DA LEONE XIII A LEONE XIV: FRA “SOCIETA’ ORGANICA”, AMERICANISMO E POSTUMANESIMO

Com’era da aspettarsi, l’elezione del nuovo Papa ha aperto, nella pubblicistica e sui social, delle vere e proprie cataratte d’ interpretazioni, a cominciare dalla scelta del nome, dall’appartenenza all’ordine agostiniano, fino alla sua origine americana. Ci  pare perciò che sia utile fornire alcune sintetiche informazioni che servano a demistificare le ardite costruzioni fatte dai vari pubblicisti in base a semplicistiche contrapposizioni fra progressisti” e “conservatori”, “Yankees” e “Latinos”, ecc..

Cominciamo dal nome

Leone XIII viene ricordato quale papa delle encicliche: ne scrisse ben 86. La sua più famosa enciclica fu la Rerum Novarum, con cui formulò i fondamenti della dottrina sociale della Chiesa, però ce ne sono anche altre:

Diuturnum Illud (1881): dove si affermava che la Chiesa non fa preferenza di regime politico (quindi, nessun pregiudizio democratico), purché esso rispetti il diritto di Dio. Attraverso un modo di elezione non si dà la potestà (che viene solo da Dio), ma si stabilisce soltanto chi debba essere colui che la detiene;

-Humanum genus (1884): l’enciclica considera la fine del XIX secolo un’era pericolosa per i cristiani e condanna la massoneria, così come una serie di pratiche connesse con questa, compreso il naturalismo e la sovranità popolare.

1.La Dottrina Sociale della Chiesa

La Rerum Novarum (del 1891),  fu la prima eciclica sociale, con cui defini’ la dottrina sociale della Chiesa cattolica. Come si puiò vedere da alcune citazioni, la dottrina sociale delineata da Leone XII era ben diversa dalle ideologie seguite poi in pratica  nel XX secolo dalle varie Democrazie Cristiane, e non ha più nulla a che vedere con la società di oggi.Cominciamo dall’ elogio delle corporazioni dell’ “Ancien Régime”:“Poiché, soppresse nel secolo passato le corporazioni di arti e mestieri, senza nulla sostituire in loro vece, nel tempo stesso che le istituzioni e le leggi venivano allontanandosi dallo spirito cristiano, avvenne che poco a poco gli operai rimanessero soli e indifesi in balda della cupidigia dei padroni e di una sfrenata concorrenza. Accrebbe il male un’usura divoratrice che, sebbene condannata tante volte dalla Chiesa., continua lo stesso, sotto altro colore, a causa di ingordi speculatori. Si aggiunga il monopolio della produzione e del commercio, tanto che un piccolissimo numero di straricchi hanno imposto all’infinita moltitudine dei proletari un gioco poco meno che servile.”

Passiamo poi alla famiglia patriarcale, che, ai suoi tempi, era ancora una realtà:“La patria potestà non può lo Stato né annientarla né assorbirla, poiché nasce dalla sorgente stessa della vita umana. I figli sono qualche cosa del padre, una espansione, per così dire, della sua personalità e, a parlare propriamente, essi entrano a far parte del civile consorzio non da sé medesimi, bensì mediante la famiglia in cui sono nati. È appunto per questa ragione che, essendo i figli naturalmente qualcosa del padre… prima dell’uso della ragione stanno sotto la cura dei genitori. (S. Th. II-II, q. 10, a. 12)

