VERSO UN’AUTOCRAZIA COSMICA.Nella confusione del momento, non dimentichiamo il vero pericolo per l’Umanità: la Singularity

Parafrasando il discorso del Vice Presidente americano J.D. Vance alla Conferenza di Monaco sulla Sicurezza, il massimo pericolo viene oggi, non già dalla Russia o dalla Cina (e neanche, come ha detto Vance, dalle retoriche europee), bensì dalla stessa Amministrazione Americana, e, in particolare, da un collega di Vance, il responsabile del dipartimento D.O.G.E., Elon Musk (che, infatti, incomincia ad essere inviso ai propri colleghi, alla magistratura e perfino ai clienti di Tesla), il quale rappresenta, dentro l’ Amministrazione, l’ormai onnipotente lobby dei GAFAM, le società digitali americane, che già ora controllano totalitariamente le nostre società, e che, se lasciate indisturbate, cederanno fra brevissimo il controllo dell’ Umanità alle Macchine Intelligenti da esse create. E’ per questo che, misteriosamente, in Occidente si stanno smantellando tutte le possibili resistenze (alleati, Costituzioni, cultura, pubbliche amministrazioni).
L’evoluzione, in corso, della “presidenza imperiale” americana verso una “democrazia illiberale” (concentrazione di tutti i poteri nel Presidente, violazione delle norme di salvaguardia, applicazione estremistica dello “spoil system”, applicazione pretestuosa del diritto), così pure quella dal tradizionale timore riverenziale per gli USA a uno smaccato servilismo, rientrerebbero in un comprensibile trend mondiale generalizzato, inevitabile nell’ era delle Macchine Intelligenti; invece, l’inedita unione fra il potere presidenziale di Trump e il potere digitale di Musk costituisce un ulteriore salto in avanti, che va ben oltre la Società delle Macchine Intelligenti, per trapassare nel Postumanesimo e nella Singularity Tecnologica.
Addirittura, Trump ha portato ufficialmente al vertice del potere politico occidentale un guru digitale dichiaratamente adepto del “cosmismo”, la forma più integrale di transumanesimo, erede, nonostante le apparenza, della forma più estrema del progressismo, i “Costruttori di Dio” bolscevichi. Per fortuna, parte del movimento MAGA (come per esempio, Rubio e Bannon) aborre Musk quasi fosse l’Anticristo, e Trump ha già fatto parzialmente marcia indietro, togliendo a Musk stesso il principale potere originariamente attribuitogli: quello di licenziare in massa i pubblici funzionari americani, oggetto centrale dell’attività del suo dipartimento. Speriamo che la crisi economica dei GAFAM, che per ora li ha resi solo più aggressivi, e soprattutto della Tesla di Elon Musk, finisca per depotenziare il loro esorbitante potere politico.
Questo pericolo viene effettivamente evidenziato anche nell’ultima newsletter del Movimento Europeo, ma, a nostro avviso, in termini troppo blandi, che finiscono per depotenziare il necessario potere di urto sugli Europei, contribuendo alla continuazione dell’ avanzata dei GAFAM:“Oggi la Resistenza europea ha nuovi nemici: deve difendersi dalle tecno-oligarchie digitali che accumulano ricchezze inaudite appropriandosi dei nostri dati e dagli imperi che vogliono l’Europa divisa per meglio dominarla e controllarla.”
Si continua a pensare, e a scrivere, che i problemi economici rappresentati dal capitalismo della sorveglianza, e quelli politici rappresentati da USA e Russia, siano due cose distinte. A nostro avviso, invece, si tratta di un unico problema: il rischio esistenziale che le Macchine Intelligenti sostenute dalle Grandi Potenze si sostituiscano completamente all’ Umano nel pensiero, nella biologia e nelle decisioni politiche, compresa quelle sulla guerra nucleare.


1.Il cosmismo di Musk
Durante la rivoluzione bolscevica, i cosmisti (Bogdanov, Tsiolkovskij, Vernadskij-i “Costruttori di Dio”, sostenuti da Trockij-), volevano in sostanza far luogo all’attuazione radicale del “Primo Programma Sistemico dell’ Idealismo Tedesco”, realizzando nell’ immanenza le promesse escatologiche delle religioni, a cominciare dalla Conquista del Regno dei Cieli attraverso l’ astronautica e la Resurrezione dei Morti attraverso la clonazione. Nel fare ciò, essi invocavano il concetto di “comunismo fortyano”, riferendosi ad un eccentrico tycoon newyorkese che cumulava simpatie bolsceviche e hobbies postumanisti. Il culmine di questo trend fu costituito dall’ affermazione, dallo spazio, del cosmonauta Jurij Gagarin: “Boga niet!” (“Dio non c’è”). In ultima analisi, tutte le tendenze progressiste, dal superomismo alla tecnocrazia, dall’ateismo cristiano al liberalismo di sinistra, dalla socialdemocrazia al comunismo, mirano a quello stesso obiettivo, senza peraltro avere il coraggio di affermarlo apertamente. In concreto, oggi, l’Umanità non attende più il ritorno del Messia, bensì le meraviglie della tecnologia; la salvezza non è ricercata nella fede o nella virtù, bensì nella politica (la democrazia) e nell’ economia (Stato o mercato), che vengono difese con un accanimento degno dell’ Inquisizione.
Musk è anch’egli, come i Cosmisti, un fautore della migrazione dell’uomo su Marte e di un’”Enhancement” dell’Umanità ottenuto collegando ogni singolo cervello con un computer centrale, attraverso un impianto neurale sottocutaneo, trasformandoci tutti in una “macchina mondiale” che sarebbe l’incarnazione materialistica dello Spirito Oggettivo di Hegel. Si rivela così qual’era, ed è, l’obiettivo segreto ultimo di tutti i totalitarismi: fare di tutti gli uomini un’unica “noosfera” (termine non per nulla inventato dal cosmista Vernadskij e ripreso dal teologo Teilhard de Chardin).
Trump si è avvicinato progressivamente ai progetti di Musk, firmando un ordine esecutivo con cui incoraggiava le aziende americane a estrarre risorse dalla luna e dagli asteroidi limitrofi. Non percependo essi lo spazio come un bene e una proprietà comune (global commons), come previsto invece dal vigente diritto spaziale internazionale pattizio, hanno rifiutato un coordinamento multilaterale, e inoltre hanno dato il via allo sfruttamento commerciale della Luna, senza curarsi di negoziare e redigere alcun trattato internazionale, e legittimando, inoltre, la possibilità di formare partnership tra il governo federale e le aziende private per l’estrazione di materie prime dalla Luna, tra cui acqua e minerali rari. Gli Stati Uniti, inoltre, non hanno mai firmato il «Moon Treaty» del 1979, che stipulava che qualsiasi attività spaziale avrebbe dovuto conformarsi alle direttive internazionali. Ma, a vero dire, non lo avevano accettato neanche la Russia e la Cina, le altre due potenze intergalattiche avversarie. Si apre una nuova era astro-politica, che applicherà la dottrina colonialista americana del Destino Manifesto allo spazio profondo: «Gli Stati Uniti siedono sull’orlo di un precipizio: l’impero deve decidere se procedere a manifestarsi come una sovranità de-territorializzata oppure restare a terra e provocare un collasso ambientale di proporzioni apocalittiche».
Si spiega così la frenesia di Trump di raggiungere un accordo con le altre superpotenze, per poter realizzare questa spartizione dell’Universo. Si realizzerebbe così, grazie agli USA, l’”Opera Comune” di Tsiolkovskij che diverrebbe così un’ estensione del mito americano della Frontiera (Frederick Turner) e della “Nuova Frontiera” (Kennedy, Clinton). Il tutto condito con le rivendicazioni territoriali sul Canada e della Groenlandia:”la colonizzazione della Groenlandia rappresenta l’apertura di un nuovo territorio agli uomini occidentali, una frontiera che forgerà , mel tempo, un nuovo popolo, condizionato dal clima freddo e dalla durezza del terreno”.Già secondo Turner, “l’Ovest era una fonte di eterna giovinezza, immergendosi nella quale, l’America ringiovanisce”, e con la pretesa di essere ‘la guida del mondo libero’”.
Il recente decreto italiano sull’ economia dello spazio apre agli USA il mercato dell’economia spaziale, frustrando il tentativo dell’ Europa di creare una propria infrastruttura spaziale. Il provvedimento è stato approvato con i voti favorevoli dei partiti che sostengono il governo Meloni, mentre tutti partiti all’opposizione hanno votato contro. Essi hanno criticato il provvedimento perché, a detta loro, sarebbe un (ennesimo) favore a Elon Musk:«Questo disegno di legge sull’economia dello spazio è al centro di un ricatto fin dall’inizio. Musk da tempo lavora al suo monopolio: il rischio che lo spazio diventi nuova terra di conquista ora è realtà», ha dichiarato Marco Grimaldi, vicepresidente del gruppo parlamentare di Alleanza Verdi-Sinistra alla Camera.
Durante il suo esame alla Camera, le critiche dei partiti all’opposizione si sono concentrate sull’articolo 25 del disegno di legge, che prevede la creazione, da parte del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, di una “riserva di capacità trasmissiva nazionale” aperta alla gestione da parte di operatori privati appartenenti all’Unione europea o alla NATO. In pratica, questa riserva di capacità trasmissiva nazionale consiste in una rete di satelliti, che potranno essere gestiti da imprese private, per garantire la comunicazione degli apparati dello Stato in caso di emergenza e di assenza di altri mezzi di comunicazione.

