Considerazioni su Trump come “pacificatore”
Se c’è un tema che accomuna buona parte del mondo politico e culturale di oggi, è la pretesa ricerca della pace.
Tuttavia, la fragilità della tregua di Gaza mostra l’eccesso di retorica che ancora una volta ha caratterizzato la pretesa “Pace Perpetua” mediata questa volta dal Presidente Trump, dimostrando un’ennesima volta l’impossibilità della Pace Perpetua nell’immanenza.
1.Pacifismo e imperi
Come abbiamo spiegato in precedenti post, quella ricerca è stata presente, nel discorso culturale e politico, fino dall’ antichità, specie nei grandi Imperi (persiano, cinese, romano, islamico) e nelle religioni universali ad essi legate (mazdea, buddista, cristiana, Islam), ma il suo significato reale è sempre stato intrinsecamente ambiguo. Tutti d’ispiravano alla formula, fatta propria da Trump, “Piece through force”,, vale a dire che il potere esorbitante dell’ impero avrebbe reso impossibile, fa i popoli conquistati, una guerra divenuta, dopo la conquista, intestina all’ Impero stesso, e quindi vietata dall’ Imperatore (anche se l’Impero Persiano fu presto sconfitto da Alessandro e l’impero macedone fu spartito fra i Diadochi).
Attraverso l’imposizione della pace, l’Imperatore voleva dimostrare la propria superiorità (quasi divina), e la propria funzione storica.
La pace vantata dagli imperatori achemenidi era quella ottenuta soggiogando i regni e le città del Medio Oriente e trascinando in catene a Persepoli i loro governanti, come raffigurati sulle tombe imperiali e nei palazzi della capitale. Quella dei profeti ebraici prevedeva che Gerusalemme divenisse la capitale del mondo, e quella dei Romani si concretizzava nel “parcere victis et debellare superbos”. La “Trewa Dei” era, come dice il nome stesso, una tregua fra i potenti cristiani, sponsorizzata dalla Chiesa, per poter meglio combattere gl’infedeli per la “Dilatatio Christanitatis” auspicata da Sant’Agostino, mentre l’ “Ewiger Landfrieden” era la pace fra i feudatari tedeschi imposta dall’ Imperatore, sotto severe sanzioni.
Anche la Pace di Westfalia consistette essenzialmente nell’imposizione ai vari Stati, dopo la guerra dei Trent’Anni, della confessione religiosa dei rispettivi principi (“cuius regio, eius religio”). La Pace Perpetua di Podiebrad e di St-Pierre era una pace fra gli Europei per meglio gestire la colonizzazione degli altri Continenti, mentre i Trattati di Versailles, Trianon e Santo Stefano sancivano la distruzione degl’imperi tedesco, austriaco, russo e ottomano, preparando il terreno alla guerra totale e agli stermini del nazionalismi scatenati.
La Guerra Fredda si reggeva sulle bombe di Hiroshima e Nagasaki e sull’ occupazione dell’ Europa: la Pax americana si fonda sulle basi NATO e sulla Società del Controllo Totale. L’”Ordine Mondiale Basato sulle Regole” mira ad imporre il mantenimento in piedi di un equilibrio culturale, sociale, demografico, economico e militare egemonico intorno agli Stati Uniti (l’”Impero Nascosto”), sì che ogni attentato a tale equilibrio viene inquadrato come un delitto, e, come tale, esposto a sanzioni (che vanno dalla bomba atomica, al napalm, ai colpi di Stato, ai dazi, ai processi e le esecuzioni contro i leader sconfitti).
In queste condizioni, vale quanto scritto a suo tempo da Tacito: “fecero un deserto e lo chiamarono pace”.E il testo più realistico sulla guerra resta il “Bhagavad Gita”, parte del Mahabharata contenente gl’insegnamenti di Krishna. Nel primo capitolo, il principe-guerriero Arjuna si trova sul campo di battaglia di Kurukshetra, pronto a combattere contro i suoi stessi parenti e maestri. Di fronte alla prospettiva della guerra fratricida, è sopraffatto dal dolore e dal dubbio morale. Dice:“O Krishna, dopo aver visto tutti i miei parenti riuniti qui con ansia di combattere uno contro l’altro, sento le mie membra perdere forza e la mia bocca seccarsi.”Krishna lo esorta a compiere il proprio dharma (dovere) di guerriero, insegnandogli che l’anima è immortale e che la morte nel corpo non è la fine. La guerra diventa così un simbolo del dovere spirituale e della lotta contro l’ignoranza.

2.Guerra e natura umana
La guerra fa parte della “natura umana”, come scrissero Eraclito, De Maistre e De Landa, ed è ben riassunto in un recente saggio di Sadun Bordoni. Non solo e non tanto come un residuo di animalità, ma anche e soprattutto per il trauma della finitezza – cognitiva, temporale e pratica- (la “Geworfenheit”, per dirla con Heidegger), che provoca, nell’ uomo, un senso incessante di frustrazione e rivalsa.
