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COME USCIRE DAL VICOLO CIECO?

RIMANDARLI TUTTI A SCUOLA

Co n le sanzioni,
il business russo è schizzato alle stelle

Si discute giustamente in questi giorni sul se le sanzioni occidentali, e le relative contro-sanzioni russe (sommandosi alle sanzioni e contro-sanzioni con Iran e Cina, esistenti da decenni), abbiano danneggiato maggiormente la Russia o l’Occidente. Io credo l’Europa, e lo spiegherò nel corso di questo post.

Il “circo mediatico” non si sta accorgendo che, con queste sanzioni, l’’”establishment” occidentale sta facendo un gran favore, tanto a Putin, quanto alla Cina, nello stesso modo in cui esso era già stato deliberatamente complice dell’ URSS per  i  35 anni della Guerra Fredda, e continua a procedere con lo stesso cinismo (o incoscienza).  Lo dimostreremo al termine dell’articolo, chiedendoci anche il perché.

L’andamento della spesa militare in Europa e Russia

1.Le nostre classi dirigenti non sono mai state  all’ altezza di occuparsi di strategie

Per ora, incominciamo a notare solo che tutti “pontificano” sull’URSS, la Perestrojka, l’Europa Centrale e Orientale, ma  con un grado di competenza assolutamente insufficiente. Sfido per esempio la maggior parte dei commentatori politici a citare i nomi delle capitali dei Paesi dell’Europa Orientale, o i rispettivi presidenti e primi ministri.

L’ignoranza, da parte dell’”establishment”, delle realtà basilari della storia, della politica, della cultura e dell’economia, cancellate, nelle loro menti, dall’opportunismo e dal fanatismo ideologico, si rivela ogni giorno di più di fronte a realtà drammatiche come la pandemia e la crisi ucraina, che mettono a nudo la natura complessa e tragica della realtà, che non si lascia certo spiegare con gli slogan rassicuranti della Modernità.

Esempio tipico: Putin “sarebbe rimasto fermo al XIX secolo”. Anche i suoi detrattori usano, per altro, terminologie da 18° secolo.  Che il XX secolo sia stato migliore del XIX, e che il XXI sarà per forza migliore del XX, è ancora tutto da dimostrare.

Al di là di facili polemiche terminologiche, credo comunque di poter parlare, di mercato energetico e di oligarchi, con un po’ più di conoscenza di causa di altri, essendomi occupato, dal 1989 al 1993, cioè durante il periodo della Perestrojka, delle problematiche giuridiche degli investimenti FIAT in Russia, e, poi, fino al 2005, delle centrali a gas, delle reti elettriche, dei gasdotti e del loro finanziamento.

Soprattutto  mi ha stupito l’ignoranza del nostro Primo Ministro, esaltato da tutti per le sue pretese competenze di politica economica europea (è stato Governatore della Banca d Italia e Presidente della BCE) su un argomento che dovrebbe essere invece alla base delle sue riflessioni politiche ed economiche: l’aspetto economico delle politiche della difesa dei grandi Stati del mondo, e, in particolare, del’ Europa.

Non è, a mio avviso, ammissibile che un siffatto personaggio affermi, come ha fatto durante la conferenza – stampa dell’altro ieri, di non essersi accorto, fino a pochi giorni fa, quando glielo hanno fatto notare i suoi colleghi degli altri Stati membri, che, attualmente, l’Europa spende, per la propria difesa, quasi tre volte della Russia, ma con risultati neppure lontanamente comparabili.

Fatto che costituisce la realtà fondamentale dell’Europa, e ci fa capire le ragioni d’ essere della sua struttura e i suoi rapporti con il resto del mondo. Ci fa capire  che le attuali organizzazioni internazionali sono state costruite più per paralizzare l’ Europa che per favorirla e potenziarla (Ikenberry), e che tutta la nostra economia si regge sul boicottaggio istituzionale delle nostre imprese e istituzioni, la cui forza viene dispersa con politiche dissennate per favorire l’ America.

Ma proprio per questo è gravissimo che non sappia queste chi ha avuto, e ancora ha, le massime responsabilità nel governo dell’ Europa. Se queste cose non le sa Draghi, figuriamoci gli altri! Evidentemente, sono stati anch’essi avviluppati per decenni in una “bolla” costruita da consulenti internazionali, “gatekeepers”, accademici e militari deviati, che hanno creato un mondo fittizio di “magnifiche sorti e progressive”,di “liberi mercati” e di”conquiste sociali” che non esistono…..

Com’ è possibile, comunque, che permettiamo che ci governino persone che non conoscono quelle elementari verità, che sono accessibili a tutti anche solo tramite Internet, e sono state da noi ripetute almeno 100 volte in questo blog?

Tutti si chiedono perché da ben 70 anni non si faccia una politica estera e di difesa comune. Chi la potrebbe fare, se i governanti denotano una così grave e colpevole ignoranza? Certo, bellamente alimentata dai nostri generali “bibéronnés dans les campus américains”(Cfr. Le Monde Diplomatique).

Giustamente, Draghi ha dichiarato di essersi reso conto che occorre “un migliore coordinamento”. Era ora! Da modesto sottotenente di complemento di Amministrazione Militare ed ex Ufficiale Pagatore, mi permetto di ribadire quanto già scritto in un precedente post. Per una buona “spending review”,  bisognerebbe incominciare licenziando tutti i generali!

E, invece, che cosa sta facendo il Governo Tedesco? Sta aumentando la propria spesa militare come richiesto dagli USA: compra degli F-35, così sabotando la costruzione dei caccia europei. La spiegazione? Gli F35 sono gli unici idonei a trasportare le bombe atomiche americane “a doppia chiave” (vale a dire che possono essere usati solo con il consenso tedesco e americano). Ma queste bombe sono una follia! Senza essere di alcuna utilità in un mondo dominato dai missili balistici, espongono gli Europei (che non possono usarle autonomamente) alle rappresaglie russe. Soprattutto ora che sono ormai in uso (almeno da parte della Russia) i missili ipersonici da 12.500 Km/ora (e quindi inintercettabili), il primo dei quali è stato lanciato ieri dai Russi con successo per distruggere un bunker sotterraneo vicino alla Polonia con  missili forniti all’ Ucraina dalla NATO. Questi missili potrebbero benissimo essere utilizzati in pochi secondi per distruggere le bombe atomiche immagazzinate in Italia e Germania.

Le bombe “a doppia chiave” ci erano state imposte negli anni 60, quando (ma nessuno lo sa); Italia, Francia e Inghilterra stavano preparando la bomba atomica europea. Noi avevamo già prodotto e testato il nostro missile, lo “Alfa”. Il fallimento dell’ atomica europea e l’imposizione delle grottesche “bombe a doppia chiave” avevano prodotto la rivolta Di De Gaulle e la Force de Frappe. Così, gl’inglesi si sono fatti la loro bomba atomica, i francesi la loro, e noi siamo rimasti con le bombe “a doppia chiave”.

E’ ovvio che gli europeisti, e prima di tutto il Movimento Europeo, dovrebbero porre immediatamente all’ ordine del giorno della Conferenza sul Futuro dell’ Europa questa apparentemente innocente questione delMigliore coordinamento” delle politiche di difesa dell’ Europa, aprendo però un dibattito a tutto tondo sull’ argomento  (a cominciare da questi dei costi, della bomba atomica europea e dell’ utilità o meno delle sanzioni).

Infatti, se, come tutti ritengono oramai possibile, ci fosse per ipotesi un allargamento, sotto qualunque forma, della guerra al nostro territorio, mi risulta che avremmo un “nuovo 8 settembre”. Se guardiamo, infatti, all’esempio ucraino, è chiaro che le prime due cose da fare sarebbe individuare (se ne esistono), dei rifugi sotterranei, e, poi, predisporre le modalità per la mobilitazione, e/o evacuazione, della popolazione civile

Premesso che cinquant’anni fa, durante il servizio militare, ero preposto proprio a queste incombenze, devo ricordare che anche allora c’era una grande confusione (soprattutto per il timore che si scambiassero le esercitazioni  per la realtà). Ora, con l’abolizione del servizio di leva e con la corrispondente scomparsa della mobilitazione generale, credo che non si saprebbe proprio da dove cominciare. Non parliamo poi dei corridoi umanitari (uno dei compiti oggi più essenziali, ma a cui mi pare non si stia proprio pensando).

Le basi degli aerei italiani con a bordo le bombe atomiche americane

2.Gli effetti delle sanzioni

Le sanzioni hanno senso ed efficacia se imposte da uno Stato più forte a uno stato più debole. Se la situazione è opposta, non hanno senso. Infatti, il commercio internazionale è per natura reciproco. Se vendo qualcosa, devo pure acquistare qualcosa in cambio, e vice-versa. Se non vendo, non acquisto, e questo impoverisce anche chi impone le sanzioni.

Importazioni di gas in Italia

a)Dopo le sanzioni, la spesa energetica europea con la Russia è esplosa

L’Europa importa dalla Russia gas, petrolio e grano, ed esporta  macchinari, prodotti di lusso, agro-alimentari e servizi turistici. Se vieto le importazioni di gas, o la mia economia si blocca, o le merci importate divengono più care, e comunque i miei cittadini s’impoveriscono. E’ quanto sta accadendo in Europa, senza ancora che l’importazione dei beni essenziali sia vietata, ma già solo per effetto delle aspettative in tal senso degli operatori, e l’incremento del prezzo del gas, che favorisce solo i Russi. Ma c’è di più. Giacché gran parte del fabbisogno energetico europeo è coperto dal gas russo, nonostante le sanzioni, non abbiamo diminuito, bensì aumentato, le importazioni, mentre il prezzo è triplicato. Paghiamo ogni giorno alla Russia miliardi più che in passato e il gas importato, e così finanziamo la guerra. Altro che default della Russia!

Infine, quand’anche noi, o la Russia, volessimo interrompere completamente le importazioni, l’intera vita in Europa (che si basa sempre sull’ energia), cesserebbe in pochi minuti, con l’interruzione delle comunicazioni, dei servizi di sicurezza, dei trasporti, della refrigerazione, del riscaldamento, della produzione industriale, delle prestazioni sanitarie…Per distruggere l’Europa, non c’è bisogno neppure delle bombe atomiche.

L’economista Robin Brooks ha studiato come si siano evoluti, durante la crisi, i flussi di cassa verso la Russia, giungendo alla paradossale conclusione che, nonostante il blocco delle riserve finanziarie all’ estero, la Russia ne stia generando di nuove grazie all’ aumento del prezzo del gas, al ritmo di 1 miliardo di dollari al giorno.

Esposizione verso la Russia
delle banche italiane ed europee

b)Il cosiddetto “Default della Russia” consisterebbe nel fatto che fra  sono venuti a scadenza moltissimi titoli di debito russi. A parte il fatto che c’è già stato un periodo di grazia,  è intenzione della Russia  pagarli in rubli svalutati, così scaricando la svalutazione sui creditori esteri.

Tuttavia, le sanzioni modificano comunque i flussi di merci, e, in tal modo, le situazioni economiche e sociali dei Paesi coinvolti.Vediamo come.

c)Industria

Gli enormi effetti si erano già visti anche prima, a causa dei problemi nella fornitura di materiali, il gruppo BMW ha fermato o sta fermando:

  • gli stabilimenti BMW di Monaco e Dingolfing, entrambi in Germania;
  • lo stabilimento MINI di Oxford, in Inghilterra;
  • la fabbrica di motori BMW di Steyr, in Austria.

Mercedes-Benz riduce i turni di lavoro a causa della carenza di pezzi.

Porsche addirittura sospende completamente la produzione di Macan e Panamera a causa della mancanza dei componenti.

Toyota ha bloccato la produzione a San Pietroburgo delle RAV4 e Camry, destinate al mercato europeo, dove produceva 100.000 auto l’anno.

Renault affronta una vera crisi in quanto la Russia è il suo secondo maggior mercato (che gli vale 5 miliardi di euro l’anno) e ha dovuto interrompere la produzione a Togliattigrad, ma continua per ora a pagare gli stipendi in valuta locale.

Cominciano a scarseggiare gli pnenumatici (con tensioni sui prezzi) a causa della chiusura degli stabilimenti Continental di Kaluga e Bridgestone di Ulyanovsk.

La carenza di materie prime potrebbe portare ad un aumento dei prezzi al consumatore (e la crisi dei chip lo ha dimostrato già molto bene). La Russia, lo ricordiamo, è un importante fornitore di nichel, materiale essenziale, ad esempio, per la produzione di batterie per le auto elettriche.

Andamento dell’interscambio Russia-Cina

c)Incremento dei rapporti commerciali Cina-Russia

L’aspettativa di una riduzione (o non incremento) delle esportazioni russe di gas verso l’Europa (anche a causa del blocco ormai biennale di “North Stream 2)”  ha prodotto l’aumento del prezzo del petrolio esportato e del ricavato di Gazprom,  un aumento delle esportazioni verso la Cina e la diminuzione del prezzo degl’idrocarburi verso i cittadini russi. Tutti effetti  vantaggiosi per il Governo russo. Perfino la svalutazione del rublo mette a posto il bilancio dello Stato, visto che il petrolio si paga in dollari.

Intanto, si sta costruendo a ritmo serrato un nuovo gasdotto, che porterà il gas della Penisola di Yamal, non più in Europa, ma in Cina. Ancora non si è saputo dire come si riuscirà comunque ad evitare di comprare il gas russo prima di tre annoi da ora.

Parmigiano russo

d)Agroalimentare

Il divieto di importazione dell’agroalimentare ha costretto fin dal 2014 le industrie nazionali a produrre gli stessi prodotti nel Paese, con effetti positivi sull’ autonomia alimentare, sulla bilancia dei pagamenti, sull’ occupazione e sulle competenze delle imprese russe.

Abbiamo così i magazzini pieni di Parmesan e Shampanskoje russi, o della Crimea.

Ma perfino gli allevamenti di bestiame europei lamentano già ora lo scarseggiare dei mangimi in provenienza da Russa e Ucraina, con necessità di abbattere gli animali.

Gl’industriali italiani in teleconference con Putin

e)Investimenti stranieri

Il boicottaggio reciproco degl’investimenti stranieri in Russia ha reso più autonomo il Paese e rinsaldato i legami con la Cina e con altri alleati come Serbia, Siria e Paesi africani. Le imprese russe controllate da stranieri, e abbandonate alla loro sorte per via delle sanzioni, vengono ora gestite da una fiduciaria di Stato, e, in caso di fallimento, verranno vendute  al miglior offerente.

Il prezioso piumino italiano di Putin

e)Prodotti di lusso

Infine, la scomparsa in Russia dei prodotti stranieri di lusso ha rallentato l’occidentalizzazione della società russa. Per esempio, lo stesso piumino Loro Piana  indossato da Putin per l’anniversario della riunificazione con l’Ucraina non è più in vendita in Russia da molti anni.

Le ville italiane degli oligarchi

f)Sequestro dei beni degli oligarchi

Veniamo infine a una misura tanto conclamata: il sequestro dei beni degli Oligarchi.

