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DANTE E LA LIBERAZIONE DELLA CULTURA

Commento alle esternazioni del Ministro Sangiuliano

Viviamo nel capitalismo
della sorveglianza

Premesso che questioni di urgenza drammatica come quelli dell’identità italiana ed europea  e della libertà della cultura dovrebbero essere trattate in modo più serio e approfondito, sottraendole alle polemiche spicciole fra politici e opinionisti, le esternazioni del Ministro hanno avuto comunque il merito di riportare l’attenzione per questi temi di un pubblico anestetizzato, offrendo almeno spunti per un dibattito più approfondito.

Ma, in sostanza, che cos’ ha detto Sangiuliano?

(i)Dante sarebbe “il padre della cultura di destra”;

(ii)occorrerebbe sostituire la presente “cultura di sinistra” con una “cultura libera”.

Ovviamente, come prevedibile, prestigiosi opinionisti dell’”establishment” hanno replicato indignati, con argomenti solo parzialmente sostenibili.

In realtà,  scrive Franco Cardini:“… già alcuni anni or sono Massimo Cacciari e qualcun altro fecero scalpore insistendo sul fatto che la grande cultura europea otto-novecentesca fosse stata ‘di destra’: il che era e resta verissimo, come peraltro resta vero il fatto che il fascismo, almeno quello italiano, si sia proposto come una forza tendenzialmente piuttosto “di sinistra”….

Fra le obiezioni sollevate, la più pertinente (e accettata dallo stesso Sangiuliano) è quella che “destra” e “sinistra” sono concetti tipici della Modernità, i quali originano più precisamente dalla Rivoluzione Francese. La prima osservazione sarebbe stata quindi solo una provocazione. L’idea di una Destra e di una Sinistra “eterne”, che retroagisca fino al Medioevo, o, addirittura, alla preistoria, è invece una poco fondata pretesa novecentesca. Suoi più autorevoli sostenitori: Mao Tse Dong, Bobbio ed Evola. A dire il vero, si può sospettare che Mao pensasse in realtà al Ying e allo Yang. Anche Bobbio in realtà pensava alla dialettica fra progressismo e conservazione, che ha una portata più generale della concezione assiale della politica, in cui rientrano Destra e Sinistra. Infine, Evola contrapponeva la Tradizione all’ Antitradizione. Queste  contrapposizioni “metapolitiche” sono effettivamente di più lunga durata che non “Destra” e “Sinistra”; tuttavia, in questa prospettiva, il “polo” concettuale opposto a quello “progressista” non è, propriamente, né “reazionario”, né “conservatore”, bensì, piuttosto,  “conservazionista”, o “catecontico”. Mentre il mito del Progresso è la secolarizzazione dei dogmi religiosi della salvezza e del Giudizio Finale, il “Katechon” è, secondo la IIa Lettera ai Tessalonicesi (ripresa da von Bader e Carl Schmitt),  quella misteriosa forza che “frena” l’avvento dell’Anticristo (preludio al ritorno di Gesù Cristo), corrispondente alla figura mitica dell’ avestico Thraetona, che “incatena “ per Mille anni Angra Mainyu, il dio persiano del Male, durante il “Millennio” che precede la Frashokereti, la “rigenerazione del mondo”.

Il Katèchon è dunque  l’opposto del Mito del Progresso, perché, mentre questo è la versione secolarizzata del millenarismo religioso, che vorrebbe “salvare l’Umanità con la tecnica”(cfr. il “Primo Programma Sistemico dell’Idealismo tedesco”), il Katèchon si oppone proprio  a questo tipo di “salvezza”, che considera un inganno, perché non potendo eliminare la finitezza esistenziale dell’essere umano, si ritorce contro questi ultimi, rendendoli incapaci di vivere la loro vita con tutte le sue contraddizioni.

Tornando a Dante, questi si potrebbe definire, come avevano scritto Auerbach, le Goff e Sanguineti, “reazionario” (o, nel nostro linguaggio, “catecontico”),  perchè portatore di una concezione perennialistica della metafisica e della società, dove l’immanenza è imitazione, “Mimesis” di un mondo assoluto ed immutabile.

La gabbia in cui fu rinchiuso Ezra Pound

 1.Il Katèchon  contro il Millenarismo

E’quindi ovviamente improprio affermare che Dante fu il fondatore della cultura di destra, perché, o parliamo della destra “postrivoluzionaria” nel senso sopra indicato, e, evidentemente, Dante non poteva farne parte, o del “Katechon”, la cui idea nasce nell’ Avesta e viene “cristianizzata” da San Paolo Se invece parliamo del  Katèchon (o  qualcosa di simile), questo è un tema dominante di tutte le grandi culture, a partire da quella iranica, dove, prima che giunga il il Giudizio Universale), Threatona “incatena per mille anni Angria Mainyu, il Dio del Male. L’idea del Katechon, ha, quale antesignano, semmai, Zarathustra.  Ritroviamo la lotta del Katechon contro il millenarismo nella contrapposizione che Erodoto mette in scena fra la “hybris”  dell’ impero universale degli Achemenidi e la concezione tragica ed eroica  dei Greci, che ha il suo simbolo in Leonida.

