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Commento agli eventi del festival “Radici” (Torino, Circolo dei Lettori, 1-5 Novembre 2023)

Abbiamo già segnalato  ai nostri lettori l’interessante festival in oggetto, merito soprattutto degli sforzi dell’ Assessore Marrone e della direttrice del Circolo dei Lettori, Elena Loewenthal.

Facciamo qui una breve sintesi degli eventi a cui abbiamo partecipato, per trarne una rapida conclusione.

1.GIORDANO BRUNO GUERRI E LA CARTA DEL CARNARO

Mercoledì 1 Novembre

Come quasi tutti gli eventi della manifestazione, questa serata ha avuto innanzitutto il merito di portare a conoscenza del grande pubblico aspetti deliberatamente trascurati della cultura moderna e contemporanea. In questo caso, la centralità, non solo della Carta del Carnaro, ma, in generale, della Reggenza Italiana del Carnaro, e della stessa figura di Gabriele d’Annunzio, nella storia della cultura italiana ed europea. Una centralità che non può ridursi a quella di precursore del fascismo, bensì anticipa molti dei “topoi” del Novecento: estetismo, immoralismo, trasversalità.

Quanto alla Carta propriamente detta, l’oratore, Giordano Bruno Guerri, direttore del Vittoriale, casa-museo di D’Annunzio,  ha messo in rilievo come buona parte dei suoi articoli anticipino temi della Costituzione repubblicana, che spesso non sono stati attuati neppure ora. Della Carta si dovrebbe però anche dire che la struttura pan-corporativa della rappresentanza, in essa delineata e non recepita pienamente neppure nell’ ordinamento fascista,  fu realizzata , paradossalmente, soprattutto dalla Repubblica Federativa Jugoslava del Maresciallo Tito, con la sua peculiare forma di “federalismo Integrale”(“ Društveno Samoupravlianije”, al contempo cetuale e nazionale.

Quando, nel 2020, Fiume (Rijeka, che D’Annunzio aveva chiamato “Olocausta”, anticipando così anche quest’espressione) fu la Capitale Europea della Cultura, la città ricordò, seppure in forma polemicail Vate, con una mostra chiamata appunto “Olocausta” (“D’Annunzijeva mučenica”).

2.MARCELLO VENEZIANI: IDENTITA’, RADICI E TRADIZIONI

Venerdì 3 Novembre

Quella di Veneziani è stata soprattutto una requisitoria contro la “Cancel Culture” ( da lui tradotta appropriatamente, anche se liberamente, come “Cancellazione della Cultura”), il cui esiti non possono essere che nichilistici, in quanto, con la cancellazione delle tradizioni culturali, si tagliano le radici e si rende di fatto impossibile l’affermazione delle identità, individuali o collettive.

Certo, è mancata una prospettiva volta a situare adeguatamente il fenomeno nel tempo e nello spazio. Intanto, la Cancel Culture è un fenomeno originariamente e ancora prevalentemente americano, che parte come contestazione, da parte dei “non bianchi” ( cioè afroamericani, sino-americani, indo-americani, ma anche Europei del Sud e dell’ Est) dell’ egemonia WASP  che persiste in un’America oramai multiculturale.

In Europa, il fenomeno è meno evidente. Ma, soprattutto, l’Occidente nel suo complesso rappresenta al massimo un quinto del mondo. In tutto il resto, vi è invece una cura ossessiva delle proprie identità e tradizioni collettive: altro che “cancel culture”. Si pensi all’ Ebraismo in Israele, al Medio Oriente che si concepisce come “mondo islamico”, all’ Europa Orientale, a tutta l’Asia…

Così come l’Ebraismo e l’Ortodossia fanno propria la critica alla pretesa, nel passato, d’imporre l’omogeneità religiosa e culturale dell’ Occidente, e la Cina, con la “Via della Seta” riafferma la pari dignità di Oriente e Occidente, l’antidoto europeo alla “Cancel Culture” starebbe proprio nel farne propri qui suoi elementi che si addicono all’ Europa, vale a dire la critica della “Grande Narrazione Whig” (eresie, chiliasmo, Riforma, populismi, tecnocrazia, americanismo); la rivalutazione delle culture tradizionali e dei grandi Imperi Continentali; lo studio delle parti censurate e neglette delle tradizioni europee (come la Civiltà Danubiana, l’”Atena Nera”, il Barbaricum, l’Euroislam, la Rzeczpospolita polacca, l’antimodernismo…).

