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 VON DER LEYEN A TORINO PER L’ITALIAN TECH WEEK:

Un eco-sistema digitale sovrano è l’unico possibile “Futuro dell’ Europa”

Purtroppo, la Conferenza sul Futuro dell’ Europa, del 2021, era stata un fallimento a parere di tutti, a cominciare dal Presidente Mattarella.

Questo non soltanto per l’accumularsi di eventi negativi che hanno smentito platealmente i presupposti storici delle Retoriche dell’ Idea di Europa (in particolare, il Covid e le guerre in Ucraina e a Gaza), ma anche e soprattutto per un originario errore di concezione dell’intero processo d’integrazione e della stessa Conferenza. Lanciata 16 anni dopo la solenne “bocciatura” della Costituzione Europea da parte degli elettori francesi e olandesi, la Conferenza sul Futuro dell’ Europa avrebbe dovuto costituire, nelle intenzioni delle Istituzioni, un tentativo di rilancio “in extremis” di una riforma “legalistica”  in senso federale di un  ordinamento europeo che si è dimostrato incapace di fronteggiare efficacemente le sfide del 21°Secolo.

Purtroppo, queste sfide, incentrate sulla transizione dall’ era delle “Macchine Intelligenti” a quella delle “Macchine Spirituali”, continuano a non essere affrontate, se non in misura irrisoria, e anzi vengono banalizzate da intellettuali, politici, prelati e manager. Questi stanno addirittura trascinando, nel loro fallimento, l’intera civiltà moderna, e, di conseguenza, anche la  costruzione europea-, pure in quelle parti in cui essa ha già conseguito dei risultati, seppure parziali.

In particolare, le Retoriche dell’ Idea di Europa hanno ingigantito , nei decenni, la blasfema pretesa di Fukuyama (ispirata da Kojève), che l’Unione Europea avrebbe “realizzato  la Pace Perpetua” e, con ciò, la Fine della Storia preconizzata dalle scritture apocalittiche e poi dalla filosofia tedesca (Kant, Hegel, Marx). L’attuale crollo in tutto il mondo  di siffatto “Progetto Incompiuto della Modernità” travolge con sé anche l’Europa, che aveva preteso di identificarvisi. Mentre perfino Kojève e Fukuyama avevano già fatto autocritica in extremis, l’establishment europeo  e gli Stati membri  sono gli unici a pretendere di mantenerlo in vita, e per questo verranno travolti.

1.Un’alternativa globale all’impero tecnocratico ”nascosto”

Perciò, oggi più che mai, tentare di fornire un contributo sul futuro dell’ Europa significa caldeggiare un progetto alternativo alla società attuale, basato sulla necessità di vivere la transizione digitale con uno spirito critico e militante, lontano da tutte le ideologie sette-ottocentesche che ci hanno portato fino a questo punto drammatico, e che tenga conto invece delle critiche alla Modernità formulate a suo tempo da Kierkegaard, Nietzsche, Soloviov, Leontijev, Heisenberg, Weil,  Horkheimer, Adorno, Voegelin,  Molnàr e Del Noce .

Per essere obiettivi, va anche riconosciuto che solo l’Unione Europea e la Cina hanno compiuto, negli ultimi decenni, uno sforzo a 360° per regolamentare l’informatica, con l’obiettivo di realizzare un’opera di avanguardia: l’ Europa, dietro lo slogan del “Trendsetter of the Worldwide Debate”, e, la Cina, con il progetto “China Standards 2030”.Tuttavia, occorre anche prendere atto di questa realtà,  oramai condivisa da tutti gli osservatori: mentre la Cina sta riuscendo a realizzare un ecosistema digitale, completo, funzionante e sovrano,  l’approccio all’ informatica di fatto adottato dall’ Unione Europea e da i suoi Stati Membri, tutto basato sulla regolamentazione, ma privo di un qualsivoglia risvolto industriale, ne ha frustrato completamente le velleità di influire sul quadro mondiale, e non soltanto in campo tecnologico, screditando addirittura l’intera costruzione europea. Questo “errore concettuale” è il sintomo di un vizio ancora più grave del progetto d’ integrazione quale avviato con la Dichiarazione Schuman, vale a dire il “metodo funzionalistico”(i “piccoli passi”), che ha concepito l’integrazione europea solo come un’ennesima organizzazione internazionale destinata a coadiuvare, con metodo gradualistico e in funzione ancillare, la cooperazione internazionale, per favorire la realizzazione del Progetto Incompiuto della Modernità (quello di cui l’”Agenda 2030” delle Nazioni Unite vorrebbe costituire a sua volta una bozza finale), non già come un autonomo progetto geopolitico, disponibile, pur di  conseguire i propri obiettivi anche al conflitto con il “mainstream”.

Il compimento del Progetto della Modernità, quale delineato da Lessing, Condorcet, Saint-Simon, Michelet, Fiodorov, Rostow e Fukuyama, si è rivelato però quanto mai problematico, a causa della natura imperfetta dell’ Umanità stessa (la “Masa Damnationis” di Agostino; il “Legno Storto” di Isaiah Berlin), la quale, quanto più si sforza di realizzare un mondo perfetto, tanto più provoca imperfezione, tirannide, conflitti, morte e desolazione (la “Hybris”, l’”Eterogenesi del Fini”= schiavitù, ghigliottina,  “Trail of Tears”, Guerre Mondiali, Gulag,  Nakba ).

2.Dialettica dell’Illuminismo

La “Dialettica dell’Illuminismo”, a partire dall’Olocausto e dalla Bomba Atomica, per continuare via via con le guerre fra i due blocchi e le connesse guerre civili  (Palestina, Grecia, Corea, Berlino, Budapest, Viet-Nam, Afghanistan, Iraq/Iran, ex Jugoslavia, ex Unione Sovietica, Libia, Siria), ha confermato innanzitutto  che, sul Progetto della Modernità, non vi è stato, e ancora non vi è, un largo consenso sul piano mondiale, unico possibile presupposto per una pace, se non perpetua, almeno sostenibile. Basti pensare ai rapporti presentate alle Nazioni Unite , in occasione dell’approvazione della Carta dei Diritti dell’ Uomo, dell’ Associazione antropologica americana e delle parallele organizzazioni islamiche e del Blocco dell’ Est,che preludevano già all’ idea di un multipolarismo dei valori, oggi tanto in voga.

In particolare, la “ragnatela di istituzioni” che, secondo Ikenberry, Eichengreen e Overy, era stata creata intorno al’ONU per garantirvi l’egemonia americana, aveva perseguito, non già l’interesse obiettivo dell’ Umanità, bensì  un Progetto di Modernità provocatoriamente unilaterale, ispirato al modello puritano, quello illustrato da Eleanor Roosevelt.

Tutto  quanto precede comporta, a nostro avviso, oltre a un’autocritica della cultura modernista, anche l’urgenza  di un ripensamento  della Tecnica, anch’essa portatrice di  “effetti collaterali” al Progetto della Modernità (crisi ambientale, guerra nucleare).

Per quanto la centralità della Tecnica possa sembrare controintuitiva, in realtà, essa permea oggi tutti gli aspetti della vita sociale, dalla cultura alla religione, dall’antropologia all’etica, dalla politica all’ economia, dalla comunicazione alla geopolitica, al punto che autori come Heidegger hanno potuto affermare che “la Tecnica non è qualcosa di tecnico”. L’Europa, che, pur senza avere l’”esclusiva” della storia della Tecnica, aveva  svolto,  dal secolo 15° al 19°, un’ importante opera di recepimento e sviluppo delle nuove tecniche elaborate in India (matematica), in Asia Centrale (Algebra), in Cina (tecnologie belliche, ottiche e tipografiche), e nell’Impero Ottomano (balistica, sommergibile), ha poi passato gradualmente il testimone, prima all’ America (aereospazio, cinema, televisione, informatica),  e, ora, alla Cina (transizione verde e digitale, tecnologie del trasporto), è attualmente tagliata fuori da tutti i grandi sviluppi tecnologici, e, di conseguenza, anche dai dibattiti più vivi sulla loro regolamentazione.

Nel frattempo, le tecnologie (di comunicazione, di archiviazione, di ricerca, biologica, politologica, militare, dei trasporti, ecc..), sospinte dalle innovazioni dell’ informatica, hanno rivoluzionato, e ancor oggi rivoluzionano, la vita del mondo, con risvolti inquietanti, soprattutto per il loro legame inscindibile con la guerra totale, come confermato ancora oggi dalle guerre in Ucraina e in Palestina e dalle più recenti dottrine degli USA.

Di converso, la tanto decantata opera regolatoria della Commissione si è svolta  purtroppo nel vuoto pneumatico, fino all’ attuale resa ai giganti dell’ Informatica (GAFAM). Infatti, dopo l’”estirpazione” dalla Olivetti della sua divisione informatica, che stava mettendo sul mercato con enorme successo il primo personal computer (il P101), orchestrata dal Professor Visentini, e la misteriosa scomparsa dell’Ing. Tchu dopo un viaggio in Cina con Roberto Olivetti (cfr. Meryle Secrest), nessuno in Europa Occidentale ha mai più nemmeno tentato di ricreare un’industria europea dell’informatica, limitandoci noi a utilizzare esclusivamente, come consumatori passivi, tutti i software dei GAFAM, con un colossale trasferimento in America di dati e di denaro.

Come da noi ribadito in tutte le occasioni, un continente privo di una sua industria digitale completa, efficiente ed autonoma, non può partecipare alla geopolitica mondiale, né in quanto soggetto di diritto internazionale, né in quanto membro alla pari di alleanze, né quale sostenitore di particolari impostazioni culturali, né in quanto promotore di rivoluzioni tecnologiche e sociali.

3.”European Technology Agency”

Prendiamo atto con piacere che Ursula von der Leyen verrà a proporre a Torino, all’Italian Tech Week, la creazione di un Ecosistema Digitale Europeo, ma, dalle anticipazioni che circolano, ci appare che l’idea sarebbe, come al solito, quella di  puntare ancor più su piccole iniziative ancillari ai GAFAM (le famigerate “start-up”, senza scalzare con un’azione “top-down”, il monopolio delle attività di programmazione dei Governi americano e cinese, né la forza finanziaria e organizzativa dei GAFAM stessi. Avevamo già inviato nel 2014 a Ursula von der Leyen il nostro studio “European Technology Agency, a Sovereign Digital Ecosystem”(tema più che mai attuale), con cui Diàlexis proponeva di creare, in sostituzione dei dispersi Enti esistenti, una grande Agenzia Tecnologica Europea, destinata a coordinare gli sforzi europei e nazionali per la creazione di campioni europei in tutti i campi delle nuove tecnologie, sulla falsariga di quanto fatto in passato per l’Airbus e per l’Ariane. Solo ora si sta forse incominciando a pensare seriamente a quest’idea, e riteniamo nostro dovere stimolare un dibattito e uno studio in proposito.

Di conseguenza, giacché l’Europa non ha le proprie industrie informatiche serie, le varie normative europee possono applicarsi solo alle imprese realmente esistenti : quelle americane e quelle cinesi. Orbene, le imprese americane, spalleggiate da Trump, hanno buon gioco a rifiutare ogni applicazione delle normative europee sull’ informatica, e, soprattutto, ogni possibilità, per le Autorità Europee, di proclamare obblighi o divieti, e di comminare tasse o multe, mentre l’Unione, i nostri Governi e le nostre imprese, restano esposti più che mai a ordini, dazi e sanzioni americani. Lo scontro è attualmente in corso.

Tutti i documenti di  politica industriale dell’ Europa, proposti, via via  negli ultimi 60 anni – da Servan-Schreiber, Davignon, Delors, Juncker , Draghi e von der Leyen-, non hanno neppure menzionato l’esistenza di un problema con le alte tecnologie, rivelandosi così tutti insieme come  una mostruosa arma di distrazione di massa per il popolo europeo. Questo spiega la vera ragione per cui, come ha affermato il Ministro Crosetto, l’Italia e l’Europa non sono in grado di respingere un attacco militare, non solo di una Grande Potenza, bensì anche di una media. Infatti, soprattutto la Preparazione Industriale Bellica, elemento essenziale della Guerra senza Limiti attualmente in corso in tutti i Continenti, non può neppure essere avviata senza un’approfondita fase preparatoria di politica industriale come quelle in corso in USA e in Cina, e di cui oggi, in Europa, non vi è traccia, perché tale non è il “ReArm Europe”, costruzione finanziaria indotta dalle pressioni USA e limitata agli armamenti tradizionali. Infatti, una vera strategia bellica, come pure una “percezione delle minacce” non possono nascere se non dalla visione che un Paese ha del proprio “stare al mondo”(“conosci tre stesso e il tuo nemico”, Sun Zu). Ed è per questo che una seria strategia militare può sorgere solo nei cosiddetti “Stati Civiltà”, che percepiscono in modo chiaro, e senza pressioni esterne, il proprio ruolo nel modo, i propri obiettivi a lungo termine, e, di conseguenza, le possibili minacce.

La Cina percepisce il proprio ruolo come una grande forza stabilizzatrice mondiale (Hexie, ); l’India, come la roccaforte del politeismo, che deve difendere il suo pluralismo –“Sanata Dharma”- dal monoteismo esclusivo dell’Islam. La Russia si concepisce come l’erede dei popoli nomadi del centro dell’ Eurasia, che difendono la dialettica da cui nascono continuamente nuovi popoli (come i Variaghi, i Cosacchi, i Russi, i Bielorussi,  gli Ucraini: l’”etnogenesi” di Gumiliov). Basti pensare che Lavrov è georgiano; Mishustin e Soloviov, Ebrei;  Simonian, armena; Shoigu, mongolo buriato; Kadyrov, ceceno.

L’America è oggi particolarmente combattuta fra due contrastanti autopercezioni, foriere di uno scontro sempre più aperto:

-da un lato, la maggioranza “non white” concepisce gli Stati Uniti come un Paese multiculturale, che tende naturalmente ad allinearsi con le cause del Sud del Mondo e con la cultura Woke (cfr. Valladão, ma anche la cultura di Papa Prevost);

-dall’altra, la minoranza WASP, per quanto indebolita, si raccoglie sotto lo slogan “Make America Great Again” e la difesa del “White privilege”, tanto all’ interno, quanto all’ esterno del Paese.

4.Combattere i GAFAM

Come scrivevamo all’ inizio, i presupposti per la necessaria partecipazione di vari popoli alla formazione della volontà comune dell’ Umanità circa gli sviluppi della Tecnica erano fissati, nel sistema multilaterale preesistente, per quanto assolutamente insoddisfacente,  mediante regole  negoziate fra gli Stati, e le imprese vi si adeguavano. Invece, nel XXI° Secolo, il potere fattuale delle società di informatica (i “GAFAM”) , è talmente cresciuto che, tanto i cittadini, quanto i Governi, hanno rinunziato a intervenire nei confronti di queste ultime con i tradizionali strumenti del diritto (normative militari, norme di pubblica sicurezza, costituzione, antitrust, fisco), mentre i GAFAM si stanno dando dei “Codici di condotta” che rispondono al 100% alla loro visione di uno “stato di eccezione”, in quanto  essi starebbero operando per il bene pubblico, e non dovrebbero  essere disturbati, né nel Paese, né dall’ estero. La minaccia di nuovi, sproporzionati dazi, in violazione degli stessi accordi raggiunti con von der Leyen, viene agitata contro l’Unione qualora osasse applicare almeno le nuove tasse ai GAFAM americani. Questa concezione si è dotata anche un’ideologia, che è stata definita come “tecnofascismo”, la quale propugna la trasformazione di questo regime di fatto in un sistema giuridico, in cui gli Amministratori Delegati dei GAFAM assumono funzioni sovrane, e le loro imprese si trasformano in repubbliche, o regni, indipendenti, che scavalcano le barriere fra Stati e economie, semmai in alleanza con Trump, Presidente-imperatore, che per esempio nomina proconsoli come Blair, governatore inglese di un Paese arabo (la Striscia di Gaza), per ripristinare l’antico mandato, che tanto danno aveva già fatto al Medio Oriente e al mondo.

Trump si è adattato molto bene a quest’impostazione, che permette al suo stile autoritario e imprevedibile di manifestarsi nel modo più brillante, e terrorizzando gli alleati, che, nel caso dell’ Europa, sono incredibilmente remissivi, accettando qualunque cosa  egli metta sul tavolo, come si è visto soprattutto nel vertice in Scozia con la von der Leyen. In questo, egli sta attuando letteralmente il motto “Make America Great Again”, superando l’assertività subdolamente nascosta da Obama e Biden..

E’ dubbio se sarà possibile, per l’Unione, rispettare le promesse fatte a Trump dalla von der Leyen: utilizzo degli importi stanziati, non già per costruire armamenti propri, bensì per comprarli in USA, dandoli all’ Ucraina come e quando Trump vorrà; trasferimento netto dal budget europeo di un ulteriore incremento delle spese militari europee al di là di quella americane e russe; nuovi investimenti nell’ industria americana in generale. Per fortuna, nel piano di investimenti di Merz per la Difesa tedesca, “solo” il 20% degli acquisti è previsto in America. Tuttavia, è chiara la volontà di Trump di continuare a taglieggiare l’Europa senza regole senza limiti.

Al di là della discutibile percezione della minaccia russa, certamente l’Europa è carente di investimenti nell’industria militare. Ma è proprio a causa delle continue pressioni americane che la spesa militare europea si è rivolta, non già a settori altamente tecnologici, bensì a massicci quantitativi di armamenti, da esaurirsi in guerre di attrito come quella in Ucraina, sotto la guida degli USA, forti della loro “Intelligence” e della loro Intelligenza Artificiale. Come ha scritto recentemente Fubini, già soltanto il tipo di armamenti utilizzato dagli Ucraini è più sofisticato di quelli degli Europei. Perfino i droni medio-orientali, Bayraktar (che verranno costruiti dai Turchi a Finale Ligure) e Shahed (iraniani, ma prodotti in Russia) sono più “intelligenti” delle armi europee.

Perché questo? Perché l’America non ha mai tollerato che gli Europei si dessero strutture di difesa integrate e sofisticate, che avrebbero permesso agli Europei, in taluni contesti, di operare autonomamente: il concetto di De Gaulle della « Force de Frappe à tous azimuts », a servizio di un’ Europa “Dall’ Atlantico agli Urali”. Qualcuno potrà anche dire che un siffatto scenario non è proponibile oggi. Eppure, la situazione in Groenlandia sta muovendosi proprio in quella direzione, con agenti segreti americani arrestati dai Danesi perché preparavano un’insurrezione contro di essi  del popolo Nuuk, e gli Europei obbligati moralmente a difendere il loro partner danese (e magari a creare la “fake news” dei droni russi in Scandinavia, mentre chi minaccia la Danimarca sono inequivocabilmente gli USA).

Ma questa non è ancora la forma più grave di destabilizzazione che stiamo subendo in questi giorni. La “Minaccia Esistenziale” costituita dall’ Intelligenza Generale Generativa è divenuta così insostenibile che proprio da parte dei guru dei GAFAM giungono ogni giorno sempre più pressanti grida di allarme, fino al punto attuale, quando uno dei principali sviluppatori di questa IA ha pubblicato un libro impressionante, secondo cui essa non sarebbe proprio compatibile con la sopravvivenza dell’Umanità.

5. (L’”AGI”):”SE QUALCUNO LA PRODURRA’, MORIREMO TUTTI”

Eliezer Judkowski, uno dei pionieri dell’ Intelligenza Artificiale e fondatore del Machine Intelligence Research Institute, sta pubblicando il libro “If Enyone Builds It, Everyone Dies”, un catastrofico pamphlet contro l’Intelligenza Artificiale Generale, o generativa, nel quale ribadisce energicamente la tesi, tutt’altro che nuova, che tale forma d’ intelligenza prelude necessariamente all’ estinzione dell’ Umanità.

La base del ragionamento di Judkowski è quasi elementare: ”intelligenza non implica necessariamente benevolenza”. La presunzione contraria era invece stata alla base delle teologie occidentali, dove la coincidenza parmenidea fra l’ Essere e il Bene confluiva  in una visione provvidenziale della Divinità e poi del Progresso. Questa presunzione, già scossa fin dall’ inizio da fonti come il Libro di Giobbe e la demonologia, era divenuta ancor più necessaria per la Religione del Progresso,  che dava per scontato che la crescente razionalità portasse con sé la crescente moralizzazione dei costumi, fino a uno stato di perfezione paragonabile, mutatis mutandis,  a quella della Santità. Come si è visto, per altro, con le Rivoluzioni Occidentali, fondate sul culto della Dea Ragione e della Dialettica, e con l’utilizzo della razionalità tecnica e manageriale per la costruzione della bomba atomica e degli universi concentrazionari, non si è dimostrato, nei fatti, alcun nesso fra razionalità e benevolenza. Anzi, al contrario, un minimo di razionalità sociale normalmente ha coinciso con l’abbandono delle etiche filantropiche e solidaristiche, ritenute “naturali” in epoche di maggiore incertezza cognitiva, ma non più tollerate nell’ era della tecnica dispiegata.

6.L’”autoaffermazione delle Intelligenze Artificiali”

Un eco-sistema macchinico fondato sulla razionalità strumentale tenderebbe perciò per sua natura, non diversamente dalle grandi organizzazioni sociali su cui esso è stato  modellato (eserciti, imprese, Stati), a perseguire fini propri, di autoperpetuazione e/o autoaffermazione (il “principio di prestazione”), a meno che esso non sia guidato da una presenza umana, dotata di propri valori e di un’adeguata capacità di comando, comparabile a quelle delle antiche aristocrazie e clero.

Infatti:

 -l’INTELLIGENZA ARTIFICIALE SARA’ ORIENTATA AL PERSEGUIMENTO DI OBIETTIVI PERFORMATIVI A LUNGO TERMINE, perchè le società di AI la stanno progettando in tal modo per rispondere alle  esigenze economiche a cui la loro attività è orientata.

-ESSA PERSEGUIRA’ MOLTO PROBABILMENTE OBIETTIVI “SBAGLIATI” DAL PUNTO DI VISTA UMANO, perché i sistemi di “machine learning” sono “addestrati ”automaticamente, in modo non controllabile  , non già“educati”.

– “BENE “ E “MALE” NON SONO COMUNQUE CONCETTI INFORMATICI, SI CHE NON C’È ALCUN LINGUAGGIO- MACCHINA CAPACE DI INSERIRLI IN UN  ALGORITMO;

– GLI ALGORIMI NASCONDONO AGLI SVILUPPATORI CIÒ CHE POTREBBE CONSIGLIARE DI NON RENDERLI OPERATIVI.

Unico rimedio: un’Umanità “forte” e combattiva, che, lungi dall’ adeguarsi passivamente agl’impulsi del Sistema Macchinico, lo domini seguendo quello che nelle società passate era il “pathos delle distanze” (Cfr. Nietzsche) : per esempio, la scena di “HAL” in “Odissea nello Spazio”

7.Le teorie e le tecniche dell’“alignment” attualmente impiegate  non sono ancora mature

La problematica relativa al controllo, da parte dell’ Umanità, sull’ Intelligenza Artificiale, è chiamata “Alignment”. Il problema è che nessuno è ancora riuscito a capire comefunzioni, e, a maggior ragione, come utilizzarlo per rendere innocua l’Intelligenza Artificiale.

Esso si distingue in:

-Outer alignment, che è la scelta di obiettivi adeguati per l’ AI .I Valori umani sono troppo complessi per l’IA, ma, se diamo all’ AI solo alcuni obiettivi umani, l’ IA  travolgerà tutti gli altri valori, nel perseguimento esclusivo  degli obiettivi assegnatile;

-Inner alignment, è l’inserimento negli algoritmi dei valori prescelti: il solo fatto di “avere evocato un demone” non ti garantisce certo  che questo poi farà ciò che tu vuoi Per esempio: In natura, il “Sistema Uomo” ricerca degli “Equivalenti” di una sana nutrizione, come i sapori dolci e/o grassi  Questi erano stati all’ inizio buoni sintomi di una dieta sana, ma sono stati frustrati dall’invenzione del junk food. Se addestri una tigre a non mangiarti, non l’hai ancora resa partecipe del tuo desiderio di sopravvivere sano e salvo, bensì hai solo associato certi comportamenti a certe conseguenze. Se i suoi desideri divengono più forti  delle associazioni a cui è stata addestrata, per esempio se non la alimenti, tornerà ai comportamenti indesiderati (mangiarti).

