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LA CARTA CINESE, Commento a un articolo di Ferdinando Nelli Feroci

Otto anni fa, avevo pubblicato il libro Da Qin, Un’Europa sovrana in un mondo multipolare. Tredici ipotesi di studio per un federalismo europeo del XXI secolo, con cui additavo la “lezione cinese” quale modello per la costruzione di un’Europa veramente unita e autonoma.
In effetti, nel corso degli ultimi 75 anni, la Cina, ridotta a un deserto da un secolo di guerre e occupazioni straniere (“il Secolo dell’ Umiliazione”), si è già trasformata, nel 2021, nel Paese con il maggior PIL nel mondo, all’ avanguardia nell’ intelligenza artificiale, nella legislazione sull’ informatica, nella transizione green, nelle Smart Cities, nell’ auto elettrica, nel numero di brevetti e di laureati STEM, il leader della più grande alleanza del mondo, i BRICS…Invece, l’Europa, che 75 anni fa era ancora, malgrado la IIa Guerra Mondiale, il centro del mondo (perché gli USA e l’URSS se la contendevano, permettendo così il Miracolo Economico e una cultura critica con personaggi come Mann, Brecht, Lukacs, Sartre, Heidegger, Schmitt..), oggi è in crisi permanente e non conta più nulla.
E’ ovvio che qualche riflessione sulla Cina dobbiamo ben farla, sicché lode all’ Ambasciatore per questo suo intervento.


1.Un interlocutore nuovo o vecchio?
Nelli Feroci parte dall’ osservazione che l’Europa è “alla ricerca di una nuova collocazione sulla scena internazionale e di nuovi interlocutori” In realtà, non è tanto l’Europa che è alla ricerca, bensì l’America che ve la costringe. Quando non parla mai di Europa se non per criticarla, quando afferma che le Istituzioni Europee sono state create per “fregare gli USA”, quando le impone dazi del 25%, quando si rifiuta si incontrare i suoi leader, Trump costringe gli Europei a cercare alternative, pur giurando e spergiurando di non avere nulla contro l’America.
Non concordiamo con Nelli Feroci sul fatto che “non è facile individuare contenuti in un rapporto con Pechino che consenta di tutelare gl’interessi europei”. Innanzitutto perché ci sono stati molti esempi di collaborazione , quasi tutti terminati bruscamente per imposizioni provenienti dall’ America, e, poi, perché il nostro libro aveva precisamente questo obiettivo.
Incominciando addirittura da Marco Polo e Matteo Ricci, che in Cina sono considerati eroi nazionali, e dai Gesuiti che, con un secolo di pubblicazioni dalla Cina, prepararono l’Illuminismo in Europa sulla base di osservazioni sull’ Impero Cinese.
Poi, dal ruolo fondamentale negli anni 50 dell’Italo-Cinese Professor Mario Tchou nella Divisione Elettronica della Olivetti, che aveva permesso a quest’ultima di creare il primo personal computer al mondo, il P101, e di venderne clandestinamente in pochi giorni 44.000 esemplari negli USA mentre la divisione veniva ceduta alla IBM.
Poi ancora, ci fu, nel 2° decennio di questo secolo, l’organizzazione internazionale “17+1”, che univa la Cina a tutti i Paesi dell’ Est Europa. Inoltre, un’ondata di investimenti europei in Cina (IVECO, Piaggio, VW, BMW, Mercedes) e cinesi in Europa (Volvo, Pirelli, Huawei Italia).
Infine, e soprattutto, l’adesione, alla Nuova Via della Seta, di molti Paesi europei (in primis, dell’ Italia), poi troncata per precisa richiesta del Segretario americano Pompeo, con linee ferroviarie dirette Cina-Europa e l’acquisizione dei porti del Pireo, di Genova, di Rotterdam, di Duisburg,ecc..
Ancora recentemente si tenevano periodicamente incontri del partenariato strategico UE-Cina, con Ursula von der Leyen, Macron e Scholz.
Non parliamo poi delle iniziative culturali, a partire dagli Istituti Confucio alle mostre e film sui Gesuiti e Marco Polo.
Tutte queste iniziative sono state congelate su richiesta americana, e la prima cosa da fare ora è “scongelarle” fino alle loro estreme conseguenze, come da noi illustrato con dovizia di particolari nel nostro libro Da Qin. In questo articolo, proveremo ad andare ancora oltre.


