Archivi tag: kusturica

Commento agli eventi del festival “Radici” (Torino, Circolo dei Lettori, 1-5 Novembre 2023)

Abbiamo già segnalato  ai nostri lettori l’interessante festival in oggetto, merito soprattutto degli sforzi dell’ Assessore Marrone e della direttrice del Circolo dei Lettori, Elena Loewenthal.

Facciamo qui una breve sintesi degli eventi a cui abbiamo partecipato, per trarne una rapida conclusione.

1.GIORDANO BRUNO GUERRI E LA CARTA DEL CARNARO

Mercoledì 1 Novembre

Come quasi tutti gli eventi della manifestazione, questa serata ha avuto innanzitutto il merito di portare a conoscenza del grande pubblico aspetti deliberatamente trascurati della cultura moderna e contemporanea. In questo caso, la centralità, non solo della Carta del Carnaro, ma, in generale, della Reggenza Italiana del Carnaro, e della stessa figura di Gabriele d’Annunzio, nella storia della cultura italiana ed europea. Una centralità che non può ridursi a quella di precursore del fascismo, bensì anticipa molti dei “topoi” del Novecento: estetismo, immoralismo, trasversalità.

Quanto alla Carta propriamente detta, l’oratore, Giordano Bruno Guerri, direttore del Vittoriale, casa-museo di D’Annunzio,  ha messo in rilievo come buona parte dei suoi articoli anticipino temi della Costituzione repubblicana, che spesso non sono stati attuati neppure ora. Della Carta si dovrebbe però anche dire che la struttura pan-corporativa della rappresentanza, in essa delineata e non recepita pienamente neppure nell’ ordinamento fascista,  fu realizzata , paradossalmente, soprattutto dalla Repubblica Federativa Jugoslava del Maresciallo Tito, con la sua peculiare forma di “federalismo Integrale”(“ Društveno Samoupravlianije”, al contempo cetuale e nazionale.

Quando, nel 2020, Fiume (Rijeka, che D’Annunzio aveva chiamato “Olocausta”, anticipando così anche quest’espressione) fu la Capitale Europea della Cultura, la città ricordò, seppure in forma polemicail Vate, con una mostra chiamata appunto “Olocausta” (“D’Annunzijeva mučenica”).

2.MARCELLO VENEZIANI: IDENTITA’, RADICI E TRADIZIONI

Venerdì 3 Novembre

Quella di Veneziani è stata soprattutto una requisitoria contro la “Cancel Culture” ( da lui tradotta appropriatamente, anche se liberamente, come “Cancellazione della Cultura”), il cui esiti non possono essere che nichilistici, in quanto, con la cancellazione delle tradizioni culturali, si tagliano le radici e si rende di fatto impossibile l’affermazione delle identità, individuali o collettive.

Certo, è mancata una prospettiva volta a situare adeguatamente il fenomeno nel tempo e nello spazio. Intanto, la Cancel Culture è un fenomeno originariamente e ancora prevalentemente americano, che parte come contestazione, da parte dei “non bianchi” ( cioè afroamericani, sino-americani, indo-americani, ma anche Europei del Sud e dell’ Est) dell’ egemonia WASP  che persiste in un’America oramai multiculturale.

In Europa, il fenomeno è meno evidente. Ma, soprattutto, l’Occidente nel suo complesso rappresenta al massimo un quinto del mondo. In tutto il resto, vi è invece una cura ossessiva delle proprie identità e tradizioni collettive: altro che “cancel culture”. Si pensi all’ Ebraismo in Israele, al Medio Oriente che si concepisce come “mondo islamico”, all’ Europa Orientale, a tutta l’Asia…

Così come l’Ebraismo e l’Ortodossia fanno propria la critica alla pretesa, nel passato, d’imporre l’omogeneità religiosa e culturale dell’ Occidente, e la Cina, con la “Via della Seta” riafferma la pari dignità di Oriente e Occidente, l’antidoto europeo alla “Cancel Culture” starebbe proprio nel farne propri qui suoi elementi che si addicono all’ Europa, vale a dire la critica della “Grande Narrazione Whig” (eresie, chiliasmo, Riforma, populismi, tecnocrazia, americanismo); la rivalutazione delle culture tradizionali e dei grandi Imperi Continentali; lo studio delle parti censurate e neglette delle tradizioni europee (come la Civiltà Danubiana, l’”Atena Nera”, il Barbaricum, l’Euroislam, la Rzeczpospolita polacca, l’antimodernismo…).