3.EMIR KUSTURICA E PETER HANDKE

Venerdì 3 Novembre

Kusturica ha presentato il proprio libro “L’angelo ribelle”, dedicato a celebrare l’amico Peter Handke, attaccato dall’ establishment letterario quando aveva ricevuto il Premio Nobel per la letteratura, a causa dei suoi reportages sulle guerre in Jugoslavia, che si sostenne fossero eccessivamente favorevoli alla Serbia. Si tratta in particolare di:

Un viaggio d’inverno ai fiumi Danubio, Sava, Morava e Drina, ovvero giustizia per la Serbia, trad. Claudio Groff, Torino: Einaudi, 1996

Appendice estiva a un viaggio d’inverno, trad. Claudio Groff, Torino: Einaudi, 1997

Un disinvolto mondo di criminali. Annotazioni a posteriori su due attraversamenti della Iugoslavia in guerra – marzo e aprile 1999, trad. Claudio Groff, Torino: Einaudi, 2002

Kusturica ha denunziato il “dirottamento” del movimento di liberazione dell’Europa dal comunismo, che ci ha portato a una situazione di ancor maggiore illibertà, dominata dal Pensiero Unico, di cui Handke non è stato certo l’unica vittima. Ha però espresso la speranza che nei prossimi anni si manifestino delle  crepe nell’ attuale establishment, che occorrerà sfruttare per provocare un radicale cambiamento.

4.PAOLO NORI: A COSA SERVONO I RUSSI? 

La domanda è più che legittima, ma non ci sembra che l’intervento di Nori abbia fornito una risposta. Certo, l’oratore, nel presentare il proprio romanzo sulla vita di Anna Akhmatova, ha manifestato in modo eloquente come la letteratura russa abbia costituito la passione della sua vita. Tuttavia, ci sembra difficile credere che la missione della Russia sia solo quella di fare appassionare Nori alla letteratura.

In effetti, l’intervento di Nori è stato dedicato soprattutto alla sua identità personale piuttosto che all’ identità collettiva dei Russi. Ma neppure così è andato fuori tema. Non dobbiamo dimenticare che le identità possono essere tanto collettive quanto individuali.E l’intervento rientrava anche nel tema delle radici, perché Nori ha fatto intendere che la sua passione per i Russi deriva in gran parte da vere o presunte affinità con le sue radici familiari, e, in particolare, con l’uso del vernacolo, nonché dalla fascinazione per Dante, condivisa, fra gli altri, con Anna Akhmatova.

Infine, l’’intervento rispondeva anche in un altro modo alla domanda contenuta nel titolo. Lev Gumiliov, figlio di quell’ Akhmatova a cui è dedicato il libro di Nori, aveva infatti concepito l’idea della “Pasionarnost’”, quella capacità d’infervorarsi e di sacrificarsi, che caratterizzerebbe non soltanto i Russi, bensì tutti i popoli delle steppe (il padre di Gumiliov era un ufficiale tartaro zarista, fucilato dai Bolscevichi, e anche l’Akhmatova si richiamava ad un’antenata tartara con lo stesso nome).

Ricordiamo anche che gli antenati degli Indoeuropei sono quel popolo di Yamnaya che si era formato nel quinto Millennio fra il Volga e il Don,  dalla fusione fra popoli uralici e caucasici, e che, per la sua straordinaria vitalità, si espanse prima in Eurasia, me, poi, nel resto del mondo.

Ma questo carattere “passionale” dei Russi (l’”Anima Russa”) è proprio quella caratteristica che manca agli Europei moderni, sì che già  Leontiev, alla fine dell’ Ottocento,   aveva definito  “L’Europeo medio” come “l’inizio della distruzione universale”. Con il dono della sua “passionalità”, i Russi, e, in particolare, gl’intellettuali russi, sarebbero stati chiamati, secondo Tiutčev, Dostojevskij e Blok, a salvare l’Europa dal “putrido Occidente”:

“Unisciti a noi! Via dalla guerra,
Vieni nelle nostre pacifiche braccia!
Sei ancora in tempo – la spada sotterra,
Compagno! Fratello, ti abbraccio!”

Certo, tutti questi autori erano “Russi” nel senso di “Slavi Orientali”, anche se non pochi erano ucraini o bielorussi. E, in effetti, anche il comportamento degli attuali Ucraini, impegnati così “passionalmente” contro la Russia, può essere ricondotto a quella visione “messianica” dei “Russi” (o meglio, dei popoli delle steppe, molti dei quali predecessori degli odierni Ucraini: Sciti, Sarmati, Unni, Avari, Bulgari, Magiari, Cumani, Peceneghi, Mongoli, Tartari, Circassi, Nogai, Cosacchi…).

5.RUTH DUREGHELLO E “TIKKUN HA-‘OLAM”

Più direttamente vicino al tema delle identità collettive il colloquio fra Elena Loewenthal, direttrice del Circolo dei Lettori, e Ruth Dureghello, ex-presidentessa della Comunità Ebraica.

Le due speakers si sono impegnate in un pregnante dibattito teologico, culminato nell’ illustrazione del concetto mishnaico di “Tikkun ha-‘Olam”, che Ruth Dureghello ha voluto tradurre non già con il suo dignificato originario di “Riparazione del Mondo”, bensì come “Miglioramento del Mondo”.

Secondo la Kabbala, il Tikkun è un’opera teurgica, volta a riportare Dio nella sua originaria interezza, mentre l’idea del “miglioramento del Mondo” riporta piuttosto al messianesimo immanentistico della Modernità.