L’aspetto più contestato di questo articolo è stato il fatto che il governo ha previsto l’accesso alla “riserva di capacità trasmissiva” ad aziende provenienti da Paesi membri della NATO, tra cui gli Stati Uniti. Secondo i partiti all’opposizione, questo permetterebbe anche a SpaceX, l’azienda statunitense di Musk, di poter gestire le comunicazioni istituzionali italiane in casi di emergenza, e ciò si configurerebbe come un problema di sicurezza nazionale, vista l’influenza politica di Musk, i suoi rapporti con l’amministrazione degli Stati Uniti e il carattere ondivago dei suoi rapporti con i Paesi clienti (vedi Ucraina). Questa formulazione era stata adottata in luogo di una più limitativa verso gli USA in seguito a una minaccia del rappresentante italiano di Musk, Andrea Stroppa, che aveva accusato Fratelli d’Italia di piegarsi alle richieste del PD: «Agli amici di Fratelli d’Italia: evitate di chiamarci per conferenze o altro», aveva scritto Stroppa su X.
La reticenza dei legislatori verso Space X deriva: (i)dall’importanza strategica dei satelliti-spia di cui trattasi, che non consiglia di cederli a Stati stranieri,né a persone private;(ii) dall’uso spregiudicato che Musk e gli USA stanno facendo dei satelliti-spia come strumento per coartare la volontà del Governo ucraino; (iii)dal pericoloso precedente dello scandalo SOGEI; (iv) dall’ atteggiamento tracotante dell’organizzazione di Musk nei confronti del Governo italiano e di tutti i partiti europei (compreso Fratelli d’Italia); (v) dalla scoperta che tutte le forniture militari o duali americane contengono una “backdoor” che consente al Governo americano di influenzarne a distanza il comportamento, fino allo spionaggio e all’ eventuale spegnimento.
A ciò si aggiunga la stretta parentela del cosmismo con tutte le forme di trans-umanesimo, basata sull’ idea che la migrazione nello spazio obbligherà l’umanità a modificare la sua struttura psicosomatica, fondendosi con la macchina (il “Cyborg”).La cosa più preoccupante è che Musk abbina l’esigenza dell’ “Enhancement” per rendere possibile la migrazione nello spazio con l’idea che occorra abbandonare la Terra ai robot.
In quanto ex dirigente del settore aerospaziale della FIAT, avevo partecipato alla creazione della società VEGA Spa, con l’Agenzia Spaziale Italiana e l’EADS, che fabbricava, e fabbrica, l’unico missile italiano(realizzato con collaborazioni con Russia e Ucraina), che serve anche come lanciatore per i satelliti militari italiani e come primo stadio per il lanciatore europeo Ariane. Arianespace aveva realizzato in pratica, sulla scia delle politiche gaulliste, l’autonomia spaziale europea, integrando anche i lanciatori russi Sojuz. Tuttavia, per l’assenza di un sufficiente appoggio pubblico, si è ridotta anch’essa ad acquistare i lanciatori di Starlink, e, per colpa delle sanzioni e contro-sanzioni con la Russia, ha dovuto rinunziare alla collaborazione con Sojuz, cedendo quindi il mercato a Elon Musk.

2.Samantha Cristoforetti
La convergenza verso il transumanesimo da parte del mondo dell’astronautica è generale a livello mondiale. Come Musk, anche l’astronauta italiana Samantha Cristoforetti ritiene che la specie umana debba diventare multi-planetaria per sopravvivere a disastri imprevedibili ma non per questo impossibili, tra cui rientrano le collisioni con gli asteroidi e le pandemie. Bastano questi rischi per giustificare la necessità dei viaggi spaziali e di eventuali ricollocazioni intergalattiche.
Il programma di Musk, sulla scia di Tsiolkovskij, è quello di abbandonare al più presto la Terra, presto dominata dalle Macchine Intelligenti, per migrare nello spazio. I progetti per le nuove colonie lunari sono pronti: includeranno uomini e donne, così da garantire la preservazione della specie. I membri dell’equipaggio spaziale della NASA, con i loro piccoli Uomini Vitruviani diligentemente ricamati sulla tuta, non possono lasciare nulla al caso Ci troviamo di fronte allo slancio di colonizzazione di più ampio respiro da cinquecento anni a questa parte, quando l’espansionismo coloniale europeo aveva appena mosso i primi passi.
Cristoforetti ha espresso soddisfazione per i 26 nuovi posti di astronauta riservati a un nucleo di persone che rappresentano la diversità. L’analogia che questo progetto stabilisce fra le donne e le persone disabili offre un’ occasione di riflessione sui sorprendenti colpi di scena della condizione postumana, affermando che «quando si tratta di viaggi nello spazio, siamo tutti disabili» (Reuters, 17 febbraio 2021). In effetti, a gravità zero, tutti i corpi galleggiano liberamente. Si realizzerebbero così alcune delle condizioni previste nel “Manifesto Cyborg” di Donna Haraway, punto di collegamento fra il transumanesimo e il movimento LGTB+. Tutto ciò spiega il conflitto con ministri ultratradizionalisti come Rubio che invece va in giro con una croce di cenere sulla fronte, Vance che fa l’esegesi dell’ “Ordo Amoris” di Sant’ Agostino, e Hegseth che esalta i “valori guerrieri”.


3.Un’autocrazia cosmica
Contrariamente a quanto affermato dalla retorica del Mainstream, uno Stato Mondiale non costituirebbe una situazione idilliaca, foriera di pace perpetua, bensì il massimo della tirannide. Lo diceva già Erodoto quando faceva pronunziare a Serse un discorso programmatico palesemente ispirato all’ egemonia achemenide, contrapponendogli lo spirito particolaristico e bellicistico di Leonida:”avendo conquistato tutta l’ Europa, il nostro regno confinerà con quello degli Dei”. Il primo esprimeva una “hybris” considerata barbarica, e, il secondo, la “virtù” degli eroi omerici. Continuava su questa strada Maometto, che, nell’ instaurare la “dhimma”, esaltava la pluralità delle religioni come forza incentivante della competizione internazionale. Vi insistevano Rousseau e Kant, quest’ultimo paragonando la Pace Perpetua a quella di un cimitero.
Lo Stato Cosmico in via di costruzione da parte di Musk sarebbe evidentemente ancora peggio di tutto quanto si è fino ad ora immaginato.
Già il primo federalismo mondiale, quello di Coudenhove-Kalergi (“Paneuropa”) non prevedeva la “Pace Perpetua”, bensì era basato su una dialettica fra gli Stati-Civiltà (quello che oggi viene chiamato “multipolarismo”), e si contrapponeva, in questo, allo Stato Mondiale ipotizzato da Thierry, da Jouffray, da Willkie e da Juenger. Oggi, sembra sempre universalmente accettato il concetto di “multipolarismo” in luogo dell’equivoco “multilateralismo”, maschera dell’ “America-Mondo”. Certo, quest’ultimaimpostazione porta con sé un cambio di paradigmi, che non può essere esente da conflitti.E’ inevitabile che forze trasversali oggi in campo lottino per affermare il proprio ruolo all’ interno di questo Nuovo Ordine Mondiale, se non addirittura cosmico, ed eventualmente per dominarlo. Non è esatto parlare di “sfere di influenza”, bensì di grandi blocchi di potere (post-umanesimo, nazionalismo americano, PCC, “establishment” modernista, Russkij Mir, sionismo), che lottano per il predominio, per spartirsi l’attuale “America Mondo”-costretta, quest’ultima, dall’avanzare del “Resto del Mondo”, ad accettare, almeno tatticamente, la propria finitezza (come dimostrano le attuali trattative con la Russia) ”,e, al di là di questa, lo spazio siderale -.
Ciò si traduce in una “guerra culturale” fra il post-Umanesimo e le differenti tradizioni continentali. Si sta tentando di concretizzare il quadro (lasciato incompiuto per la prematura follia di Nietzsche), dell’ Ultima Grande Battaglia”(Zarathustra), attraverso la quale si sarebbe realizzata la transizione fra gli “Ultimi Uomini” e il “Superuomo” (il “Grande Meriggio”).
Le guerre in Ucraina e in Medio Oriente, come pure i dazi commerciali, sono un epifenomeno di questa competizione. L’ eccezionalismo americano (vistosi bloccato, da Islam, Cina e Russia, il tentativo di dominare il mondo colla globalizzazione), cerca, attraverso il movimento MAGA, una nuova strategia per confrontarsi in modo parzializzato con tutti i Paesi del mondo (“divide et impera”), condizionandoli uno per uno senza arrivare allo scontro finale (la “Guerra Mondiale a Pezzi”). L’internazionalismo liberale professato (con sempre meno convinzione) dai presidenti precedenti a Trump, è stato invece abbandonato proprio perché inefficace dal punto di vista dell’ eccezionalismo americano, avendo esso di fatto permesso, se non favorito, la crescita della Cina e della Russia.
La tendenza all’ accentramento è la prima conseguenza di questa lotta mortale. In siffatta lotta (sia essa una guerra o una guerra civile), il “comandate in capo” di ciascun blocco deve avere mani libere. Per questo Trump governa con gli Executive Orders e Russia e Cina hanno abolito il divieto del 3° mandato dei rispettivi presidenti. Ora, con l’utilizzo dell’ Art 122 del Trattato di Lisbona, anche l’Unione Europea ha decretato lo Stato di Emergenza (in Polacco, “Stan Wojenny”, “Stato di Guerra”), by-passando l’unanimità nel consiglio e il dibattito al Parlamento Europeo, ed avviandosi così sulla strada della dittatura militare.
E’ paradossale che, mentre, per le solite esasperanti questioni di lana caprina (come l’unione bancaria o la transizione green) si devono seguire iter ultra-democratici che durano anni, per stanziare 800 miliardi per preparare la guerra si eviti ogni dibattito pubblico. Se lo si facesse, lo stanziamento verrebbe bocciato, come i 400 miliardi per l’Ucraina chiesti da Kaja Kallas.
Con questo precedente, si è dimostrato che l’Unione Europea, in questo momento convulso, non può esimersi dall’ evoluzione accentratrice e bellicistica che caratterizza oggi tutte le parti del mondo, proprio se vuole mantenere un barlume di autonomia e di libertà di azione rispetto ai colossi molto accentrati che la circondano. Ora, si tratta d’inquadrare questo fenomeno all’ interno di un contesto culturale europeo, mentre in altra sede studieremo logiche e problemi di ReArm Europe, per sfruttarle a favore di un autentico Sovranismo Europeo.
Il problema, qui come altrove, è che lo “Stato di Eccezione”, per sua natura, appunto, eccezionale, diviene permanente, divenendo una “legge dei pieni poteri”, coincidente con la “dittatura a vita”, come quella attribuita dal Senato a Giulio Cesare. A quel punto, la pretesa differenza dell’Europa dalle “autocrazie”, e, fra queste, dagli Stati Uniti, diviene minima. Un passo però forse necessario se si vuole creare in fretta un Esercito Europeo senza avere un solido Stato europeo.

LA CARTA CINESE, Commento a un articolo di Ferdinando Nelli Feroci

Otto anni fa, avevo pubblicato il libro Da Qin, Un’Europa sovrana in un mondo multipolare. Tredici ipotesi di studio per un federalismo europeo del XXI secolo, con cui additavo la “lezione cinese” quale modello per la costruzione di un’Europa veramente unita e autonoma.
In effetti, nel corso degli ultimi 75 anni, la Cina, ridotta a un deserto da un secolo di guerre e occupazioni straniere (“il Secolo dell’ Umiliazione”), si è già trasformata, nel 2021, nel Paese con il maggior PIL nel mondo, all’ avanguardia nell’ intelligenza artificiale, nella legislazione sull’ informatica, nella transizione green, nelle Smart Cities, nell’ auto elettrica, nel numero di brevetti e di laureati STEM, il leader della più grande alleanza del mondo, i BRICS…Invece, l’Europa, che 75 anni fa era ancora, malgrado la IIa Guerra Mondiale, il centro del mondo (perché gli USA e l’URSS se la contendevano, permettendo così il Miracolo Economico e una cultura critica con personaggi come Mann, Brecht, Lukacs, Sartre, Heidegger, Schmitt..), oggi è in crisi permanente e non conta più nulla.
E’ ovvio che qualche riflessione sulla Cina dobbiamo ben farla, sicché lode all’ Ambasciatore per questo suo intervento.