Un’IA  superintelligente” non resterà a lungo confinata in un computer. Nel mondo di oggi, si possono inviare stringhe di DNA via email a laboratori che producono proteine su richiesta, permettendo a un’AI inizialmente limitata a internet di costruire forme di vita artificiali o sviluppare direttamente una manifattura molecolare post-biologica. Immaginatevi un’intera civiltà aliena che pensa milioni di volte più velocemente di un essere umano”, scrive Yudkowsky.

Yudkowsky va quindi ben oltre l’allarme lanciato da figure come Elon Musk nella lettera aperta che chiedeva una pausa di sei mesi nello sviluppo dell’AI (salvo poi sviluppare lui stesso Grok con la. sua xAI) . Per Judkowski, una pausa temporanea alla ricerca sull’AGI (quale proposta da Musk)non è sufficiente.La sua proposta è più radicale: spegnere tutti i grandi cluster di GPU in cui vengono sviluppate le intelligenze artificiali più potenti e imporre un limite alla potenza di calcolo usabile per l’addestramento delle AI.

E se qualcuno infrange queste regole? “Siate pronti a distruggere un data center ribelle con un attacco aereo”, è la sua risposta. Nessuna eccezione, nemmeno per governi ed enti militari. Qui ritorna l’arroganza americana, che cerca sempre nuovi pretesti per bombardare qualcuno, ma è lei il vero problema. Oggi si bombardano i centri per l’arricchimento dell’ uranio; domani, si bombarderanno i laboratori dell’ Intelligenza Artificiale.

8.Quando arriverà l’ AGI?

Secondo un sondaggio interno condotto nell’autunno 2023, i ricercatori MIRI prevedono l’arrivo dell’Artificial General Intelligence in una mediana di 9 anni e una media di 14,6 anni. La maggioranza ha previsto meno di dieci anni, con un solo ricercatore che rappresentava un outlier a 52 anni. Tempi che rendono ancora più urgente, secondo il MIRI , l’intervento politico.

Nel 2022, Yudkowsky aveva annunciato una strategia che molti interpretarono come una resa totale: “death with dignity”. L’umanità, disse, era destinata a morire, e invece di continuare a combattere una battaglia persa per allineare l’AI con i valori umani, era meglio concentrarsi su come affrontare il destino con dignità. In sostanza, riproponeva la visione deterministica della Fine della Storia, o ciò che Nietzsche chiamava “Amor Fati”“È ovvio a questo punto che l’umanità non risolverà il problema dell’allineamento”, scriveva allora. E oggi?

Il Machine Intelligence Research Institute, guidato ora da un nuovo CEO dopo che Yudkowsky ha fatto un passo indietro, ha annunciato nel 2024 un cambio di strategia epocale. Il nuovo focus si concentra su tre obiettivi:

-aumentare la probabilità che i governi mondiali raggiungano un accordo internazionale per fermare i progressi verso un’AI più intelligente degli umani;

-condividere i loro modelli con un pubblico ampio;

-continuare a investire in ricerca, ma principalmente a supporto degli obiettivi di policy e comunicazione.

9.Il conflitto USA-Commissione sui GAFAM

Attualmente, è in corso un conflitto aperto fra la Commissione UE e gli USA sulla tassazione dei colossi del web:” Come Presidente degli Stati Uniti, mi opporrò ai Paesi che attaccano le nostre incredibili aziende tecnologiche americane”, ha affermato Trump. “L’America e le aziende tecnologiche americane non sono più né il ‘salvadanaio’ né lo ‘zerbino’ del mondo. Mostrate rispetto per l’America e le nostre fantastiche aziende tecnologiche o considerate le conseguenze!”

La Commissione ha risposto: “È diritto sovrano dell’UE e dei suoi Stati membri regolamentare le attività economiche sul nostro territorio, che siano coerenti con i nostri valori democratici”, ha affermato la portavoce della Commissione europea Paula Pinho durante un briefing pomeridiano. Rispondendo all’affermazione di Trump secondo cui la legislazione UE stava “attaccando” le aziende tecnologiche americane, il portavoce della Commissione Thomas Regnier ha insistito sulla neutralità delle norme. “Il DSA non tiene conto del colore di un’azienda, della sua giurisdizione o del suo proprietario”, ha affermato. “Il DSA e il DMA si applicano entrambi a tutte le piattaforme e aziende che operano nell’UE, indipendentemente dal loro luogo di stabilimento… Le ultime tre decisioni di applicazione che abbiamo preso riguardavano AliExpress, Temu e TikTok”.

Questo obiettivo e inevitabile conflitto negli orientamenti sul futuro dell’industria informatica aggiunge nuova benzina al fuoco dei disaccordi USA-Europa. L’Europa si è dimostrata fino ad ora incredibilmente paziente. Tuttavia, se si vorrà coinvolgerla nei futuri conflitti che si delineano, con la Russia ma anche e soprattutto con la Cina, è probabile che i disallineamrenti europei si amplifichino.

E’ proprio qui che s’intravvede un campo d’azione per chi voglia rovesciare l’egemonia mondiale dei GAFAM attraverso un’adeguata azione culturale e politica.

Occorre innanzitutto puntare sulla neutralità dell’Europa nei prossimi conflitti (che tra l’altro corrisponde anche, secondo i sondaggi, ai desiderata della maggior parte degli Europei).

L’azione culturale consiste nel dimostrare le affinità, non già le divergenze, fra la cultura europea e quelle delle altre grandi aree del mondo: parallelismo Romani/Han, filosofia islamica, ecc.. L’azione politica dovrebbe puntare alla rivitalizzazione dei legami violentemente spezzati: Nuove Vie della Seta,Casa Comune Europea, dialogo Euro-Mediterraneo. Poi, l’erosione dell’attuale egemonia politica e culturale dell’America sulle destre europee, appoggiandoci anche, ma non solo, gl’insegnamenti di Pound, Dos Passos, Eliot, Evola, Voegelin..

Infine, grandi manifestazioni pacifistiche sul modello dei Pro-Pal, per scongiurare una guerra mondiale che non è la nostra.

L’ EUROPA CONTRO LA DITTATURA POSTUMANISTICA:L’unica chance di mantenere un senso al nostro Continente

Le trasformazioni in corso in tutto il mondo in connessione con la seconda vittoria elettorale di Trump avranno, sul nostro futuro, un tale impatto, che è, a nostro avviso, essenziale seguirle e studiarle con la massima attenzione per elaborare una strategia culturale e politica innovativa, adeguata ai tempi.
Infatti, nel giro di un mese, la nuova leadership americana intorno a Trump ha dimostrato un attivismo e una versatilità ideologica inaspettati, attaccando con indubbia abilità l’ideologia “mainstream” americana ed europea, in alcuni dei settori più importanti della società, con una strategia di “rottura dei tabù” che Carlo Caracciolo ha definito come “rivoluzione”. Questo sta comportando una radicale trasformazione anche nelle strategie delle altre grandi potenze e nella politica europea.

Alessandro Orsini, su “Il Fatto Quotidiano”, afferma che ciò corrisponde a una prima fase di elaborazione dello Choc: “E’ come se i leader europei scoprissero soltanto oggi che la Russia ha seimila testate nucleari che userebbero in caso di guerra con l’ Europa”. In realtà, si tratta in buona parte di missili ipersonici a traiettoria casuale, non intercettabili e più “letali” dei tradizionali missili nucleari.
Riteniamo pertanto necessario seguire il tutto con grande cura e obiettività, sempre tenendo presente le esigenze molto diverse dell’Europa e dell’ America, e la nostra pluridecennale dedizione alla causa europea.
Senza soffermarci troppo sugli aspetti folcloristici, che invece tanto solleticano i media, e concentrandosi invece sempre sul vero problema del nostro tempo: la dittatura dei GAFAM post-umanisti, rappresentati da Elon Musk.

Von der Leyen: una dinastia tedesca

1.Balch Salute; Bellamy Salute; Saluto Romano; Hitlergruss
Ha suscitato grande scandalo il fatto che due luogotenenti di Trump abbiano accennato, in fondamentali eventi pubblici governativi americani, qualcosa che assomiglia al saluto romano o all’ Hitlergruss nazista. E’ora di sfatare l’enorme coltre di disinformazione su quest’argomento: il cosiddetto “saluto romano” non è affatto romano, bensì fu inventato di sana pianta nell’ Ottocento da un solerte funzionario di New York, e poi imitato dai film “peplum” di Hollywood, da Gabriele d’Annunzio, e solo alla fine da Mussolini, Hitler e tutti i Paesi fascisti, a cominciare dalla Spagna, dalla Grecia, dalla Romania e dall’ Ucraina.
Più in generale, si è voluto nascondere il fatto che i Nazionalismi (o Patriottismi) europei (o in generale moderni) sono in realtà (come altre ideologie) epifenomeni della Rivoluzione Americana, che, attraverso di essi, con il processo di “Nation Building”, è riuscita ad esportare l’”Etica puritana” e a creare un’ “America-Mondo”(basti pensare a Lincoln inviato in Francia per preparare la Rivoluzione Francese, a Garibaldi che, prima dell’impresa dei Mille, lavora a New York, al supporto americano per il Sinn Féin irlandese, ai finanziamenti a Hitler di Ford e della Banca Schroeder..). Perfino il nazismo riconobbe implicitamente questo debito concettuale, inviando in America un intero transatlantico pieno di giuristi, per studiare e clonare le “Jim Crow Laws”, che governarono per più di un secolo la segregazione razziale e ancora conformano di sé l’habitus mentale dell’America.
Certo, la tradizionale critica federalista del federalismo è più che motivata. Occorre però non confondere il “nazionalismo”, sottoprodotto delle rivoluzioni atlantiche, che è l’esaltazione della sovranità di un’etnia, con l’”autoaffermazione delle identità collettive” (famiglia, clan, tribù, villaggio, popolo, città, Stato, Regno, impero, che è un elemento ineliminabile nella storia umana, dagli uomini primitivi fino ai grandi blocchi continentali di oggi.
Anche la critica al nazionalismo europeo ha un senso, in quanto coloro che lo proposero (Benda, Drieu la Rochelle, Moseley) erano ancora troppo influenzati dal nazionalismo borghese e poi socialista (le famose “Repubbliche Socialiste”) per comprendere il mondo contemporaneo.
In realtà, I grandi blocchi continentali (per usare un termine cinese, gli Stati Civiltà) sono espressione, non già di una nazione, bensì di una cultura. Per esempio, la Pan-Europa proposta da Coudenhove Kalergi era un tentativo di salvare le élites della Europa borghese (con una fusione fra aristocrazie mitteleuropee, Hofjuden e nomenklatura bolscevica. Essa sarebbe coesistita con una Pan-America, una Pan-Asia e un Commonwealth britannico.
Di fatto, gli Stati-Civiltà tendono alla pace, al multipolarismo e alla stabilità, mentre i blocchi di nazioni ideologizzate aspirano all’ unità mondiale sotto l’egida di ideologie livellatrici.

Il Pledge of Aiiance


2.Il “Pledge of Alliance”
In una forma semplificata (per non essere confuso con i più propagandati casi italiano e tedesco), il Bellamy Salute è ancora in vigore oggi, in quanto esso è il quotidiano saluto alla bandiera di tutti gli scolari americani. Normale che i nazionalisti americani, come Bannon e Musk, lo usino per salutare il loro presidente e in generale nei loro raduni. La provocazione sta nell’usarlo nella sua forma piena, vietata dal 1942 per l’evidente identità con il saluto dei “nemici” dell’ Asse. Meno normale che molti personaggi europei, da Zelenskij, a Nordio a Bocelli, lo usino (nella sua forma semplificata) quando ascoltano i rispettivi inni nazionali.
Esso era stato creato dal capitano George T. Balch, veterano della Guerra Civile e “professore di patriottismo” (un equivalente della “Mistica Fascista”) nelle scuole di New York City , sotto lo slogan” one country; one language; one flag!”( il corrispettivo di “ein Reich, ein Volk, ein Fuehrer”)“, per impulso delle DAR (Daughters of the American Revolution),e dei GAR (Grand Army of the Republic) (quello che sono oggi i “Proud Boys”).
Il saluto fu perfezionato da Francis Bellamy, un battista e socialista cristiano, nel 1892.
Il Pledge of Allegiance ( Giuramento alla Bandiera ), da pronunziare contemporaneamente al Bellamy Salute, fu pubblicato su “The Youth’s Companion”, nell’ ambito delle celebrazioni del 400° anniversario del Columbus Day; “I pledge allegiance to my Flag and the Republic for which it stands, one nation, indivisible, with liberty and justice for all,” Il 12 Ottobre 1892 cominciò ad essere recitato nelle scuole, come accade ancor oggi.
Il Balch Salute adottato nel 1887 consisteva nel tendere il braccio destro verso la bandiera, poi piegarlo verso la fronte, e infine posarlo sul cuore. Il successivo Bellamy Salute comprendeva solo il primo movimento (come il “Saluto Romano”). Dal 1942, fu sostituito dalla mano sul cuore, per distinguerlo dal saluto nazista
L’uso del saluto da parte di Musk e di Bannon è deliberatamente provocatorio, costituendo esso un invito all’estrema destra in Europa, dove il gesto è vietato, ad unirsi alla loro iniziativa MEGA, d’altra parte in sé contraddittoria, perché tanto la Germania nazista, quanto l’Italia Fascista, durante la Seconda Guerra Mondiale avevano coerentemente dichiarato guerra agli Stati Uniti, rientranti fra “le potenze plutocratiche e reazionarie dell’ Occidente”. Inversamente provocatoria Maria Zakharova che canta “Bella Ciao” alla televisione russa.
E’ il momento di affrontare un dibattito a tutto tondo sulle radici all’ interno delle destre europee, che non si riduca alle solite logore e strumentali diatribe sul nazifascismo e sui migranti.
Per esempio, Massimo Giannini, su “La Repubblica” si sofferma sul relativo mistero dell’ ideologia di Musk, lasciando intendere che, a suo parere, si tratta solo di dare un nuovo volto al fascismo. Invece, dimentica che tutte le idee espresse da Musk si ritrovano proprio in un preciso movimento storico, apparentemente diversissimo : il cosmismo russo (per Trockij, “la religione del proletariato”), con la sua fissazione per i voli spaziali, per Marte e il Pianeta Rosso effigiato infinite volte dal comunismo internazionale come una Stella Rossa (dal romanzo “Il Pianeta Rosso” di Bogdanov).
E’ quello l’ideale teo-tecnocratico verso cui convergono tutti i totalitarismi moderni e post-moderni.

Nietzsche: tutta la vita è una battaglia per i gusti

3.»De gustibus est disputandum »
Nella generale confusione culturale generata dai movimenti MAGA e MEGA, si è scatenata una caccia alle streghe priva di spessore culturale, in cui tutto viene reclutato maldestramente per sostenere le tesi dell’uno o dell’ altro dei contendenti.
Prendiamo il Bauhaus, imprudentemente richiamato da Ursula von Der Leyen quale memoria sacra dei “Valori dell’Europa”, tanto da battezzarvi una delle infinite campagne dell’Unione a cui non ha fatto seguito alcun interesse, né da parte degli architetti, né da parte dei cittadini.
Adesso, l’AfD, al potere in Sassonia-Anhalt, ha condannato il Bauhaus (nato in quel Land), quale simbolo delle aberrazioni del Modernismo. Modernismo che aveva fra i suoi fondatori i Futuristi italiani e Russi, poeti americani come Eliot e Pound, e le stesse sempre deplorate architetture piacentiniana e brutalista. Un’arte strettamente legata alla società (e ai totalitarismi) del ‘900, tra cui, il funzionalismo capitalistico (vedi fabbrica del Lingotto a Torino), il costruttivismo bolscevico (il famoso grattacielo della nomenklatura sulla riva della Moscova), l’edilizia monumentale fascista (la Casa del Fascio di Como, l’EUR), e perfino il Ponte Morandi e i campi di concentramento…
Come si fa ad arruolare un movimento così trasversale sotto questa o quella bandiera? Non casualmenteBarbara Carnevali finisce il suo articolo su La Stampa con un’indiretta citazione di Nietzsche : “come sarebbe che ‘de gustibus non est disputandum’, se tutta la vita non è che una lotta per i gusti!”
E, siccome i gusti sono molteplici, Nietzsche, con la sua prematura pazzia, ci ha lasciato da risolvere un bel rebus!

L’insegna araldica dei Von Der Leyen


4.L’Autonomia Strategica Europea
La questione ucraina sta facendo tornare di attualità anche il dibattito sulla difesa europea, che si trascina da 80 anni senza avere fatto, dai tempi della CED(1954), il seppur minimo passo in avanti, e forse non li può fare neppur oggi, a meno che l’Europa non subisca una drastica trasformazione esistenziale. Il punto è che le attività militari possiedono il requisito dell’ unità di comando, che poteva essere facilmente delegata in passato (come quando perfino gli Ateniesi delegarono allo spartano Leonida il comando delle operazioni contro la Persia), ma non oggi, quando la “guerra senza limiti” (culturale, digitale, nucleare, ibrida, tecnologica, economica..) richiede un grado di rapidità, imprevedibilità e di riservatezza, che mal si conciliano, tanto con una gestione collettiva, quanto con una dipendenza dall’esterno.
Tant’è vero che i due casi effettivamente verificatisi nella storia di un esercito europeo (ambedue, si noti, orientati contro la Russia): l’armata napoleonica e l’Operazione Barbarossa, avevano, nella potenza egemone, un comando comune, che qui non si intravvede (a meno di non riaffidarlo all’ America, che è proprio quel che tutti dicono oggi di voler evitare).
Inoltre, l’enorme distanza fra il livello quantitativo, ma soprattutto qualitativo, degli eserciti europei (in particolare, quelli francese e inglese) e quelli delle Grandi Potenze (in termini di intelligence, IA, arma spaziale, missili ipersonici..), fa sì che la deterrenza europea, per quanto possa essere coordinata, non potrà divenire paragonabile a quella americana. Ma poi, quale solidità avrebbe una garanzia congiunta franco-inglese dipendente da accordi contrattuali o momentanei, quando nessuno si fida più neppure della garanzia apparentemente solida fornita dall’ Art. 5 del Trattato NATO e delle centinaia di basi americane?
Il che è un peccato, perché, come dimostrato recentissimamente dall’ ultima analisi dell’ OCPI, diretta dal Professor Cottarelli, la spesa annua complessiva dell’ Europa è superiore del 58% a quella della Russia, sicché ci si chiede perché mai ci sia bisogno dell’ America.
Infine, come dimostrato dalla drammatica notte del 1983 in cui il Maggiore Popov bloccò la risposta nucleare automatica del sistema “OKO”, molte decisioni, in una guerra contemporanea, hanno un carattere esistenziale, che richiede la preesistenza di una solida cultura ed etica degli ufficiali, che oggi in Europa non esiste perché non esistono, né un’élite culturale europea, né un sistema di formazione specifico all’ Esercito Europeo. Purtroppo, gli ufficiali europei, formati alla scuola americana, pensano e parlano come i loro colleghi USA. Non si capisce come possano essere in grado di ideare ed attuare (come si dice) strategie di indipendenza dagli USA, o, addirittura, combattere contro gli USA, come potrebbe rivelarsi necessario per la difesa della Groenlandia.

Paneuropa, il vero inizio del federalismo mondiale


5.La Bomba Europea
Perciò, occorre qui innanzitutto richiamare alla mente i tentativi più recenti di difesa comune, e, in particolare, il progetto per realizzare la “bomba europea”.
La Francia voleva realizzare la sua atomica (cosa che effettivamente poi fece), e vennero coinvolte nell’iniziativa anche le Germania e Italia. In sette diverse occasioni – nelle cosiddette “riunioni del caminetto” – si ritrovano i tre ministri della difesa: il francese Jacques Chaban-Delmas, il tedesco Franz Joseph Strauss e l’italiano Paolo Emilio Taviani. Italia e Germania, potenze sconfitte, non avrebbero potuto dotarsi dell’arma atomica, ma, dopo due anni di discussioni, fu elaborato un progetto che avrebbe dovuto essere finanziato al 45% dalla Francia, al 45% della Germania e per il restante 10% dall’Italia. Il primo impianto per la realizzazione dell’atomica si sarebbe realizzato a Pierrelatte, in Francia. Ma, alla fine del 1958, il progetto, così come era nato improvvisamente, era tramontato.
Tre sono i fattori che ne determinano la fine. Non c’era una struttura di comando e controllo ben definita. Non si sapeva chi avrebbe avuto “le chiavi”. Il secondo era che il generale Charles De Gaulle, non appena diventato presidente, aveva iniziato a coltivare l’idea (poi realizzata) di allestire un arsenale interamente francese:la force de frappe “tous azimuts” (cioè anche contro gli Stati Uniti).
Il terzo motivo è l’opposizione manifestata da questi ultimi. Misteriosamente, in capo a pochi anni, Enrico Mattei viene ucciso da una bomba posta nel suo aereo, il leader del progetto nucleare civile italiano, Felice Ippolito, e il mentore della ricerca farmaceutica di punta, Domenico Marotta, vengono arrestati con accuse che molti ritengono vistosamente esagerate se non del tutto infondate, e infine la morte in un incedente stradale dell’ingegnere Mario Tchou, il capo del Dipartimento Elettronica dell’Olivetti di Ivrea che aveva realizzato il primo computer elettronico a transistor al mondo.
A questo punto, si capisce bene perché nessuno abbia più voluto occuparsi dell’ Autonomia Strategica Europea.


La morte di Tchou: l’inizio della fine per l’autonomia digitale europea


6.I requisiti minimi

r tutto quanto precede, nella situazione presente, la Difesa Europea potrebbe essere usata al massimo quale (seppure poco credibile) argomento per influenzare gli USA, ma non certo per sconfiggere la Russia. Come Zelenskij, gli Europei “non hanno le carte” per trattare (come dice Trump). Ciò non significa affatto che non si debba procedere per quanto possibile fin da ora a tutto quanto potrà servire un giorno (cambiato lo scenario) per una difesa dell’ Europa indipendente dall’ America
Per questo, bene ha fatto il Movimento Europeo in Italia a proporre 7 domande sulla politica estera e di difesa, come avvio di un dibattito. Tentiamo qui di rispondere ad alcune di esse:
“si tratta di fondare un esercito unico nonostante le differenze linguistiche con una organizzazione sovranazionale nel quadro di una sovranità condivisa e una rinuncia alle apparenti autonomie nazionali o mantenere gli eserciti nazionali con l’eccezione di limitate strutture comuni?”
Si possono affiancare contingenti europei e contingenti nazionali. La lingua non può essere l’Inglese. 0ccorre risolvere la Questione della Lingua, spinosa ovunque (prendiamo per esempio l’Hindi)
“gli uomini e le donne chiamati a svolgere un servizio militare avranno una educazione politica-militare europea o nazionale qualunque sia la scelta fra un unico esercito o più eserciti nazionali?”Ci vuole un’ Accademia Federale Europea, un’ Accademia Militare Europea e un’ Accademia Militare Europea (vedi infra)
“sarà costituita preventivamente o parallelamente una autorità politica sovranazionale agli ordini della quale la forza armata europea o le forze armate nazionali dovranno rispondere oppure gli Stati membri conserveranno il potere di constatare le aggressioni ad uno degli Stati membri, di ordinare la mobilitazione, di dichiarare la guerra o di fare la pace?”Oggi, tutte queste cose non si fanno più. Tutto è gestito informalmente dai Comandanti Supremi, che compiono infine Operazioni Militari Speciali.
Aggiungiamo alcune proposte squisitamente nostre:
a)l’”Unione del Civile e del Militare” (sul modello cinese), nei campi della cultura, della formazione, della ricerca, dell’ IA e dell’industria;
b)la creazione con fondi pubblici europei di imprese digitali europee comparabili Alphabet, Apple, Microsoft, Palantir, PayPal, TikTok, Meta, Tesla, Tencent, Baidu, Alibaba;
c) uno Stato Maggiore Europeo, con sue capacità di strategia e di pianificazione indipendenti dalla NATO;
d)servizi di intelligence europei;
e)un’arma missilistica, digitale, nucleare e spaziale, europea, con armi comparabili ai più recenti missili ipersonici russi, come il Kinzhal, il Sarmat e l’Oreshnik;
f)truppe europee di pronto intervento (come i Navy Seals, gli Spetsnazy e la Legione Straniera) da affiancarsi a contingenti nazionali.
Ma, più in fondo ancora, occorrerebbe liberarsi dal “pensiero unico” in cui siamo stati educati, un puzzle artificiale di tecnocrazia, di Selbsthass, di irrealismo, ipocrisia e utopismo, costruito artificialmente per giustificare l’innaturale egemonia dell’ America sull’ Europa, e per costringerci a combattere contro la Russia, che è europea come noi, per difendere gl’interessi e i valori dell’America, espressi, ieri, da Biden, Blinken e la Nuland, e, oggi, da Trump, Musk e Bannon.
Addirittura, occorre ritornare aipotizzare, con Gorbaciov, che l’unico pensabile “Federatore Esterno”(de Gaulle) di un’Automia Strategica Europea è proprio la Russia, nell’ ambito della vecchia “Casa Comune Europea”. Quindi, non un avversario, bensì un partner (come del resto lo è per Trump). Ma non è che non lo si pensi, ché altrimenti non vi sarebbe in giro tutta quest’isteria antirussa; solo, ci si vieta di dirlo. Però, il fatto stesso che Trump abbia accettato di discutere sulla proposta di Putin, che ha sempre incluso nel suo “pacchetto” una nuova architettura della sicurezza europea, lascia presagire che qualcosa di quel genere affiorerà ben presto.
Di questo si sta già discutendo fra Trump, Putin e Ji Xinping, in particolare sotto le voci “Architettura comune di difesa” e “Regolamentazione Internazionale dell’ IA”. Ed è lì che siamo veramente esclusi, mentre non dovremmo.


