Il professor Natalino Irti, una colonna della cultura italiana, ha pubblicato, con encomiabile tempistica, sul supplemento culturale de Il Sole 24 Ore di questa domenica 15 febbraio, un articolo su un tema che è un po’ al centro delle attività della nostra Associazione Diàlexis: il “Modernismo Reazionario”, tema che sembrava caduto nell’ oblio dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, ma, invece, attraverso i suoi numerosi avatar (il cosmismo russo, il “sublime tecnologico” americano, il trans-umanesimo) è sopravvissuto, e, anzi, è riemerso in forma carsica, per trovare poi oggi la sua più compiuta manifestazione nell’ inedita alleanza fra, da un lato, i guru post-umanisti dell’informatica, e, dall’ altro, l’amministrazione Trump.
Da un punto di vista analitico, siamo di fronte a tre fenomeni distinti:
-la marcia verso il potere dei proprietari delle grandi società informatiche (guidati da Musk), che, operano in condizioni di monopolio e sono sostenute dallo Stato americano, grazie al quale hanno esteso il loro potere all’intero Occidente, costituendo oggi lo strumento principe dell’ egemonia USA e influenzando, così, lo “Zeitgeist” mondiale, e, ora, lo stesso Presidente;
-la strategia internazionale del 2° mandato di Trump, volta a fare recuperare all’ America un ruolo centrale nel mondo facendo leva sull’ economia, e, in particolare, su dazi generalizzati e reciproci, che permettono di fare pressione in ogni momento su ogni Stato per ottenere vantaggi di ogni tipo;
-il nuovo orientamento ideologico degli Stati Uniti, che fonde il sostegno incondizionato alle industrie informatiche, rappresentate da Musk, con il tentativo di assumere la leadership mondiale dei movimenti conservatori, sottraendola così a Putin. Tentativo ardito, vista l’opposizione logica fra conservatorismo e transumanesimo, che può per altro venire superata grazie alle aspettative di “sdoganamento” fatte balenare dal team trumpiano alle destre più radicali e alla stessa Russia.

1.Il concetto proposto da Herf
Per tenere insieme questo collage eterogeneo, si è resa necessaria un’ideologia, che, secondo l’articolo di Irti, richiama il “modernismo reazionario” studiato nel 1988 da Jeffrey Herf con riferimento al nazionalsocialismo, e, a mio avviso, è perfettamente estendibile a tutte le “culture dell’Asse” intese in senso lato, dal Futurismo italiano e russo alla Rivoluzione Conservatrice di Ernst Jünger, al “Romanticismo d’Acciaio” di Goebbels.
Secondo Herf, queste culture”riuscirono ad integrare la tecnologia nel simbolismo e nel linguaggio della Kultur -comunità, sangue, volontà, io, forma, produttività e infine razza -estraendola dalla sfera della Zivilisation – ragione, intelletto, internazionalismo, materialismo e finanza”. A mio avviso, il tramite più potente ed evidente di questa trasformazione fu la Rivoluzione Conservatrice, e, in particolare, Ernst Juenger, che, riproponendo intorno alla Prima Guerra Mondiale idee correnti già nel Reich bismarckiano, aveva disegnato un parallelo fra la figura del “soldato” e quella dell’ “operaio” (o, più propriamente, “il lavoratore”):i “Soldaten der Arbeit”, come li chiamava il Kaiser. L’”operaio” diviene così, per Jünger, la figura centrale degli “Stati Nazionali del Lavoro”(fascismo, nazismo e comunismo): non solo un nuovo guerriero, ma anche un titano, che si fonde con la materia in movimento. Nel 2° Dopoguerra, Jünger, in modo non del tutto inaspettato, diverrà poi un cantore dello Stato Mondiale e di una fusione fra l’Umanità e la Tecnica, destinata a riconformare tecnicamente la terra. Quindi, un post-umanista ante-litteram.