Veniamo quindi al carattere tragico dell’ esistenza:”Si stabilisca dunque in primo luogo questo principio, che si deve sopportare la condizione propria dell’umanità: togliere dal mondo le disparità sociali, è cosa impossibile. Lo tentano, è vero, i socialisti, ma ogni tentativo contro la natura delle cose riesce inutile. Poiché la più grande varietà esiste per natura tra gli uomini: non tutti posseggono lo stesso ingegno, la stessa solerzia, non la sanità, non le forze in pari grado: e da queste inevitabili differenze nasce di necessità la differenza delle condizioni sociali. E ciò torna a vantaggio sia dei privati che del civile consorzio, perché la vita sociale abbisogna di attitudini varie e di uffici diversi, e l’impulso principale, che muove gli uomini ad esercitare tali uffici, è la disparità dello stato. Quanto al lavoro, l’uomo nello stato medesimo d’innocenza non sarebbe rimasto inoperoso: se non che, quello che allora avrebbe liberamente fatto la volontà a ricreazione dell’animo, lo impose poi, ad espiazione del peccato, non senza fatica e molestia, la necessità, secondo quell’oracolo divino: Sia maledetta la terra nel tuo lavoro; mangerai di essa in fatica tutti i giorni della tua vita (Gen 3,17). Similmente il dolore non mancherà mai sulla terra; perché aspre, dure, difficili a sopportarsi sono le ree conseguenze del peccato, le quali, si voglia o no, accompagnano l’uomo fino alla tomba. Patire e sopportare è dunque il retaggio dell’uomo; e qualunque cosa si faccia e si tenti, non v’è forza né arte che possa togliere del tutto le sofferenze del mondo. Coloro che dicono di poterlo fare e promettono alle misere genti una vita scevra di dolore e di pene, tutta pace e diletto, illudono il popolo e lo trascinano per una via che conduce a dolori più grandi di quelli attuali. La cosa migliore è guardare le cose umane quali sono e nel medesimo tempo cercare altrove, come dicemmo, il rimedio ai mali.  “

Le relazioni fra le classi sociali:”Innanzi tutto, l’insegnamento cristiano, di cui è interprete e custode la Chiesa, è potentissimo a conciliare e mettere in accordo fra loro i ricchi e i proletari, ricordando agli uni e agli altri i mutui doveri incominciando da quello imposto dalla giustizia. Obblighi di giustizia, quanto al proletario e all’operaio, sono questi: prestare interamente e fedelmente l’opera che liberamente e secondo equità fu pattuita; non recar danno alla roba, né offesa alla persona dei padroni; nella difesa stessa dei propri diritti astenersi da atti violenti, né mai trasformarla in ammutinamento; non mescolarsi con uomini malvagi, promettitori di cose grandi, senza altro frutto che quello di inutili pentimenti e di perdite rovinose. E questi sono i doveri dei capitalisti e dei padroni: non tenere gli operai schiavi; rispettare in essi la dignità della persona umana, nobilitata dal carattere cristiano. Agli occhi della ragione e della fede il lavoro non degrada l’uomo, ma anzi lo nobilita col metterlo in grado di vivere onestamente con l’opera propria. Quello che veramente è indegno dell’uomo è di abusarne come di cosa a scopo di guadagno, né stimarlo più di quello che valgono i suoi nervi e le sue forze. Viene similmente comandato che nei proletari si deve aver riguardo alla religione e ai beni dell’anima. È obbligo perciò dei padroni lasciare all’operaio comodità e tempo che bastino a compiere i doveri religiosi; non esporlo a seduzioni corrompitrici e a pericoli di scandalo; non alienarlo dallo spirito di famiglia e dall’amore del risparmio; non imporgli lavori sproporzionati alle forze, o mal confacenti con l’età e con il sesso.

Principalissimo poi tra i loro doveri è dare a ciascuno la giusta mercede. Il determinarla secondo giustizia dipende da molte considerazioni: ma in generale si ricordino i capitalisti e i padroni che le umane leggi non permettono di opprimere per utile proprio i bisognosi e gli infelici, e di trafficare sulla miseria del prossimo. Defraudare poi la dovuta mercede è colpa così enorme che grida vendetta al cospetto di Dio. Ecco, la mercede degli operai… che fu defraudata da voi, grida; e questo grido ha ferito le orecchie del Signore degli eserciti (Giac 5,4).”Dunque, per Leone XIII, il Cristiano è “homo hierarcicus”, come Dumont definiva gl’Indiani.