Ricordiamo che gli Oligarchi sono una classe sociale emersa con la Perestrojka, grazie a cui i vertici della nomenklatura crearono piccole società finanziarie all’ estero, intestate a se stessi, su cui dirottarono un certo numero di fondi neri, per sostenersi in caso di caduta del sistema. Il fallimento dello stato sovietico rese poi controversa la proprietà di vari beni statali, il che consentì accordi informali con ex funzionari dell’URSS (principalmente in Russia e Ucraina) come un mezzo per acquisire proprietà statali.

Gli oligarchi si appropriavano dei nuovi strumenti di business creati dalla Perestrojka, come licenze di importazione e posti direttivi nelle joint-ventures con gli stranieri, grazie a cui alimentarono ancora le proprie società finanziarie. Al tempo delle liberalizzazioni, si ponevano in qualità di intermediari con i partner esteri che investivano nelle imprese di Stato, divenendone dirigenti. Al tempo delle prime privatizzazioni “improprie”, si riservarono parte del capitale sociale delle grandi imprese, favorivano i partner esteri e ingrossavano i loro conti all’ estero. Tutto ciò veniva giustificato con il fatto che occorreva creare dal nulla un nuovo ceto imprenditoriale. Si diede a tutto ciò una facciata di diritto commerciale, e, con il meccanismo delle privatizzazioni di massa, si favorì l’azionariato popolare, che fu presto riscattato dagli oligarchi con la complicità della mafia .Le bande mafiose in combutta con gli oligarchi si combattevano nelle strade per il possesso dei pacchetti azionari. Nel frattempo, tutti evadevano le tasse, lo Stato s’impoveriva e gli oligarchi acquisivano la cittadinanza straniera. A un certo punto, Putin cominciò a mettere sotto controllo le grandi imprese e gli oligarchi, facendo effettuare controlli fiscali a tappeto, finché ebbe la certezza che avrebbe potuto colpirli.

A quel punto, propose ad essi un patto, in base al quale, in futuro, essi avrebbero dovuto sostenere il Governo ed astenersi da azioni contrarie all’ interesse nazionale. Alcuni accettarono, altri rifiutarono, e Khodorkovski si mise addirittura in rotta di collisione con il Presidente, venendo incarcerato, poi graziato. Nel frattempo, le imprese energetiche, sottratte agli oligarchi, venivano nuovamente nazionalizzate.

Quegli oligarchi che non accettarono il patto con Putin pur senza opporsi apertamente, com’è il caso di Abramovich, spostarono il centro dei loro interessi all’ estero, e, in particolare, a Londra. Ora, sono essi ad essere colpiti. Ma questo non è certo contrario agl’interessi della Russia, che, degli oligarchi, avrebbe potuto  volentieri fare a meno! Grazie alle misure contro gli oligarchi e alla fuga delle imprese straniere, il capitalismo di Stato riprende forza, accrescendo ulteriormente la presa dell’Esecutivo per costruire una permanente economia di guerra (cosa che per altro sta facendo Draghi da noi, con la “golden share”, il bando delle imprese di Paesi ostili, i sussidi a tappeto, la richiesta di sempre nuovi fondi dell’ Unione per contrastare pandemia e guerra).

Google ha eseguito la censura
per ordine della Commissione

f)Internet

Putin aveva definito Internet come una  “operazione speciale della CIA”. Proprio così: una “spetsijalmaja operatsija”, come quella svolta ora in Ucraina dall’ Armata Russa. Certo, non vi è chi non veda quante e quali incidenze militari abbia il web, dallo spionaggio, alla diffusione di notizie false e tendenziose, alla censura militare, alla propaganda, all’ organizzazione di operazioni coperte.

Si è visto con Google Analytica, con la legislazione sulle fake news, con il silenziamento di Trump, con la censura su RT e Sputnik, con lo hate speech di Facebook contro la Russia, che queste non sono solo vuote parole, bensì la realtà di tutti i giorni, che condiziona tutte le nostre vite e, in particolare,  lo scontro militare in corso.

Si era anche detto che l’11 marzo, nell’ ambito delle contro-sanzioni, la Russia sarebbe addirittura uscita dal WorldWide Web, attuando un piano che era stato studiato da tempo per il caso di guerra, usando una tecnologia parallela  a quella studiata, per circostanze simili, dall’ India. Invece, in seguito alla decisione unilaterale di Meta di sospendere la propria policy sullo hate speech solo nelle proprie versioni dell’Europa Orientale e per le espressioni di odio indirizzate alla Russia, la Russia stessa ha avviato la procedura per fare definire Facebook e Instagram organizzazioni terroristiche, e nel frattempo ne ha vietato l’uso in Russia.

Abbiamo perciò una separazione molto parziale. Il che dimostra per l’ennesima volta il potere esorbitante dei GAFAM perfino in Russia.

In Russia arrestano
chi critica la guerra:
qui censurano i Russi
tout court

f) Censura militare

Questo è uno dei temi più controversi, perché, in generale, l’Occidente è nato con la presunzione, settaria, di avere sempre ragione, e, pertanto, di avere il dovere, morale e religioso, di convertire il resto del mondo. quanto tutti i Paesi abbiano adottato, nell’ultimo secolo, almeno qualcosa  della cultura occidentale, per l’ America, questo non basta mai. SI ha sempre l’impressione che gli altri siano pazzi, vivano in una bolla, manipolino la realtà.

Che la scoperta dell’America abbia avviato un genocidio; che India e Cina fossero nettamente superiori all’Occidente fino al 1850; che i popoli eurasiatici sostengano i loro governi, sono tutte cose a cui gli Occidentali, e, in particolare, gli Americani, non riescono a credere.

Lo stato di guerra ha portato questa situazione fino al parossismo. Le radiotelevisioni di tutti gli Stati sputano in continuazione servizi sulla guerra, dove ogni dettaglio è, in Russia e in Occidente, specularmente opposto. Se la guerra nasce dalla volontà di potenza immotivata di Putin, per la Russia essa nasce invece da una russofobia ancestrale che ha provocato il continuo tentativo di attaccare la Russia e smembrala; se per gli Occidentali la lentezza  dell’ avanzata dipende dall’ inefficienza dell’ esercito russo, per i Russi essa deriva dalla volontà di non colpire i civili, specialmente trattandosi di un popolo fratello; se, per l’Occidente, le difficoltà dei cittadini di Mariupol derivano dall’assedio da parte dei Russi, per questi ultimi derivano dal fatto che il Battaglione Azov, nato a Mariupol, ha tenuto per settimane in ostaggio i civili come scudi umani; se, per gli Occidentali, una strage si è svolta a Kiev per colpa dei Russi, per questi si tratta di una strage a Doneck, fatta dal Battaglione Azov…

Per migliorare la situazione, la UE ha messo al bando le emittenti e i siti russi, e la Russia ha adottato una severissima legge sulla censura militare, sicché i due mondi sono ermeticamente isolato.

Ma questo permette di realizzare al meglio la “Dottrina Putin”, che mira alla militarizzazione della società per meglio sostenere lo scontro con l’ Occidente.

La prima pagina ingannatrice di Massimo Giannini

3.L’Occidente sta favorendo il progetto di Putin

In effetti, l’enorme polverone sollevato serve a nascondere l’impotenza degli Europei a fare qualcosa per evitare questa guerra fratricida, che, a mio avviso, si sarebbe potuta benissino evitare (come quelle del Nagorno Karabagh, Cecenia, Transnistria, Croazia, Bosnia, Kossovo, Georgia, Donbass), se solo fosse stata perseguita, nel 1989, la proposta di Gorbachev e Mitterrand di una Confederazione Europea (cfr. precedenti post), alla quale ovviamente l’America si era sempre opposta

Ancora oggi, quel progetto sarebbe proponibile. Infatti, l’elemento scatenante della guerra in corso è stato costituito dal pluridecennale rifiuto, da parte dell’Occidente, di creare un sistema condiviso di sicurezza europea, proposto dalla Russia, alla quale la NATO ha risposto con sempre nuovi allargamenti della NATO, indotti da un’ ideologia secolare e conclamata di conquista del mondo (l’”Esportazione della Democrazia”).

Ebbene, la Russia, prima di compiere la propria “operazione speciale” in Ucraina, aveva inviato agli Stati Uniti e alla NATO:

a) due bozze di trattato sulla sicurezza europea, che gli USA avevano rifiutato di discutere;

b)un documento sintetico con l’elenco delle proprie richieste, il cui rifiuto è stato la base dell’ attacco in Ucraina.

Certo, vi è un salto logico fra le ben argomentate e formalizzate richieste agli USA e alla NATO inviate da Lavrov e l’attacco militare all’  Ucraina (che non è neppure membra della NATO,  e che quindi non avrebbe potuto, neppure volendo, dare alla Russia le garanzie ch’essa richiede). L’Ucraina ha quindi certamente ragione a lamentarsi di essere stata brutalmente messa in mezzo in questo modo, ma l’alternativa per la Russia sarebbe stata, come detto dallo stesso Biden, un attacco alla NATO,e, quindi una Terza Guerra Mondiale nucleare. Si noti che vi siamo più vicini che mai, perché i missili ipersonici “Kindzhal”usati dalla Russia per la prima volta nella storia, per non parlare della guerra chimico-batteriologica, sono l’ultimo passo prima della guerra nucleare.

La guerra in Ucraina, con la distruzione di tutti gli armamenti forniti nei decenni dalla NATO e con il salato conto petrolifero, costituiva dunque l’unica arma di pressione sulla NATO e su quei Paesi (come Svezia, Finlandia e Georgia), i quali, pur non facendone parte, si comportano già come se lo fossero.Orbene, fornendo alla Russia l’occasione per fare ciò che avrebbe avuto tutto l’interesse a fare già da tempo, ma che non aveva mai osato fare, l’ America hareso, un favore a se stessa e nel contempo anche all’ Amministrazione Putin, ricostituendo il bipolarismo e assoggettando più che mai gli Europei.

Studenti torinesi bruciano
bandiera NATO

4.Come andrà a finire?

Visto quanto sopra, è ben difficile predire come le cose evolveranno. Certamente, l’Europa esce da questa vicenda più debole che mai, perché, a causa dell’ assenza di una sua qualsivoglia politica estera e di difesa europea (con un Comando Europeo, una Dottrina Militare Europea, un Esercito Europeo, un’Intelligence Europea, una Force de Frappe europea, una cyberguerra europea, un’accademia militare europea, non può evidentemente dire nulla in trattative internazionali, come quelle di questi giorni, che sono basate su equilibri geostrategici, tecnologici, militari e intelligence. Infatti, i molti e pure lodevoli tentativi di Macron, Draghi e Scholz, d’inserirsi nei frenetici pourparlers fra i leaders dei grandi Paesi, sono stati frustrati e caduti nel ridicolo.

Borrell, von der Leyen e Michel non ci hanno neppure provato, pur essendo Russia e Ucraina due grandi Paesi europei di cui essi dovrebbero prendersi cura.D’altronde, di cosa avrebbero potuto parlare, se tutti gli argomenti seri (che sono molti) sono già stato affrontati (senza risolverli), da Russi, Americani, Ucraini, Turchi, Cinesi e Israeliani?

Certo, è’ umiliante essere Europei in queste condizioni. Se la Conferenza sul Futuro dell’ Europa deve avere un senso, esso sarebbe quello di colmare questoi vuoto.

Come procedere?

ALLEGATO

BOZZE DI DOCUMENTI SULLA NUOVA ARCHITETTURA DDI SICUREZZA UROPEA,INVIATE DALLA RUSSIA A AMERICA E NATO

17 December 2021

Agreement on measures to ensure the security of The Russian Federation and member States of the North Atlantic Treaty Organization

Unofficial translation

Draft

The Russian Federation and the member States of the North Atlantic Treaty Organization (NATO), hereinafter referred to as the Parties,

reaffirming their aspiration to improve relations and deepen mutual understanding,

acknowledging that an effective response to contemporary challenges and threats to security in our interdependent world requires joint efforts of all the Parties,

determined to prevent dangerous military activity and therefore reduce the possibility of incidents between their armed forces,

noting that the security interests of each Party require better multilateral cooperation, more political and military stability, predictability, and transparency,

reaffirming their commitment to the purposes and principles of the Charter of the United Nations, the 1975 Helsinki Final Act of the Conference on Security and Co-operation in Europe, the 1997 Founding Act on Mutual Relations, Cooperation and Security between the Russian Federation and the North Atlantic Treaty Organization, the 1994 Code of Conduct on Politico-Military Aspects of Security, the 1999 Charter for European Security, and the Rome Declaration “Russia-NATO Relations: a New Quality” signed by the Heads of State and Government of the Russian Federation and NATO member States in 2002,

have agreed as follows:

Article 1

The Parties shall guide in their relations by the principles of cooperation, equal and indivisible security. They shall not strengthen their security individually, within international organizations, military alliances or coalitions at the expense of the security of other Parties.

The Parties shall settle all international disputes in their mutual relations by peaceful means and refrain from the use or threat of force in any manner inconsistent with the purposes of the United Nations.

The Parties shall not create conditions or situations that pose or could be perceived as a threat to the national security of other Parties.

The Parties shall exercise restraint in military planning and conducting exercises to reduce risks of eventual dangerous situations in accordance with their obligations under international law, including those set out in intergovernmental agreements on the prevention of incidents at sea outside territorial waters and in the airspace above, as well as in intergovernmental agreements on the prevention of dangerous military activities.

Article 2

In order to address issues and settle problems, the Parties shall use the mechanisms of urgent bilateral or multilateral consultations, including the NATO-Russia Council.

The Parties shall regularly and voluntarily exchange assessments of contemporary threats and security challenges, inform each other about military exercises and maneuvers, and main provisions of their military doctrines. All existing mechanisms and tools for confidence-building measures shall be used in order to ensure transparency and predictability of military activities.

Telephone hotlines shall be established to maintain emergency contacts between the Parties.

Article 3

The Parties reaffirm that they do not consider each other as adversaries.

The Parties shall maintain dialogue and interaction on improving mechanisms to prevent incidents on and over the high seas (primarily in the Baltics and the Black Sea region).

Article 4

The Russian Federation and all the Parties that were member States of the North Atlantic Treaty Organization as of 27 May 1997, respectively, shall not deploy military forces and weaponry on the territory of any of the other States in Europe in addition to the forces stationed on that territory as of 27 May 1997. With the consent of all the Parties such deployments can take place in exceptional cases to eliminate a threat to security of one or more Parties.

Article 5

The Parties shall not deploy land-based intermediate- and short-range missiles in areas allowing them to reach the territory of the other Parties.

Article 6

All member States of the North Atlantic Treaty Organization commit themselves to refrain from any further enlargement of NATO, including the accession of Ukraine as well as other States.

Article 7

The Parties that are member States of the North Atlantic Treaty Organization shall not conduct any military activity on the territory of Ukraine as well as other States in the Eastern Europe, in the South Caucasus and in Central Asia.

