Quest’anno, in occasione del 50° anniversario dei moti studenteschi del ’68, numerose sono state, e ancora saranno,le celebrazioni di quel periodo, che, coerentemente con il conformismo che caratterizza l’attuale discorso pubblico, hanno in comune il difetto fondamentale dell’ uniformità, dell’edulcorazione e del provincialismo.
In quanto spettatore qualificato di quell’epoca, ritengo utile e doveroso fornire un mio contributo, storico e politico, per quanto possibile obiettivo, per chiarire la complessità del periodo e il suo impatto sulla nostra vita di oggi.
1.Poliedricità dei movimenti studenteschi
Quanto all’ uniformità ideologica, i media “mainstream” danno ora per scontato che il movimento studentesco sia stato unitario e maggioritario, blandamente marxista ma soprattutto “nuovista” e antiautoritario, anticipatore, quindi, della “Religione dei Diritti Umani” propria dell’attuale generico progressismo occidentale. Visto che la storia la scrivono i vincitori, secondo la logica della “memoria condivisa”, anche quel periodo (come tutti gli altri) dev’ essere obbligatoriamente letto secondo i canoni del conformismo ufficiale, in modo, cioè, tale da giustificare l'”iter” politico deil’ attuale classe dirigente, composta per una quota non irrilevante di “ex-giovani” che, durante il 1968, avevano ricoperto (anche con funzioni apicali) ruoli di contestazione violenta, che oggi non si ritiene più utile rivangare. Basti per tutti il caso del Primo Ministro Gentiloni, oggi considerato (e giustamente) come l’archetipo di un “gran signore” intrinsecamente centrista, ma, nella sua giovinezza, agguerrito rivoluzionario dell’ entourage di Mario Capanna. Tuttavia, egli non è certo il solo, perché anche Rutelli, Mieli, Lerner e Mentana (oppure, fuori d’ Italia, Barroso, Joschka Fischer e Daniel Cohn-Bendit) avevano seguito lo stesso percorso. Perfino all’ estrema destra, l’ex sindaco di Roma Alemanno da giovane era stato arrestato per aver organizzato una manifestazione anti-americana.
Dunque, i Sessantottini era ben lontani dal buonismo genericamente modernista che emerge dalle attuali rievocazioni; anzi, in gran parte, essi erano animati da una veemente pretesa rivoluzionaria di marca marxista di sinistra, comprensiva di una non indifferente dose di ostilità per il PCI (che li ricambiava cordialmente). Inoltre, il Movimento Studentesco era tutt’altro che monolitico al suo interno, con nette divisioni fra maoisti, operaisti, gruppuscoli, movimentisti, ecc..
Intorno al Movimento Studentesco si muovevano, poi, altre forze, certo non così importanti, ma che hanno contribuito anch’esse notevolmente al successivo sviluppo della cultura e della politica italiane (per esempio con riviste come “I Quaderni Piacentini”). Intanto, quegli ambienti di sinistra che, pur rifuggendo dagli eccessi rivoluzionari del Movimento Studentesco, non se la sentivano di dichiararsi ad esso completamente estranei. Come per esempio molti intellettuali vicini al PSI (allora molto influente).Poi, tre relativamente importanti movimenti di destra: il FUAN-Caravella di Roma, fra i gruppi fondatori dell’ omonimo movimento giovanile del MSI, il “Movimento Studentesco Europeo”, emanazione studentesca della nazional-comunista Giovane Europa, e la “Primula Universitaria”, prolungamento studentesco dei pacciardiani di “Nuova Repubblica”, secessionisti dal Partito Repubblicano. Anch’essi, oltre che avere partecipato, come tutti sanno, alla “Battaglia di Valle Giulia” e all’ occupazione della Facoltà di Giurisprudenza, esprimevano pretenziose riviste culturali, come “l’Orologio”, ed occupavano spesso e volentieri delle università, come appunto la Facoltà di Giurisprudenza di Roma e le Università di Reggio Calabria e di Messina,
Un peso notevole nel mondo giovanile esercitavano le varie forme assunte dal cattolicesimo dissidente post-conciliare (la Scuola di Barbiana, l’ Isolotto, “Testimonianze”…), nonché la nascente Comunione e Liberazione e, su posizioni nettamente antagonistiche, le organizzazioni giovanili dell’ MSI, FUAN e Giovane Italia.