Nella condizione della Geworfenheit, la pace perpetua significherebbe accettazione dell’ inutilità della vita, mentre la guerra (in tutte le sue forme) viene sentita invece come garanzia di libertà, cioè di movimento, di cambiamento (la “rivolta”). Oggi la pace fra gli uomini è forse possibile attraverso il trasferimento delle loro qualità alle macchine (le quali, semmai, si faranno poi la guerra fra di loro, così come, in parte, sta già accadendo), mentre gli uomini, finché esisteranno, saranno sottoposti alla disciplina mondiale imposta dal sistema macchinico ( Big Data, Intelligenza Artificiale, Cyberintelligence).
Prendere atto di quanto precede significa forse favorire e fomentare le guerre?Al contrario, significa, a nostro avviso, tentare di riportare i conflitti umani entro limiti sopportabili, evitando che la loro estremizzazione porti al passaggio del controllo alle macchine, come sta avvenendo attraverso sistemi digitali come “Dead Hand”, che contengono un comando di autodistruzione dell’Umanità.Richiede anche una lotta concorde dell’ Umanità contro il predominio delle macchine.
Oggi, i discorsi concilianti sulla pace e sulla guerra da parte di potenti, Chiese, cultura, politica e comunicazione, sono pura propaganda a favore questo o per quell’altro gruppo di potere. A sentire tutti costoro, infatti, la pace sarebbe raggiunta non appena il nemico si arrendesse (il disarmo di Hamas, la “denazificazione” dell’ Ucraina, il “Régime Change” in Russia o in Iran). Nessuno pensa neppure lontanamente a un disarmo reciproco, e neppure a forme più blande dello stesso, come il controllo degli armamenti e della ricerca in campo digitale, come suggerito da Kissinger e Yudkowsky.E, soprattutto, nessuno pensa minimamente a un “Disarmo culturale”(Raimon Panikkar), ove venga riconosciuta l’eguale legittimità di tutte le civiltà (precolombiana e cinese, africana e delle steppe, medio-orientale e americana, indiana ed europea), come invocato da tempo da Spengler e Toynbee. Solo su questo presupposto si potrebbe evitare il protrarsi in eterno di conflitti che sono radicati nell’identità stessa dei vari popoli e nel loro senso di “eccezionalità”(dall’ arroganza romano-germanica al conservatorismo russo, dal messianesimo americano a quello sionista, dal jihad islamico al Bharat Akhand indiano..).
Venendo ora a Palestina e Ucraina, quei territori sono stati da sempre i punti di partenza dei maggiori conflitti: dagli Yamnaya agli Argonauti; da Attila ai Magiari; dal Principe Igor a Chinggis Khan; dai Cosacchi ai Tartari; da Chmelnicki a Mazeppa; dalla Guerra di Crimea all’UPA; dalla stele di Merneptah ai bassorilievi di Medinat Habu; dalle Guerre Giudaiche alla rivolta di Zenobia; dalle Crociate a Lawrence d’ Arabia…
I testi egizi erano già pieni di riferimenti a infiniti popoli in competizione nel “Levante Meridionale” (cfr.Ida Oggiano, “Dal terreno al divino”: oggi, la “Palestina”), agli Hyksos, ai Popoli del Mare, agli Habiru, agli Aperu, agli Ya’su, agli Yahu, ai Pelest, i Zeker, I Shekelesh, gli Sherdana…per non parlare degli Egizi a Ashdod, degli Aramei, dei Samaritani, dei Fenici , degli Assiri e dei Greci, che anticipano di millenni l’attuale conflitto.
Il “Sarmatismo”, importato dall’ Italia alla corte di Bona Sforza a Cracovia, ha legittimato l’enorme regno di Polonia (comprendente l’Ucraina Occidentale), e ancor oggi ispira le politiche espansioniste dell’ Occidente sotto l’influenza di politici di origine ucraina, Brzezinski, Nuland e Blinken .Anche il Sionismo fu fatto avanzare dagli Ebrei ucraini, e i maggiori fautori della Grande Israele (come Žabotinskij, Golda Meir, e, ora, Nethanyahu -da parte di madre-, Smotrich, dal nome di una cittadina ucraina)provengono da quell’ area. Non parliamo poi di Zelenskij.
Jihad e Crociate si sono scontrate proprio in Palestina, così come la Guerra di Crimea nacque per la rivendicazione, da parte dei vari Paesi Europei, del diritto di fungere da protettori dei Cristiani di Terrasanta.