1.Un interlocutore nuovo o vecchio?
Nelli Feroci parte dall’ osservazione che l’Europa è “alla ricerca di una nuova collocazione sulla scena internazionale e di nuovi interlocutori” In realtà, non è tanto l’Europa che è alla ricerca, bensì l’America che ve la costringe. Quando non parla mai di Europa se non per criticarla, quando afferma che le Istituzioni Europee sono state create per “fregare gli USA”, quando le impone dazi del 25%, quando si rifiuta si incontrare i suoi leader, Trump costringe gli Europei a cercare alternative, pur giurando e spergiurando di non avere nulla contro l’America.
Non concordiamo con Nelli Feroci sul fatto che “non è facile individuare contenuti in un rapporto con Pechino che consenta di tutelare gl’interessi europei”. Innanzitutto perché ci sono stati molti esempi di collaborazione , quasi tutti terminati bruscamente per imposizioni provenienti dall’ America, e, poi, perché il nostro libro aveva precisamente questo obiettivo.
Incominciando addirittura da Marco Polo e Matteo Ricci, che in Cina sono considerati eroi nazionali, e dai Gesuiti che, con un secolo di pubblicazioni dalla Cina, prepararono l’Illuminismo in Europa sulla base di osservazioni sull’ Impero Cinese.
Poi, dal ruolo fondamentale negli anni 50 dell’Italo-Cinese Professor Mario Tchou nella Divisione Elettronica della Olivetti, che aveva permesso a quest’ultima di creare il primo personal computer al mondo, il P101, e di venderne clandestinamente in pochi giorni 44.000 esemplari negli USA mentre la divisione veniva ceduta alla IBM.
Poi ancora, ci fu, nel 2° decennio di questo secolo, l’organizzazione internazionale “17+1”, che univa la Cina a tutti i Paesi dell’ Est Europa. Inoltre, un’ondata di investimenti europei in Cina (IVECO, Piaggio, VW, BMW, Mercedes) e cinesi in Europa (Volvo, Pirelli, Huawei Italia).
Infine, e soprattutto, l’adesione, alla Nuova Via della Seta, di molti Paesi europei (in primis, dell’ Italia), poi troncata per precisa richiesta del Segretario americano Pompeo, con linee ferroviarie dirette Cina-Europa e l’acquisizione dei porti del Pireo, di Genova, di Rotterdam, di Duisburg,ecc..
Ancora recentemente si tenevano periodicamente incontri del partenariato strategico UE-Cina, con Ursula von der Leyen, Macron e Scholz.
Non parliamo poi delle iniziative culturali, a partire dagli Istituti Confucio alle mostre e film sui Gesuiti e Marco Polo.
Tutte queste iniziative sono state congelate su richiesta americana, e la prima cosa da fare ora è “scongelarle” fino alle loro estreme conseguenze, come da noi illustrato con dovizia di particolari nel nostro libro Da Qin. In questo articolo, proveremo ad andare ancora oltre.


2.Dopo Mario Tchou
L’Ambasciatore Nelli Feroci si riferisce poi in particolare al “ritardo pesante nello sviluppo di strategie innovative collegate all’ uso del digitale e nell’ utilizzo dell’ intelligenza digitale” dell’ Europa, che potrebbe essere colmato con l’aiuto della Cina.In quanto persona vissuta nell’ epicentro piemontese della tecnologia italiana, fra il Lingotto e l’Olivetti, fra i caccia Tornado ed Eurofighter, e i lanciatori Ariane e Vega, vorrei definire “eufemistico” il concetto espresso dall’ Ambasciatore. L’Ing. Tchou morì nel 1960 in un misterioso incidente d’auto, dopo che il Prof. Visentini, membro del Comitato di gestione dell’ Olivetti dopo la morte dell’ Ing. Adriano, aveva affermato che la Olivetti era un’azienda sana, ma aveva “un neo, che andava estirpato”, la Divisione Elettronica, che, infatti fu frettolosamente ceduta alla IBM (che, da parte sua, non la voleva, come scritto dal negoziatore Paolo Fresco), evidentemente eseguendo ordini da un livello molto elevato. La moglie di Tchou affermò: “Quello sì fu un complotto, tutto industriale e finanziario, volto a indebolire l’Olivetti e l’Italia e a fare un favore agli americani”.
Da allora, gli Europei si sono praticamente astenuti da qualunque attività seria in campo digitale. Quando lo hanno fatto, lo hanno fatto “per finta”, come nei casi del Minitel, di Qwant e di GAIA-X. Secondo la tesi ufficiale, ciò deriverebbe dalla mancanza in Europa, di un idoneo mercato di capitali, e gli Stati non dovrebbero intervenire perché “il mercato” è capace a fare di meglio. Orbene, in Europa il mercato non è riuscito a fare nulla nel digitale, e i Governi di tutto il mondo, a cominciare da quelli americano e cinese (come diceva già Mario Tchou), intervengono in tutti i modi, perché considerano quel mercato un fattore di potenza e sicurezza nazionale . Sarebbe il caso che anche in Europa che lo facessero gli Stati, o meglio, visto che l’utilizzo centrale dell’ informatica è quello militare, che lo facessero i nostri eserciti, e, più precisamente, i nostri servizi segreti, e, meglio ancora, un esercito digitale europeo.
Tutti gli altri problemi citati dall’ Ambasciatore si risolverebbero perfettamente se avessimo un’impresa digitale per ciascun settore: reti, motori di ricerca, IOT, supercalcolatori, quantum computing, robotica, neuroingegneria, web marketing, web security, web intelligence, social networks…, così come li ha la Cina.
Tutti i miliardi che si stanno stanziando dovrebbero andare lì, e non a comprare armi dagli Americani.
E, infatti, il nocciolo duro dell’articolo di Nelli Feroci si può individuare nella proposizione “Non dovrebbe essere una impresa impossibile definire con la Cina una collaborazione che consenta all’ Europa di ridurre le dipendenze e migliorare la performance senza mettere a rischio la sicurezza”.
Basterebbe rendere veramente operative le collaborazioni già esistenti e brutalmente interrotte:
-rilanciare gli Istituti Confucio, implementandoli con degli “Istituti Matteo Ricci”, o “Mario Tchou”, in cui gli Europei si sforzassero di elaborare le tante cose che essi hanno in comune con la Cina: dalla comparazione, religiosa, linguistica, storica, filosofica, giuridica, al turismo, all’ arte..
-unire le reti infrastrutturali delle Vie della Seta con quelle del Programma Partnership for Global Infrastructure and Investment (PGII) dell’ Unione Europea, come proposto a Monaco da Wang Yi;
-creare imprese congiunte nel campo delle alte tecnologie e sviluppare meglio quelle esistenti (per esempio, Pirelli, Huawei Italia, VW, BMW, Mercedes)
-lavorare seriamente nel campo del diritto comparato del digitale. Infatti, la pretesa iper-regolamentazione del digitale in Europa ha costituito un modello per quella cinese, che, lungi dall’ ostacolare la crescita delle imprese informatiche cinesi, l’ha favorita. Il punto è che la Cina legifera sulle imprese cinesi, mentre la UE legifera su quelle americane, che, non solo, legittimamente, le sfuggono, ma anche condizionano la UE stessa, specie ora che Musk è al governo, e che chiede semplicemente la cancellazione della normativa europea. Occorrerebbe ora un accordo internazionale sull’ Intelligenza Artificiale proposto da Kissinger prima di morire(che, tra l’altro gli eserciti americano e cinese stanno negoziando fra di loro, ma come sempre, con l’esclusione dell’ Europa). Non sarebbe da escludersi che l’ Europa potesse rientrare in gioco grazie a Wang Yi.


3.Un rapporto strategico, non tattico
Infine, giustamente Nelli Feroci si preoccupa che “è verosimile che nei prossimi mesi aumenteranno le pressioni americane sugli Europei perché si allineino alle politiche di contenimento della Cina”.Ciò è quanto è sempre stato fatto in passato, per esempio a proposito delle politiche tecnologiche europee (Olivetti, EADS, Huawei, Vie della Seta).
Tuttavia, la prosecuzione dell’ attuale politica provocatoria di Trump nei confronti dell’ Europa renderà inevitabile una reazione violenta da parte dell’ Europa stessa, che in passato non c’era mai stata. Sentiamo che cosa ha detto Trump nell’ ultimo Consiglio dei Ministri:“Siamo onesti: (l’Unione Europea) è stata formata per fregarci e hanno fatto un buon lavoro in questo, ma ora ci sono io alla presidenza”. Trump ha denunciato un deficit commerciale eccessivo pari a 300 miliardi di dollari e osservato come una loro ritorsione potrebbe non avere successo. “Possono provarci ma noi – ha minacciato – possiamo non comprare più e se accade questo vinciamo”.
Peccato che il mercato dei BRICS+ rappresenti il 25% del PIL mondiale, contro un 15% degli USA. E’ chiaro che, se ci sarà la volontà politica, non sarebbe difficile sostituire l’export verso gli USA con quello verso i BRICS.
Teniamo anche presente che la metà delle esportazioni USA verso l’ Europa sono costituite da esportazioni di servizi essenziali (finanziari, digitali, consulenziali, bancari, assicurativi), sicché non vi è poi quel grande sbilancio di cui parla Trump, e sostituire queste importazioni con prodotti cinesi o indiani non sarebbe difficile. D’altra parte, la vicenda delle sanzioni a Mosca dimostra che l’economia russa si è rafforzata, perché si è rivolta ai mercati BRICS, mentre quella UE si è indebolita, perché ha dovuto restringersi al solo Occidente.
La replica dell’Ue è stata infatti chiara:”L’Ue reagirà in modo fermo e immediato alle barriere ingiustificate al commercio libero ed equo, anche quando i dazi vengono utilizzati per contestare politiche legittime e non discriminatorie”, “L’Ue è stata una manna per gli Stati Uniti”.
E, aggiungiamo noi, se le Comunità Europee sono state create dagli USA, con la mozione Fulbright, con i finanziamenti della CIA e delle fondazioni americane, con l’ACUE, con i rapporti di Jean Monnet con Dean Acheson e lo studio Allen & Overy, non è certo stato per “fregare” gli USA, quanto per “tenere gli USA dentro, la Russia fuori e la Germania sotto”. Se gli USA vogliono ora smontarlr, saranno i primi a subirne le conseguenze negative
Soprattutto, la Cina è un partner fondamentale per la cultura europea, che, se non fosse ostracizzato come negli ultimi anni, potrebbe dare un contributo enorme alla rinascita della cultura europea, anch’essa in grave crisi. Avevamo intitolati il nostro libro “Da Qin” perché questo era il nome dato dalla Dinastia Han all’ Impero Romano, per essa simile alla precedente dinastia Qin. In effetti, fino da quei tempi i Cinesi avevano considerato l’Impero Romano il gemello dell’ Impero Cinese.
Durante il Medioevo, vi erano stati scambi così intensi, che era stata creata una Chiesa cristiana cinese (chiamata anch’essa Da Qin), un arcivescovado cristiano a Pechino, una missione permanente dei Gesuiti presso l’ Imperatore, fino a quando, anche per via dei Riti Cinesi, l’Ordine era stato sciolto, lasciando una pesante traccia nell’ Intelligetija cinese.
In particolare, Leibniz con i Novissima Sinica e Voltaire con il “Rescrit de l’ Empereur de la Chine” avevano caldeggiato per primi l’unificazione dell’ Europa sul modello cinese.
Alla luce di tutto quanto precede, ci pare assurda la definizione data negli ultimi tempi dalla UE della Cina quale “rivale sistemico”. E questa rivalità deriverebbe dalla solidarietà con gli USA in quanto “Faro della democrazia”.
Ora, almeno, nessuno sta riproponendo quelle definizioni, che, dopo pochi anni, appaiono oramai grottesche.
Occorrerebbe trovare con urgenza degli spazi dove affrontare questi temi innovativi, per poterli portare al più presto sul piano operativo.

