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DALL’EGIZIO AL MUSEO DELL’ EUROPA verso Torino Capitale Europea della Cultura 2033

Nella prefazione al libro “La Memoria è il nostro futuro”, ispirato all’ idea-chiave della “Memoria Culturale” di Ian Assmann, il direttore del Museo Egizio di Torino, Christian Greco, ha sviluppato un approfondito discorso sul ruolo che i musei potrebbero, e dovrebbero, avere, nel dibattito contemporaneo circa le identità culturali – un dibattito a nostro avviso determinante per le sorti della pace e della libertà nel mondo-.Discorso ulteriormente allargato con “La cultura è di tutti”, scritto con Paola Dubini, Egea,Milano, 2014.
Nel contempo, il Sindaco di Torino ha lanciato un tavolo di lavoro per la candidatura della Città a Capitale Europea della Cultura nel 2033. Il discorso sui musei s’inserisce perfettamente in questa prospettiva, che rientra, a sua volta, a pieno titolo, nella missione e nella storia dell’Associazione Diàlexis.


1.Contro la moderna follia
Nessun momento avrebbe potuto essere più appropriato di questo, in cui assistiamo, per usare un termine attualissimo, a una Guerra Senza Limiti (cfr. Liang Qiao , Xiangsui Wang, e al.),fra, da un lato, il blocco culturale, politico e militare “occidentale”, che, pure fra le apparenti divergenze (fra “cultura Woke”, “Cancel Culture”, Politicamente Corretto, Singularity, turbocapitalismo, “progressismo da ZTL”, sovranismo e “Make America Great Again”), condivide l’idea di una missione superiore attribuita all’Occidente, e, dall’ altro, la molteplicità delle infinite culture del resto del mondo (pre-alfabetiche, animistiche, politeistiche, patriarcali, epistocratiche, religiose, comunitarie, conservatrici, monarchiche o ancestrali), a lungo spregiate e perseguitate in quanto barbariche e arretrate (cfr., per esempio, la conquista delle Americhe, la Tratta Atlantica, lo schiavismo, il Trail of Tears, l’ imperialismo, il neo-colonialismo, i genocidi, l’islamofobia, la russofobia, l’”esportazione della democrazia”), ma le quali infine, grazie ad una sorta di “Lunga Marcia” (indipendenza di Cina, India, Vietnam e altri Paesi afro-asiatici; rilancio delle “tigri asiatiche”; miracolo cinese) hanno oramai raggiunto un livello di parità culturale, politica, economica e militare con il “Primo Mondo”, il che che permette loro di esprimere il loro punto di vista circa i grandi temi dell’ Umanità.
Qualora si assumano questi diversi orientamenti culturali e storici come un qualcosa di fisso e assoluto, l’“escalation” verso la Terza Guerra Mondiale, in corso in Ucraina, nel Levante e nel Mar della Cina, è inevitabile. Se, invece, come a noi pare più sensato, si vanno a cercare le radici comuni delle diverse culture del mondo, quali esse apparivano per esempio all’ inizio dell’ Epoca Assiale (cfr. Jaspers, Eisenstadt e Assmann), uno “Scontro di Civiltà” sembra più lontano. Visto che qui si parla innanzitutto del Museo Egizio, non vi è chi non veda le similitudini fra l’Antico Egitto e le società ad esso