Dopo gli Achemenidi, i millenaristi sono stati sempre e ovunque una setta minoritaria, trasversale, intrigante e prepotente (gl’islamici Karmati, i Giochimiti, gli Anabattisti, i Puritani, i Trockisti, le Brigate Rosse), non solo invisa a tutti, e contro cui prima o poi gli stessi rivoluzionari si sono dovuti ribellare (pensiamo al Lutero che si scaglia  contro gli Anabattisti, e  a Goethe e Napoleone contro i rivoluzionari francesi…). Ciononostante, inseriti in posizioni di potere, hanno spesso  avuto occasioni per perseguitare gli spiriti indipendenti.

 Oggi, i millenaristi al potere sono i Postumanisti, come Zuckerberg e Musk, che frequentano incessantemente le stanze del potere, americano, europeo e perfino vaticano, facendo avanzare a loro piacimento l’agenda della Singularity Tecnologica, la fusione fra l’uomo e la macchina, che porrà fine alla Storia.

 Nessuno, nel 1800, aveva capito che il risultato finale del “Progresso” sarebbero state le Macchine Intelligenti, né che queste avrebbero preso il potere come ha scritto Bill Joy. Anche i più “progressisti” pensavano ancora a un mondo umano, per quanto rinnovato. Come aveva giustamente osservato Josef  Seifert (“Le Sette Idee Slave”), le tre parole d’ ordine della Rivoluzione Francese non erano altro che la sintesi delle aspirazioni dei tre Ordini dell’ “Ancien Régime”: la libertà, per l’aristocrazia, la l’eguaglianza, per la borghesia, la fraternità, per il clero. Oggi, però, di fronte al radicale dispiegarsi del progetto post-umanistico della Singularity, in corso di attuazione da parte dei GAFAM, tutte le culture attuali, orientate fino ad oggi in senso più o meno progressista, dovrebbero attraversare una fase di resipiscenza, divenendo finalmente “catecontiche”, perché tutte accomunate dall’obiettivo della conservazione dell’umano (il “conservazionismo”) contro la Società delle Macchine Intelligenti. Neghiamo che questo pericolo sia solo immaginario, perché l’Intelligenza Artificiale non sarebbe veramente intelligente” . Ma che c’è già oggi di più stupido dell’attuale classe dirigente, che, anziché pensare con la propria testa, ripete all’ infinito, a mo’ di robot, vecchi slogan assurdi? Eppure, proprio per questa sua mancanza di creatività, essa ci sta portando verso il baratro. Figuriamoci che cosa potrebbero fare le macchine se lasciate a se stesse(per esempio, in una guerra nucleare)! Il pericolo di oggi non è l’intelligenza delle macchine, bensì la bovina ripetitività del mondo contemporaneo, paralizzata da razionalismo, moralismo, burocrazia, che trasmette pedissequamente alla macchine da esso create (vedi il problema della “moderazione”).

2.La Dialettica dell’ Illuminismo

Horkheimer e Adorno avevano previsto tutto 75 anni fa

 Intanto, alcuni movimenti culturali e politici attuali, come l’ambientalismo e l’identitarismo, stanno implicitamente riconoscendo, sulla falsariga di Hrkheimer e Adorno, il fallimento del progetto modernista di conciliazione della vita con la tecnica, e l’urgenza d’impedire che la voglia irrazionale di razionalità si traduca in una “trasfusione senza spargimento di sangue”, cioè della vita, dall’uomo, alle macchine. Perciò, se vogliono avere ancora una qualche funzione storica, che non sia solo quella di una foglia di fico della tecnocrazia post-umanista, tutte le ideologie in cui si articolava il progetto moderno, e che animavano il variopinto spettro della politica, dovranno modificare la loro Weltanschauung e i loro programmi. E, in verità, almeno talune stanno già tentando di farlo. Basti pensare al tormentoso dibattito sull’ identità della Sinistra, a cui fa ora seguito quello, speculare, sulla Cultura di Destra.

 Senz’altro Dante, insieme a Confucio (il Libro dei Riti), San Paolo (Tessalonicesi II),  Gandhi (Hind Swaraj) e Matteo Ricci (“Il vero significato del Signore del Cielo”), potrebbero costituire utili maestri per questo movimento catecontico mondiale, capace di guidare almeno gli Stati-civiltà alla riscossa contro i GAFAM.

In questo contesto si pone, certo, anche la questione della poliedricità dei popoli e delle culture.

 Fra i popoli, nel senso che il loro contributo a un nuovo ordine mondiale catecontico può derivare solo dalle specificità delle rispettive tradizioni culturali: per l’ America, Fenollosa, Dos Passos, Elliot, Pound…; per la Cina, Confucio, LaoTse, SunZu, Kang You Wei, Zhang Wei Wei; per l’India, Vyasa, Valmiki, Gandhi; per l’Islam, Maometto, Averroè, al-Ghazzali, Ibn Qaldun; per l’Europa, Omero, Socrate, Orazio, San Paolo, Rousseau, Leibniz, Voltaire, Nietzsche, Saint-Exupéry…

 L’Italia ha certamente molto da apportare allo studio, la tutela, la difesa, la diffusione delle tradizioni europee: Dante, teorico della Monarchia; Botticelli, resuscitatore di antiche dee; Machiavelli, consigliere del Principe; Mercurino da Gattinara, ministro dell’Impero nello spirito di Dante; Ricci, difensore cattolico del Confucianesimo contro il Buddismo;  Leopardi, fustigatore delle “Magnifiche Sorti e Progressive”; Foscolo, custode dei Sepolcri; Canova, ricreatore della bellezza antica…