2.Genealogia del “Modernismo Reazionario”
Come giustamente osserva Irti, questo fenomeno non può essere compreso se non situandolo in un contesto più ampio, dove la tecno-economia “sembra come attendere una risposta ideologica, una presa di posizione che, andando oltre la scienza e gli impieghi tecnici, offra un senso complessivo e unitario della vita”. La risposta al disorientamento esistenziale del mondo tecnologizzato è, a mio avviso, più antica e profonda del “Modernismo Reazionario” . Essa risale all’idea, ch’era stata di Lessing, della religione quale educazione di un genere umano che non riesce più a credere nei “miti” della Religione, e per questo ha bisogno di una nuova mitologia, di una religione secolarizzata. A questa esigenza fa presto riscontro l’offerta del “Primo Programma Sistemico dell’ Idealismo Tedesco”(attribuito a Hegel, Schelling e Hölderlin), in base al quale si sarebbe dovuta costruire una nuova mitologia basata su una nuova scienza, con la quale l’Uomo si sarebbe “salvato da sé”. Tutta l’opera di Saint-Simon non è che un allargamento smisurato di questa prospettiva, dove la “Religione dell’ Umanità” è fondata sul culto della scienza, a cui sono devoti gli”industriali”, che in tal modo vengono investiti del “potere spirituale”
Gli eredi più cospicui di Saint-Simon saranno i Cosmisti russi, che, con Fiodorov, elaboreranno “la filosofia dell’ Opera Comune”, che promuoverà uno sviluppo radicale della tecnica, fino a giungere a resuscitare i morti, adempiendo, così, alle profezie escatologiche delle religioni, e, con Tsiolkovskij, padre della missilistica, formulerà addirittura il sogno di popolare, con i morti così resuscitati, lo spazio siderale (adempiendo così anche alla profezia del Regno dei Cieli). Come si vede, siamo giunti fino alla nascita di una nuova religione, quella della “Costruzione di Dio” come la definì Lunačarskij, commissario alla cultura della Russia Sovietica. Secondo Trockij, questa sarebbe stata la religione del proletariato.
3.Il Modernismo Reazionario quale espressione della crisi occidentale della civiltà
Come nota Irti, il motore occulto di questo trend culturale è costituito dallo sforzo per “sorreggere il povero e smarrito io dinanzi alle grandezze scientifiche e finanziarie del nostro tempo”.
In effetti, il problema principe dell’era contemporanea è quello di fare sopravvivere qualche parte dell’ Umano in quest’ era dominata dalle Macchine Intelligenti e dall’ Intelligenza Artificiale. Problema che non è certo risolto dalle retoriche della “algoretica” cara alle Chiese, poiché le Macchine Intelligenti sono, nella sostanza, un prolungamento dell’ uomo (una “protesi”, cfr. Gehlen), e quindi possono, sì, essere progettate per conseguire questo o quello scopo imitando l’uomo stesso, ma, di certo, non possono restituire all’ uomo la sua autenticità, che lo caratterizzava in epoche passate (l’”aura” di Benjamin), né impedire che perda del tutto la sua soggettività, già fortemente scalfita dalla retorica anti-personalistica del wokismo. La soluzione a questo problema da parte del Modernismo Reazionario era stata quella dell’estetizzazione della tecnica (Todt, Speer), grazie a cui quella era divenuta oggetto di un culto dionisiaco, equiparabile a quello del Futurismo. In quel contesto, lo spirito eroico (l’arditismo) diveniva una sorta di “supplemento di anima”, dove il combattente dimostrava la propria soggettività, e il proprio dominio sulla materia, nell’ utilizzare le armi come strumento di auto-affermazione, individuale o collettiva, in modo parallelo a quanto facevano gli eroi epici nelle opere fondanti dell’Epoca Assiale (Gilgamesh, Sansone, Achille, Ulisse, Rama, Arjuna, Cú Chulainn, Sigfrido..):”The Technological Sublime”.
E, tuttavia, questa identificazione del combattente con la tecnica dispiegata non è stata sufficiente a colmare il suo vuoto interiore, ché, anzi, questo si è ingigantito con la guerra di trincea, la bomba atomica e l’Olocausto, sicché “radici e miti comunitari e fedi religiose e patriottismi di luoghi vengono chiamati in difesa : che non ci lascino soli dinanzi alla tecno-economia; che questa ideologia sia capace di fronteggiare o compensare l’esaltato progresso tecnologico.”
Il richiamo alla cultura che spesso viene fatto come antidoto sperato al livellamento imposto dalle Macchine Intelligenti viene implicitamente assimilato nell’ articolo di Irti alla visione un po’ consolatoria dell’“Anarca” di Juenger, che vive libero perché si astrae dal mondo della tecnica. E’ così che, secondo Irti, “l’ideologia conservatrice stringe alleanza con la ‘democrazia’ tecnologica, e così provano insieme a disegnare il volto del nostro tempo. Quel piccolo io, di cui prima si diceva, che non si asservisce per intero alla logica degli apparati tecnologici, e neppure vuole abbandonarsi alle inquietudini fluttuanti dell’ auto-determinazione, trova un salvagente, in vesti nobili e antiche, nella comoda sintesi dell’ ideologia conservatrice”
Una versione moderna del “Lâthe biôsas” epicureo.