In order to exclude incidents the Russian Federation and the Parties that are member States of the North Atlantic Treaty Organization shall not conduct military exercises or other military activities above the brigade level in a zone of agreed width and configuration on each side of the border line of the Russian Federation and the states in a military alliance with it, as well as Parties that are member States of the North Atlantic Treaty Organization.

Article 8

This Agreement shall not affect and shall not be interpreted as affecting the primary responsibility of the Security Council of the United Nations for maintaining international peace and security, nor the rights and obligations
of the Parties under the Charter of the United Nations.

Article 9

This Agreement shall enter into force from the date of deposit of the instruments of ratification, expressing consent to be bound by it, with the Depositary by more than a half of the signatory States. With respect to a State that deposited its instrument of ratification at a later date, this Agreement shall enter into force from the date of its deposit.

Each Party to this Agreement may withdraw from it by giving appropriate notice to the Depositary. This Agreement shall terminate for such Party [30] days after receipt of such notice by the Depositary.

This Agreement has been drawn up in Russian, English and French, all texts being equally authentic, and shall be deposited in the archive of the Depositary, which is the Government of …

17 December 2021

Treaty between The United States of America and the Russian Federation on security guarantees

Unofficial translation

Draft

The United States of America and the Russian Federation, hereinafter referred to as the “Parties”,

guided by the principles contained in the Charter of the United Nations, the 1970 Declaration on Principles of International Law concerning Friendly Relations and Cooperation among States in accordance with the Charter of the United Nations, the 1975 Helsinki Final Act of the Conference on Security and Cooperation in Europe, as well as the provisions of the 1982 Manila Declaration on the Peaceful Settlement of Disputes, the 1999 Charter for European Security, and the 1997 Founding Act on Mutual Relations, Cooperation and Security between the North Atlantic Treaty Organization and the Russian Federation,

recalling the inadmissibility of the threat or use of force in any manner inconsistent with the purposes and principles of the Charter of the United Nations both in their mutual and international relations in general,

supporting the role of the United Nations Security Council that has the primary responsibility for maintaining international peace and security,

recognizing the need for united efforts to effectively respond to modern security challenges and threats in a globalized and interdependent world,

considering the need for strict compliance with the principle of non-interference in the internal affairs, including refraining from supporting organizations, groups or individuals calling for an unconstitutional change of power, as well as from undertaking any actions aimed at changing the political or social system of one of the Contracting Parties,

bearing in mind the need to create additional effective and quick-to-launch cooperation mechanisms or improve the existing ones to settle emerging issues and disputes through a constructive dialogue on the basis of mutual respect for and recognition of each other’s security interests and concerns, as well as to elaborate adequate responses to security challenges and threats,

seeking to avoid any military confrontation and armed conflict between the Parties and realizing that direct military clash between them could result in the use of nuclear weapons that would have far-reaching consequences,

reaffirming that a nuclear war cannot be won and must never be fought, and recognizing the need to make every effort to prevent the risk of outbreak of such war among States that possess nuclear weapons,

reaffirming their commitments under the Agreement between the United States of America and the Union of Soviet Socialist Republics on Measures to Reduce the Risk of Outbreak of Nuclear War of 30 September 1971, the Agreement between the Government of the United States of America and the Government of the Union of Soviet Socialist Republics on the Prevention of Incidents On and Over the High Seas of 25 May 1972, the Agreement between the United States of America and the Union of Soviet Socialist Republics on the Establishment of Nuclear Risk Reduction Centers of 15 September 1987, as well as the Agreement between the United States of America and the Union of Soviet Socialist Republics on the Prevention of Dangerous Military Activities of 12 June 1989,

have agreed as follows:

Article 1

The Parties shall cooperate on the basis of principles of indivisible, equal and undiminished security and to these ends:

shall not undertake actions nor participate in or support activities that affect the security of the other Party;

shall not implement security measures adopted by each Party individually or in the framework of an international organization, military alliance or coalition that could undermine core security interests of the other Party.

Article 2

The Parties shall seek to ensure that all international organizations, military alliances and coalitions in which at least one of the Parties is taking part adhere to the principles contained in the Charter of the United Nations.

Article 3

The Parties shall not use the territories of other States with a view to preparing or carrying out an armed attack against the other Party or other actions affecting core security interests of the other Party.

Article 4

The United States of America shall undertake to prevent further eastward expansion of the North Atlantic Treaty Organization and deny accession to the Alliance to the States of the former Union of Soviet Socialist Republics.

The United States of America shall not establish military bases in the territory of the States of the former Union of Soviet Socialist Republics that are not members of the North Atlantic Treaty Organization, use their infrastructure for any military activities or develop bilateral military cooperation with them.

Article 5

The Parties shall refrain from deploying their armed forces and armaments, including in the framework of international organizations, military alliances or coalitions, in the areas where such deployment could be perceived by the other Party as a threat to its national security, with the exception of such deployment within the national territories of the Parties.

The Parties shall refrain from flying heavy bombers equipped for nuclear or non-nuclear armaments or deploying surface warships of any type, including in the framework of international organizations, military alliances or coalitions, in the areas outside national airspace and national territorial waters respectively, from where they can attack targets in the territory of the other Party.

The Parties shall maintain dialogue and cooperate to improve mechanisms to prevent dangerous military activities on and over the high seas, including agreeing on the maximum approach distance between warships and aircraft.

Article 6

The Parties shall undertake not to deploy ground-launched intermediate-range and shorter-range missiles outside their national territories, as well as in the areas of their national territories, from which such weapons can attack targets in the national territory of the other Party.

Article 7

The Parties shall refrain from deploying nuclear weapons outside their national territories and return such weapons already deployed outside their national territories at the time of the entry into force of the Treaty to their national territories. The Parties shall eliminate all existing infrastructure for deployment of nuclear weapons outside their national territories.

The Parties shall not train military and civilian personnel from non-nuclear countries to use nuclear weapons. The Parties shall not conduct exercises or training for general-purpose forces, that include scenarios involving the use of nuclear weapons.

Article 8

The Treaty shall enter into force from the date of receipt of the last written notification on the completion by the Parties of their domestic procedures necessary for its entry into force.

Done in two originals, each in English and Russian languages, both texts being equally authentic.

LA GUERRA AL TEMPO DELLE MACCHINE INTELLIGENTI Dalla politica Estera e di Difesa al controllo sull’AI

Non ostante tante voci inascoltate, l’Europa è sempre più in ritardo

La guerra in corso in Ucraina sta costringendo i nostri abulici cittadini e le nostre deviate istituzioni a prendere atto che le promesse di Fine della Storia e di Pace Perpetua erano assolutamente irrealistiche, e che, anzi, le guerre contemporanee assumono, grazie alle nuove tecnologie, contorni sempre più inquietanti, per ciò che riguarda il postumanesimo, la militarizzazione della società, il keynesismo militare e l’intolleranza culturale. Tuttavia, l’interpretazione che ne viene data dal “mainstream” è estremamente riduttiva. Secondo questo “trend”, l’Europa pacifica sarebbe stata costretta suo malgrado ad “accorgersi”che ci sono anora delle malvagie forze che si oppongono, anche militarmente, alla vittoria mondiale dell’ Occidente. Per questo, l’ Europa dovrebbe armarsi un poco di più in difesa dell’ Occidente stesso.

La realtà che si rivela chiaramente negli ultimi avvenimenti è ben più profonda: l’utilizzo , da parte delle Macchine Intelligenti, dell’ opportunità dello scontro fra gli USA e il resto del mondo per prendere finalmente il controllo sulla società mondiale.E, per fare ciò, i post-umanisti hanno preso ufficialmente il controllo del Parlamento americano, che sta eseguendo fedelmente i diktat dell’ ex CEO di Google, Eric Schmidt, mentre bloccano gli sforzi delle autorità americane (per esempio, l’Antitrust) di bloccare il loro potere ormai sterminato.

L’Europa dovrebbe armarsi, più che contro le minacce “tradizionali”, per le quali è palesemente impreparata, alla guerra culturale per il controllo sulle macchine intelligenti.

Le macchine prendono
il controllo

1. Superate perfino le fantasie transumaniste di Manuel De Landa

Keelan Balderson  scrive su  @altnewsuk che i Ministeri inglese e tedesco hanno pubblicato uno studio in cui chiedono ai rispettivi parlamenti di abrogare i vincoli che oggi frenano l’uso, da parte  delle Forze Armate, delle varie forme di  “Enhancement” oggi disponibili: tecnologie indossabili, droghe psichedeliche, editing genetico, bioingegneria, esoscheletri, apparecchi per l’incremento della sensibilità e interventi invasivi, quali interfacce fra il cervello e la rete. Si parla di applicare queste tecnologie ai militari anche contro la loro volontà, applicando il principio dell’ obbedienza agli ordini.

Il documento giunge perfino ad affermare che l’Enhancement potrebbe  produrre un miglioramento morale, perché servirebbe a prevenire attività illecite.

La prefazione del documento si compiace del progressivo abbandono del tradizionale divieto di queste tecnologie, che dovrebbe portare perfino a una modifica dei principi etici consolidati: “The impact of legislative changes on moral beliefs is also important, with some evidence suggesting that changes to morality are often caused by legislative changes.” Addirittura,  “Defence, however, cannot wait for ethics to change before engaging with human augmentation.”

Anche il “NATO’s Innovation Hub” ha pubblicato  un documento sul “cognitive warfare” -, una dottrina mirante alla militarizzazione delle scienze del cervello, con lo scopo di risolvere l’eterno problema di “liberare l’umanità dai limiti del corpo”, che neppure la religione era mai riuscita ad affrontare.

Per studiare come raggiungere, nel 2040, la superiorità strategica in questo campo sopra i propri avversari, la NATO ha commissionato un romanzo distopico  in cui si immagina che, nel 2039, da autopsie condotte su  soldati cinesi morti in Zambia combattendo, sulla Via della Seta, contro gli Americani e gli Australiani,  si sarebbe stabilito che i soldati morti erano dei “superuomini” prodotti in laboratorio mediante l’editing genico, in modo da fornirli di muscoli rinforzati, visione notturna,  “resistenza alla privazione del sonno, sete, calore e umidità estremi.” L’anno successivo, sarebbe stata dichiarata la “cognitive war” .

Secondo il documento, “human mind should be NATO’s next domain of operation.” Stranamente, i rapporti dell’intelligence americana si concentrano sullo stato di salute mentale del Presidente russo.

Queste notizie confermano le ormai classiche teorie espresse nel libro di Manuel de Landa, “La guerra al tempo delle macchine intelligenti”, secondo cui, vista a posteriori dal punto di vista della “Teoria del Caos”, la storia umana appare oramai come un semplice stratagemma evolutivo delle macchine (il “phylum macchinico”), per sviluppare la loro superiore intelligenza (il “Superuomo”, che, secondo la NATO, la Cina starebbe già realizzando).

In effetti,tutta  l’evoluzione della società umana è stata caratterizzata proprio dallo sviluppo di tipi di armi incorporanti una sempre maggiore “intelligenza”: pietra grezza e poi levigata; fuoco; armi da lancio e da taglio; metalli; fortificazioni; armature; eserciti; macchine da guerra; arte della guerra; strutture di comando; mezzi di locomozione; navi; polvere da sparo;  propaganda; fino ad arrivare alla criptazione e decriptazione, all’ energia atomica, alla missilistica, alla mutua distruzione assicurata, alle intercettazioni, alle armi autonome, e ora alle protesi, all’Enhancement, al condizionamento del cervello e ai cyberguerrieri.

Secondo De Landa, proprio questa funzionalità dell’uomo rispetto alle macchine, e delle macchine rispetto alla guerra, fa sì che sia oramai vicinissimo il superamento delle macchine sull’ uomo.

La stessa panoplia di mezzi elettronici che si sta dispiegando intorno alla guerra in Ucraina (visioni satellitari, guerra informativa, pagamenti swift, messa in allerta dei sistemi missilistici) fa presagire l’avvicinarsi di quella svolta. Sotto questo punto di vista, questa guerra costituirà un ottimo test.

Oramai, siamo tutti mutanti

2.I mutanti conquistano il mondo

Costituisce un topos classico della filmografia americana quello dei mutanti, che, arrivati sulla terra dallo spazio, esercitano una morbosa attrazione sull’ umanità, ma tutti coloro che entrano in contatto con loro diventano a loro volta mutanti. I mutanti sono un’evidente metafora del mondo digitale. Attraverso le ramificazioni dell’informatica, i GAFAM trasformano il mondo a loro immagine e somiglianza, fino a trasformare gli uomini in “déracinés” telecomandati (Huxley); in cyborg asessuati (Donna Haraway), in identità uploaded (Matrix).

Come illustrato nei post precedenti, l’ex amministratore delegato di Google, Eric Schmidt, ha costituito una fondazione con cui egli condiziona lo Stato Americano, riuscendo a produrre in legge straordinaria (la cosiddetta “Endless Frontier Act”), in discussione al Parlamento, con cui gli USA, allo scopo di superare la Cina in tecnologia, compiranno il massimo intervento pubblico in economia nella storia degli Stati Uniti.

I comportamenti delle parti in gioco nelle varie crisi internazionali (Palestina, Turchia, Serbia, Ungheria, Polonia, Ucraina, Russia) in termini di  “Nazionalità”, di “Impero”, di “alleanze”sono superati. Esiste un solo “Impero Sconosciuto” per dirla con il Papa. È quello occidentale, governato dal sistema informatico-militare controllato dai GAFAM. Le “nazioni” sono “dead men walking”, tenuti in piedi per fare guerre per procura e mascherare i veri giochi del Complesso Informatico-Militare. Non ha senso creare nuove “sfere di influenza”: occorre spezzare, per poi condividere, questa unica sfera d’influenza: quella del governo mondiale  dei GAFAM.

Elie Kadurie aveva dimostrato, nel suo ottimo libro “Nazionalismo” quanto le varie “nazioni” manchino di sostanza. Basti pensare a nazioni “inventate” recentissimamente (come i “Palestinesi” che sono nati solo dopo l’arrivo dei Sionisti, gli “Ucraini” che sono stati un’”invenzione” di Austro-Ungarici, Bolscevichi, neo-nazisti e Americani), ma si potrebbe cercare anche più lontano. Per esempio, secondo l’ Enciclopedia Britannica “A fully independent Ukraine emerged only late in the 20th century, after long periods of successive domination by PolandLithuania, Russia, and the Union of Soviet Socialist Republics (U.S.S.R.). Ukraine had experienced a brief period of independence in 1918–20, but portions of western Ukraine were ruled by Poland, Romania, and Czechoslovakia in the period between the two World Wars, and Ukraine thereafter became part of the Soviet Union as the Ukrainian Soviet Socialist Republic (S.S.R.). When the Soviet Union began to unravel in 1990–91, the legislature of the Ukrainian S.S.R. declared sovereignty (July 16, 1990) and then outright independence (August 24, 1991), a move that was confirmed by popular approval in a plebiscite (December 1, 1991). With the dissolution of the U.S.S.R. in December 1991, Ukraine gained full independence. The country changed its official name to Ukraine, and it helped to found the Commonwealth of Independent States (CIS), an association of countries that were formerly republics of the Soviet Union.”