7. FRANCO CARDINI E LA “DERIVA DELL’OCCIDENTE”

Riassumendo il suo recente libro, Cardini ha ripercorso la storia del concetto di Occidente, fino al suo cambiamento di significato dopo  le Guerre Mondiali: da essere sinonimo di “Europa”(come in Spengler), esso si trasformò nella definizione di un complesso più vasto, di cui fanno parte gli Stati Uniti. Il “Tramonto dell’ Occidente” di Spengler non è che il tramonto dell’ Europa, già adombrato nelle opere di Hegel e ripreso dagli autori americani.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, diviene evidente che quel complesso ruota intorno agli Stati Uniti, i quali hanno tessuto, intorno a se stessi, “una ragnatela” di accordi (come scrive Ikenberry): ONU, OCSE, NATO, Comunità Europee, Bretton Woods.

Dopo la caduta del muro di Berlino, queste “ragnatele” (ICANN, WTO) coprono oramai tutta la terra, dando vita all’ “America-Mondo”, un “Impero nascosto”(Immerwahr), o “Sconosciuto” (Papa Francesco), che controlla il mondo intero. Per questo Fukuyama parlava di “Fine della Storia”.

Ora siamo alla “Deriva dell’ Occidente”, perché, di fronte all’invasività di questo impero,  si sono manifestate appunto le reazioni delle identità continentali: ebraica, induista, confuciana, islamica, latinoamericana, ortodossa. Per questo, dalla “Fine della Storia” si è passati oramai allo “Scontro di Civiltà”.

In cui, però, avverte Cardini, l’Europa non può essere confusa nel generico “Occidente”, perché essa si distingue nettamente dall’America. In che cosa, non è chiaro, perché neppure i detrattori dell’ America sono espliciti su questo punto.

E’un argomento sui cui anche l’intervento di Cardini è stato poco esplicito, anche perché si era oramai giunti all’una e mezza della domenica,e occorreva evidentemente liberare la sala.

CONCLUSIONI

Tutti gl’interventi hanno affrontato giustamente con priorità il tema delle radici, che campeggiava nel titolo, e hanno solo sfiorato quello delle identità, ad esso collegato, e il quale, come hanno giustamente posto in evidenza un po’ tutti, costituisce la premessa necessaria per i progetti del futuro.

Crediamo che questi temi meritino un approfondimento, di fronte ad una situazioni internazionale sempre più preoccupante e sempre più fluida, che ben presto permetterà (come ha auspicato Kusturica), e, anzi, secondo noi, addirittura necessiterà, un intervento pesante da parte degli Europei, forse anche militare e politico, ma, innanzitutto, di carattere culturale, per orientare e motivare le future drammatiche scelte.

Per questo, mentre andiamo avanti con i nostri lavori sull’ identità europea e sul futuro nell’ era delle macchine intelligenti, continuiamo a caldeggiare che le Istituzioni (nel caso in ispecie, la Regione Piemonte che ha sponsorizzato il festival) proseguano nell’ opera iniziata. Per parte nostra, saremo sempre lieti di collaborare, come del resto avevamo già fatto in passato con il libro “Intorno alle Alpi Occidentali/Autour des Alpes Occidentales”.

RADICI, IL FESTIVAL DELLE IDENTITA’ A TORINO

Ecco il programma

RADICI
Il festival dell’identità
(coltivata, negata, ritrovata)
1-5 novembre 2023, Torino

Radici chiama grandi artisti e voci a interrogarsi pirandellianamente su una, nessuna, centomila identità: individuale e collettiva, di nazione e di popolo, l’identità come idea che una persona ha di sé nel contesto di una società sempre più complessa e allo stesso tempo sempre più omologata, complice la trasformazione antropologica dovuta all’avvento del consumismo che ha cambiato stili di vita e modelli culturali, come denunciò per primo Pier Paolo Pasolini negli anni del Boom. In parallelo, Radici indaga anche il tema di chi a un certo punto della sua esistenza ha deciso di espatriare e di costruire il proprio futuro altrove, venendosi a trovare come in sospeso tra due mondi e due identità. Oggi che i social media amplificano, condizionano e distorcono l’identità e che l’Intelligenza Artificiale la mette in discussione, Radici allarga il più possibile il discorso, aprendolo a idee e contenuti diversi, ponendo domande capaci di risvegliare la nostra consapevolezza. (Giuseppe Culicchia)

un progetto di Fondazione Circolo dei lettori
con il contributo di Regione Piemonte e Assessorato Regionale all’Emigrazione

➜ ANTEPRIMA | SABATO 21 OTTOBRE H 18
BRET EASTON ELLIS PRESENTA LE SCHEGGE (EINAUDI)
con Diego De Silva, introduce Giuseppe Culicchia
in collaborazione con Giulio Einaudi editore
L’uscita di The Shards segna l’attesissimo ritorno al romanzo dell’autore di American Psycho. Una storia che racconta la scoperta del sesso e della morte nella Los Angeles dei primi anni Ottanta, e la ricerca di un’identità del protagonista – lo stesso Bret – nel passaggio dall’adolescenza al mondo degli adulti. 

