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D.O.G.E. : UNA VITTORIA DELL’ IDEOLOGIA CALIFORNIANA

Il progressivo sovrapporsi della vittoria di Musk a quella di Trump costituisce l’immagine plastica di una mutazione epocale in corso in tutto il mondo, definita genericamente “crisi della democrazia”:

-nell’Impero Americano, il più grande guru dell’ informatica, un finanziere che già domina tutti i mercati strategici, preme (apparentemente, con successo) per essere nominato capo di un progettato “Department of Goverment Efficiency” (“D.O.G.E.”), destinato a porre l’intero Stato americano, che domina il mondo intero,sotto la tutela del Gruppo Musk;

-in Cina, la digitalizzazione si spinge fino a controllare ogni azione dei cittadini, la loro salute, i loro spostamenti;

-in Israele, l’intero popolo palestinese è controllato ininterrottamente dai vari sistemi digitali dell’Esercito e dei servizi segreti, e i ministri possono essere “licenziati” senza motivazione e senza alcun impatto sull’appoggio dei partiti al Governo; inoltre, il Paese, divenuto, grazie a quanto sopra, il massimo esperto mondiale di tecnologie di controllo, rivende queste ultime a tutti i Paesi del mondo;

-in Russia, gli organi governativi sono perennemente riuniti in una tele-conferenze con il Presidente, e perfino le loro relazioni individuali al Presidente sono trasmesse in diretta: il trionfo del “Talk Show”;

-nella UE, si sta preparando una sorta di “mobilitazione generale”(“Rapporto Niinistö),civile e militare,  e vige una censura generale pan-europea contro chiunque non sia allineato sul “politicamente corretto”(il “Digital Services Act”);

-in Ucraina, sono stati sciolti 11 partiti politici ed espropriata la maggior parte delle Chiese, colpevoli di essere restate fedeli al Patriarcato di Mosca.

E si potrebbe andare avanti all’ infinito…

In questo intervento, cercheremo di analizzare le ragioni di questo trend, con particolare riguardo al ruolo di Elon Musk nella nuova costellazione di potere conseguente alla vittoria di Trump.

1.Brave New Word (ll mondo nuovo)

Rivivono in Musk certi aspetti del bolscevismo originario, come il cosmismo (la “colonizzazione dello spazio di Tsiolkovskij,  di Vernadskij , di Bogdanov e del movimento ingegneristico kievano “Do Marsa”= “su Marte”).

Dovunque, l’accresciuta conflittualità fra il progetto  post-modernista incarnato dai GAFAM (le Grandi Piattaforme americane) e quello conservatore (rappresentato dai BRICS) -conflittualità ramificata attraverso tutti gli Stati del mondo-, ha generato una situazione di guerra strisciante e di preparazione bellica permanente fra i grandi Paesi, che rende inevitabile la centralizzazione di tutti i poteri intorno al rispettivo leader e al suo “cerchio magico”, per essere sicuri della rapidità della mobilitazione bellica, per mantenere intatta la retorica ufficiale, per evitare ogni “infiltrazione” ostile, per razionalizzare un’economia sinistrata in vista di una guerra prolungata, per contrastare le catastrofi derivanti dalla crisi ecologica…Questa centralizzazione si appoggia sulle nuove tecnologie digitali di controllo capillare della popolazione, che finiranno per risultare le uniche vere vincitrici di questo confronto, come scritto profeticamente da Manuel De Landa nel suo “La guerra nell’ era delle macchine intelligenti”.

In queste condizioni, che senso ha ripetere stancamente le retoriche della libertà individuale, della separazione fra Stato e Chiesa, della divisione dei poteri, della libertà di opinione, della “privacy” che avevano caratterizzato il XX° secolo? Qui si fa solo più a gara a chi abolisce più libertà, considerandosi ogni realtà indipendente come un focolaio di pericolo, in quanto è possibile che venga conquistato da un “nemico”, e usato per “destabilizzarci”.

L’insistere a tentare di spiegare tutto ciò con gli stereotipi del XX° Secolo è non solo inutile, ma anche sospetto, in quanto è molto probabile che si voglia nascondere in mala fede la realtà delle cose, e in particolare il fallimento di una cultura irrealistica (i “parametri utopico-liberali” di cui parla Giovanni Ursina), che per altro ha sostenuto le carriere di intere generazioni d’intellettuali e di politici.

Quando si attaccano,  con l’accusa di “democrazia illiberale”, alcuni Paesi dell’Unione Europea (Ungheria, Slovacchia) o della NATO (Turchia), in realtà si vuole condannare non già la loro pretesa illibertà, bensì la loro eccessiva indipendenza, che permette loro di non schierarsi al 100% con l’ America, divenendo così a loro volta un pericolo per il controllo centralizzato e militarizzato,da parte  da parte della stessa, degli “alleati” occidentali. Tuttavia, questi Stati  non fanno che ripetere in piccolo quello che già succede in grande nelle grandi potenze (a cominciare dagli Stati Uniti), e anticipando quello che accadrà ancora in tanti altri Stati. Essi debbono centralizzarsi per resistere ai potentissimi condizionamenti del Complesso Informatico-Digitale occidentale (di cui Musk è il tipico esempio)..