La nostra è un’era apocalittica

2.Dalla crisi delle ideologie, verso un nuovo ecosistema culturale mondiale

Come scrivevamo, l’attuale confusione deriva in gran parte dal fatto che l’intera cultura politica, non soltanto italiana, bensì europea,  si trova in uno stato di crisi endemica, dopo i colpi subiti dalle rivoluzioni totalitarie del 20° Secolo, dal nucleare, dal surriscaldamento atmosferico, dal post-comunismo, dai BRICS  e dalla Singularity,  tutte cose che hanno fatto giustamente dubitare della validità del Primo Programma Sistemico dell’ Idealismo Tedesco, il quale progettava di sostituire la promessa messianica delle religioni (incarnata dal Paradiso di Dante) con un paradiso terreno, identificato poi da molti con il Comunismo, e di tutti i successivi progetti utopici (Saint-Simon, Comte, Fiodorov). All’ interno di questa generica aspettativa escatologica, i liberali promettevano il “Regno della Libertà”(Hegel), i socialisti una “Nuova Società Organica”(Comte), i Cristiano-Sociali un Paradiso “che incominciasse a realizzarsi su questa terra”(Teilhard de Chardin), i nazifascisti un Reich millenario (lo Hazar mazdeista) che avrebbe riportato la vita alla purezza delle origini ancestrali.

 Tutto ciò in un quadro di competizione pluralistica, che un tempo veniva chiamata “repubblica”, e, oggi, “democrazia”, ma  che comunque oggi ha smesso di funzionare:

 “La scommessa democratica è così ridotta a una finzione finalmente smascherata, esausta per la lunga traversata della crisi, adatta soltanto per la redistribuzione della ricchezza negli anni del benessere, sopraffatta dalle promesse che ha scritto nelle sue Costituzioni ma che palesemente non riesce più a mantenere, incapace di raccontare se stessa, di convincere, e soprattutto di suscitare passioni, la democrazia va in minoranza, accompagnata in questo transito malinconico dalla realtà…”(Ezio Mauro, L’eversione populista 2.0., La Repubblica  di Lunedì 16 gennaio 2023).

 Come abbiamo scritto nel n.3 dei Quaderni di Azione Europeista,  “Verso le elezioni del 2024”, questo fallimento pone tutti i movimenti politici in Europa dinanzi all’alternativa fra il rinnovarsi (a nostro avviso, in senso “catecontico”), o sciogliersi, venendo assorbiti negli ultimi grandi movimenti che si stanno formando:

-quello per la “Singularity”, che, sotto l’egida dei GAFAM, punta a realizzare i sogni millenari di entropia che erano stati del Buddhismo Hinayana e della Qabbalà, e, ora, sono di Ray Kurzweil, Chief Engineer di Google;

 -quello “per la vita”, pronto a difendere l’umanità contro l’invadenza delle Macchine Intelligenti (che siano esse i robot, i Big data, la rete, le bioingegneria, il nucleare, la “Guerra senza Limiti”..).

Ciascuno dei partiti esistenti, e ciascuno dei Continenti,  potrebbe legittimamente trovare posto, se solo volesse e sapesse recuperare le proprie storiche aspirazioni, all’interno di questa grande alleanza “catecontica” per la lotta contro i GAFAM.

Il Mito del Progresso accomuna
establishment e rivoluzione

 3.Liberare la cultura

Come risultato di quanto precede, circa il secondo punto trattato dal Ministro, quello della libertà della cultura, non si può non concordare sul fatto che la cultura sia oggi meno libera di quanto non lo sia mai stata in passato, in quanto l’attuale società tecnocratica ha fra i suoi principali obiettivi quello di subordinarla  al progetto di controllo totale da parte della tecnologia (l’Intelligenza Artificiale deve sostituire quella umana).

La cosiddetta “cultura di sinistra” è in realtà quella dell’“establishment”, che ha mutuato idee e linguaggi tradizionali del gauchismo (egualitarismo, antiautoritarismo..) perché sono particolarmente atti ad anestetizzare i cittadini  affinché accettino senza opporsi la “trasfusione senza spargimento di sangue”(la metafora della “rana bollita” di Chomski).

Non ci vengano poi a dire che non si può paragonare la libertà culturale che ci sarebbe oggi da noi con quella delle “autocrazie”: in realtà, le massime opere culturali (Orazio, Ovidio, Virgilio, Machiavelli, Leonardo, Michelangelo, Cartesio, Pascal, Rousseau, Voltaire, Goethe, Canova, Dostojevskij, Tolstoj, Pirandello, Heidegger, Pound,  Sol’zhenitsin) erano state create proprio sotto delle “autocrazie”, mentre, invece, nelle attuali “democrazie”, assistiamo ad una produzione culturale stentata, manipolata e conformistica.

 Certo, la cultura è sempre stata soggetta a limiti e controlli: da parte delle assemblee greche (che infatti condannarono Socrate), degl’Imperatori romani, delle Chiese, degli Stati, del capitale, dei partiti. E, infine , le censure che si sono accumulate fino ad oggi nel corso dei millenni hanno portato addirittura –con fenomeni come le leggi memoriali, il politicamente corretto e il “Me Too”- alla paralisi della cultura, attraverso l’ “autocensura”. Tanto grande è oggi la paura di essere messi al bando per una parola, una frase…