3.I “Costruttori di Pace”
Quindi, nella storia, la pace non è stata mai una realtà, ma piuttosto solo un tentativo. Anche le pretese grandi paci, come per esempio la Pax Romana, la Pax Mongolica, la Pace di Westfalia, la Belle Epoque e la Pax Americana, sono state costellate da guerre terribili, come quella con Antonio e Cleopatra e quella con i Germani, oppure l’invasione di Siria, Palestina, Russia, Ungheria e Polonia; come le Guerre di Successione; le Guerre Balcaniche e quelle in Palestina, Grecia, Corea, Vietnam. Afghanistan, Iraq…
Questa è la ragione per cui, una volta messa in luce l’ipocrisia che sta dietro alle retoriche pacifiste degli imperi, questa critica non si estende all’invocazione della pace da parte delle religioni, che svolgono, ciò facendo, un loro compito, purché siano consapevoli del fatto che, fino all’ Ora Ultima, questo sarà sempre e soltanto confinato al ruolo di un tentativo.Al massimo, ciò che spetterebbe ad esse, e, innanzitutto, per la sua posizione inequivocabilmente eminente, al Sommo Pontefice, sarebbe il ruolo di un altissimo mediatore, come veniva riconosciuto nei progetti medievali di “Pace Perpetua”. La pretesa dei Presidenti degli Stati Uniti di occupare questo spazio è obiettivamente una forma di hybris, che non cesserà di avere conseguenze negative.
Insomma, la Civitas Dei e la Civitas Homini si incontreranno solo alla fine.
Intanto, in contrasto con le retoriche europeistiche sulla “Pace Perpetua”, le guerre in corso stanno plasmando addirittura il panorama politico dell’ Europa, creando fronti contrapposti proprio sull’atteggiamento da tenersi sulle guerre. Basti pensare a Giorgia Meloni, a Orbàn, a Kallas, a Albanese, a Fico, a Merz, a Babiš. Così, si è creato un “Fronte dell’Intermarium”, favorevole alla guerra con la Russia, che monopolizza gli incarichi rilevanti dell’ Unione (Kallas, Kubilius, Dombrovkis), contro un “Fronte di Visegrad” (Orbàn, Fico, Babiš, Vučić), favorevole al dialogo con la Russia. Quant’è lontano il tempo in cui l’ Europa Centrale e Orientale era un territorio lontano e sconosciuto!
4La corsa dell’Europa per costruire il suo “Scudo Aereo”
Altrettanto temeraria di quella di Trump è perciò la pretesa dell’ Unione Europea di costituire l’avanguardia della pace mondiale.
In effetti, mentre gli Stati premoderni avevano almeno tentato in concreto (con i “Due Soli”)di costruire un organismo, se non unitario, almeno coerente, che potesse interfacciarsi con l’Impero Islamico, con quello mongolo e con la Cina, l’Unione Europea è partita fino dall’ inizio sotto una forte spinta americana (Fulbright, Sullivan, la CIA), e ha continuato per decenni a coltivare solo una limitata politica commerciale, ancillare agli USA (la concorrenza, il management), mentre l’Arabia, Israele e la Cina emergevano quali poli effettivi del potere mondiale; infine, proprio alla caduta dell’ Impero Sovietico, quando avrebbe potuto ergersi a nuova potenza indipendente, si è appiattita su un occidentalismo che le ha tolto ogni capacità di proposta e di iniziativa.
Ora, come scrive, su Euractiv, Miriam Saenz de Tejada, quando i leader dell’Unione europea si sono riuniti a Copenaghen all’inizio di ottobre, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha sottolineato l’urgenza di costruire una “muraglia di droni” europea – una rete coordinata di radar, sistemi di disturbo e intercettori anti-drone per neutralizzare le minacce prima che raggiungano spazi aerei sensibili. Allo stesso tempo, sta prendendo forma un piano ben più ambizioso, che potrebbe integrare la cosiddetta “muraglia di droni” in una rete difensiva su scala continentale, lo Scudo Aereo Europeo (European Air Shield).
Le recenti incursioni di droni russi – considerate un modo per testare la difesa aerea e la tenuta politica della NATO, ma soprattutto gli annunzi sui missili ipersonici e sul siluro nucleare Poseidon, – hanno messo a nudo alcune scomode verità:la guerra moderna non si misura più con i numeri, ma con la precisione su larga scala. Costruire uno Scudo Aereo Europeo non sarà né facile né economico. L’UE dovrà superare differenze politiche, problemi di approvvigionamento e costi elevati. Inoltre, non può semplicemente replicare l’Iron Dome israeliano: quel sistema protegge un territorio ristretto e densamente popolato da minacce a corto raggio. L’Europa, invece, ha popolazioni sparse su un’area immensa e deve affrontare l’intero arsenale russo, dai missili Iskander a corto raggio agli ipersonici Avangard a lungo raggio, fino a Oreshnik, Burevestnik e Poseidon..