Non si vuole dire che non si possano creare nuove identità, ma queste hanno un senso solo se hanno dimensioni o collegamenti così vasti, da poter aere un’influenza attiva sulla storia mondiale. Vale a dire creare identità che si pongano almeno allo stesso livello di sovranità dei GAFAM. Fino ad oggi, solo la Cina è riuscita in questo compito, creando i BATX ed assoggettandoli a delle leggi. Ben precise.

La sovranità, e perfino l’identità di un popolo, dipende, oggi,  da quanto essa riesce a condizionare almeno una porzione del complesso informatico-militare mondiale: l’”indipendenza tecnologica”.

L’indipendentismo tecnologico è la Cina

3.”Indipendentismo  tecnologico”

Questo strettissimo collegamento fra geopolitica e nuove tecnologie sta permettendo di comprendere correttamente il peso da attribuirsi alla “sovranità tecnologica” di ciascun Paese, di fatto un elemento centrale della geopolitica nel XX° secolo. Che altro erano stati, infatti, la Centrale “Dnieprostroi”,  costruita  dalla general Electric nella Russia staliniana, là dove si sta combattendo ancor oggi, quale parte integrante delle politiche di colcosizzazione e dello Holodomor; o “le armi segrete di Hitler”; il “Progetto Manhattan”; Enigma e il Biuro Cyfry polacco che l’aveva decifrato; il Bletchley Park inglese dove lavorava Turing ; le Conferenze Macy; i programmi spaziali sovietico e americano; il computer, la rete; OKO; Echelon; Prism; i social network?

Tutti avevano, e hanno, fatto sforzi inauditi per disporre delle tecnologie più sofisticate, e, di conseguenza, delle armi più sofisticate.

All’inizio del XXI° Secolo, quest’ elementare realtà, ben nota a tutti, sembrava dimenticata sotto la retorica dell’“Ideologia Californiana”, secondo cui, essendo noi oramai pervenuti alla Fine della Storia, quell’inesorabile millenario collegamento fra tecnologia e guerra sarebbe ormai venuto meno, perché la globalizzazione occidentale avrebbe cancellato l’alterità fra le idee e i popoli, e quindi la ragion d’essere di ogni tipo di conflitto. Di conseguenza, nessuna discriminazione in base alla nazionalità delle imprese. Cosa per altro applicata in pochissimi luoghi; meno che mai negli USA, dove ogni rapporto con l’estero è stato da sempre soggetto a penetranti controlli militari (Trading with the Enemy Act, Cocom, SFIU). Ho avuto modo di constatarlo personalmente nella mia attività lavorativa, in occasione di rapporti di affari e di collaborazione tecnologica con imprese americane. In pratica,l’America voleva che tutti liberalizzassero le loro economie, mentre essa ha praticato sistematicamente il “Keynesismo militare”, grazie al quale, attraverso il complesso buroocratico-militare, essa controlla l’economia mondiale.

Il dogma della “neutralità degli affari” aveva comunque incominciato a traballare con le rivelazioni di Echelon, Wikileaks e Prism, che dimostravano che l’informazione (militare, ma anche tecnologica ed economica) è sempre stata, ed è diventata sempre più, una fondamentale fonte di potere.  Ciò aveva legittimato, almeno in alcuni Paesi, come la Cina, la ricerca di tecnologie autonome, per minimizzare il controllo del sistema digitale americano, esercitato, tanto direttamente, quanto attraverso i GAFAM; questo sia in senso passivo (vale a dire ostacolando l’immissione di contenuti ostili –“Great Chinese Firewall”-), sia in forma attiva, favorendo un’industria nazionale del web (BATX), e, dopo, tutte le nuove tecnologie.

L’Economist ha pubblicato anche (“The Techno-Independence movement”, pag.52) i risultati di un’indagine su sei aree tecnologiche cinesi, fra cui vaccini, editing genetico, aerospaziale e microprocessori. Secondo la rivista inglese controllata dalla Famiglia Elkann, con una partecipazione minoritaria  dei Rothschild, naturalmente, la Cina, anziché ricercare l’indipendenza tecnologica, spendendo un sacco di soldi, farebbe meglio a risparmiare, e accontentarsi di fare da follower delle multinazionali americane.

Peccato che un altro articolo dello stesso giornale (“The Free Rider Continent”, a pag. 26) smentisca totalmente quest’ affermazione, mostrando in concreto come l’Europa, con la sua accettazione (se non “scelta”) di essere sempre un “follower” degli Stati Uniti, si sia ridotta molto male (l’Economist, alla fine,  sembrerebbe compiacersene).

Scrocconi e straccioni

4.“Un continente di scrocconi”

L’espressione “free-riders” (“scrocconi”), per designare gli Europei. era stata coniata da Trump. Secondo il Presidente, gli Europei sarebbero stati degli “scrocconi” perché, spendendo molto meno degli Americani per la difesa, godrebbero egualmente dei “benefici” di quella americana. Affermazione che potrebbe avere un senso solo se si ammettesse che (i) gli Europei non stiano spendendo nulla per la loro difesa (ii) abbiano eternamente bisogno di essere difesi da qualcuno (iii) che, grazie all’appartenenza alla sfera americana, gli Europei abbiano raggiunto risultati (almeno economici) apprezzabili.

Il che è quanto meno discutibile, e parzialmente negata nello stesso articolo.

Gli Europei spendono per la difesa almeno il doppio dei Russi, ma, proprio a causa del loro inserimento nella NATO, non raggiungono neppure una minima percentuale dell’efficienza dell’Armata Russa. In effetti, non hanno un’intelligence all’altezza di quelle delle Grandi Potenze e hanno una force de frappe modesta e senza condivisione a livello europeo. Soprattutto, non hanno una cultura e una dottrina militare comuni, utilizzando sempre e solo, di riflesso, quelle americane. Di conseguenza, non possono usare i loro eserciti, né come “prolungamento con altri mezzi della politica” (perché lo sono di quella americana), né  per il “Trickle down effect” sull’economia, perché non hanno mai prodotti innovativi, e, quando li hanno, questi sono copiati dagli Americani.

Secondo l’Economist, a questa situazione nel settore militare si aggiungono  situazioni simili nell’ ecologia e nelle nuove tecnologie. Gli Europei sarebbero convinti che, tanto, imitando gli Stati Uniti, si ottengono gli stessi risultati senza tanto sforzo. Cosa, anche questa, che avevo avuto modo di verificare io stesso con due indagini molto mirate nel Gruppo FIAT.

Dice giustamente l’Economist che, con questa politica, dopo tanti decenni, l’Europa non ha ancora raggiunto gli Stati Uniti (e, aggiungiamo noi, mentre la Cina sì). Infatti, sul breve periodo si possono conseguire risultati relativamente buoni (come durante le “Trente Glorieuses” dedicate alla ricostruzione), ma, a lungo termine, si tratta di una svendita del Paese ai Poteri Forti e ai concorrenti da essi controllati.

Secondo l’Economist, tutto ciò sarebbe dovuto al fatto che gli Americani lavorerebbero di più (anche 12 ore al giorno), mentre gli Europei “lavorerebbero solo 35 ore alla settimana e andrebbero in pensione giovani”. Stupisce che l’Economist sia così disinformato. In realtà,  come ben noto, da molto tempo, gli Europei in sostanza  non lavorano proprio, perché gli Americani hanno spostato tutte le posizioni lavorative interessanti (intellettuali, supermanagers, professionisti, tecnici) negli Stati Uniti, lasciando in Europa solo delle succursali che sono state progressivamente svuotate (es.p.es: Chrysler, Whirlpool…), sicché ci sono sempre meno offerte di lavoro, e, quelle poche che ci sono, sono dequalificanti. E, infine, quei pochi che lavorano (o che hanno lavorato) veramente, sono stati capacissimi, per difendere le nostre imprese contro la rapacità dei concorrenti internazionali, di lavorare perfino di notte, nei week-end e nelle ferie. Parlo anche qua per esperienza personale.

Coloro che, come la Famiglia Olivetti, avrebbero voluto creare in Europa aziende di avanguardia, le quali ci avrebbero permesso di eccellere in tutti i campi, a cominciare proprio dal militare, sono stati da tempo boicottati e bloccati. Sono sopravvissuti solo imprenditori antinazionali e antieuropei, che hanno trasferito altrove buona parte delle loro ricchezze, depauperando così ulteriormente l’Europa.

Finalmente, l’Economist dice qualcosa di vero a proposito del ritiro dell’Afghanistan e della guerra in Ucraina, vale a dire che essi hanno costituito una sorta di richiamo all’ordine per gli Europei, perchè qualcosa andrebbe comunque fatto  nel senso di una maggiore assertività. Tuttavia, conclude l’articolista, nell’ insieme, perfino questi fatti avrebbero dimostrato cheè più comodo e sicuro ricompattarsi dietro all’ America, senza pretendere di raggiungerla o di superarla.

Per stabilire se ciò sia vero, bisognerà vedere come andrà a finire il braccio di ferro fra Est e Ovest in Ucraina.

La dittatura dei virologi

5.Epistemocrazia

Donatella di Cesare critica giustamente su La Stampa l’impostazione  “superficiale e sviante” che i media mainstream stanno dando alla crisi ucraina (“scontro fra democrazie occidentali e autocrazia”), invocando una voce dell’Europa meno fanatica e più vicina a quella che è la visione filosofica dell’ Europa, e dunque di alto profilo. Tuttavia, in un altro articolo, questa volta sulla “La Repubblica” di Domenica, se la prende anche contro la tendenza del Governo Draghi verso l’’”epistemocrazia”, senza però andare a fondo della questione.

Si tratta in ambo i casi di due tendenze fanatiche e intolleranti, che è giusto stigmatizzare entrambe come fa Di Cesare. L’esaltazione irrazionale della “funzione di guida” della medicina sulla società ha raggiunto livelli grotteschi, con i virologi promossi a guide spirituali del Paese e “la Scienza” esaltata come l’unica vera religione. Questo fanatismo è un inequivoco avatar della “Religione della Scienza” dei Positivisti, che porta, come nel Socialismo Reale, verso la dittatura dell’unica ideologia “scientifica”, e un preludio della trasformazione degli uomini in Cyborg, secondo le aspirazioni di Musk e della NATO. Anche sotto questo punto di vista, essa ha un carattere totalitario, che ricorda la logica della “Distruzione della Regione” di Lukàcs, e la sua “Reductio ad Hitlerum”, giustamente citata da Di Cesare a proposito dell’orgia di russofobia in corso.

Eppure, non si può negare che l’”epistemocrazia”, o “epistocrazia” (Zhang Weiwei, Daniel A.Bell), stia prendendo piede in tutto il mondo, e che questa sia la causa prima della crescente centralizzazione di tutti i sistemi politici, nazionali e internazionali che tutti denunciano come “deficit di democrazia”, senza però comprenderne le cause.

Con l’arrivo della globalizzazione alla sua fase finale, in cui gli organismi direttivi dei continenti e dei subcontinenti debbono decidere in ogni istate su questioni complessissime e vitali (dall’intelligenza artificiale, alle pandemie,  all’equilibrio del terrore), rese più difficili dalle rivalità reciproche, è una mera illusione che i singoli cittadini possano avere qualcosa da dire sui massimi problemi del mondo, indipendentemente dalla forma di rappresentanza adottata, visto che non sanno neppure che cosa siano gli algoritmi, i virus e la Mutua Distruzione Assicurata). Sarebbe già una grande vittoria se almeno i vertici politici  e l’intelligencija fossero liberi dai diktat del Complesso Informatico-Militare.

Di qui l’”outsourcing” d’intere politiche alle multinazionali, la presa del potere da parte delle “burocrazie non elette” , il commissariamento d’interi Stati, i presidenti a vita, il potere militare…(il cosiddetto “deficit di democrazia”).

Quest’impotenza dei leaders perfino di una perfetta federazione mondiale del futuro è descritta magistralmente nella novella di Asimov, “Una decisione inevitabile”, in cui gli unici che possono decidere veramente qualcosa importanti restano i robot.

Il problema, a nostro avviso, è quindi l’opposto: perfino l’”epistocrazia” denunziata da Di Cesare (nello specifico, la dittatura dei virologi), è ancora troppo lontana dalla comprensione dei veri problemi generali (p.es., il controllo sui robot, la conquista dello lo spazio, la gestione della rete, Est e Ovest…). Tutto ciò richiederebbe, sì, delle grandi competenze, ma di un livello ben più elevato. Sopra i virologi, i “medici” a tutto tondo (come Ippocrate), e sopra i medici, gli “scienziati universali”. Sopra gli scienziati, poi, ancora i politici, e, come scrive giustamente Di Cesare, i filosofi.

Perché, come scrive arditamente Di Cesare,  “l’Europa è filosofia”, e solo con la filosofia si potrà decidere che cosa sia  l’Europa. Ma anche (e soprattutto) fuori dell’ Europa, stanno riprendendo forza (in Paesi che il “mainstream” depreca) ceti di  “politici-filosofi”, dotati di competenze generalistiche, come i “fuqaha” sci’iti (i giuristi islamici: in Iran “Vilayet-i-Faqih”, il “Governo del Giureconsulto”), o i membri del PCC, che rinverdiscono le glorie degli antichi “Ru” (“Mandarini”).

In ogni caso, tutte le classi dirigenti attuali in Occidente sono insufficienti a gestire la transizione digitale, e, se si vuole che l’Europa non diventi un mostro sottosviluppato,  militarizzato e anti-umano, occorre intraprendere un lungo cammino di pensiero e di azione. Incominciando dal distinguere fra l’”epistocrazia”, propria  del Re Filosofo,  e la “tecnocrazia” dell’ Intelligenza Artificiale e delle Banche Centrali.

Solo dopo, e grazie a, questo passaggio, si potrà agire politicamente per i sacrosanti obiettivi illustrati da Di Cesare, come evitare di “Perdere la Russia”, e, con ciò, aggiungiamo noi, l’Europa e l’Umanità stessa (Trubeckoj, L’Europa e l’U,anità).

L’Unione Europea ha paura di due siti?

6.La tirannide digitale

L’ambiente tecnologico in cui viviamo incide anche sulle modalità con cui la guerra, e, in particolare, la guerra informatica, viene condotta. Contrariamente, per esempio, alla Guerre del Golfo, ampiamente spettacolarizzate, la guerra in Ucraina viene condotta sostanzialmente fuori della portata delle telecamere (e degli smartphones). Il grosso dei combattimenti avviene in  steppe desolate. Le città vengono giustamente  evitate per non fare vittime. Esistono da subito corridoi umanitari per permettere l’evacuazione degli abitanti, ma questo rende la guerra ancor meno spettacolare. Quanto alla guerra aerea, essa è finita relativamente presto.

In questo contesto, le dichiarazioni ufficiali (che avranno un effetto pratico, semmai, con molto ritardo), e la censura militare e ideologica, restano le due cose a prima vista più evidenti. Molto difficile è capire che cosa realmente accada sul terreno, perché ambo i contendenti hanno interesse a minimizzare i fatti.