Già il Cristianesimo aveva censurato  la natura estremamente violenta delle società antiche a cui voleva riallacciarsi (che aveva trovato le sue massime espressioni in Omero e proprio nel Vecchio Testamento). La cultura umanistica aveva censurato il carattere tragico della cultura greca. L’Illuminismo aveva obliterato le costanti critiche degli antichi alla democrazia. La cultura postbellica ha censurato il carattere fondamentalista e prevaricatore del progetto occidentale. I media occidentali censurano ora i contributi alla soluzione dei problemi attuali forniti dalle culture e dal pensiero cinese, giapponese, indiano, islamico, russo…. Il “mainstream” sta censurando l’urgenza della lotta alla “Singularity”. Come risultato di tutto ciò, gl’intellettuali ormai si censurano da soli. Inoltre, la pretesa livellatrice dell’imperante ipocrisia occidentale, abbattendo deliberatamente le preesistenti barriere fra culture high brow”, “mid brow” e “low brow” (Martel), rende impossibile (o troppo pericoloso), ogni discorso adeguato ai vari contesti. In particolare, non vi è più un ambito “protetto” in cui si possa discutere serenamente  delle realtà più scomode, come il relativismo, i Poteri Forti, l’Apocalisse, le inevitabili gerarchie sociali, le origini dei popoli europei, la violenza nella Bibbia, le culture politiche dell’ Eurasia, le società segrete, la situazione reale delle minoranze etniche, il funzionamento concreto del progetto postumanistico,le guerre nucleari…

Sarebbe certamente ora che, come accennato dal Ministro,  in Europa il potere politico rimuovesse le cause profonde di quelle censure:

-il cristallizzarsi di una classe dirigente inadeguata, figlia della Guerra Civile Europea;

-l’adesione pedissequa alle “mode” di Oltre Oceano ( il gauchismo di Berkeley; il neo-liberismo di Chicago; il “Politicamente Corretto” della West Coast; l’”Ideologia Californiana” della Silicon Valley);

-la scarsa indipendenza economica degl’intellettuali, e della borghesia in generale;

-il livellamento degli studi, che rende impossibile un pensiero “alto” e sistematico;

-l’impostazione fortemente propagandistica ed autoreferenziale delle politiche culturali pubbliche, ivi comprese le sempre crescenti forme di censura.

Leonida è il prototipo del Katechon che “trattiene” l’Hybris dell’ Anticristo (Angra Mainyu)

4.L’Europa: ”Trendsetter of the Worldwide Debate”?

 

In conclusione, i movimenti politici europei potrebbero (ed, anzi, dovrebbero) spingere l’Europa a divenire davvero quel “Trendsetter of the Worldwide Debate” che la Commissione pretenderebbe (a parole) ch’essa fosse, mentre invece essa è oggi succube al 100% dei GAFAM, ai quali ha concesso tutti i dati degli Europei, che essi hanno trasformato in zombies spiati ed eterodiretti (cfr. Sentenze Schrems). Ma ciò potrà avvenire solo con un radicale cambio di passo da parte di tutti, ivi compresi gl’intellettuali, che dovrebbero divenire, come minimo, più coraggiosi e combattivi.

Se, poi, ciò non potesse avvenire, si dovrebbe infine “rovesciare il tavolo”, e unificare, in un’unica coalizione fondatrice, “conservazionista” e di lotta, tutte le tradizioni culturali di un determinato territorio: nel caso dell’ Europa, nel Movimento Europeo, con o senza, al suo interno, diverse “sezioni”, eredi degli attuali partiti.

In questo contesto, ha certamente un diritto di cittadinanza, e anche un primato, anche una “cultura dei conservatori” italiana ed europea, che però anche qui dovrebbe avere un respiro ben più vasto di quello della pura e semplice “destra”,  aprendosi all’insieme degl’intellettuali europei. Tutti, anche i più rivoluzionari, hanno infatti sempre celato un fondo di reazione, avendo tutti guardato con sospetto (come si legge nelle pieghe di Voltaire, di Goethe, di Marx, di Gramsci) la macchinizzazione del mondo a cui ci hanno portato il materialismo, l’egualitarismo e la censura generalizzata. Basti pensare all’avversione di Dante per “La gente nova e i facili guadagni”, al “Bürgergeneral” di Goethe, al timore di Tocqueville per la “passione dell’ eguaglianza”, all’avversione di Kierkegaard per l’arcivescovo Mynster, alla descrizione sprezzante che Nietzsche fa dell’ “Ultimo Uomo”, alla visione drammatica del “Waste Land” di Elliot, al Confucianesimo di Pound, al “Katèchon Europeo” di Barcellona.

Sarebbe così forse possibile anche risolvere i conflitti frazionistici, campanilistici e personalistici, all’ interno stesso di ciascuno dei partiti europei, e, in particolare, dei Conservatori (basti pensare alle differenti fazioni che si contrappongono nel Parlamento Europeo), dovuti in gran parte ai loro orizzonte eccessivamente nazionale, mentre i grandi autori “catecontici”, a cominciare da Dante, ma continuando con Ricci, De Maistre, Dostojevski, Nietzsche, Jung, Guénon, Saint-Exupéry, Evola, avevano tutti un respiro europeo, se non mondiale (Cina, Francia, Russia, Oriente, Europa, Islam).

Noi siamo qui per accompagnare questo dibattito. Ci poniamo umilmente al servizio di chi vorrà continuarlo. Speriamo che il Ministero della Cultura lo promuova seriamente, come rientrerebbe nella “mission” di questo Governo, con tutte le risorse che hanno le Istituzioni.

Parla di questo il nostro libro “Verso le Elezioni del 2024: I partiti europei nella tempesta”, Alpina/Dialexis, Torino, 2022, che presenteremo al prossimo Salone del Libro. 