coeve, come in particolare quelle mesopotamiche e anatoliche, con lo stesso ruolo attribuito ai sovrani di diritto divino, le loro mitologie addirittura “traducibili”, come nel trattato di Qadesh, l’etica professionale dei guerrieri montati su carri (pensiamo a Mozi o al Bhagavadgita), il principio di “humanitas” (“ren”仁), che traspare dalla “Regula Aurea”, l’indistinguibilità fra etica e diritto, spezzato dal positivismo giuridico delle poleis (cfr. Antigone)…
Anche avvicinandoci nel tempo, i poemi omerici e Gilgamesh, il Mahabharata e il Ramayana sono collocati in una stessa atmosfera etica e letteraria, caratterizzata dall’interazione fra gli uomini e gli dei, dal culto dell’eroe, dal senso del destino, che incombe sugli eroi e sugli stessi dei: un’atmosfera che ha permeato tutte le letterature successive (pensiamo all’Ifigenia di Goethe, ai Sepolcri, a Carlyle, ad Anouilh, alla Cassandra di Christa Wolf, all’ “Eschile, l’éternel perdant” di Kadaré).
Infine, i pensatori che hanno gettato le basi del pensiero mondiale, da Mosè a Jina, da Laotse a Confucio, da Zhuangzi a Mozi, da Eraclito a Parmenide, da Socrate a Platone, da Budda ad Aristotele, da Epicuro a Lucrezio, da San Paolo a Sant’Agostino, hanno affrontano tutti, seppure con diversi metodi e linguaggi, le stesse questioni, a partire dall’ indeterminatezza della realtà (Rgveda, Protagora, Socrate, Confucio).
Soprattutto il Cristianesimo testimonia l’eredità dei popoli primitivi e medio-orientali (cfr. Rees,Cristianesimo e antiche radici) a cominciare dal tema del Giardino Terrestre (il “Gan Eden” con un chiaro riferimento all’area sud-arabica); per passare al Diluvio Universale, così simile a ciò che si è detto e fantasticato su Atlantide, la Lemuria, Doggerland e Kumari Kandam; per poi venire al Figlio di Dio, alla Resurrezione, alla Trinità, agli Angeli, Arcangeli, Troni e Dominazioni, al Salvatore, all’Aldilà, all’ Apocalisse, all’ascetismo e al monachesimo. I Re Magi che adorano il Bambino non compiono lo stesso rito dei Lama che ancor ora selezionano il Piccolo Budda in giro per il Tibet? E il ricordo di Cristo e i suoi apostoli non è ancora vivissimo nei monasteri del Kashmir e nelle grotte di Chennai?
Solo negli ultimi mille anni il pensiero “occidentale”, con Averroè eal-Ghazzali, Hume e Hegel, Marx e Nietzsche, Freud e Jung, Wittgenstein e Heisenberg, De Finetti e Feyerabend, è sembrato allontanarsi dalle basi lato sensu umanistiche dell’Epoca Assiale, per tingersi spesso con il colori del “sospetto”. Sospetto talvolta del tutto giustificato, ma che più spesso rimanda alla “nostalgia” per quelle radici comuni (greche o cristiane, buddiste o zoroastriane).Contemporaneamente emergeva, con la Qabbalà e Newton, St-Simon e Marx, Rostow e Kurzweil, una visione teo-tecnocratica che pretende di cancellare le antiche culture in nome di una pretesa “obiettività” fondata sulla tecnica, vera “sostanza” del mondo e pensiero di Dio : visione che è oggi dominante nella Teoria dello Sviluppo e nella Singularity Tecnologica.