Inoltre, l’Occidente, e, in particolare, l’Europa, si distinguono per la loro faziosità. Si è partiti già da uno “zoccolo” molto importante di leggi liberticide, come quelle memoriali, i reati di opinione, il blocco automatico delle cosiddette “fake news”, la censura elettronica della “fact-checking”, il divieto dei “contenuti d’odio”;  a cui si aggiungono oggi vere e propri divieti della libertà di stampa, come il bando delle catene televisive Sputnik e RT, colpevoli di essere controllate dalla Russia, e, per ciò stesso, di “diffondere le bugie di Putin”(von der Leyen).

E a chi la Unione Europea ha “affidato” il compito di attuare il bando? Alla Google, che non se l’è fatto dire due volte. Alla Google è stato affidato il compito che oggi in Cina viene svolto dal “Great Chinese Firewall” (quello della censura). Allora si capisce perché i Cinesi abbiano fatto di tutto per non avere più Google fra di loro.

Nei momenti più caldi della Guerra fredda era stato tuttavia sempre possibile, nelle grandi metropoli,  acquistare la Pravda, il Renmin Zhibao, al-Mujahid, Fuerza Nueva, ecc… (senza contare i giornali “sovversivi” italiani, come “Potere Operaio”, “Lotta Continua”, “Ordine Nuovo”, “Nuova Repubblica” e “l’Orologio”). Oggi, invece, è perfino vietato seguire i canali russi. Ma di che cosa hanno paura i nostri governanti? Hanno veramente “la coda di paglia”.

Certo, queste inedite forme di censura mediatica si sposano con una più generale  imposizione della “correttezza politica” in ogni forma di espressione. Per esempio, sono state passate praticamente sotto silenzio notizie esplosive come quella secondo cui l’Associazione Nazionale Partigiani d’ Italia ha organizzato una manifestazione contro la guerra in cui ne ha attribuito la responsabilità alla NATO. Infine, “last but not least”, il sindaco di Milano, Sala, ha bellamente licenziato il direttore d’orchestra russo Valerij Gergiev, che doveva dirigere, alla Scala, l’opera russa “Pikovaja Dama” di Caikovskij, con l’incredibile motivazione che si era rifiutato di esprimere una condanna dell’intervento russo in Ucraina.

La cosa invece oggi non suscita nessuno stupore, perché, nel contempo, sono stati annullati anche i suoi concerti da qui alla prossima estate in tutti i Paesi occidentali. I teatri dell’ opera sono competenti ad adottare sanzioni militari? Un musicista non può più lavorare se non accetta di essere anche un agit-prop? Neppure i vecchi regimi totalitari pretendevano tanto.

Gergiev, è in pericolo anche di perdere diverse posizioni-chiave, tra cui il podio a Monaco di Baviera e la sua posizione di direttore onorario della Rotterdam Philharmonic Orchestra. non dirigerà più i Wiener Philharmoniker nella tournée negli Usa che vede l’orchestra viennese in programma alla Carnagie Hall di New York per tre date. Anche il sindaco di Monaco di Baviera, Dieter Reiter, ha lanciato un ultimatum, affermando che Gergiev deve condannare la “brutale guerra aggressiva contro l’Ucraina” di Putin prima di lunedì prossimo o sarà espulso dall’orchestra, tre anni prima della scadenza del suo contratto. Un avvertimento simile minaccia di cancellare il “Festival Gergiev” in programma per settembre.

La cantante Anna Netrebko, per protesta contro il trattamento riservato a Gergjev, non verrà alla Scala, dichiarando: “Non verro”, scrive. Le ragioni le aveva già spiegate il giorno prima precisando: “Non è giusto costringere un’artista a dare voce alle proprie opinioni politiche e a denunciare la sua patria”.

Invece, in Russia, gli oppositori, pochi o tani che siano, possono esprimere il loro dissenso dalla guerra. Il titolo scelto per la prima pagina della Novaja Gazeta  è stato «La Russia bombarda l’Ucraina», ei sottotitolo «Novaja Gazeta considera la guerra una follia, non vede il popolo ucraino come un nemico e la lingua ucraina”.

L’ultimo esercito europeo che s’è visto è quello del Principe Eugenio e Sobieski

7.Ora, tutti vogliono la Politica Estera e di Difesa Europea.

Come noto, il primo progetto di eserecito europeo era stato elaborato fin dal 1950 (5 anni dopo la fine della IIa Guerra Mondiale),  per poter integrare truppe tedesche nella difesa americana contro il nascente Patto di Varsavia, secondo quella che era stato addirittura una speranza di alcuni gerarchi tedeschi negli ultimi giorni del Reich. Per raggiungere questo fine, venne ideato da Jean Monnet (e poi presentato da René Pleven, primo ministro, e quindi detto “Piano Pleven” il progetto di  un esercito europeo da comporsi di sei divisioni, sotto il comando della NATO e gestito da un ministro europeo della difesa, con annesse istituzioni (sostanzialmente ricalcanti quelle della CECA),se vogliamo, sul modello (ma in formato ridotto) delle Waffen SS estere (create fuori della Wehrmacht e delle “vere” SS),  le cui 58 “legioni” erano state in gran parte appena sciolte a causa della sconfitta della Germania (ma alcune combatteranno ancora per anni sotto la denominazione di “Fratelli della Foresta”, in particolare quelle baltiche:  20. Waffen-Grenadier-Division der SS e   Legione Lettone). Come si vede, su 38  legioni di Waffen, circa una ventina non erano tedesche. E non erano neppure una cosa così lontana dall’oggi, perché, per esempio, il Batalion Azov, formazione paramilitare integrata nell’ esercito ucraino, ha esattamente lo stesso simbolo della 34 divisione SS, quella olandese, “Landstorm Nederland” (mentre il simbolo dell’ Euro è lo stesso della Divisione “Estland”) In seguito alla desegretazione della CIA, è stato reso accessibile il fascicolo  “Die national-ukrainische Widerstandssbewegung” or “Ukrainian national resistance.”, dove si vede che fra questi alleati della CIA c’era l’Unione degli Ucraini, ancora attiva sulla scena politica ucraina. Come si vede, l’idea di Putin. Di “de-nazificare l’ Ucraina” ha anche una qualche base storica fattuale.

Come le Waffen SS, così l’esercito europeo sarebbe stato subordinato a un esercito straniero (in questo caso, quello americano), e non avrebbe avuto, né marina, né aviazione, né intelligence. Pura carne da cannone. Come si può pensare che quello potrebbe costituire il modello per un esercito europeo del XXI° secolo?

Nel XXI° secolo, un vero esercito presuppone un potere politico sovraordinato (un governo con pieni poteri decisionali), un comando unificato (anche dell’arma spaziale e nucleare), un’intelligence, una cultura militare comune, un apparato di armamenti condiviso, una suddivisione funzionale e geografica, un’industria militare, un’interfaccia con i civili.

Alcune di queste cose (Governo, cultura condivisa) oggi proprio non esistono, e vanno create da zero. La Conferenza Internazionale dovrebbe creare le condizioni esterne della sua possibilità (per esempio con un percorso concordato per il ritiro degli Americani e per la messa sotto controllo europeo della “Force de Frappe”). Abbiamo già detto altre volte che, essendo l’Europa una “multi-level governance”, prima di modificare i Trattati dell’ Unione, occorrerà rivedere tutto ciò che sta loro intorno.

Riusciremo a riportare gli Europei su un piede di serietà?

8. La posizione del Movimento Europeo (Bruxelles, 28 febbraio 2022)

Che la conferenza sul futuro dell’Europa si stia chiudendo, come ha detto Mattarella, in un modo “grigio”, senza avere affrontato nessuno dei temi veramente importanti (quali quelli di cui parliamo qui), è, non soltanto, sotto gli occhi di tutti, bensì, ormai, addirittura un’ovvietà. Perciò, giustamente il Movimento si preoccupa che l’Unione si occupi di cose più serie, e, in particolare, del mantenimento della pace, che sarebbe stato l’obiettivo originario di Coudenhove Kalergi, di Spinelli e di Monnet, ma, di fatto, è stato completamente abbandonato a vantaggio di temi originariamente nemmeno previsti.

Il Movimento insiste perciò su “una Conferenza europea sulla sicurezza e sulla pace sotto l’egida dell’OSCE e delle Nazioni Unite ripartendo dagli accordi di Helsinki con l’obiettivo di sottoscrivere un trattato internazionale fra tutti gli attori coinvolti sul continente europeo superando l’azione in ordine sparso dei paesi europei e il quadro ristretto che portò Francia, Germania, Russia e Ucraina nel febbraio 2015 alla sottoscrizione dei ‘secondi accordi di Minsk’ che non sono mai stati rispettati e applicati dall’Ucraina e dalla Russia.”

Come scritto in precedenza, quest’obiettivo, giusto e realistico ( dato anche che i negoziati fra Russia e Ucraina sono già perfino in corso ai confini della Bielorussia), è insufficiente.

Proprio perché, tanto i Russi, quanto gli Europei Occidentali, considerano la guerra in corso come un momento storico di svolta (anche se in direzioni opposte), occorre oggi più che mai una profonda e coraggiosa riflessione degli Europei“tous les azimuts”, quale quella che stiamo promuovendo da 15 anni, per concentrarci sulle cose che veramente contano. Se questo si facesse, si riuscirebbe a comprendere su quali punti di base sarebbe possibile trovare un accordo, e, da questi, discendere alla soluzione delle questioni che sembrano oggi impossibili, riuscendo a trovare un punto di collegamento fra le attuali posizioni, che sembrano inconciliabili semplicemente perché si riallacciano a concetti obsoleti, ignorando le questioni essenziali dell’oggi.

In particolare, il risultato della Conferenza  sull’ Ucraina invocata dal  Movimento dovrebbe collegarsi con un’altra proposta del Movimento Europeo stesso, sulla Politica Estera e di Difesa Comune, che, per i motivi sopra elencati, non può essere sostanzialmente ancora quella della CED.Contestualmente, la Commissione europea deve aprire una riflessione sulle priorità del Next Generation EU, nato per far fronte all’emergenza della pandemia, finalizzato alla transizione ecologica e digitale e chiamato ora ad affrontare nuove e probabilmente più pesanti responsabilità.

Ma, ancora più urgentemente , ci dovrà essere una riflessione approfondita sulla guerra nell’ era delle macchine intelligenti e sulla loro messa sotto controllo, prima di trasformarci tutti in mutanti.

INTERESSE NAZIONALE, EUROPEO E DELL’UMANITA’ NELLA NUOVA PESC

 

                Palazzo Sponza a Dubrovnik

Sergio Fabbrini, rispondendo, il 26 gennaio, su “Il Sole 24 Ore”,a Galli della Loggia, ha sottolineato che, di fronte a velleitarie tentazioni micronazionalistiche, quali quelle di cui si è fatto portatore il professore sul Corriere della Sera del 22, occorrerebbe invece rilanciare una Politica Estera e di Difesa europea che tenga conto della posizione e del ruolo dell’Italia. A mio avviso, ciò si potrà fare solo tenendo presente l’imprescindibile corrispondenza biunivoca fra politica internazionale e politica tecnologica dell’Europa, nel quadro della Conferenza sul Futuro dell’Europa.

1.L’”outing” anti-europeo di Galli della Loggia

Cresce il numero dei “sovranisti” che negano l’utilità di una politica estera e di difesa dell’Europa, che altro non sarebbe, per costoro, che l’ennesima riaffermazione di un’egemonia franco-tedesca, a discapito di tutti gli altri Paesi d’ Europa. Quest’ideologia, diffusa da parecchi decenni negli ambienti euro-scettici, era nata sotto influenza americana, nel momento in cui, con l’allargamento della UE, era sorta la preoccupazione che un’Europa più forte potesse condurre una politica più indipendente da Washington, e, di conseguenza, indebolire il complesso politico-culturale occidentale. Non per nulla essa viene oggi ripetuta negli ambienti vicini a Bannon.Anche Galli della Loggia sostiene, in sostanza, la vecchia tesi che l’Italia, per difendere un non meglio definito “interesse nazionale”, dovrebbe diventare il cavallo di Troia nell’ Unione Europea degli USA contro Francia e Germania. Un’operazione certo non estranea alla visita a Roma di Bannon e ai finanziamenti americani appostati nel bilancio di Fratelli d’ Italia.

Che un’egemonia franco-tedesca esista, e sia, molto probabilmente, obsoleta, non lo si può negare. Essa aveva per altro radici nobilissime, che affondano nell’antico ruolo carolingio dei “Franchi”, intesi  come sinonimo (per esempio in Arabo) di “Europei” (al Franjiyyun), ed eredi dei Romani -nel Serment de Strasbourg, nel Trattato di Verdun, nei Gesta Dei per Francos,  e, più recentemente, in quelli dell’ Eliseo e di Aquisgrana-, oltre che in Fichte e in Herder. Per altro, con l’allargamento della UE e con le Nuove Vie della Seta, il mito dell’Europa Carolingia appare sempre più come una provinciale forma di “arroganza romano-germanica”, come la chiamava il Principe Trubeckoj. Tuttavia, il suo messaggio subliminale, che poteremmo definire come “gollista”, può applicarsi più che mai nell’attuale quadro europeo allargato.

Oggi, la posizione contraria all’ Europa Carolingia è stata dunque ripresa da Ernesto Galli della Loggia, il quale scrive di “un’opinione pubblica disabituata da sempre a pensare la realtà vera dei rapporti internazionali, quindi oscillante di continuo tra faziosità ideologiche e fanciulleschi utopismi a sfondo buonista. Dopo la fine della guerra fredda e il conseguente venir meno dell’importanza che la Penisola aveva avuto per mezzo secolo in quanto frontiera dell’Occidente con il blocco sovietico (da cui l’obbligatorio legame di stretta alleanza con gli Stati Uniti), non siamo stati capaci d’immaginarci alcun ruolo, alcuna priorità, alcuna linea d’azione nostri”.

Peccato che, poche righe dopo, lo stesso Galli della Loggia fornisca uno schiacciante esempio di questa incapacità, che invece apparentemente tenta di scongiurare: “In particolare non abbiamo capito che il progressivo concentrarsi del potere dell’Unione Europea nelle mani di Germania e Francia ci stava inevitabilmente sbarrando la strada verso i due teatri tradizionali della nostra politica estera. Cioè verso i Balcani – dove infatti ben presto l’influenza economico-politica e culturale tedesca si sarebbe dimostrata imbattibile – e verso l’Africa – dove fin dai tempi dell’Eni di Mattei la Francia era impegnata a contenderci lo spazio e a insidiare quello che avevamo già ottenuto (per esempio in Libia). E però, invece di cercare di contrastare questa deriva diciamo così oggettivamente antitaliana dell’Unione a trazione franco-tedesca (in realtà con Berlino vera padrona e Parigi sua vassalla) – magari cercando di costituire un fronte mediterraneo con Spagna e Grecia eventualmente appoggiato da una Gran Bretagna memore dei suoi trascorsi in quel mare – abbiamo fatto di tutto – in omaggio al nostro cieco supereuropeismo e anche perché gravati dalle condizioni paralizzanti dei conti pubblici – per restare agganciati comunque al duo Parigi-Berlino. Con il bel risultato che oggi vediamo in Libia e altrove”.