D’altronde, le contraddizioni della Modernità che stanno esplodendo ora, e, in particolare, quelle della “democrazia” occidentale, erano già iscritte fin dall’ inizio nel suo DNA. Per esempio, pur parlando di democrazia, lo stessoGeorge Washington ne criticava già,  in nome del “Repubblicanesimo”,  gli aspetti fondamentali: i partiti, il voto popolare e lo spirito di parte.

Il punto è che la democrazia è per sua natura illiberale. Mentre il liberalismo è un’ideologia tipica dell’ aristocrazia del ‘700 che lottava contro lo Stato assoluto inneggiando alla “liberalità” dei signori (pensiamo a Rochefoucauld), la democrazia è quella deriva delle antiche Poleis, denunziata fin da Omero (Tersite), per passare a Socrate, Aristotele e lo “Pseudo-Senofonte”, che le aveva portate ad essere dominate da un pathos plebeo, dalla demagogia, dall’“oclocrazia”(l’”apistos demos” di Aristotele), e, infine, dalla tirannide (i Trenta Tiranni). E che altro è il “trumpismo” (o il “populismo”:la “pancia” del popolo), se non lo spirito plebeo elevato a virtù civica, in quanto la più pura espressione del “popolo” tanto esaltato negli ultimi 200 anni?

“Democrazia illiberale” è un termine assolutamente equivoco, sia se usato in senso dispregiativo, sia usato in senso elogiativo, perché, nell’attuale gergo americaneggiante, tanto “democrazia” quanto “liberale” designano il contrario di quanto avevano significato per almeno mezzo secolo in Europa (per esempio, in “Democrazia Cristiana” e “Partito Liberale”). D’altronde, la traduzione del l’omonimo libro di Zakaria parla giustamente di “democrazia senza libertà”, che ben si attaglia a praticamente tutti gli Stati attuali. Sarebbe forse meglio parlare di  “sistema carismatico-rappresentativo”, in quanto esso  tenta di conciliare l’esigenza di un leader, provocata dalla mobilitazione generale mondiale, con le forme giuridiche della democrazia rappresentativa (così come, nel Principatus augusteo, l’esigenza di un principe provvidenziale veniva conciliata con le forme tradizionali del cursus honorum repubblicano)

Del resto, vi è sempre stato un legame fra “mobilitazione generale” e idolatria del “popolo”, che è quello che, come ben studiato da Jünger, aveva portato ai totalitarismi del 20° Secolo. L’unico modo per por fine alla mentalità da mobilitazione generale è far finire la Terza Guerra Mondiale, rendendo nuovamente possibile, all’interno di ciascuno dei blocchi concorrenti, una forma di pluralismo, non più accusabile di “intelligenza con il nemico”. Vediamo se Trump ne sarà veramente capace.

Questa situazione smentisce in modo definitivo la credenza che, nel XXI° secolo, possano avere ancora una qualche utilità le categorie di “Destra” e di “Sinistra”, ma anche di “Democrazia” e “Autocrazia”, essendo restata in campo solo la distinzione fra “governo degli algoritmi” (come quello che si è instaurato in America grazie alla convergenza delle azioni di Eric Schmidt e di Elon Musk) e il (almeno più “umano”) “governo del leader” (come quelli di Cina, Russia, India, Turchia..).

In questo contesto, l’Europa, disabituata a pensare dall’egemonia del “pensiero unico”, non sa più come orientarsi. Perfino coloro che, per un motivo o per l’altro, amerebbero defilarsi dal Governo delle Macchine Intelligenti, dell’America e della NATO, sono in seria difficoltà, visto che c’è una corsa sfrenata da parte di tutti ad accattivarsi la coppia, ormai onnipotente, “Trump-Musk”, mentre le effettive intenzioni di Trump non sono ancora neppure note. Come ha affermato sprezzantemente Putin, “ciò che manca all’ Europa sono i cervelli”.

La vicenda Trump-Musk dimostra almeno quanto siano ancora diverse l’Europa e l’America.

2.Il ruolo di Elon Musk nell’amministrazione Trump

Come anticipato, vogliamo qui concentrarci però su quella che appare come la vera novità del secondo mandato di Trump, il quale forse ha vinto in questo modo schiacciante non già per l’appoggio di nuove correnti di opinione o all’ “endorsement” di autorevoli “opinion leader”, bensì grazie a un impero finanziario e tecnologico -quello di Musk- che già domina l’Occidente, sui mercati dei media, delle biotecnologie, dell’ intelligenza artificiale, dello spazio,  dell’ autoveicolistica,  delle telecomunicazioni, essendo così in grado di pilotare l’intera società americana e di mettere in ombra gli stessi GAFAM “minori”. E, difatti, Musk ha messo a disposizione di Trump un congruo numero di miliardi, di cui una quota precisa dedicata al voto di scambio, oltre che l’accesso senza limiti e senza censura alla piattaforma “X”, quella che era stata un tempo Twitter, e che Musk ha comprato. Gli mancava solo il timbro di “Direttore tecnico degli Stati Uniti”,cosa che oramai sembrerebbe avere. Infine, è lui il migliore intermediario con Zelenskij, perché buona parte dell’ esito della guerra dipende dalla disponibilità, o meno, della rete Starlink.