Riccardo Lala MODERNISMO REAZIONARIO O ZHŌNGTǏ XĪYÒNG? Commento a un articolo di Natalino Irti

Il professor Natalino Irti, una colonna della cultura italiana, ha pubblicato, con encomiabile tempistica, sul supplemento culturale de Il Sole 24 Ore di questa domenica 15 febbraio, un articolo su un tema che è un po’ al centro delle attività della nostra Associazione Diàlexis: il “Modernismo Reazionario”, tema che sembrava caduto nell’ oblio dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, ma, invece, attraverso i suoi numerosi avatar (il cosmismo russo, il “sublime tecnologico” americano, il trans-umanesimo) è sopravvissuto, e, anzi, è riemerso in forma carsica, per trovare poi oggi la sua più compiuta manifestazione nell’ inedita alleanza fra, da un lato, i guru post-umanisti dell’informatica, e, dall’ altro, l’amministrazione Trump.
Da un punto di vista analitico, siamo di fronte a tre fenomeni distinti:
-la marcia verso il potere dei proprietari delle grandi società informatiche (guidati da Musk), che, operano in condizioni di monopolio e sono sostenute dallo Stato americano, grazie al quale hanno esteso il loro potere all’intero Occidente, costituendo oggi lo strumento principe dell’ egemonia USA e influenzando, così, lo “Zeitgeist” mondiale, e, ora, lo stesso Presidente;
-la strategia internazionale del 2° mandato di Trump, volta a fare recuperare all’ America un ruolo centrale nel mondo facendo leva sull’ economia, e, in particolare, su dazi generalizzati e reciproci, che permettono di fare pressione in ogni momento su ogni Stato per ottenere vantaggi di ogni tipo;
-il nuovo orientamento ideologico degli Stati Uniti, che fonde il sostegno incondizionato alle industrie informatiche, rappresentate da Musk, con il tentativo di assumere la leadership mondiale dei movimenti conservatori, sottraendola così a Putin. Tentativo ardito, vista l’opposizione logica fra conservatorismo e transumanesimo, che può per altro venire superata grazie alle aspettative di “sdoganamento” fatte balenare dal team trumpiano alle destre più radicali e alla stessa Russia.


1.Il concetto proposto da Herf
Per tenere insieme questo collage eterogeneo, si è resa necessaria un’ideologia, che, secondo l’articolo di Irti, richiama il “modernismo reazionario” studiato nel 1988 da Jeffrey Herf con riferimento al nazionalsocialismo, e, a mio avviso, è perfettamente estendibile a tutte le “culture dell’Asse” intese in senso lato, dal Futurismo italiano e russo alla Rivoluzione Conservatrice di Ernst Jünger, al “Romanticismo d’Acciaio” di Goebbels.
Secondo Herf, queste culture”riuscirono ad integrare la tecnologia nel simbolismo e nel linguaggio della Kultur -comunità, sangue, volontà, io, forma, produttività e infine razza -estraendola dalla sfera della Zivilisation – ragione, intelletto, internazionalismo, materialismo e finanza”. A mio avviso, il tramite più potente ed evidente di questa trasformazione fu la Rivoluzione Conservatrice, e, in particolare, Ernst Juenger, che, riproponendo intorno alla Prima Guerra Mondiale idee correnti già nel Reich bismarckiano, aveva disegnato un parallelo fra la figura del “soldato” e quella dell’ “operaio” (o, più propriamente, “il lavoratore”):i “Soldaten der Arbeit”, come li chiamava il Kaiser. L’”operaio” diviene così, per Jünger, la figura centrale degli “Stati Nazionali del Lavoro”(fascismo, nazismo e comunismo): non solo un nuovo guerriero, ma anche un titano, che si fonde con la materia in movimento. Nel 2° Dopoguerra, Jünger, in modo non del tutto inaspettato, diverrà poi un cantore dello Stato Mondiale e di una fusione fra l’Umanità e la Tecnica, destinata a riconformare tecnicamente la terra. Quindi, un post-umanista ante-litteram.

2.Genealogia del “Modernismo Reazionario”
Come giustamente osserva Irti, questo fenomeno non può essere compreso se non situandolo in un contesto più ampio, dove la tecno-economia “sembra come attendere una risposta ideologica, una presa di posizione che, andando oltre la scienza e gli impieghi tecnici, offra un senso complessivo e unitario della vita”. La risposta al disorientamento esistenziale del mondo tecnologizzato è, a mio avviso, più antica e profonda del “Modernismo Reazionario” . Essa risale all’idea, ch’era stata di Lessing, della religione quale educazione di un genere umano che non riesce più a credere nei “miti” della Religione, e per questo ha bisogno di una nuova mitologia, di una religione secolarizzata. A questa esigenza fa presto riscontro l’offerta del “Primo Programma Sistemico dell’ Idealismo Tedesco”(attribuito a Hegel, Schelling e Hölderlin), in base al quale si sarebbe dovuta costruire una nuova mitologia basata su una nuova scienza, con la quale l’Uomo si sarebbe “salvato da sé”. Tutta l’opera di Saint-Simon non è che un allargamento smisurato di questa prospettiva, dove la “Religione dell’ Umanità” è fondata sul culto della scienza, a cui sono devoti gli”industriali”, che in tal modo vengono investiti del “potere spirituale”
Gli eredi più cospicui di Saint-Simon saranno i Cosmisti russi, che, con Fiodorov, elaboreranno “la filosofia dell’ Opera Comune”, che promuoverà uno sviluppo radicale della tecnica, fino a giungere a resuscitare i morti, adempiendo, così, alle profezie escatologiche delle religioni, e, con Tsiolkovskij, padre della missilistica, formulerà addirittura il sogno di popolare, con i morti così resuscitati, lo spazio siderale (adempiendo così anche alla profezia del Regno dei Cieli). Come si vede, siamo giunti fino alla nascita di una nuova religione, quella della “Costruzione di Dio” come la definì Lunačarskij, commissario alla cultura della Russia Sovietica. Secondo Trockij, questa sarebbe stata la religione del proletariato.


3.Il Modernismo Reazionario quale espressione della crisi occidentale della civiltà
Come nota Irti, il motore occulto di questo trend culturale è costituito dallo sforzo per “sorreggere il povero e smarrito io dinanzi alle grandezze scientifiche e finanziarie del nostro tempo”.
In effetti, il problema principe dell’era contemporanea è quello di fare sopravvivere qualche parte dell’ Umano in quest’ era dominata dalle Macchine Intelligenti e dall’ Intelligenza Artificiale. Problema che non è certo risolto dalle retoriche della “algoretica” cara alle Chiese, poiché le Macchine Intelligenti sono, nella sostanza, un prolungamento dell’ uomo (una “protesi”, cfr. Gehlen), e quindi possono, sì, essere progettate per conseguire questo o quello scopo imitando l’uomo stesso, ma, di certo, non possono restituire all’ uomo la sua autenticità, che lo caratterizzava in epoche passate (l’”aura” di Benjamin), né impedire che perda del tutto la sua soggettività, già fortemente scalfita dalla retorica anti-personalistica del wokismo. La soluzione a questo problema da parte del Modernismo Reazionario era stata quella dell’estetizzazione della tecnica (Todt, Speer), grazie a cui quella era divenuta oggetto di un culto dionisiaco, equiparabile a quello del Futurismo. In quel contesto, lo spirito eroico (l’arditismo) diveniva una sorta di “supplemento di anima”, dove il combattente dimostrava la propria soggettività, e il proprio dominio sulla materia, nell’ utilizzare le armi come strumento di auto-affermazione, individuale o collettiva, in modo parallelo a quanto facevano gli eroi epici nelle opere fondanti dell’Epoca Assiale (Gilgamesh, Sansone, Achille, Ulisse, Rama, Arjuna, Cú Chulainn, Sigfrido..):”The Technological Sublime”.
E, tuttavia, questa identificazione del combattente con la tecnica dispiegata non è stata sufficiente a colmare il suo vuoto interiore, ché, anzi, questo si è ingigantito con la guerra di trincea, la bomba atomica e l’Olocausto, sicché “radici e miti comunitari e fedi religiose e patriottismi di luoghi vengono chiamati in difesa : che non ci lascino soli dinanzi alla tecno-economia; che questa ideologia sia capace di fronteggiare o compensare l’esaltato progresso tecnologico.”
Il richiamo alla cultura che spesso viene fatto come antidoto sperato al livellamento imposto dalle Macchine Intelligenti viene implicitamente assimilato nell’ articolo di Irti alla visione un po’ consolatoria dell’“Anarca” di Juenger, che vive libero perché si astrae dal mondo della tecnica. E’ così che, secondo Irti, “l’ideologia conservatrice stringe alleanza con la ‘democrazia’ tecnologica, e così provano insieme a disegnare il volto del nostro tempo. Quel piccolo io, di cui prima si diceva, che non si asservisce per intero alla logica degli apparati tecnologici, e neppure vuole abbandonarsi alle inquietudini fluttuanti dell’ auto-determinazione, trova un salvagente, in vesti nobili e antiche, nella comoda sintesi dell’ ideologia conservatrice”
Una versione moderna del “Lâthe biôsas” epicureo.
Tutto ciò rientra, a mio avviso, nella capacità seduttiva della società occidentale, che, da un lato, “distrae” continuamente con l’effimero, ma, dall’ altra, avvinghia anche a una lotta ininterrotta per la sopravvivenza, in campo lavorativo e/o finanziario. Forse è, almeno sul piano concettuale, un esito inevitabile della cultura “occidentale”, e della secolarizzazione da parte della tecnica, delle religioni di salvezza (cfr.supra), che va comunque contrastato.