2.Dopo Mario Tchou
L’Ambasciatore Nelli Feroci si riferisce poi in particolare al “ritardo pesante nello sviluppo di strategie innovative collegate all’ uso del digitale e nell’ utilizzo dell’ intelligenza digitale” dell’ Europa, che potrebbe essere colmato con l’aiuto della Cina.In quanto persona vissuta nell’ epicentro piemontese della tecnologia italiana, fra il Lingotto e l’Olivetti, fra i caccia Tornado ed Eurofighter, e i lanciatori Ariane e Vega, vorrei definire “eufemistico” il concetto espresso dall’ Ambasciatore. L’Ing. Tchou morì nel 1960 in un misterioso incidente d’auto, dopo che il Prof. Visentini, membro del Comitato di gestione dell’ Olivetti dopo la morte dell’ Ing. Adriano, aveva affermato che la Olivetti era un’azienda sana, ma aveva “un neo, che andava estirpato”, la Divisione Elettronica, che, infatti fu frettolosamente ceduta alla IBM (che, da parte sua, non la voleva, come scritto dal negoziatore Paolo Fresco), evidentemente eseguendo ordini da un livello molto elevato. La moglie di Tchou affermò: “Quello sì fu un complotto, tutto industriale e finanziario, volto a indebolire l’Olivetti e l’Italia e a fare un favore agli americani”.
Da allora, gli Europei si sono praticamente astenuti da qualunque attività seria in campo digitale. Quando lo hanno fatto, lo hanno fatto “per finta”, come nei casi del Minitel, di Qwant e di GAIA-X. Secondo la tesi ufficiale, ciò deriverebbe dalla mancanza in Europa, di un idoneo mercato di capitali, e gli Stati non dovrebbero intervenire perché “il mercato” è capace a fare di meglio. Orbene, in Europa il mercato non è riuscito a fare nulla nel digitale, e i Governi di tutto il mondo, a cominciare da quelli americano e cinese (come diceva già Mario Tchou), intervengono in tutti i modi, perché considerano quel mercato un fattore di potenza e sicurezza nazionale . Sarebbe il caso che anche in Europa che lo facessero gli Stati, o meglio, visto che l’utilizzo centrale dell’ informatica è quello militare, che lo facessero i nostri eserciti, e, più precisamente, i nostri servizi segreti, e, meglio ancora, un esercito digitale europeo.
Tutti gli altri problemi citati dall’ Ambasciatore si risolverebbero perfettamente se avessimo un’impresa digitale per ciascun settore: reti, motori di ricerca, IOT, supercalcolatori, quantum computing, robotica, neuroingegneria, web marketing, web security, web intelligence, social networks…, così come li ha la Cina.
Tutti i miliardi che si stanno stanziando dovrebbero andare lì, e non a comprare armi dagli Americani.
E, infatti, il nocciolo duro dell’articolo di Nelli Feroci si può individuare nella proposizione “Non dovrebbe essere una impresa impossibile definire con la Cina una collaborazione che consenta all’ Europa di ridurre le dipendenze e migliorare la performance senza mettere a rischio la sicurezza”.
Basterebbe rendere veramente operative le collaborazioni già esistenti e brutalmente interrotte:
-rilanciare gli Istituti Confucio, implementandoli con degli “Istituti Matteo Ricci”, o “Mario Tchou”, in cui gli Europei si sforzassero di elaborare le tante cose che essi hanno in comune con la Cina: dalla comparazione, religiosa, linguistica, storica, filosofica, giuridica, al turismo, all’ arte..
-unire le reti infrastrutturali delle Vie della Seta con quelle del Programma Partnership for Global Infrastructure and Investment (PGII) dell’ Unione Europea, come proposto a Monaco da Wang Yi;
-creare imprese congiunte nel campo delle alte tecnologie e sviluppare meglio quelle esistenti (per esempio, Pirelli, Huawei Italia, VW, BMW, Mercedes)
-lavorare seriamente nel campo del diritto comparato del digitale. Infatti, la pretesa iper-regolamentazione del digitale in Europa ha costituito un modello per quella cinese, che, lungi dall’ ostacolare la crescita delle imprese informatiche cinesi, l’ha favorita. Il punto è che la Cina legifera sulle imprese cinesi, mentre la UE legifera su quelle americane, che, non solo, legittimamente, le sfuggono, ma anche condizionano la UE stessa, specie ora che Musk è al governo, e che chiede semplicemente la cancellazione della normativa europea. Occorrerebbe ora un accordo internazionale sull’ Intelligenza Artificiale proposto da Kissinger prima di morire(che, tra l’altro gli eserciti americano e cinese stanno negoziando fra di loro, ma come sempre, con l’esclusione dell’ Europa). Non sarebbe da escludersi che l’ Europa potesse rientrare in gioco grazie a Wang Yi.


