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SOVRANISMO E DAZI/SANZIONI: RISPOSTA A STEVE BANNON

 

Nel suo recente viaggio in Italia, Steve Bannon, già consigliere e stratega del Presidente Trump, poi “licenziato” per il suo eccesso di zelo, ha affermato che la vittoria dei sovranisti è inevitabile in tutto il mondo, e, in particolare, in Europa, e che, pertanto, l’Unione Europea ha i giorni contati. E certamente, come pensa anche Trump, il sovranismo va bene  per gli Stati Uniti perché questi sono i soli ad essere veramente” sovrani”, cosicché, se cade, a livello internazionale, ma in Europa,, stante la nostra “Kleinstaaterei”, avrebbe un effetto micidialmente autdistruttivo.

Tuttavia, paradossalmente, l’attesa vittoria degli attuali “sovranisti”  (più propriamente, “populisti”) potrebbe essere  sabotata proprio dai comportamenti di Trump, il quale, minacciando l’intera Europa,  metterà sempre più  in evidenza l’esigenza di un “sovranismo europeo”.

Come reagire, infatti, ai nuovi dazi di Trump (e/o a quel che ne segue), se non a livello europeo?

Una volta caduto il  tabù circa l’utilizzo discrezionale  del potere sovrano, da un lato, gli USA avranno  più chances di continuare a disciplinare gli alleati sotto il loro potere “sovrano”, e, dall’ altro, potranno   esasperare  più facilmente un clima  conflittuale con Cina e Russia, così rallentando il progetto d’integrazione eurasiatica che si muove intorno al progetto della Nuova Via della Seta. e danneggiando ancora una volta l’ Europa, che già oggi non può  commerciare con la Russia e l’Iran  a causa delle sanzioni, e avrà sempre più difficoltà a commerciare con l’ America (e magari la Cina).

1.Il nuovo “nazionalismo”: l’ultima trovata tattica dell’ America per non “mollare la presa”

Indubbiamente, l’amministrazione Obama, con le sue ambiguità, un mix di pacifismo e di interventismo, non era riuscita a rallentare ia ritirata dell’ America dal mondo, fallendo le  sue manovre più spettacolari, come il TTIP, il TTP,  l’Ucraina, la Libia e la Siria.

Tuttavia, l’idea di essere “il legislatore del mondo”(Whitman) è talmente alla radice dell’ identità americana, da aver costituito  da sempre il “leitmotiv” della politica degli USA, sotto i più diversi presidenti. Infatti, come continuare a pretendere un ruolo egemone “per diritto divino” (i “leaders del mondo libero”), se non attraverso la diuturna  dimostrazione dell’invincibilità, segno da sempre della Grazia divina? Già Jefferson scriveva disperatamente ai rivoluzionari francesi ch’essi dovevano semplicemente copiare la costituzione americana;  Emerson esaltava la “razza sassone imperatoria” che avrebbe disciplinato, allo stesso tempo, i selvaggi americani e i litigiosi europei; Fiske e Wilkie pensavano che gli Stati Uniti avrebbero annesso tutto il mondo; Wilson aveva fondato la Società delle Nazioni, ma poi gli USA non vi erano entrati, restando con le mani libere mentre tutti gli altri risultavano vincolati.

La classe dirigente americana, come sempre, non demorde da questo suo progetto di conquista mondiale nonostante gli ostacoli via via incontrati, e ogni  volta “tira fuori dal cappello” una tattica nuova, apparentemente opposta. Come dopo Roosvelt venne Truman, dopo Clinton, Bush, dopo Bush, Obama, dopo Obama, Trump. Tuttavia, il risultato non cambia. L’obiettivo è sempre stato  quello di tenere disciplinati gli alleati e, contemporaneamente, destabilizzare tutti gli Stati rimasti veramente sovrani.

Il punto è proprio  questo. Quanti Stati sono oggi veramente sovrani? Chi non è controllato dallo spionaggio elettronico delle superpotenze? Chi è al di fuori della Weltanschauung  modernistica dell’ America? Chi non ha basi americane? Chi  non è dominato dalle Big Five? Questi Stati si contano sulla punta delle dita. Solo questi hanno la possibilità pratica di essere “sovranisti”

Infatti, è vero quello che dicono i “globalisti”,  che cioè oggi , è impossibile assumere decisioni veramente autonome. Ma questo non già perché gli Stati si siano liquefatti dinanzi ai mercati, bensì perché c’è uno Stato che, grazie  alle posizioni acquisite, condiziona tutti gli altri. in  realtà, chi fosse sinceramente  ” sovranista” dovrebbe, come prima cosa, crearsi  un proprio Complesso Informatico-Militare nazionale, sganciato da quello “occidentale”. Solo così potrebbe assumere una qualsivoglia decisione autonoma.