4.Le ragioni di un dialogo multiculturale

A mio avviso, che la cultura occidentale (nelle sue varianti cattolica, puritana, tecnocratica…) non sia riuscita a soddisfare in modo autentico la domanda di senso nell’ era delle macchine intelligenti, e che per questo la nostra società vada verso la perdita dell’umano, e forse la sua totale scomparsa, deriva essenzialmente dalla sua ancestrale concezione lineare e deterministica della storia, che deve avere un fine, e una fine. Questo fine coincide con il perfezionamento delle qualità “ascetiche” (ragione, etica, disciplina), che portano alla fine dell’Io, e, quindi, al dominio dell’Apparato, che si trasforma quasi naturalmente in una Megamacchina impersonale.
Altre civiltà (come quelle dell’India e dell’ Estremo Oriente), che non hanno una simile cultura apocalittica, non hanno neppure quest’ urgenza che spinge l’Occidente a ricercare un senso unitario dell’ Essere, né l’idea che la Storia sia un percorso inevitabile verso un Fine.
In India, il concetto degli infiniti Eoni (“Kalpas”) fa sì che non vi sia un senso preciso dell’ inizio e della fine. Inoltre, il fatto che, nei libri sacri dell’Induismo, vi sia un’ampio ricorrere di macchine, soprattutto macchine da guerra (i Vimana, i Pashupatastra), ha abituato gl’Indiani all’ idea di una coesistenza da tempi immemorabili fra Dei, uomini e macchine. Ciascuno ha, hic et nunc, un compito da assolvere (il suo “dharma”), che è a lui specifico. Ciò permette agli Indiani di impegnarsi con successo nella Società delle Macchine Intelligenti senza i corollari escatologici degli Occidentali, e, in particolare, degli Americani.
I Giapponesi sono ancora più familiari con le macchine intelligenti perché, per la loro religione, ogni essere è animato (non solo gli animali, bensì anche le macchine), anzi, sono tutti degli dei (i “Kami”). La vita nella moderna tecnologia è una prosecuzione dell’antica mitologia, come ben testimoniano i famosi cartoni animati giapponesi.
L’idea cinese dell’Età dell’ Oro (il “Datong”) , non è un destino ineluttabile, bensì solo un “ideale normativo”. Inoltre, essa è ciclica (anche perché in Cinese non c’era un’idea chiara di presente, passato e futuro). Essa si ripresenta quando appare un Imperatore Saggio. L’ideale dell’Uomo Nobile (“Junzi”) è quello di svolgere il proprio ruolo nella gerarchia dell’ Impero universale (“Tian Xia”): “Huang Huang, Wang Wang, Fu Fu, Zi zi”:l’Imperatore faccia l’Imperatore, il Re faccia il re; il Padre faccia il padre, il figlio faccia il figlio.”.
I fatti hanno dimostrato che la società cinese riesce ancora dopo millenni a funzionare in base a questi principi. L’obiettivo posto a questa generazione da Xi Jinping non è il Datong, bensì il più modesto “Xiao Kang” (“una società moderatamente prospera”). Per raggiungere questo risultato, uno “Stato-civiltà” del XXI° secolo non può evitare di confrontarsi con la tecnologia. Anzi, nel caso della Cina, essa, essendo il maggiore Stato del mondo, deve primeggiare. Per questo, il Presidente ha indicato degli obiettivi e delle scadenze. Nel caso dell’Intelligenza Artificiale, l’obiettivo di “Made in China 2025” è stato raggiunto già all’inizio dell’Anno del Serpente, quando sono stati diffusi in tutto il mondo due software di IA cinesi più efficienti e meno costosi di quelli americani, prodotti da piccole start-ups di giovani teste d’uovo (così ridicolizzando decenni di promesse e di investimenti faraonici da parte degli States).
Per tutti questi motivi, l’Asia è divenuta il “golden standard” a cui tutti , a cominciare dall’ America, si ispirano pur senza dirlo: sistema tributario (contributi dei Paesi esteri alla difesa, terre rare); un uomo solo al comando; fusione pubblico-privato; investimenti miliardari nell’ alta tecnologia e nella difesa; alleanze trasversali.
È in Asia che si realizza in pratica il “Modernismo reazionario” (come già capitava nel Giappone della Rivoluzione Meiji, nella Russia dei Costruttori di Dio e nelle pagine del Da Tong Shu di Kang You Wei, uno degli ultimo ministri Ching, che ,caduto in disgrazia con la Reggente Cixi, peregrinò per lunghi anni tentando una sintesi di Oriente e Occidente: 中體西用= “zhōngtǐ xīyòng”= “valori cinesi, tecnica occidentale”).
La complessità di queste questioni, unita all’enorme efficienza dei sistemi asiatici, che hanno occupato uno spazio così centrale nell’ equilibri mondiale da costringere l’ America al “Pivot to Asia”, dimostrano che è giunto il tempo di un approccio nuovo al dialogo interculturale, che non sia più una forma di divagazione intorno all’ Occidente servendosi di nozioni orientali, bensì un confronto attivo e bilaterale fra le visioni del mondo di tutte le grandi civiltà, americana ed europea, eurasiatica e sinica, medio orientale e africana, e perfino sudamericana e pre-alfabetica.


5.Comprendere il “Modernismo Reazionario”
Le questioni poste dalla Secolarizzazione e dal Modernismo Reazionario” non sono state risolte. Il carattere limitato dell’Umanità, tanto dal punto di vista gnoseologico (il “dubbio sistematico”, quanto da quello esistenziale (la finitezza dell’uomo) non sono stati eliminati da 200 anni di Illuminismo, ma, anzi, si infittiscono.
Tanto la comunicazione interculturale, quanto la ricerca scientifica, non fanno che dimostrare in modo sempre più evidente l’assenza di un solido terreno su cui poggiare. Intanto, la Tecnica prosegue il suo cammino, irreggimentandoci sempre di più, nel suo cammino, all’ interno di una “gabbia di acciaio” di cui parlava Max Weber. In particolare, l’Intelligenza Artificiale Generale, gl’impianti neurali, la neuroingegneria, le reti sociali, le tecniche riproduttive, la clonazione, i viaggi spaziali, configurano un mondo non adatto agli umani, i quali, per sopravvivervi, dovranno come minimo mutare, divenendo dei Cyborg.
Quest’ inevitabile transizione passa attraverso la risposta ad alcune fra le domande più antiche e irrisolte: È lecito modificare gli esseri umani? Che fare nel caso in cui il numero di umani costituisca un peso eccessivo per la natura? In che misura è lecito coartare per esigenze superiori la libera determinazione delle persone? Dove finisce l’educazione, e dove incomincia la manipolazione? Quand’è che una decisione è condivisa? Può questa condivisione estendersi al mondo intero? Una sorta di referendum telematico continuo in tutto il mondo garantisce un coinvolgimento sensato?
Non vi è alcuna garanzia circa il fatto che le risposte dei guru dell’informatica siano più ragionevoli di altre, né ch’esse siano disinteressate. Lo dimostrano i molti salti logici nelle esternazioni di Elon Musk. In particolare, il suo “salto della quaglia”, dal Partito Democratico a Donald Trump, ma poi anche la sua idea (mutuata dal cosmista Bogdanov) che bisogni emigrare su Marte perché, sulla Terra, i robot avranno il sopravvento, ed essa sarà comunque troppo inquinata. Ma, intanto, sono i Robot quelli sono fatti per i viaggi spaziali, non gli uomini. Poi, Marte è più piccolo della Terra. Poi ancora, installare un impianto cerebrale nel cervello di tutti gli Umani, collegato alla rete mondiale di elaboratori, è il contrario dell’ “Enhancement” per rendere gli uomini più forti e indipendenti: significa semplicemente farne dei pezzi intercambiabili della Macchina Mondiale. Infine, se Musk si preoccupa tanto del sovraffollamento della Terra, perché continua a fare figli?
L’affollarsi di queste questioni irrisolte rende più che mai necessaria la costruzione di una nuova classe dirigente, che, abbandonando le diatribe dei secoli XIX e XX, affronti finalmente le domande dell’epoca in cui viviamo. La cultura può e deve fornire il proprio contributo a questo compito.

“TRUSK”:UN MOMENTO DI DISVELAMENTO DELLA MODERNITA’

La storia culturale della Modernità è piena di paradossi, che derivano in ultima sintesi dal contrasto fra, da una parte, la pretesa trionfalistica di avere superato, grazie alle “idee chiare e distinte”, l’interminabile era del mito, e, dall’altro, l’incapacità di definire in modo soddisfacente un qualunque termine del mondo dell’esistenza: soggetto, oggetto, ragione, verità, mondo…


1.Dalla Dialettica dell’Illuminismo al Nichilismo
Da quell’ incapacità deriva un susseguirsi spasmodico di intuizioni, affermazioni e ipotesi, in cui l’unico aspetto costante è la ferma volontà di occultare in ogni modo, sotto il velo della apparente logica, della pretesa verità, della falsa obiettività, del metodo “scientifico”, dei “valori non negoziabili”, l’assoluta inconoscibiltà del mondo, e perfino dell’Io.
Nel corso dei secoli, solo alcuni,pochi, autori, come Eraclito, Pirrone, Tertulliano, al-Ghazzali, Hume, Leopardi, Nietzsche, Wittgenstein, Heisenberg, De Finetti e Feyerabend, hanno osato rivelare appieno questo meccanismo, che non soltanto scardina tutti i sistemi religiosi, filosofici e politici, ma, addirittura, paralizza la capacità di progettare (il “nichilismo”).Eppure, questa situazione è ben presente all’interno di ciascuno di noi, sì che chiunque deve affrontarla e gestirla, oggi come sempre.
Nonostante la crescente complessità e raffinatezza dei miti (trasformatisi gradualmente in lingua, religione, storia, politica, diritto, filosofia, arte), la loro debolezza e precarietà non cessa di rivelarsi nelle diverse epoche storiche; e compito primario delle classi dirigenti è sempre stato, ed è ancor sempre, quello di coprire con nuove creazioni le crepe delle narrazioni dominanti per evitare crisi culturali, e quindi politiche. Proprio da quest’ esigenza ininterrotta di “Riparazione del mondo” (“Tikkun ha-Olam”) deriva l’asprezza delle guerre culturali, che, anziché arrestarsi con l’avvento dell’ attuale era ipertecnologica, s’intensificano vieppiù, come dimostra l’attuale lotta per l’egemonia culturale e per il dominio sui mezzi di comunicazione.