Tutto ciò rientra, a mio avviso, nella capacità seduttiva della società occidentale, che, da un lato, “distrae” continuamente con l’effimero, ma, dall’ altra, avvinghia anche a una lotta ininterrotta per la sopravvivenza, in campo lavorativo e/o finanziario. Forse è, almeno sul piano concettuale, un esito inevitabile della cultura “occidentale”, e della secolarizzazione da parte della tecnica, delle religioni di salvezza (cfr.supra), che va comunque contrastato.
4.Le ragioni di un dialogo multiculturale
A mio avviso, che la cultura occidentale (nelle sue varianti cattolica, puritana, tecnocratica…) non sia riuscita a soddisfare in modo autentico la domanda di senso nell’ era delle macchine intelligenti, e che per questo la nostra società vada verso la perdita dell’umano, e forse la sua totale scomparsa, deriva essenzialmente dalla sua ancestrale concezione lineare e deterministica della storia, che deve avere un fine, e una fine. Questo fine coincide con il perfezionamento delle qualità “ascetiche” (ragione, etica, disciplina), che portano alla fine dell’Io, e, quindi, al dominio dell’Apparato, che si trasforma quasi naturalmente in una Megamacchina impersonale.
Altre civiltà (come quelle dell’India e dell’ Estremo Oriente), che non hanno una simile cultura apocalittica, non hanno neppure quest’ urgenza che spinge l’Occidente a ricercare un senso unitario dell’ Essere, né l’idea che la Storia sia un percorso inevitabile verso un Fine.
In India, il concetto degli infiniti Eoni (“Kalpas”) fa sì che non vi sia un senso preciso dell’ inizio e della fine. Inoltre, il fatto che, nei libri sacri dell’Induismo, vi sia un’ampio ricorrere di macchine, soprattutto macchine da guerra (i Vimana, i Pashupatastra), ha abituato gl’Indiani all’ idea di una coesistenza da tempi immemorabili fra Dei, uomini e macchine. Ciascuno ha, hic et nunc, un compito da assolvere (il suo “dharma”), che è a lui specifico. Ciò permette agli Indiani di impegnarsi con successo nella Società delle Macchine Intelligenti senza i corollari escatologici degli Occidentali, e, in particolare, degli Americani.
I Giapponesi sono ancora più familiari con le macchine intelligenti perché, per la loro religione, ogni essere è animato (non solo gli animali, bensì anche le macchine), anzi, sono tutti degli dei (i “Kami”). La vita nella moderna tecnologia è una prosecuzione dell’antica mitologia, come ben testimoniano i famosi cartoni animati giapponesi.
L’idea cinese dell’Età dell’ Oro (il “Datong”) , non è un destino ineluttabile, bensì solo un “ideale normativo”. Inoltre, essa è ciclica (anche perché in Cinese non c’era un’idea chiara di presente, passato e futuro). Essa si ripresenta quando appare un Imperatore Saggio. L’ideale dell’Uomo Nobile (“Junzi”) è quello di svolgere il proprio ruolo nella gerarchia dell’ Impero universale (“Tian Xia”): “Huang Huang, Wang Wang, Fu Fu, Zi zi”:l’Imperatore faccia l’Imperatore, il Re faccia il re; il Padre faccia il padre, il figlio faccia il figlio.”.
I fatti hanno dimostrato che la società cinese riesce ancora dopo millenni a funzionare in base a questi principi. L’obiettivo posto a questa generazione da Xi Jinping non è il Datong, bensì il più modesto “Xiao Kang” (“una società moderatamente prospera”). Per raggiungere questo risultato, uno “Stato-civiltà” del XXI° secolo non può evitare di confrontarsi con la tecnologia. Anzi, nel caso della Cina, essa, essendo il maggiore Stato del mondo, deve primeggiare. Per questo, il Presidente ha indicato degli obiettivi e delle scadenze. Nel caso dell’Intelligenza Artificiale, l’obiettivo di “Made in China 2025” è stato raggiunto già all’inizio dell’Anno del Serpente, quando sono stati diffusi in tutto il mondo due software di IA cinesi più efficienti e meno costosi di quelli americani, prodotti da piccole start-ups di giovani teste d’uovo (così ridicolizzando decenni di promesse e di investimenti faraonici da parte degli States).