Priorità del bene spirituale sulla cura dell’ economia:”Ma la Chiesa, guidata dagli insegnamenti e dall’esempio di Cristo, mira più in alto, cioè a riavvicinare il più possibile le due classi, e a renderle amiche. Le cose del tempo non è possibile intenderle e valutarle a dovere, se l’animo non si eleva ad un’altra vita, ossia a quella eterna, senza la quale la vera nozione del bene morale necessariamente si dilegua, anzi l’intera creazione diventa un mistero inspiegabile. Quello pertanto che la natura stessa ci detta, nel cristianesimo è un dogma su cui come principale fondamento poggia tutto l’edificio della religione: cioè che la vera vita dell’uomo è quella del mondo avvenire. Poiché Iddio non ci ha creati per questi beni fragili e caduchi, ma per quelli celesti ed eterni; e la terra ci fu data da Lui come luogo di esilio, non come patria. Che tu abbia in abbondanza ricchezze ed altri beni terreni o che ne sia privo, ciò all’eterna felicità non importa nulla; ma il buono o cattivo uso di quei beni, questo è ciò che sommamente importa. Le varie tribolazioni di cui è intessuta la vita di quaggiù, Gesù Cristo, che pur ci ha redenti con redenzione copiosa, non le ha tolte; le ha convertite in stimolo di virtù e in maniera di merito, tanto che nessun figlio di Adamo può giungere al cielo se non segue le orme sanguinose di Lui. Se persevereremo, regneremo insieme (2 Tim 2,12). Accettando volontariamente sopra di sé travagli e dolori, egli ne ha mitigato l’acerbità in modo meraviglioso, e non solo con l’esempio ma con la sua grazia e con la speranza del premio proposto, ci ha reso più facile il patire. Poiché quella che attualmente è una momentanea e leggera tribolazione nostra, opera in noi un eterno e sopra ogni misura smisurato peso di gloria (2Cor 4,17). “

La vera utilità delle ricchezze:“E’ lecito, dice san Tommaso, anzi necessario all’umana vita che l’uomo abbia la proprietà dei beni (S. Th. III-II, q. 66, a. 2). Ma se inoltre si domandi quale debba essere l’uso di tali beni, la Chiesa per bocca del santo Dottore non esita a rispondere che, per questo rispetto, l’uomo non deve possedere i beni esterni come propri, bensì come comuni, in modo che facilmente li comunichi all’altrui necessità. Onde l’Apostolo dice: Comanda ai ricchi di questo secolo di dare e comunicare facilmente il proprio (Ivi). Nessuno, Certo, é tenuto a soccorrere gli altri con le cose necessarie a sé e ai suoi, anzi neppure con ciò che è necessario alla convivenza e al decoro del proprio  stato, perché nessuno deve vivere in modo non conveniente (S. Th. II-II, q. 32, a. 6). Ma soddisfatte le necessità e la convenienza è dovere soccorrere col superfluo i bisognosi. Quello che sopravanza date in elemosina (Luc 11,41). Eccetto il caso di estrema necessità, questi, è vero, non sono obblighi di giustizia, ma di carità cristiana il cui adempimento non si può certamente esigere per via giuridica, ma sopra le leggi e i giudizi degli uomini sta la legge e il giudizio di Cristo, il quale inculca in molti modi la pratica del dono generoso e insegna: E’ più bello dare che ricevere (At 20,35), e terrà per fatta o negata a sé la carità fatta o negata ai bisognosi: Quanto faceste ad uno dei minimi di questi miei fratelli, a me lo faceste (Mat 25,40). In conclusione, chiunque ha ricevuto dalla munificenza di Dio copia maggiore di beni, sia esteriori e corporali sia spirituali, a questo fine li ha ricevuti, di servirsene al perfezionamento proprio, e nel medesimo tempo come ministro della divina provvidenza a vantaggio altrui: Chi ha dunque ingegno, badi di non tacere; chi ha abbondanza di roba, si guardi dall’essere troppo duro di mano nell’esercizio della misericordia; chi ha un’arte per vivere, ne partecipi al prossimo l’uso e l’utilità “

2. L’eresia americana

Un secondo tema che aveva impegnato duramente per tutta la vita Leone XIII era stata la repressione dell’ eresia americanista, una visione del mondo attribuita a certi cattolici americani ispirata al  modernismo, che Papa Pio IX aveva condannato nel   Syllabo degli Errori, del 1864, scrivendo a questo fine al cardinale  James Gibbons, la lettera Testem benevolentiae nostrae.Nel 1890, la questione fu al centro della polemica sulla traduzione della Contessa de Ravilliax  della biografia di Isaac Hecker che aveva perseguito l’apertura verso i  Protestanti Americani