Si è superato perfino il concetto marxiano di “Comitato d’affari della borghesia”: l’Amministrazione americana è il dominio privato di due imprenditori-soci, dei quali l’uno, il Presidente e il “junior partner”, anche se rappresenta formalmente lo Stato, ma l’altro, da “CEO”, controlla l’intera società, realizzando così il sogno tecnocratico di Saint-Simon. Altro che “conflitto di interessi”!

Il gigante aerospaziale SpaceX e Tesla di Musk sono entrambe tra le aziende che valgono di più al mondo al mondo. SpaceX è la seconda più grande azienda privata al mondo, con una valutazione di 210 miliardi di dollari. La società di veicoli elettrici Tesla è la decima società quotata, con una capitalizzazione di mercato di oltre 900 miliardi di dollari.

Musk ha una quota del 42% in SpaceX e una quota del 13% in Tesla, e ha anche quote di controllo in X, la piattaforma precedentemente nota come Twitter, e nella startup di intelligenza artificiale generativa xAI. Musk è di gran lunga la persona più ricca del mondo, con un patrimonio netto di circa 280 miliardi di dollari, più di 60 miliardi di dollari in più rispetto al secondo uomo più ricco, il fondatore di Amazon Jeff Bezos.

Ma, soprattutto, Musk incarna nel modo più trasgressivo la “hybris” del Postumanesimo, nei suoi aspetti più inquietanti: l’Intelligenza Artificiale Generativa, le microchip nel cervello, i twitter senza alcuna moderazione, la colonizzazione privata dello spazio, la disoccupazione tecnologica, la maternità surrogata.

In effetti, il progetto di Musk, cioè quello di ufficializzare il controllo dei GAFAM sullo Stato americano, e, con ciò, sull’ Occidente,  non è nuovo. Esso era stato teorizzato da Schmidt e Cohen nel loro libro “The New Digital Age”, concepito dai due autori nel 2003, nella Baghdad ridotta in cenere ed occupata dall’ esercito americano, in cui si suggeriva che Google avrebbe dovuto sostituire la Lockheed nel guidare l’America alla conquista del mondo (“Googleization of the World”). Ed è stato criticato da Evgeny Morozov  quale ultimo tentativo, da parte di una civiltà fallimentare, per bloccare l’esito della Storia, che, di per sé, starebbe voltando le spalle all’ Occidente.

Sempre Schmidt aveva incominciato a mettere in pratica quel progetto, con la creazione di NSCAI, la commissione incaricata dal Congresso di elaborare una strategia per contrastare il superamentodegli USA da parte della Cina, da cui nacque l’Inflation Reduction Act, con cui il Senatore Schumer si proponeva di “mettere fuori mercato il mondo intero”.

Ora, è stata colmata una lacuna nel progetto,  perché Musk (anche se aborre la California, preferendole il Texas) sta non soltanto teorizzando, bensì incarnando nella propria persona, la “ideologia californiana”, che fonde cultura nichilista e intelligenza artificiale, politica tecnocratica e monopolio universale.

Facendo ciò, egli ha dato un significato concreto all’ ideologia M.A.G.A., oscillante vagamente fra l’isolazionismo e il nazionalismo.

3.Il “programma di governo” di Musk

Musk, nonostante che provenga dal campo progressista e abbia sostenuto Trump solo da luglio, ne è divenuto ormai il compagno inseparabile, perfino nei colloqui con Zelenskij, anche se è improbabile che assuma un ruolo ufficiale. Egli ha, inoltre, affermato che “non è necessario alcun compenso, alcun titolo, alcun riconoscimento” per i suoi servizi (ampiamente compensati evidentemente dalla possibilità di difendere dall’ alto i propri interessi), guidando un “Dipartimento per l’efficienza governativa” (D.O.G.E.) che Trump ha pubblicizzato come  “Segretariato per la riduzione dei costi”, con l’obiettivo di tagliare da 2.000 miliardi di dollari o più dal bilancio federale (evidentemente subappaltando funzioni pubbliche alle multinazionali del web, e, in primis, a quelle di Musk, che è già l’insostituibile fornitore dell’ Amministrazione). In un’intervista al podcast Joe Rogan Experience ha detto che spera di “sgomberare il ponte” da regolamenti e agenzie federali indebiti e “ridurre le agenzie [federali] per renderle molto più piccole….assicurarsi che …si attengano a ciò che il Congresso ha autorizzato”.