3.Un rapporto strategico, non tattico
Infine, giustamente Nelli Feroci si preoccupa che “è verosimile che nei prossimi mesi aumenteranno le pressioni americane sugli Europei perché si allineino alle politiche di contenimento della Cina”.Ciò è quanto è sempre stato fatto in passato, per esempio a proposito delle politiche tecnologiche europee (Olivetti, EADS, Huawei, Vie della Seta).
Tuttavia, la prosecuzione dell’ attuale politica provocatoria di Trump nei confronti dell’ Europa renderà inevitabile una reazione violenta da parte dell’ Europa stessa, che in passato non c’era mai stata. Sentiamo che cosa ha detto Trump nell’ ultimo Consiglio dei Ministri:“Siamo onesti: (l’Unione Europea) è stata formata per fregarci e hanno fatto un buon lavoro in questo, ma ora ci sono io alla presidenza”. Trump ha denunciato un deficit commerciale eccessivo pari a 300 miliardi di dollari e osservato come una loro ritorsione potrebbe non avere successo. “Possono provarci ma noi – ha minacciato – possiamo non comprare più e se accade questo vinciamo”.
Peccato che il mercato dei BRICS+ rappresenti il 25% del PIL mondiale, contro un 15% degli USA. E’ chiaro che, se ci sarà la volontà politica, non sarebbe difficile sostituire l’export verso gli USA con quello verso i BRICS.
Teniamo anche presente che la metà delle esportazioni USA verso l’ Europa sono costituite da esportazioni di servizi essenziali (finanziari, digitali, consulenziali, bancari, assicurativi), sicché non vi è poi quel grande sbilancio di cui parla Trump, e sostituire queste importazioni con prodotti cinesi o indiani non sarebbe difficile. D’altra parte, la vicenda delle sanzioni a Mosca dimostra che l’economia russa si è rafforzata, perché si è rivolta ai mercati BRICS, mentre quella UE si è indebolita, perché ha dovuto restringersi al solo Occidente.
La replica dell’Ue è stata infatti chiara:”L’Ue reagirà in modo fermo e immediato alle barriere ingiustificate al commercio libero ed equo, anche quando i dazi vengono utilizzati per contestare politiche legittime e non discriminatorie”, “L’Ue è stata una manna per gli Stati Uniti”.
E, aggiungiamo noi, se le Comunità Europee sono state create dagli USA, con la mozione Fulbright, con i finanziamenti della CIA e delle fondazioni americane, con l’ACUE, con i rapporti di Jean Monnet con Dean Acheson e lo studio Allen & Overy, non è certo stato per “fregare” gli USA, quanto per “tenere gli USA dentro, la Russia fuori e la Germania sotto”. Se gli USA vogliono ora smontarlr, saranno i primi a subirne le conseguenze negative
Soprattutto, la Cina è un partner fondamentale per la cultura europea, che, se non fosse ostracizzato come negli ultimi anni, potrebbe dare un contributo enorme alla rinascita della cultura europea, anch’essa in grave crisi. Avevamo intitolati il nostro libro “Da Qin” perché questo era il nome dato dalla Dinastia Han all’ Impero Romano, per essa simile alla precedente dinastia Qin. In effetti, fino da quei tempi i Cinesi avevano considerato l’Impero Romano il gemello dell’ Impero Cinese.
Durante il Medioevo, vi erano stati scambi così intensi, che era stata creata una Chiesa cristiana cinese (chiamata anch’essa Da Qin), un arcivescovado cristiano a Pechino, una missione permanente dei Gesuiti presso l’ Imperatore, fino a quando, anche per via dei Riti Cinesi, l’Ordine era stato sciolto, lasciando una pesante traccia nell’ Intelligetija cinese.
In particolare, Leibniz con i Novissima Sinica e Voltaire con il “Rescrit de l’ Empereur de la Chine” avevano caldeggiato per primi l’unificazione dell’ Europa sul modello cinese.
Alla luce di tutto quanto precede, ci pare assurda la definizione data negli ultimi tempi dalla UE della Cina quale “rivale sistemico”. E questa rivalità deriverebbe dalla solidarietà con gli USA in quanto “Faro della democrazia”.
Ora, almeno, nessuno sta riproponendo quelle definizioni, che, dopo pochi anni, appaiono oramai grottesche.
Occorrerebbe trovare con urgenza degli spazi dove affrontare questi temi innovativi, per poterli portare al più presto sul piano operativo.