MERCOLEDÌ 1 NOVEMBRE

h 17.00
VIVA LA PAMPA GRINGA!
con Eugenio Goria, Albina Malerba, Giovanni Tesio e, in collegamento da Santa Fe per la FAPA – Federazione delle Associazioni Piemontesi d’Argentina, Hernan Trossero, Alejandra Gaido e Laura Moro
Quanti sono i Piemontesi d’Argentina? Tantissimi, e generazione dopo generazione hanno saputo mantenere nel corso del tempo un fortissimo legame con la terra d’origine, a cominciare dall’uso del dialetto, che naturalmente non è rimasto immutato una volta sbarcato al di là dell’Atlantico. Quando le radici e l’identità di una comunità si rinnovano innanzitutto attraverso la lingua.

h 19.00
GIORDANO BRUNO GUERRI
Gabriele D’Annunzio e la Carta del Carnaro
con Giuseppe Culicchia
Per un breve periodo all’alba degli anni Venti del Novecento, Fiume diventa uno stato libero nel cuore dell’Europa, nel quale il poeta-soldato Gabriele D’Annunzio riesce a dare vita alla prima T.A.Z. – o Zona Temporaneamente Liberata – della Storia. La Carta del Carnaro è la sua avanzatissima costituzione, senza eguali nel mondo. 

h 21.00
MARIA GRAZIA CALANDRONE
Vite in sospeso tra genitori adottivi e genitori biologici
con Simonetta Sciandivasci
Nel romanzo Dove non mi hai portata (Einaudi), finalista del Premio Strega 2023, l’autrice racconta la storia autobiografica della sua indagine sul proprio passato, quello di una bambina di appena otto mesi abbandonata nel parco di Villa Borghese da parte dei genitori poi suicidi. E costruisce allo stesso tempo il ritratto dell’Italia da cui tutti noi proveniamo.

h 24.00, Cinema  Centrale | 🎬 RADICI DI MEZZANOTTE
L’ODIO DI MATHIEU KASSOVITZ
presentato da Giuseppe Culicchia ed Enrico Verra
in collaborazione con Aiace Torino
Prima prova d’autore per Mathieu Kassovitz, L’odio segnò l’esordio sul grande schermo di Vincent Cassel e all’uscita in patria scatenò feroci polemiche per la crudezza con cui raccontava le banlieues parigine, le rivolte che vedevano protagonisti i figli degli immigrati dal Nordafrica e il fallimento delle politiche di integrazione.

GIOVEDì 2 NOVEMBRE 

h 17.30
ENZO BIANCHI
Identità e Comunità
con Francesco Antonioli
Quando l’individuo trova se stesso nella condivisione, nella meditazione e nel dialogo, aprendosi all’Altro da sé. Il Cristianesimo delle origini, oggi, e l’idea di comunità in un mondo ridotto a semplice sfondo dei nostri selfie, in cui a prevalere è sempre più l’egoismo narcisista del singolo, che nel frattempo da cittadino è diventato consumatore.

h 19.00
PAOLA AGOSTI
Dal Piemonte al Rio de la Plata
con Elena Loewenthal
Da sempre interessata al tema dell’emigrazione, Paola Agosti si è imbattuta già più di quarant’anni fa – lavorando alla trascrizione visiva de Il mondo dei vinti di Nuto Revelli – nelle testimonianze dei Piemontesi che lasciarono la loro terra per le Americhe, e in particolare per l’Argentina. Nel corso dei decenni ha compiuto più viaggi in quel Paese, la “Pampa gringa” che è diventata una seconda patria per quegli Italiani. E ce la racconta attraverso la sua testimonianza e le sue fotografie.

h 21.00
PAOLO DI PAOLO
PPP e la mutazione antropologica degli Italiani
con Giuseppe Culicchia
Nel solco del Giacomo Leopardi che nel suo Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’Italiani individuò i tratti della nostra identità nazionale, Pier Paolo Pasolini ha saputo intercettare in anticipo sui tempi i segnali di quel mutamento antropologico che con l’avvento del consumismo ha cambiato per sempre l’Italia e gli Italiani.

h 24.00, Cinema  Centrale | 🎬 RADICI DI MEZZANOTTE IL SORPASSO DI DINO RISI
presentato da Enrico Verra
in collaborazione con Aiace Torino
Girato da Dino Risi nell’estate del 1961, in pieno Boom, Il sorpasso racconta attraverso l’indimenticabile viaggio in auto lungo l’Aurelia di Bruno (Vittorio Gassman) e Roberto (Jean-Louis Trintignant) il mutamento antropologico degli Italiani, colto nel passaggio dell’Italia da Paese agricolo a consumista.