D’altra parte, le aziende di Musk sono al lavoro anche in Italia per darsi assegnare (vedi scandalo S.O.G.E.I.) delle commesse strategiche, nell’outsourcing dei servizi pubblici, con le quali anche il nostro Paese diventerà dipendente da Musk per il funzionamento stesso dello Stato, così come stafacendo in America, e come avevano già fatto le Istituzioni europee con Microsoft.

Quali siano le sue intenzioni lo ha dimostrato ancora il 13 novembre, con un post sulla sua piattaforma dedicato alle sentenze dei giudici italiani (ed europei) circa i “paesi sicuri”. La forma e il contenuto del post costituiscono un esempio ineguagliato delo stile  di Musk, che interviene non sollecitato su una vicenda giudiziaria italiana ed europea, indicando una soluzione, le dimissioni dei giudici, che è agli antipodi, non solo dell’ ordinamento italiano, ma anche sull’ “ordine giuridico basato sulle regole” di cui l’ America si fa vanto. Per quanto sia pericoloso, e/o sgradito, essere sommersi da immigranti che porteranno anche da noi l’insanabile contraddizione americana fra “Whites” e “Non-Whites”, ancor peggio è essere governati contra legem da Washington da un informatico sud-africano, quasi fossimo un “bantustan” qualunque. Questo dimostra plasticamente che cosa dovrebbe impedire l’ “autonomia strategica” italiana ed europea.

Musk ha affermato inoltre  che, dopo queste elezioni, non ha alcuna  intenzione di smettere di pesare sulla politica. Il suo super comitato di azione “continuerà dopo queste elezioni e si preparerà per le elezioni di medio termine e per eventuali elezioni intermedie”, evidentemente tentando anche di interferire nelle politiche interne degli “alleati”, come faceva già Bannon. Fortunatamente, Trump si era presto stancato di quell’ alleato scomodo.

4. Musk e l’Antitrust

L’idea che il più grande monopolista del mondo sia incaricato dal Presidente di ristrutturare lo Stato americano mette  una fine definitiva dell’illusione  che la “destra” sia favorevole al libero mercato. E’ come incaricare il lupo di guidare una mandria di agnelli. Il che è per altro logico, perché la “destra” trumpiana non è liberista, bensì interventista nell’ economia, ma nell’ ottica attuale della mobilitazione bellica, secondo il collaudato modello del “keynesismo militare”, applicato negli Stati Uniti di Roosevelt, nella Germania nazista e oggi nella Russia di Putin. Il ruolo degli imprenditori è quello di “oligarchi”, fedelissimi del “leader” che possiedono le imprese, ma le gestiscono secondo le esigenze della programmazione bellica (pensiamo per esempio alla programmazione di Todt e di Speer e alle Reichswerke Hermann Göring).

Come ovvio, Musk si è scontrato spesso con i regolatori dell’amministrazione Biden. La FTC guidata da Khan ha colpito X, allora nota come Twitter, con una multa di 150 milioni di dollari, e ha ordinato restrizioni sui metodi di raccolta dati per la pubblicità della società di social media per la pubblicità. La SEC guidata da Gensler si è scontrata con Musk per il suo uso di Twitter nel contesto del suo ruolo in Tesla, risalente a un controverso tweet del 2018 in cui Musk ha affermato di aver ottenuto i fondi necessari per rendere privata la Tesla.

Ci sono poi una serie di cause legali in sospeso e indagini governative contro Musk e le sue aziende,  che  naturalmente apprezzerebbe il clima normativo più leggero lanciato da Trump. Tra le questioni legali e normative che Musk deve affrontare ci sono un appello per ripristinare il suo bonus da 50 miliardi di dollari in azioni Tesla, annullato da un giudice del Delaware a gennaio, un’indagine sui sistemi di guida autonoma di Tesla da parte della National Highway Traffic Safety Administration e un avvertimento segnalato dal Dipartimento di Giustizia sui premi da 1 milione di dollari dell’American PAC ad alcuni elettori di stati indecisi.

Tesla, che rappresenta la maggior parte della ricchezza di Musk rispetto a qualsiasi altra sua azienda, sta già ricevere una formidabile spinta dalle proposte economiche di Trump che probabilmente danneggerebbero i suoi concorrenti di veicoli elettrici, un vantaggio che si è tradotto nel rally delle sue azioni mercoledì, fatto che ha già fatto aumentare il valore delle azioni di Tesla fino a un trilione di dollari.

Al diavolo il conflitto di interessi!

Eppure, la resa incondizionata degli Stati  ai guru dell’informatica non sarebbe in teoria affatto inevitabile. Lo dimostra il caso della Cina.