3.EMIR KUSTURICA E PETER HANDKE

Venerdì 3 Novembre

Kusturica ha presentato il proprio libro “L’angelo ribelle”, dedicato a celebrare l’amico Peter Handke, attaccato dall’ establishment letterario quando aveva ricevuto il Premio Nobel per la letteratura, a causa dei suoi reportages sulle guerre in Jugoslavia, che si sostenne fossero eccessivamente favorevoli alla Serbia. Si tratta in particolare di:

Un viaggio d’inverno ai fiumi Danubio, Sava, Morava e Drina, ovvero giustizia per la Serbia, trad. Claudio Groff, Torino: Einaudi, 1996

Appendice estiva a un viaggio d’inverno, trad. Claudio Groff, Torino: Einaudi, 1997

Un disinvolto mondo di criminali. Annotazioni a posteriori su due attraversamenti della Iugoslavia in guerra – marzo e aprile 1999, trad. Claudio Groff, Torino: Einaudi, 2002

Kusturica ha denunziato il “dirottamento” del movimento di liberazione dell’Europa dal comunismo, che ci ha portato a una situazione di ancor maggiore illibertà, dominata dal Pensiero Unico, di cui Handke non è stato certo l’unica vittima. Ha però espresso la speranza che nei prossimi anni si manifestino delle  crepe nell’ attuale establishment, che occorrerà sfruttare per provocare un radicale cambiamento.

4.PAOLO NORI: A COSA SERVONO I RUSSI? 

La domanda è più che legittima, ma non ci sembra che l’intervento di Nori abbia fornito una risposta. Certo, l’oratore, nel presentare il proprio romanzo sulla vita di Anna Akhmatova, ha manifestato in modo eloquente come la letteratura russa abbia costituito la passione della sua vita. Tuttavia, ci sembra difficile credere che la missione della Russia sia solo quella di fare appassionare Nori alla letteratura.

In effetti, l’intervento di Nori è stato dedicato soprattutto alla sua identità personale piuttosto che all’ identità collettiva dei Russi. Ma neppure così è andato fuori tema. Non dobbiamo dimenticare che le identità possono essere tanto collettive quanto individuali.E l’intervento rientrava anche nel tema delle radici, perché Nori ha fatto intendere che la sua passione per i Russi deriva in gran parte da vere o presunte affinità con le sue radici familiari, e, in particolare, con l’uso del vernacolo, nonché dalla fascinazione per Dante, condivisa, fra gli altri, con Anna Akhmatova.

Infine, l’’intervento rispondeva anche in un altro modo alla domanda contenuta nel titolo. Lev Gumiliov, figlio di quell’ Akhmatova a cui è dedicato il libro di Nori, aveva infatti concepito l’idea della “Pasionarnost’”, quella capacità d’infervorarsi e di sacrificarsi, che caratterizzerebbe non soltanto i Russi, bensì tutti i popoli delle steppe (il padre di Gumiliov era un ufficiale tartaro zarista, fucilato dai Bolscevichi, e anche l’Akhmatova si richiamava ad un’antenata tartara con lo stesso nome).

Ricordiamo anche che gli antenati degli Indoeuropei sono quel popolo di Yamnaya che si era formato nel quinto Millennio fra il Volga e il Don,  dalla fusione fra popoli uralici e caucasici, e che, per la sua straordinaria vitalità, si espanse prima in Eurasia, me, poi, nel resto del mondo.

Ma questo carattere “passionale” dei Russi (l’”Anima Russa”) è proprio quella caratteristica che manca agli Europei moderni, sì che già  Leontiev, alla fine dell’ Ottocento,   aveva definito  “L’Europeo medio” come “l’inizio della distruzione universale”. Con il dono della sua “passionalità”, i Russi, e, in particolare, gl’intellettuali russi, sarebbero stati chiamati, secondo Tiutčev, Dostojevskij e Blok, a salvare l’Europa dal “putrido Occidente”:

“Unisciti a noi! Via dalla guerra,
Vieni nelle nostre pacifiche braccia!
Sei ancora in tempo – la spada sotterra,
Compagno! Fratello, ti abbraccio!”