2.Dai paradossi della Modernità al contrattacco MAGA
All’ interno del processo di disvelamento, il presente potrebbe costituire un momento di presa di coscienza, da una parte del mondo politico e culturale, circa la conflittualità del progetto occidentale con gl’ideali umanistici e in larga misura conservatori che pure animano il discorso pubblico di buona parte dell’ establishment europeo.
E’ il cosiddetto “scossone” per l’ Europa auspicato,tra gli altri, dall’ex-Commissario Gentiloni, anche se non si vede proprio quale potrebbe essere il soggetto attivato da questo scossone, visto che ancor oggi nessuno è capace, ma neanche desideroso, di assumere un ruolo di autentica “leadership” europea. Siamo innanzitutto di fronte a un effetto intimidatorio di lungo periodo, sulle classi dirigenti, delle vicende Olivetti, Chu, Mattei e Moro, che hanno dimostrato che chiunque fa veramente gl’interessi dell’ Italia e dell’ Europa viene comunque punito; poi, del risultato degli sforzi sistematici del sistema educativo di formare caratteri deboli e menti confuse,..
Inoltre, non è affatto detto che modeste innovazioni istituzionali (come il voto a maggioranza o l’aumento delle risorse proprie) possano supplire alla mancanza di identità e di leadership.
Certo, dovrebbero fare sobbalzare gli Europei il preventivato contratto italiano con Starlink, il sostegno di Musk agli elementi più estremi dell’UKIP e all’ AfD, la rivendicazione, da parte di Trump, di Groenlandia, Canada e Panama, oltre che l’innalzamento della richiesta di aumento delle spese militari, dal 2% al 5%. Richieste che, se accettate, comporterebbero la distruzione dell’economia europea e lo smantellamento delle seppur modeste parvenze di politiche europee commerciali e di difesa. Ma che, soprattutto, mettono comunque in evidenza quali siano gli obiettivi bipartisan americani, al di là dei veli ideologici , siano questi anti-woke, siano essi progressisti. La realtà è che, come prevedeva Morozov(ne “I Signori del Silicio”), le classi dirigenti dell’ Occidente, e soprattutto degli USA, si preparano a difendere con l’informatica le loro posizioni di privilegio (cfr. “The New Digital Age”), e questo, non potendo toccare, né la Cina, né l’ India, né l’Iran, viene fatto accrescendo ai danni degli alleati -innanzitutto europei-(“mettere fuori mercato il mondo intero”, cfr.l’”Inflation Reduction Act”).

Droni assassini

3.Le debolezze del discorso “occidentale” e l’incapacità di usarle.
La contropartita negativa, per gli USA, di questo gioco allo scoperto, sarebbe che diviene per essi sempre più difficile utilizzare le loro usuali retoriche del “mondo libero”, del libero mercato, della concorrenza e dell’indipendenza nazionale, quando invece il potere americano (statuale e informatico) si comporta in modo così specularmente e platealmente opposto, licenziando via tweet governi e magistrati indipendenti, rivendicando territori stranieri per pure esigenze di sicurezza nazionale, imponendo all’ Europa cambiamenti radicali della propria legislazione. Come fare a sostenere che gli USA si ispirano a regole obiettive nell’ interesse dell’Umanità, quando non rispettano i principi ch’essi stessi hanno imposto (democraticità, reciprocità, autodeterminazione, antitrust, rispetto dei trattati)? I fatti dimostrano anche che non si tratta qui solo di una scelta tattica e soggettiva, legata a questo o quel presidente, ma del comportamento sistemico di un Paese che applica in tutto il mondo tariffe discriminatorie, sanzioni ed altri tipi di “coercion” che allo stesso tempo dichiara totalmente vietati. Un ennesimo caso di “double standard”, che s’inquadra perfettamente nel panorama di nascondimento generalizzato che caratterizza la Modernità (che, a questo punto, s’identifica con l’ipocrisia puritana).
Ebbene, per i motivi che abbiamo sopra evidenziato, nei fatti, quello “scossone” di cui avevamo parlato all’ inizio non c’è, nei fatti e neppure nelle coscienze. Ci si limita a descrivere con un poco più di realismo del solito i fenomeni in corso, con i quali l’establishment è evidentemente del tutto intenzionato a convivere senza reagire.Anche perché si tratta della roiproposizione, in termini più aggressivi, di idee che giravano da tempo.
L’idea che le società informatiche (i GAFAM) dovessero guidare l’America alla conquista del mondo era stata espressa da Schmidt e Cohen già nel 2005 nel loro “The New Digital Age”, ed attuata in pratica con la “NSCAI” NATIONAL SECURITY COMMISSION ON ARTIFICIAL INTELLIGENCE , che redasse, sotto la guida di Schmidt, e fece approvare dal Congresso, il CHIPS and Science Act e l’Inflation Reduction Act, volti a “mettere il mondo stesso fuori mercato”, oltre a gettare le basi per altri 9 provvedimenti legislativi a favore dell’ AI americana. Oggi, furoreggia, inoltre, la singolare idea che gli Stati esteri debbano “ridurre il surplus commerciale con gli USA”, quando tale surplus deriva solo dal fatto che, grazie al signoraggio del dollaro, gli Americani possono comprare gratis qualunque merce in tutto il mondo. L’unico vero modo per eliminare il deficit commerciale americano sarebbe quindi eliminare il signoraggio del dollaro, con la “de-dollarizzazione”; invece, gli USA e i filo-americani d’Europa (come Christine Lagarde e Ursula von der Leyen), vorrebbero che tale surplus venisse eliminato comprando in America prodotti antieconomici di cui gli Europei non hanno alcun bisogno.
Ci si potrebbe stupire del fatto che molti osservatori ritengano che Europa e America tendano a divergere, quando, di fatto, quel che si vede in superficie è una sempre maggiore acquiescenza degli Europei agli Americani, e perfino l’erosione di una delle ultime isole di resistenza, l’estrema destra, cooptata così facilmente da Musk. Invece, la divaricazione è nei fatti stessi, nell’ atteggiamento oramai platealmente ostile del potere americano nei confronti degli Europei, e giungerà all’ estremo dei paradossi se, per ipotesi, gli Europei accettassero di aumentare al 5% del PIL le loro spese di difesa. Ciò vorrebbe dire una spesa annua di 850 miliardi di Euro, cioè pari a quella americana. Ma, se ciò fosse, non avrebbe proprio più alcun senso che gli USA dominassero la NATO, Con 850 miliardi l’anno, l’Europa dovrebbe potersi permettere un servizio segreto europeo, un sistema missilistico, spaziale e nucleare, europeo, dei missili ipersonici, oltre che una potentissima industria “duale”. Inoltre, se l’America persisterà a voler annettere territori, come la Groenlandia, che sono “territori d’oltremare” di uno Stato Europeo, l’Europa dovrebbe considerare, nella sua “percezione delle minacce”, anche e soprattutto gli USA. In pratica, la dottrina gaulliana della “Force de Frappe Tous les Azimuts”, cioè i missili puntati su Washington. Cosa che invece è ovviamente assente nel più recente documento europeo, il “Rapporto Niinistoe”.

Jack Ma, oggi in esilio


4.Il “Sistema Informatico-Digitale “al potere
Soprattutto, attraverso l’inedita simbiosi fra Musk e Trump (che Giannini ha chiamato “Trusk”), si è evidenziato che il progetto di Schmitt e Cohen era tutt’altro che una chimera, ma, anzi, ha vinto in tutto l’ Occidente. Come scrive Cacciari: “La tecnica domina il dover essere dell’umanità e ne è diventata, in tutta evidenza, la nuova religione.””La Macchina, Macchina divenuta intelligente, ‘spirituale’, rappresenta il fattore fondamentale della nostra vita. E i suoi padroni ne sono quindi, di necessità, i sovrani”“Si sono affermate nel corso degli ultimi decenni culture politiche che hanno assecondato un tale processo e che nulla hanno a che fare con destre e sinistre del Novecento.” Fra queste (a nostro avviso): la cultura della cosiddetta algoretica, sotto l’influenza di Teilhard de Chardin, e il “Movimento 5 Stelle”, creato da un informatico come Casaleggio, che ha alimentato l’illusione di una democrazia digitale (che abbiamo visto essere insostenibile).
Ma in realtà sono i GAFAM nel loro complesso ad avere preso il sopravvento sull’Amministrazione americana: Musk come porta-parola ufficiale; Zuckerberg come agitatore aggressivo; Schmidt come lobbista parlamentare; Kurzweil come teorico e teologo.

Il totalitarismo è legato al millenarismo religioso


5.Il totalitarismo del XXI Secolo
In definitiva, come scrive Giannini, “il muskismo è una teoria totalitaria dell’ umano tanto quasi quanto lo fu il marxismo”, e questo è ovvio se si pensa al precursore Saint- Simon (che voleva affidare agl’industriali “il potere spirituale”), se non addirittura alle radici gnostiche dei totalitarismi secondo lo schema di Voegelin (Il mito del Mondo Nuovo). Più precisamente, il “Muskismo” è addirittura l’”inveramento” del comunismo(deperimento dello Stato più anarchismo), e, quindi, come scrive Cacciari, una religione fondamentalistica, ennesima riedizione della “Réligion de l’Humanité” di Saint-Simon, già presente un po’ in tutte le culture e le società moderne (Garibaldi ne teneva sempre con sé un esemplare).
A questo punto. l’unico serio ostacolo alla creazione di un fondamentalistico Stato Mondiale dei GAFAM (come quello profetizzato da Juenger) è costituito, a oggi dall’alleanza fra Russia e Cina, perché questi due Paesi hanno avuto il coraggio di affrontare di petto il Sistema Informatico-Militare, come si è fatto in Cina con il “Crackdown sui BAATX” e in Russia con il superamento delle tecnologie militari USA.
Ed è per questo che il Sistema Informatico-militare incalza la politica americana, a partire da Trump, perché, secondo essi, lo Stato americano non ha fatto abbastanza per coordinare l’espansionismo delle imprese e imbrigliare i partner in accordi commerciali esclusivi (che non accettino la Cina).
Secondo quanto scrive Massimo Giannini su “La Repubblica”, il progetto totalitario occidentale consisterebbe ora nel “somigliare alle autocrazie, ibridando tecnica e politica”. In realtà, questo parallelismo regge solo fino a un certo punto. Intanto, come abbiamo visto, l’idea della “creazione di una nuova società organica” sul modello dell’ Ancien Regime, ma con “il potere spirituale nelle mani degl’industriali”, era già presente in Saint-Simon, fu elaboratanei minimi dettagli dal Cosmismo russo e dal Trockismo, e infine espressa in modo mirabile da Kurzweil (oltre ad avere cultori in Garibaldi e in Juenger). Tutto ciò molto prima della recente svolta centralistica in Cina e in Russia, nata, questa sì, dalla rivalità mimetica con l’ America -con il disciplinamento degli oligarchi ai tempi di Khodorkovskij, con la rinazionalizzazione delle imprese strategiche dopo l’exploit dei GAFAM, e con la necessità di contrastare le spinte separatiste tibetana, uighura e di Hong Kong, fomentate dagli USA-.Inoltre, perché tanto in Cina, quanto in Russia, il potere degli oligarchi è subordinato a quello dello Stato (come dimostrano i casi di Khodorkovskij e di Jack Ma), mentre negli USA gli oligarchi fanno ciò che vogliono.
L’emersione a Est e a Ovest di sempre nuove società illiberali costituisce certamente un ulteriore dato di fatto, a causa soprattutto della guerra culturale in corso fra “Democrazie” e “Autocrazie”, e in particolare, della centralità, in quest’ultima, dell’informatica: si tratta infatti di un’economia di guerra, dove nessuno spazio può essere lasciato ai nemici, siano essi interni o esterni.
Chi ha imitato gli altri in campo informatico è stata in ultima analisi la Cina: innanzitutto, ha forgiato i propri BAATX proprio come l’ARPA ha forgiato i GAFAM, e secondo il modello di questi ultimi, poi, mentre l’Europa ha preteso assurdamente di nascondere la propria impotenza sotto una pletora di grida manzoniane, la Cina ha semplicemente tradotto in Cinese le nostre grida, applicandole immediatamente e integralmente ai suoi BAATX, comminando ad essi migliaia di sanzioni, e giungendo, coerentemente, ad espropriare Jack Ma. E’ ciò che i GAFAM vogliono evitare accada anche in Occidente (lo “spezzatino” dei GAFAM sul modello Standard Oil e AT&T, ed è per questo che sono saltati rapidissimamente sul carro di Trump, “tirandolo per la giacchetta”, come sta facendo in primis Zuckerberg.