INTELLIGENZA ARTIFICIALE: TUTTI D’ ACCORDO A PAROLE….ma nessun fatto concreto

 

Soprattutto dopo il recente Forum Economico Internazionale di Davos del 2018, l’allarme per il sopravvento dell’ Intelligenza Artificiale è divenuto sempre più generalizzato, al punto che Yuval Noah Harari vi ha dedicato, nell’ ambito del prestigioso incontro della finanza mondiale, ben tre diverse interviste televisive. Tuttavia, quest’allarme l’avevano già diffuso, a partire dal Secondo Dopoguerra, Asimov, Joy, Hawking, Rees, Musk, Onfray, Morozov, Brague, Bostrom…
Cito soltanto qualcuna delle tante affermazioni allarmistiche di questi autorevoli, per quanto diversissimi, personaggi: “Nulla è inevitabile, tranne i robot” (Asimov);“Il mondo di domani può fare a meno di noi” (Bill Joy);”L’Intelligenza Artificiale provocherà la Terza Guerra Mondiale” (Elon Musk);“Questo è il secolo finale dell’ Umanità” (Martin Rees); );“L’Intelligenza Artificiale segnerà l’ultima ora dell’ Umanità” (Hawking) “Il tecno-umanesimo non può prevalere sul datismo perché la sua pretesa di introdurre un elemento di libertà è ancora sempre basata sulle macchine” (Harari), “”Le dittature di questi tempi funesti faranno passare quelle del Novecento per inezie. Google lavora a questo progetto post-umanista. Il nulla è sempre certo” (Onfray); “Così come oggi il destino dei gorilla dipende da noi esseri umani più che dai gorilla stessi, il destino della nostra specie dipenderebbe dalle azioni della superintelligenza artificiale” (Nick Bostrom)…
Nella misura in cui sono riuscito a entrare talvolta in contatto con qualcuno di questi illustri Autori, non ho mai mancato di domandare loro perché mai, pur avendo essi ben chiaro questo fondamentale problema, ed avendo a disposizione tutti gli strumenti per avviarlo a soluzione, non stiano facendo proprio nulla in questo senso. Ho offerto anche a tutti, senza contropartite, la mia collaborazione, come editore, come autore, come uomo di pubbliche relazioni. Qualcuno, come Martin Rees, ha avuto almeno la cortesia di inviarmi  qualche pagina di prefazione in Inglese (che figura oggi in “Corpus Juris Technologici”), e si è anche complimentato con me per essere io riuscito a confezionare il relativo libro con un così stentato aiuto esterno. Qualcun altro, come Rémi Brague, ha promesso di divenire più attivo su questo fronte.
In linea generale, però, il risultato è sempre stato sostanzialmente negativo. Secondo alcuni, avevo male interpretato il loro messaggio, che non era poi così pessimistico; altri ritengono di non avere gli strumenti necessari per agire. Mi chiedo allora chi li abbia, questi strumenti, visto che i politici, o sono palesemente legati mani e piedi ai giganti dell’ informatica, o non hanno neppure la cultura necessaria per comprendere il fenomeno.
Ma pure lasciando da parte, per un momento, la questione, per altro fondamentale, dell’azione politico-culturale, perfino l’aspetto puramente libresco, vale a dire una seria riflessione e divulgazione sul fenomeno del post-umano, è totalmente assente.
In effetti, il tema è veramente vastissimo, sì che difficilmente un solo autore potrebbe riuscire a sviscerarlo. Si va dalle  sue premesse teologiche, implicite già fin dall’ “intelletto attivo” di Aristotele, dal  concetto cristiano di transustanziazione, da  quelli cabalistici di de-creazione e di golem, dall’ “Homunculus” degli Alchimisti e dal “Primo Programma Sistemico dell’ Idealismo Tedesco”. Si passa poi alla rilettura materialistica del Regno dei Cieli in Fiodorov, Tsiolkovskij e Lunacarskij, per arrivare infine al “sublime tecnologico” di Teilhard de Chardin e di Kurzweil. Si procede poi, in campo filosofico, con il cyberpunk e il cyberfemminismo di Donna Haraway e Francesca Ferrando. Si continua con la religione e la “politica di Internet” (Teilhard de Chardin, Casaleggio, Morozov), con le neuroscienze, i Big Data e l’Intelligenza Artificiale, fino ad arrivare alla Società del Controllo Totale e alla Cyberguerra.Si giunge infine alle analisi politico-economiche e lavoristiche dell’ impatto dell’economia dei dati sulla progettualità politica, e, in particolare, sul problema della disoccupazione tecnologica.
Abbiamo poi  finalmente, con la nuova direttiva europea di cui parla, su “La Stampa”, Bruno Ruffilli, l’abbozzo  di un discorso pubblico sull’esigenza di una tutela legislativa globale contro l’ Intelligenza Artificiale. Non è superfluo ricordare che la nostra Casa Editrice Alpina, con la maggior parte dei suoi “Quaderni di azione Europeista”, ha affrontato già da 4 anni molti fra i temi sopra indicati, e si ripropone di continuare la battaglia con qualcosa di più comprensivo.
Premesso che occorrerebbe, sul tema, un serio e coordinato lavoro collettivo, che spetterebbe di promuovere a grandi Enti collettivi,  in questa rubrica mi limiterò a esaminare partitamente, in successivi post, i singoli aspetti di quella problematica, invitando, tanto i nostri quattro lettori, quanto gl’illustri personaggi che si occupano oggi di queste cose, a prendere posizione e ad aggiungersi ai nostri sforzi.