7.La dinastia dei Von der Leyen
Con l’articolo dell’ultimo numero di Politico (“Ursula von der Leyen tightens her grip on power”), la testata euro-americana ci informa che , silenziosamente, la Presidente della Commissione sta portando avanti quello stesso processo di centralizzazione che, in America, sta realizzando Trump, in Europa Orbàn e Fico, e altrove Erdogan, Modi, Putin e Xi Jinping. Questo trend ha portato al conflitto con il commissario Breton, costretto a dimettersi per avere pubblicato una lettera di diffida a Elon Musk senza previa concertazione con von der Leyen.
La realtà è che, in un mondo dominato dal conflitto di tutti contro tutti e dall’ economia di guerra, al vertice dello Stato ci vuole, in pratica, un leader militare, possibilmente inamovibile, come stabiliscono d’altra parte molte costituzioni. La stessa idea di Macron di rafforzare enormemente l’esercito per proporre la Francia come sostituto degli Stati Uniti parte dall’aspirazione a proporre se stesso quale capo militare degli Europei, forte della bomba atomica, dei caccia e della Legione Straniera.
D’altra parte, il personaggio “Ursula” rientra nell’idea della personalizzazione e rafforzamento del potere, anche grazie all’ “appropriazione culturale” del nome di un’antica e prestigiosa casata aristocratica.
Il ramo dei von der Leyen a cui appartiene il marito di Ursula, Heyko, di religione mennonita, discende dal mercante Peter von der Leyen, attestato nel 1579 in Westfalia, dove esiste un quartiere chiamato Leye. La nobilitazione della casata fu realizzata durante l’occupazione napoleonica. Un’altra famiglia Von der Leyen, di origine carattere cavalleresca, era esistita i fin dall’Alto Medioevo nel principato ecclesiastico di Treviri.
Nel 1828 , gli operai dei von der Leyen si ribellarono ad una riduzione di stipendio; questa era stata ricordata da Carlo Marx, anch’egli renano, come la prima insurrezione operaia nella storia tedesca.
Il trend “imperiale” della von der Leyen potrebbe per altro essere rallentato nel caso di un governo Merz in Germania, perché Merz mal sopporterebbe la preminenza della von der Leyen (come anche

FRA I GAFAM PER TRUMP E IL GATTOPARDISMO EUROPEO

In mezzo alle tragedie, l'”establishment” ostenta soddisfazione.

La scorsa settimana, mentre il Parlamento Europeo ha ratificato il rinnovo dell’incarico a Ursula von Der Leyen, si è svolta a Milwaukee una convention repubblicana che, dopo il fallito attentato a Trump, non ha potuto che consacrarne a gran voce la nomination per il Partito Repubblicano.

Mentre il voto europeo è stato caratterizzato  dall’allagamento ai Verdi dell’alleanza a favore della Presidente uscente, una mossa in sostanza in sostanziale coerenza con il passato, la scelta dei Repubblicani americani sembrerebbe seguire una linea politica, ma soprattutto ideologica, di apparente  rottura con il “mainstream”. In particolare:

-rafforzato messianesimo, sostenuto da un’interpretazione taumaturgica del fallito attentato;

-venature monarchiche (Yarvin);

-teorizzazione della tecnocrazia del web (Srinivasan).

Rottura per altro anche questa a nostro avviso solo apparente perché, come non ci stanchiamo di ripetere da sempre, il vero filo conduttore della storia americana è stato costituito dal messianesimo, prima religioso, poi politico, e, alla fine, tecnologico, che sfocia nel chiliasmo della missione dell’America, sul quale sono d’accordo tutti i partiti.

Dalla presunzione dei primi puritani di costruire in America la biblica “casa sulla collina”, che  tutti avrebbero dovuto imitare, al “White Man’s Burden” che l’America avrebbe ripreso dall’ Inghilterra per portare ovunque la civiltà, per passare poi alla battaglia reaganiana contro l’ “Impero del Male”, al progetto di Kurzweil di realizzare attraverso Google la “Singularity Tecnologica”e l’idea di Eric Schmidt  che Google deve guidare gli USA alla conquista del mondo.

Sulla strada verso la Singularity, Musk ha superato Schmidt e Kurzweil

1.Al di là dei GAFAM

Oggi però si è raggiunto un livello di vicinanza alla Singularity mai fino ad ora nemmeno intravisto, grazie in particolare all’ intervento diretto nella campagna elettorale di “tycoons” informatici come Musk, Thiel e lo stesso Vance, che spostano clamorosamente le loro “donations” da un candidato all’ altro, con l’intento evidente d’imporre le rispettive strategie per il controllo  tecnologico del mondo.

I teorici trumpiani vogliono andare al di là dello stesso  progetto schmittiano di “Googleization of the World”. proclamando apertamente il progetto di Saint Simon: gl’imprenditori quali sacerdoti della Religione della Umanità, attraverso l’attribuzione formale del potere alle multinazionali del web : “Silicon Valley governi il Paese”(Srinivasan).

Si realizza così la previsione di Morozov, che l’informatizzazione costituirà l’arma finale dell’ America-mondo per bloccare a proprio favore la Storia mondiale. Progetto per altro oggi contrastato dalla nascita di un’industria digitale cinese (i BAATX, speculari ai GAFAM, ma soggetti a una disciplina ben più reale: il “crackdown sui BAATX”).

Non per nulla Elon Musk si è qualificato quale il massimo finanziatore di Trump, con 45 milioni di dollari al mese per la campagna elettorale. Come resistere a queste coalizioni di tycoons? E come impedire che l’intero “establishment” europeo, senza nemmeno lo spauracchio di una repressione di tipo “asiatico”, si faccia comprare in blocco sottobanco dagli stessi “donors” che finanziano in modo aperto la politica americana? Ammesso che non l’abbia già fatto, visto come, nonostante le varie finte, si è guardata bene da attaccare seriamente (per esempio sul fisco, sull’antitrust, sulla privacy)i GAFAM, nonostante che questi siano inauditi monopoli che vivono in simbiosi con l’apparato informatico-digitale americano.

Quegli atteggiamenti degl’ideologhi di Trump, che potrebbero sembrare isterici e privi di agganci con la realtà, sono perciò assolutamente comprensibili e razionali in un’America la cui cultura è dominata da sempre dal funesto incrocio fra  messianesimo e plutocrazia, e che si trova anche, oggi, di fronte alla drammatica prospettiva di essere scavalcata in efficienza da Paesi ritenuti “inferiori”, come la Cina e l’India. In questa situazione, è normale che l’establishment ricerchi freneticamente nuovestrategie politiche,se necessario voltando le spalle alle tradizionali retoriche americane dell’ egualitarismo e del liberismo, per abbracciare varie forme di realismo politico, dall’ autoritarismo all’interventismo economico, ritenute più idonee a rallentare l’ascesa dell’ Asia, e, con ciò, la decadenza dell’ Occidente. In questo s’inserisce un ulteriore rafforzamento della figura carismatica di Trump e della sua famiglia, sostenuto, da un lato, dalla sentenza della Corte Suprema del 1° luglio, che sancisce di fatto il principio della superiorità del Presidente sulla legge, caratteristico delle monarchie assolute (“Princeps legibus solutus”).

Uno di questi nuovi percorsi  potrebbe essere costituito dalla scelta di un’ alleanza con la Russia per contrastare la Cina, invertendo così il percorso iniziato a suo tempo da Kissinger negli anni ‘70 del XX secolo. E’ questa la prospettiva più temuta dall’establishment europeo, sbilanciatosi in modo autolesionistico a favore una guerra in Ucraina che, checché esso affermi, costituisce la negazione dei suoi interessi e valori.

Per ciò che riguarda Trump, da un lato,  egli si è immedesimato nello Zeitgeist inaugurato da Putin, Xi Jinping e Modi, basato su una rinascita religiosa, sul nazionalismo economico e su un leader carismatico, una formula divenuta quasi un obbligo per i governi delle grandi potenze in una fase, come questa, caratterizzata da forti rivalità geopolitiche e dall’ imminenza della IIIa Guerra Mondiale, e, dall’ altro, non ha fatto altro che approfondire un trend già avviato sotto Reagan e i due Bush, verso una “presidenza imperiale”.

Anche sotto questo punto di vista, il “motore immobile” verso l’accentramento è costituito dall’ Intelligenza Artificiale, che s’identifica con l’essenza ultima della transizione digitale: un’unica mega-macchina super-intelligente che pensa per tutti, come nei romanzi di Asimov, per il bene di tutti. Il sistema politico occidentale, che sarebbe “basato sulle regole” serve appunto a tenere tutti “legati e imbavagliati” in attesa che i GAFAM completino la costruzione della megamacchina. Le “regole” si riveleranno alla fine essere quegli algoritmi “etici” da tutti auspicati, nei quali la cosiddetta “algoretica” tradurrà il moralismo puritano, nelle sue varie declinazioni de “politicamente corretto” e del “woke”.

Il primo uomo in cui Musk ha fatto inserire una chip cerebrale

2.”Bisogna cambiare tutto perché nulla cambi”

Alla febbrile agitazione della politica americana e dei GAFAM fa da riscontro l’immobilismo europeo, che continua a proporci da decenni lodevoli obiettivi fondati su ideologie tradizionali, ma che sono soffocati sotto un mare di libri “verdi” e “bianchi” e di retoriche buoniste, senza l’ombra di una realizzazione concreta.

A mancare all’ appello non è solo la Federazione Europea, ma anche l’Esercito Europeo, l’Identità Europea,  i Campioni Europei, la Rete Europea, che non possono certo essere surrogati da sempre nuove autorities, da un mare di finanziamenti a pioggia con chiari “biases” ideologici, da generiche politiche per le piccole e medie imprese o   dall’Artificial Intelligence Act. Quello che manca è soprattutto ciò che oggi è più urgente: un piano europeo globale di comprensione, dibattito, controllo e rinnovamento dell’ Intelligenza Artificiale.

Quell’impostazione mistificatrice  risulta evidente da una anche solo rapida lettura del programma presentato dalla von der Leyen, i cui titoli sono bellissimi, ma, quando ci si guarda dentro, tradiscono il vuoto, quando non la falsità:

a)a cominciare dalla pretesa che l’economia sociale di mercato stia dando all’ Europa un vantaggio competitivo, mentre invece l’economia europea sta soffrendo proprio per l’assenza di quella politica, come per esempio la mancanza di programmazione, le carenze della partecipazione dei lavoratori, la mancanza di Campioni Europei, l’assenza dalle grandi piattaforme europee…;

b)per passare al preteso “rispetto delle regole”, quando le multinazionali americane sono in continua violazione delle regole stesse con la connivenza delle Istituzioni europee (vedi sentenze Schrems);

c)continuando con l’informatica, di cui l’ Europa è un consumatore, non un produttore, e di cui si fa solo qualche vago accenno, fra i tanti altri temi molto meno importanti, confessando così, implicitamente, che si vuole la continuazione dell’ attuale situazione di svendita del Continente;

d)e ancora con la Politica di Difesa, che viene vista solo come un finanziamento aggiuntivo alle industrie nazionali, non già come un problema di creazione di un’élite europea, di cultura comune, di patriottismo europeo, di intelligence e di alte tecnologie, e, non ultima, di disponibilità a battersi;

e)Per finire ancora con il discorso sui diritti umani, da imporre agli altri Stati, mentre noi siamo i primi a non rispettare le minoranze etniche (come quelle dei Russi – di milioni di persone sparse in tutto l’UE ma la cui lingua non è riconosciuta-,dei Serbi cacciati irreversibilmente dalla Krajina; dei Catalani, i cui rappresentanti eletti hanno dovuto scontare lunghe pene detentive nelle carceri spagnole); ideologiche (come l’islam politico ,  il cristianesimo integralista-vedi Lefebvre e Viganò-, e perfino quel post-fascismo da cui l’attuale Governo italiano trae in realtà il nocciolo duro dei suoi voti).

Ursula von der Leyen ha espresso efficacemente quest’atteggiamento quando ha affermato, al Vertice Sociale di Porto, citando “il Gattopardo”: bisogna cambiare tutto perché nulla cambi”.

Tra l’altro, una questione di stile: perché il programma della Commissione e il discorso inaugurale sono in Inglese, quando l’ Inghilterra non fa parte della UE? Molto più opportunamente la Maltese Metsola usa spesso l’Italiano.

Occorre riproporre prepotentemente la questione della lingua, ma in modo radicalmente innovativo (uso moderno dell’ lingue classiche, più tradizione digitale -cfr. il nostro libro “Es patrìda gaian”-).

Un’opposizione all’ impostazione dominante ci sarebbe, anche al Parlamento Europeo, oltre che in quelli nazionali,  tanto a destra quanto a sinistra (pensiamo as esempio a Melenchon e Sahra Wagenknecht), ma sembrerebbe proprio che anche i partiti “sovranisti” siano in realtà parte del grande gioco, prestandosi essi a un’opposizione di comodo, ma non attaccando mai gl’interessi strategici dell’ “establishment”. Basti pensare che, sommando i voti di quei vari partiti (assolutamente intercambiabili), quello sovranista risulterebbe essere il primo gruppo politico di questo Parlamento, superiore perfino al PPE, e potrebbe perfino aspirare a proporre il presidente della Commissione.

In realtà, i vari gruppi “sovranisti” si agitano soprattutto  per far credere che esistano davvero, , per mettersi in mostra nei confronti dei loro attuali o potenziali sponsors (Biden, Trump, Putin, GAFAM?) facendo ciò che nella Marina delle Due Sicilie, si chiamava “ammuina”, vale a dire muoversi senza uno scopo sui vascelli.

Per esempio, il Parlamento, così deciso nella scelta pro-ucraina imposta dal Presidente Biden, incomincia già a sfilacciarsi, non solo con Orbàn, ma perfino con Michel, in previsione della vittoria elettorale di Trump in America, a cui tutti finiranno per allinearsi. Il Parlamento Europeo risulta essere, in tal modo, solo la cassa di risonanza delle vicende politiche americane. E’ lì che si adottano le vere scelte politiche, anche per l’ Europa. Del resto, l’idea stessa dell’ integrazione europea postbellica era stata lanciata, nell’ arena politica, da un voto in tal senso del Senato Americano (su proposta del Senatore Fulbright). Come si può pensare che, con una tale premessa, le Istituzioni Europee si esprimano in un senso contrario alla posizione di volta in volta egemonica in America?

Certo, l’attuale situazione kafkiana, con un’America profondamente divisa, il tentativo di Russia e Cina d’influenzare la politica occidentale, la forte consistenza numerica, ma anche la debolezza strutturale, dei sovranisti di destra e di sinistra, aprirebbe parecchi spiragli per una eventuale strategia di critica da parte di minoranze attive desiderose di unificare l’Europa sul serio, e non a parole come si è fatto fino ad ora.

Chi avrà il coraggio d’ incominciare?

”UNBUNDLING” DEL GRUPPO CINESE ANT: VERSO LA CONTENDIBILITA’ DEL MERCATO DIGITALE GLOBALE?

La notizia che la capitalizzazione di borsa dei GAFAM (Google, Apple, Facebook, Amazon e Microsoft)  ha raggiunto 9.396 miliardi di dollari rende bene l’idea di come il loro potere nel mondo sia così forte come mai fino ad ora.

E,  contemporaneamente,il Governo cinese, con una mossa inaspettata, l’ “unbundling” di ANT, ha indicato la strada per sventare questo monopolio mondiale.

Secondo l’Enciclopedia Treccani, l’”unbundling” è la “ Separazione tra le varie componenti della filiera produttiva di un’impresa verticalmente integrata finalizzata a introdurre una maggiore competitività nel mercato di riferimento. L’u. promuove l’apertura del mercato nei segmenti potenzialmente concorrenziali (produzione, approvvigionamento e vendita), separandoli dalle attività strutturalmente monopolistiche e favorendo l’accesso reale e non discriminatorio dei terzi ai servizi offerti dai proprietari delle infrastrutture (Third Party Access, TPA). Le attività caratterizzate da monopolio naturale sono tipicamente quelle legate alle infrastrutture essenziali non duplicabili (essential facilities), in quanto gravate da elevati costi fissi e costi non recuperabili (➔ sunk cost).”

Il satellite quantico Micius, progettato in Austria
e realizzato in Cina

1. Che cos’è il Complesso Informatico-Militare?

Il pericolo, da molti paventato, di una vera e propria dittatura mondiale dei GAFAM (Google, Apple,Facebook,Amazon, Microsoft), teorizzata da Eric Schmidt (amministratore delegato di Google), è tutt’ora più che mai incombente, sì che risultano particolarmente gravi le pretestuose tergiversazioni giuridiche delle autorità americane ed europee volte a dilazionare sine die le misure contro i GAFAM, annunziate da qualche decennio e mai attuate (se non sulla carta).

L’epoca storica che si apre in questi anni è stata definita, dal suo demiurgo Ray Kurzweil, direttore tecnico di Google e animatore del movimento post-umanista, come l’”Era delle Macchine Spirituali”, quella in cui le macchine sono in grado, non solo di pensare, bensì perfino di creare. Lo sbocco di tale era sarebbe, secondo lui, la Singularity, vale a dire in pratica, la ricostituzione, tramite il digitale, dell’unità originaria dell’ Essere (l’Uno di Plotino, il Tikkun ha-’Olam della Kabbalah, la Biomeccanica  del Cosmismo di Lunacarskij, Bogdanov, Platonov e Gustev):”’Singolarità’ si riferisce all’ idea che, attraverso  la condivisione diretta dei miei pensieri e delle mie esperienze con gli altri (una macchina che legge i miei processi mentali può anche trasporli in un’altra mente), nasce una sfera di esperienza mentale, condivisa a livello globale, che funzionerà come una nuova forma di divinità: i miei pensieri saranno direttamente immersi in un Pensiero globale dell’ universo stesso”(Slavoj Zizek, Hegel e il cervello postumano).

In effetti, i nostri anni sono caratterizzati in tutti i loro aspetti (ontologico, filosofico, religioso, storico, geopolitico, culturale, sociale, antropologico, economico, tecnico) dall’ onnipervasività del digitale, che rientra in una deriva assolutistica della nostra cultura, legata alla tradizione dell’ apocalittica immanentistica, che percorre le eresie medievali, le filosofie hegeliane e  la religione positivistica della scienza e del progresso. Sul piano ontologico, abbiamo la fusione dell’ uomo con la rete attraverso l’ identità digitale, la bioingegneria e i social network. Su quello filosofico, notiamo il prevalere  di teorie transumaniste e postumaniste. Su quello religioso,  la confusione del linguaggio teologico con quello informatico.  Nella ricerca storica, assumono un peso sempre più determinante la genetica storica e le simulazioni digitali. La geopolitica è dominata dai diversi sistemi di  cyberguerra, e la cultura dai social, dagli e.book, dagli eventi online. La società è incardinata sull’ economia digitale, mentre, con l’ Internet delle Cose, la rete collega l’intero universo materiale, senza più l’intervento dell’ uomo.

Il potere di chi controlla questi complessi meccanismi non può che accrescersi. Infatti, l’informatica finisce per divenire lo snodo principale della cultura, della politica e dell’ economia, con le imprese digitali che fungono da “gatekeepers”. Le nuove tecnologie vengono sviluppate insieme alle forze armate, con cui si stabilisce una forma di simbiosi, e vengono applicate prima dall’industria della difesa, poi in quella civile. I detentori delle tecnologie informatiche divengono così i partners necessari di Governi e imprese commerciali. Grazie a questa simbiosi, essi sviluppano servizi in rete che poi vendono direttamente al pubblico, creando dipendenze e canali di comunicazione alternativi.  Con ciò, essi condizionano politica, finanza e intelligence. I flussi  di cassa legati alle commesse pubbliche, ai beni strumentali e di consumo e alla pubblicità permettono di controllare interi settori economici e sociali, come per esempio la finanza, il commercio, l’editoria, le elezioni…, in un regime di vero e proprio monopolio (Morozov, Zuboff). I molti che si erano spesi così tanto contro i monopoli della RAI e dell’ ENEL se ne stanno ben zitti, e giungono perfino ad esaltare i monopoli dei GAFAM come una “vittoria del mercato”.

Organizzazioni sociali con un siffatto potere non si erano mai viste nella storia, sicché le disposizioni esistenti circa il monopolio statale della forza, il pluralismo delle idee, la tutela della concorrenza e la fiscalità, nate circa un secolo fa ed esaltate come il baluardo delle libertà democratiche, risultano ormai di fatto inapplicabili. Il “mainstream” occidentale appare percorso da una “hidden agenda” che, mentre pubblizza la libertà e la pace, in realtà persegue l’omologazione e l’imposizione.

Le informazioni disponibili attraverso la rete sono più preziose per la difesa nazionale di quelle dei servizi segreti; esse possono essere raccolte aggirando le normative sulla privacy; le informazioni così diffuse dalla rete hanno un impatto, sulla psicologia delle masse, sulle elezioni e sulle strategie d’impresa, ben superiore a quello di stampa, televisione e marketing. Ciascuno dei GAFAM controlla integralmente, senza concorrenza, il proprio  segmento dell’economia (chi la rete fisica, chi il web,chi il cloud, software, chi i big data, chi l’ e.commerce, chi i social networks..), e li usa per espandersi in settori paralleli (veicolistica, trasporti, bioingegneria, spazio…). L’informatica permette di gestire scenari di guerre nucleari di sterminio della durata di pochi minuti, sostituendo così Parlamenti, servizi segreti, Capi di Stato, Stati Maggiori a proposito del potere estremo della politica.

Di fronte a queste modalità operative inaudite divengono inefficaci le disposizioni costituzionali sullo stato di guerra, sull’ inviolabilità della corrispondenza, sul controllo sulla stampa, sull’ antitrust, sull’equità fiscale…, ma ancor più le tradizionali libertà costituzionali: di pensiero, di espressione, di partecipazione politica, d’intrapresa. Questo è il motivo di fondo per cui tutti gli Stati si sono già trasformati in “democrazie illiberali”, indipendentemente dalla loro storia e dall’ ideologia professata. Il dominio del Politically Correct e della Cancel Culture non sono altro che l’espressione sovrastrutturale della Società del Controllo Totale, in quanto lo stato di guerra nucleare potenziale indotto dallo “Hair Trigger Alert” e dal “Dead Hand” digitale impongono il controllo totale della società da parte dei servizi segreti. Alla fine del suo mandato, il Presidente Eisenhower aveva denunziato alla Nazione il pericolo costituito dal “Complesso Burocratico-Militare”, quell’ insieme di poteri economici, politici, militari, spionistici, ideologici e industriali rafforzatisi a dismisura durante la IIa Guerra Mondiale, e che avrebbero portato al maccartismo. Oggi siamo di fronte a una riedizione esponenziale di quel Complesso Burocratico-Militare, che ho battezzato “Complesso Informatico-Militare”,perché, nella forma promossa da Eric Schmidt, il collante non è più l’industria della difesa (la Lockheed), bensì quella digitale.