“Last but not least”, la maggioranza degli studenti si riconosceva, non già nel Movimento Studentesco, nelle giovanili dei Partiti o in altri movimenti altamente politicizzati, bensì in movimenti spontanei di carattere locale, come soprattutto la Confederazione Studentesca, presente in forze a Torino, Milano, Pavia, in Emilia, a Firenze, Pisa, Roma e Napoli. Ad esempio, la Commissione di Coordinamento, organizzazione torinese della Confederazione Studentesca, aveva vinto proprio nel Maggio 68 le elezioni per il Pre-Consiglio della Facoltà di Giurisprudenza, e organizzato, con un’inattesa affluenza di circa 2000 giovani, la commemorazione dello studente ceco Jan Palach, bruciatosi per protestare contro l’ occupazione sovietica.
2.Lo scenario internazionale
Soprattutto, manca, come sempre, in queste rievocazioni, un respiro europeo e internazionale.
Purtroppo, invece, il ’68 non può essere compreso senza considerare almeno anche lo stato di sviluppo del confronto geopolitico mondiale, l’azione di potenti lobbies internazionali e i paralleli movimenti sviluppatisi in tutti i Paesi del mondo.
Dal punto di vista geopolitico, il ’68 va situato nel contesto della “Coesistenza Pacifica” fra USA e URSS, succeduta alla costruzione del Muro di Berlino e alla crisi dei missili cubani. Ad eccezione di scacchieri allora periferici, come Cuba e Vietnam, lo sforzo prioritario di ambedue i contendenti era diretto al consolidamento delle conquiste realizzate nella IIa Guerra Mondiale, allo sviluppo economico e tecnologico interno e, solo secondariamente,alla destabilizzazione sotterranea dell’ altro blocco. Questa competizione lasciava un certo spazio di manovra ai movimenti terzaforzisti dell’ Asia, dell’ Africa e dell’ America Latina (Cina, Sud-Est Asiatico, India, Medio Oriente, Sudamerica). Tutto ciò favoriva, proprio come elementi di de-stabilizzazione dell’ avversario, anche i movimenti radicali “spontanei” (per la pace, contro la Guerra nel Vietnam, le rivolte di Berkeley, Belino, Tokyo), anche, seppure con caratteristiche diverse, in vari Paesi socialisti (le Guardie Rosse, la Primavera di Praga, i primi spunti del sindacalismo autonomo polacco).E, soprattutto, la Rivoluzione Culturale Cinese.
Quanto alle lobbies che agivano sotterraneamente, oltre alle ovviamente onnipresenti CIA e KGB, è il caso di ricordare le reti trockiste, il movimentismo cubano (il “Campamento Cinco de Mayo”, in cui si preparavano i quadri rivoluzionari di mezzo mondo) e i governi arabi rivoluzionari.
3.Il ’68 nel mondo
Il 68 nel mondo è anche e soprattutto una conseguenza della vittoria della Rivoluzione Cubana e della guerra del Vietnam. Un’ala del movimento comunista cubano vittorioso, quella di Che Guevara, dopo la fallita invasione della Baia dei Porci e la crisi dei missili sovietici, decide di proseguire la lotta esportando la rivoluzione fuori da Cuba. Che Guevara sarà ucciso in Bolivia nel 1967 nel tentativo di organizzare una sollevazione in quel Paese.
Intanto, veniva ucciso anche il Presidente Kennedy, e il Presidente Johnson intensificava l’escalation in Vietnam, cosa che portava a una vera e propria rivolta dei giovani americani richiamati per il fronte. Su quest’insoddisfazione faceva leva il Movimento per la Libertà di Parola dell’ Università californiana di Berkeley, capeggiato dall’italo-americano Savio.
Al movimento di Berkeley si ispirano quasi pedissequamente i movimenti studenteschi di Berlino e di Tokyo. I “Quaderni Piacentini” contengono dotte illustrazioni del modello di Berkeley, Belino e Tokyo. I movimenti europei copieranno questo modello.