  1. Nostalgia dell’ avvenire
    Come scrive Greco, “Divenire consapevoli della relatività della visione contemporanea può rappresentare un primo passo per avvicinarsi al passato con la stessa cura e la stessa attenzione che un giorno speriamo venga dedicata alle nostre azioni e ai nostri pensieri..” Ma per noi è ancora di più. E’ lo strumento principe per bloccare la deriva della Modernità verso un mondo senza umanità dominato dagli algoritmi, in cui non vi sarebbe futuro per l’eredità dell’ Epoca Assiale.
    La contemplazione del passato non costituisce quindi una motivazione per l’immobilismo. I popoli più antichi già anticipavano aspetti della postmodernità, se non della futurologia, anche se li inserivano in una visione più vasta dell’ Uomo. Gli antichi libri sacri e i muri dei templi sono pieni di descrizioni di macchine volanti e di tute spaziali; i protagonisti degli affreschi egizi e cretesi sono multiculturali; l’idea dell’ibernazione quale premessa per la resurrezione è tipicamente egizia; ma neppure la fluidità di genere era certo sconosciuta, anche se con risvolti che certo non sono più ben accetti alla Cancel Culture…
    L’ethos dei popoli antichi può costituire anche un modello per quelli odierni, anzi, può aiutare a costruire una forza che eviti quella dissoluzione della società che spiana la strada al governo delle macchine intelligenti. La cultura che tutti abbiamo assorbito è l’erede diretta dell’educazione aristocratica, la “paideia” dei Greci, che accomunava, come concetto, i guerrieri spartani e le fanciulle dei “thiasoi”:il “gymnazein kai philosophein”, così come lo Yoga e il Bushido, sono la base della formazione “integrale” del cittadino “optimo jure”, che accoppia cultura fisica e pensiero critico. Non per nulla, “cultura” si diceva, in Greco Antico, “Paideia”, e si dice, in Neoellenico, “Politismòs”. Per questo, è importante la “storia della memoria” (“mnemostoria” di cui parla Dubini), a cui i coniugi Ian e Aleida Assmann hanno dedicato tutta la loro vita scientifica. Abbiamo appena assistito alle Fonderie Teatrali Limone di Moncalieri a una splendida rappresentazione di “Tragùdia”, un’opera in Grecanico calabrese che rivisita in modo innovativo le tragedie classiche del ciclo tebano, dimostrandone la perenne attualità.
    Ciò che vale per le culture antiche vale anche per le società contemporanee non occidentali. Secondo Lévi-Strauss, la filologia classica costituisce la forma primaria dell’antropologia. E’ noto come i Gesuiti, edificando su una base culturale classica e cristiana, siano divenuti i massimi esperti di Cina, traendone insegnamenti anche per l’Occidente, e diffondendoli in Europa con le loro “Lettres Amusantes et Curieuses”, a cui si abbeverarono gl’Illuministi, e grazie alle quali furono introdotti in Europa concetti fondamentali come quelli dello Stato minimo e dei concorsi pubblici per i funzionari. Ancora questa setytimana il Presidente Mattarella, citando indirettamente l’omonima opera in Cinese di Matteo Ricci, basata sul “De Amicitia” di Cicerone, ha citato l’amicizia quale chiave di volta di un mondo poliedrico, di cui evidentemente Cina e Italia dovrebbero essere protagoniste.
    Quanto valeva nei secoli XVII e XVIII dovrebbe valere a maggior ragione anche oggi. Lo studio comparato delle culture dovrebbe costituire un freno ai fanatismi, permettendo anche di capire come certe caratteristiche che noi attribuiamo erroneamente e polemicamente agli altri Continenti siano soprattutto un effetto indotto dell’incontro con l’Occidente, come il “socialismo con caratteristiche cinesi” (derivato in parte dal marxismo europeo), il “nazionalismo” russo (discendente dal romanticismo tedesco), il puritanesimo islamico (imitazione di quello anglosassone), il culto esclusivistico del dio/eroe/signore Rama (frutto della “rivalità mimetica” con la jiahad islamica e con la figura di Maometto), e la “nazione palestinese” dall’incontro-scontro degli Arabi con il “Popolo d’Israele”. Ma, soprattutto, la centralizzazione indotta dalla società della comunicazione di massa, e, in particolare, dalla transizione digitale, che, dell’era delle comunicazioni, costituisce il culmine – un fenomeno che parte dalla Presidenza Imperiale americana, dal Complesso Informatico-militare e dalla Società dell’ 1%, ma si è esteso al resto del mondo, dove però viene stigmatizzato come “autocrazia”-.
    In conclusione, lo studio del passato può e deve essere la fonte per la costruzione del futuro, così come la ricostruzione del Regno di Salomone era l’obiettivo del messianesimo, o gli “aurea saecula” il modello per il “principatus” augusteo, o “le urne dei forti” la scaturigine di una nuova generazione eroica di Italiani.