VENERDì 3 NOVEMBRE

h 18.00
ROBERTO ALAJMO
Mediterraneo Culture Club
con Giuseppe Culicchia
Come scrisse Goethe nel suo Viaggio in Italia, «la Sicilia è la chiave di tutto». Già parte della Magna Grecia, porta d’accesso all’Europa e collegamento tra questa e il mondo arabo, l’isola che isola non è ha una storia unica fatta di conquiste, contaminazioni e migrazioni, che molto dice sulle nostre radici. 

h 19.00
MARCELLO VENEZIANI
Identità, tradizione e negazione
con Giuseppe Culicchia
Quand’è che i concetti di identità e tradizione sono diventati, se riferiti all’Occidente, politicamente scorretti? E perché? Che senso ha cancellare pezzi di storia e di cultura anziché studiarli e, a seconda dei casi, trarne insegnamento o criticarli? Dai campus delle università americane, la “cancel culture” è arrivata fino a noi. E a un tratto, rieccoci a Salem.

h 21.00
EMIR KUSTURICA
Da Underground all’Angelo ribelle
con Pietro Negri Scaglione
Il regista serbo due volte Palma d’Oro a Cannes, che con Underground ha raccontato la guerra civile che ha insanguinato l’ex Jugoslavia, rende omaggio nel suo ultimo libro al Premio Nobel per la Letteratura Peter Handke, andando alle radici dell’odio che ha lacerato quel lembo d’Europa sul finire del Novecento.

h 24.00, Cinema  Centrale | 🎬 RADICI DI MEZZANOTTE GATTO NERO GATTO BIANCO DI EMIR KUSTURICA
presentato da Enrico Verra e Giuseppe Culicchia
in collaborazione con Aiace Torino
Girato da Kusturica lungo il Danubio, nei pressi del confine serbo-bulgaro, doveva essere un documentario sulla musica gitana intitolato Musika Akrobatika, ma poi il regista (e musicista, oggi anche scrittore) decise di cambiare progetto in corsa e ne fece un film che, prendendo lo spunto dal desiderio di quattro giovani di sfuggire al matrimonio, mette in scena un popolo.

SABATO 4 NOVEMBRE

h 11.00
FARIAN SABAHI
Due Paesi, una storia
con Alessandra Coppola
L’autrice di Non legare il cuore. La mia storia persiana tra due Paesi e tre religioni (Solferino) racconta con l’ausilio di preziose immagini di famiglia una storia di identità sospesa, le cui radici si ramificano tra la Persia e il Piemonte.

h 15.00
ILIDE CARMIGNANI
Un caffè con l’alter-ego
con Giuseppe Culicchia
Il mestiere di chi traduce comporta la necessità di calarsi completamente nell’opera altrui: chi traduce si trasforma in sosia, cerca nella sua lingua le parole che non sempre possono restituire con esattezza l’originale. Si tratta di mettere da parte la propria identità e di assumerne un’altra, non sulla scena come succede agli attori, ma tra le pagine di un romanzo. E Ilide Carmignani, traduttrice di scrittori come Gabriel García Márquez, Roberto Bolaño e Luis Sepúlveda, ne sa qualcosa.

h 18.00
JAVIER CHIABRANDO
Piemontesi d’Argentina
con Giorgio Ballario
La comunità dei Piemontesi d’Argentina è notoriamente assai numerosa e ha saputo mantenere nel corso dei decenni un rapporto unico con le proprie radici. E Javier Chiabrando, acclamato scrittore di noir discendente da genitori originari della nostra regione, vi appartiene a pieno titolo.
a seguire
La Cricca dij Mes-cià
IL CONCERTO
con Maurizio Bongioanni, fisarmonica, Daniele Ronco, voce, Matteo Ternavasio, chitarra, Simone Chiappalone, basso, Emanuele Bevione, fiati e Davide Barbero, percussioni
La Cricca dij mes-cià è un gruppo di musica folk popolare nato nel 2013. Alterna canti della tradizione rivisti in chiave ballabile con canzoni di proprio pugno. Cantano l’amore e le tradizioni, lo spopolamento dei paesi, il consumo di suolo, l’importanza di possedere un orto.  Il ritmo trainante si mischia al piemontese, il genere folk è contaminato. Dalla tournée in Argentina, presso le comunità piemontesi, ne è nato il documentario Réis-Raìz.

h 21.00
PAOLO NORI
A cosa servono i Russi
introduce Giuseppe Culicchia
Lo scrittore e traduttore porta a Torino il suo reading-spettacolo A cosa servono i Russi. Perché passo la mia vita con in mano dei libri scritti in una città, Pietroburgo, lontana tremila chilometri da dove abito io? Un monologo per immagini con la musica di Modest Musorgskij, le voci originali di Lev Tolstoj, Anna Achmátova e Iosif Brodskij e le immagini di Claudio Sforza.

h 24.00, Cinema Centrale | 🎬 RADICI DI MEZZANOTTE
GOOD BYE, LENIN! DI WOLFGANG BECKER
presentato da Giuseppe Culicchia
in collaborazione con Aiace Torino
La pellicola di Wolfgang Becker racconta in modo scanzonato e a tratti surreale la perdita di identità di un popolo, e la storia della protagonista interpretata da Katrin Sass è la metafora di un Paese che con la caduta del Muro ha dovuto letteralmente reinventarsi, perché da un giorno all’altro era finito non solo un regime ma un intero sistema di valori.