1.L’essenza del problema.

La cultura contemporanea è sostanzialmente concorde nel ritenere  impossibile la definizione di  un concetto astratto e universalmente valido di “Umanità”, in quanto quest’ultima è incessabilmente condizionata da lingua, storia e geografia. Già gli antichi libri sacri, e, in primo luogo, i Veda, l’Enuma Elish, la Bibbia e il Corano, descrivevano  l’uomo come un fenomeno storico, in continua mutazione: dalla Creazione, allo status edenico, a quello della cacciata, alla  Grazia, alla  “Rapture” apocalittica, fino alla salvezza o alla dannazione eterna. Nello stesso modo, anche la visione tecno-centrica contemporanea ci parla di pitecantropi, di ominidi, di Homo sapiens, di Cyborg e di Intelligenza Artificiale.

L’uomo è quindi, per sua natura, “qualcosa che dev’essere superato”;  esso “è una fune tesa fra il bruto e il Superuomo” (Nietzsche, Così Parlò Zarathustra”). D’altronde, a rigore, anche “difendere l’uomo dall’ Intelligenza Artificiale” è tecnicamente impossibile, perché l’intelligenza è da sempre “artificiale”, come c’insegnano Cartesio e Pascal, secondo i quali, tanto il pensiero, quanto la credenza nella sua veridicità, sono scelte volontaristiche dell’uomo, il quale, altrimenti, vivrebbe eternamente nel “Dubbio Sistematico”(il “credo quia absurdum” di Tertulliano). D’altro canto, il linguaggio e la scrittura sono stati spesso imposti dall’ esterno, vale a dire da ceti dominanti e acculturati.

Se l’uomo è eternamente mutante, lo è perchè intrinsecamente imperfetto, e quindi teso, per effetto del desiderio, fra un “non più” e un “non ancora”. Dal nostro limitato angolo di prospettiva, tale tratto di percorso s’identifica con la Storia. Ciò che va oltre la Storia è post-umano, e, quindi, non-umano. L’uomo, proprio perchè sa di essere mortale, rifiuta istintivamente  questo non-umano (o “post-umano), e si aggrappa all’ Essere, che, nella Bibbia, anche Dio afferma essere buono (“ki tov”). L’unica fuoriuscita da se stesso che sia consciamente disposto ad accettare è una qualche forma di salto ontologico verso il divino, per vivere in una dimensione “superiore” in cui la sua finitezza  sia nello stesso tempo mantenuta e resa accettabile (la “Vita Eterna”, l’ “Eterno Ritorno”…). Il problema  è quello di come sia possibile distinguere questo “salto ontologico” verso il Tutto dalla “De-creazione” della Qabbala e dal Nirvana dei Buddisti. Tant’è vero che perfino  le tradizioni cabalistica e buddista conoscono questo rifiuto della “de-creazione”: Rabbi Loew aveva una foglietto che gli permetteva di disinnescare la potenza distruttiva del Golem, e lo stesso Buddismo è stato progressivamente rifiutato da India, Cina e Giappone, sopravvivendo, al massimo, nelle sue forme “rovesciate”, Theravada, Chan e Zen. Matteo Ricci spiega anche, con l’obiettività di un osservatore terzo, perché ciò sia accaduto. Insomma, alla fine, la maggior parte preferisce  optare per l’ Essere anziché per il Non-Essere. Non per nulla, ancor oggi, per la maggior parte delle religioni, il suicidio è peccato.

Nel mondo occidentale, quella scelta a favore della vita è stata esemplificata da San Paolo, fondatore della teologia della Chiesa, che, nella IIa Lettera ai Tessalonicesi, sconfessa  i “Fanatici dell’ Apocalisse”. Rispetto a quelle antiche controversie teologiche, la questione del Post-Umano rischia di essere ancor più radicale, perché quest’ultimo si presenta come irreversibile.

La struttura della fondamentale opzione vitalistica, comune alle diverse civiltà storiche, è stata da taluni definito come “Valori dell’ Epoca Assiale”: Cultura e Natura; Umanità e Divinità; Pensiero e Fede; Società e Persona. Questi valori hanno animato e fecondato i più svariati ambiti civilizzatori: le comunità agricole primitive ; il patriarcato; l’aristocrazia; la teocrazia; l’ impero; il capitalismo; il socialismo; la democrazia. Essi hanno cambiato nome e forma, ma sono rimasti infondo  sostanzialmente immutati per millenni, con la persona umana quale punto di riferimento centrale; la famiglia, comunque configurata, quale veicolo della riproduzione sessuata e mattone fondamentale della costruzione politica; la divisione del lavoro quale strumento per operare sulla natura; la cultura quale cemento dell’ insieme…

2. Dissoluzione dei valori dell’ Epoca Assiale.

Certo, vi sono stati, fin dall’ inizio, dei  germi di dissoluzione di quei valori “assiali”: il politeismo teriomorfico; il nichilismo ascetico; la contrapposizione manichea fra Bene e Male; l’ inversione delle gerarchie in determinate feste e momenti rivoluzionari; la divinizzazione del sistema formale di comunicazione e di decisione; la costruzione di automi; la credenza nella potenza cieca nel destino…, tuttavia, le figure di popolo e umanità, genere e ruolo, capi e seguaci, sacro e profano, non hanno mai cessato, per quasi tremila anni, di animare il panorama della vita sociale, dando un senso alla sua storia.