3.Favorire la poliedricità dei musei
L’ignoranza, da parte degli Europei, delle culture degli altri Continenti e delle periferie dell’Europa è abissale, ma grave è anche la censura selettiva della nostra stessa storia. Il compito di chi volesse veramente colmare questo abisso non sarebbe certo facile, richiedendosi il concorso di cultura, Chiese, Europa, Stati, tecnologie ed Istituzioni.
Cominciamo, per esempio, dalla parallela ignoranza delle civiltà precolombiane e di quella danubiana. Continuiamo con la Persia e in generale le radici dell’identità europea. Arriviamo infine alle cristianità orientali (malabarica, etiope, monofisita, ariana, nestoriana) e ai popoli dell’ Est Europa (Uralo-Altaici, Unni, Avari, Slavi, Bulgari, Caucasici, Ottomani, Karaiti, Askhenzaziti, Sefarditi). Per concludere poi con i primi secoli della storia americana (dalla Leggenda Nera a quella bianca, dalle colonizzazioni spagnola, olandese, francese e russa, alla tratta atlantica, al “Trail of Tears”, al Trattato di Guadalupe Hidalgo ;cfr.Aleksandar Hemon su “La Stampa”), alla classificazione razziale degl’Italiani (Lombroso,Sergi ), all’Eccezionalismo Americano e i progetti di integrazione europea (Dubois, Podiebrad, Sully, St-Pierre, Santa Alleanza, Trockij, Coudenhove Kalergi, Fulbright, Galimberti, von Ribbentrop…).
Tutto ciò potrebbe, e dovrebbe, fare oggetto di un’intensa attività culturale, e, in particolare, museale, incurante delle contrapposte egemonie culturali.
Una perspicua esemplificazione di quest’impellente esigenza è costituita proprio dal Museo dell’ Europa, di cui da tempo molti lamentano la mancanza, ma del quale si è riusciti, dopo molti sforzi, soltanto a realizzare una forma quanto mai incompleta, la Casa della Storia Europea di Bruxelles, sotto l’egida del Parlamento Europeo.
Orbene, questo museo non risponde purtroppo minimamente alle esigenze di conoscenza evocate dal paragrafo precedente, e, in primo luogo, quella di dare spazio al cosiddetto “patrimonio dissonante”di cui parla Dubini:”l’insieme delle vestigia del passato attorno alle quali diversi gruppi presentano narrazioni fortemente discordanti e spesso in conflitto”. Ricordiamo, come parte del “Patrimonio Dissonante”: le varie nozioni di genealogia dei popoli; la patria originaria degli Indo-europei; le influenze afro-asiatiche;il millenarismo; il Barbaricum; l’Ancien Régime; la Leggenda Bianca e la Leggenda Nera; il colonialismo; i grandi imperi; la nascita delle “nazioni”;l’America; il post-umanesimo; i totalitarismi..
Al contrario, si pretende d’imporre una cosiddetta “Memoria Condivisa”,cioè una serie di luoghi comuni cementati dalla propaganda, in cui i Greci sono i “Buoni” e i Persiani i “Cattivi”; gli Unni sono “Barbari”; i Comuni sono “Borghesi”; gli Anglosassoni costituiscono “un’Avanguardia”; l’Europa Orientale e l’Asia sono “arretrate”, e così via…
La Casa della Storia Europea, confondendo Europa con Unione Europea, parte assurdamente solo dalla Rivoluzione Francese, come se non facessero parte della storia europea Goebekli Tepe e la Bibbia, le Piramidi e le Zigurrat, , il mondo greco-romano, l’Euro-Islam, le “Tre Rome”, i Progetti d’integrazione europea (Dubois, Podiebrad, Sully, St-Pierre,la Santa Alleanza, Coudenhove Kalergi, Spinelli, Galimberti, Gorbaciov… ). Quel museo costituisce dunque la plastica rappresentazione dell’incapacità degli Europei di rappresentare la propria identità, per una serie di vizi intrinseci dell’Europa attuale: insufficienza della capacità cognitive e creative della classe dirigente; diktat ideologici; gretti particolarismi…
Con quel tentativo, di per sé meritorio, si è almeno evidenziata ed esemplificata un’ enorme lacuna nel panorama museale europeo, che va comunque colmata con un’azione congiunta dell’intelligentija, della politica, dell’ Unione, delle Istituzioni, degli specialisti, delle scuole, dei musei…Senza un’azione siffatta, è impossibile quel rilancio dell’Europeismo che da molti viene invocato, ma per lo più abbinato a concetti, come quello di “Memoria Condivisa”, che ne inficiano l’efficacia, provocando un senso di inautenticità e così tarpando le ali al necessario entusiasmo.
La decisione del Sindaco di Torino Lorusso di candidare Torino a Capitale Europea 2033 riapre una discussione da noi avviata da ben 14 anni, prendendo spunto dall’allora proposta candidatura della città per il 2019, a cui avevamo dedicato ben 2 libri.Allora come ora, la nostra proposta era quella che la candidatura non dovesse esaurirsi nella promozione puntuale di un grande evento, bensì costituire un momento determinante di trasformazione del tessuto culturale e sociale del nostro Territorio. In concreto, suggerivamo di compiere una intesi ragionata delle più vitali tradizioni della Città: editoria impegnata, alta tecnologia ed Europa.
Tutto ciò si era tradotto in 200 progetti di 50 associazioni riunite nel Comitato della Società Civile per Torino Capitale,e con il sito Torino 2019, che hanno fatto oggetto di un’apposita opera editoriale e di una serie di manifestazioni di accompagnamento presso il Comune. Purtroppo, come noto, il Sindaco aveva deciso allora di non candidare la Città. Tuttavia, l’esperienza acquisita rimane, e può essere utilizzata per la prossima candidatura.
Il Museo dell’ Europa (o almeno una mostra a questo proposito) può costituire un elemento centrale del progetto di candidatura, partendo fin da subito con un percorso di avvicinamento. Se il progetto sarà dedicato all’ Europa nel suo complesso, e non solo all’ Unione Europea, esso potrà essere ben accolto anche nel clima di critica dell’ Unione che si sta diffondendo.
Senza ovviamente addentrarci qui nei contenuti precisi del progetto, siamo per altro in grado di suggerire almeno i grandi filoni conduttori, che potrebbero tradursi in eventuali sezioni (e/o esposizioni). Essa potrebbe collocarsi in palazzi storici aventi una forte connotazione evocativa, accanto al Museo Egizio e quello del Risorgimento, oppure accanto al Museo di Arte Orientale, che testimoniano le tradizioni culturali europee e internazionali di Torino.