5.Il precedente di Jack Ma

Ricordiamo che uno scenario analogo si era prodotto recentemente in Cina, dove esistono multinazionali digitali che, seppure presenti solo in quel Paese, hanno dimensioni analoghe a quelle americane (i “BAATX”). Questo è uno degli aspetti più appariscente della presunta defezione della Cina verso il capitalismo, sulla quale non concordiamo, perché, tecnicamente, il socialismo non è la statizzazione di tutta l’economia, bensì “il controllo sociale sui mezzi di produzione”, che è ciò che si sta realizzando in Cina attraverso meccanismi giuridici complessi, comprendenti anche il mercato.

Anche  Jack Ma aveva creato un impero privato simile a quello di Musk (oltre ad assumere atteggiamenti spettacolari ricalcati su Musk, come quando si era presentato ai dipendenti vestito come Michael Jackson.).

Nel frattempo, la Cina aveva approvato a tempo di record una serie di leggi sull’ ICT ispirate a quelle europee, ma più concrete e applicabili, in base alle quali tutte le multinazionali cinesi si sono viste esposte a una pioggia di sanzioni, in quanto, come le loro colleghe occidentali, intralciano continuamente la concorrenza, trascurano la privacy, ecc…(il “Crackdown sui BAATX”).

Quando Ma aveva lanciato una campagna di stampa contro il sistema bancario cinese, che gli negava quel sostegno finanziario che invece Musk ha in Occidente, per trasformare il suo impero industriale e tecnologico cinese in un impero finanziario mondiale, è stato arrestato e detenuto per alcuni mesi, finché ha rinunziato ai ruoli operativi nelle sue società, trasferendosi all’ estero e limitandosi a incassare i dividendi dovutigli in quanto socio di minoranza delle società stesse.

7.Trump e i conservatori

Un altro “miracolo” di Trump è stato quello di trasformare i conservatori, da sempre considerati “dei pariah” della politica, specie europea, in protagonisti ambiti delle politiche nazionali e della UE.

Grazie a ciò, l’”accoppiata” Trump-Musk  ha indebolito con una duplice mossa  un probabile ostacolo al dominio mondiale dei GAFAM: la resistenza in nome dell’umano al “Governo degli algoritmi” di Musk,  così simile al “Governo delle Regole” tanto caro al liberalismo di sinistra. Questa resistenza non potrà venire se non da ambienti “lato sensu” conservatori, come per esempio le Chiese. Probabilmente, la coppia Trump-Musk spera che, essendole essi grati per averli fatti uscire dai loro ghetti, vari tipi di “conservatori”  lascino per un momento da parte le loro legittime ragioni ideali, che concettualmente li opporrebbero al “governo delle macchine” – chi per orgoglio nazionale, chi per umanesimo, che per difesa della libertà-…, e “lavorino” come si dice oggi, con la coppia Trump-Musk e con gli altri grandi soggetti geopolitici modo da non contrastare, bensì da agevolare, il progetto della “Singularity Tecnologica”. Ricordiamoci che Musk, come persona, tiene comportamenti ricalcati sui grandi transumanisti, come Ray Kurzweil e l’iraniano Fereidun Esfandiari. Quest’ultimo (il cui nome originario era la traduzione in Farsi, di quello del Salvatore dell’ Avesta, Thraetona) aveva fatto modificare all’ anagrafe il proprio nome e cognome in  FM-2030, anno in cui, secondo i transumanisti, sarebbero state curate certe malattie, come quella al pancreas di cui egli sarebbe morto dopo poco, e, contestualmente, s’ era fatto ibernare. Ebbene, anche Musk, oltre a fare ricosto alla gestazione surrogata,  ha chiamato il proprio figlio “X Æ xii” (quasi fosse un nuovo modello di macchina).

La battaglia politica che, fino ad oggi, si era svolta essenzialmente all’ interno  dei “parametri utopico-liberali” di Ursina (anche la Democrazia Cristiana, e perfino il Fascismo, erano a loro modo  stregati dal  mito del Progresso), oggi lo spazio  concettuale entro cui si combatte per l’egemonia politica mondiale è sostanzialmente “conservatore” (dall’interpretazione delle varie religioni e tradizioni nazionali a quella del mito moderno del Superuomo, fino ai critici moderni  della Modernità: Ricci, Ibn Khaldun, Nietzsche, Dostojevskij, Huxley, Dumont, Teilhard de Chardin, Burgess, Compagnon).

Come scrive sempre Orsina, “l’ordine utopico-liberale  non abbia saputo  mantenere le sue promesse e … il suo fallimento ne abbia fatto emergere  chiaramente i consistenti tratti di disumanità, l’affidarsi a un esistente essere umano e astratto. Disincantato, decontestualizzato, perfettamente morale e perfettamente razionale”. In sostanza, si è compiuta la Dialettica dell’ Illuminismo descritta da Horkheimer e Adorno.