 

Che l’Italia debba concentrarsi su Mediterraneo e Balcani è un ritornello che ci sentiamo ripetere da tempo. Esso si basa su una visione razzistica dei popoli occidentali che debbono dominare e istruire i “popoli inferiori”, est-europei e afro-asiatici, e aveva trovato una continuità nelle raccomandazioni fatte alla FIAT dai servizi segreti americani, di concentrarsi, dopo la IIa guerra mondiale, nella “fabbricazione di automobili a basso prezzo destinate ai popoli balcanici e nordafricani”.

 

2.Una nuova missione universale dell’Europa

Il discorso su una “missione” dei popoli, se sfrondato dagli aspetti propagandistici, integralistici ed autocelebrativi, ha ancora un significato. Questo elemento progettuale è, infatti, quello che tiene uniti i popoli e gli Stati. Ma, nel 2020, gl’Italiani possano avere una qualsivoglia “missione”, o degli “interessi nazionali” in quei due territori, effimeramente conquistati per pochi anni durante la IIa Guerra Mondiale, è semplicemente insensato. Nei Balcani ci sono Grecia, Croazia e Bulgaria, che sono membre, come noi, dell’Unione Europea, e la Turchia, che è più forte di noi sotto tutti i punti di vista, ed è comunque un Paese associato e un membro della NATO. Tra l’altro, la Turchia è stata in grado di fabbricare un’auto elettrica completamente autarchica mentre noi abbiamo appena chiuso l’impianto (francese) di Bluecar a Ivrea e stiamo ancora balbettando di assemblare batterie (dopo avere venduto la Marelli ai Giapponesi).

La Croazia presiede quest’anno l’Unione e la Conferenza sul Futuro dell’Europa, insieme ad altri commissari slavi. Nel Mediterraneo, ci sono delle altre potenze non indifferenti, come l’Egitto e Israele, e vi si stanno affacciando prepotentemente la Russia, l’ Iran e le monarchie del Golfo. Che cosa vogliamo fare: andare nuovamente a governare quei Paesi? Affrontare i loro eserciti? A me sembra che siano piuttosto quei Paesi ad avere oggi un ruolo propositivo ed attivo nella politica internazionale, tale da influenzare l’Italia e l’intera Unione Europea, divenuti soggetti passivi della storia.

D’altronde, quando, proprio sulla Libia, abbiamo accettato le sirene di quel mondo anglosassone verso cui spinge Galli della Loggia, abbiamo combinato il più incredibile pasticcio mai visto in politica internazionale: regalare agli alleati un’egemonia sul Paese, appena pesantemente pagata a Gheddafi; violato vergognosamente un patto di non aggressione appena sottoscritto; partecipato al linciaggio del capo di Stato con cui avevamo appena firmato un trattato di riappacificazione-un crimine di guerra contro cui non si è levato nessun difensore dei diritti umani-; infine, scatenato la guerra civile libica e quell’incredibile fenomeno che è la corsa dei migranti verso i campi di concentramento libici e i barconi della morte. Per poi passare il tempo a strapparci le vesti per l’inspiegabile flusso di migranti.

Qui, più ancora che altrove  altrove, la visione ottocentesca della missione degli Stati Europei si rivela totalmente obsoleta, perché quelle “missioni” si riducevano a collaborare all’ implementazione di una Teoria dello Sviluppo totalmente irrealistica, che in realtà, ci ha portato fin sulle soglie della “Fine della Storia”(dove ormai ”la nostra casa brucia”) e, comunque, all’irrilevanza dell’ Europa e al suo appiattimento sugli Stati Uniti (la “Dialettica dell’ Illuminismo”). La vera missione che resta, all’ Italia e all’Europa (e, se vogliamo, anche al Mediterraneo), è veramente globale e universale: quella del contrasto “à tous les azimuth” alla Società delle Macchine Intelligenti, secondo le idee espresse, per esempio, del filosofo e politico tedesco Nida-Ruemelin. Di questa missione, il “Green New Deal” deve  costituire solo uno dei componenti, e neanche il più essenziale, perché, come affermato nell’ enciclica “Laudato sì”, un ambientalismo puramente tecnicistico e “quantitativo” costituirebbe solo un’operazione di marketing per l’industria verde e per la Società dell’ 1%, e, aggiungiamo noi, una cura omeopatica, volta a fare sopravvivere l’attuale  barcollante tecnocrazia fino alla vittoria del  post-umanismo.

In sostanza, dell’eredità romantica, è il momento di abbandonare  le posizioni di Fichte e Herder (missione delle nazioni) e Fiodorov (salvezza dell’ uomo attraverso la scienza), per adottare quelle, critiche della Modernità, di Kierkegaard, di Baudelaire, di Carlyle….

Questa nuova missione dell’Europa (e delle sue Nazioni e Regioni), si sposa, com’è normale che sia, con l’interesse “particulare” dell’Italia e dell’Europa, perché da sempre chi si pone come promotore di un interesse collettivo se ne ripropone un ruolo di leadership, che si spera anche adeguatamente compensato. Orbene, l’”interesse” dell’Italia e dell’ Europa è, da sempre, prima di tutto culturale e teologico:il ritorno alla  la “paideia” classica; all’”askesis” cristiana; all’Umanesimo italiano…: valori nella cui realizzazione noi eccelliamo. Sullo sfondo, si delinea un’alleanza fra le antiche civiltà “assiali”(mediterranea, indica, sinica….precolombiana?), sotto l’egida della “Nuova Via della Seta”. Un mondo tecnologico, ma dominato dalla cultura, graviterebbe innanzitutto su Roma, Firenze, Venezia, ma poi anche Atene, Parigi, Berlino, San Pietroburgo, Gerusalemme, Istanbul, e, infine, Hanzhou e Xi’an.

Nei fatti, quell’unione geopolitica e militare degli Europei, che non si era mai potuta realizzare con la forza, sarà fatta ben presto dalla cultura e dalla politica sotto l’urgenza dello stato di necessità, quando la crescente irrilevanza dell’Europa come continente ci avrà portati a un trend costantemente negativo nel PIL, alla perdita delle libertà collettiva e individuali, e sulla soglia della sparizione, sotto l’influenza della crisi economica e della disoccupazione digitale. Quando ci accorgeremo di essere oramai tutti taglieggiati, disoccupati, spiati e ricattati, e la guerriglia si sposterà dal Medio Oriente in Europa, allora capiremo che dobbiamo difenderci, e invocheremo finalmente un Esercito Europeo che lo faccia nel nome dell’Identità Europea. Speriamo che non sia troppo tardi.

  1. L’esercito europeo contro l’“Impero dei Robot”

Fabbrini, rispondendo a Galli della Loggia e tentando -finalmente- di spiegare che viviamo in una siffatta situazione pre-bellica, cita Colby e Mitchell di Foreign Affairs, che scrivono che ”con Trump gli USA hanno finalmente capito di essere entrati in una nuova epoca storica , quella della competizione tra le Grandi Potenze (nel loro caso, con la Cina in particolare). In questa epoca contano i rapporti di forza tra quelle potenze (che possono rendere necessari conflitti militari improvvisi oppure guerre prolungate), non già il rispetto di convenzioni multilaterali.”

Dobbiamo capirlo anche noi Europei.

Tra l’altro, poi, questo trend tende ad acuirsi ulteriormente, giacché il concentrarsi dei processi decisionali nell’ “Hair Trigger Alert”, nei social networks e nei programmi predittivi, nelle imprese digitali e nella cybersecurity, comporterà una continua riduzione a livello mondiale del numero dei centri direzionali, che tenderanno sempre più a unificarsi e a spersonalizzarsi, fino a che, con la guerra totale e con la migrazione verso lo Spazio, sopravviveranno solo più gli “agenti autonomi”(leggi automi), che tenderanno a sostituirsi, non solo all’ Uomo, ma perfino alla Natura. Questo è il programma da sempre ufficialmente sostenuto da Ray Kurzweil, direttore tecnico di Google. E, come scrive sul suo blog  Logan Streondj , il numero di robot supererà quello degli umani in un lasso di tempo che va dai  24 ai  39 anni, il che implicherà un conflitto fra le due categorie di esseri.

Un ”umanesimo digitale”, quale  sostenuto, per esempio, da Nida-Ruemelin, potrebbe ovviare a questa tendenza, non già arrestarla. Occorrerebbe invece una pratica filosofica e pedagogica olistica, capace di forgiare un’Umanità “Enhanced”, atta a dominare con lo spirito le macchine intelligenti. Nell’ambito di questo dominio si dovranno ovviamente concepire nuove forme di partecipazione umana, compatibili, in una prima fase, con la situazione altamente conflittuale che si sta preparando, e, in una seconda, con la liberazione di enormi energie sociali non più disciplinate dalle esigenze della produzione e dalle Grandi Narrazioni ad essa collegate. In questo senso dovrebbe esplicarsi la pretesa (fino ad oggi abusiva) dell’Europa, di costituire “un punto di riferimento per il mondo intero”(che anima l’ideologia dell’ Unione Europea ed è stata citata dal Papa nei suoi discorsi a Strasburgo).

In questo contesto, poi, l’Italia, che (contrariamente alla Savoia e al Regno di Sardegna) non è mai stata particolarmente efficiente come “macchina da guerra” (pensiamo a Lissa, a Caporetto, alle campagne di Grecia o di Russia), in un gioco di giganti digitali sarebbe semplicemente spazzata via. Per questo essa ha bisogno, più di molti altri Stati, di uno scudo europeo. Tale non è, come dimostrato nel precedente post, quello americano, data la completa obsolescenza tecnica dell’art. 5 del Trattato Atlantico. Ci dovrebbe essere una qualche forma di ripartizione di compiti, a cui l’Italia potrebbe contribuire con le proprie competenze di politica culturale e di tecnologie spaziali e navali, mentre altri dovrebbero mettere quelle digitali, di intelligence, strategiche…

Fabbrini suggerisce a questo punto, molto opportunamente, che l’Italia avanzi “una proposta di politica estera e militare sovranazionale, distinta da quella nazionale, che va preservata e razionalizzata”. Proposta molto appropriata, tenendo conto che l’Italia (come la maggior parte degli Stati membri) non si occupa attualmente di intelligence internazionale, di armi nucleari e spaziali, di gestione del web, di missili ipersonici militari, di regolamentazione internazionale del web, di corpi di pronto intervento internazionale, di guerra elettronica ed economica, di diplomazia culturale, e che, quindi, tutti questi compiti nuovi, che sono i più urgenti, non richiederebbero, da parte sua, nessuna “cessione di sovranità”, bensì la creazione “ex nihilo” di una Nuova Sovranità Europea.

Tuttavia, questa proposta finirebbe per cadere nel dimenticatoio, in quanto inutile,  come tutte le altre che l’hanno preceduta se:

a)non fosse inserita nella Conferenza sul Futuro dell’ Europa che sta per cominciare;

b)continuasse ad essere concepita come un succedaneo della CED, cioè come un raggruppamento di divisioni di fanteria europee sotto l’egida dell’esercito tecnologico americano, e finalizzato a puntellare qua e là la strategia di controllo del mondo da parte dell’ Apparato Informatico-Militare occidentale.

Per poter esistere, una vera Politica Estera e di Difesa dell’Europa dovrà costituire invece una forza nuova e originale del XXI° Secolo, e ciò non potrà avvenire se non al servizio dell’Umanesimo Digitale, non già a favore della diffusione universale dello “Sviluppo” tecnocratico. Si tratterebbe di un’inversione di rotta di 180° : le “minacce strategiche” ch’esso sarebbe chiamato a fronteggiare non sarebbero più, né quelle delle grandi potenze eurasiatiche, né quella del terrorismo internazionale, bensì quella della Società del Controllo Totale (il “Robottu Okoku”, l’ “Impero dei Robot” dei manga giapponesi, quello contro cui si scagliano da sempre i Supereroi delle fanzine):una società  che dovrà essere analizzata, regolamentata, controllata, smantellata e sostituita con un nuovo sistema mondiale di interfacciamento uomo-macchina, di cui l’Europa potrà mettersi a capo se disporrà anch’essa di un suo presentabile esercito tecnologico, da spendere al tavolo delle trattative internazionali. Tra l’altro, nessuna politica globale (a cominciare, come non si stanca di ripetere Rifkin, da quella ambientale) è possibile senza il completo dominio sulle tecnologie digitali, che l’ Europa dovrà procurarsi subito a qualunque costo.

Questa, del controllo internazionale sulle nuove tecnologie, non è certo una trattativa semplice (come hanno dimostrato ancora il Cop25), al punto che prima o poi sarà necessario un momento di discontinuità. Nessun imperativo eroico poterebbe essere condiviso più di questo da una generazione, come quella degli Anni ‘70 e ‘80, che è stata svezzata con i film di Mazinga.

DAL VERTICE NATO ALLA CONFERENZA SUL FUTURO DELL’ EUROPA

Il libro “La nuova guerra civile” dell’ anno scorso, tratta della distruzione dell’ Europa conseguente ai suoi dissidi interni

Come sempre, accolgo con interesse le iniziative del Professor Cardini, ultima fra le quali,  quella di concentrare, tramite il suo blog, sul rapporto con la NATO l’attenzione del pubblico, sollecitando i commenti dei lettori. Mi sembra infatti che il Presidente Macron, al di là delle sue contingenti prese di posizione, stia avviando proprio in questi giorni, con le sue esternazioni,  una vera e propria rivoluzione ideale sulla geopolitica dell’ Europa,  in termini che vale la pena di commentare testualmente: « J’essaie de comprendre le monde tel qu’il est, je ne fais la morale à personne. J’ai peut-être tort. »

A mio avviso Macron ha però torto almeno quando afferma che non si può rimproverare a qualcuno di non aver visto in passato ciò che si stava avvicinando ( « Peut-on reprocher à quiconque de ne pas l’avoir vu il y a cinq ou dix ans?)” .In effetti, le verità sulla NATO, sulla guerra informatica e commerciale e sulla società del controllo totale si potevano prevedere da almeno 20 anni, se non da 70, quando  noi ne avevamo appunto scritto. Cito solo alcune tappe fondamentali della rivoluzione esistenziale in corso:

-1941-1960: conferenze Macy sull’informatica;

-1968: “2001 , Space Odyssey” di Kubrick , realizzato insieme alla NASA;

-1993: conferenza alla NASA di Vernor Vinge sulla Singularity;

-2000: “The future does not need us”, di Bill Joy;

-2005, “The Singularity is near”, di Ray Kurzweil;

-2007: Prism;

-2011: “The Net Delusion”, di Evgeny Morozov;

-2013: fuga di Snowden.