Nell’ enciclica Longinqua oceani, del 1895 il Papa  mostrò u giudizio  generalmente  positivo sulla Chiesa americana, ma auspicando una maggiore collaborazione fra Chiesa e Stato, sul modello europeo, e condannando le seguenti tendenze:

Eccessiva insistenza sull’initiative interna nella vita spirituale;

Gli attacchi ai voti religiosi

La minimizzazione della Direzione spirituale.

I prelati americani negarono le accuse del Papa.

3.Il Modello Sociale Europeo e la Dottrina Sociale della Chiesa

E’ paradossale che, nel momento in cui il Modello Sociale Europeo basato sulla Dottrina Sociale delle Chiese (perché c’erano anche i Protestanti, e soprattutto i Calvinisti olandesi) si è realizzato quasi completamente in larga parte dell’ Europa, essa sia assolutamente negletta, non soltanto dalla politica ufficiale e dai maggioritari partiti cristiano-sociali, bensì dalle stesse Chiese.

Il punto è che il modello sociale europeo (ormai diffuso quasi ovunque attraverso l’imitazione del “Modell Deutschland”), è fondato sulla continuità, ideale e fattuale, con varie forme di corporativismo  sposate dalle Encicliche Sociali sulla base degli scritti di  Kuyper, Vogelsang e Toniolo. Questa simiglianza non è casuale, ma deriva, da un lato, dalla ripresa, da parte delle Chiese, del Pensiero Organicista (Organisch Gedacht) di origine tomistica. Si tratta di uno degli aspetti della continuità fra Ancien Régime e rivoluzione, già intravisti da Tocqueville, che indicava nei Corpi Intermedi uno strumento per controbilanciare l’eccessivo atomismo delle nascenti società democratiche.

Per questo motivo Marx stesso aveva affermato che il capitalismo europeo era meno radicale di quello americano, perché nato in un contesto ancora feudale.

Il punto fondamentale del modello europeo, l’associazione capitale-lavoro, ha trovato la sua massima espressione nel Sistema Tedesco comprendente, da un lato, uno statuto d’impresa ove, per legge, è obbligatoria la partecipazione dei lavoratori alle decisioni societarie, e, dall’ altra, vi è una cogestione giorno per giorno dei provvedimenti che riguardano i lavoratori.

Il massimo della partecipazione si ha nella Volkswagen, dove una legge ad hoc, la Volkswagengesetz, garantisce una Golden Share al Governo locale, e inoltre si applica il “Modello Carbosiderurgico” di partecipazione paritetica.

La partecipazione dei lavoratori è servita, e ancora serve, per frenare la contendibilità delle grandi imprese, anche se proprio la Volkswagen è oggi esposta a un progetto di vendita di siti.

4.Il ruolo della Chiesa nel nostro tempo

Arrivano giusto in tempo  i due contributi su questo tema, l’uno di Massimo Cacciari e l’altro di Vito Mancuso, su “La Stampa”, dove si ri-propogono alcune delle questioni determinanti del nostro tempo.

Innanzitutto, quella dell’ assenza di un progetto culturale prevalente per l’ Europa ,o meglio del prevalere di un progetto non dichiarato:”la religione dell’ essere al lavoro, ininterrottamente, al servizio del sistema tecnico-economico finnziario”(Cacciari).Per Cacciari,  questa situazione è negativa perché da essa non può nascere un orientamento comune che fondi un nuovo ordine internazionale. Ma siamo sicuri che un nuovo ordine internazionale sia auspicabile? E, infatti, il nuovo ordine internazionale che avanza è proprio  quella religione del lavoro“solo lasciar fare, laissez faire, al ‘progresso’tecnico-economico e illudersi che le sue mani invisibnili sappiano evitare catastrofi abncora peggiori di quelle in cui viviamo”.

