L’INNOVAZIONE NEI SETTORI TECNOLOGICI “DUALI” NELLA RIFORMA DELLA “GOVERNANCE” EUROPEA

Con il blog Technologies for Europe affrontiamo l’insieme dei temi legati alle nuove tecnologie trattati nei quaderni di azione europeista: la tutela della privacy (Habeas corpus digitale), la promozione dell’industria digitale europea (Restarting European economy via knowledge intensive industries), la normativa internazionale in materia di nuove tecnologie (Corpus iuris technologici), il contenzioso europeo contro le big five (Thank you Europe)…

Affrontiamo qui di seguito un nuovo ed attualissimo tema sollevato dalla recente firma del programma europeo per la politica estera e di difesa comune (Pesco), vale a dire l’inserimento delle tecnologie duali nella stessa politica estera e di difesa.

Le cooperazioni rafforzate nel settore della Difesa possono costituire un ottimo campo di sperimentazione e riflessione critica circa le esigenze di riforma, per garantire comunque alle Istituzioni, anche con una modifica apparentemente “limitata” dei Trattati, una reale operatività a un livello comparabile a quella dei grandi Stati sub-continentali (in particolare Cina e Stati Uniti), i quali hanno operato appena ora una profonda revisione dei loro, per quanto già efficientissimi, sistemi di governance del settore Difesa e delle tecnologie “duali”.

Il riconoscimento formale, nell’ ambito della PESCO, del ruolo delle tecnologie “duali”, dovrebbe spingerci a un’ analisi comparativa volta a collocare l’intero settore delle nuove tecnologie “duali”(comunicazioni quantiche, missili ipersonici, intelligenza artificiale, nanotecnologie, bioingegneria, big data), al centro di una riforma delle Istituzioni che renda l’Unione competitiva con i suoi concorrenti e capace di porre sotto controllo le nuove tecnologie.

1.Il ruolo delle tecnologie “duali”.

Come illustrato da Qiao Liang e Wang Xiangsui nel loro libro “Guerra senza Limiti”, e come recepito puntualmente dalla Dottrina di Difesa americana nel Dicembre 2017, l’attuale onnipresenza delle tecnologie informatiche ha eliminato definitivamente ogni confine, non solo fra attività civili e militari, ma anche fra ruoli istituzionali e società civile. Basti pensare all’utilizzo a scopi militari dei dati sensibili degli utenti di tutto il mondo della telefonia, di Internet e perfino di nuovi modelli di apparecchi televisivi che ( come è risultato dalla Causa Schrems dinanzi alla Corte di Giustizia e dallo scandalo “Vault 7”), è considerato lecito dalla vigente legislazione americana. Oppure all’indispensabilità, per costruire una difesa autonoma dell’ Europa, del sistema di geolocalizzazione Galileo, evidenziatasi nel corso delle missioni europee nei Balcani e nel Medio Oriente. L’esplicito riconoscimento della finanziabilità, da parte dell’ European Development Fund, degl’investimenti nel settore “duale”, apre la strada a un corrispondente ripensamento di tutte le attività “strategiche” dell’Unione nell’ ottica della sinergia fra civile e militare.

2.Gestione di fatto delle problematiche “duali” da parte delle Istituzioni

In realtà, già ben prima di questo riferimento formale al “duale”, tutte le istituzioni dell’ Unione e lato sensu europee sono state profondamente implicate, anche se con continui insuccessi, nella governance di tecnologie digitali duali decisive, non solo per la gestione dei conflitti, ma anche per il futuro stesso della società e dell’ economia europee. Citio innanzitutto:

-gli sforzi (per altro con poco successo), da parte del legislatore europeo, di fornire una rinnovata tutela della “privacy”, in seguito agli scandali “Prysm” e “Vault 7”, con loro implicazioni di difesa dell’economia europea;

-le procedure “antitrust” della Commissione contro le pratiche monopolistiche delle Big Five e la revisione dei loro regimi fiscali, distorsivi, ai danni delle imprese europee, della concorrenza mondiale;

-il controllo dell’ Unione sugl’investimenti strategici extraeuropei, necessario per garantire l’autonomia industriale e militare europea e il controllo della nostra proprietà intellettuale;

-il finanziamento, da parte della BEI, di un motore di ricerca europeo, primo anello di un “web europeo”, e, da parte della Commissione, di studi sull’ interfaccia uomo-macchina, volti a prevenire un indebito prevalere di quest’ultima;

-la “cybersecurity” e l’ Europol (per esempio, gli “Hacker Patriottici”), premesse necessaria per qualunque politica di sostegno ai campioni europei, ché, altrimenti, andrebbe solo a vantaggio dei nostri concorrenti.