E’ all’ interno di quest’ ampio spazio politico e culturale (l’unico rimasto oggi relativamente vivo al di fuori del postumanesimo) che si può, e si deve, ora, lanciare una battaglia sulla preservazione dell’ Umano, sulla libertà minacciata, sulla pace nel mondo, sul ruolo delle classi sociali, dei popoli e dei Continenti…). Se necessario, contro tanti falsi “conservatori” che operano come apripista per la Singularity Tecnologica e per il “Governo degli Algoritmi”. Tale critica al progetto post-umanista non dev’essere preconcetta, bensì partire dalle sue (per quanto discutibili) radici storiche :il Mistero dell’ Incarnazione, l’“Antiquatezza dell’Uomo”, il mito dell’ Eterno Ritorno...

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LA DEMOGRAFIA DELL’ EUROPA E DEL MONDO: decostruiti i luoghi comuni, resta il non piccolo problema di “decidere il Futuro dell’ Europa”

La fine dell’ Umanità può venire in molti modi

Il numero di “L’Express” dell’1-7 luglio, che titola in modo allarmante “Espèce en voie de disparition”, contiene vari articoli di “futurologia demografica”, che parlano di evoluzione della popolazione mondiale, di sostenibilità, di nuove tecnologie, di surriscaldamento atmosferico, di migrazioni -articoli fondati su studi di prestigiose istituzioni, che, sulla base di dati scientifici, non solo sconvolgono molte delle tesi più accreditate, ma aprono anche la strada a un dibattito serrato sui principi stessi-.

Inutile dirlo, l’ “Espèce en voi de disparition” è quella umana, minacciata, secondo la rivista, non solo dalla crisi economica, bensì anche dal calo della natalità. E, aggiungiamo noi, anche e soprattutto dal sorpasso dell’ uomo da parte delle macchine.

Questi servizi vanno per altro letti “in controluce” del fondamentale libro di Parag Khanna “Il movimento del mondo”,  il quale contribuisce anch’esso, anche se in modo troppo torrenziale e impreciso, a questa demistificazione, attraverso un’illustrazione “a 180° di questo mondo in via di movimento e di sommuovimento. Altrettanto rilevante, di Pascal Bruckner, “Un colpevole quasi perfetto”, un pamphlet che situa il dibattito sulle migrazioni sullo sfondo della “cancel culture” .

Vediamo intanto le tesi più rilevanti  contenute nel servizio de “L’Express”:

1)Dopo il 2064, la popolazione mondiale comincerà a ridursi, per via dell’incessante urbanizzazione, che porta con sé la diminuzione del tasso di fertilità(John Ibbitson)

2)l’ondata migratoria  dall’  Africa sarà  meno massiccia di quanto prevista, perché il PIL di quell’area sta aumentando, anche se non in modo sufficiente a compensare l’esplosione demografica (Clément Daniez);

3)La Cina ridurrà la propria popolazione a causa delle difficoltà incontrate dalla politica del “terzo figlio”(Cyrille Pluyette);

4)L’invecchiamento della popolazione in tutto il mondo(Clément Daniez),così come l’immigrazione negli Stati Uniti (Michel Guillot) sfavorirà le guerre, ma accrescerà i conflitti sociali;

5)Il Giappone sta già ovviando, con la produzione di automi, al suo rifiuto di accettare l’immigrazione, e alla conseguente mancanza di addetti ai servizi alla persona.

Nonostante questa dovizia d’informazioni, negli articoli in questione vengono lasciati da parte molti aspetti, collaterali ma tutt’altro che marginali, dell’argomento. Per esempio:

a)la fine dell’egemonia WASP negli Stati Uniti per la diluizione crescente della popolazione bianca (situazione già evidente nel Texas);

b)la trasformazione della Cina, da “fabbrica del mondo”, a “cervello del mondo;

c)l’accelerazione, in tutto l’Estremo Oriente, della sostituzione dell’uomo con i robot;

d)l’intensificazione, da parte della Cina, del controllo sui BATX;

e)una tensione crescente sull’ Artico, divenuto abitabile e navigabile a causa dello scioglimento dei ghiacci. Su questo aspetto si concentra Parag Khanna, che sottolinea giustamente le enormi sfide ad esso legate;

f)la crescente divaricazione fra le sempre più invasive retoriche pacifistiche, ambientalistiche, egualitarie e informatiche, e la realtà della corsa agli armamenti, dei disastri ambientali nel cuore dell’ Europa, della distruzione della dignità del lavoro e della dittatura dei GAFAM.

Il surriscaldamento atmosferico favorirà Europa, Russia e Canada

1.Contro il determinismo, il ritorno del volontarismo

Come sottolinea Khanna, più che dei fenomeni puramente naturali e deterministici, si tratta di fenomeni sociali altamente dipendenti dagli aspetti più intimi dell’umano: identità; riproduzione; egemonie; vitalità e decadenza; uomo vs. macchina; tensioni geopolitiche.