Già nella primavera del 1967, un movimento strutturato secondo lo schema di Berkeley, Berlino e Tokyo viene avviato a Pisa. A Torino, nel settembre 1967, parte il movimento di protesta contro il nuovo campus de “La Mandria”, che sfocerà nell’ occupazione di Palazzo Campana.
Contemporaneamente, in Cina si sviluppa il più appariscente fra i movimenti studenteschi: quello delle Guardie Rosse. Senz’altro, una “rivoluzione dall’ alto”. Infatti, il movimento non avrebbe potuto svilupparsi, dopo i primi tentativi, data la forza dei suoi stessi senza l’appoggio del Presidente Mao, data la forza dei suoi avversari, presenti anche fra gli studenti, sotto la forma dei cosiddetti “Gruppi di Lavoro”. Le Guardie Rosse, grazie anche all’ appoggio del vertice del Partito, portarono alle estreme conseguenze il carattere intrinsecamente violento dei movimenti studenteschi dell’ epoca, sviluppando una prassi di vandalismo generalizzato contro le vestigia della millenaria civiltà cinese, di linciaggi e pubblici processi contro intellettuali, funzionari e dirigenti del Partito. Alla fine, fu lo stesso Presidente Mao a dissolvere il movimento, inviando gli studenti a rieducarsi nelle zone rurali del Paese. Tuttavia, ricalcando il triplice modello -cubano, cinese e occidentale-, il movimento continuerà ad espandersi in tutto il mondo per un intero decennio.
Una sorte simile alle Guardie Rossi toccò al movimento studentesco polacco, stroncato dalla contemporanea ascesa al vertice del potere comunista della corrente detta “dei Partigiani”, capeggiata dal Generale Moczar, i quali avevano per motto “Studenci do nauki”(“gli studenti a scuola”), e a quello argentino, che finirà con la lotta armata dei Montoneros e con i Desaparecidos assassinati sotto la dittatura di Videla.
Sono quelli anche gli anni in cui Sol’zhenitsyn completa “Arcipelago Gulag” nonostante il boicottaggio del KGB.
5.Il movimento studentesco e l’ Europa
Un altro Paese in cui il Movimento ebbe un notevole peso fu la Cecoslovacchia, dove gli studenti parteciparono attivamente alla “Primavera di Praga”, che aspirava ad un “comunismo dal volto umano”, Molti studenti, oltre a Jan Palach, si bruciarono in seguito all’ intervento dei carri armati sovietici.
Il massimo della notorietà lo raggiunse, però, il movimento studentesco francese, non soltanto per il coinvolgimento di larghe masse studentesche, ma anche perché esso corrispondeva alle aspirazioni nascoste delle lobbies filo-occidentali contrarie alle politiche indipendentiste del Generale De Gaulle, che si erano intensificate proprio in quegli anni, con la creazione di una Force de Frappe indipendente e con il ravvicinamento tanto alla Germania quanto alla Russia.
Alcuni avevano sperato che, grazie alla politica autonoma della Francia e alla Primavera di Praga, si sarebbe potuto creare un’area trasversale paneuropea, indipendente dai blocchi, a cui avrebbero potuto aderire anche molti altri Paesi. Tuttavia, con l’invasione della Cecoslovacchia e le dimissioni di De Gaulle, questo progetto si allontanava sempre più nel tempo.
6. L’eredità del Movimento Studentesco
In campo filosofico, l’eredità del Movimento Studentesco consiste nella legittimazione politica di una rilettura non convenzionale, in particolare del “mainstream” marxista, e, più in generale, delle scienze umane . Attraverso questa strada tortuosa, una serie di intellettuali di sinistra, come Gianni Vattimo e Massimo Cacciari, poté “leggere” il Nietzsche di Heidegger come un’interpretazione “progressista” del filosofo tedesco (l’ “oltreuomo” anziché il “superuomo”: la “Nietzsche-Renaissance”), mentre l’intelligenzia di destra recuperava lo spiritualismo orientaleggiante e l’antropologia culturale (la “Rinascita del Mito”).