Oggi, un’indipendenza dagli USA ce l’hanno solo la Russia e la Cina, mentre India e Israele, per quanto potenti, non possono fare a meno d’interagire continuamente con gli Stati Uniti.

L’ Unione Europea, poi,  è, in realtà, ad di sotto del limite necessario per poter esercitare poteri sovrani.Figuriamoci gli Stati membri!Durante i primi sessant’anni di vita delle Comunità Europee, le classi politiche ufficiali hanno dedicato i loro massimi  sforzi a convincere i cittadini che, attraverso l’integrazione, l’ Europa stesse diventando anche meno dipendente dagli Stati Uniti: più ricca, più grande, più sociale…Peccato che vi fosse fin dall’ inizio l’ “arrière-pensée” che, oltre a un cero limite, né di indipendenza, né di autonomia, non si potesse andare ( “America First” significa soprattutto che, per un’ esigenza ideologica, l’America dev’ essere il “Leader”, e gli altri, i “Followers”).

Si è visto così, anno dopo anno, che, sotto l’illusione del “miracolo economico” ,si celava un’inaudita debolezza strutturale; sotto lo stile di vita consumistico, la dilapidazione delle risorse; sotto l’immagine della libertà, un inedito controllo da parte della cultura mainstream e  del Complesso Informatico-militare :insomma un declassamento e un impoverimento senza fine. E’ naturale perciò che, alla fine, molti stiano perdendo la pazienza, anche se non ne hanno ancora compreso il  perché, e cerchino di scrollarsi di dosso quello che sembra un inspiegabile incantesimo maligno.

Per questo, come dice Franco Cardini, i populisti dei vari stati europei non sono affatto sovranisti, perché non rivendicano affatto l’indipendenza dall’America, ma, al massimo, vogliono continuare  come hanno sempre fatto i vari Moro, Strauss, Craxi, Brandt, Chirac, Schmidt ; la “politica dei due forni”, per cui di tanto in tanto si va a Mosca per fare ingelosire l’America, ma poi si torna sempre tutti  all’ ovile.

2.Gli Europei si rendono conto delle loro ridicole dimensioni?

Un altro motivo per cui un “sovranismo” dei singoli Stati europei non è semplicemente fattibile sono le loro infime dimensioni. Come noto, Carl Schmidt  diceva che “Sovrano è chi decide sullo stato d’eccezione”. Oggi, sullo “stato di eccezione” possono decidere solo i Paesi che, come gli USA, la Cina, la Russia, Israele e l’India, hanno un proprio Complesso Informatico-Militare, che guida tutte le attività del Paese in funzione della sua forza: ideologica, culturale, conomica, politica e militare (come espresso esplicitamente dalla nuova dottrina militare americana). 

Non certo, comunque, Stati, come la Germania, la Francia, o l’Italia, che hanno una popolazione comparabile a quella di una provincia  cinese o addirittura di un distretto indiano.

Vorrei solo ricordare, a chi non se ne fosse ancora accorto, le dimensioni  di alcuni Stati indiani o province della Cina, confrontandole con quelle dei maggiori Paesi  europei (a cominciare da Russia,  Germania e Turchia):

Uttar Pradesh      (Benares) 207 milioni

Federazione Russa                  144

Maharashtra  (Mumbai)       112

Guangdong    (Canton)           104

Bihar (Patna)                                103

Bengala (Calcutta)                        91

Germania                                           84

Madya Pradesh (Bhopal)           72

Tamil Nadu (Chennai)                  72

Turchia                                                  71

Ovviamente, regno Unito, Italia, Francia, Spagna, Polonia, ecc…, sono ancora più piccole.

Un ulteriore  problema è che, mentre la Cina, l’India e la Russia, grazie a una guida unitaria, non fanno che crescere, economicamente e politicamente, l’ Europa cresce (quando cresce), a una velocità che è che pari a meno della a metà di quella della Cina.