Tuttavia, qui la confusione del testo di Cacciari diviene sempre più fitta. Non solo vi è, oggi come e più che mai, la confusione fra Europa ,Cristianità e mondo. La Cristianità non iniziò in Europa, bensì in Palestina. Le prime conversioni di Stati si ebbero in Africa, nell’ India  e nel Caucaso; il grosso dei suoi adepti fu inizialmente  in Egitto, in Anatolia, nel Levante e in Mesopotamia. Ancora quando, nel Medioevo, il Cristianesimo era limitato all’ area Mediterranea, già vivevano sostanziose comunità cristiane in Persia, in Cina, nel Dekkan. Durante l’era delle esplorazioni oceaniche nacquero poi vibranti società cristiane in America, in Cina, Corea, Giappone, Filippine. Nel 21° secolo, abbiamo avuto un Papa argentino e ora uno americano-peruviano. Il grosso dei fedeli è comunque oramai nelle due  Americhe.

Il Cristianesimo è completamente globalizzato, e, per questo, deve per forza di cose fare i conti con l’americanismo, il latino-americanismo, il buddismo, il confucianesimo, le religioni popolari “politeistiche”. Non è affatto detto ch’esso debba continuare a identificarsi sotterraneamente con la teologia della tecnica, come sembrerebbe postulare la dialettica dell’ illuminismo, che è ancora una dialettica occidentale. In effetti, i teologi cristiani non occidentali, come per esempio Panikkar, non sono affatto concentrati su questo aspetto. L’attenzione per le religioni extraeuropee e non americane è stata ed è concentrata, invece, sull’ Armonia, sulla Saggezza, sul rito, sulla preghiera…

Mancuso mette in rilievo la singolare situazione in cui il Vaticano, pur non avendo mai abrogato l’originario Monitum contro Teilhard de Chardin, colpevole proprio di un eccessivo entusiasmo per il mondo della tecnica, ne ha pubblicato appena  ora un’ elogiativa bibliografia presso la ufficiosa Libreria Editrice Vaticana.Il punto controverso per  Teilhard, ancor più che per l’ Americanismo, è la questione del Peccato Originale, centrale nel pensiero di Sant’Agostino, a cui s’ispira l’ordine a cui appartiene Papa Leone, ma anche in quello di Lutero. Il tutto influenzato dalle visioni antiche della Torre di Babele (la Ziggurat Etemenanki) e della “hybris”nella tragedia greca, ambedue incentrate sul carattere creaturale dell’umanità, e quindi sul suo necessario scacco della stessa senza un intervento provvidenziale divino. Anche secondo l’idea illuministica dell’ “Eterogenesi dei fini” il tentativo di realizzare la perfezione sulla terra porta inevitabilmente a delle catastrofi. Il primo esempio storico ne era stata l’invasione della Grecia da parte di Serse, che, secondo Erodoto, era stata motivata dall’ambizione dei Magi di estendere il territorio dei Persiani fino al Regno  degli Dei (il “Sogno di Serse”di Erodoto); il secondo, il fallimento della rivoluzione socialista bolscevica, giustificata con l’ambizione di por fine alla Storia, costruendo un Dio terreno (i “Bogostroiteli”).

Oggi, stiamo assistendo, con il Post-Umanesimo, a un tentativo simile, che ha assunto come modello dichiarato il pensiero di Teilhard. L’intervento di Mancuso sembra sposare integralmente la visione di quest’ultimo, interpretata un po’ semplicisticamente come una religione della Natura, mentre invece, a noi, essa sembrerebbe piuttosto un tentativo di superamento e soppressione della stessa Natura (oltre che dell’ intera Umanità), nella cosiddetta “Singularity”.