4.Un’ipotesi di Museo
Pur con la necessaria provvisorietà e indeterminatezza, ci sentiamo di delineare qui le linee essenziali di un possibile museo dell’ Europa, che potrebbero divenire le sezioni di un museo, e/o oggetto di mostre specifiche durante l’anno di Capitale Europea della Cultura:
-le meraviglie d’Europa (dall’ Artico all’ Asia Centrale, i fiordi e il Mediterraneo, le Alpi e le isole);
-le origini degli Europei(“Out of Africa”, Neanderthal, neolitico, cacciatori- raccoglitori, agricoltori, il cavallo, il Medio Oriente);
-l’Europa nelle scienze umane (geologia, etnografia, linguistica, genetica, teologia, geografia, storia, antropologia, dottrine politiche, scienze strategiche, arte, filosofia, letteratura, architettura,economia, diritto, sociologia, tecnologia);
-la “Memoria Culturale” (da Gilgamesh alla Bibbia; da Omero a Orazio; dal Nuovo Testamento al Corano; dalle Crociate ai Progetti d’integrazione; dall’Umanesimo alla Modernità)

-il predecessori (Mesopotamia, Egitto, Anatolia;il mondo greco-romano; Israele; il Barbaricum; il Cristianesimo;l’Euroislam; Bisanzio; i Progetti di Crociata;le grandi esplorazioni (europee ed afroasiatiche);
-le tracce delle civiltà (da Cnosso a Stonehenge, da Micene a Delfi, dal Partenone a Pompei, da Santa Sofia a Granada, da Venezia a San Pietroburgo, da Versailles alla nuova Berlino);
-i progetti d’ integrazione europea (Saint-Pierre;Saint-Simon; Santa Alleanza; Paneuropa; Ventotene, Galimberti, Fulbright, Schuman);
-la “Dekadenz”(Nietzsche, Dostojevskij, Spengler, Guénon, Huxley) e la “Distruzione dell’ Europa” (Benda, Lukàcs, Hillgruber);
-il mondo di Yalta (Est e Ovest;Guerra Fredda e Coesistenza Pacifica) e la caduta del Muro (il Dissenso; Gorbachev);
-l’Unione Europea (dal Federalismo all’ Unione; vittorie e sconfitte; Brexit);
-la Guerra senza Limiti (alla ricerca di un Nuovo Ordine Mondiale; la Società delle Macchine Intelligenti);
-il “patrimonio dissonante” (progressismo e perennialismo; Oriente e Occidente; Nord e Sud; Nazioni e Stati-Civiltà).