Oggi, invece, il combinarsi della dominazione planetaria dell’ Umanità con l’esasperazione delle lotte intestine di potere, del giganteggiare delle sovrastrutture con il livellamento delle singole personalità, dello sviluppo delle macchine con la sfiducia nelle competenze umane, hanno creato una situazione in cui i valori dell’ Epoca Assiale hanno perso di mordente. Soprattutto, l’educazione “classica” dell’umanità, fondata sul senso della  dignità, sulla fiducia nel valore intrinseco dell’ esistenza, sulla forza d’animo, sul senso di responsabilità e di giustizia, è stata travolta da un eccesso di ”de-materializzazione”, dal conformismo dell’omologazione di massa, dalla dissoluzione delle culture storiche e dalla superficialità di quella “mainstream”. All’ Umanità si è sovrapposto il Complesso Informatico-Militare, che ha assunto su di sé le decisioni supreme; ai Popoli si sostituiscono gli Stati, quali delegati alla gestione degli uomini da parte del Sistema stesso; ai valori sociali di solidarietà, libertà, verità, si sostituiscono quelli tecnici di “integrazione”, “correttezza politica” e “memoria condivisa”.

Come ha dichiarato a Ruffilli, nell’intervista a La Stampa, il direttore di Facebook: “L’Intelligenza Artificiale prende già ora per noi delle decisioni fondamentali”. Ma quelle citate nell’ intervista sono soltanto le più modeste, mentre le più importanti sono quelle sulla pace e sulla guerra, delegate per forza di cose alle macchine da molti decenni. Tutto ciò è già totalmente in atto, ed anticipa, e parzialmente già realizza, la Società delle Macchine Intelligenti.

A rigore, non credo neppure che si possa distinguere concettualmente fra l’ Intelletto Attivo” della tradizione aristotelica, la globalizzazione “moderna” e l’ “Intelligenza Artificiale” di oggi. Così come l’ Intelletto Attivo si era incarnato nella rete di Università, di Scriptoria e “Buyut al-Hikma” che, nel Medioevo, riproducevano e commentavano all’ infinito le opere platoniche e aristoteliche, come pure nelle burocrazie delle Chiese e delle rispettive Inquisizioni, così il “General Intellect” marxiano si è incarnato nel mercato mondiale capitalistico e nell’ Internazionale Comunista, e, oggi, l’intelligenza Artificiale risiede nei Big Data di Salt Lake City e della NSA, nei server di Aruba, nell’ intelligenza diffusa dei nostri computer e cellulari.

In ogni caso, la decisione fondamentale per il futuro dell’ Umanità, cioè la sua sostituzione con le macchine, è già stata presa, dai “Signori del Silicio”: Kurzweil, Page, Cohen, Schmidt, Zuckerberg, Bezos, mentre quella sulla sua transitoria sopravvivenza viene adottata giorno per giorno dai sistemi informatici americani, cinesi, russi, nordcoreani, israeliani…che monitorano ininterrottamente i cieli in cerca delle tracce di missili nemici.

3.Difendersi dall’ Intelligenza Artificiale?

Nel nostro opuscolo “Corpus Iuris Technologici” avevamo affrontato tuttavia con simpatia gli sforzi in corso per porre limiti allo straripare dell’ Intelligenza Artificiale, proprio perché, contrariamente ai cantori del post-umano, crediamo che la dignità dell’ uomo risieda, come volevano il primo Goethe, Alfieri e Camus, nel ribellarsi, seppure inutilmente, contro il determinismo del destino.

Tuttavia, non avevamo ancora mai affrontato il tema principale: ciò che costituisce problema non è la forza dell’ Intelligenza Artificiale, bensì la debolezza dell’ umanità contemporanea. A mano a mano che, nella storia, si affermavano sistemi di ragionamento formalizzati e collettivi, sempre più si allentavano le antiche forme di educazione fondate sulla ricerca dell’ eccellenza personale: l’educazione spartana; l’ascesi religiosa; la humanitas letteraria ed artistica; la religione civile; l’etica del lavoro….Il Complesso Informatico-Militare, come prima l’Inquisizione, poi la burocrazia e il conformismo, possono affermarsi perché non vi sono più dei Leonida, dei Maometto, dei Sant’Ignazio o dei Solzhenitsin, che li controbilancino con la loro volontà e la loro intelligenza.

Per questo motivo, se, come dice Papa Francesco, l’Intelligenza Artificiale deve servire l’Umanità, e non viceversa, allora le società umane, fra cui anche la Chiesa, dovrebbero preoccuparsi di educare l’uomo, non già a obbedire a potenze impersonali, come si è fatto oramai da moltissimo tempo  con l’”ascesi intramondana” del capitalismo, con il conformismo ideologico, con le “buone maniere” borghesi, con l’inserimento in grandi organizzazioni…, bensì al comando e al controllo, così come facevano  a suo  tempo le “Tre Scuole cinesi, che miravano a formare il “Junzi” ( il “gentleman”), o gl’”Immortali”, capaci di comandare già solo con l’ esempio (il “Wu wei”), o come fa ancor oggi il buddismo Chan nel suo monastero di Shaolin.