Non dipenderà dall’andamento dell’ economia, ma dalla cultura delle varie società, in quale misura e in che forme esse accetteranno il meticciato; se saranno inclinate, o meno, a fondare famiglie numerose; quali culture saranno dominanti (puritana, latinoamericana, africana,  mitteleuropea, ebraica, islamica, indica, confuciana); se  si diffonderà il nichilismo; come l’uomo s’interfaccerà con le macchine; come si relazioneranno vecchi e nuovi Stati-Civiltà; come verrà gestita l’allocazione delle risorse fra sfera politico-culturale, struttura tecnocratica e fabbisogni economici.

E, almeno a giudicare dal libro di Bruckner, questo genere di sensibilità è oramai colpito, per effetto di un crescente conformismo, da un turbinio di preconcetti ideologici  fra di loro contraddittori, che rendono sempre più difficile qualsivoglia decisione sensata. Il libro di Khanna potrebbe essere considerato un esempio di questo tipo di pregiudizi, anche se di colore differente da quelli del “politicamente corretto” bersaglio di Bruckner.

E’innanzitutto  assai discutibile che, come si afferma in vari servizi de l’ Express, le macchine non abbiano, né bisogni, né potere di acquisto. Per costruire le macchine ci vogliono energia e materie prime; per gestirle, altra energia. Come dimostrano i bitcoin e le terre rare, le macchine sono più voraci degli uomini, e quindi non risolvono la questione ecologica (che sarà risolta o per via “neo-malthusiana”, e/o con le migrazioni verso lo spazio, e/o attraverso un’ “ecologia profonda”, che incida sullo spirito delle persone prima che sulle cose).

Più in generale, le teorie ambientalistiche delle “élites”(elaborate preveggentemente sessant’anni fa a partire dal documento del Club di Roma)peccano oggi, nei suoi epigoni, di retorica, ideologia, autoreferenzialità e favori neanche troppo nascosti per le multinazionali (cfr. “Laudato sì”).

Il problema principale è probabilmente che, per gestire i fabbisogni delle macchine, si rivelano più adeguati i metodi digitali di programmazione che non quelli politici o di mercato. Per compensare questa crescente forza del “phylum macchinico”(Manuel De Landa), la sfera politico-culturale  dovrà essere più  potente di quella tecnologica (delle macchine e degli stessi uomini).In particolare, il controllo sui territori e sulle risorse naturali deve restare una questione squisitamente politica.

Più ancora di quanto avvenuto nel momento del massimo choc della Modernità, alla fine della IIa Guerra Mondiale (con la “questione della bomba” e la Shoah),  questa crisi  della Postmodernità porterà in evidenza nel modo più acuto le questioni più radicali: il nichilismo buddhista contro il pragmatismo confuciano; il “pari” pascaliano contro le “idee chiare e distinte” di Cartesio; il messianesimo occidentale contro il vitalismo delle “culture naturali”; il culto degli antenati o quello della tecnologia; quello del sangue o quello del  Libro. Per questo sarà necessario che, nelle competenti sedi internazionali, possano avere una voce (come aveva chiesto per esempio Herskovits alla fondazione dell’ ONU), tutte le grandi culture del mondo, e che comunque, sul proprio territorio, ciascuno sia libero di risolvere le questioni vitali in modo consono alle proprie tradizioni, senza ingerenza di un potere mondiale come quello occidentale attuale, in modo da poterne sperimentarne veramente l’efficacia (ecco che cosa sono le misteriore “sandboxes” citate in tanto documenti di “policy”!).

Per esempio:

-i “Paesi di immigrati” dovranno  ristabilire il giusto equilibrio, fra da un lato, ai diritti ancestrali dei nativi (le “leggi di restituzione”), e, dall’ altro,  la loro esigenza di selezionare i nuovi immigrati per mantenere l’identità del Paese (“green cards”);

-l’Europa deve rifiutare l’assimilazione azione culturale, ideologica e politica, ai “Paesi di Immigrati”, perché, essendo un “paese di emigrazione” hanno problemi opposti e speculari -colonizzazione e appropriazione culturale-, simili, sotto certi aspetti, a Medio Oriente, India e Cina;

-il “terraforming” dell’ Artico e della Siberia dovrà essere negoziata fra Russia, Canada, Europa, Cina e Sud del mondo, perchè non potrà essere fatta unilateralmente da nessuno;

-gli USA, l’India e il Giappone potranno pur dare, in coerenza con le loro tradizioni, sempre più largo spazio ai robot, ma non in modo da mettere in pericolo l’ Umanità intera …

Questo equilibrio potrà essere soltanto il prodotto  di indispensabili necessari processi nella sfera politico-culturale, soggetti alla negoziazione fra le diverse visioni del mondo,  che richiedono  la presenza di potenti Stati-Civiltà veramente autonomi.