6.Le rivendicazioni di Zuckerberg contro l’ Unione Europea

Zuckerberg con la Commissaria Jourovà


L’Europa, che ha preteso a lungo di costituire, con la sua legislazione sul web, il “Trendsetter of the Worldwide Debate”, è stata sonoramente sementita dai fatti:
-l’Europa non può legiferare su imprese che esistono solo in USA, e vivono in simbiosi con l’Esercito Americano, che le protegge;
-queste imprese sono più forti dei Governi europei, e i più credono che ora siano più forti perfino di Trump, il quale non riesce ad opporsi a Musk;
-le stesse Istituzioni Europee violano, per complicità con i GAFAM, le norme ch’esse hanno adottato, perché, nella vita concreta, tutto in Europa è così strettamente connesso con le forze armate americane, con la Intelligence Community, con le fondazioni, università e imprese USA, che il trasferimento di dati dalla UE agli USA è ininterrotto, ed essenziale per il funzionamento stesso dell’Europa, anche se il Parlamento Europeo, il diritto europeo e la Corte di Giustizia ne richiedono l’interruzione;
-un siffatto “decoupling” (effettivamente preparato, ma ancora non messo in atto, in Russia e in India), richiederebbe infatti una fortissima volontà politica e una lunga preparazione tecnica ed economica, che in Europa non ci sono.
Intanto, Zuckerberg sta aprendo un nuovo fronte:il rifiuto dell’applicazione extraterritoriale del diritto europeo ::“The U.S. government under incoming President Donald Trump should intervene to stop the EU from fining American tech companies for breaching antitrust rules and committing other violations”.
Non soltanto, quindi, in America l’antitrust è stato praticamente cancellato per non danneggiare i GAFAM, ma addirittura Zuckerberg pretende che l’Europa disapplichi completamente (almeno nei confronti degli Americani), il proprio intero pacchetto di tutela, di cui essa va fiera. Anche se avevamo visto lo stesso Zuckerberg stringere la mano della Commissaria Jourovà dopo aver concordato tale pacchetto. Sempre secondo Giannini”, “le smunte comparse di quel che resta del teatrino comunitario provano a resistere”.
In effetti, la Presidente von der Leyen aveva sempre vantato i presunti successi della Commissione nel controllo mondiale sul digitale, mentre oggi si rivela che l’unica seria discepola della Commissione (con il preteso ”effetto Bruxelles”) è stata la Cina.
Intorno all’ attacco comntro la UE, Zuckerberg sta elaborando un’intera ideologia contro gl’interventi della UE sui GAFAM, descritti come un asset americano da difendere:”I think it’s a strategic advantage for the United States that we have a lot of the strongest companies in the world, and I think it should be part of the U.S. strategy going forward to defend that,”
Zuckerberg continua così:”If some other country was screwing with another industry that we cared about, the U.S. government would probably find some way to put pressure on them, but I think what happened here is actually the complete opposite” .
Ecco che cosa s’intende in pratica con “Make America Great Again”, e ciò contro cui gli attuali politici europei non hanno il coraggio di muoversi.

2024 BUON NATALE, Merry Christmas

Auguri

ALEPPO, ORESHNIK, TAVARES:Apocalypse Now

Dai tempi della caduta del Muro di Berlino, siamo oramai avvezzi a continui roboanti annunzi circa l’avvento di un “nuovo ordine mondiale”, radicalmente diverso da quelli passati.
Oggi, si può forse dire che questa trasformazione sia veramente in corso, perché le novità riguardano un po’ tutte le aree della competizione/conflitto fra “Occidente” e “Maggioranza del Mondo”,facendo oggetto di eventi spettacolari, fra cui le sempre nuove armi, i sempre nuovi fronti e gl’ininterrotti terremoti nell’economia europea. In queste condizioni, risulta sempre meno sopportabile, assistere alla televisione alle continue apologie dell’ esistente da parte di politici, giornalisti, imprenditori e intellettuali di tutti i colori, sorridenti, eleganti e imbellettati mentre parlano di stragi, guerre, crisi, ecc..
Quanto agli scenari di guerra, secondo Molinari (La Repubblica del 2 Dicembre), “all’ interno dei singoli paesi, in Nord America come in Europa e in Estremo Oriente non c’è consenso sulla comprensione della grande guerra d’attrito: a prevalere sono spinte nazionaliste, isolazioniste e populiste che preferiscono ignorare o sminuire le minacce per non dover affrontare le conseguenze che comportano”.
Quanto al rapporto fra guerra e tecnologie, quella in corso sta mettendo in evidenza le nuove realtà con cui fare i conti: il riallinearsi dei GAFAM (Zuckerberg) con lo Stato americano anche dopo l’elezione di Trump; la disponibilità, nelle mani della “Maggioranza del Mondo”, di tecnologie belliche potenti, spesso più avanzate di quelle occidentali, a partire dal missile sperimentale Oreshnik, che ha centrato dimostrativamente il grande complesso industriale Yuzhmash di Dnipro, il maggior costruttore ucraino di missili.
Infine, per ciò che concerne la crisi dell’economia moderna, la “Guerra senza Limiti” in corso accelera la decadenza del modello economico e sociale europeo del secondo Dopoguerra, fondato sulla trasformazione dell’economia di guerra del 2° conflitto mondiale in società affluente; sullo sfruttamento parassitico dell’egemonia americana per realizzare prodotti di consumo all’ ombra della NATO; sul patto sociale socialdemocratico realizzato semplicemente rivitalizzando le politiche sociali corporative dei fascismi; sul “capitalismo renano” fondato su una cogestione che oggi sembra non tenere il passo con i tempi; sulla centralità dell’ autoveicolistica come via maestra verso la società dei consumi…


1.Allargamento degli scenari di guerra
La “Guerra Mondiale a Pezzi” di cui parlava Papa Francesco si è oramai trasformata nella “Guerra Senza Limiti” teorizzata dai generali cinesi.
Il Rapporto del futuro commissario dell’Unione Europea Niinistö, riprendendo una pubblicistica oramai classica in Scandinavia, propugna la diffusione in tutta Europa di un manuale militare sul modello di quello da sempre esistente in Svezia, dedicato a consigli pratici alla popolazione per il caso di guerra. Si tratta di raccomandazioni (per lo più banali) di sicurezza passiva, volte alla salvaguardia della sopravvivenza individuale. La parte attiva dell’originale svedese, dedicata alla resistenza civile (“Inte Samarbejde”, “Non collaborate”), che completava l’opera quando la Svezia era un paese neutrale, è stata lasciata cadere, forse perché potrebbe ritorcersi innanzitutto contro la NATO, affidando ai cittadini compiti bellici importanti.
In realtà, prima della caduta del Muro anche la dottrina militare di altri Paesi d’Europa, come quelle svizzera, jugoslava e albanese, prevedevano una resistenza partigiana dopo l’eventuale invasione e sconfitta (difesa nazionale totale, in serbo Opštenarodna odbrana),che dava alla popolazione civile il compito di mobilitarsi in forze di difesa territoriale dotate di grande indipendenza operativa, le quali, sfruttando la conoscenza del terreno e le tattiche della guerriglia, si sarebbero trasformate in un esercito di resistenza che avrebbe condotto azioni militari, continuato la produzione bellica e mantenuto l’amministrazione dello Stato nelle zone occupate, proseguendo così una guerra di logoramento contro l’invasore.
Con il passare dei decenni, anche queste modeste velleità “sovraniste” sono andate perdute, con Svezia, Finlandia, Slovenia, Croazia, Montenegro ed Albania nella NATO, e la Svizzera non più genuinamente neutrale.
Intanto, lo scenario del conflitto si è esteso all’oblast russa di Kursk, all’ordine pubblico in Romania e Georgia, alla guerra civile siriana, al Libano, allo Yemen…


2.La “maturità” dei missili ipersonici rende più realistica una guerra totale
Il missile “sperimentale” Oreshnik presenta varie caratteristiche che ne fanno lo sbocco naturale delle esigenze strategiche nella Guerra senza Limiti quale teorizzata dai generali cinesi.
Esso non è intercettabile perché è in sostanza una navicella di rientro di un lanciatore riutilizzabile, e, quindi, raggiunge Mac 11; inoltre, compie una traiettoria casuale e sgancia grappoli di proiettili; ottiene effetti distruttivi complessivi pari a una bomba atomica di grande tonnellaggio pur non avendo neppure una carica esplosiva, ma solo coni di alluminio leggero che si comportano come piccoli meteoriti, provocando profondi crateri. Di conseguenza, evita la contaminazione nucleare, come pure lo stigma collegato all’ arma atomica.
Essendo tale, esso si presenta come l’arma tattica ideale, perfetta per rispondere ai missili a medio raggio che l’Occidente (e forse anche l’Ucraina in Yuzhmash) hanno ricominciato a costruire.
Questo è un ulteriore tassello dell’escalation in corso nella Terza Guerra Mondiale, che ci fa comprendere ancor più quanto il nostro futuro sia sospeso a un filo, e quanto poco noi Europei e Italiani possiamo influenzarlo, soprattutto perché nessuno sembra curarsi della nostra particolare posizione geografica e, in particolare, del fatto che l’Italia ospiti più di 100 basi americane, che contengono, fra l’altro, varie decine di testate nucleari.
Solo un’azione culturale profonda, che smonti molti degli attuali riflessi pavloviani, potrebbe tirarci fuori dalla spirale bellicistica in corso, ricordando innanzitutto a tutti i nostri concittadini che i Russi, come tutti gli Slavi, sono culturalmente Europei, e che quindi non vi è alcuna ragione per condurre ininterrottamente una fratricida lotta (militare o di altro tipo) contro di loro, come invece stiamo continuando a fare a partire dalla Perestrojka (mentre quando c’era il PCUS andavamo, paradossalmente, d’amore e d’accordo).