E’ significativo che parte degl’ intellettuali sopra citati,  incapaci di fornire una risposta attiva alle sfide del Postumano, siano, come Onfray, di estrazione nietzscheana. Infatti è, a mio avviso, il  limite specifico di Nietzsche quello di essere stato uno straordinario analista della Modernità e un suo grande critico, ma di mancare, invece, di una sua autonoma proposta etica e politica. Eppure, con il concetto di ”Uebermensch”, egli aveva anticipato in modo egregio il conflitto più cruciale di oggi: quello fra i fautori del Post-Umano in quanto realizzatore del progetto di superamento di un’ umanità decadente (l“Oltreuomo”), e i suoi detrattori, vale a dire i difensori della sopravvivenza dell’ Umano, seppure in una forma potenziata (il “Superuomo”). E, nonostante che la preferenza istintiva di Nietzsche andasse ai fautori della vita, egli poi non sapeva spiegare in modo convincente come l’indebolirsi della Volontà di Potenza potesse essere controbilanciato. Le rare soluzioni suggerite come “obiter dicta” (l’ egemonia dei ceti militari e dei finanzieri ebrei, l’ unificazione mondiale sotto il controllo europeo, la distruzione del II° Reich dopo una guerra mondiale) non si distinguono infatti  un gran che ,né da quanto poi veramente avvenuto, né dai progetti dell’alta borghesia fra le due guerre (Rathenau, Coudenhove-Kalergi). Si potrebbe anche   ipotizzare che il movente  più significativo della politica nazista sia stato,  non già (come avrebbero voluto sia i marxisti che Nolte), l’anticomunismo, bensì il tentativo, da parte delle masse appena “nazionalizzate”, di bloccare questo progetto elitario e post-nietzscheano delle classi dirigenti weimariane, che, con il Piano Briand, cominciava ad abbozzarsi.

Nessuna delle parti contendenti aveva capito che  il trend superomistico inaugurato da Nietzsche già puntando in realta, . piuttosto che su un umanesimo eroico, su una  sorta di teo-tecnocrazia, che  avrebbe presto trovato il proprio  “habitat” ideale nell’ America  puritana.

4.Bostrom vs.Kurzweil

E’ lodevole  lo sforzo di Nick  Bostrom, altro guru dell’ informatica, che ha dedicato recentemente un libro (Superintelligenza“), di più di 500 pagine, alle problematiche dell’ Intelligenza Artificiale. Tuttavia, neanche Bostrom  giunge ad alcuna conclusione operativa (e ne è cosciente).

Ci occuperemo ancora del suo libro .

Comunque, anche Bostrom  continua a girare attorno al concetto fondamentale dei “tecno-ottimisti”: le macchine non potrebbero assumere il controllo perché, non essendo creative, “non saprebbero che cosa vogliono”. Il guaio è che, come abbiamo visto prima, neppure gli uomini di oggi sanno quello che vogliono, ed è proprio il nichilismo dei programmatori che condannerà alla sterilità e alla paralisi il mondo delle macchine. Essendo state programmate, proprio secondo Bostrom, secondo “i pregiudizi dei loro creatori” per ripetere all’ infinito le loro azioni, le macchine fisseranno per sempre il mondo secondo i paradigmi comportamentali della nostra nichilistica generazione, il che equivale a dire che dire che lo distruggeranno.

Purtroppo, l’unico teorico compiuto del post-umano resta perciò Ray Kurzweil, per il quale la “Singularity”, vale a dire il superamento dell’ umano da parte della macchina, ha un preciso significato: il desiderio di distruzione dell’ Universo implicito in tante filosofie, orientali e occidentali.

La strada  che noi vogliamo  percorrere, e che esamineremo in altri post, è, invece quella di preparare, con la cultura, l’educazione e la tecnologia, un effettivo “Superuomo” che, contrariamente a quello descritto da Vattimo e da Onfray, sia e resti obiettivamente superiore alle macchine. La preoccupazione di Onfray, come di Morozov e Harari, è che un siffatto Superuomo si adopererebbe presumibilmente per l’asservimento, se non la distruzione, delle “masse”. A nostro avviso, invece, la questione sarebbe mal posta, giacché gli scenari del futuro non sarebbero affatto riconducibili alla dialettica “servo-padrone” quale descritta da Hegel. O, almeno, tale dialettica non sarà più fra uomo e uomo, bensì tra uomo e macchina.

il Superuomo sarà occupatissimo a tenere sotto controllo le macchine, e non si occuperà affatto delle “masse”, le quali, per altro, si stanno già fin d’ora ora distruggendo da sole con la crisi della natalità, che non è solo un fatto socio-economico, ma soprattutto psicologico (la mancanza di speranza nel futuro), biologico (il languire del desiderio) e clinico (la diminuzione degli spermatoi).

Come aveva intuito Capek nel 1923, la capacità riproduttiva dell’ umanità è inversamente proporzionale a quella delle macchine. 

E, una volta completata in Europa, l’opera distruttrice della denatalità continuerà negli altri Continenti, almeno finché questi continueranno a imitare l’ Europa.

Tutto ciò è estremamente grave e urgente. Se l’ Europa volesse veramente fare qualcosa di utile per l’ Umanità, dovrebbe creare fin da subito un’ Accademia Europea delle Nuove Tecnologie, speculare e alternativa ai due “pensatoi” americani, la “Singularity University” di Kurzweil e il “Future of Life Institute” di Bostrom. In quest’ Accademia, che dovrebbe inserirsi in un intero sistema di “accademie europee”, si dovrebbero studiare, allo stesso tempo, le più moderne tecnologie e le discipline filosofiche, religiose, atletiche e perfino militari, che permettano all’ Umanità di mantenere il controllo sulle macchine.