Secondo Khanna, prevarranno ovunque migrazioni e meticciato: però, lo stesso Khanna omette di chiarire come ciò sarà possibile in una situazione in cui il tenore di vita generale tenderà (per sua stessa ammissione)  a diminuire, visto che le migrazioni hanno un costo per lo più  esorbitante in proporzione al reddito che permettono di conseguire. Basti già pensare a quanto costa (in termini di denaro, di rischi e anche di tempo) un’emigrazione clandestina attraverso il Mediterraneo (assolutamente non alla portata di una famiglia africana, non diciamo povera, ma neppure media). Oppure alle condizioni in cui vivono i giovani migranti intellettuali precari all’ interno della stessa Europa.

Il nomadismo intercontinentale di cui parla Khanna continuerà ad essere possibile solo per una ristrettissima fascia medio-alta (a cui egli appartiene) di giovani ricchi e super specializzati, che sfuggiranno alla disoccupazione in patria solo accettando perennemente lavori inferiori alla loro qualificazione, e un tenore di vita bassissimo, distruggendo perfino  a medio termine il loro patrimonio familiare.

Queste profezie (che non si autoavverano, ma che invece provocano tanti fallimenti fra giovani migranti africani ed europei) sono per altro funzionali alla strategia dei GAFAM, i quali stanno appunto tentando di sostituire il governo delle multinazionali a quello dei governi, tanto amato da Khanna. E rientrerebbero anche nelle ambizioni dei BATX, che però il Governo cinese per ora sta tenendo a bada, applicando in modo finalmente serio quelle legislazioni sulla privacy, antitrust e di banca e borsa che  la Cina ha appena “copiato” dall’Occidente, ma sta prendendo ben altrimenti sul serio.

La crisi in corso può, e deve, mettere in crisi i vecchi riflessi condizionati

3.Uno scenario assolutamente inedito.  

 Con tutti i loro limiti, gli studi  sopra menzionati ridimensionano i problemi che invece il “mainstream” considera centrali:

a. Il surriscaldamento atmosferico, che dovrebbe comunque rallentare per l’effetto congiunto delle tecnologie ecologiche e della diminuzione della popolazione, e perfino favorire, anche culturalmente,  certi Paesi, come la Russia, il Canada e l’ Europa settentrionale (quindi, in un qualche modo, anche noi);

b.La questione della “povertà assoluta”, che si sta riducendo sul piano mondiale (in Cina è stata eliminata quest’anno), mentre sta aumentando solo in Europa (confronta a questo proposito le incredibili  affermazioni della Presidentessa Von der Leyen al “Vertice Sociale di Porto”, secondo cui, in base al Piano della Commissione, alla fine  degli Anni ’20,“il 78% degli adulti dovrebbe avere un lavoro”, e “15 milioni di Europei dovrebbero essere liberati dalla povertà assoluta”).

Il guaio della crisi del “Progetto della Modernità” (oramai data da tutti come un fatto acquisito)è che, essa  non presenta più alcuna via d’uscita ”positiva”, che, come invece avevano profetizzato un po’ tutti (Giocchino da Fiore, Saint Simon, Hegel, Marx, Nietzsche, Tsiolkovski),che pensavano ch’essa fosse in grado di risolvere tutte le contraddizioni.

Nonostante l’apparente unanimismo degli obiettivi 2030 delle Nazioni Unite, quale  potrebbe essere infatti oggi un possibile obiettivo condiviso di un auspicabile “Projekt Weltethos” (Hans Kueng), capace di affrontare in modo condiviso le sfide atuali dell’ Umanità?

-Affermare ovunque e comunque la presenza della nostra specie (Specismo)?

-Prolungare comunque la vita per ottenere la “quasi eternità”(Vitalismo)?

-Il benessere economico per il più gran numero(Eudemonismo)?

-L’assenza di conflitti (Irenismo)?

-La fine della Storia (Chiliasmo)?

-La sua continuazione indefinita (l’Eterno Ritorno)?

-La fine di tutte le differenze (l’Egualitarismo assoluto)?

-Una buddistica fine del soggetto (Ego-dissolution) ?

-Il ristabilimento dell’equilibrio fra gli ex colonizzati e gli ex colonizzatori (la “Sostituzione etnica”)?

Le scelte su temi come questi sono sempre, per loro natura, parziali, contingenti, localizzate, transeunti :”Es irrt der Mensch, solange er strebt”(Goethe); purtroppo, invece, oggi troppi giurano che uno o più di questi obiettivi (fra di loro contraddittori) , “non sono negoziabili”.

Una soluzione sarebbe possibile solo partendo da un punto di vista ben più alto, che riporti tutte queste pretese alle loro giuste dimensioni.

Di questa grande conflittualità, in cui l’ Europa è immersa, dovrebbe tenersi conto innanzitutto nella Conferenza sul Futuro dell’ Europa, per sfuggire al rischio di lavorare prendendo le mosse da scenari ormai superati, propri del XX° secolo, e di non riuscire, così, ad affrontare i reali problemi “del Futuro d’Europa” -un futuro che va dal 2023 ai decenni che seguono, e per il quale i Paesi nostri concorrenti hanno già delineato precisi scenari, ma noi no-.