Coloro che non hanno visto (o non hanno voluto vedere) queste realtà sono i leaders dei Paesi europei, che in teoria sarebbero pagati profumatamente per guidare il nostro Continente studiando il futuro, ma che invece hanno ben altre priorità.

Quanto ai cittadini europei, come scrive Cardini,”se la NATO bombarda da qualche parte tra Europa, Asia e Africa, ne siamo tutti responsabili. I nostri politici e i nostri media accettano la cosa come se fosse del tutto normale e ne parlano il meno possibile. Vorremmo impegnarci a modificare questa situazione: ad essere più coscienti, più attivi, più presenti. Magari a rimettere in causa anche le ragioni per le quali, in passato, tanti europei hanno riposto tanta fiducia e tanta speranza in quell’organismo. Lo meritava davvero, oltre settant’anni fa? Lo merita ancora, oggi? Chi decide al suo interno? Quanto ci costa? Quanto incide sulla nostra sovranità politica e territoriale? Tutti ne siamo corresponsabili, nessuno può tirarsi fuori: abbiamo coscienza di tutto ciò? O preferiamo seguire l’esempio di quanti, a proposito della Shoah, hanno detto ‘io non so, io non c’ero, io non ne sapevo nulla?’ ”

Perciò, raccogliendo l’invito di Cardini, dedichiamo anche noi questo post alla NATO e al Vertice di Londra di questa settimana.

La “Repubblica dei due Popoli”, vale a dire la Grande Polonia dei Secoli XVII e XVIII

1.L’”aurea libertà” dell’aristocrazia polacca e la distruzione dell’ Europa

Credo che la situazione attuale dell’Europa possa essere illustrata bene con l’esempio storico del declassamento e del crollo, nel XVIII Secolo, della “Repubblica Polacco-Lituana”, multinazionale e multiculturale, per due secoli il più grande Stato d’Europa, distrutto in duecento anni dalla fondazione per colpa della sua inadeguatezza istituzionale. Il Regno polacco, trasformatosi nel 1659 nella “Repubblica dei due Popoli” (comprendente anche Prussia, Paesi Baltici, Bielorussia, Ucraina, Moldova e un “Parlamento dei Quattro Paesi” ebraico), alla fine del XVII Secolo era retto dal principio del “Liberum Veto”, che prevedeva, per qualunque decisione, il consenso di tutti i membri della Dieta federale. Questo sistema, che assomigliava molto al sistema consensuale delle attuali Istituzioni europee, veniva definito apologeticamente come “Aurea Libertà”, perché garantiva un potere enorme ai ceti privilegiati; in realtà, esso condusse la “Repubblica”, nel giro di un secolo, alla sparizione e i suoi popoli all’ asservimento. Si diffuse in proposito un gioco di parole. Mentre i sostenitori dell’ Aurea Libertà avevano coniato il motto “Nie rządem Polska stoi, ale swobodami obywateli” (La Polonia prospera non per il suo governo, ma per le libertà cittadine), i critici ne leggevano l’incipit come “nierządem”, cioè ”disordine”: dunque, “La Polonia si regge sul disordine”. La stessa ambiguità vale per l’Unione Europea, dove viene oggi esaltato ogni genere di libertà, ma, in realtà, su qualunque argomento siamo condannati ad attuare semplicemente il volere di poteri esterni, che mirano al nostro asservimento e alla distruzione del nostro Continente, mentre chi ne trae profitto è soltanto una casta “bibéronnée dans les campus américains”(come scrive Le Monde Diplomatique), i cui lussi e i cui capricci vengono contrabbandati come “diritti umani” dall’ideologia del “liberalismo progressista”. Secondo Mearsheimer, infatti, lungi dal costituire una meritoria e disinteressata forma di impegno civile,  “l’egemonia liberale è una strategia di pieno impiego per l’establishment della politica estera”.

Un importante corollario del Liberum Veto era il divieto di riforme legislative senza l’unanimità dei notabili: “Nic nowego brzez nas” (“nulla di nuovo senza di noi(anche questo un possibile motto dell’Unione, dove gli stessi temi, e, in primis, la Politica Estera e di Difesa Comune, sono in discussione da ben 70 anni senza mai essere approdati a una qualche conclusione). Come si vede, la Polonia, lungi dal costituire un elemento estraneo nell’ Unione Europea, ne è  stata una sorta di anticipazione.

Il Liberum Veto spalancò ovviamente le porte alle potenze straniere, che corrompevano i nobili affinché esercitassero il loro voto contro le decisioni ad esse sgradite. In tal modo, la “Rzeczpospolita” divenne uno Stato a sovranità limitata, dove il re (in genere straniero) veniva scelto dall’ esterno, e, il più sovente, dallo zar di Russia. Quando però la Russia inviò proprie truppe in Polonia, il Re di Prussia reagì con un’avveniristica “covert operation”, immettendo sul mercato una gran quantità di monete polacche contraffatte, così provocando la crisi economica  che portò al crollo della “Rzeczpospolita”.Alla fine, Russia, Prussia e Austria invasero definitivamente la Polonia decidendo di cancellare completamente il Regno, e di dividersene i territori.

L’Unione Europea, sottoposta contemporaneamente al protettorato americano e all’influenza crescente di Russia e Cina, si trova oggi in una situazione molto simile a quella della Polonia del sei-settecento, in cui nessuno ha il diritto di agire tempestivamente in difesa della “ragion di Stato europea”. Ogni decisione viene bloccata dalla casta in nome di una pretesa “aurea libertà”, sicché è ovvio che le tre maggiori potenze mondiali, a cominciare dagli USA, per poi allargarsi ad altre, siano portate a ingerirsi nella vita politica interna dell’Europa attraverso influenze culturali e sociali e con la corruzione, che siano già passate dall’occupazione militare,  e si accingano ad arrivare ben presto alla spartizione (le cui linee iniziano ora a delinearsi). Ancor ora, questa situazione deteriorata viene esaltata come se fosse un’”aurea libertà”, ma non passerà molto tempo che se ne vedranno le incredibili conseguenze. Basti vedere che cosa è diventato il Medio Oriente grazie a un secolo di debolezza interna e di continue ingerenze esterne, senza nessuna potenza egemone interna che tenga fuori i guastafeste.

Rispetto alle due situazioni citate, quella dell’Europa di oggi si distingue però, come già detto, per il ruolo centrale dell’informatica (cfr par. 2, infra).

 

Jan Sobieski a Vienna, il sovrano che aveva portato la Grande Polonia al centro della politica europea

2.Finalmente parliamo di politiche estere “à tous les azimuts”

L’essenziale della riflessione di Macron è un brusco richiamo degli Europei al realismo sulla reale situazione geopolitica dell’ Europa :

«  l’Europe était guidée par une logique dont la primauté était économique, avec la conviction sous-jacente que l’économie de marché convient à tout le monde. Et ce n’est pas vrai ou plus. Nous devons tirer des conclusions: c’est le retour d’un agenda stratégique de la souveraineté. »

Un richiamo al realismo che trova un riscontro anche nella più recente politologia americana (per esempio, in John Mearsheimer).

Che bisogni tornare alla sovranità, è dimostrato innanzitutto dall’aggressione all’ Europa delle multinazionali del web: “Si nous n’agissons pas, dans cinq ans, je ne pourrai plus dire à mes concitoyens: ‘Vos données sont protégées’ »…Detto fatto, la Francia e l’Italia hanno finalmente introdotto una modesta web tax sui profitti delle multinazionali informatiche. Questo è bastato, a sua volta, a Trump per inasprire ulteriormente le sanzioni contro gli Europei, in primo luogo contro la Francia, ma il monito riguarda anche l’Italia, che, nella legge di Bilancio 2020, ha previsto un’aliquota del 3% per i colossi del web. Tuttavia, le ragioni vere del conflitto sono altre. Come hanno chiarito Evgeny Morozov, Shoshana Zuboff e Limes online, attraverso le “GAFA” l’America controlla globalmente le nostre società e le nostre economie. Una tassa del 3% non compensa affatto quest’ enorme drenaggio di cassa, e, soprattutto, di potere, che si potrebbe arginare solo “nazionalizzando i dati” degli Europei (cioè immagazzinandoli in Europa). Perciò, questa tassa, pur così osteggiata da Trump, è in realtà soltanto come il famoso “piatto di lenticchie” per il quale Esaù aveva rinunziato alla primogenitura.

Come si è potuti arrivare a questo punto? Per Macron, si sarebbe trattato di un colossale abbaglio ideologico, che aveva ingenerato una strana reticenza (io direi di censura) per tutta la problematica internazionale dell’ ITC, una reticenza che, sempre secondo Macron, è stata perfino “imposta”, da qualcuno (che Macron non nomina): « Je pense que l’agenda européen lui a été imposé pendant des années et des années. Nous étions trop lents sur de nombreuses questions. Nous avons discuté de ces questions. Mais ce n’était pas vraiment une question que nous voulions nous poser, car nous vivions dans un monde où les alliances étaient sécurisées et qui maximisait les échanges commerciaux ».

Si trattava in sostanza del mito della Fine della Storia, un’antichissima ideologia a cui si faceva finta di credere per compiacere l’America : » L’idéologie dominante avait une idée de la fin de l’histoire. Donc, il n’y aura plus de grandes guerres, la tragédie a quitté la scène, tout est merveilleux. L’agenda primordial est économique, non plus stratégique ni politique. En bref, l’idée sous-jacente est que si nous sommes tous liés par des entreprises, tout ira bien, nous ne nous ferons pas du mal. D’une certaine manière, l’ouverture indéfinie du commerce mondial est un élément de la paix.« Quello che il Papa ha chiamato “angelismo”: un’idea, quella del « doux commerce », nata per altro in Francia con Benjamin Constant e che ha avuto un lunga storia nel mondo anglosassone (l’ “internazionalismo liberale”).

Tuttavia, per dirla con Toni Negri,  si trattava di un imbroglio, ben presto scoperto : »Sauf que, dans quelques années, il est devenu évident que le monde était en train de se séparer, que la tragédie était revenue sur scène, que les alliances que nous pensions être indestructibles pouvaient être renversées, que les gens pouvaient décider de tourner le dos, que pourrait avoir des intérêts divergents. Et qu’à l’heure de la mondialisation, le garant ultime du commerce mondial pourrait devenir protectionniste. Les principaux acteurs du commerce mondial pourraient avoir un programme qui soit davantage un programme de souveraineté politique…. « 

Ingannati da quell’imbroglio, gli Europei  avevano dimenticato il ruolo direttivo della politica (tanto caro, per esempio, al Presidente De Gaulle):« D’une certaine manière, nous avons complètement abandonné ce qui était autrefois la ‘grammaire’ de la souveraineté, des questions d’intérêt général qui ne peuvent pas être gérées par les entreprises. » Quindi, Macron critica anche l’idea del « deperimento dello Stato », che, secondo l’ideologia mondialistica di fine ‘900, sarebbe stato sostituito dalle multinazionali : » Les entreprises peuvent être votre partenaire, mais c’est le rôle de l’État de gérer ces choses. »

Dunque, come per De Gaulle, «La politique d’abord, l’intendance suivra » . Sul piano delle politiche europee, quanto precede ha, come conseguenza, che si deve perseguire un sovranismo europeo, che sia comparabile a quelli americano e cinese. Infatti, meritano rispetto solo gli Stati che siano sovrani come l’ America e la Cina:« J’ai toujours dit à nos partenaires, qu’ils soient américains ou chinois: ‘Je vous respecte parce que vous êtes souverains’. Je pense donc que l’Europe ne sera respectée que si elle reconsidère sa propre souveraineté. »Dunque, con buona pace dei nostri « sovranisti », non può essere sovrano uno Stato che non abbia dimensioni comparabili a quelle di America e Cina, anche se la nostra classe dirigente, priva di un proprio orientamento culturale, non si muoverà in tal senso se non quando vi sarà portata da qualcun altro.

E, in effetti, la causa prima della debolezza, nel ‘700, della Polonia, e, ora, dell’Europa, è quella di non possedere al suo interno, come i suoi vicini, un soggetto politico forte (ieri, come le imperatrici di Austria e di Russia e il Re di Prussia, oggi, come  i presidenti americano e cinese), in grado di coniugare diplomazia, lobby e forza militare, senza essere intralciato nelle sue politiche estera e di difesa.

La corsa verso l’informatica proprio deriva dal fatto che l’America s’illude di poter realizzare artificialmente una “fine della Storia” a proprio favore attraverso il monopolio dell’ ICT(come dimostra l’isteria contro l’uso di tecnologie Huawei), attraversando così indenni questo momento sfavorevole (Caracciolo, Mearsheimer).

Infatti, la situazione è complicata dal fatto che la politica estera e di difesa è ormai  essenzialmente una questione cibernetica, e l’Europa, che non ha un potere digitale unitario, ma, anzi, è completamente immersa nel sistema digitale americano, non ha alcun margine di manovra, in nessun senso. Infatti, i dati dei nostri cittadini, delle nostre imprese e dei nostri eserciti, sono tutti immagazzinati nei server di Salt Lake City, che, come è stato confermato dalla sentenza Schrems, sono completamente disponibili alle 16 agenzie americane di intelligence, per effetto di leggi ormai secolari, che -Obama ha dichiarato- l’America non abrogherà mai. In una notte in cui, come nel 1983, qualcuno dovesse decidere, come il tenente colonnello Petrov, se schiacciare o no il pulsante della 3° Guerra Mondiale, quel qualcuno non saremo sicuramente noi, e la nostra posizione non sarà certamente considerata da nessuno, se non nel ruolo di bersagli (vedi testate nucleari americane permanentemente montate sui nostri bombardieri, come ricorda molto opportunamente Manlio Dinucci sul blog di Cardini).

Da questo problema fondamentale derivano tutti gli altri, per altro neppur essi irrilevanti. In una società completamente informatizzata, se non abbiamo la possibilità, ma neppure il diritto, di avere un’autonoma gestione dei nostri dati, non possiamo, né proteggere la nostra economia, basata sulla proprietà intellettuale, né avere una vita politica autentica, perché questa sarà sempre manovrata dai dossier segreti raccolti su di noi. E, se non possiamo avere, né un’economia autonoma, né una politica autentica, continuerà in eterno la nostra decadenza culturale, economica, politica e militare, fino al completo esaurimento di ogni nostra risorsa. E’ per questo che non siamo in grado di formulare i nostri progetti, né a breve, né a medio, né a lungo termine -perché intuiamo che, a meno di un miracolo, le cose non potranno se non peggiorare, e, comunque, la realizzazione dei nostri progetti non dipenderà da noi-. I nostri governanti possono solo fingere di governare.

In definitiva, per Macron la sovranità tecnologica europea dev’essere equidistante fra Cina e Stati Uniti« En ce qui concerne la 5G, nous nous référons principalement aux relations avec les fabricants chinois; en matière de données, nous parlons principalement de relations avec les plateformes américaines. »

Certo, quest’ obiettiva esigenza (intravvista, anche se a malincuore,  da tutti gli osservatori) è difficile da digerire per una classe dirigente nichilistica, che, formatasi nel XX secolo al marxismo e al sessantottismo, era riuscita con grande sforzo, per sopravvivere,  a  riconvertirsi al neo-liberismo occidentale, e ora si vede condannata allo sforzo di una  nuova migrazione intellettuale, per giunta  verso siti che nemmeno conosce.