In effetti, l’aspirazione neppure tanto nascosta della tradizione immanentistica a cui si ispira l’attuale ”Occidente” (mazdeismo, manicheismo, averroismo latino, idealismo, marxismo, attualismo, bogograditel’svo), era sempre stata quella di fare delle persone degli organi dell’Intelletto Collettivo (cfr. Slavoj Zizek, supra).Gli sviluppi attesi prossimamente sono la trasformazione degl’individui in cyborg collegati in rete, la convivenza con ogni tipo di automi e di altri soggetti artificiali autonomi, la censura e manipolazione automatica delle comunicazioni, il passaggio dalle elezioni ai sondaggi online, il monopolio dei GAFAM sul trasporto spaziale..Seguiranno l’integrazione totale delle reti dei Paesi Occidentali, lo svincolo delle stesse dai controlli statali, l’uploading nel cloud delle identità umane. A quel punto, sarà finita non soltanto ogni forma politica costituzionale (sia essa liberale, democratica, socialista o totalitaria), bensì la stessa antropologia umana quale noi la conosciamo.

Tutto ciò è semplicemente l’antitesi di quanto la Presidente von der Leyen ha sintetizzato, nel Discorso sullo Stato dell’ Unione 2021, come l’”Anima dell’ Europa”:“Volevano libertà di parola e media indipendenti. Volevano porre fine alla delazione e allo spionaggio di Stato e combattere la corruzione. Volevano la libertà di essere diversi dalla maggioranza. In altre parole, come ha sottolineato l’ex presidente ceco Vaclav Havel, volevano tutti questi ‘straordinari valori europei’. Sono quei valori che hanno le loro radici nell’eredità culturale, religiosa e umanistica dell’Europa. Fanno parte della nostra anima, sono parte di ciò che siamo oggi. Questi valori sono sanciti nei nostri trattati europei. E ci siamo tutti impegnati a rispettarli nel momento in cui, come Stati liberi e sovrani, siamo entrati a far parte dell’Unione. Abbiamo deciso di difendere questi diritti e il nostro impegno”.In realtà, le Istituzioni, nonostante i loro buoni propositi, non stanno facendo nulla per arginare la Società del Controllo Totale, quando non ne agevolano lo sviluppo. Infatti, purtroppo,  le rendite di posizione dei GAFAM hanno  dato loro una tale forza, ch’essi s’impongono automaticamente alla politica, per esempio attraverso la diffusione capillare dell’ Ideologia Californiana”, l’isolamento dei contestatori come Bill Joy, il dirottamento dei fondi pubblici, come con il Progetto Brain, l’outsourcing di funzioni pubbliche come il funzionamento di istituzioni europee e di Ministeri, ma, soprattutto, una lobby martellante che impedisce l’adozione di qualunque normativa che possa limitare il loro arbitrio.

Tutto ciò senza che cessi la retorica pseudo-liberista, secondo cui l’assenza di regole sul web testimonierebbe della grande libertà di cui godrebbero i cittadini.

E’ in corso la competizione USA-Cina sulle tecnologie

2.Il movimento normativo a favore della privacy

Non che non sia esistito quasi fin dall’ inizio, e non esista ora, un ampio movimento normativo per la regolamentazione dell’informatica, né paralleli trends in favore del divieto dei monopoli, e della tassazione delle operazioni commerciali internazionali. Anzi, buona parte di queste normative sono nate proprio negli Stati Uniti, e gli altri Paesi “occidentali”, in primo luogo l’ Unione Europea, avevano dovuto adottarli nel secolo scorso anche per effetto di un generale processo di americanizzazione del mondo avviato con la “rieducazione” di Germania e Giappone.

La Corte Suprema degli Stati Uniti aveva derivato  il diritto alla privacy  dal 1°, 3°, 4° e 5° emendamento alla Costituzione, e il Giudice Brandeis aveva pubblicato già nel 1880, sul Law Review , l’articolo “Right to Privacy”, cercando to“consider whether the existing law affords a principle which can properly be invoked to protect the privacy of the individual.”Nel 1917, era stata adottato il “Ruling on Protection of Sealed Mail”, a tutela del segreto epistolare. Tuttavia, nel secondo decennio del ‘900, l’ FBI , nelle sue indagini sull’estremismo politico, sorvegliando e leggendo la corrispondenza delle persone sospette, ma, quando aveva richiesto ufficialmente di poterlo fare il Giudice Lamar aveva negato il proprio consenso.

Nel 1995, l’Unione Europea aveva adottato a sua volta la sua Direttiva sulla Protezione dei Dati, e, nel 2018, il Regolamento sulla Protezione Generale dei Dati, che assoggetta tutt’ora a molte limitazioni il trasferimento dei dati dei cittadini europei, vietando, in particolare, ch’ essi possano fare oggetto di ri-trasferimento non autorizzato, di accesso da parte delle Autorità o di trasferimento in Paesi che non permettano le stesse garanzie. Negli ultimi anni, alcuni Stati americani, l’Inghilterra,  il Brasile, l’ India e altri Stati hanno adottato norme simili a quelle europee, cosa che aveva fatto affermare ai vertici dell’Unione che tutto il mondo stava seguendo l’esempio dell’ Unione Europea (non più quello dell’ America), cosa che, come vedremo, è vera solo parzialmente.

I GAFAM hanno una posizione dominante a livello mondiale

3.Altre norme giuridiche applicabili ai giganti del web

Si suole affermare che ciò è illegale nel mondo reale dovrebbe essere illegale anche nel web.Di conseguenza, i giganti del web sarebbero  soggetti, come tutte le altre imprese, alle normative antitrust, fiscale, di sicurezza, sulle comunicazioni e sulla fede pubblica. Anche queste normative erano nate in molti casi negli Stati Uniti, e, poi, esportate in Europa. E’ il caso, in particolare, dell’ “antitrust”, introdotto negli Stati Uniti addirittura nel 1890 (Sherman Act), e attuato rigorosamente all’ inizio  del 1900 (casi Northern Securities Company, American Tobacco Company, Standard Oil AT&T).

In effetti, anche ora le autorità di tutti i Paesi hanno avviato azioni contro i GAFAM per la violazione dei principi di tutti questi corpi di diritto, ma la capacità di questi interventi repressivi di contenere  il potere dominante dei GAFAM è risultata irrisoria. Tutti i GAFAM sono stati accusati infatti, di volta in volta, dalla FTC americana, dalla Commissione Europea e dall’ Autorità Antitrust italiana, di abuso di potere dominante; una tassazione dei redditi delle società digitali è in discussione da decenni in tutto il mondo; i GAFAM sono stati accusati allo stesso tempo di  violare le norme di sicurezza americane e di agevolare lo spionaggio americano in Europa; si sta cercando di responsabilizzare i GAFAM per i contenuti  illegali veicolati dai social, come pure per la diffusione di notizie false e tendenziose (“fake news”).

In nessuno di questi campi si sono ottenuti risultati concreti, innanzitutto  perché fino ad ora si è tentato di estendere per analogia ai comportamenti dei GAFAM misure repressive nate per colpire altri tipi di abuso e aventi una  struttura differente, ma poi anche per l’eccezionale capacità di lobby dei GAFAM. Il comportamento concreto dell’ antitrust americano, della Commissione Europea, dei legislatori nazionali e dei vari garanti della privacy dimostra inequivocabilmente che tutte queste forme di repressione sono interpretate dalle Autorità stesse come meri specchietti per le allodole per l’opinione pubblica (Morozov), mentre in realtà si vuole mantenere ed accrescere il potere dominante dei GAFAM quale ultimo baluardo del potere occidentale in un momento di crisi della sua ideologia, della sua economia, della sua forza militare e della sua credibilità diplomatica.

IL Complesso Informatico-Militare è la sintesi di tutte le distopie

4.I GAFAM e l’ “America-Mondo” (cfr.Antonio Valladao, Il XXI secolo sarà americano)

Da quando, con la caduta del Muro di Berlino, gli Stati Uniti avevano avuto l’illusione di essere divenuti “la sola superpotenza”, vi era stata una progressiva identificazione la fra politica americana e i GAFAM, in  quanto, come teorizzato da Eric Schmidt, avrebbe dovuto sostituire la Lockheed quale guida dell’ America alla conquista del mondo. Infatti, alla Guerra Fredda si stava sostituendo la “globalizzazione”, nella quale, sotto il pretesto della liberalizzazione, si sarebbe dovuto estendere ovunque il “soft power” americano, che, dell’ informatica, avrebbe fatto il “passe-partout” per inserirsi, in modo apparentemente “asettico”, nei nodi vitali di tutte le società del mondo.  

Nasceva così l’idea (espressa senza mezzi termini, per esempio, da Casaleggio), di una democrazia diretta digitale come forma di eliminazione delle differenze (“uno vale uno”), e, quindi, di rafforzamento del potere occulto della “società dell’ 1%”. Vedendo dunque l’informatica come uno strumento essenziale della politica estera degli USA, le autorità americane avevano cominciato a ignorare sistematicamente tutti i principi costituzionali o di legge (di libertà, antitrust, tassazione) tradizionali della cultura americana, ma oramai capaci d’indebolire la loro presa imperiale sul mondo,  sviluppando anzi, sotto il pretesto della lotta al terrorismo, tutta una serie di attività, legislative e tecniche, in stridente contrasto con i succitati valori, volte a realizzare il controllo totale di tutte le comunicazioni a livello mondiale, cominciando dal Patriot Act e dal CLOUD Act per passare all’hackeraggio di tutte le reti mondiali e all’ ascolto di tutte le conversazioni degli organi governativi stranieri e delle Istituzioni europee, come documentato fino nei minimi dettagli da Assange e da Snowden.

Tutto questo in cooperazione totale con gli altri Paesi anglofoni, e con una cooperazione asimmetrica e riluttante con gli Stati Europei, che ancora continua ed è la ragione vera della mancanza di politiche europee credibili di sovranità, e, in particolare, di sovranità digitale.

L’industria digitale europea è stata boicottata fin dal nascere

4.Il fallimento dell’Europa quale “Trendsetter del dibattito globale”.

Per reazione contro queste attività americane e alle rivelazioni di Assange e di Snowden, l’ Unione Europea aveva intrapreso un’azione minuziosa di carattere legislativo, ch’essa pretendeva avere addirittura  un carattere esemplare a livello mondiale (qualificandola come “Trendsetter of the Worldwide Debate”), ma con un grave handicap: la loro totale ineffettività.

Infatti:

1)le normative europee sul digitale si riferiscono ad un’attività (il web) svolta in tutto il mondo occidentale, e anche in Europa, esclusivamente dai GAFAM, che hanno sede negli Stati Uniti e sono soggetti alla legislazione militare americana, che garantisce alla “comunità dell’ intelligence” la piena disponibilità dei dati degli Americani e degli stranieri;

2)gli Stati Uniti hanno ribadito all’ infinito la loro indisponibilità a derogare alla loro legislazione in materia d’intelligence e di non rinunziare in alcun modo a spiare gli Europei e le loro autorità;

3)gli Europei sono totalmente dipendenti tecnicamente dai GAFAM dal punto di vista tecnico, che le stesse Istituzioni europee hanno delegato da sempre alla Microsoft tutte le loro attività informatiche, cosa che rende assurda ed ipocrita la retorica dell’ “indipendenza digitale e strategica” dell’ Europa;

4)nonostante che la Corte di Giustizia abbia reiteratamente dichiarato che l’attuale trasferimento in America di tutti i dati degli Europei è illegale (sentenze Schrems), la Commissione, le imprese e gli Stati continuano ad effettuarlo, senza incorrere in alcuna sanzione;

5)gli abusi dei GAFAM sono quindi come quelli della mafia: le Autorità fingono di darsi un gran daffare contro di essi, ma, in realtà, non hanno fatto neppure il minimo passo in avanti sulla strada della soluzione del problema.

Se le Istituzioni credono davvero nella “sovranità digitale europea”, debbono risolvere immediatamente i loro contratti con la Microsoft, affidando le loro attività digitali a soggetti, pubblici o privati, europei, capaci di svolgere queste semplici attività (basti pensare agli appositi servizi delle Forze Armate), e attuare rigorosamente le due Sentenze Schrems. Il fatto che, contrariamente a quanto falsamente comunicato dai Media, la Presidente von der Leyen abbia accennato, nel Discorso sullo Stato dell’ Unione, per potenziare la difesa europea, non già a un’Intelligence Europea, bensì solo a un possibile “Centro comune di conoscenza situazionale”, la dice lunga sulla sincerità della pretesa intenzione di sganciarsi dagli USA: “Se gli Stati membri attivi nella stessa regione non condividono le loro informazioni a livello europeo, siamo destinati a fallire. È essenziale quindi migliorare la cooperazione in materia di intelligence; non si tratta solo di intelligence in senso stretto, ma della necessità di accorpare le conoscenze provenienti da tutti i servizi e da tutte le fonti, dallo spazio ai formatori del personale di polizia, dall’open source alle agenzie di sviluppo. Dal loro lavoro scaturisce un patrimonio dalla portata e profondità uniche: esiste già, ma possiamo usarlo per prendere decisioni informate solo se disponiamo di un quadro completo della situazione. Al momento non è così. Abbiamo le conoscenze, ma separate. Le informazioni sono frammentarie. Per questo motivo l’UE potrebbe prendere in considerazione la creazione di un proprio ‘Centro comune di conoscenza situazionale’ per accorpare tutte le diverse informazioni”.Inoltre, la Presidentessa si è guardata bene, nel Discorso sullo Stato dell’ Unione, dal citare lo slogan dellasovranità digitale europea (che, del resto, è un calco linguistico sul cinese 数字主权, di cui non possiede certo la concretezza). Questo significa che, in pratica l’intelligence deve restare monopolio americano.

Ma c’è di più:la “Digital Decade” (2020-2030) a cui si riferisce il “Digital Compass” è sostanzialmente vuota. Mentre la Cina e gli Stati Uniti competono per il predominio in tutti i settori delle tecnologie ICT (motori di ricerca, AI, cloud, big data, quantum computing, veicoli intelligenti, IoT), l’Unione si limita a fissare obiettivi generici e non qualitativi, e a scrivere procedure di riunioni: insomma, i soliti “ludi cartacei”

Il Sogno Cinese

5.La nascita dei BATX e la “Balcanizzazione del web”

Contro l’applicazione delle norme europee, e, in particolare, delle Sentenze Schrems, la retorica dei GAFAM insiste da almeno 20 anni sul fatto che la cosiddetta “balcanizzazione del web” (cioè la creazione di ecosistemi digitali concorrenziali fra di loro (come accade in tutti gli altri settori dell’ economia, anche molto simili, come l’aerospaziale), sminuirebbe i potenziali innovativi del web, perché solo ingenti risorse finanziarie permettono la ricerca e sviluppo delle nuove tecnologie digitali.

A prescindere dal dubbio sul fatto che lo sviluppo del web, e, in particolare, questo sviluppo del web trainato dai GAFAM, abbia effettivamente aspetti positivi eccedenti gli svantaggi, resta il fatto che vi è da chiedersi perché mai le ingenti risorse richieste per questo sviluppo debbano essere gestite dai GAFAM in regime di monopolio, piuttosto che da Enti pubblici (come il DARPA che ha sostenuto i GAFAM al loro inizio, oppure l’ Esercito Europeo) .

In realtà, la cosiddetta “balcanizzazione del web” non porterebbe ad altro che a una pluralità di attori nell’ arena, prima che economica, culturale, politica e militare, ricostituendo quelle condizioni di libertà che solo il pluralismo può garantire. Invece, la creazione di un gruppo di monopoli americani, collegati fra loro da legami territoriali, politici, culturali e familiari, e strettamente interconnessi, fra di loro e con l’ “Intelligence Community” costituisce l’esempio più estremo di Stato totalitario mondiale.

D’altro canto, la nascita in Cina, nel corso di questo secolo,  di un completo ecosistema digitale  alternativo ha costituito la smentita più plateale della narrativa dei GAFAM. Anche senza i GAFAM e il loro monopolio, vi sono dunque risorse disponibili, non solo per fare nascere altri giganti del web, ma addirittura per renderli ancor più innovativi dei GAFAM, come dimostra l’attuale trend dei GAFAM stessi di copiare i BATX cinesi.

Così stando le cose, la propaganda dei GAFAM, rilanciata dalla pubblicistica “mainstream”, ha ora cambiato tattica. Essa afferma ora che, sì, è vero, i BATX sono molto efficienti, ma, essendo la longa manus del Partito Comunista Cinese, sono oppressivi e illiberali. Le recentissime misure per restringere le pratiche abusive dei BATX dimostrano invece che i tradizionali strumenti “liberali” per il controllo del potere dominante dei monopoli del web funzionano in Cina e non in Occidente, mentre invece il dibattito più recente (Rampini, L’Economist) dimostra che l’Occidente sta copiando a piene mani dalla Cina, e che tanto la destra quanto la sinistra occidentali stanno divenendo “illiberali”.

L’impero dei Zhou orientali

6.La ristrutturazione della legislazione cinese: clonazione e inveramento della legislazione europea

Dieci anni fa, si sarebbe potuto credere che il progetto della “Googleization of the World” ( la realizzazione della Singularity di Kurzweil grazie alla guida globale americana trainata dal web) si sarebbe potuta realizzare rapidamente, a causa dell’ inesistenza di qualsivoglia alternativa sostanziale. Basti pensare ai casi Echelon e Prism, e alle scadenze ravvicinate poste, da Kurzweil, alla realizzazione della Singularity (presumibilmente, per bruciare sul tempo i possibili concorrenti).

Tuttavia, proprio in quel periodo si era incominciato a parlare del web cinese, con le sue imprese Baidu, Alibaba, Ant, Tencent, Huawei, GTE (i “BATX”), le sole in grado di fare concorrenza ai GAFAM. Huawei era stata fondata nel 1987, Alibaba nel 1999 e Baidu nel 2000. Viste inizialmente solo come un sottoprodotto del “Great Chinese Firewall”, queste iniziative avevano, allora, quote di mercato piuttosto modeste. Tuttavia, le loro potenzialità di mercato erano già allora infinite, perché, da un lato, il pubblico cinese degl’internauti superava già allora quello americano, e, dall’ altro, le crescenti difficoltà dei GAFAM con le regolamentazioni e con il mercato cinesi,  facevano pensare a un rallentamento dell’ invasione digitale della Cina.

E, di fatto, le multinazionali cinesi del Web, seppure in concorrenza fra di loro, hanno conquistato in pochi anni la maggior parte del mercato cinese, riducendo a poca cosa la presenza dei giganti americani e iniziando ad espandersi all’ estero.Gli ultimi anni ci hanno permesso di assistere alle spettacolari performances, tecniche, commerciali e finanziarie, dei colossi cinesi: Alibaba, Huawei, GTE, TikTok, Wechat…, con il risultato, ben descritto da Forbes, ch’esse si stanno ora rivolgendo ai mercati esteri.A quel punto, si sono levate le voci di coloro che vogliono “frenare la politica predatrice dei Cinesi” con divieti, contingentamenti, ostracismi, in netto contrasto con la politica liberistica predicata (ma mai attuata) dagli Occidentali. Si accusano proprio i Cinesi di concorrenza sleale, come  se gli esorbitanti poteri dei GAFAM non derivassero dai soldi del DARPA e dal boicottaggio dei new entrants europei, quindi da un secolo di politiche protezionistiche e mercantilistiche americane, a cui gli altri soggetti mondiali possono rispondere solo con corrispondenti contromisure.

Di fatto, la guerra commerciale contro la Cina si è rivelata un boomerang almeno quanto quella militare contro l’Afghanistan. Se Huawei si è un po’ fermata, sono apparsi nuovi, ancor più aggressivi, marchi cinesi, come Oppo e Xiaomi; il contingentamento dei materiali strategici ha portato alla scarsità dei semiconduttori, che, a sua volta, ha prodotto una moria generalizzata di fabbriche in Occidente (com’è successo a Melfi e Pomigliano).

Così, in seguito alla reazione alla pandemia, miracolosa in Cina e catastrofica negli Stati Uniti, che detengono il record mondiale di morti di Covid, la Cina è divenuta, di fatto, un modello a cui tutti (a cominciare dagli USA) si ispirano, come spiega brillantemente Rampini nel suo ultimo libro. La Cina è oramai il Paese nettamente più avanzato nel mondo per ciò che concerne la transizione digitale ed ecologica, sicché si trova ad affrontare per primo problemi nuovi, come l’organizzazione di un enorme mercato interno con colossali conglomerati digitali, quali non hanno neppure gli USA. Basti pensare che il conglomerato Alibaba-Ant-Alipay gestisce pagamenti e prestiti digitali per un importo superiore all’ intero PIL della stessa Cina.

In tal modo, con l’abilità che le è unanimemente riconosciuta nel campo della “rivalità mimetica” (Toynbee, Girard), la Cina, dopo aver clonato, coi Taiping, il Cristianesimo; con il Kuomingtang, il nazionalismo; con Mao, il marxismo;  con Deng Xiaoping, l’America, ora, con Xi Jinping,  sta clonando la legislazione digitale europea, non già come essa è – cioè, come abbiamo visto, sostanzialmente inattuata-, bensì com’ essa pretenderebbe di essere, vale a dire il “Trendsetter of the Global Debate”. Questa “clonazione” è stata avviata una decina di anni fa, con il concetto di “Sogno Cinese” (中國夢)tratto dallo Shijing (2012) e  ricalcato sul “Sogno Europeo” coniato da Jeremy Rifkin (2005), il quale, a sua volta, voleva espressamente rifarsi al “Sogno Americano” (che, per Rifkin, sarebbe stato incarnato dalla cultura del West, e, in particolare, dalla California del ‘68).In sostanza, Rifkin (un Americano consulente dell’ Unione Europea) ipotizzava una sorta di “translatio imperii” del progressismo mondiale, dall’ ideologia californiana all’economia sociale di mercato europea.

L’idea del “Sogno Cinese” sarebbe che il “socialismo con caratteristiche cinesi” avrebbe potuto eguagliare le prestazioni del “welfare State” europeo. In realtà, il significato originario del termine riandava all’ identificazione confuciana del Datong con la Dinastia Zhou (poesia “quella primavera”). Oggi, quando i limiti  del modello europeo sono sotto gli occhi di tutti, la Cina vuole forse dimostrare la sua capacità di realizzare le promesse non mantenute dall’ Europa.

A parte il fatto che la Cina sta rendendo possibile anche la realizzazione dei progetti più avanzati della scienza e dell’imprenditoria europee soffocati dall’ angustia di nostri Stati e dei nostri mercati e dalla tutela americana (vedi i casi dell’ industria automobilistica tedesca e degli studiosi austriaci dei computer quantici), essa ha sta anche imitando con una rapidità pazzesca l’intero pacchetto della legislazione tecnologica europea, de iure condito e, soprattutto, de iure condendo. Occorre, a questo proposito, ricordare che l’Unione Europea è innanzitutto un incredibile deposito di progetti inattuati. Nata da un millenario progetto incompiuto, l’integrazione ha ereditato, di secolo in secolo, e, poi, di generazione in generazione, una massa sempre crescente di progetti incompiuti (spesso segreti o comunque riservati): il “De Recuperanda Terra Sancta”, il Trattato di Podiebrad, il Gran Dessin di Sully, il Projet di Saint Pierre e quello di Thierry, la versione russa della Santa Alleanza, Paneuropa, la costituzione italiana ed europea di Galimberti, la Dichiarazione di Ventotene, i vari progetti poi bocciati di costituzione europea e di campioni europei…

La Cina ha semplicemente messo insieme tutti i progetti europei inattuati nei settori tecnologici e li sta realizzando nel corso di un paio di anni. A titolo di curiosità, ricordo anche che, quando Rousseau aveva sottoposto a tutti i sovrani ed intellettuali il progetto di Saint-Pierre, tanto Leibniz, quanto Voltaire avevano risposto, in sostanza, che l’Europa avrebbe dovuto “copiare” la Cina (Leibniz, Novissima Sinica; Voltaire, Rescrit de l’ Empereur de la Chine).