Su tutto ciò si staglia, convitato di pietra, l’eredità nietzscheana, vale a dire l’affermazione centrale dello Zarathustra secondo cui “l’Uomo è qualcosa che dev’essere superato”. Quest’affermazione, la cui effettualità non può, oggi, essere negata, è certamente suscettibile di diverse interpretazioni, su cui  si sono esercitati miriadi di esegeti. Dalla sostanziale identificazione del Superuomo con un nuovo atteggiamento filosofico elitario, fondato sull’ accettazione stoica della fine dell’ obiettività (la “Morte di Dio”), al ripristino, contro l’egualitarismo, del “pathos delle distanze”, a una nuova società della cultura e della scienza, fino alla trasformazione ontologica dell’umano, appunto attraverso la scienza. Proprio il prevalere dell’ una o dell’ altra interpretazione del nietzscheanesimo è la posta in gioco delle “cultural wars” contemporanee, ed è questo che le rende particolarmente violente. Un tempo, questo tipo di conflitti si svolgeva infatti all’ insegna di dispute teologiche  (sulla natura di Dio, sull’ interpretazione dei libri sacri), poi si passò alle divergenze ideologiche, fra monarchici, repubblicani, conservatori, liberali, democratici, socialisti, comunisti, fascisti…Oggi, siamo arrivati a combatterci fra di noi per stabilire come l’uomo dovrà convivere con le macchine.

Per questo, se la Chiesa vuole rivestire, come può, un ruolo centrale nella configurazione del XXI Secolo, dovrebbe, non solamente abbandonare la sua caratterizzazione prevalentemente europea e occidentale, bensì anche e soprattutto rendersi conto di quanto le decisioni sul rapporto uomo-macchina siano drammatiche come erano quelle sulle catastrofi naturali, sulle guerre, sulla fame nel mondo e/o sulla libertà, e richiedano un corrispondente impegno filosofico, teologico e politico.

Intanto, sembra controproducente  l’insistenza acritica sul tema della pace “senza se e senza ma”, quando è chiaro a tutti che le guerre in corso hanno proprio radici religiose millenarie, inasprite dalla loro interpretazione tecnologica. D’altronde, era stato proprio Sant’Agostino a giustificare las guerra come strumento per la “Dilatatio Christianitatis”.

Su questo tema, le Chiese danno, come e più della politica, un senso d’impotenza, ma soprattutto d’ipocrisia. Nessuna delle religioni occidentali (né l’ebraismo, né il cristianesimo, né l’Islam) esisterebbe senza le guerre millenarie in Palestina (Vecchio Testamento, Guerre Giudaiche, Jihad, Crociata), e nessuno ci ha spiegato che cosa sia successo, negli ultimi secoli, che renda finalmente possibile una pace che non c’è mai stata. Se questa novità dovesse essere la “nuova religione” teilhardiana, anch’ essa non ha cessato di provocare conflitti peggiori dei precedenti, dall’ esportazione della democrazia, alla rivoluzione socialista, all’eugenetica, alla bomba atomica…E sarebbe anch’essa altamente blasfema, perché pretenderebbe di costituire l’avvento ultimo del Salvatore.

In secondo luogo, le Chiese non hanno proprio (contrariamente ai pensatori laici) nessuna giustificazione    per banalizzare (come per lo più oggi fanno) la minaccia esistenziale posta dalle Macchine Intelligenti, visto che il post-umanismo sta diffondendosi proprio grazie alla pretesa di avere assorbito e superato le religioni. Ci si dovrebbe perciò aspettare che gli uomini di religione siano pienamente consapevoli della gravità del problema.

Tra parentesi, l’Intelligenza Artificiale Generativa avrà forse, come si dice, un limite nella sua fame illimitata di dati, sì che oggi si è giunti al “Data Peak”, cioè al rallentamento della sua avanzata per la mancanza di dati “naturali”, generati dagli uomini. Ma ciò rende l’intero ecosistema macchinico ancor più aggressivo, perché, per sopravvivere, esso è condannato a eliminare ogni concorrenza, divorando i suoi stessi avversari. In particolare, l’ecosistema occidentale  dei GAFAM americani è costretto a sospingere la guerra con la Cina, per abbattere il Great Chinese Firewall, ed appropriarsi anche dei dati dei Cinesi, che rappresentano oggi forse la metà dei dati naturali disponibili.

E’ quindi praticamente un miracolo che oggi abbiamo un Papa che è, al contempo, agostiniano (cioè conscio dei limiti della natura creaturale dell’ uomo), e matematico (e che, quindi, capisce che cosa sia veramente l’Intelligenza Artificiale).

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