Quindi, non c’è scampo: se l’Europa vuole contare di più, l’unico “sovranismo” possibile è quello europeo, quello che (a parole) vorrebbe Macron, il quale però si guarda bene dal rievocare anche solo blandamente le idee formulate  a questo proposito 50 anni fa da De Gaulle e da Servan Schreiber. Come ha detto Varufakis, si tratta solo di “una mano di bianco” E’ tenendo a mente questa situazione  che ho  scritto il libro Da Qin, che parte dall’ idea, espressa  da Zhang Weiwei, secondo cui “l’Impero Romano, se fosse rimasto unito, oggi sarebbe come la Cina”. Quindi, l’Europa, per essere all’ altezza delle sfide di oggi,  deve tornare ad essere ameno quello che era l’Impero Romano: appunto, “la Grande Cina.”

3.Basta con l'”Imbroglio” europeo

In effetti, come scriveva Toni Negri, proprio i più convinti europeisti hanno dovuto convincersi, loro malgrado, che l’Europa come è stata costruita è stata un imbroglio. Un imbroglio, per dirla con Franz Josef Strauss, “for keeping the Germans down, the Americans in and the Russians out”.

Già Freud aveva sostenuto che la cosiddetta “Coscienza Europea” (cioè un  buonismo come quello che prevale nell’ attuale Unione), celava la vera identità Europea. Dopo ’70 anni trascorsi sotto queste classi dirigenti, che predicano la “negazione di se stessi”, in tutti i campi: in quello  culturale (ironia, informalità, individualismo piccolo borghese), in campo economico (apertura unilaterale, no alle guerre economiche), in campo politico (no a un'”ideologia europea”), l’Unione Europea ha dimostrato di non essere all’ altezza di rappresentare adeguatamente nel mondo il nostro Continente . Manca una visione culturale specifica che, come quella confuciana,  ragioni  sulla base dei millenni; un movimento politico come quello sionista, con progetti che  vanno avanti per almeno un secolo , una struttura politica, come quella russa,  capace di operare in  profondità per almeno alcuni decenni; uomini politici capaci almeno, come Modi, di fare comunque dei programmi; imprenditori, come Jack Ma, che non siano affetti, come i nostri, da provincialismo ; intellettuali con una visione mondiale com’erano stati, ai loro tempi, un Leibniz o un Toynbee.

La nostra mutevole classe dirigente, con il suo eterno camaleontismo, finge dunque di sposare le sempre cangianti mode politiche occidentali (oggi, il “populismo”) solo per continuare a non fare nulla di concreto contro la subordinazione dell’ Europa. Ad esempio, contro le sanzioni di Trump per acciaio e alluminio si discute di colpire…le arachidi e i jeans!

4.Le esigenze della difesa

Non si considera che, se si vuole spaventare l’ America, occorre colpire l’industria militare, informatica e culturale, che sono quelle grazie alle quali l’ America domina l’ Europa. Non per nulla, per i suoi dazi, che sono in realtà delle sanzioni politico-militari, Trump ha invocato una precisa clausola del WTO, quella sulle esigenze della difesa.Sempre nella stessa occasione, il presidente  ha citato, come motivazione, anche il tema delle spese per la NATO.  In pratica, si vuole colpire l’ Europa perché non obbedisce ciecamente agli USA per le politiche militarì.

Certo, l'”unilateralismo”  di questa posizione americana è sbalorditivo. Perché mai l’ Europa, che da sola spende per la Difesa più di Russia e Cina messe insieme senza poter avere una “sua” difesa, dovrebbe aumentare ancora questa spesa per allinearsi agli USA, che spendono da sole più di tutti i Paesi del mondo, ma solo perché vogliono occupare tutto il mondo? Tra l’altro, se l’Europa potesse spendere per conto suo tutti quei soldi, li spenderebbe molto meglio, in cose che servano veramente. Visto che gli USA occupano l’Europa con un esercito grande quasi come quello stanziato  negli USA, i pagamenti che servono a mantenere le basi NATO sono un vero e proprio tributo, come il terzo dei raccolti,  che le province romane pagavano per il mantenimento delle legioni romane nel loro territorio. Infine, l’Europa finge  solo per timore reverenziale  di condividere gli obiettivi americani (come quello di  tenere permanentemente occupati  Afghanistan  e Iraq), ma non ne ha affatto un interesse vitale; pertanto, non si capisce perché debba contribuire anche a quei costi.