La politica  mondiale è dominata da imperi assertivi, con cui l’ Europa non riesce a confrontarsi

3.L’Italia: scenario per eccellenza dell’ imbroglio “angelista”

Ciò che più assomiglia all’antica “Aurea Libertas” polacca è l’atteggiamento di sudditanza, al limite dell’alto tradimento (per usare un termine di Salvini), che i leader europei dimostrano verso quelli extraeuropei. Quando le varie fazioni americane vengono in Italia per farsi dare le prove pro o contro il Russiagate, Salvini preferisce dimettersi per non urtarsi con nessuno, soprattutto perché Trump ha appena officiato “Giuseppi”; e, tuttavia, per l’America Salvini non è ancora abbastanza allineato, sicché si fanno gli occhi dolci alla Meloni. Di Maio firma il memorandum sulla Via della Seta, ma, su richiesta degli USA, ne “sfronda” tutti i business più succosi, fino a far crollare le nostre esportazioni in Cina; poi, l’Ambasciatore cinese convoca a rapporto Beppe Grillo per una ramanzina, e l’Italia si astiene da commenti su Hong Kong, ma subito dopo permette a un oppositore anti-cinese di collegarsi via Skype con il nostro Parlamento. A questo punto, il Ministro degli Esteri cinese e l’ambasciata in Italia emettono una dura reprimenda. Siamo arrivati ad Arlecchino servo di due padroni. Non si era detto concordemente che tutti si devono astenere dalle ingerenze nella politica interna degli altri Stati, e che il commercio internazionale dev’essere libero? Giustamente, si afferma anche che quest’ultimo dovrebbe essere una competenza dell’Unione Europea. E, in effetti, ci sarebbero anche i “poteri impliciti” di quest’ultima Ma, quando pure ne avesse i poteri, essa sarebbe in grado di comportarsi in modo diverso dai leader italiani? La debolezza è degli Europei in generale, non solo dell’Italia o dell’Unione. Abbiamo una visione di quello che vogliamo essere fra 1, 5, 10, 20, 50, 100 anni, e di quali passi dobbiamo percorrere per arrivarci? Secondo Angelo Bolaffi, “ad oggi non c’è ancora un’idea precisa di quale possa essere questa ‘terza via’ e l’ Europa rischia per questo di essere schiacciata in una ‘global tech war’, nella guerra per il dominio globale della tecnologia”. Francamente, a me sembra di averla, questa idea, e di esprimerla. Tuttavia, sono i meccanismi viziati della comunicazione e del consenso che hanno, fino ad ora, reso impossibile la comunicazione dei contenuti genuinamente europei.

 

 

 

 

 

Arianespace, un’eredità gaullista

4.La  Conferenza fra funzionalismo e federalismo

Francia e Germania hanno proposto, forse tempestivamente, o forse già oltre il tempo massimo, di organizzare per il 2020 una “Conferenza sul futuro dell’ Europa”, in cui ci si ripromette di affrontare tutti i temi in sospeso. In particolare, Macron sembra intenzionato a porre la questione della difesa comune. Una volta tanto, concordo con il trafiletto di Sergio Fabbrini su “Il Sole 24 Ore”della scorsa domenica: “Viste le divisioni tra gli Stati membri, la Conferenza potrebbe finire per fare propria una visione continuista del futuro dell’ UE. Si tratta di un rischio perché non si esce dallo stallo in cui ci troviamo riscaldando la stessa minestra. Occorrerebbe invece cambiare il paradigma di riferimento dell’integrazione, riconoscendo con realismo l’insufficienza di quello fino ad ora predominante, il metodo funzionalista (basato sull’idea di un’integrazione continua) dovrebbe essere sostituito da un metodo federalista (basato invece sulla definizione costituzionale delle istituzioni e delle competenze dell’ UE)”.

Il problema è che nessuno si sofferma mai bene a vedere che cosa sono gli approcci, rispettivamente, “funzionalista” e “federalista”, di cui tanto si è parlato nell’ ambiente europeista. Il  funzionalismo è quella tendenza culturale, assolutamente attuale, che ritiene che tutte le realtà umane si possano ridurre a funzioni, traducibili in algoritmi, e trasferibili su altri “vettori”. Esso deriva dalla “religione della scienza” dei sansimoniani e prelude al transumanesimo. In politica, Mitrany lo usò per contraddire Spinelli, sostenendo invece la “Dichiarazione Schuman”, con l’idea che le collaborazioni su aspetti tecnici avrebbero sviluppato una “solidarietà di fatto” fra gli Europei. Questo significava pensare che gli uomini fossero uniti solo dall’economia, e non da motivazioni psicologiche, politiche o spirituali. Al contrario, il “federalismo” come lo concepiva originariamente Spinelli era un approccio rivoluzionario, con cui egli sperava di fare accettare, nella confusione postbellica, una federazione europea molto lontana dalle realtà di fatto dell’epoca. Spinelli si sbagliava, evidentemente perché, nel 1941 (al tempo del Patto Molotov-Ribbentrop), non si poteva ovviamente immaginare come sarebbe finita la IIa Guerra Mondiale, e, in particolare, che i pochissimi federalisti, come del resto buona parte dei leader antifascisti, non avrebbero avuto alcuna reale presa sugli aspetti militari, essendo tra l’altro la maggior parte restata in Svizzera, senza partecipare neppure alle operazioni partigiane. Il potere alla fine della guerra spettò pertanto agli Alleati, e, in piccola parte, alle burocrazie prebelliche, i quali appoggiarono, alla fine, almeno il progetto funzionalistico, ma con grandi tentennamenti, e non avrebbero comunque approvato il progetto federalistico di Spinelli, che mirava a togliere peso all’ apparato statale nazionale, alle lobby ad esso collegate e soprattutto alle potenze vincitrici.

Infatti, difficilmente una federazione viene creata pacificamente, come dimostrato dai casi degli USA, del Sudafrica,  dell’ URSS e dell’ India. Di qui il cosiddetto “machiavellismo” a cui furono costretti i padri fondatori delle Comunità Europee, e, in primis, di Spinelli, che tentarono di far passare comunque la loro impostazione, pur non avendo in mano delle grosse carte. Oggi, è escluso più che mai un colpo di mano di una parte di alcuni Europei nei confronti di altri, ma il temporaneo squilibrio di forza politica fra Macron, da un lato, la leadership tedesca azzoppata, dall’ altra, e, infine, quella degli altri Stati membri, è così ragguardevole, che Macron potrebbe anche tentare una forzatura, per esempio per ciò che concerne la politica estera e di difesa. Qui, Fabbrini, che pure teme, e giustamente, le solite rifritture, cade però anch’egli nel “déja vu”, quando paventa l’ipotesi che Macron “non la utilizzerà per avanzare la visione egemonica della Francia di De Gaulle”. Non capisco infatti in che altro modo si potrebbe fare avanzare una politica estera e di difesa europea in un mondo completamente digitalizzato, se non mettendo a disposizione dell’ Europa, attraverso un colpo di mano francese, un web autonomo da quello americano, così come De Gaulle aveva creato dal nulla (e messo a disposizione dell’ Europa), i missili balistici intercontinentali usati dall’ Ariane per i lanci civili e dall’Ente Spaziale Europeo e di Arianespace, i Treni ad Alta Velocità (TGV) per avviare le Reti Transeuropee, e, infine, l’ Airbus, per avviare un’industria europea aerospaziale e di difesa.

Per realizzare tutto ciò, Macron rilancia praticamente il decisionismo gollista : Je suis en faveur d’une efficacité accrue, d’une décision plus rapide et plus claire, d’un changement du dogme et de l’idéologie qui nous animent collectivement aujourd’hui.”Macron conta di utilizzare, a questo fine, i cosiddetti “poteri impliciti” della Commissione, in particolare attraverso le deleghe attribuite a Thierry Breton : « Sur bon nombre de ces sujets, la Commission européenne est compétente: le numérique, le marché unique et maintenant la défense dans le cadre d’une coopération renforcée. C’est d’ailleurs le portefeuille français de la prochaine Commission ».

Ricordiamo che, se non ci fosse stato De Gaulle, non avremmo neppure quello straccio d’integrazione “funzionalistica” che oggi abbiamo attraverso i “caMPIONI EUROPEI”, anche se, qualitativamente, non si discosta dalle soluzioni del XIX Secolo: la Società della Navigazione sul Reno, il Treno Mitropa e l’Orient Express, voluti dai Sansimoniani.

I Whistleblowers

  1. Un’occasione d’oro per dire la propria opinione

Certo, anche ora, nonostante la crisi dell’interventismo liberale,  neanche un’America “realista e nazionalista” come la vorrebbe Mearsheimer, potrà non “stare a guardare”, come dimostrato dalle rappresaglie sulla Web Tax, ma è questo il momento più propizio per l’ Europa per ingaggiar battaglia. Tutti coloro i quali, da 70 anni, non fanno che lamentarsi dell’Europa, vuoi perché troppo tecnocratica, vuoi perchè lontana dai cittadini, vuoi perché poco sociale, vuoi infine perché poco sovrana, non possono permettersi di restarsene inattivi dinanzi all’occasione fornita dalla Conferenza. Altrimenti, si rivelerebbe troppo chiaramente che le loro proteste sono meramente strumentali, per far sfogare la giusta rabbia degli Europei senza modificare lo status quo e non  attirarsi, così,  le ire dei poteri forti. Concordo però con Fabbrini sul pericolo che la Conferenza  si riveli un ennesimo giro a vuoto, anche perché già il documento preparatorio  elude i temi più scottanti.

Eppure, se la classe politica non ascolterà mai proteste motivate e vibrate dei cittadini, continuerà a comportarsi come Don Ferrante: “sopire, troncare, troncare, sopire”, fingendo di attivarsi e in realtà bloccando ogni tentativo di soluzione. Fattivamente, Cardini chiede a tutti di commentare sul suo blog i post sulla NATO, cosa che noi stiamo già facendo con questo articolo. Invito intanto tutti a partecipare a questo dibattito, tramite il blog di Cardini e/o il mio.

Certo che ci sono varie soluzioni alternative alla NATO, e sono precisamente quelle  di una difesa autonoma dell’Europa, come proposto, fra le righe, da Macron, e di una serie di  accordi con i Paesi vicini per la prevenzione dei casi di guerra, come accennato fin dall’ inizio da Putin e, all’ ultimo vertice, perfino da Stoltenberg.

Intanto, mentre l’America è un’”ideocrazia”, o , come diceva Chesterton, ”una nazione con l’anima di una Chiesa”, che ritiene suo dovere religioso quello di imporre a tutto il mondo, non soltanto l’adozione dei suoi sistemi economici e sociali, ma addirittura l’adesione ai suoi valori, e, perfino, alle sue idiosincrasie, l’Europa dice invece di credere nella diversità delle grandi tradizioni culturali del mondo, come testimoniato dai suoi grandi autori, come De Las Casas, Ricci, Goethe, Schopenhauer….

Secondo Mearsheimer, l’identità americana, al di là della prevalenza attuale del liberalismo progressismo, ha comportato sempre una qualche necessità d’ ingegnarsi nella vita di tutti i paesi del mondo, imponendo loro il proprio controllo -culturale, ideologico, giuridico, economico e militare-, mentre invece l’Europa non sente tradizionalmente questo bisogno, perché essa è, come dice il Papa, “poliedrica”. Ci sono in Europa Lapponi e Turchi, Irlandesi e Ebrei, Inglesi e Russi, ciascuno con sue tradizioni, religioni, culture, abitudini, esigenze e interessi diversi. Perché mai questi Europei dovrebbero andare in giro per il mondo, come pretenderebbe Stoltenberg, a bombardare, occupare, reprimere, indottrinare, per attuare gli ordini, le idee e gli interessi di qualcun altro? Non riesco a trovare argomenti validi  per contestare agl’Islamici le loro monarchie e repubbliche islamiche, così come noi abbiamo il Regno d’Inghilterra, con la Regina che è a capo, tanto della Chiesa ,quanto della Massoneria; né, ai Cinesi,  di organizzare il loro impero, di dimensioni uniche nel suo genere, con gli stessi criteri collaudati con cui l’hanno gestito con successo da cinquemila anni, e che assomigliano moltissimo a quelli della Chiesa Cattolica.

In secondo luogo, “America First” significa come minimo “Europe Second”. Ammesso che esista un “Occidente” e che i due popoli vogliano veramente coesistere, non si capisce perché trecento milioni di Americani pretendano di guidare in eterno almeno seicento milioni di Europei.

Ne deriva che le esigenze di difesa dell’Europa sono in ogni caso sostanzialmente più modeste di quelle americane, e possono essere soddisfatte con un minore costo e dispendio di energie, soprattutto se non fossimo più costretti a disperdere le nostre forze per obiettivi che non sono i nostri.Quindi, secondo Ezio Mauro, oggi manca proprio il collante storico politico, storico, culturale di un’ideologia comune alle due sponde dell’Atlantico, quello che fino ad ora era stato  costituito dalla fiducia nel progresso, che giustifichi la NATO: “L’alleanza è una pura, gigantesca sopravvivenza, che deve giustificare se sterssa in un mondo a-occidentale”.

Vorremmo impegnarci, come chiede Cardini, “a modificare questa situazione: ad essere più coscienti, più attivi, più presenti..” Nessuno s’illude che si tratti di un compito semplice. Come ha scritto Le temps, « bousculer la plus puissante coalition militaire mondiale ne suffit pas. Encore faut-il avoir un plan pour en modifier le cap. Et disposer des clés pour déverrouiller l’étreinte américaine”

Quello che i critici della NATO non fanno, e dovremmo o incominciare a fare noi, sarebbe proprio indicare dei punti di proposta alternativi, partendo dalla comprensione del ruolo della guerra nelle società del XXI Secolo, e, in particolare, del suo rapporto con i miti messianici come quelli del Progresso, dello Stato Mondiale e della Singularity. In secondo luogo, occorre effettuare uno studio dei possibili scenari geopolitici futuri, per comprendere quali siano le effettive esigenze di difesa dell’Europa nei prossimi decenni. Infine, occorre vedere quali strumenti esistano per fare fronte a queste esigenze. Solo allora si potrà effettuare un’analisi di dettaglio della NATO, nelle sue motivazioni, nella sua genesi, nel suo funzionamento. Infine, confrontando le esigenze dell’Europa con la realtà vera della NATO, occorrerà studiare una strategia per riuscire a svincolarsi dalla stessa, o a ridimensionarla, predisponendo per tempo un assetto alternativo che sia, nel contempo, possibile e necessario.

In sostanza, mettere in pratica la massima di Sun Zu “Se conosci te stesso e il tuo nemico, vincerai cento battaglie”.

1923: L’Europa si sveglia