TORINO CAPITALE EUROPEA

DELLA CULTURA NEL 2033?

Giovedì 16, il Sindaco di Torino, Lo Russo, ha annunziato che la Città intende porre la propria candidatura a Capitale Europea della Cultura  2033.

Siamo sempre più meravigliati di come temi che noi ponevamo fin dagli Anni 60 siano oramai divenuti, seppure con enorme ritardo, realtà effettiva, e, in particolare, di come quelli che sono stati all’origine, 20 anni fa, dell’ impegno dell’ Associazione Diàlexis, come la politica tecnologica dell’ Europa e Torino Capitale Europea della Cultura, siano solo oggi giunti al centro dell’ interesse delle Istituzioni.

Non vogliamo rivendicare una sorta di “primogenitura”su questi temi, bensì mettere solo in evidenza che, nonostante sia più redditizio attenersi strettamente al “mainstream”, è anche rischioso ignorare le visioni di lungo termine (il deprecato “longtermism”), perché esse finiscono prima o poi per avverarsi.

1.Il Comitato per Torino Capitale Europea della Cultura 2019

Nel caso di Torino, si era fatto tanto parlare nel 2012 di Torino Capitale Europea della Cultura per il 2019, ma poi, all’ ultimo momento, il Sindaco Fassino aveva deciso di non presentare nemmeno la candidatura. Ora l’attuale sindaco, Lo Russo, vuole candidare la città per il 2033, prossima data in cui questo compito spetterà nuovamente all’ Italia. L’idea è senz’altro eccellente, e non per nulla l’Associazione Diàlexis si era data tanto da fare  a partire dal 2012 per sostenere la candidatura, innanzitutto creando un comitato a sostegno della stessa, il quale aveva organizzato una serie d’iniziative di accompagnamento, e, poi, pubblicando due instant-book programmatici (“Torino, Capitale Europea della Cultura?”, e  “Torino Snodo della Cultura Europea”). Eravamo, e ancora siamoconvinti , infatti, che l’intera Europa e Torino in particolare abbiano una vera e propria urgenza di una “transizione culturale”, che dovrà affiancarsi alle transizioni digitale ed ecologica: ché, altrimenti, queste due sono condannate a degenerare nella direzione di una dittatura tecnocratica post-umanistica.

Le Capitali Europee della Cultura sono una delle pochissime azioni europee di carattere culturale, sì che sarebbe auspicabile che il loro successo costituisse uno stimolo ad allargare di molto lo sforzo europeo per la transizione culturale.

In particolare Torino, orfana, da un lato, dell’ingombrante presenza del Gruppo FIAT, e, dall’ altro, del mondo culturale azionista e comunista, che bene o male presidiava l’industria culturale cittadina, ha un drammatico bisogno, da un lato, di ingenti attività economiche alternative, e, dall’ altro, di una nuova classe dirigente idonea ad affrontare le sfide della Società delle Macchine Intelligenti.

L’intera attività della nostra Associazione negli ultimi 17 anni è stata rivolta a porre le basi teoriche per una siffatta classe dirigente.

Crediamo che molti temi nati  nel 2010 dal Comitato della Società Civile per Torino Capitale Europea della Cultura possano essere ripresi oggi.  Quello principale era che, perché valga la pena, per una città, di essere “Capitale Europea della Cultura”, bisogna volere esserlo davvero, e non solo durante il fatidico anno in cui si detiene il titolo.Come ha scritto su “La Stampa” Lorenzo Fazio, “L’obiettivo dovrebbe essere fare di Torino la Capitale europea della cultura non solo per un anno, ma per sempre”.