Per tutti questi motivi, l’Asia è divenuta il “golden standard” a cui tutti , a cominciare dall’ America, si ispirano pur senza dirlo: sistema tributario (contributi dei Paesi esteri alla difesa, terre rare); un uomo solo al comando; fusione pubblico-privato; investimenti miliardari nell’ alta tecnologia e nella difesa; alleanze trasversali.
È in Asia che si realizza in pratica il “Modernismo reazionario” (come già capitava nel Giappone della Rivoluzione Meiji, nella Russia dei Costruttori di Dio e nelle pagine del Da Tong Shu di Kang You Wei, uno degli ultimo ministri Ching, che ,caduto in disgrazia con la Reggente Cixi, peregrinò per lunghi anni tentando una sintesi di Oriente e Occidente: 中體西用= “zhōngtǐ xīyòng”= “valori cinesi, tecnica occidentale”).
La complessità di queste questioni, unita all’enorme efficienza dei sistemi asiatici, che hanno occupato uno spazio così centrale nell’ equilibri mondiale da costringere l’ America al “Pivot to Asia”, dimostrano che è giunto il tempo di un approccio nuovo al dialogo interculturale, che non sia più una forma di divagazione intorno all’ Occidente servendosi di nozioni orientali, bensì un confronto attivo e bilaterale fra le visioni del mondo di tutte le grandi civiltà, americana ed europea, eurasiatica e sinica, medio orientale e africana, e perfino sudamericana e pre-alfabetica.

5.Comprendere il “Modernismo Reazionario”
Le questioni poste dalla Secolarizzazione e dal Modernismo Reazionario” non sono state risolte. Il carattere limitato dell’Umanità, tanto dal punto di vista gnoseologico (il “dubbio sistematico”, quanto da quello esistenziale (la finitezza dell’uomo) non sono stati eliminati da 200 anni di Illuminismo, ma, anzi, si infittiscono.
Tanto la comunicazione interculturale, quanto la ricerca scientifica, non fanno che dimostrare in modo sempre più evidente l’assenza di un solido terreno su cui poggiare. Intanto, la Tecnica prosegue il suo cammino, irreggimentandoci sempre di più, nel suo cammino, all’ interno di una “gabbia di acciaio” di cui parlava Max Weber. In particolare, l’Intelligenza Artificiale Generale, gl’impianti neurali, la neuroingegneria, le reti sociali, le tecniche riproduttive, la clonazione, i viaggi spaziali, configurano un mondo non adatto agli umani, i quali, per sopravvivervi, dovranno come minimo mutare, divenendo dei Cyborg.
Quest’ inevitabile transizione passa attraverso la risposta ad alcune fra le domande più antiche e irrisolte: È lecito modificare gli esseri umani? Che fare nel caso in cui il numero di umani costituisca un peso eccessivo per la natura? In che misura è lecito coartare per esigenze superiori la libera determinazione delle persone? Dove finisce l’educazione, e dove incomincia la manipolazione? Quand’è che una decisione è condivisa? Può questa condivisione estendersi al mondo intero? Una sorta di referendum telematico continuo in tutto il mondo garantisce un coinvolgimento sensato?
Non vi è alcuna garanzia circa il fatto che le risposte dei guru dell’informatica siano più ragionevoli di altre, né ch’esse siano disinteressate. Lo dimostrano i molti salti logici nelle esternazioni di Elon Musk. In particolare, il suo “salto della quaglia”, dal Partito Democratico a Donald Trump, ma poi anche la sua idea (mutuata dal cosmista Bogdanov) che bisogni emigrare su Marte perché, sulla Terra, i robot avranno il sopravvento, ed essa sarà comunque troppo inquinata. Ma, intanto, sono i Robot quelli sono fatti per i viaggi spaziali, non gli uomini. Poi, Marte è più piccolo della Terra. Poi ancora, installare un impianto cerebrale nel cervello di tutti gli Umani, collegato alla rete mondiale di elaboratori, è il contrario dell’ “Enhancement” per rendere gli uomini più forti e indipendenti: significa semplicemente farne dei pezzi intercambiabili della Macchina Mondiale. Infine, se Musk si preoccupa tanto del sovraffollamento della Terra, perché continua a fare figli?
L’affollarsi di queste questioni irrisolte rende più che mai necessaria la costruzione di una nuova classe dirigente, che, abbandonando le diatribe dei secoli XIX e XX, affronti finalmente le domande dell’epoca in cui viviamo. La cultura può e deve fornire il proprio contributo a questo compito.