DOMENICA 5 NOVEMBRE

h 11.00
RUTH DUREGHELLO
Quando le radici sono di fronte e il futuro sta dietro le spalle
con Elena Loewenthal
Quando le radici sono di fronte e il futuro sta dietro le spalle: o dell’unicità di un popolo capace di conservare la propria identità rinnovandola nel corso del tempo in ogni dove. L’ex presidente della Comunità Ebraica di Roma dialoga con la direttrice della Fondazione Circolo dei lettori Elena Loewenthal.

h 12.00
FRANCO CARDINI
Un secolo dopo Il tramonto dell’Occidente di Spengler: a che punto è la notte?
introduce Giuseppe Culicchia
Il filosofo, storico e scrittore tedesco Oswald Spengler scrisse Il tramonto dell’Occidente tra il 1918 e il 1922. A un secolo di distanza, Franco Cardini si interroga nel suo La deriva dell’Occidente (Laterza) sull’identità di questa parte di mondo anche alla luce del rinnovato conflitto geopolitico con un Oriente nuovamente accusato di barbarie nel contesto della guerra che sta sconvolgendo l’Ucraina.

h 17.00
INGO SCHULZE
E oplà, il mondo si capovolse
con Giuseppe Culicchia
Nato e cresciuto nell’ex Repubblica Democratica Tedesca o DDR, Ingo Schulze – autore per Feltrinelli del recente La rettitudine degli assassini – ha visto sgretolarsi alla pari dei suoi connazionali non solo il Muro di Berlino ma anche l’identità di un popolo, ritrovandosi a doverne costruire un’altra, e nei suvi libri ha saputo raccontarlo come pochi.

h 21.00
STEFANIA ROCCA
L’Italia è il Paese in cui sono accampati gli Italiani
reading da Diario Notturno e La solitudine del Satiro di Ennio Flaiano
introduce Giuseppe Culicchia
Ennio Flaiano, scrittore, giornalista e sceneggiatore nella Roma della Dolce Vita portata sul grande schermo da Federico Fellini ha saputo raccontare come pochi l’Italia e i suoi abitanti da un punto di vista antropologico. Il reading ricostruisce, attraverso le sue pagine, l’identità di un popolo e di un Paese andando alle radici di La grande bellezza di Paolo Sorrentino.

STORIA D’ ITALIA E IDENTITA’ ITALIANA

 

Commenti a margine del libro di Marcello Croce

MARTEDÌ 24 SETTEMBRE 2019
ORE 18:00

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CENTRO STUDI SAN CARLO – VIA MONTE DI PIETÀ 1 – TORINO

R.S.V.P. comunicazioni@rinascimentoeuropeo.org

 

24 Settembre, ore 18

Saluto con estremo favore la decisione dell’associazione culturale Rinascimento Europeo di presentare, il 24/9/2019, presso il Centro Studi san Carlo , il  libro “La storia dell’ Italia Unita” di Marcello Croce, che, per i motivi che illustro qui di seguito,  ritengo particolarmente attuale in un momento in cui la storia culturale delle nazioni europee è divenuta, finalmente, uno dei temi più caldi del dibattito politico e culturale.

Come ho avuto modo di illustrare in un precedente post e di esprimere personalmente allo stesso Autore, il libro di Croce ha, a mio avviso, fra gli altri, due fondamentali meriti: l’assenza di “partiti presi” settari, così diffusi nella storiografia attuale, e la critica, anche se solo accennata, alla concezione ristretta della storia d’Italia come storia dello Stato italiano.

Cercherò qui di inserire questa positiva valutazione nel contesto più ampio del dibattito sull’identità italiana.

1.Una storia non settaria

Ricordo che il modo in cui viene oggi affrontata la storia d’Italia (come tutte le questioni culturali con forti risvolti di attualità), è improntato a un settarismo di tipo copertamente religioso, che offusca, sotto “grandi semplificazioni”, la realtà concreta del tema in esame. La cosiddetta “memoria condivisa” non è infatti altro, a mio avviso, che un’applicazione al fatto nazionale di un generalizzato fondamentalismo nichilistico. Fra questi partiti presi di carattere settario c’è innanzitutto la svalutazione delle tradizioni intese senso generale (in questo caso, le tradizioni storiche dell’Italia) , sì che ciò che conta resterebbero soltanto “gli ultimi 5 minuti” della storia occidentale, quelli che hanno preceduto l’avvento dell’attuale sistema socio-politico. A questo settarismo fanno da contraltare alcuni settarismi minoritari e alternativi, come quelli che prendono in considerazione solo particolari fasi storiche o determinati ambiti geografici (il paganesimo, il Medioevo, la storia della borghesia o del movimento operaio, il fascismo, l’antifascismo, ecc…).