4.I dazi/sanzioni

In realtà, vi è una profonda verità nella tesi di Trump: le sue preoccupazioni  sono anche e soprattutto  di carattere militare. Trump ha interiorizzato completamente le tesi degli autori cinesi di “Guerra Senza Limiti” e del Comitato cinese per l’ Unificazione del Civile e del Militare: oggi più che mai vale il concetto di SunZu e di Clausewitz, che vi sia una continuità fra guerra e pace. Concetto espresso ufficialmente nella nuova dottrina americana della difesa. La leadership ideologica americana non sarebbe mai nata se gl’Inglesi non avessero sconfitto i francesi nel Canada; quella culturale  se i rivoluzionari non avessero sconfitto gl’ Inglesi, quella politica, senza la Guerra con il Messico, e quella economica senza quella  di secessione. L’America non sarebbe divenuta una potenza mondiale senza la guerra contro la Spagna, né il leader mondiale senza la Seconda Guerra Mondiale. Non sarebbe potuta nascere la religione tecnologica senza il Progetto Manhattan, né quella di internet senza il DARPA.

Per sopravvivere come Stato ideologico, gli Stati Uniti debbono mantenere la leadership, al  contempo economica e militare. Altrimenti, temono di fare la fine dell’ altra grande potenza ideologica, l’ URSS, che nessuno più seguiva perché tutti amano  i forti,  non già i perdenti.

Quindi, Trump vuole effettivamente riportare in America le produzioni di metalli, non solo perché glielo chiede il suo elettorato, ma anche  perché effettivamente non esclude, come tutti i Presidenti americani, e come egli in particolare ama ripetere,  una Terza Guerra Mondiale, in preparazione della quale occorre che l’ America si doti di un’ampia base industriale autarchica, per poter sostenere l’urto di avversari sempre più agguerriti.  E’ in quest’ottica che le minacce e i ricatti debbono essere rivolti innanzitutto agli alleati, perché sono questi che, con un atteggiamento sempre meno risoluto, potrebbero determinare la sconfitta degli USA.

Ma, di converso, se Trump dichiarando di essere costretto (ai sensi delle norme WTO) a rinazionalizzare le produzioni di acciaio e alluminio prodotti in Canada, Brasile e Europa, riconosce con ciò implicitamente che non conta di averli al suo fianco in un’ipotetica guerra mondiale, o che, come Hitler  per l’ Italia, non se ne fida, al punto di non volerli in guerra al suo fianco.

Infine, l’atteggiamento di Trump ufficializza l’adozione, della dottrina del “Keynesismo militare” dell’ economista polacco Kalecki, che, per quanto ampiamente adottata  (dalla Germania Nazista, dagli USA e dalla stessa UE), e teorizzata recentemente  dal generale lettone Alekss Tiltins, era stata fino ad ora tenuta nascosta. Si tratta, cioè, di utilizzare la spesa militare, e ancor più la preparazione militare bellica, come “leva” per fare crescere l’economia in tempi di recessione.

in realtà, proprio la vicenda dei dazi finirà per rendere difficile il compito  dei “sovranisti” europei. Se diventa evidente che chi vuole deliberatamente rovinare l’economia europea per mantenere un primato americano (“America First”) sono proprio gli USA, e in particolare Trump, non già gl’immigrati, né i burocrati di Bruxelles, né l’Organizzazione di Shanghai (che forse non aiutano, ma non sono certo la causa principale), diventerà difficile per i diversi “sovranisti” non schierarsi a favore di molto probabili contro-sanzioni, o, addirittura, contro il Presidente americano e dei suoi sostenitori.

L’unica intesa a lungo termine  fra Europa e USA  sarebbe quella fondata sulla rinunzia, da parte dell’ America, alla sua “priorità”, accettando essa di essere, per l’ Europa,  un partner come tutti gli altri. Certo,  tale intesa sarebbe più facile con un’ America integralmente “sovranista” che con un’America ispirata ad un  messianesimo “idealistico” puritano come quella di Obama  .Sarà questo possibile? Gli USA, con qualunque tipo di governo, accetteranno mai di non essere, come diceva Madeleine Albright, “la sola nazione necessaria”? All’ inizio della campagna elettorale, sembrava che questa fosse l’intenzione di Trump; però, un paio di anni dopo, dobbiamo osservare ch’egli si è piegato ai diktat del Complesso Informatico-Militare, per il quale un mondo veramente multipolare  significherebbe l’inizio della disoccupazione per generali, spie, finanzieri, lobbisti, amministratori delegati, hackers, fornitori e contractors (cioè il contrario del “keynesismo militare”).

Comunque sia, questa battaglia dei dazi è, per gli Europei, un’occasione imperdibile per aprire gli occhi a molti e costringere tutti i pretesi “sovranisti” a diventarlo davvero.