L’industria della difesa europea resta frammentata. “Berlino sostiene IRIS-T e Patriot attraverso la European Sky Shield Initiative, mentre Parigi e Roma puntano sul SAMP/T, e Oslo e altri Paesi si affidano ai NASAMS”. La sfida, dunque, non è solo tecnologica, ma politica. Un sistema di difesa credibile e multilivello richiede non solo miliardi di investimenti, ma un grado di coordinamento che l’Europa ha storicamente faticato a raggiungere.
5.Etica dell’Intelligenza artificiale nella difesa
In realtà, l’Europa sta affrontando la difesa del XXI° Secolo con una mentalità da XX° Secolo.
Mentre, nel XX° Secolo, dominavano l’aviazione e la missilistica, nel XXI° domina l’Intelligenza Artificiale. Ai problemi, oramai risalenti, dell’”eticità” dell’ Intelligenza Artificiale, si aggiunge il rapido avanzare delle tecnologie di difesa.
I problemi sono assolutamente nuovi. Una potenza che, come l’Europa “parta da 0”, dovrebbe incominciare con l’AI. Qui confluiscono tante questioni irrisolte. Come possa la guerra essere etica? Se esista una “guerra giusta?; Come applicare alla guerra tecnologica moderna i principi “tradizionali” dello “jus in bello” (quelli antichi, greco-romani, cristiani, islamici, hindu, quelli relativamente recenti)?.
Secondo le culture guerriere dell’ antichità (pensiamo al Bhagavad Gita, a Sant’Agostino, al Jihad, alla Regula Novae Militiae, allo Jus ad Bellum e allo Jus in Bello della Dottrina della Chiesa e del Diritto internazionale), la guerra era non solo etica, ma era una delle attività più nobili. Pensiamo che Ramses, Pericle, Augusto, Carlo V, Washington, Napoleone, Vittorio Emanuele II, Stalin, Mao, Castro e Che Guevara (per non dire Mussolini e Hitler), sono sempre stati rappresentati in tenuta militare.
Tuttavia, questo era già contestato dal jainismo, dal Buddhismo, dai primi Cristiani, dagli anarchici. Oggi, sembra che il pacifismo sia divenuto “mainstream”, anche se si vede che, quando c’è una guerra concreta, dalla destra alla sinistra, nessuno si tira indietro a stanziare miliardi e a spedire missili.
Il punto è che molte guerre, e tutte quelle contemporanee, sono “guerre culturali”. Sono combattute per affermare la superiorità di una cultura sull’ altra: “democrazia” contro “autocrazia”; “Occidente” contro “il Resto”; “Mondo Russo” contro Occidentalismo; Islam contro Sionismo, ecc…Quindi, esse sono “giuste” per ciascuna delle parti combattenti. Anche i concetti di “aggressore” e “aggredito” sono soggettivi, perché all’origine c’è sempre una prevaricazione reciproca: il colonialismo, l’imperialismo, la Guerra Santa, le Guerre del Signore…
Le guerre erano sempre state “non etiche”, non soltanto per il principio in sé, ma perché le difficoltà tecniche e logistiche rendevano normali il saccheggio, lo stupro, la distruzione di città, perfino il genocidio (pensiamo alla Guerra di Troia, alle conquista di Canaan, della Gallia o dalle Americhe).Tuttavia, proprio quando, con il diritto internazionale bellico, si è tentato di mettere un rattoppo su tutto ciò, e le condizioni tecniche renderebbero possibile un controllo come in tempo di pace, sono sopravvenuti i bombardamenti a tappeto, la bomba atomica e l’Intelligenza Artificiale. Si tenta di usare un “approccio basato sull’ analogia”, cioè di applicare il diritto internazionale bellico alle guerre digitali (il cosiddetto “Manuale di Tallinn” della NATO).
Inrealtà, è più facile pervenire a un’idea di “Cyberguerra etica” partendo dalle concezioni orientali dell’ Arte della Guerra (p.es. Sun Zu, Mo Zi o l’Arthashastra). Per SunZu, l’obiettivo del condottiero dovrebbe essere quello di conquistare il mondo senza uccidere nessuno. Com’è possibile questo? Attraverso la conoscenza: se conosci te stesso e il tuo nemico, vinci; se non conosci te stesso e il tuo nemico, perdi. Come in una partita di “Go”, basata sugli “stratagemmi”.
Tutto ciò è esemplificato dall’ apologo di Mozi, che fa togliere un assedio semplicemente illustrando al re assediante la perfezione del proprio sistema difensivo.
Per fortuna le potenze orientali, eredi di questa antica saggezza, stanno acquisendo un sempre maggior peso nell’ arena internazionale, influenzando sempre più le trattative sulla pace e sulla guerra.