Il settarismo “mainstream” vorrebbe che siano gli Stati che fanno le nazioni, non già viceversa (tesi tra l’altro, cara già a Mussolini e di Gentile).Quindi, nel caso delle “nazioni europee”, esse sarebbero figlie degli Stati assoluti e delle conseguenti rivoluzioni liberali, non già la risultanza di processi storici di lunga durata. Nel caso dell’ Italia, essa  sarebbe stata il risultato di un processo di “nation building” dell’ intellighentija risorgimentale, proseguita dalla classe dirigente liberale, fascista e poi democratica, non già di un processo formativo iniziato con le migrazioni dell’ antico Mediterraneo, rafforzatosi con il mondo greco-romano, consolidatosi con le “guerre sociali”, rinnovatosi con il ruolo del Pontificato e le Crociate, e poi saldatosi, attraverso la cultura classicistica, con il nascente “Nation Building” risorgimentale.

Il libro di Croce prende chiaramente e coraggiosamente posizione contro questa “grande narrazione”, e descrive giustamente la storia d’Italia come un continuum, da cui non si possono in alcun modo escludere le preponderanti influenze della Romanità e del Cattolicesimo, né la vocazione ad un ruolo centrale all’ interno dell’Europa. Più in generale, “ci si trova di fronte a un modello di “storia totale”, che va dall’analisi delle vicende politiche, vero asse portante della narrazione, agli aspetti di natura economica, dallo scenario internazionale all’attenta lettura dei fenomeni di costume e culturali, dalla originale analisi del ruolo della Chiesa nella storia italiana agli aspetti più politologici quali la trasformazione, fino al loro annullamento, dei concetti di rappresentanza politica e di sovranità nazionale”.

Dunque, prima  conclusione da trarsi dal libro: la storia d’Italia non si riduce alla storia dell’ Italia Unita. Seconda: la storia d’Italia non è concepibile senza la storia dell’ Europa.

2.Critica e rinascita delle identità

L’approccio settario alla storia delle nazioni europee è legato alla missione, che buona parte degl’intellettuali si sono auto-attribuiti, di decostruire le (obiettivamente lacunose) narrazioni ufficiali circa l’ identità europea. Dibattito che giustamente non si è mai sopito, tanto che esso, per la casa editrice Alpina e per l Associazione Culturale Diàlexis, costituisce addirittura  il cuore dell’attività e dell’ impegno civile.

Un esempio di questo decostruzionismo a senso unico  (Einaudi, 2019) è costituito dal recente libro di Cristian Raimo “Contro l’ Identità Italiana”, incentrato sulla vecchia critica di principio a tutte le identità, in quanto foriere di nefaste conseguenze sociali, che ha avuto ampio corso nella saggistica di fine ‘900. Non per nulla, Raimo si riallaccia alle varie opere di Remotti su questo tema (che per altro, a mio avviso, nonostante i loro titoli, non hanno certo distrutto la realtà e l’utilità delle identità, bensì ne hanno solo precisato meglio il senso).Attraverso queste e simili vie, per altro assai tortuose (le “enge Gassen” di Nietzsche), ci si sta fortunatamente avvicinando al nocciolo di problemi, da cui, nel Secondo Dopoguerra, eravamo rimasti abissalmente lontani; ho tuttavia  il timore che questo processo tortuoso di avvicinamento proceda troppo a rilento rispetto ai ritmi e alle esigenze della storia contemporanea.

Alla fine, i pretesi  “anti-identitari”non negano affatto il concetto di identità, ma tentano solo di temperarlo, per esempio, con quello di “simiglianze”. Il che è assolutamente appropriato, ma insufficiente. Ad esempio, Raimo giunge, dopo una meritoria carrellata attraverso la letteratura (oramai vastissima) circa l’identità italiana, alla conclusione (giusta ma generica), che condivide con l’ultimo Remotti, che il difetto fondamentale dell’idea di “identità” che si è diffusa in recentemente sia ch’essa è troppo rigida (“essenzialistica”, come si dice), e non possa , per questo, cogliere le sfumature. Ma questo, più che un difetto dell’identità, è un difetto della civiltà occidentale nel suo complesso, che non è capace della polisemicità, per esempio, della lingua Cinese, unica in grado di esprimere in modo sintetico, proprio perché impreciso, la complessità della realtà, tanto che le frasi di Confucio possono restare attuali dopo 2500 anni, perché indeterminate (e quindi generalissime). Del resto, l’inventore della “Logica Fuzzy” era un  persiano ( Lotfi Zadeh), che aveva tentato di rendere questa indeterminatezza in Inglese, e perfino nel linguaggio informatico, ma, esprimendosi in lingue indoeuropee, si era trovato in seria difficoltà (Bart Kosko, Il Fuzzy-pensiero, Teoria e applicazioni della logica fuzzy; Baldini e Castoldi,1993).

Al di là della questione della lingua, è chiaro che esprimere realtà umane con la logica matematica (“identità” significherebbe “A =A”),è impossibile, anche se oggi si cerca di creare dei “sistemi neurali” che imitino l’uomo al 100%. Infatti, l’uomo è per definizione, come dice Gehlen, l’”animale imperfetto”, che è se stesso proprio perché “erra”, e, “errando” crea sempre qualcosa di nuovo (come scriveva Goethe, “es irrt der Mensch solange er strebt”).

