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CIRCA GLI AIUTI MEDICI ALL’ ITALIA E IL DOPO CORONAVIRUS

Italia

E’indecoroso come, di fronte alla gravità di un’epidemia che colpisce il mondo intero, fa migliaia di morti e smentisce provvidenzialmente le pretese di onnipotenza della megamacchina tecnocratica mondiale, tutti, anziché presentare, sostenere (al limite combattere per) delle concrete soluzioni, si siano invece scatenati in una polemica infinita per distribuire meriti e demeriti “pro domo sua”.

Uno dei casi tipici è costituito dalla polemica sugli aiuti cinesi e russi all’ Europa, che non è certo limitata all’ Italia, né al Coronavirus. Anche perché gli aiuti cinesi sono arrivati non solo all’ Italia, ma anche  a Spagna, Irlanda, Belgio, Repubblica Ceca, Austria, Ungheria, Serbia e Grecia, e perfino agli USA. Proprio allo scopo di riportare il tutto su un piano di dibattito obiettivo, occorre inquadrare la questione nel suo contesto generale.

Austria

 

L’accordo EU-Cina sugl’investimenti

Non che non esistano sostanziose ragioni di conflitto sul tema. L’Unione Europea si era impegnata l’anno scorso, con un protocollo firmato con il Premier Li Keqiang, a firmare finalmente quest’anno a Lipsia (città di Angela Merkel) il trattato sulla protezione degl’investimenti, le cui trattative sono in corso dal 2012. Questa firma costituirebbe uno smacco per gli Stati Uniti, che non hanno mai riconosciuto l’UE come un partner di pari livello. Di qui i ritardi, dovuti anche al tentativo di fare firmare prima il TTPI, che avrebbe sancito l’isolamento della Cina. Essendo il TPPI morto e sepolto, ora non resta che firmare con la Cina.

A questo punto si è mosso George Soros, il quale, con il suo recente articolo su “Project Syndicate”, ha chiesto nientepopodimeno che: (i)la UE non firmi il trattato con la Cina; (ii) il PCC destituisca Xi Jinping per una sua pretesa cattiva gestione dell’epidemia (https://www.project-syndicate.org/commentary/china-huawei-threat-to-european-values-by-george-soros-2020-02).  Quindi, il coronavirus è soltanto un preteso per un conflitto ben più generale.

E’ ovvio comunque che, con pressioni di tale fatta, tutti, dai politici ai funzionari UE, ai giornalisti, si siano affrettati a prendere le distanze dalla Cina. E’ stata perfino più obiettiva la posizione assunta dalla Voice of America, la quale (https://www.voanews.com/science-health/coronavirus-outbreak/chinese-virus-aid-europe-raises-long-term-concerns)  prende obiettivamente atto che, e per la sua forza intrinseca, e per essersi già liberata dall’ epidemia, la Cina è l’unica forza capace di sostenere l’ Europa nella prossima crisi economica.

Belgio

Aiuti extraeuropei e European Way of Life

Anche l’Alto Rappresentante UE Josep Borrell si è detto preoccupato di questa crescente influenza cinese, che, a suo avviso, mirerebbe “a screditare l’Unione Europea”(e perché non gli Stati Uniti?). L’articolista di Atlanticoquotidiano, Federico Punzi, con un intervento ripreso sul blog di Rinascimento Europeo, se la prende invece soprattutto con gli aiuti russi, forniti attraverso l’unità NBC (nucleare, chimica e batteriologica) dell’esercito, al quale il Governo italiano avrebbe fornito troppa visibilità.

Non capisco queste preoccupazioni, e, in particolare, quelle della Unione.

Da un lato, l’Unione Europea sostiene che il suo compito è difendere la “European Way of Life”. Dall’ altro, all’inizio del secolo XXI, l’Europa era completamente immersa nell’ influenza americana; dalla lettura della storia all’ideologia politica, dalle lobbies all’informatica, dall’esercito all’ economia, dalla cultura al costume, tant’è vero che c’era lo slogan “siamo tutti americani”. Dov’era allora la “European Way of Life”?