2.Capitale europea della Cultura e  Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale

In pratica, la Città dovrebbe cercare riunire in sé le comnpetenze e la volontà politica pewr dare risposta, sul piano teorico come su quello pratico, alla principale sfida della società contemporanea:la convivenza, da un lato, fra uomini e macchine intelligenti, e, dall’ altro, fra le varie identità umane, universale e continentali, religiose e regionali, ideologiche e nazionali, locali, cittadine e individuali.

A titolo di esempio, ricordiamo che il Governo ha appena approvato lo Statuto dell’Istituto Italiano per la Proprietà Intellettuale con sede a Torino. Questa realtà, lungi dal rappresentare solo un patrimonio tecnologico della Città, potrebbe, e dovrebbe, costituire un fondamentale elemento di cultura, appunto un aiuto per affrontare il problema numero uno del XXI° Secolo: il mantenimento della centralità dell’ Umano pur in un mondo popolato dalle macchine intelligenti, o addirittura “spirituali”. L’”Intelligenza Artificiale” è cultura in tutti i sensi del termine, almeno quanto l’intelligenza umana.

Per fare ciò, s’ impone una vigorosa azione lungo quattro direttive:

-lo studio e il dibattito culturale;

-il recupero delle basi esistenziali e pedagogiche delle civiltà dell’ Epoca Assiale;

-un processo intensivo di “upskilling” digitale dell’ intera società;

-il sostegno alla nascita nel territorio di imprese innovative del settore digitale;

una vera rivoluzione della struttura economica, demografica e sociale.

Affinché la candidatura a Capitale Europea della Cultura  2033 possa rappresentare un contributo non effimero, una parte, non secondaria,  del dossier di candidatura dovrebbe essere dedicata a questi temi, come indicato già nei nostri libri pubblicati nel 2010, non tanto in senso teorico, quanto declinandoli sotto forma di eventi, arte digitale, convegni, musei, produzioni editoriali e cinematografiche. Nel fare ciò, anche l’Istituendo Istituto potrebbe, e dovrebbe, fare la sua parte.

L’Associazione Diàlexis, fedele alla sua missione istitutiva, intendeva sensibilizzare al contempo le Istituzioni e i membri dell’allora Comitato della Società Civile per Torino Capitale Europea della Cultura, con l’obiettivo d’ integrare la società civile  nelle attività di accompagnamento della candidatura. Avevamo organizzato per questo una serie di manifestazioni al Comune, alla Fondazione Agnelli, al Circolo dei Lettori e nella sede di Alpina Srl.

Ora, come primo passo, stiamo rieditando il libro “Torino, Capitale Europea della Cultura?”, che, a nostro avviso, può ancora, anche dopo 12 anni, costituire un utile strumento di orientamento delle politiche locali in materia, e che comunque è già acquistabile come e.book presso StreetLib(https://store.streetlib.com/politica-e-societa/intorno-alle-alpi-occidentali-autour-des-alpes-occidentales-identita-di-un-euroregione-identite-dune-euroregion-30081/), e, inoltre, come e.book e in formato cartaceo, il libro, collegato al primo, “Torino, snodo della cultura europea”.

Cercheremo d’interagire con la società civile e con le istituzioni come già fatto in occasione della mancata candidatura del 2012.

4.Il favore del Ministro Sangiuliano

Pare che il motivo per cui  il Sindaco Fassino aveva rinunziato allora alla candidatura, che pure si stava preparando, fosse stato un informale parere negativo da parte dell’allora Ministro della Cultura Bray, che avrebbe espresso la propria preferenza per Matera. Premesso che, dal punto di vista giuridico, il Ministero nazionale della Cultura non è l’unico soggetto decisivo nella scelta della città Capitale Europea della Cultura, da effettuarsi anche e soprattutto da parte di una commissione indipendente nominata dall’ Unione Europea, bene ha fatto il Sindaco Lo Russo a chiedere pubblicamente un parere preventivo del Ministro della Cultura, Sangiuliano, il quale ha risposto prontamente e pubblicamente, manifestando il suo (per quanto generico) apprezzamento:”Torino è una naturale capitale della cultura, una città densa di storia e tradizioni che negli ultimi anni ha subito importanti trasformazioni.La sua aspirazione a essere Capitale Europea della Cultura è fondata, come quella di altre città italiane.”