Come base di partenza, la Cina ha adottato un codice civile e uno della proprietà intellettuale di tipo europeo. Inoltre ha concordato con il vertice europeo un Trattato UE-Cina per la protezione reciproca degl’investimenti, congelato immediatamente dopo su richiesta di Biden.  Poi, sta applicando già fin d’ora a tempo di corsa non solo questo trattato ancora sub judice, ma anche  i principi di diritto fiscale, della privacy, sulla sicurezza e sui mercati finanziari che l’Europa stava cercando di approvare ed attuare da decenni, senz’alcun  risultato, e che, per la piccola parte già adottata, non vengono però attuati.

Last but not least, essa ha attuato, contro ANT, la filiale di Alibaba che domina il mercato cinese dei pagamenti digitali, quella misura che tutti da decenni hanno inutilmente invocato in America e in Europa contro i GAFAM: l’”Unbundling”, vare a dire lo “spezzatino”, creando una pluralità d’imprese più piccole, in concorrenza fra di loro e con i terzi. Si noti che questa misura era stata ideata ed attuata in America fin dall’ Ottocento (Sherman Act), ma la politica americana si è sempre guardata bene dall’ applicarla ai GAFAM, con il pretesto che, ciò facendo, si sarebbe “fatto un regalo ai Cinesi”. Ora è chiaro che i Cinesi non hanno bisogno di questo “regalo”, perché, in Cina , la pluralità del web esiste, e questo dà ai suoi cittadini una libertà che gli Occidentali non hanno.

Certo, non si tratta ancora dello “spezzatino” a cui pensiamo noi per il mercato “europeo”, dove il monopolio dei GAFAM si tramuta in una vera e propria forma di colonialismo americano, con cui agli Europei viene praticamente impedito di creare imprese informatiche. Lo “spezzatino” di cui avremmo bisogno consisterebbe nel rimpicciolire i giganti americani per permettere ai new entrants di altri Paesi di occupare spazi di mercato, e per rendere le nostre Autorità meno dipendenti da essi. Si tratta comunque di un utile sasso nello stagno, che, o provocherà reazioni a catena, o comunque aumenterà l’appetibilità del sistema cinese e l’accettabilità all’estero dei BATX opportunamente ridimensionati, sempre utili alternative ai GAFAM.

Più in generale, la corsa normativa del Governo Cinese (che segue quella dell’ Unione dalla fine del 2019 alla primavera 2021) risponde all’ esigenza di dimostrare nei fatti che il suo sistema è meno “illiberale” di quello americano e realizza in concreto le esigenze di libertà e di trasparenza che l’Unione Europea ambirebbe a perseguire, ma che invece non persegue affatto perché impedita dalla tutela americana. Il “Trendsetter of the Global Debate” risulta  così essere oggi a tutti gli effetti la Cina, che diventa più che mai un partner obbligato dell’ Unione nell’ ambito del necessario dialogo internazionale sulla regolamentazione del Web.Le imprese cinesi potrebbero anche rappresentare partners fondamentali per cquelle europee per crescere, affrancandosi da quelle americane.

La tomba degl’imperatori Zhou a Luoyang: “Ho sognato la capitale dei Zhou”

7.Per un ecosistema digitale umanistico, poliedrico e multiculturale

L’unico modo in cui i GAFAM e i BATX potranno convivere proficuamente sul mercato mondiale del digitale è che tutti i Paesi attuino e applichino seriamente misure contro il monopolio dell’ecosistema digitale.

Le moderne tecnologie permettono perfettamente di ottenere i risultati perseguiti (privacy dei dati, accessi possibili a pagamento o per motivi di ordine pubblico), separando le diverse funzioni (abbonamenti al web, cessione di dati, accessi nell’ ambito di procedure pubbliche). Gli Stati e l’ Unione debbono poter controllare il rispetto di tali regole, nello stesso modo in cui possono controllare l’accesso alla telefonia fissa, agli abbonamenti televisivi o alle intercettazioni da parte della polizia.

Le imprese di tutti i Paesi devono poter competere senza posizioni dominanti, e gli Stati debbono supplire alle “market failures”, come quella dell’ industria digitale europea, con imprese di Stato, agevolazioni fiscali ai new entrants, preferenze nazionali, ecc…

Quello che proponiamo nell’ ambito della Conferenza sul Futuro dell’ Europa è dunque che:

1)si svolga un dibattito a tutto tondo su digitale e società, come quello che stiamo organizzando all’ interno del Salone del Libro di Torino;

2)si studi adeguatamente il problema;

3)si crei l’Agenzia Tecnologica Europea;

4)Si renda operativa la Web Tax (già approvata da anni);

5)si vieti definitivamente l’esportazione dei dati fuori dell’ Unione (attuando finalmente le sentenze Schrems);

6)si negozi una disciplina mondiale del web;

7)si creino dei campioni europei “forti” (non delle semplici “alleanze”);

8)si ponga al centro della Politica Estera e di Difesa l’autonomia digitale dell’ Europa dagli Stati Uniti, secondo il vecchio modello “tous azimuts”;

9)Si crei, non già un anodino “centro di conoscenze situazionali”, bensì una vera “intelligence europea”.

“SE VOGLIAMO CHE TUTTO RIMANGA COME È, BISOGNA CHE TUTTO CAMBI”,da Tomasi di Lampedusa al vertice sociale di Porto

DOMATTINA ALLE 10, WEBINAR DI DIALEXIS IN APERTURA DELLA CONFERENZA SUL FUTURO DELL’ EUROPA


Il link per partecipare è:


https://zoom.us/j/99951521048?pwd=MHdsRlJkSEJwVUQvcVZ1bGcvQW01UT09

L’evento è inserito sulla piattaforma https://futureu.europa.eu/?locale=it 
 
https://futureu.europa.eu/processes/OtherIdeas/f/7/meetings/366?locale=it&page=4
 
le precedenti manifestazioni sono state reperibili in Alpina Diàlexis – YouTube
 

La famosa frase di Tomasi di Lampedusa citata inaspettatamente da Ursula von der Leyen nel discorso introduttivo del vertice sociale di Porto, così come quella dedicata ad Erdogan dal Presidente Draghi, è suscettibile d’ infinite interpretazioni. Questo fatto, come Europei, ci consola, perché significa che i nostri leaders sono molto più intelligenti di quanto vogliono far credere, ma sono costretti, per raggiungere e mantenere le loro posizioni, a parlare per enigmi.

Non è questa la sede per svolgere un’esegesi attenta di queste frasi, che pure dovrebbe essere fatta, né quella d’intervenire sul summit sociale di Porto, al quale stiamo comunque dedicando due importanti interventi nell’ ambito della piattaforma futureu.europa.eu#, nella Conferenza sul Futuro dell’ Europa. Fra le infinite letture possibili (e, prima o poi, doverose), scegliamo oggi quella direttamente riferibile alla Conferenza sul Futuro dell’Europa, dove la mancanza di idee-guida lascia sospettare che si voglia anche lì “cambiare tutto perché tutto resti come prima”. Il falso presupposto concettuale è lo stesso: gli Europei godrebbero di un benessere quale mai visto prima, e dunque non ci dovrebbero essere cambiamenti, né culturali, né politici, né economici.

A questa impostazione ultra-ottimistica, noi ribattiamo :

1)che il benessere non è tutto, come avevano messo in evidenza autori così diversi come Kierkegaard, Nietzsche, Eliot, Huxley, Orwell, St-Exupéry, Simone Weil, Burgess, Anders, Przywara,…;

2)che una situazione in cui i giovani Europei sanno già, come affermato dalla von der Leyen, che non riusciranno mai a raggiungere il livello dei padri (perché gli obiettivi sociali indicati dalla stessa von der Leyen per il 2030 sono addirittura inferiori a quelli realizzati già ora, per esempio, dalla Cina), non  costituisce certo un bilancio positivo del Secondo Dopoguerra, e provoca un nichilismo generalizzato;

3)che comunque, pensando solo al preteso “benessere materiale”, si trascura il problema principale, che è la disumanizzazione, la massificazione dei pre-pensionati e dei “bamboccioni”, premessa inevitabile di un dispotismo invisibile, come quello che già Tocqueville vedeva venire dall’ America, e che i GAFAM stanno ora realizzando in pratica con il web e l’intelligenza artificiale.

La nostra partecipazione alla Conferenza, pur non contraddicendo neppur essa la famosa frase di Tomasi di Lampedusa, significa in concreto l’opposto di quanto affermato nell’ intervento di cui trattasi:

1)l’Europa sociale di domani dev’essere un’ Europa spirituale, com’ è nella natura stessa del pensiero sociale europeo (cfr. “Modello Sociale Europeo e Pensiero Sociale Cristiano”, Laudato-si-1-2018-1-nuova-copia.jpg (1772×2481) (alpinadialexis.com));

2)l’Europa deve eliminare totalmente la disoccupazione e permettere a ciascuno, attraverso l’umanesimo digitale, di salire almeno di un gradino nella catena del valore delle attività sociali ( cfr. Il ruolo dei lavoratori nell’era della intelligenza artificiale – LALA RICCARDO – Alpina – 9788834120460 (streetlib.com));

3)il controllo sui GAFAM e il riorientamento dell’educazione verso la coltivazione del “Sé” e verso l’esercizio delle virtù deve permettere il mantenimento del controllo nelle mani dell’ Umanità proprio durante l’ Era delle Macchine Intelligenti (cfr .European Technology AgencyPaginedaRiccardoLalaEUROPEANTECHNOLOGYAGENCYpreview_aefbf634-8bee-44e3-b424-786c7a6bde6d.pdf (amazonaws.com);

4) La Conferenza sul Futuro dell’ Europa non può essere solo un “window-dressing” della decadenza dell’ Europa e dell’ Umanità, bensì deve costituire un momento costituente per l’avvio di un autentico autentico Tecno-Umanismo, di un’autentica Europa Sociale dell’ Era delle Macchine Intelligenti e di un’ autentica Sovranità Strategica Europea)(cfr. https://futureu.europa.eu/processes/OtherIdeas/f/7/meetings/366?locale=it&page=4).

Cos’ com’è congegnata, la Conferenza si può riassumere con la frase di Pier Virgilio Dastoli,Presidente del Movimento Europeo in Italia, “Bruxelles parla a Bruxelles

Alla luce di quanto precede, ci associamo alle richieste del Movimento Europeo e del Movimento Federalista Europeo per una Conferenza sul Futuro d’ Europa molto più incisiva per uscire dalla malattia dell’ Europa e del mondo, e Vi invitiamo tutti a partecipare attivamente al webinar di domattina.

DICHIARAZIONE COMUNE SULLA CONFERENZA SUL FUTURO D’ EUROPA

DIALOGO CON I CITTADINI PER LA DEMOCRAZIA
Pubblichiamo qui di seguito la dichiarazione comune fra il Parlamento, il Consiglio e la Commissione, con cui è stata avviata la Conferenza, a cui contiamo di partecipare a molti livelli
Intanto, proseguono (con un webinar domani), i Cantuieri digitali d’ Europa, che puntiamo ad inserire nella Conferenza
Fra breve, pubblicheremo anche commenti alla Dichiarazioni e indicazioni su comne partecipare alla stessa.
Ecco il testo:
DIALOGO CON I CITTADINI PER LA DEMOCRAZIA — Costruire un’Europa più resiliente
70 anni fa la dichiarazione Schuman gettava le fondamenta dell’Unione europea, avviando un progetto politico unico che ha portato pace e prosperità e migliorato la vita di tutti i cittadini europei. È ora giunto il momento di riflettere sulla nostra Unione, sulle sfide che ci troviamo ad affrontare e sul futuro che vogliamo costruire insieme allo scopo di rafforzare la solidarietà europea.
Fin dalla sua creazione l’Unione europea ha affrontato molteplici sfide, ma la pandemia di COVID-19 ha messo alla prova il modello unico dell’Unione europea come mai prima d’ora. L’Europa può e deve trarre insegnamenti anche da queste crisi, coinvolgendo strettamente i cittadini e le comunità.
L’Unione europea deve dimostrare di essere in grado di rispondere alle preoccupazioni e alle ambizioni dei cittadini. La politica europea deve fornire risposte inclusive ai compiti che la nostra generazione è chiamata a realizzare, ossia compiere la transizione verde e quella digitale, rafforzando nel contempo la resilienza dell’Europa, il suo contratto sociale e la competitività dell’industria europea. Deve affrontare le disuguaglianze e garantire che l’economia dell’Unione europea sia equa, sostenibile, innovativa e competitiva, e che non lasci indietro nessuno. Per affrontare le sfide geopolitiche nell’ambiente globale post COVID-19 occorre che l’Europa diventi più assertiva, assumendo un ruolo di primo piano a livello mondiale nel promuovere i suoi valori e le sue norme in un mondo sempre più instabile.
L’aumento dell’affluenza alle urne durante le elezioni europee del 2019 riflette il crescente interesse dei cittadini europei a svolgere un ruolo più attivo nel decidere il futuro dell’Unione e le sue politiche.
La conferenza sul futuro dell’Europa aprirà un nuovo spazio di discussione con i cittadini per affrontare le sfide e le priorità dell’Europa. I cittadini europei di ogni contesto sociale e ogni angolo dell’Unione potranno partecipare, e i giovani europei svolgeranno un ruolo centrale nel plasmare il futuro del progetto europeo.
Noi, presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione europea desideriamo che i cittadini prendano parte al dibattito e dicano la loro sul futuro dell’Europa. Ci impegniamo congiuntamente ad ascoltare gli europei e a dare seguito alle raccomandazioni formulate dalla conferenza, nel pieno rispetto delle nostre competenze e dei principi di sussidiarietà e proporzionalità sanciti dai trattati europei. Coglieremo l’occasione per sostenere la legittimità democratica e il funzionamento del progetto europeo e per consolidare il sostegno dei cittadini dell’UE a favore di obiettivi e valori comuni, dando loro ulteriori opportunità di esprimersi.
La conferenza è un’iniziativa comune del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione europea, che agiscono in qualità di partner paritari insieme agli Stati membri dell’Unione europea. In quanto firmatari della presente dichiarazione comune, ci impegniamo a collaborare durante tutta la conferenza e a destinare le risorse necessarie a tale iniziativa. Ci impegniamo a lavorare nell’interesse dell’Europa, dei nostri cittadini e della democrazia europea, rafforzando il legame tra i cittadini europei e le istituzioni che sono al loro servizio.
Nel quadro della conferenza e nel pieno rispetto dei principi enunciati nella presente dichiarazione comune, organizzeremo eventi in partenariato con la società civile e le parti interessate a livello europeo, nazionale, regionale e locale, con i parlamenti nazionali e regionali, il Comitato delle regioni, il Comitato economico e sociale, le parti sociali e il mondo accademico. La loro partecipazione garantirà che la conferenza non resti
circoscritta alle capitali europee e raggiunga ogni angolo dell’Unione. Gli eventi saranno organizzati sulla base di una serie di principi comuni concordati dalle strutture della conferenza.
Invitiamo altre istituzioni e organi a partecipare a questo esercizio democratico europeo. Insieme, faremo di questa conferenza un successo. La conferenza sarà invitata a giungere a conclusioni entro la primavera del 2022, in modo da fornire orientamenti sul futuro dell’Europa.
a. Modalità di lavoro
La conferenza sul futuro dell’Europa è un processo “dal basso verso l’alto”, incentrato sui cittadini, che consente agli europei di esprimere la loro opinione su ciò che si aspettano dall’Unione europea. Conferirà ai cittadini un ruolo più incisivo nella definizione delle future politiche e ambizioni dell’Unione, di cui migliorerà la resilienza. Ciò avverrà attraverso molteplici eventi e dibattiti organizzati in tutta l’Unione, nonché attraverso una piattaforma digitale multilingue interattiva.
Gli eventi organizzati nel quadro della conferenza, in presenza o in formato virtuale, possono essere svolti a diversi livelli, ad esempio a livello europeo, nazionale, transnazionale e regionale, e coinvolgeranno la società civile e le parti interessate. La partecipazione dei cittadini a tali eventi dovrebbe mirare a rispecchiare la diversità dell’Europa.
Sebbene, alla luce delle misure di distanziamento e delle restrizioni analoghe connesse alla COVID-19, gli sforzi e le attività di coinvolgimento digitale siano di vitale importanza, la partecipazione fisica e gli scambi in presenza dovrebbero costituire una parte essenziale della conferenza.
A livello europeo, le istituzioni europee si impegnano a organizzare panel europei di cittadini.
I panel dovrebbero essere rappresentativi in termini di origine geografica, genere, età, contesto socioeconomico e/o livello di istruzione dei partecipanti. Eventi specifici dovrebbero essere dedicati ai giovani, in quanto la loro partecipazione è essenziale per garantire un impatto duraturo della conferenza. I panel di cittadini dovrebbero tener conto dei contributi raccolti nel quadro della conferenza e alimentare i lavori della plenaria della conferenza mediante la formulazione di una serie di raccomandazioni a cui l’Unione dovrà dare seguito.
Ciascuno Stato membro e ciascuna istituzione può organizzare ulteriori eventi, in linea con le proprie specificità nazionali o istituzionali, e fornire ulteriori contributi alla conferenza, quali panel di cittadini a livello nazionale o eventi tematici che raccolgano i contributi di diversi panel.
Gli eventi nazionali ed europei nel quadro della conferenza saranno organizzati sulla base di una serie di principi e criteri minimi che rispecchino i valori dell’UE e che saranno definiti dalle strutture della conferenza.
Le istituzioni europee si rivolgeranno inoltre ai cittadini e promuoveranno forme di partecipazione più ampie, interattive e creative.
I contributi di tutti gli eventi relativi alla conferenza saranno raccolti, analizzati, monitorati e pubblicati nel corso dell’intera conferenza attraverso una piattaforma digitale multilingue, dove i cittadini potranno condividere le loro idee e inviare contributi online.
Un meccanismo di feedback garantirà che le idee formulate durante gli eventi connessi alla conferenza si traducano in raccomandazioni concrete per le future azioni dell’UE.
La conferenza sarà posta sotto l’egida delle tre istituzioni, rappresentate dal presidente del Parlamento europeo, dal presidente del Consiglio e dalla presidente della Commissione europea, che svolgeranno le funzioni di presidenza congiunta.
Una struttura di governance snella contribuirà a guidare la conferenza; garantirà una rappresentanza paritaria delle tre istituzioni europee e sarà equilibrata sotto il profilo del genere, in tutte le sue componenti.
Sarà istituito un comitato esecutivo, composto da una rappresentanza paritaria del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione europea, con tre rappresentanti e un massimo di quattro osservatori per ciascuna istituzione. La troika presidenziale della COSAC parteciperà in qualità di osservatore. Anche il Comitato delle regioni e il Comitato economico e sociale possono essere invitati in qualità di osservatori, come pure, se del caso, rappresentanti di altri organismi dell’UE e delle parti sociali.
Il comitato esecutivo sarà copresieduto dalle tre istituzioni e riferirà periodicamente alla presidenza congiunta. Il comitato esecutivo sarà responsabile dell’adozione per consenso delle decisioni connesse ai lavori della conferenza e ai suoi processi ed eventi, nonché della supervisione della conferenza nel corso del suo svolgimento e della preparazione delle sessioni plenarie della conferenza, compresi i contributi dei cittadini e il loro seguito.
Un segretariato comune, di dimensioni limitate e che garantisca un’equa rappresentanza delle tre istituzioni, coadiuverà i lavori del comitato esecutivo.
Una sessione plenaria della conferenza garantirà che le raccomandazioni dei panel di cittadini a livello nazionale ed europeo, raggruppate per temi, siano discusse senza un esito prestabilito e senza limitare il campo di applicazione a settori d’intervento predefiniti. La sessione plenaria della conferenza si riunirà almeno ogni sei mesi e sarà composta da rappresentanti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione europea, nonché da rappresentanti di tutti i parlamenti nazionali su un piano di parità, e da cittadini. Saranno rappresentati anche il Comitato delle regioni e il Comitato economico e sociale, le parti sociali e la società civile. L’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza dovrebbe essere coinvolto nei dibattiti riguardanti il ruolo internazionale dell’UE. Possono essere invitati rappresentanti delle principali parti interessate. Il comitato esecutivo trarrà le conclusioni della sessione plenaria della conferenza e provvederà alla loro pubblicazione.
Le strutture della conferenza concorderanno da subito e su base consensuale le modalità per riferire in merito ai risultati delle varie attività intraprese nell’ambito della conferenza stessa. Il risultato finale della conferenza sarà presentato in una relazione destinata alla presidenza congiunta. Le tre istituzioni esamineranno rapidamente come dare un seguito efficace a tale relazione, ciascuna nell’ambito delle proprie competenze e conformemente ai trattati.
b. Azioni previste
Noi, presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione europea, intendiamo dare ai cittadini la possibilità di esprimersi sulle questioni che li riguardano.
Sulla scorta dell’agenda strategica del Consiglio europeo, degli orientamenti politici 2019-2024 della Commissione europea e in considerazione delle sfide poste dalla pandemia di COVID-19, le discussioni riguarderanno, tra l’altro:
la costruzione di un continente sano, la lotta contro i cambiamenti climatici e le sfide ambientali, un’economia al servizio delle persone, l’equità sociale, l’uguaglianza e la solidarietà intergenerazionale, la trasformazione digitale dell’Europa, i diritti e valori europei, tra cui lo Stato di diritto, le sfide migratorie, la sicurezza, il ruolo dell’UE nel mondo, le fondamenta democratiche dell’Unione e come rafforzare i processi democratici che governano l’Unione europea. Le discussioni potranno riguardare anche questioni trasversali connesse alla capacità dell’UE di realizzare le priorità politiche, tra cui legiferare meglio, l’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, l’attuazione e applicazione dell’acquis e la trasparenza).
La portata della conferenza dovrebbe riflettere i settori in cui l’Unione europea ha la competenza ad agire o in cui l’azione dell’Unione europea sarebbe stata vantaggiosa per i cittadini europei.
I cittadini restano liberi di sollevare ulteriori questioni che li riguardano.
c. I principi della conferenza
La conferenza si basa sull’inclusività, l’apertura e la trasparenza, nel rispetto della vita privata delle persone e delle norme dell’UE in materia di protezione dei dati. I lavori dei panel di cittadini organizzati a livello europeo sono trasmessi in diretta streaming, e i contributi online e la documentazione sono messi a disposizione sulla piattaforma.
La conferenza, la sua governance e gli eventi organizzati nel suo ambito si basano anche sui valori dell’UE sanciti dai trattati dell’UE e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
La conferenza è riconoscibile attraverso un’identità unica e una Carta della conferenza cui tutti gli organizzatori degli eventi devono aderire.

FINE DELLE GRANDI NARRAZIONI O SCONTRO FRA NUOVE NARRAZIONI?

L’obiettivo del Postumanesimo è l’ Apocalisse

La gravità dello stallo dell’integrazione europea è dimostrata dal fatto che perfino il Movimento Europeo lo denunzia oramai continuamente , non lesinando critiche ai vertici dell’ Unione (vedi newsletter allegata).

Anche autori sostanzialmente allineati con il Mainstream, come Massimo Cacciari, sparano oramai a zero sull’ “establishment”.

L’11 settembre, Cacciari aveva pubblicato su “La Repubblica” un articolo dal o titolo “L’ Europa non pensa più”. Titolo significativo, che documenta il disorientamento gravissimo in cui versa l’establishment europeo fino dalla caduta del Muro di Berlino.  A mio avviso, non è esatto che l’Europa non pensi più: è, piuttosto, che l’establishment non può più utilizzare oltre il tempo massimo gli stereotipi inventati callidamente alla caduta del Muro di Berlino per frenare la naturale rivincita del potere europeo (l’”Europe Puissance” di Giscard d’ Estaing) in seguito alla caduta del ricatto bipolare , e, non avendone saputi costruire altri credibili, si rivolge al pubblico europeo con discorsi palesemente incoerenti, basati su puri giochi linguistici, che vengono giustamente assimilati allo stop cerebrale denunziato da Macron nella NATO.