Nel corso di questi ultimi vent’anni, qualche piccolo aspetto dell’”America Mondo”(Antonio Valladao), più che altro simbolico, è stato già messo in discussione. Tutto sommato, l’ Islam non è più una cosa diabolica, i Russi sono stati capaci di sconfiggere qualche alleato degli USA e di riportare una qualche pace in Siria, e hanno cambiato la loro costituzione, inserendo un richiamo agli antenati e alla fede ortodossa, la Cina ha superato gli USA in quanto a potere reale d’acquisto e la Turchia si è fornita di missili russi per prevenire un eventuale aiuto esterno ad un eventuale nuovo tentativo di “regime change” come gli ultimi due tentati golpe. Tuttavia, la gran parte delle nostre vite, pubbliche e private,  è ancora condizionata massicciamente dall’influenza americana: il Complesso Informatico-Militare,  la protestantizzazione del cattolicesimo, la NATO, il signoraggio del dollaro, ecc…

Serbia

Il dialogo con l’Eurasia: lievito per un dibattito interno.

Coloro che affermano continuamente di volere un’ “Europa  sovrana”, capace di decidere il proprio destino (appunto, la “European Way of Life” per dirla con Ursula von der Leyen, un’aristocratica gran dama tedesca ben diversa dagli sguaiati politici americani), non possono che auspicare ulteriori scalfitture a questo controllo dominante, che ci consegna legati mani e piedi a un futuro transumanista. Per esempio, attraverso una maggiore apertura dell’Europa al dibattito culturale e all’ interscambio economico e tecnologico con l’Eurasia, oggi inceppato dai dazi, dalle sanzioni, boicottaggi e diktat, ma, soprattutto, dalle censure ideologiche. Da tutto ciò potrebbero venire almeno degli spunti per una revisione della vulgata storica “occidentalista” che parte da Cristoforo Colombo, passa dalla Riforma e dalle Rivoluzioni Atlantiche, per terminare con la “liberazione”, il Piano Marshall e la Fine della Storia. Come pure di una retorica dei diritti a cui corrisponde di fatto una continua restrizione della libertà di parola e della capacità dei cittadini d’influenzare la cosa pubblica. E, infine, una lotta non più solo cartacea della UE contro la NSA, Google, Facebook ed Amazon. Tuttavia, anche allora, saremmo ancora soltanto all’inizio dell’opera.

Infatti, dato che non esiste, in Europa, nessun importante soggetto, né culturale, né sociale, né politico, né militare, capace di sostenere tale politica veramente europea, tutto ciò potrà essere fatto solo sfruttando  gli spazi di libertà indotti nella società europea dalla concorrenza fra Americani, Cinesi, Russi, ma ormai anche Arabi, Israeliani e perfino Cubani. Una volta tanto, invece di combattere noi per altri, lasciamo che altri combattano per noi. Questo non significa affatto che dobbiamo diventare dei cow-boys, comunisti, cosacchi, imam, chassidim o barbudos. Perciò, prepariamoci a prendere in mano la situazione, con idee molto più chiare di quante ve ne siano adesso.

Quanto all’ Italia, in un’Europa veramente autonoma, essa avrebbe certamente un peso molto maggiore, perché cadrebbero proprio i motivi di sottovalutazione del nostro Paese che lo isolano politicamente (l’incapacità di seguire fino in fondo i modelli puritani; la prevalenza, sull’industria, dei servizi, che si scontra con la volontà dell’ America di riservarsi  questo settore; la capacità di coalizione con i Paesi mediterranei, anche quelli che oggi non sono membri della UE). Per questo, è molto sospetto il fatto che politici e intellettuali che si pretendono conservatori, anziché salutare con gioia l’arrivo di aiuti dall’unico Paese europeo che esalta nella propria costituzione tradizioni e religione, se ne dicano preoccupati.

Infine, per tornare al Coronavirus, nessuno ha potuto criticare nel merito l’arrivo degli aiuti cinesi, russi o cubani, perché ce n’è bisogno, in quanto gli Stati europei sono stati estremamente improvvidi. Mascherine e respiratori fanno parte delle scorte strategiche della guerra nucleare, chimica e batteriologica (NBC), tant’è vero che la Francia ne aveva addirittura miliardi. Tuttavia, sempre nell’ assurdo affidamento sugli Stati Uniti, perfino le scorte francesi si sono esaurite.

Prima la Cina e l’Organizzazione Mondiale (OMS) della Sanità, poi le lobby americane, avevano già ammonito l’anno scorso sui rischi di una pandemia di Coronavirus, prima, con il lancio, con il Forum di Pechino della Via della Seta, della “Via della Seta della Salute”, con la partecipazione del Presidente dell’OMS, poi, con l’ “Event 201”, a New York, del Forum di Davos, della Fondazione Gates e dalla John Hopkins University.