Ciò fatto, s’impone un’azione urgente. Come ha dichiarato a “La Stampa” l’assessora alla Cultura del Comune di Torino, Rosanna Purchia, “o partiamo nel 2024 oppure perdiamo il treno, è un lavoro che si costruisce con il tempo, senza che nessuno ti garantisca la vittoria fino all’ ultimo momento. Matera ci ha lavorato per 9 anni, altre città come Barcellona addirittura 10.”

Nonostante l’incertezza del risultato, proprio la complessità del processo di preparazione di una candidatura fa sì ch’esso abbia un valore di per se stesso, in quanto costringe Istituzioni e società civile a confrontarsi lungamente e approfonditamente sul futuro della città. Non sarebbe  in nessun caso un lavoro buttato , anzi, si concreta esso stesso in manifestazioni dotate di un loro peso specifico, in quanto “danno il tono” alla vita culturale, politica e sociale della città candidata, finalizzando tutti gli sforzi in tutti i campi appunto alla candidatura. E’ quanto sostenuto nel nostro libro “Torino, Snodo della cultura europea”, dove venivano censiti una sessantina di progetti per la Capitale Europea della Cultura, che i membri del Comitato erano pronti a realizzare, in consorzio fra di loro o con terzi, o insieme all’ apposita struttura creata dal Comune. Tali progetti, che comunicheremo al più presto al Comune,attualizzati per il 2033.

I punti focali sono:

-affinare la ricerca dell’identità del nostro territorio dopo la fine della società industriale e l’avvio di quella digitale, riscoprendo anche aspetti fino ad oggi trascurati, come la regione transfrontaliera delle Alpi Occidentali(cfr. nostro libro “Intorno alle Alpi Occidentali/Autour des Alpes Occidentales”), l’identità storica piemontese; le tradizioni feudali e sabaude; le culture non conformistiche, anche straniere, come Nietzsche e Michels;  l’esperienza olistica olivettiana; la progettualità politica del territorio (cfr. nostro libro “I progetti europei nella Resistenza”),il turismo montano non sciistico;

-concentrarsi sulla cultura delle nuove tecnologie ( Intelligenza Artificiale, proprietà intellettuale, spazio,  cyberguerra, cyber-intelligence; ma anche bioingegneria, algoretica, arte digitale, diritto dell’ informatica…), che oggi costituiscono la maggioranza delle questioni culturali, politiche, sociali ed etiche  ed etiche più urgenti (cfr. i nostri libri:Habeas Corpus Digitale,Corpus Iuris Technologici,

Re-Starting EU economy via technology-intensive Industries,European Technology Agency,L’Istituto Italiano dell’intelligenzaArtificiale di Torino;L’Europa e l’Agenda Digitale, tutti acquistabili nella forma di e.book tramite StreetLib.

Capiamo che, come emerge dalla lettura della stampa, questa candidatura, come un po’ tutte le candidature per la Capitale Europea della Cultura, sarà per gran parte un portato delle Istituzioni e delle grandi organizzazioni della Società Civile, fornite di un’adeguata superficie finanziaria e organizzativa. Tuttavia, in questo momento di profonda transizione nell’organizzazione delle politiche culturali, non credo si possa impedire a tutta una galassia di soggetti, “mainstream”o no, istituzionali o no,  di fornire adeguatamente consorziati, il proprio apporto su temi specifici. Capiamo anche che, in un processo così lungo, la generazione che potrebbe realizzare l’impresa sarà diversa da quella che si era adoperata con noi per Torino capitale 2019. Occorre comunque passare il testimone, affinché la Torino dei nostri figli non sia ancor più decadente e disorientata di quella odierna..

Per questo, puntiamo a ricostituire il Comitato della Società Civile per Torino Capitale Culturale Europea.

Al lavoro, dunque!