Grazie a questi strumenti d’intervento del Consiglio, del Parlamento, della Commissione, della Corte di Giustizia, dell’ Europol, di CARD, dell’ Agenzia Europea degli Armamenti, dell’ OCCAR e della BEI, le Istituzioni svolgono già ,nei settori del digitale e della cyberguerra, attività, per quanto insoddisfacentemente limitate, più penetranti delle Autorità nazionali (che, in questi settori, operano, per lo più, solo “di riflesso”). In ciò, esse svolgono un ruolo parallelo a quanto svolto in USA o in Cina dalle agencies specializzate dipendenti direttamente dal Presidente in quanto espressione di una sovranità a 360°(quelle svolte in USA in USA, dal DARPA, e, in Cina, dal “Comitato per la Fusione di Civile e Militare”). I nuovi meccanismi della PESCO sono carenti sotto questo punto di vista in quanto sono ancora focalizzati prevalentemente su attività “militari” tradizionali, lasciando fuori quest’ enorme area della “guerra senza limiti” aperta dall’informatizzazione.

3. La carenze della governance attuale.

Le azioni su ciascuno di questi livelli, essendo svolte da Enti diversissimi fra di loro e in un‘ ottica settoriale, restando alla superficie delle vere questioni in gioco, non possono incidere si reali rapporti di forza internazionali. Per esempio, la riforma del “Safe Harbour Agreement” si è conclusa con un nulla di fatto perché ha lasciato libero accesso come prima ai dati degli Europei; le “web taxes” in discussione sono solo controproducenti, perché non solo non raggiungono il necessario effetto risarcitorio per il passato, ma addirittura penalizzerebbero ulteriormente le imprese europee concorrenti delle Big Five, ecc…

Tra l’altro, perfino in America, dove il livello di operatività e di coordinamento è infinitamente superiore, la nuova strategia di difesa parte dalla critica dell’inefficacia del sistema attuale e prevede una sua radicale centralizzazione sotto il controllo presidenziale.

Ma, così come il carattere presidenziale dello Stato non basta ancora, in USA, a garantire un livello di coordinamento sufficientemente onnicomprensivo della rivoluzione digitale, così, a maggior ragione, la dispersione di competenze, non solo fra Unione, Stati Membri e NATO, ma addirittura fra le varie Istituzioni europee, ha portato, fino ad ora, al dominio assoluto delle Big Five e al loro regime fiscale predatorio, a dirottare i fondi europei verso lo studio di soluzioni progettuali e giuridiche anti-umanistiche, al furto di dati privati, commerciali e militari degli Europei, all’inesistenza dei campioni europei del digitale quali invocati da Macron alla Sorbona, e alla perdita per trent’anni di posti di lavoro apicali, imprenditoriali, tecnico-scientifici e manageriali europei, dirottati verso le Big Five.

4. Necessità di un approccio “olistico” alla politica estera e di difesa

La non volontà di porre il digitale duale fra le priorità del nuovo quadro della PESCO prolungherebbe tale quadro assolutamente insoddisfacente, perché legato, ancor più di quello delle Grandi Potenze, alla visione “tradizionale” della Difesa, criticata da tutti i testi citati. Gli elementi culturali e digitali restano marginali, e il coordinamento è pensato essenzialmente come tecnico ed economico, non già come culturale e politico. Per svolgere le funzioni di coordinamento delle iniziative europee, la PESCO dovrebbe ispirarsi innanzitutto ad una preciso programma, prima digitale (speculare a quello esposto, nel libro “The New Digital Age”, dai due direttori di Google, Cohen e Schmidt), e poi politico (come nella nuova dottrina americana della Difesa).Citiamo da quest’ultima:

-“Per vincere, dobbiamo integrare tutti gli elementi della potenza nazionale dell’ America -politici, economici e militari”

-“Dobbiamo difendere contro i concorrenti la nostra Base d’Innovazione per la Sicurezza Nazionale (NSIB). La NSIB è la rete americana di conoscenze, competenze e persone -fra cui l’accademia, i Laboratori Nazionali e il settore privato-, che trasforma le idee in innovazione e le scoperte in prodotti e imprese commerciali di successo, e tutela e rafforza il modo americano di vivere”

-“Gli Stati Uniti debbono ricuperare l’’elemento sorpresa’”.

5.Una seria Politica Estera e di Difesa richiede un organo apicale unico ed efficiente, comprensivo del “settore duale”.

Qualora, per esempio sfruttando la “finestra” aperta sulle cooperazioni rafforzate, si creasse, fra le Istituzioni, un unico organo di coordinamento per le materie della ricerca e sicurezza, come è il Comitato per la Fusione del Civile e del Militare della Cina, si dovrebbe garantire il controllo continuo sullo stesso da parte del’ organo apicale (come in Cina attraverso la Commissione Militare Centrale, presieduta dal Presidente).Infatti, la creazione di una cultura strategica, la tutela contro la concorrenza, la formazione dell’ufficialità e del management, la programmazione strategica, le missioni militari, la promozione di nuova imprenditorialità e la diplomazia digitale richiedono decisioni di vertice continue, drammatiche e segrete, che non possono essere adottate da labili organi di collegamento.

