senso parlare di “destra” come “preservazione del mondo” contro i “fanatici dell’Apocalisse”.

 

  1. Il “Rinascimento Europeo” di Macron

Nella sua “lettera ai cittadini europei” alla vigilia delle elezioni, Emmanuel Macron aveva utilizzato l’espressione “Rinascimento Europeo”: ”Siamo in un momento decisivo per il nostro continente; un momento in cui, collettivamente, dobbiamo reinventare politicamente, culturalmente, le forme della nostra civiltà in un mondo che si trasforma.È il momento del Rinascimento europeo.

Dal contesto della lettera, si capisce che “reinvenzione” significa ritrovamento di qualcosa che già c’era, cioè il “Rinascimento Europeo”. Ma già anche il “Rinascimento” era il ritrovamento di qualcosa di passato, vale a dire l’antichità classica, che, a sua volta, si presentava come un “Ritorno dell’Età dell’Oro” (pensiamo alla Teogonia di Esiodo: «un’aurea stirpe di uomini mortali», che «crearono nei primissimi tempi gli immortali che hanno la dimora sull’Olimpo. Essi vissero ai tempi di Crono, quando regnava nel cielo; come dèi passavan la vita con l’animo sgombro da angosce, lontani, fuori dalle fatiche e dalla miseria; né la misera vecchiaia incombeva su loro […] tutte le cose belle essi avevano»).

Quindi, una continua “Reformatio Imperii”, che, dalla più remota antichità, giunge al XXI Secolo. Non per nulla Macron viene dipinto con ambizioni napoleoniche.

Certo, siffatte citazioni storiche rischiano di rimanere puramente retoriche se non si incarnano nell’analisi puntuale dei fatti -quelli culturali confrontati seriamente con quelli antropologici e tecnologici-, e in una conseguente presa di posizione.

Coerentemente con quanto sopra, ho già esposto in passato il convincimento circa il  fatto che, visto nella luce della continuità con l’intera “Epoca Assiale”, una forma di conservatorismo “globale” e “umanistico”, contrapposto al Postumanesimo, abbia oggi una sua legittimità storica.

La Renovatio Imperii da parte degli Ottoni

2.Liberalismo e populismo

Qualche affinità ci sarebbe anche con il liberalismo inteso nel senso classico, “europeo”, di ideologia sviluppata dall’ aristocrazia per resistere all’ ascesa delle monarchie assolute, ideologia che è stata poi coniugata da Montesquieu come “monarchia limitata”, e da Tocqueville e Croce come “democrazia limitata”. Più difficile trovare punti di collegamento con il “liberalism” all’ americana, oggi prevalente, che altro non è se non la denominazione in inglese della “sinistra”, che perde di vista la questione urgente della la difesa della libertà contro il Complesso Informatico Militare, per dirottare invece l’attenzione su problemi reali, come i nuovi diritti e il clima, che però non richiedono quell’impegno totale che invece s’impone contro la “Singularity”.

In questa sua funzione di “arma di distrazione di massa”, il “liberalism” costituisce un alleato obiettivo delle Macchine Intelligenti nella loro lotta per l’egemonia sul mondo.

Ancor più difficile trovare collegamenti fra conservatorisno e  “Populismo”. Certamente, nella misura in cui il ribellismo medievale rivendicava, da un lato, il Cristianesimo delle origini, e, dall’ altro, le radici germaniche e slave dei popoli mitteleuropei, esso aveva anche un significato lato sensu conservatore, ma, a mano a mano che esso si è sposato con il chiliasmo delle eresie, e, poi, con il mito russoviano dell’identità fra governanti e governati, è divenuto obiettivamente un elemento di disordine, che ha poi preparato gli eccessi delle rivoluzioni e l’imbarbarimento della cultura. Oggi, il modo demenziale in cui predica un “Sovranismo” per ciascuno dei 26 staterelli europei, prostrandosi nel contempo apertamente a Trump e alle lobby americane, gli toglie gran parte della credibilità, rivelandolo come uno strumento del “divide et impera” americano.