Naturalmente, i governi non si erano mossi, e ora solo i giganti eurasiatici si rivelano pronti, per la loro mole e per l’elevato livello di preparazione bellica. Si noti, per esempio, che il Governo indiano, che non per nulla aveva creato da tempo il movimento popolare sanitario Fitindia, è stato in grado di ordinare il lockout simultaneo di un miliardo e trecentomila abitanti, in anticipo sullo scoppio dell’epidemia.

Grecia

Dopo il coronavirus ci vorrà un’altra economia

Atlanticoquotidiano lamenta che noi ci staremmo comportando come dei “paesi in via di sviluppo”. In realtà, noi siamo attualmente proprio dei “Paesi in via di sottosviluppo”. Nessuno dei meccanismi oggi in discussione in Europa è in grado di rovesciare questo sottosviluppo, perché non basta allentare i vincoli di bilancio se non c’è un piano unitario e gli Stati membri continuano a gestire l’emergenza con i soliti criteri pseudo-liberistici e in sostanza assistenzialistici, sotto un blando coordinamento UE. Tutti i soldi che comunque gli Stati investiranno per rilanciare l’economia dovrebbero essere destinati a creare nuove attività nei settori tecnologici più promettenti, nonché legati alla sanità, che richiedono un’enorme concentrazione degli sforzi, e, soprattutto, un appoggio politico sul piano internazionale.

Riccardo Lala*

*Articolo pubblicato contemporaneamente su  Rinascimento Europeo

COMUNICATO PER VIE DELLA SETA

ATTENZIONE, SPOSTAMENTO DI SEDE!

Le Nuove Vie della Seta permettono di mettere in contatto un’Europa in difficoltà con il mondo asiatico in piena espansione. Le modalità con cui il nostro territorio si inserirà in questa dialettica determineranno il nostro successo o insuccesso. Ne discutono intellettuali e imprenditori, diplomatici e politici.

Non è corretto affermare che i Paesi e le Istituzioni europei siano estranei, o addirittura ostili, a questo processo, poiché, non soltanto la maggioranza degli Stati Membri vi è direttamente impegnata, ma soprattutto sono state le Istituzioni europee ad avviarlo vent’anni fa,  attraverso le cosiddette “Reti Pan-Europee”; esse sono attualmente impegnate in una trattativa per un Trattato sugl’investimenti fra Europa e Cina, discusso ancora a Bruxelles il 9 u.s..

 

“Cantieri d’ Europa” dedicherà al tema due diverse manifestazioni:

 

Domenica 12 maggio Ore 18,30 Salone del Libro – Sala Avorio:Sulle vie della Seta, Quale strategia? Colloquio con Alberto Bradanini sull’opera collettiva “L’Europa sulle Vie della Seta, Documenti e riflessioni sul rapporto con la Cina”Con Riccardo Lala e Giuseppina Merchionne

a cura di Alpina, in collaborazione con Movimento Europeo (progetto “Academic agorà for the future of Europe”, cofinanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma Erasmus+ – Azione Jean Monnet), ed EGEA

L’adesione dell’Italia alla Via della Seta è al centro del dibattito politico ed economico: quali i vantaggi e i rischi? Esiste una strategia, in Italia o in Europa?

 

Lunedi 13 maggio Ore 15,00  Polo del Novecento, Via del Carmine 14, Sala  Voltoni : Le infrastrutture del Nord-Ovest e le Nuove Vie della Seta *

 

ATTENZIONE, LA SEDE E’ STATA SPOSTATA, DALL’HOTEL NH Centro di Corso Vittorio al Polo del Novecento!

 

Dibattito fra Alberto Bradanini, Mino Giachino, Giovanna Giordano, Comitato “La Nuova Via della Seta”, Alfonso Sabatino Modera Riccardo Lala

 

Le Nuove Vie della Seta non riguardano soltanto, come il loro nome lascerebbe pensare,  le connessioni attraverso l’ Eurasia, ma anche, e direttamente, il Nord-Ovest d’Italia, alla cui inarrestabile crisi occorre porre urgente rimedio  attraverso una serie d’iniziative concrete, prima fra le quali l’avvio di  moderne infrastrutture, fisiche e immateriali. La Nuova Via della Seta, con il suo innovativo contenuto, non soltanto finanziario, ma anche culturale e politico, può costituire una salutare scossa per una regione in preda a una senescenza non solo anagrafica, ma anche sociale.