Certo, tutti questi autori erano “Russi” nel senso di “Slavi Orientali”, anche se non pochi erano ucraini o bielorussi. E, in effetti, anche il comportamento degli attuali Ucraini, impegnati così “passionalmente” contro la Russia, può essere ricondotto a quella visione “messianica” dei “Russi” (o meglio, dei popoli delle steppe, molti dei quali predecessori degli odierni Ucraini: Sciti, Sarmati, Unni, Avari, Bulgari, Magiari, Cumani, Peceneghi, Mongoli, Tartari, Circassi, Nogai, Cosacchi…).

5.RUTH DUREGHELLO E “TIKKUN HA-‘OLAM”

Più direttamente vicino al tema delle identità collettive il colloquio fra Elena Loewenthal, direttrice del Circolo dei Lettori, e Ruth Dureghello, ex-presidentessa della Comunità Ebraica.

Le due speakers si sono impegnate in un pregnante dibattito teologico, culminato nell’ illustrazione del concetto mishnaico di “Tikkun ha-‘Olam”, che Ruth Dureghello ha voluto tradurre non già con il suo dignificato originario di “Riparazione del Mondo”, bensì come “Miglioramento del Mondo”.

Secondo la Kabbala, il Tikkun è un’opera teurgica, volta a riportare Dio nella sua originaria interezza, mentre l’idea del “miglioramento del Mondo” riporta piuttosto al messianesimo immanentistico della Modernità.

7. FRANCO CARDINI E LA “DERIVA DELL’OCCIDENTE”

Riassumendo il suo recente libro, Cardini ha ripercorso la storia del concetto di Occidente, fino al suo cambiamento di significato dopo  le Guerre Mondiali: da essere sinonimo di “Europa”(come in Spengler), esso si trasformò nella definizione di un complesso più vasto, di cui fanno parte gli Stati Uniti. Il “Tramonto dell’ Occidente” di Spengler non è che il tramonto dell’ Europa, già adombrato nelle opere di Hegel e ripreso dagli autori americani.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, diviene evidente che quel complesso ruota intorno agli Stati Uniti, i quali hanno tessuto, intorno a se stessi, “una ragnatela” di accordi (come scrive Ikenberry): ONU, OCSE, NATO, Comunità Europee, Bretton Woods.

Dopo la caduta del muro di Berlino, queste “ragnatele” (ICANN, WTO) coprono oramai tutta la terra, dando vita all’ “America-Mondo”, un “Impero nascosto”(Immerwahr), o “Sconosciuto” (Papa Francesco), che controlla il mondo intero. Per questo Fukuyama parlava di “Fine della Storia”.

Ora siamo alla “Deriva dell’ Occidente”, perché, di fronte all’invasività di questo impero,  si sono manifestate appunto le reazioni delle identità continentali: ebraica, induista, confuciana, islamica, latinoamericana, ortodossa. Per questo, dalla “Fine della Storia” si è passati oramai allo “Scontro di Civiltà”.

In cui, però, avverte Cardini, l’Europa non può essere confusa nel generico “Occidente”, perché essa si distingue nettamente dall’America. In che cosa, non è chiaro, perché neppure i detrattori dell’ America sono espliciti su questo punto.

E’un argomento sui cui anche l’intervento di Cardini è stato poco esplicito, anche perché si era oramai giunti all’una e mezza della domenica,e occorreva evidentemente liberare la sala.

CONCLUSIONI

Tutti gl’interventi hanno affrontato giustamente con priorità il tema delle radici, che campeggiava nel titolo, e hanno solo sfiorato quello delle identità, ad esso collegato, e il quale, come hanno giustamente posto in evidenza un po’ tutti, costituisce la premessa necessaria per i progetti del futuro.

Crediamo che questi temi meritino un approfondimento, di fronte ad una situazioni internazionale sempre più preoccupante e sempre più fluida, che ben presto permetterà (come ha auspicato Kusturica), e, anzi, secondo noi, addirittura necessiterà, un intervento pesante da parte degli Europei, forse anche militare e politico, ma, innanzitutto, di carattere culturale, per orientare e motivare le future drammatiche scelte.

Per questo, mentre andiamo avanti con i nostri lavori sull’ identità europea e sul futuro nell’ era delle macchine intelligenti, continuiamo a caldeggiare che le Istituzioni (nel caso in ispecie, la Regione Piemonte che ha sponsorizzato il festival) proseguano nell’ opera iniziata. Per parte nostra, saremo sempre lieti di collaborare, come del resto avevamo già fatto in passato con il libro “Intorno alle Alpi Occidentali/Autour des Alpes Occidentales”.