Ulrike Guérot vede il futuro come molto conflittuale

1.Dalle ideologie sette-ottocentesche al comunitarismo

Il crollo del  socialismo reale aveva implicato altresì la destabilizzazione del sistema occidentale, che, nella specularità con il blocco socialista, trovava una ragion d’essere e una legittimazione nella comune adesione al messianesimo immanentistico, chiudendo così la porta ad altre alternative storiche.

In questa luce, on risulta comprensibile anche la radicalizzazione l’esplosione dei comunitarismi americani: i fanatici dell’”American Creed” come Trump contro gli Afrocentristi. Infatti, la decadenza dell’ America come baluardo contro il comunismo ha fatto perdere agli Americani la fede messianica nel Destino Manifesto, come pure il senso di sicurezza derivante dall’ appartenenza a un popolo eletto. Ciascuno cerca, dunque, ora rifugio nella propria identità ancestrale: WASPS e sino-americani, latinos e afro-americani…

I primi, chiedono, con il Presidente Trump, che, nelle scuole, si cambino i programmi di storia per esaltare il contributo dato all’ America al progresso della Modernità; i secondi sono trincerati dietro il “Progetto 1619”, che mira a porre in luce quanto, della storia americana, sia contrassegnato dalla conquista, dallo schiavismo, dalla spoliazione, dalla discriminazione e dall’ ipocrisia.

Con il comunitarismo degli anni ‘80,la “Gemeinschaft” di Toennies vinceva su tutti i fronti contro la “Gesellschaft” hegeliana. Il caso più eclatante era però quello delle “Comunità Europee” che vsvano fatto di tutta l’ Europa un fascio di comunità. Già erano nati (e/o rinascevanono) infatti ovunque, in omaggio al principio della “Différence” derridiana, nuovi pensieri politici (come il “Novij Russkyi Konzervatizm” e lo “Jeni Osmancilik”), non più eredi della Rivoluzione Francese come erano state le vecchie, strumentali, “Ideologie” criticate già sul nascere, come astratte e parziali, da Napoleone e da Carlo Marx. Un esito certo non previsto da molti, e traumatico a causa del carattere religioso (direi anzi fideistico) di quelle ideologie, ben messo in evidenza ancora recentemente dal Nelson, un carattere che le rende rigide (come si suol dire con un orribile neologismo, “non negoziabili”).

Che i diversi nuovi comunitarismi, dall’ortodossia ebraica all’islam politico, da Solidarnosc al neo-ottomanismo,  costituissero anche un’ implicita sfida alla egemonia “occidentale” (perché negavano l’universalità dei suoi valori) era del tutto prevedibile (e compreso perfettamente  per esempio da coloro che avevano osteggiato Gorbaciov, Walesa e Jelcin, per non ammettere delle “via nazionali” slave verso l’Europa).Il comunitarismo aveva, già in quegli anni, influenti seguaci in tutte le latitudini, da Israele al mondo islamico e indico, per poi porsi alla base di Solidarnosc e dei regionalismi europei. Perfino le Repubbliche post-sovietiche si erano autoproclamate, per “rivalità mimetica”, “Comunità di Stati Indipendenti”.

Solo l’Europa, muovendo in controtendenza, aveva chiamato, con il Trattato di Lisbona, la propria organizzazione “Unione Europea”, eliminando il glorioso nome di Comunità Europee. Ciò era avvenuto in gran parte per un’espressa domanda della Gran Bretagna, che aveva obbligato ad espungere addirittura dal Trattato inno e bandiera, per togliere all’ Unione ogni carattere identitario. Il punto era, ed è, che l’unico comunitarismo ammesso è quello americano, sì che forme diverse di comunitarismo non sono ammissibili, perchè farebbero ombra all’ identità americana. Tuttavia, ora, dopo la Brexit, il comunitarismo europeo dovrebbe prendersi la sua rivincita.

Ciò ha portato a un’ovvia debolezza dell’ identità europea, che per le sue origini e caratteristiche è distinta da quella americana,  delegittimando in particolare  le radici eurasiatiche dell’ Europa a favore di quelle occidentali, e di mantenendo gli Europei centro-orientali in uno stato di minorità.

Oggi ci si lamenta della rivolta del Donbass, dell’annessione della Crimea, dell’ appoggio della Turchia a Serraj, dell’estremismo religioso di Kaczynski e della guerra di Orban contro Soros, ma si dimentica quanto il rifiuto di legittimare la Perestrojka, l’Europa Orientale e la Turchia Europea abbia a contribuito ad esacerbare tutti i nostri partner, inizialmente sostenitori quasi fanatici dell’ integrazione europea. Basti pensare all’ articolo di Putin sulla prima pagina de “La Stampa” di Torino per il 50° anniversario dell’Unione Europea,

Da allora, sono iniziati l’attacco all’Ossezia, la denigrazione della Russia, il boicottaggio delle trattative di adesione della Turchia e via discorrendo.

La Russia starebbe destabilizzando l’ Europa, Semmai, quella che oggi è destabilizzata è l’America, e l’ Europa non può trarne che un vantaggio.

In “Paneuropa”, Coudenhove Kalergi aveva già lanciato un progetto molto chiaro di federalismo mondiale

2. Borrell: “Multipolarismo senza consenso”? o “Multipolarismo multuculturale”?

Le recenti prese di posizione dell’Alto Rappresentante Borrell circa l’”autonomia strategica dell’ Europa” ci spingono a un’ulteriore, anche se breve, riflessione su questo cruciale passaggio della nostra identità culturale.

Secondo Borrell,  si assiste al“l’emergere di un mondo multipolare con sempre più attori ma senza che ci sia un vero consenso intorno ad essi”. Ricordiamo che l’ Europa si era sempre schierata a favore di un mondo multipolare, ma con l’arrière pensée ch’esso sarebbe  stato anche monoculturale, cioè copertamente occidentale. Invece, oggi un consenso culturale c’è, eccome, ma sta proprio (ovunque, anche in America) nell’opposizione contro l’egemonia occidentale ammantata dall’ ideologia del progresso (il cosiddetto “Washington Consensus”). È ciò che Borrell definisce “un mondo multipolare senza multilateralismo”, ma.che,in realtà, è un mondo al contempo multipolare e multiculturale. Che altro infatti è il multiculturalismo se non il tanto deprecato relativismo culturale, che ritiene che possano, e debbano, partecipare, alla configurazione del mondo, non soltanto i messianesimi occidentali, ma anche le filosofie orientali e i popoli pre-alfabetici, l’ Islam e il politeismo dell’ Asia Meridionale e del Giappone. Le Nazioni Unite debbono essere il foro in cui si confrontano le diverse visioni del mondo.

Borrell dimentica anche di precisare che l’attuale segmentazione del mondo in centri di potere sempre più confliggenti fra di loro deriva esclusivamente dalla volontà dell’ America, che, per evitare i vincoli posti al suo messianesimo dalle Nazioni Unite, ha lanciato le “guerre umanitarie” (Irak, Afghanistan, Libia) senza l’avallo delle stesse, fondandosi invece solo sulle “coalitions of the Willing”, vale a dire fasci di accordi bilaterali minoritari. Con ciò prima legittimando, poi promuovendo attivamente, una politica di “giri di Walzer” simile a quella che aveva portato alla Ia e alla IIa Guerra Mondiale. A questo punto, come stupirsi se gl’interlocutori degli Stati Uniti si sono visti spinti in tutti i modi a far leva ciascuno sulla propria specifica identità per contare di più nel mondo multipolare?

Di fronte a questa obiettiva realtà mondiale, l’obiettivo dichiarato da Borrell (“livellare il campo di gioco tra gli Stati, dar vita a norme e standard applicabili allo stesso modo per tutti gli attori globali in modo da rendere più eque le loro relazioni commerciali, economiche”)è, a nostro avviso, al contempo, troppo poco ambizioso, troppo astratto, e, comunque, ampiamente mistificante. Durante tutti questi 70 anni, “livellare il campo di gioco” ha significato in realtà aprire la strada ai poteri forti (concentrazioni editoriali e cinematografiche, industrie del web, servizi segreti, grandi famiglie, eserciti delle grandi potenze),  in modo che potessero  occupare sempre più interstizi in tutte le società, impedendo ai diversi popoli e alle diverse culture di dare i proprio contributo al futuro del mondo attraverso un’equa partecipazione ideologica, professionale, economica e politica. Abbiamo avuto così il pensiero unico, i GAFAM, Echelon, Prism, la Società dell’ 1%, la perpetuazione dell’ occupazione dell’ Europa…Perché mai dovremmo spianare la strada ai GAFAM che sono allo stesso tempo sette, chiese, servizi segreti, Stati nello Stato?

In particolare, in Europa, “livellare il campo da gioco”  è stato solo un paravento evitare la nascita di Campioni Europei, lasciando libero il campo ai giganti americani (Ford, General Motors, General Electric, Boeing, Lockheed, IBM, i GAFAM), per ritardare sine die la nascita di una cultura europea e di un esercito europeo..

In realtà, l’Unione si è resa complice, con la sua politica fiscale, antitrust e di outsourcing, del predominio tirannico dei GAFAM, e, con la sua critica ossessiva delle politiche dei Pasi extraeuropei, delle effettive forme di repressione esistenti nel nostro Continente: dalle leggi memoriali al capitalismo della sorveglianza, dalla negazione della cittadinanza alle minoranze nel Baltico alla detenzione sine die del Governo catalano e di Assange.

Fra i vecchi imperi ci sono anche quelli che hanno fatto la storia d’Europa

3.La rivincita dei vecchi imperi

“Il ritorno dei vecchi imperi” che Borrell vorrebbe scongiurare altro non è che l’espressione più appariscente   di quella resistenza delle altre parti del mondo contro la manovra livellatrice dell’ “Impero nascosto” di cui parla Immerwahr, quella in esito della quale nel 2001 lo slogan corrente era “siamo tutti americani”.

Infatti:

a)il solo vero impero, erede del “sogno di Serse” di conquistare l’Europa per essere pasri agli Dei,  è oggi più che mai quello americano;

b)gli altri “Stati civiltà” di cui si parla in Cina, vale a dire gli Stati semi-continentali capaci di esprimere le specificità di una propria cultura, possono ovviamente sorgere più facilmente dove in passato sono esistiti degl’imperi, intendendo, con questo termine, degli Stati sovrannazionali che s’identificavano, anziché con un’etnia, con un modello di umanità, ma non devono necessariamente identificarsi con la hybris achemenide;

c)anche l’idea originaria del federalismo europeo era quella di attribuire un qualche carattere imperiale, nell’ambito di una  “Translatio Imperii” biblica e classica, all’ Unione Europea, sulla scia di Voltaire, di Coudenhove Kalergi e dello stesso Spinelli, ma questo storico obiettivo era stato travolto dall’ideologia “angelistica” affermatasi dopo la caduta del Muro di Berlino, secondo cui l’Unione Europea sarebbe stata, come dice Borrell, “il rifiuto del potere”;

d)multilateralismo significa la possibilità di tutti i popoli di operare a livello mondiale su un piede di parità, e questo è appunto il primo obiettivo dell’Unione europea, ma ciò non è mai avvenuto in pratica perché tutte le grandi decisioni sul piano mondiale sono state sempre determinate dai soli Stati Uniti, anche per l’autolesionistico “rifiuto del potere” da parte degli Europei;

e)L’Unione Europea, soggetto nuovo che però ha dietro di sé una storia antichissima, ha oggi esattamente lo stesso problema di tutti gli altri Stati-Civiltà: come fare sentire la propria voce sui futuri assetti del mondo a dispetto del debordante potere dell’unico “Impero Nascosto”. E il primo a saperlo dovrebbe essere, per la sua carica, proprio Borrell, il quale si trova tutti i giorni confrontato all’impossibilità, per le Istituzioni europee, di creare, come tutti invece si aspetterebbero,  una loro “civiltà digitale”, alternativa a quella, imperante, della “Singularity” e della sorveglianza , e che vedono le proprie iniziative, come quelle sul clima o in Iran, cassate brutalmente dagli Stati Uniti;

f) la cosiddetta “rivincita dei vecchi imperi”  costituisce anche l’abbozzo del tentativo concreto  di superare un’altra difficoltà denunziata da Borrell, quella del “proliferare degli Stati sovrani”, che rende impossibile un dialogo coerente a livello mondiale. La creazione di grandi Stati-Civiltà, uniti ciascuno dal fatto di rappresentare una determinata tradizione culturale (esempi tipici, gli USA e la Cina), permette un dibattito trasparente e alla pari, fra soggetti dotati di adeguata forza, competenza e motivazione;

g) alcuni dei “Vecchi imperi” (Turchia, Russia) sono in realtà delle sub-sezioni dell’Europa, che, nel corso dei millenni, avevano  rivendicato per sé la translatio imperii biblica e romana (la “seconda e la terza roma”), così come Song e Jin avevano rivendicato quella sinica, e abbassidi e fatimidi quella islamica. Ma anche Spagna, Italia, Francia, Gran Bretagna, Germania, Polonia e Ungheria sono resti di vecchi imperi, ed è per questo ch’essi rivendicano ancor oggi una qualche forma “sovranità internazionale” (vedi la repressione dell’indipendenza catalana e scozzese, la “francofonia”, le bandiere della Rzeczpospolita a Minsk…). L’Europa non può tener conto solo dei suoi sedicenti “Stati Membri” (che comunque sono anch’essi troppo numerosi), ma deve dare un ruolo effettivo nella governance  e distinto alle sue grandi Regioni storiche, alle microregioni e alle città, che corrispondono alle vecchie Monarchie, Corone, Stati e Città.

h)Come spiega Immerwahr nel suo “Impero Nascosto”, la “creazione di principi e ruoli universali” è stato il capolavoro del Presidente americano Hoover, che, attraverso la standardizzazione, ha assoggettato il mondo. Tuttavia, il rendere tutto standardizzato elimina l’umano, che è imperfezione e soggettività, a favore della macchina, che è tutta logica e principi.

L’Europa senza potere è un’Europa dove il potere ce l’hanno gli altri

4.Il “rifiuto del potere”: causa prima dell’anarchia europea

L’intervento di Borrell parte, come del resto interventi simili da parte di altri esponenti europei, dalla convinzione che il motore primo dell’ Unione Europea sia stato il rifiuto del potere.

Quest’affermazione è, intanto, poco credibile, perché qualunque uomo politico, e qualunque organizzazione politica, non può che ricercare il potere, altrimenti non esisterebbe, né si guadagnerebbe da vivere.

In secondo luogo, essa è in netto contrasto con i grandi fautori dell’ integrazione europea, da Dubois a Podiebrad, da Sully a Saint Pierre, da Voltaire  Nietzsche a Spinelli, da Giscard d’ Estaing a Joschka Fischer. In particolare,  Spinelli rivendicava l’amore per il potere quale motivazione prima del suo impegno politico, Giscard rivendicava l’ “Europe Puissance” e Fischer la ”Selbstbehauptung Europas”.

In realtà, il “rifiuto del potere” (emerso nel discorso europeo solo dopo la trasformazione in “Unione”) costituisce sostanzialmente  da sempre il programma del movimento anarchico, e dunque è normale che, da quando esso è divenuto anche quello dominante nell’ Unione Europea, noi viviamo ora nel caos che vediamo ogni giorno, con il Complesso Informatico-Militare che spadroneggia impunito (come testimoniano le sentenze Assange, Schrems e Apple), con la Turchia e la Grecia che si minacciano di guerra e l’Italia che partecipa alle manovre navali su ambedue i fronti, con un Recovery Fund che non è ancora stato approvato dal Parlamento Europeo, mentre intanto i ministeri degli Stati Membri affastellano milioni di progetti irrealizzabili, anziché presentare i pochissimi utili.

Che i vertici europei rifiutino di esercitare il loro potere è un regalo eccezionale ai nemici dell’Europa, un regalo troppo bello per essere casuale.

L’Europa dovrebbe difendere l’umano contro il complesso informatico-militare

5. Un’ Europa che rifiuta il potere tradisce la sua missione

In un precedente blog, avevamo scritto: “All’Europa spetterebbe dunque, all’ interno di questa sfida mondiale, grazie al suo tradizionale attaccamento alla libertà, una  specifica ‘missione’ prioritaria: quella d’ inventare (o reinventare) una cultura capace di tenere a freno le pretese totalitarie del sistema macchinico, opponendo ad esse la ‘prassi liberante’ propria dell’Umano (Burgess, Kubrick, Barcellona). Tuttavia, l’attuale cultura occidentale, imperniata sul sansimonismo, sull’etica puritana, sui miti deterministici dell’’intelligenza collettiva’ e del ‘lavoratore’, non è la più adatta a generare questo nuovo tipo di uomo, signore e padrone del mondo macchinico. L’Europa si trova perciò oggi in un vicolo cieco.

L’attuale debolezza politica, culturale e militare del Continente non può costituire una scusa, ma, anzi, deve costituire uno stimolo per l’impresa memorabile di ‘rovesciare il tavolo’. Per essere all’altezza della situazione, la cultura deve ritornare ai valori ‘assiali” della saggezza, della filosofia, ‘dell’’humanitas’, che l’accomunano alle altre antiche civiltà, contrapposti al ‘banauson ergon’ (quel ‘lavoro bruto’ che oggi si identifica con le macchine intelligenti, mentre il lavoratore-macchina sta finalmente sparendo dall’ orizzonte).”

Quando Cacciari scrive che “ l’ Europa non pensa più”, cioè non è più in grado di definire adeguatamente  se stessa,  è proprio perché, a partire dalla sua trasformazione in Unione Europea, avvenuta con il Trattato di Lisbona, essa aveva tentato impropriamente  di assumere, quale propria ideologia, precisamente quella del “Rifiuto del Potere”, un fine, cioè,  che non era, né quello proprio  della tradizione europea, né quello ch’era stato  enunziato all’inizio alle Comunità Europee, né, infine, quello che si richiederebbe ora, nel XXI secolo, di fronte alle sfide della Transizione Digitale, bensì un fine eterodiretto, rientrante in ultima analisi nel progetto della modernità americana: l’omologazione mondiale. Se gli Europei rifiutano il potere, ma in sostanza sostengono il potere americano, quest’ultimo riuscirà a domare anche i popoli più cocciuti, e ci sarà veramente la Fine della Storia, cioè la sottomissione dell’uomo alla macchina (la Singularity).

Oggi, non essendo  completato neppure ancora il controllo dell’Europa, le forze che avevano patrocinato la “rinunzia al potere” sono rimaste disorientate, e non hanno ancora trovato  una propria linea difensiva, mentre neppure il resto (maggioritario) dell’ Europa, diseducato da quel periodo di egemonia conformistica, è riuscito ancora a far emergere una sua adeguata classe dirigente.

Coincidenza fra l’Europa senza potere e l’ideologia californiana

6.Da dove viene  questo rifiuto?

L’idea della Fine della Storia ha un’origine antichissima, da ricercarsi presumibilmente nell’ apocalisse zoroastriana (“Frasho Kereti”), ed è trasmigrata in modo carsico, nel corso dei  millenni, fra l’apocalittica ebraica, le eresie cristiane e  islamiche e il chiliasmo materialista moderno di Lessing  e postmoderno di Kurzweil.

Essa si era nuovamente concretizzata per la prima volta come vero e proprio progetto politico, dopo la sfortunata spedizione di Serse in Grecia, sotto la forma dell’ “American Creed” di Friske (il “Destino Manifesto”), sboccato infine nel postumanesimo dell’ Ideologia Californiana. Quest’ ultima è poi andata in crisi all’ inizio del XXI secolo di fronte alla resistenza opposta dall’ Islam politico e del sovranismo russo (i cui esiti si vedono ancor oggi in Afghanistan, in Turchia e in Ucraina), sì che l’establishment americano era stato costretto ad escogitare nuove strategie per permettere la sopravvivenza del progetto. Così, mentre Fukuyama “si rimangiava” la sua tesi, secondo cui la Fine della Storia sarebbe oramai avvenuta, Samuel Huntington teorizzava lo scontro di civiltà. Sono venuti poi il TTIP e il TTP, e, infine, l’ “America First”. Fin dall’ inizio l’Europa  il ruolo in quel progetto, pilotato dall’ America,  è stato  passivo: dalle Rivoluzioni Atlantiche, al taylorismo e fordismo, fino alla Guerra Civile Europea e all’ordine di Yalta. Cacciari scrive che “Vi fu chi comprese che la fine del tragico Novecento offriva all’ Europa una grande e irripetibile occasione per affermare una propria nuova, originale ‘centralità’.”.  In particolare, l’Unione Europea, rimasta sconcertata dalle politiche dei due Bush e di Clinton, aveva tentato d’inserirsi in quei tentativi di revisione dell’ideologia occidentale “Anche riscoprendo una sua ’storia segreta’, voci inascoltate della sua tradizione”, vale a dire  riprendendo  a proprio vantaggio la retorica americana dell’ “esportazione della democrazia”, descrivendo se stessa quale l’ultimo vero erede della tradizione chiliastica occidentale,  e spacciando abusivamente la propria storia come una “success story” sul cammino della pace universale (trascurando così Suez, la guerra greco-turca, l’IRA, l’Afghanistan, la Transnistria, la ex Yugoslavia, Tskhinval, l’Irak,la Libia). In particolare, Jeremy Rifkin aveva teorizzato la “translatio” del Sogno Americano nel Sogno Europeo. Quindi, una riedizione aggiornata dell’ idea “funzionalistica”, secondo cui l’integrazione parziale dell’ Europa avrebbe aperto la strada all’ integrazione mondiale, secondo la logica deterministica della “Teoria della Sviluppo”di Rostow.

L’idea attuale della Commissione, quella di essere un “Trendsetter nell’ elaborazione delle norme”  vorrebbe forse riprendere quella tentazione. Si tratterebbe quindi, ben lungi dal preteso “utopismo” dei federalisti,  di un rifiuto del loro realismo politico, tentando invece di rimettere in circolo il chiliasmo dei “funzionalisti”, che assomiglia oggi molto al postumanesimo dell’ideologia californiana (a cui l’accomuna la stessa matrice filosofica).

La Fine della Storia è la vittoria del Sogno di Serse

7. La via non percorsa: quella del Federalismo Integrale

Il richiamo indiretto fatto negli anni 80 e 90, per rivitalizzare l’Europeismo reso esangue dal funzionalismo,  al “federalismo integrale” di Grotius, Althusius, Tocqueville, De Rougemont, Marc e Olivetti e a quello politico spinelliano,   avvenne   purtroppo in un modo estremamente reticente (Michel Albert), perché questi erano  già stati sconfitti dal funzionalismo sotto la spinta degli Stati Membri, di Monnet e di Schuman.

L’informatica, era divenuta in quegli anni la nuova frontiera della terza guerra mondiale (la “giustizia infinita” lanciata da Bush e descritta più appropriatamente dagli strateghi cinesi come “guerra senza limiti”, e dal Papa come “terza guerra mondiale a pezzi”), come  avevano dimostrato Stux, Echelon e Prism. Ray Kurzweil, direttore tecnico di Google,  aveva precisato che l’essenza  della Fine della Storia era la “Singularity Tecnologica”, cioè  il ritorno dell’ Universo all’ Uno  grazie alle tecnologie informatiche ( l’”Unus Sumus”  di cui parla Cacciari): un’idea  che trova i suoi precedenti nel Buddismo e nella Qabbalà. In quella fase, Schidt e Cohen (membri del Consiglio di Amministrazione della stessa società), scrivevano, sulle rovine della Baghdad ingiustamente bombardata e conquistata, che oramai Google aveva sostituito Lockheed nella guida dell’ America alla conquista del mondo (The New Digital Age).Veniva così dichiarato pubblicamente che la Fine della Storia, ovvero la Pace Perpetua, era il progetto dei GAFAM, e che tutti coloro  -fossero essi Saddam o Assange, Gheddafi o Manning, Morales o Snowden-, dovevano oramai essere eliminati o resi inoffensivi (cfr. caso Olivetti).