Il ruolo ancor del digitale nella difesa dell’ Unione Europea dovrebbe essere ancora più centrale che non in USA e in Cina, poiché l’ Unione: (i) rifiuta la guerra offensiva; (ii) non ha ambizioni di conquista territoriale; (iii) deve coesistere con la NATO Eserciti Nazionali di tipo tradizionale. Proprio per questo, al centro dell’organizzazione dovrebbero essere posti gli elementi “soft” (culturali, digitali, scientifici, d’intelligence, di mercato), lasciando, semmai, quelli “hard” agli Stati nazionali e alla NATO, che, in tal modo, potrebbero essere tra l’altro indirettamente ridimensionati.

6. Una gestione unitaria del digitale quale parte integrante ed essenziale dei compiti del vertice europeo.

In “The New Digital Age”, Schmidt e Cohen avevano affermato che, nel 21° secolo, sarebbe stata la Google, non già la Lockheed, a guidare l’America nella leadership mondiale, in quanto non si tratterebbe più di battaglie tradizionali di uomini e mezzi, bensì di “guerre virtuali” di algoritmi, Big Data, “social networks”, armi autonome e “robot in grigioverde”. Nello stesso modo, la missione storica dell’Unione Europea nel mondo non sarà più quella di perseguire un (ormai impossibile) sviluppo economico puramente tecnocratico, bensì quella di prevenire, come richiesto con forza dal Papa, la presa di controllo da parte delle macchine intelligenti, paventata da esperti come Hawking, Reed e Musk, attraverso lo sviluppo e la promozione di una società “tecno-umanistica”, capace di conciliare tecnica e cultura, salvaguardando: le singole personalità individuali; un’autonoma industria europea; i diritti umani e politici e la partecipazione di tutti; la promozione di posti di lavoro di qualità.

Quest’obiettivo richiederà il riorientamento radicale degl’interessi e delle risorse dell’ Europa, verso la costruzione della nuova “società tecno-umanistica”. Di questi immani e urgenti compiti, di cui le attuali istituzioni non si sono rivelate all’ altezza, dovrà essere investito pienamente un nuovo vertice europeo – che, di fatto, è già confrontato, ma in modo improprio, con il problema delle macchine intelligenti in tutte le sue sfaccettature-, in modo che possa concepire e perseguire rapidamente un disegno globale e coerente.

7. Carattere collegiale.

Nel campo delle nuove tecnologie, l’informalità prevale sul formalismo, sì che le questioni giuridico-istituzionali care ai teorici dell’ integrazione europea risultano meno importanti della cultura effettiva dei vertici politici e del loro comportamento fattuale. Le Istituzioni Europee avrebbero tra l’altro già fin d’ora ora tutte le competenze giuridiche necessarie per fare ciò che è urgente: finanziare una cultura digitale e strategica tecno-umanistica; pretendere il rispetto del diritto europeo e il normale pagamento delle tasse; imporre ai monopoli internazionali non solo multe, bensì veri e propri “orders to divest”, ecc.. Eppure, esse non lo fanno, in parte perché fingono di non capire la logica che sta dietro al mondo delle nuove tecnologie, e, in parte, perché non collaborano affatto fra di loro nell’ esecuzione di un unico disegno per il futuro dell’ Europa. Addirittura, all’ origine dello strapotere delle Big Five in Europa era stato proprio il Presidente Juncker in quanto primo ministro lussemburghese.

Questo disegno unitario dovrebbe essere elaborato fin da subito a livello politico, rivoluzionando le priorità attuali della PESCO, ed essere tradotto nell’elenco dei prossimi progetti di quest’ultima.

Anche la proposta di ri-unificare le figure del Presidente Europeo e di quello della Commissione, per altro assolutamente corretta, non risolverebbe il problema, perché, come abbiamo visto, gli organi che di fatto si occupano di queste questioni sono oggi ben più numerosi, andando dall’ Alto Rappresentante alla BEI, con una sommatoria impressionante di poteri, ma così capillarmente distribuiti da risultare inefficaci. Mentre è improbabile che si esamini fin da subito un’ unificazione di tutti questi ruoli in un’ unica persona, una forma di collegialità molto spinta, almeno su materie scottanti come il digitale e la difesa, sarebbe immediatamente fattibile attraverso una scelta soggettiva dei vertici europei, da tradursi in una prassi quotidiana d’ impegno e di collaborazione.

Si fa notare che un vertice collegiale potentissimo, soprattutto in materia militare (può perfino decidere autonomamentel’invio all’ estero di forze di pronto intervento, e addirittura la mobilitazione generale), esiste in Svizzera, culla del federalismo europeo e unico Stato europeo ad avere un sistema di difesa veramente autonomo. Vista la diffusa e giustificata insofferenza della base per il sistematico richiamo, da parte dell’ Unione, all’inapplicabile modello americano, sarebbe ora che essa prendesse sempre più come esempio un Paese federale europeo a noi vicinissimo, e che, a rigor di logica, dovrebbe entrare al più presto nell’ Unione.

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