Dal punto di vista geopolitico, il ’68 ha fornito un modello tuttora insuperato alle politiche di destabilizzazione attraverso movimenti giovanili, che abbiamo visto all’ opera più tardi e fino ad oggi in Est Europa e in Medio Oriente. Dal punto di vista strettamente politico, esso ha portato all’ ordine del giorno temi nuovi tutt’ora oggetto di controversie: l’antiautoritarismo, il femminismo, l’ecologia, il terzomondismo. Dal punto di vista sociale, esso dev’ essere visto anche come il momento di avvio dell’Autunno Caldo, della rivoluzione sessuale, della “società liquida”, del declino economico dell’ Occidente e dell’ avanzata dei Paesi afro-asiatici.
Si discute se il ’68 abbia qualcosa a che fare con il terrorismo. Certamente, sì. La sua predicazione e la sua prassi furono indirizzate essenzialmente verso la preparazione della rivoluzione. Perciò, dovrebbe stupire addirittura il contrario: che, cioè, essa abbia dato luogo a così poca rivoluzione e a così tante riforme (spesso contrarie a quelle predicate dai Sessantottini). Ciò è dovuto, a mio avviso, prevalentemente al suo carattere di “rivoluzione dall’ alto”, che aveva reso questo movimento particolarmente insincero e, di conseguenza, debole, o, come diceva Pasolini, al suo carattere essenzialmente borghese. E, io preciserei, espressione di classe dei “parvenus” piccolo-borghesi.
A mio avviso, la vera eredità del ’68 è costituita dall’ emersione dei Paesi in Via di Sviluppo come protagonisti della storia mondiale, mentre gli Stati Uniti si sono visti per la prima volta negare la legittimità della pretesa di guidare il mondo, l’ Unione Sovietica è stata travolta dalle rivolte di destra e di sinistra, e l’ Europa è rimasta preda di un’interminabile destabilizzazione anarchica e nichilistica.
Paradossalmente, proprio come veniva a suo tempo previsto da molti, seppure in modo piuttosto approssimativo, il vincitore del ’68 resta il Presidente Mao, la cui costruzione politica, pur con profondi cambiamenti di rotta, è l’unica che sia tutt’ora in piena fioritura ed espansione. Paradossalmente, si tratta di un maoismo riletto non già secondo i parametri materialistici ed egualitari delle Guardie Rosse, bensì attraverso quelli della “Storia di Lunga Durata”, della tradizione e dell’identità, che, per la Cina, significano rivendicazione dell’ Impero, del Confucianesimo e dei “Valori Asiatici”.
Nonostante il totale fallimento dell’ Europa di questi ultimi 50 anni, restano anche nel nostro continente alcune conseguenze positive del 68, come la liberazione della Russia dall’ involucro sovietico secondo i desiderata di Sol’zhenitsyn, l’andata al potere in Polonia degli uomini (e delle donne)di Solidarnosc e la piena rivalutazione storica e politica delle rivolte di Praga e Budapest, nonché la ripresa di almeno alcuni temi gaulliani da parte tanto di Macron quanto di Marine Le Pen.
Infine, resta l’idea che, attraverso una gestione adeguata dei movimenti di base, si possano conseguire trasformazioni anche profonde, come quelle di cui l’ Europa avrebbe bisogno ora più che mai.
Grande LALA ! Certo che mi ricordo di te !!!!!!!! Sono Ruggero Rastelli, di Milano, e ho fondato prima Legge Libera, poi la Confederazione Studentesca, al 1° Congresso di Pavia . Bei tempi, ma tragici … Ricorderò sempre l’ origine, alla prima occupazione della Statale di Milano . Erano tutti dentro a sgavazzare e a chiavare, quelli del Movimento Studentesco … Solo Io ero rimasto fuori dal portone di ferro , a picchiara e battere al portone . Perchè IO volevo studiare , Sentiamoci !
Ciao Lala , ci siamo anche noi di Milano … Ricordi il Congresso di Firenze ? E il Messaggio del Presidente Saragat alla Confederazione Studentesca ??