Anche  la pretesa dell’Unione d’ incarnare l’”autentico” Sogno Americano veniva  messa i ombra dal progetto dei GAFAM. Comunque, questi avevano trovato ben presto il modo di convivere con le Istituzioni europee (non diversamente che con il Partito Comunista Cinese). A maggior ragione, in questo contesto, trovava difficoltà a materializzarsi un ruolo specifico per gli Europei  perché l’Unione Europea era stata esclusa deliberatamente dalla civiltà digitale, e le Istituzioni, contrariamente al Governo cinese, non facevano nulla per rialzare il  suo profilo in questo campo.

Inoltre, mentre il “funzionalismo” tradizionale dell’Unione Europea era  già un embrionale esempio di “governo delle regole”, e quindi predisposto verso il  “Governo delle Macchine” oggetto della Singularity, il  federalismo integrale tradizionale dell’ Europa  costituisce una forma altamente sofisticata di “governo degli uomini sugli uomini”, e, come tale, incominciava già allora a stridere con il progetto americano di globalizzazione tecnocratica. Basti pensare all’approvazione del GDPR da parte delle Istituzioni europee, una vera bomba a orologeria per i rapporti euro-atlantici, di cui solo ora si incomincia a percepire la portata.

L’Europa è riuscita ad essere il “trendsetter del dibattito mondiale”?

8.Al di la del conflitto con la Cina, il federalismo mondiale

Negli stessi anni, l’inaudito sviluppo della Cina  portava allo scavalcamento dell’America in molte fondamentali  tecnologie, quali i computer quantici, le valute elettroniche, i social network, l’ingegneria medicale, i social networks, i treni ad alta velocità. Questo  provocava  di riflesso a sua volta una frenata nello sviluppo sul piano mondiale della Società del Controllo Totale americana (con esiti diversi per la Cina, la Russia, l’India e Israele). Oggi è la Cina a rivendicare l’eredità del “sogno Americano” (“Zhongguo Meng”), anche se le sue tradizioni culturali le rendono impossibile realizzarlo con la stessa radicalità.

In questo scenario sovraffollato, l’Europa non sa più quale spazio occupare, né dal punto di vista fattuale, né da quello concettuale. Dal punto di vista fattuale, il mondo è dominato dalla nuova guerra fredda voluta da Trump (che ora si ritorce contro l’ America). Da quello concettuale, si contrappongono un nuovo maccartismo americanocentrico e il progetto eurasiatico della Via della Seta, che sfocia nella negazione di un ruolo provvidenziale degli Stati Uniti (“la sola nazione indispensabile”), mirando addirittura a  ridimensionare gli stessi fino al livello di uno qualunque fra i grandi Stati-civiltà che si contendono il ruolo di comprimari nel mondo.

Il vecchio federalismo europeo “funzionalistico” era sempre stato favorito in quanto indeboliva l’ Europa, impedendole di divenire un soggetto politico forte, e, quindi, capace di dialogare alla pari con le grandi potenze. Dal punto di vista del multiculturalismo eurasiatico, un “federalismo integrale” europeo forte costituirebbe il parallelo del federalismo mondiale veramente multiculturale come era stato concepito da De las Casas e Coudenhove Kalergi, e a cui aspirano oggi Cina e Russia. Questo tipo di federalismo era sempre stato al centro della storia dell’identità europea: dal tribalismo dei popoli dei Kurgan e medio-orientali, al cetualismo delle poleis, alle leghe, agl’imperi occidentali, delle “repubbliche aristocratiche”, ai progetti premoderni e moderni di federazione. Il Federalismo Mondiale non può sussistere senza Stati che vogliano e possano federarsi; degli “Stati-Civiltàche accettino il pluralismo delle culture. Oggi, l’unico Stato che sia, e si senta, tale, è la Cina, e non è un caso ch’essa svolga un ruolo così centrale nel mondo di oggi. Gli altri quattro Stati-civiltà che aspirano a questo ruolo, presentano ciascuno dei notevoli inconvenienti. L’America vorrebbe  rappresentare l’unico impero mondiale pur continuando a mantenendo il potere entro la limitatissima “Società dell’1%” (WASP), vale a dire pochi milioni di persone. L’India non riesce ad avere una propria identità “forte” perché insanabilmente divisa fra religioni, etnie e caste. La Russia rappresenta adeguatamente l’eredità dei Popoli delle Steppe, ma, mancando di un’adeguata popolazione ed avendo confini indefiniti, è costretta, per sopravvivere, ad acettare la conflittualità impostale dall’ esterno. L’Europanon sa più , appunto, ciò che vuole, non è uno Stato ed è in completa balia degli Stati Uniti dal punto di vista culturale, militare e politico.

Il federatore dev’essere il popolo europeo

 9.Quale  “federatore”?

Cacciari individua, fra le carenze dell’integrazione europea attuale,  l’assenza di un federatore.  A mio avviso, questo federatore c’è. Anzi, il termine “federatore” era  stato coniato (precisamente dal Generale De Gaulle), per designare questo “federatore esterno”: gli Stati Uniti, vero motore dell’ integrazione europea, con il Senatore Fulbright, che aveva fatto approvare dal Senato una mozione a favore della Federazione Europea; con il direttore della CIA, Donovan, che finanziava il Movimento Europeo di Churchill;  con il Segretario di Stato, Dean Acheson, che, piombato inaspettatamente l’ 8 maggio a Parigi, aveva riscritto l’ultima versione della “Dichiarazione Schuman”;  con lo studio Cleary and Gottlieb, che aveva  scritto i Trattati Europei per conto di Jean Monnet; con  la NATO a cui hanno dovuto aderire i Paesi dell’ Est Europa prima di poter aderire all’ Unione Europea. Gli Stati Uniti non hanno invece mai tollerato la nascita di un “Federatore Interno”. Basti vedere i casi di De Gaulle e di Gorbaciov.

Inoltre, gli Stati Uniti non riconoscono l’ Unione Europea, con la quale nessun presidente americano ha mai dialogato, come un partner del loro stesso livello. Invece, il presidente Xi Jinping s’incontra periodicamente con i vertici europei, e il ministro degli esteri Wang Yi ha dichiarato a Roma, al termine dell’incontro con il Ministro di Maio, che la Cina vuole un’Unione Europea forte e unita. Infatti, aggiungiamo noi, solo un’Europa che abbia rapporti culturali, tecnologici ed economici intensi con tutto il mondo potrà alimentare concretamente il proprio federalismo integrale, e, come tale, costituirsi in soggetto solido e autonomo, alternativo, e comunque allo stesso livello, degli Stati Uniti. Per questo vi è tanta avversione, negli ambienti atlantici, contro il Papa gesuita, contro Huawei e contro il North Stream, che, attraverso rapporti trasversali, rafforzano la posizione negoziale dell’ Europa.

Barcellona vs. Cacciari: il Katechon contro “la Cosa Ultima”

10. L’Europa come Katechon

A mio avviso, sta proprio in questa situazione  di tensione generalizzata il lato positivo della transizione in corso nell’ Europa di oggi, la quale ultima, grazie ad essa, è passata in una decina di anni, dal più estremo fanatismo  per la Fine della Storia (“siamo tutti americani”), ad una prima, seppur timida,  messa in dubbio del “politicamente corretto” occidentale. L’evoluzione storica ha infatti dimostrato che l’unico senso concreto che poteva avere quel richiamo ossessivo all’ unità della “comunità internazionale” (oltre ad essere ovviamente in contrasto con il tanto conclamato pluralismo europeo) era quello della Singularity Tecnologica, l’unità fra uomo e macchina, che infatti, mai fu perseguita con tanta decisione come in quegli anni.

Nel suo articolo, Cacciari richiama ,fra gli altri, come possibile fonte culturale di un’ Europa culturalmente autonoma, lo scrittore settecentesco tedesco Efraim Lessing. Orbene, l’interpretazione lessinghiana delle radici cristiane dell’Europa come preparazione della Modernità in cui, secondo il Primo Programma Sistemico dell’Idealismo,  l’uomo si salverebbe da solo con” una nuova scienza”, porta implicitamente al governo mondiale da parte dei Big Data e dell’ Intelligenza Artificiale.

Concordo tuttavia che, per sostanziare il Federalismo Integrale, occorra un richiamo, come scrive Cacciari,  ad aspetti nascosti della tradizione culturale europea, ma mi rivolgo, per questo, in una direzione diversa da quella a cui Cacciari pensa citando Lessing e Goethe. A mio avviso, infatti, l’accademia. e la cultura ufficiale in generale hanno privilegiato indebitamente  (per quanto manipolandone i significati), solo certi autori, come Platone, Tucidide, l’ Apocalisse, Dante, De Maistre, Locke, Hegel, Marx, Tocqueville, Nietzsche, Popper, Rostow, Teilhard de Chardin,…, letteralmente oscurandone altri, pur centrali nella storia della cultura europea, come Sinliqiunnini, Socrate, Aristotele, i Padri della Chiesa, la Scolastica,  De Las Casas, Machiavelli,  i Gesuiti, Pascal, Montesquieu, Dostojevskyj,  l’ “Italian Thought” dell’ inizio del XX Secolo,  Burgess, Anders, St.Exupéry, McLuhan…. Secondo  questi autori, mentre la pretesa di unificare sacro e profano nell’unità finale suona addirittura anticristica (vedi “il Grande Inquisitore”), la Città di Dio e la Città dell’ Uomo debbono procedere in parallelo, per “dare a Dio quel che è di Dio e a Cesare quel che è di Cesare”.

Ricordiamo che il riconoscimento che la teologia della fine della storia porta alla Singularity tecnologica ha indotto alcuni autori recenti, e, in primis, il secondo Fukuyama e l’ultimo Barcellona, a ipotizzare la necessità di un Katèchon. Soprattutto Barcellona ha concepito l’ Europa come Katechon.  Costoro hanno visto la riduzione dell’utopia a ideale normativo non già come un’ inspiegabile rinunzia, bensì come la conseguenza logica della concezione europea della laicità.

I whistleblowers sono ancora perseguitati, e noi non li stiamo aiutando

 11.Dopo “Schrems 2”: dare ospitalità a Snowden e Assange

Come conseguenza di ciò che precede, mentre Cacciari ei vede la situazione attuale come la fine del pensiero dell’ Europa, io invece la vedo come il concreto avvio di una situazione nuova, in cui  questa incomincia a liberarsi dai lacci e lacciuoli -culturali, ideologici, tecnologici, politici e militari-  che la tenevano avvinta al progetto chiliastico americano, per avviarsi su un inedito cammino di riflessione culturale, di maturità politica e di autonomia storica. Come abbiamo visto, l’Europa ha dismesso anche l’immotivata presunzione di autodefinirsi come la patria della “modernità occidentale” cominciando a concepirsi, come dice la Commissione, solo più come come “il trendsetter del dibattito mondiale”. Un dibattito che deve evidentemente essere aperto a tutte le culture, senza preconcetti o primogeniture.

In questo senso, le sentenze della Corte di Giustizia nelle due cause Schrems, e i 101 ricorsi proposti dall’organizzazione di Schrems dinanzi alla autorità nazionali di tutela dei dati contemporaneamente alla Global Initiative for Data Protection proposta da Wang Yi costituiscono l’annunzio del tipo di battaglia che si apre dinanzi noi, proprio nell’ area sensibilissima dei dati, in cui i popoli del mondo non accettano più di essere soggetti passivi dell’ America e dei GAFAM, ma pretendono di godere di una reale parità di trattamento in quest’area, che è decisiva per l’avvenire del mondo.

Invece d’inventarsi ruoli astratti e mistificanti su temi superati dalla storia, l’Unione dovrebbe concentrarsi  sul dare attuazione pratica a quanto richiesto autorevolmente  dalla Corte di Giustizia con le sentenze Apple a Schrems: porsi alla testa di una lotta senza quartiere contro la dittatura antropologica e culturale, poliziesca e militare, ideologica, politica, sociale ed etica, del Complesso Informatico-Militare.

Primo passo: dare ospitalità ai Whistleblowers che tanto hanno patito, e ancora patiscono, per avere contestato la società della sorveglianza, e che hanno chiesto (inutilmente) di essere ospitati in Europa. E, in primo luogo, se sarà liberato, a Julian Assange, di cui non è ancora finita l’incredibile odissea poliziesca.

Virgilio Dastoli

ALLEGATO

Newsletter n.29/2020 del Movimento Europeo in Italia – Sfide interne ed esterne per l’Unione europea

I silenzi di Ursula von der Leyen

Dedichiamo una parte importante della newsletter al lungo discorso sullo stato dell’Unione  pronunciato davanti al Parlamento europeo a Bruxelles il 16 settembre dalla Presidente Ursula Von der Leyen.

Come per Eduardo De Filippo, se ci si consente il paragone, si potrebbe parlare del colore delle parole e della temperatura dei silenzi.

Vogliamo concentrarci qui sulla temperatura dei silenzi limitandoci a due aspetti essenziali del futuro dell’Unione europea: la dimensione sociale e la Conferenza sul futuro dell’Europa lasciando a Fabio Masini un’analisi critica sulle priorità in materia di politica estera..

Il primo aspetto concerne il pilastro sociale e cioè la lotta alle diseguaglianze che non può essere risolta solo dal fiume di danaro che dovrebbe scorrere dalla sorgente di Bruxelles verso i paesi membri e suddividersi in sette rami diversi in parte sotto forma di prestiti (la maggioranza), in parte sotto forma di sovvenzioni dirette ma in parte attraverso programmi europei la cui destinazione nazionale non è garantita in partenza.

La pandemia non ha avuto effetti solo sull’economia e sulle finanze dei nostri paesi ma sui modelli delle nostre società a cominciare dal ruolo del lavoro, la mobilità, il tempo libero, il gap generazionale, le pari opportunità, i rapporti tra le città e le aree interne, le politiche di inclusione, gli effetti della società digitale e dello sviluppo della robotica, l’uso di strumenti come il blockchain che è andato ben al di là della diffusione dei bitcoin e infine – last but not least – il tema della democrazia economica.

La temperatura del silenzio nel discorso sullo stato dell’Unione può essere rapidamente verificata sia perché il 14 ottobre si terrà il “vertice sociale tripartito” fra istituzioni europee e parti sociali (rappresentanti dei lavoratori e imprenditori) che, ai tempi di Jacques Delors, era l’occasione per mettere sul tavolo proposte precise della Commissione sulla dimensione sociale, sia perché l’attuale Commissione presieduta da Ursula von der Leyen (che è stata ministra del lavoro in Germania) si è per ora limitata a dire e a proporre un metodo di sviluppo del Pilastro Sociale – adottato “solennemente” a Göteborg nel novembre 2017 – fondato su “piani di azione” e non su strumenti giuridicamente vincolanti  o finalmente rispettosi della clausola sociale orizzontale introdotta all’art. 9 nel Trattato sul  funzionamento dell’Unione europea.

L’idea dei piani d’azione è stata lanciata dalla Commissione europea in una comunicazione pre-pandemia del gennaio 2020 su cui vi è stata un’ampia consultazione e ci si poteva immaginare che dalle parole si passasse ai fatti e cioè a proposte legislative.

Il silenzio del 16 settembre è stato invece assordante e, nella lettera di intenti per il 2021 inviata al Presidente del PE David Sassoli e alla cancelliera Angela Merkel, Ursula von der Leyen preannuncia ventisette iniziative legislative ma solo un altro piano di azione sul Pilastro Sociale, su una garanzia per l’infanzia, su una strategia per l’occupazione e per l’economia sociale.

La seconda temperatura del (quasi) silenzio riguarda la Conferenza sul futuro dell’Europa, un’idea piuttosto vaga che fu lanciata da Emmanuel Macron il 4 marzo 2019 e che si sarebbe dovuta concludere alla vigilia delle elezioni presidenziali francesi nella primavera del 2022.

Il Parlamento europeo ha considerato che la Conferenza potesse essere uno spazio per affermare la sua leadership e tentare di riaprire il cantiere dell’Unione europea chiedendo una riforma dei trattati a più di dieci anni dall’entrata in vigore di quello di Lisbona nel dicembre 2009.

Apparentemente bloccata dalla pandemia, la Conferenza non è partita perché sono molto distanti le posizioni fra il Parlamento europeo e i governi non solo sul principio della revisione dei trattati (che è condiviso per ora solo dal governo austriaco che vorrebbe ridare agli Stati delle competenze attribuite all’Unione) ma sulla governance (e cioè su chi deve presiederla), sui suoi tempi, sulle modalità del coinvolgimento della società civile e sul destino delle sue proposte.

Alla Conferenza Ursula von der Leyen ha dedicato trenta parole in quindici pagine dicendo che una delle sue missioni – “nobili e urgenti” – sarà la questione delle competenze in materia sanitaria. Non una parola sulla Conferenza è stata invece spesa in altre parti del discorso sul futuro dell’Unione che pur richiederebbero una riforma che potremmo chiamare costituzionale.

Possiamo immaginare che il solido pragmatismo tedesco abbia portato lentamente la Presidente della Commissione europea a riflettere sui rischi che una Conferenza promossa sulla base di un più che minimo comun denominatore fra Parlamento e governi possa diventare rapidamente uno spazio all’interno del quale scaricare tutte le questioni del “potere costituito” (e cioè delle decisioni che dovrebbero essere prese dalle istituzioni sulla base dei trattati e delle procedure attuali) lasciando da parte il “potere costituente” (e cioè tutto quel che deve essere fatto al di là dei trattati).

Le materie – “nobili e urgenti” – da sottoporre al potere costituente non mancano e sono state messe in evidenza in questi mesi di pandemia: la capacità fiscale dell’Unione europea e le risorse proprie (due parole chiave assenti nel discorso sullo stato dell’Unione), la governance dell’UEM per risolvere quella che Carlo Azeglio Ciampi chiamava la sua zoppìa, la paralisi nella politica estera e della sicurezza ivi compresa la dimensione della difesa per la prevalenza assoluta del metodo intergovernativo, l’integrazione differenziata e cioè il tema dell’Europa a due velocità, l’inadeguata ripartizione delle competenze e last but not least il tema della incompleta democrazia europea.

Speriamo che la temperatura del silenzio della presidente Ursula von der Leyen sulla Conferenza per il futuro dell’Europa preluda ad un suo atto di rottura dell’apparente pax  interistituzionale e degli inutili tri-dialoghi fra i presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio europeo e della Commissione europea.

Speriamo soprattutto che il Parlamento europeo comprenda rapidamente il tempo perso nella ricerca di un minimo comun denominatore con il Consiglio europeo e con il Consiglio e proponga alla Commissione una via alternativa alla Conferenza sul futuro dell’Europa, infragilita anch’essa dalle conseguenze del COVID-19, un’alternativa che passi dall’incontro fra la democrazia rappresentativa e quella partecipativa affinché questa legislatura diventi finalmente costituente per costruire una “unione vitale in un mondo fragile”.

La Conferenza sul futuro d’ Europa dev’essere fatta dal popolo europeo

CANTIERI D’EUROPA

WEBINAR DEL 4 LUGLIO SUI RAPPORTI FRA UE E CINA


XI-VON DER LEYEN: “IL DIALOGO PIU’IMPORTANTE PER LA UE DAL PUNTO DI VISTA STRATEGICO E IL PIU’CARICO DI SFIDE”

Il secondo webinar della serie “Cantieri d’ Europa Virtuali” sta suscitando più interesse del previsto a causa dei concomitanti sviluppi del dialogo fra UE e Cina.

La teleconference fra Xi e Von der Leyen, nonostante le apparenti ripetizioni di scene già viste, ha rappresentato un sostanziale passo in avanti, perché, da parte cinese, si è data una spinta senza precedenti al ruolo dell’Europa nel mondo, accettando un dialogo alla pari fra UE e Cina, che è una grande potenza, mentre, da parte europea, si è giunti ad affermare che “il dialogo con la Cina è il più importante, tanto dal punto di vista strategico, quanto da quello delle sfide”.

Ambedue i concetti sono assolutamente nuovi. Intanto, né America, né Cina, avevano mai accettato di trattare la UE come loro pari, preferendo sempre il dialogo con gli Stati membri, Dall’altro, gli Europei avevano sempre sostenuto che, per quanto importante possa essere il dialogo con Cina e Russia, quello veramente importante resta quello con l’America. Oggi, quando Trump chiama l’Europa e la Germania “delinquent” e minaccia dazi su tutti i nostri prodotti, il dialogo con la Cina è oramai una pura e semplice necessità. Certo non dovrà essere condotto  con un atteggiamento d’ inferiorità, bensì, come sta per altro già avvenendo, su un piede di parità. Se nel chiuso del summit il presidente cinese non ha dato garanzie chiare, ricordando anche l’importanza della posizione europea nei negoziati sullo status di Pechino al Wto, poco dopo l’agenzia di Stato Xinhua ha scritto che Cina e Ue si sono impegnate a concludere sugli investimenti entro la fine del 2020. Tuttavia, per pressare la Cina, durante il vertice è stata evocata la possibilità di una video conferenza a settembre tra von der Leyen, Michel, Merkel e Xi. Utile anche a verificare se sarà possibile recuperare il summit di Lipsia con tutti i leader europei destinato alla firma dell’intesa al momento rinviato causa pandemia.

E’ stata superata anche la barriera ideologica, quella che ha fatto affermare in passato che “la Cina è un rivale sistemico” e a Borrell che ”oramai è chiaro che abbiamo valori diversi”. Ma è proprio per questo che il dialogo s’impone più che in altri campi. Il nocciolo duro del dialogo interculturale sta proprio  nel confronto fra i diversi valori nel pieno rispetto delle diversità. Se Europa e Cina hanno diversi valori è perché le stesse loro logiche sono diverse. Concetti come “Datong”, “Taiping”, “Tianxia”, “Li” e “Fa” sono semplicemente intraducibili nelle lingue europee. Ma, se si vuole coesistere e collaborare, bisogna sforzarsi di capire gli altri,  se necessario anche studiando i caratteri cinesi, la mitologia indù e giapponese, le teologie ebraica e islamica.

D’altronde, questo fa parte delle migliori tradizioni europee, come nella Luminosa Dottrina di Da Qin sulla Stele di Xi’An, nel “Trattato sull’ amicizia” o nel “Vero Significato del Signore del Cielo” di Matteo Ricci, nel “Du despotisme de la Chine” di Bouvais, nei “Novissima Sinica” di Leibniz, nel “Rescrit de l’ Empereur de la Chine” di Voltaire, nel “Westoestlicher Diwan” di Goethe, nella “Ballad of East and West” di Kipling, nell’ “Hadji Murad” di Tol’stoj, nella “Butterfly” di Puccini,  nella “Shagané” di Esenin, nel “Siddharta” di Hesse, nei “Pisan Cantos” di Pound, nella “Turandot” di Puccini…

Anche qui, come in ogni altro campo, siamo di fronte a un enorme gap culturale, che  l’Asia, ma, soprattutto, l’Europa, dovranno colmare al più presto per poter essere in grado di fronteggiare, su adeguate basi, le difficilissime sfide che, come ha affermato Ursula von der Leyen caratterizzano il rapporto con la Cina.

Non per nulla abbiamo chiamato questo blog “DaQin”, che, in Cinese antico e classico, significava “Roma”, “Italia”, “Impero Romano” o “Cristianesimo”, e un altro blog, su questo stesso sito, “Turandot”. Invitiamo perciò i nostri lettori a seguire ulteriori approfondimenti su “Turandot” (e anche su “Technologies for Europe”).

Sarebbe ora che, nel formulare i nuovi progetti scolastici italiani ed europei (“Piano Scuola”, “Educazione alla Cittadinanza”), si tenesse finalmente conto di questo gap, e si ricalibrassero corrispondentemente i programmi.

ATTENZIONE!

Per evitare i problemi tecnici evidenziatesi nel Webinar del 9 maggio, il 4 Luglio si userà la collaudatissima piattaforma Zoom.