Pertanto, il recupero, da parte di un conservatorismo rettamente inteso, dei valori metastorici di libertà e di sovranità, sarebbe possibile solo se portato sul piano appropriato: quello filosofico, o addirittura teologico.La Paideia

2.Il superamento della Società della Macchine Intelligenti con un Umanesimo Digitale europeo.

In sintesi: l’intera storia della cultura europea ci aveva portato, dalla nascita della “techne” fino alla “Singularity”, a postulare la realizzazione terrena delle promesse delle religioni. L’”eterogenesi dei fini” ci ha poi spinti  a rinchiuderci, in questo esercizio, nella weberiana “gabbia d’acciaio”, che soffoca la nostra umanità; la “trasfusione senza spargimento di sangue” delle nostre identità nel “Sistema Informatico-militare” ha innescato un processo (la “Singularity”) destinato a scatenare, in un primo momento, la superiorità delle macchine sull’ uomo, e, in un secondo, la cancellazione in un software indistinto dell’ intero mondo delle macchine intelligenti. Ne consegue che l’unica politica attiva che si possa oggi condurre è quella di difesa dell’umano contro il sopravvento della Singularity. Infatti, i fautori della Singularity coincidono con quelli del superamento della politica nella “post-histoire” tecnocratica, e sono, in realtà, dei figuranti della politica, che eseguono semplicemente gli ordini del complesso informatico-militare.

I politici veri di oggi non hanno altra scelta che quella di competere fra di loro nel determinare la strategia migliore per il contenimento delle Macchine Intelligenti. In questo consiste oggi la vera “Missione delle Nazioni”. Coerentemente con le loro specifiche “ identità”, le varie aree del mondo stanno affrontando questo problema, ciascuno a modo suo: l’ America, con i whistleblowers e i think tanks, la Cina creandosi un proprio ecosistema digitale nazionale, la Russia e l’ India aprendosi la possibilità di staccarsi dal world wide web in un caso di conflitto.

L’Europa, in questo come in tutti gli altri campi, ha costruito un enorme marchingegno giuridico, grazie al quale essa tenta di dimostrare di essere all’ avanguardia (“un punto di riferimento per il mondo intero”, come aveva detto il Papa a Strasburgo), ma, in realtà, non aggredendo mai con la dovuta energia le radici stesse del male (insegnando l’etica alle macchine anziché potenziare l’educazione degli umani; acquistando tecnologia in America anziché costruire la propria; applicando l’”antitrust” a effetti marginali, non già alla totale monopolizzazione del mercato; conciliando piccole sanzioni invece di esigere l’intera tassa evasa; approvando una pazzesca legislazione sulla “privacy” ma accettando che tutti i nostri dati siano immagazzinati in America e controllati dai servizi segreti americani…)

Il compito di un movimento veramente conservatore sarebbe quello di affrontare di petto la questione della conservazione dell’umano, almeno con i seguenti provvedimenti:

-un’accademia europea del digitale, che coniughi la formazione di una classe dirigente umanistica con lo studio e il controllo dell’Intelligenza Artificiale;

-un’Intelligence europea, che supporti il vertice europeo nella riforma tecnologica dell’ Europa;

un esercito europeo altamente tecnicizzato;

-un’Agenzia Europea del Digitale, che presieda alla R&S, alla programmazione, al finanziamento e alla realizzazione di un’industria digitale europea, e partecipi alle attività internazionali per la regolamentazione del digitale.

Queste rivendicazioni, che paiono marginali nel vasto panorama delle scelte politiche dei legislatori, in realtà potrebbero, e anzi dovrebbero, divenire il filo conduttore delle politiche costituzionali, sulla scuola, sui diritti civili, sulla ricerca scientifica, sul lavoro, sulla difesa, sull’economia, sulla finanza, sulla politica estera e di difesa…

Una “cultura di destra” che volesse essere tale e condizionare la politica – non importa se di destra, di sinistra o di centro-, non potrebbe ignorare l’esistenza di questa problematica che, a rigor di logica, le appartiene.

Un’associazione culturale che si denomina “Rinascimento europeo” non può ignorare, né la Lettera di Macron, né questa missione dell’Europa, che sembrerebbe avere in sé un appello specifico per ciò che resta della destra storica.

 

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