3.Identità personali e identità collettive

Tornando alle identità collettive, il fatto stesso che tutti oggi si affannino a studiarle (la “hindutva”, l’”americanismo”, l’”identità cristiana”,la “cultura gesuitica”, l’”identità europea”, lo “European Way of Life”, il “Russkyj Mir”, l’”identité nationale”, l’” italianità”, l’ “identità padana”, la “napoletanità”, lo “spirito sabaudo”,l’”identità della sinistra”…).,  costituisce la dimostrazione che esse oggi costituiscono una forza motrice della cultura, della politica e persino dell’economia, e, anzi, più la tecnocrazia, la cultura e la politica si  sforzano di  cancellarle attraverso l’informatica, la globalizzazione, l’omologazione e il livellamento, più cresce il bisogno di attaccarsi alla propria identità, personale o collettiva che sia.

Contrariamente a quanto normalmente si afferma, queste due identità non sono infatti contrapposte, bensì complementari. L’identità personale nasce dall’ ovvia considerazione che la coscienza individuale è l’evidente fonte primaria di ogni percezione del mondo, sicché attraverso di essa l’uomo  ritrova il mondo intero, e dà a questo una forma. L’identità personale non avrebbe contenuto se non fosse “riempita” dal mondo esterno. Dall’interazione fra il soggetto e la “parte umana” del “mondo esterno” nasce il “linguaggio”, e questo è, a sua volta, il modo in cui si riordina la realtà inorganica della coscienza individuale. La forma specifica di ordine che l’interazione con il mondo esterno imprime alla coscienza individuale costituisce l’”identità collettiva”, che unisce la coscienza individuale al mondo umano. Quest’ultimo è, a sua volta, variegato, e, perciò, “poliedrico”. La persona umana interagisce con modalità varie con parti diverse del “mondo umano”. Queste interazioni sono le diverse identità collettive a cui l’uomo partecipa. Il fatto ch’esse siano tante, e su tanti piani diversi, non significa certo ch’esse non esistano.

4.Storia italiana e storia europea.

Come emerge chiaramente dal libro di Croce, per comprendere la storia dell’Italia Unita occorre situarla, dunque, all’ interno della storia dell’identità italiana quale prodotto del ruolo unico che l’Italia ebbe nella Romanità e che ancora ha nella Chiesa e in Europa. La nascita dell’Italia quale Stato unitario è parallela almeno a quella della Germania, anch’essa già parte centrale del Sacro Romano Impero, dove essa rivestiva un ruolo di leadership laica, mentre all’ Italia spettava quella ecclesiastica. Anche il declino di quei due Stati nazionali è stato parallelo, in quanto i due Paesi, alleati nella Seconda Guerra Mondiale, hanno “bruciato” entrambi, nei rispettivi  esiti totalitari, un esperimento di sintesi fra tradizioni e modernità che andava comunque tentato. Sotto questo punto di vista, la grande narrazione junghiana e spinelliana della guerra come catarsi del nazionalismo regge ancora, purché venga letta in modo ben più profondo di quanto non facciano le attuali “retoriche dell’idea di Europa”. Lo scacco ai nazionalismi europei è la dimostrazione palmare dell’insostenibilità, nella modernità, ma ancor più nella postmodernità,  degli Stati “piccolo-nazionali”, che non possono “tecnicamente” neppure  essere dilatati ad libitum fino a fonderli in un nuovo imperialismo europeo. Infatti, per la loro stessa, natura, essi hanno rifiutano un significato, ma anche un’ambizione, universale (“Mediterraneo contro spirito nordico….”). Perciò, essi non sono stati capaci allora, né, a fortiori, sono capaci oggi, di esprimere una forma sensata di “missione delle nazioni”. Questo perché hanno interiorizzato la narrazione “occidentale” in cui le nazioni avrebbero costituito una tappa necessaria sulla via del “progresso”(Herder, Fichte, Mickiewicz, Mazzini). Ma, come oramai la maggioranza dei commentatori ha potuto constatare, non stiamo andando verso il progresso, bensì addirittura  verso la fine dell’umano (Horckheimer e Adorno, Dialektik der Aufklaerung, Querido, 1948;Pierre-André TaguieffTaguieff, Le sens du progrès, Flammarion,2004).

Oggi, la missione delle nazioni, o, meglio, dei vecchi e nuovi imperi subcontinentali, è quella di porre sotto controllo il “progresso”. L’Europa, data la sua tradizione umanistica, e ancor più l’Italia, proprio per quell’”arrière-pensée” antimoderno di cui tutti la incolpano , costituisce forse, ancor più che la stessa Russia (che pure se ne dichiara oggi la rappresentante), il vero Katèchon, quello capace di domare l’espansione senza limiti del Complesso Informatico-Militare.

Ma, per poter fare ciò, l’Italia deve liberarsi di una zavorra oramai insopportabile di luoghi comuni, di diktat culturali e di tabù, che ne paralizzano le energie in tutti campi, con operazioni culturali intelligenti e coraggiose come il libro di Croce.