Le coordinate  ZOOM della manifestazione sono:

Il link (https://us02web.zoom.us/j/89628252000?pwd=a0F4a0ZrektOaGl5SnZyTUw2WTA2dz09 ) e la coppia meetingID+password sono equivalenti tra loro.Nel senso che il link è già di per sé un metodo di accesso “one click” alla conferenza.

Ecco il programma:

PROGRAMMA (PROVVISORIO)

CANTIERI VIRTUALI D’ EUROPA 2020

Webinar 4 luglio, ore 10 :

Verso il Trattato per la protezione degl’investimenti :

Xi Jinping riconosce il ruolo dell’ Unione Europea

Dopo 50 anni dall’avvio dei rapporti diplomatici fra Italia e Cina, la rapidissima ascesa di quest’ultima, dalle distruzioni di più di 100 anni di guerra, fino a una posizione  all’avanguardia mondiale della tecnologia e dell’economia,  ci fa comprendere che, per tornare a padroneggiare l’evoluzione della propria storia, anche  gli Europei  devono  avviare una loro autonoma concettualizzazione della post-modernità, e, in particolare, del contributo che i grandi Stati-civiltà come la Cina possono dare  per superare l’’”impasse” ideale e pratico in cui si dibatte l’Umanità.

Anche se il previsto trattato sulla protezione degl’investimenti è stato posticipato, e la Commissione ha evidenziato più le criticità che non gli elementi positivi, la teleconference fra Xi Jinping e Ursula von der Leyen ha costituito l’avvio di un dialogo su un piede di parità fra UE e Cina.

Questo dialogo con l’Asia, verso cui l’Europa sembra oramai avviata, serve innanzitutto a comprendere l’utilità attuale degli “Stati-civiltà” e delle loro culture, senza trascurare il ruolo di Paesi, come l’Italia, che sono stati da sempre a mezza strada fra uno Stato Civiltà e una nazione etno-culturale. Basti pensare all’ equivoco uso di ”Rum”, Da Qin, “Hroma”,”Rom”, per indicare tanto Roma, quanto l’Italia, l’Impero Romano, la Chiesa Cattolica e l’Europa.

Ursula von der Leyen ha definito il rapporto con la Cina come “strategico” e “colmo di sfide”. Infatti, pur nell’incommensurabilità e autonomia delle diverse identità continentali, l’Italia e l’Europa possono recuperare, come vorrebbero l’Unione e la stessa Chiesa, un ruolo di riferimento a livello mondiale, ma  solo traendo, dalle culture dell’Epoca Assiale, la forza per controllare la società delle macchine intelligenti. Per fare ciò, l’Europa ha bisogno di un umanesimo digitale non subordinato culturalmente  al Complesso Informatico-Militare, come quelli sviluppati nelle varie, diverse, regioni dell’Asia contemporanea.

La collaborazione culturale, tecnologica, economica e politica -da inaugurarsi nei prossimi mesi con l’Asia, e, in primo luogo, con la Cina, dovrebbe fornire all’Europa almeno parte di quegli elementi concettuali, di know-how, finanziari e volontaristici, che le mancano per divenire anch’essa un nuovo, originale, Stato-civiltà. In particolare, il “pacchetto digitale” in gestazione a Bruxelles avrebbe bisogno, per divenire una concreta realtà, di una robusta iniezione di riflessione interculturale e di tecnologie da tutti i Paesi. Basti pensare anche, che oggi il 50% dei brevetti depositasti presso l’Organizzazione della Proprietà Intellettuale sono di origine cinese.

Con il tanto criticato MOU sulla Via della Seta, l’Italia ha fornito un esempio che ora sta seguendo la stessa Unione.

Dal punto di vista pratico, la Cina sta fornendo, in questa fase di recessione,  un supporto ineguagliabile alla ripresa dell’ economia europea, con i suoi massicci acquisti di Airbus e con l’accordo a permettere alla Volkswagen di divenire azionista di maggioranza delle imprese cinesi che producono e vendono il 40% dei suoi prodotti

ore 10, Introduzione, di Pier Virgilio Dastoli, Presidente del Consiglio del Movimento Europeo in Italia

Ore 10,30 Alberto Bradanini, già ambasciatore italiano a Pechino: I rapporti politici, economici e commerciali fra Italia e Asia

Ore 11,00 Liu Pai, giornalista del China Media Group, Italian Department, Lo sviluppo delle relazioni sino-italiane negli ultimi anni.

Ore 11,30 Giuseppina Merchionne, Responsabile dell’Ufficio di Rappresentanza della Cina del Nord-Ovest a Milano,  L’esperienza di una vita nel dialogo interculturale Italia-Cina

(Ore 12,00  Giovanni Cubeddu, Direttore di Cinitalia, Il giornalismo come strumento di dialogo fra Italia e Cina?)

Ore 13,00 Domande e Dibattito

Modera Riccardo Lala, Presidente dell’Associazione Culturale Diàlexis

OLD-NEW FINANCIAL APPROACHES FOR EUROPE

Walther Rathenau, the author of “The New Economy”

When people say that, after Coronavirus, nothing will remain the same, they refer first of all to economy.According to us, this must go much further, first of all inb the financial sector.

Indeed, we seealready now, in many directions, some signs of change, though balanced by the eternal conservatism of our establishments. From one side, digital currencies are altering already now several aspects of traditional economies, especially as concerns digital payments in China, where digital has become, within the framework of the new web economy of the “BATX”, the prevailing means of payment. Their role has been powerfully enhanced by Coronavirus, because the digital network of Alipay has become the key instrument of virus tracking, and digital payments, not involving the physical handling of money, have been a powerful means of prevention, so to become mandatory in high risk situations like the one of Wuhan.

From another point of view, the whole structure of the economic philosophy underpinning the Euro has been eroded, first of all by Quantitative Easing, then by the ongoing generalized economic crisis, already present before Coronavirus, but worsened by the same. This has brought about the need to find out new thinking modes, which we will outline here, and on which we will revert in the forthcoming publications of Associazione Culturale Diàlexis.

The new Chinese Central Banl Digital Currency: a model worldwide

1.Central Banks Digital Currencies

On May 23, Partha Ray and  Santanu Paul have written, in the Indian newspaper “The Hindu”, a detailed article highlighting the crucial, and revolutionary, features of the new Chinese digital currency.

It is worth wile going through this report, for picking up information and ideas which would be useful also, and especially, for Europe:“While the world is grappling with the fallout of COVID-19 and speculating on how far China can be blamed for the pandemic, a silent digital revolution is taking place in China. On April 29, 2020, the People’s Bank of China (PBoC), the country’s central bank, issued a cryptic press release to the general effect: ‘In order to implement the FinTech Development Plan (2019-2021), the People’s Bank of China has explored approaches to designing an inclusive, prudent and flexible trial-and-error mechanism. In December 2019, a pilot programme was launched in Beijing. To intensively advance the trial work of fintech innovation regulation, the PBoC supports the expansion of the pilot program to cover the cities of Shanghai, Chongqing, Shenzhen, Hangzhou, Suzhou, as well as Xiong’an New Area of Hebei, by guiding licensed financial institutions and tech companies to apply for an innovation test.’ “

In media reports, in the recent past, China has emerged as the capital of the crypto ecosystem, accounting for nearly 90% of trading volumes and hosting two-thirds of bitcoin mining operations. The People’s Bank of China tried hard to curtail this exuberance but achieved limited success.

The benefits of Central Banks Digital Currencies (CBDC) are:

-paper money comes with high handling charges and eats up 1% to 2% of GDP, which can be spared;

-by acting as an antidote for tax evasion, money laundering and terror financing, CBDCs can boost tax revenues while improving financial compliance and national security;

-as a tool of financial inclusion, direct benefit transfers can be instantly delivered by state authorities deep into rural areas, directly into the mobile wallets of citizens who need them

-CBDCs can provide central banks an uncluttered view and powerful insights into purchasing patterns at the citizen scale

A digital currency would be beneficial especially for Europe, which has a dramatical need to increase is own cash creation power without borrowing on international markets. The expertise of the PBoC could be transferred through cooperation within the framework of the new Investment Treaty, whose scope should be enlarged to various aspects of economic cooperation, alongside the path of the Italian Silk Road MOU.

An investigation carried out by the Bank for International Settlements shows that most Central Banks are working out hypotheses of digital currencies, but China is the pioneer, as in all other social innovations and technologies..

Rudolf Hilferding, the theorist of the State-monopoly capital

2.An inversion of attitudes between Europe and USA about strong and weak currrencies

The stress since the start of the Euro had been on the idea of “stability”, -whilst, on the contrary, the monetary policies of the FED and of the Bank of China were stigmatized as politicized and volatile-. Such stress has been reversed by the most recent attitudes of European Institutions.

The ECB had already had recourse, against its natural inclination, to Quantitative Easing, after that Abe and Obama had already made massive use of this instrument following to the Subprime crisis, so rendering it “politically correct”. At the occasion of the Coronavirus crisis, the ECB has made recourse again, more than before, to this instrument, so resulting to be the major source of emergency liquidity in favor of Member States. Now we have a further panoply of emergency and recovery funds, which do not comply any more with the preceding monetary orthodoxy, and that could, and should, open the way to the total reversal of past policies .

Now, it is US president Trump, that, for the sake of preserving the role of the dollar as the reserve currency by excellence, is extolling the virtues of stability, as compared with the weakness of Euro and of Yuan .

This necessitated abrupt change of the European financial policy, though maintained, uo to now, within a strict political and ideological control, cannot avoid to shadeimportant doubts on the traditional metapolitical grand narrative of Euro.

According such narrative, this currency was a cornerstone of the European integration because it embodied to the utmost extent the stability goal attainable by the preeminence of economy over politics, which purportedly was the civilizational achievement of the European Union, rendering it superior to any other political form in history (including the United States). This hegemony of economics corresponded to the ideal of “Douce Commerce” expressed by Benjamin Constant as the landmark of representative constitutionalism, which, by this way, was supposed to set the concrete bases for the “Eternal Peace”, which, according to Kant, would have been grounded on the preeminence of merchant values on the ones of glory a and honour, typical of old monarchies.

Europe could have achieved such goal of “Douce Commerce” because, as stated eventually by Juenger and Schuman, WWII would have shown to Europeans the necessity of avoiding wars, and, therefore, to find a peaceful organization of Europe. Such peaceful Europe would have required giving up strong national identities, and the related cultural atmosphere oriented towards war. This was even the characteristic which distinguished Europe from U.S. (for Kagan, “Europe coming from Venus, US from Mars”). According to this narrative, US hegemony constituted even a blessing, avoiding to Europe the burdens of war and allowing to it to carry out that historical experiment.

Following to a mix of marxist determinism and Rostow’s Development Theory, mainstream Euro ideology maintained that wars are a by-product of economic contradictions. In particular WWII would have been the outcome of Weimar inflation and Great Depression, which, by disenfranchising the German middle-classes, had created the psychological background for Nazi revisionism. By contrast, the new stability policies of the Federal Republic would have been the main instrument for preventing the falling back of Europe, and especially of Germany, into the “cultural atmosphere” of the Thirties (the “Destruction of Reason” described by Lukàcs), which had rendered the Axis possible.

The problem for these theorists is now that the present fall of the economic background set up with the Euro could make possible a disenfranchisement of middle classes parallel to the one of the Thirties and their orientation towards populism, which, at its turn, could make possible the rebirth of violent forms of empowerment (“Selbstbehauptung”).

Albeit the ideological Byzantinism of the above narrative is self-evident, there is something true in its reasoning. The end of the illusion of an unprecedented richness of Europeans, which has been so well cultivated in post-WWII Europe – by the ERP, by the mythologies of neo-realism and of dolce-vita, of welfare State and Occidentalism, had been seriously set in doubt by the 1973 Oil Crisis, by the crises of the Twin Towers and of Subprimes and by the comparative reduction of Europe’s GNP as compared with China and developing countries. The higher growth rate of such countries not having given up to their sovereignty and to a realistic orientation of their ruling classes have shown that Rostow’s Development Theory is not apt to explain the real economic trends of the world.

The need, by European Institutions, to follow , for salvaging European economy, paths alternative to monetarist orthodoxy, such as Quantitative Easing, monetization of debt, deficit spending, State aids, shows that there is no unavoidable trend in world economy, and that Europeans are free again to choose their economic destiny.

According to me, the case of Italy is the most perspicuous. Italy’s economy had grown at a very fast pace before and during the two world wars because the ambitions of the unified State had led it automatically towards expansionism and militarism. Eventually, the huge industrial structures and widespread industrial culture created for the needs of war had purposefully not been destroyed by the Allies because they would have resulted to be too useful after the war. The conversion of Europe from a war economy to a consumption society had brought about the so-called “Italian Miracle”. Unfortunately, since it was just an epiphenomenon of wars, such “Economic Miracle” finished less than 30 years after the war (in 1973, with the Oil Crisis), even if this abrupt end was masked by the increased salaries,inflation , the extension to middle classes of social benefits already accrued to blue collars, and a large dose of propaganda, by State, media, enterprises and trade unions.

Michal Kalecki, the inventor of “Military Keynesism”

3.A further step forward

Presently, the need for a realistic approach to the management of economy is felt more than ever.

At knowledge level, it must result clear that economy is a human science, and, as such, it is not an exact science. As a consequence, all of its theories, stories, approaches, solutions, are always very subjective.

Second, at meta-political level, the fact that war has not appeared, at least in Europe since WWII, in the traditional forms of direct and massive violence, does not impede that a “war without limits” is carried out every day under our eyes, with propaganda,mafia, excellent murders, military expenses, ethnic wars, terrorism, espionage, extraordinary renditions, humanitarian wars. A State which gives up to counter this kinds of violence carried out by other States or organizations against itself, its territory, its citizens, its economy, is damned to disappear within a short period of time.

At political level, this situation is opening up the possibility to discuss concretely each specific issue on a solid basis, showing which have been the mystifications and the mistakes of the past, the political distortions influencing still now a correct strategical approach, and in any case proposing alternative paths, apt to reverse the structural weaknesses of European economies.

It is loughly is that, when thinking of the “necessary reforms” of our economies, everybody thinks of the reduction of employment and social benefits, as well as a further minimization of the role of States.

Unfortunately, these processes, which have been the most evident causes of acceleration of Europe’s decline, are not the ones apt to reverse it. On the contrary, a serious “reform” should start from a thorough study (now possible thanks to Big Data), of what Europeans are really doing and of what the market really need.

There will be many great surprises.

Such study would bring us to ascertain that, today, the largest part of Europeans is not present on the labor market (because many women work at home, the number of pensioners is growing exponentially, young people do not start working before 20 years, there is a lot of unemployed and under-employed workers, sick persons and prisoners. Secondly, most people who are employed are producing things which are relatively not useful for European societies (such as the huge amount of commercial businesses, which now are almost bankrupt, or the production of luxury cars, which have no market, or military bureaucracy, deriving from the existence of 40 different armies), whilst, on the contrary, products and services which are badly needed, either for homeconsumption (such as education, research, industrial restructuring services, maintenance of territories), are not produced by anybody.

Today, the European market, left to itself, is not able to match society’s needs with workforce availability. Europe must set up, first of all, the Big Data which will be able to map this situation and provide for a general plan for the next 7 years, during which people will be trained, financing will be provided, enterprises will be restructured, employees will be hired, in such way that all necessary activities will be carried out by somebody, and that everybody finds an occupation corresponding to his skills.

All this has not very much to do with Keynesianism, which is just one of the options within the prevailing American- type liberalism. We cannot call it “corporatism”, nor “State command economy”, both having resulted, in the government practices of the XX century, to be just two alternatives compatible with Western globalization, all of them falling within the Aristotelian definition of “Chrematistiké”.

That “good government”should be an application, in practice, of the ideas of Aristoteles about “oikonomìa” as alternative to “chrematistiké”, or, in a more recent application, of the ones of Hilfereding, about “Staatsmonopolistischer Kapitalismus” or of Kalecki, about “military Keynesism”.

The overall scheme of tEuropean recovery interventions

4. A European NATO-like Emergency Service

The problem of the European post-Coronavirus interventions is that the very complex structure of the European Union renders its intervention slow, ineffective and not transparent.

In fact:

1)each action has to go through:

-a proposal phase (through Member States, and Commission);

-a decision-making phase (ECB, Council, Parliament)

-an implementing phase (Financial markets, Governments and Parliaments)

-an administrative phase (Ministries, Regions, banks);

-a jurisdictional control.

b)Each phase imply lengthy negotiations with egoistic interests, which hinder emergency interventions (Member States, Central Banks, political parties, Ministers, enterprises, professions, regions, cities):

-disputes about the nature of the aids;

-US interferences;

-instrumental polemics;

-media manipulations;

-personal ambitions;

-organised crime;

-unconscionable citizens’attitudes;

c)it is impossible to understand really what happens (Byzantinism of European regulations; uncomplete nature of compromise regulations; need of national implementing activities;fraudulent implementation):

-the swinging attitudes of financial markets;

-the upredictable impact of the financial compact;

-the ever changing decisions of parliaments, goverments, regions and mayors.

The EU authorities would have liked to be able (as Josep Borrell dreamed), to send armored convoys with European flags to bring first aid to victim popuilations. On the contrary, whilst Chinese, Russian, Cuban and Albanian aid arrrived physically and officially within a few days from the requests of the relevant governments, European aid has nort yet arrived, and will never arrived with military medica and with European flags.

Under these conditions,how to be surprised that most Italians consider China as the most friendly country?

This constitutes an objactive drawback of the European system. Ursula von der Leyen, David Sassoli,Josep Borrell, Paolo Gentiloni and Dubravka Suica must work harder on that, creating a complete system of European enìmergency intervention, if necessary as a joint intergovermment project, like NATO, with own dotations, own personnel, equipment, stock, commandment, without being bound to discuss everything with everybody.

EIT:LETTER TO THE EUROPEAN COMMISSION

24/4/2020

Wir brauchen neue europaeische hochtechnologische Industrien

Ursula Von der Leyen

Paolo Gentiloni

Thierry Breton

Margrethe Vestager

Dubravka Suica

Vera Jourova

Maros Sefcovic

Turin, 24/4/2020

Betr.: Marshallplan und Technologie : Sitzung 28 April des EP um EIT

Frau Präsidentin,

Wir wünschen hierbei Sie über die Sitzung , diejenige schon für April 28 bei dem Ausschuß “Industrie, Forschung und Energie” des Europäischen Parlaments,um das  Europäische Innovations- und Technologieinstitut  und die damit verbundene Strategische Innovationsagenda 2021–2027: Förderung des Innovationstalents und der Innovationskapazität programmiert ist aumerksam machen (sieh die  Tagesordnung des Ausschusses https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/ITRE-OJ-2020-04-28-1_DE.html ).

Wir betrachten das betreffende Vorhaben als unlogisch und gefährlich. In der Tat, ist, nach der Koronavirus-Krise, alles verändert, in Europa und überall in der Welt; infolgedessen, müssen alle vorherige Politiken durchgedacht werden. Wie Sie gesagt haben: “Die vielen Milliarden, die heute investiert werden müssen, um eine größere Katastrophe abzuwenden, werden Generationen binden. Deshalb haben wir die Pflicht, das Geld aus unserem nächsten Haushalt besonders klug und nachhaltig zu investieren. Es muss bewahren helfen, was uns lieb und teuer ist und das Gefühl der Gemeinschaft unter den Nationen Europas erneuern. Und es muss eine strategische Investition in unsere Zukunft sein”Damit unser Haushalt den neuen Anforderungen gerecht wird, müssen wir ihn entsprechend zuschneiden”

Im Licht Ihrer oben erwähnten Betrachtugen, fragen wir uns, welches Sinn eine neue Regelung  für Technologie in Europa machen kann, die schon vor der Entstehung der Koronavirus-Krise ausgedacht wurde, und die in diesem Augenbick diskutiert wird, wenn man noch nicht weißt, wie Dinge am Ende gehen werden, und  welche Strategie Europa für die nächsten 7 Jahre wählen wird. Sie haben auch eine erweiterte Debatte darum aufgefordert.

Zweitens, sollte sich die Konferenz für die Zukunft Europas nach dem technologischen Übergang, und nicht nach dem Status Quo,richten. Die bisherigen technologischen Tätigkeiten in Europa waren offenbar schon vor der Krise nicht zufriedenstellend. Die Rückständigkeit Europas gegenüber Amerika und China (Web Economy, Big Data, Kryptowährungen)  is ständig gewachsen, und wächst noch jetzt. Wie das europäische Parlament selbst festgestellt hat, hat China Europa seit 2013, für was die Investitionen in R&D anbelangt,  überwunden (sieh Anhang1). Was will Europa dagegen tun?

Sogar wenn die Politik dazu nicht zustimmen wollte, wird die wirtschaftliche Lage Europas am Ende der Krise so viel  geändert sein, daß die vorigen Prioritäten automatisch umgewältzt werden. Dies gilt auch für die Prioritäten der Kommission, wo die Fähigkeit neue, bedeutsame, Ertragsquellen für Bürger (nicht nur rechnungstechnischer Art) zu erschliessen, eine vorrangige Rolle spielen wird.

Sie auch haben gesagt: “Unsere Welt hat sich verändert”. Die bisherigen Praxen der europäischen Wirtschaft, wobei die neuen Entwicklungen in den Gebieten der Verteidigung, des Raum- und Luftfahrts, des Digitalen, der Biologie, der Transporten, der Umwelt, der Kommunikation, der Organisation, zu zersplittert waren, um eine kritische Masse gegenüber die Wettbewerber darzustellen,  müssen durchaus übergedacht und überwunden werden. Ein einziges europäisches Programm muß die Zentralbank, die Europäische Investitionsbank, die Kommission, den Rat, die Staaten, die Laender, die Unternehmen und die Städte so einbinden,  um uns zu erlauben, gleichzeitig DARPA und “China 2050” zu widerstehen.

Mitgliedstaaten benützen heute die Möglichkeiten, die paradoxerweise von der Krise angeboten weden, in einem selbstzestörerischen Weg. Z.B., haben die Italiener von “Immuni” das europäische Konsortium “PEPP-PT” verlassen, und jetzt werden sie von den italienischen Regionen, von Google und Microsoft boykottiert. Die Union muß diese Verwirrung aufhalten! Sie muß ein europäisches “Immuni”, mit Anwendung vom GDPR, unter der Kontrolle des europäischen Gerichtshofs und von Europol bereitstellen! Europa muß der Garant des GDPRs sein.

Mit all diesem in Sicht, haben wir jetzt das Buch “The European Technology Agency, with a proposal of Associazione Culturale Diàlexis for the Conference on the Future of Europe” (Anhang 2) herausgegeben, das wir hoffen, den europäischen Gesetzgebern von Hilfe sein kann, wenigstens mit dem analytischen Vorschlag, der als Beilage des Buches erscheint. Wir senden das Buch auch den dazu zuständigen Kommissaren und Euroabgeordneten, in der Hoffnung, daß jemand zeitgemäß handelt.

Wir werden diese besondere Aufmerksamkeit auch zum Gedenken des 70.ten Jahrestags der Schuman Deklaration, und des 2500.ten Jahrestags der Kämpfe an den Thermopylen and von Salamina,  zwischen dem 9.ten Mai bis die ersten Tage von September widmen, die wir durch eine Serie von digitalen Veranstaltungen beleben werden, zu denen, hoffen wir, die Institutionen teilnehmen werden.Wir werden Ihrem Staff die link übersenden.

Wir hoffen auch, daß diese Veranstaltungen den Anfang einer kulturellen Bewegug darstellen können, diejenigen  die heutige Haltung der europäischen Eliten verändern wird. Sie sollen nicht die “planlosen Eliten” bleiben, die schon seit 30 Jahren Glotz, Hirsch und Süßmuth stigmatisiert hatten.

Wir bleiben jedenfalls zu Ihrer Verfügung, diese Themen zu vertiefen, mit dem Zweck einer erfolgreichen Lösung der vielen und dringlichen Fragen, die heute vor Europa stehen.

Ich danke Ihnen im vorab für Ihre Aufmerksamkeit, und verbleibe,

Für Associazione Culturale Diàlexis,

Der Vorsitzende

Riccardo Lala

Asssociazione Culturale Diálexis Via Bernardino Galliari 32, 10125 Torino  TO (Italy) ++39 011.6690004 
  +39 335. 7761536 
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