3.Le dimissioni di Tavares pochi giorni prima di Barnier: ennesimo paradosso della vicenda FIAT.

Torino fu fondata da Giulio Cesare nel 58 a.C. Nel 1561, divenne la residenza di Emanuele Filiberto, il Duca di Savoia vincitore alla Battaglia di san Quintino. Nel 1713, divenne capitale del Regno di Sicilia, nel 1718, di quello di Sardegna; nel 1961, di quello d’ Italia.
Fra il 1888 e il 1889, ospitò Nietzsche fino al momento della sua pazzia: qui scrisse L’Anticristo, Il crepuscolo degli idoli ed Ecce Homo . Dal 29 aprile al 19 novembre 1911, si tenne a Torino l’ Esposizione internazionale dell’industria e del lavoro, Nel 1907, il politologo tedesco Roberto Michels, il grande teorico dei partiti politici, grazie all’intercessione di Einaudi e di Loria, ottenne una cattedra all’Università di Torino, dove insegnò Economia Politica e Sociologia Economica.
Torino era quindi una capitale politica e culturale europea già prima della FIAT, e avrebbe potuto benissimo prosperare senza di essa.
Tuttavia, essa vi dedicò tutte le sue forze, dalla costruzione del Lingotto e di Mirafiori, all’occupazione delle fabbriche diretta da Gramsci ed esaltata da Gobetti, e al primo contratto collettivo in Italia, alla costruzione delle infrastrutture militari per le due Guerre Mondiali, sotto lo slogan “Terra, Mare, Cielo”, fino al lavoro sotto i bombardamenti, all’Autunno Caldo e alla Marcia dei Quarantamila. Il quartier generale della società era a Torino, fra il Lingotto, Corso Marconi e Mirafiori, ma il Gruppo, con i suoi 188 stabilimenti, in cui erano occupati più di 190 000 dipendenti, era presente in 50 paesi del mondo e intratteneva rapporti commerciali con clienti in oltre 190 nazioni.
Produceva beni e servizi in almeno 12 differenti settori, dalla finanza all’editoria, dalla formazione alla consulenza, dalla ricerca all’industria di base, dall’autoveicolistico alle ferrovie, all’ aviazione, ai motori marini, agli elettrodomestici, dalla chimica agli armamenti, allo spazio. Gravitavano intorno ad essi famiglie, azionisti, fornitori, clienti, professionisti, che rappresentavano almeno mezzo milioni di persone in tutti i Paesi del mondo.
Un vero impero economico, capace di esprimere, nella sua dismisura, tutti i lati, positivi e negativi, della Modernità, e che ha richiesto l’impegno assillante di almeno cinque generazioni di Torinesi.
Nel 1974 Torino aveva raggiunto il record di 1.202.846 , mentre oggi ne sono rimasti soltanto 890.000.
Così come la FIAT è nata con la Modernità, non vi è dubbio che, con la fine della Modernità, essa sarebbe venuta meno. Cosa che si è puntualmente verificata, visto che Stellantis non ha praticamente più nulla in comune con FIAT: non il gruppo di controllo, che è francese, non la sede, che è a Parigi, non le fabbriche, dove l’unica torinese, Mirafiori, è praticamente chiusa.
Non possiamo passare il tempo a rimpiangere questo stato di fatto, che era praticamente ineluttabile, vista l’analoga sorte della Chrysler, della Leyland, della Saab e di altre, ma possiamo, e dobbiamo, invece, polemizzare su come ciò è avvenuto e sulle prospettive per il futuro. La fuoriuscita dall’ auto non è avvenuta mediante una strategia intelligente e concordata fra politica, impresa e lavoratori, bensì trasferendo surrettiziamente tutta l’eredità della FIAT, originata prima di tutto dagli sforzi e dai sacrifici dei Torinesi, e, poi, dagli aiuti dello Stato italiano, allo Stato francese e ai tre fratelli Elkann, i quali l’hanno reinvestita altrove, perfino in spregio al nostro diritto, costituendo uno dei massimi patrimoni privati del mondo e lasciando a Torino solo fabbriche obsolete e inquinanti e operai in cassa integrazione. Tutto ciò con la benedizione e la connivenza di tutti i Governi italiani e regionali, dei sindaci di Torino, dei partiti e dei sindacati (senza contare, a suo tempo, i Sovietici e Obama, fra i maggiori artefici delle fortune del gruppo di controllo).
Ora, le dimissioni di Tavares aggiungono a tutto ciò un ulteriore tocco di surrealismo. Un amministratore delegato di un’impresa controllata dallo Stato francese che guadagna centinaia di volte più di un operaio, che chiude fabbriche dovunque licenziando migliaia e migliaia di persone, e, alla fine, licenziato a sua volta per aver mandato in rovina la Stellantis (non solo quella italiana), ottiene dall’ azionista (lo Stato) una “buonauscita” miliardaria.
Certo, il caso della Stellantis non è unico, perché, contemporaneamente, sono in crisi tutti i grandi gruppi europei, tant’è vero che la UE sta già pensando a una nuova stagione di aiuti, ma anche questo non è un disastro naturale, bensì il risultato di una serie di errori politici.


4.La crisi Volkswagen
Infatti, le crisi degli altri gruppi, in primis quella della VW, potevamo vederla già a partire dal 2015, quando l’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente aveva accusato la multinazionale tedesca di avere progettato i propri motori diesel Turbocharged Direct Injection (Tdi) in modo tale che attivassero i sistemi di controllo delle emissioni solamente durante i test di controllo.
Giacché la Casa di Wolfsburg non era la sola a truccare in tal modo i dati, molti osservatori ritengono che, dietro la deflagrazione delle accuse e dello scandalo mediatico che travolsero quell’unico marchio (lo stesso, guarda caso, finito spesso bersaglio delle critiche di Donald Trump), vi erano motivazioni politiche. Comunque sia, lo scandalo Dieselgate contribuì a mettere in moto quelle politiche green che hanno portato all’attuale crisi finanziaria del principale gruppo europeo.
Volkswagen, probabilmente proprio per scrollarsi di dosso l’onta del Dieselgate, è stata infatti tra le Case del Vecchio continente ad aver abbracciato con convinzione le nuove motorizzazioni elettriche, con una mossa tipica del mondo industriale tedesco, che spesso ha avuto la presunzione di mettere fuori mercato la concorrenza grazie alle sue scelte innovative. Molte Case erano invece rimaste a guardare, ritardando l’elettrificazione dei propri marchi: “VW si è ritrovata con una gamma di nuove auto elettriche che erano molto costose da acquistare senza che nessuno le volesse per davvero”. A ciò non sono certo estranee le politiche americane miranti ad accerchiare l’Europa:
-guerra in Ucraina e conseguente blocco dell’ importazione di idrocarburi a basso prezzo dalla Russia;
-boicottaggio delle Nuove Vie della Seta con conseguenti difficoltà nelle esportazioni e negli investimenti in Cina;
-dazi sempre più pesanti tanto verso la Cina quanto l’ Europa.
Tutto ciò mentre alle porte dell’Europa bussano ormai le rivali cinesi: “Per un milione di ovvie ragioni le auto elettriche possono essere prodotte in Cina a un prezzo molto più basso rispetto all’Europa”.
Tutto ciò è paradossale perché la Volkswagen è sempre stata altamente politicizzata, e, quindi, fortemente sensibile alle grandi trasformazioni del proprio tempo. Fondata da Hitler e da Porsche contro la volontà dell’imprenditoria tedesca, e perciò affidata al sindacato nazista (la prima grande azienda autogestita), poté sopravvivere dopo la guerra grazie al governatore inglese della Germania del Nord, e realizza nel modo più radicale il concetto tedesco di “cogestione”, che, nel suo caso, assomiglia all’ autogestione, perché l’azienda è protetta da un regime speciale detto “Volkswagengesetz”, che ne garantisce il controllo al Land della Bassa Sassonia.
Ora, è in corso uno sciopero durissimo contro la chiusura di varie fabbriche. La Presidentessa del Consiglio di fabbrica, Cavallo, figlia di un emigrato italiano, ha chiamato l’Amministratore Delegato “Vergogna della Nazione”.


5.Insufficienza delle politiche nazionali ed europee
La scelta dell’elettrico per garantirsi l’indipendenza economica ha senso per la Cina, che può permettersi di fare scelte autonome di lungo periodo, comprendenti tra l’altro la motorizzazione di centinaia di milioni di nuovi consumatori, le “smart cities”, le auto a guida autonoma e il dominio del solare eolico, non già un’Europa soggetto ai capricci degli USA, priva di terre rare e di deserti dove installare i pannelli solari, e tagliata fuori dal mercato della guida autonoma. Per un’Europa siffatta, purtroppo, il “time to market” è fondamentale, e può diventare fatale.
Anche in questo campo, o ci trasformiamo in uno Stato-Civiltà con centinaia di milioni di abitanti, con un budget enorme e la capacità di fare investimenti decennali, oppure saremo condannati ad uscire anche dall’ industria auto.
Come afferma il sito della Coface (assicurazione francese dei rischi export) il Governo cinese, investendo nell’auto elettrica più di 231 miliardi di dollari, ha fatto sì che, 2023, BYD abbia superato Tesla.
Secondo la Coface,i dazi all’ import decisi dall’ UE non bastano, anche perché, nell’ attuale situazione geo-politica, una UE sempre più debole (vedi dimissioni di Barnier) non ha un peso contrattuale sufficiente per negoziare con la Cina, gli USA e gli aggressivi gruppi multinazionali.

DALL’EGIZIO AL MUSEO DELL’ EUROPA verso Torino Capitale Europea della Cultura 2033

Nella prefazione al libro “La Memoria è il nostro futuro”, ispirato all’ idea-chiave della “Memoria Culturale” di Ian Assmann, il direttore del Museo Egizio di Torino, Christian Greco, ha sviluppato un approfondito discorso sul ruolo che i musei potrebbero, e dovrebbero, avere, nel dibattito contemporaneo circa le identità culturali – un dibattito a nostro avviso determinante per le sorti della pace e della libertà nel mondo-.Discorso ulteriormente allargato con “La cultura è di tutti”, scritto con Paola Dubini, Egea,Milano, 2014.
Nel contempo, il Sindaco di Torino ha lanciato un tavolo di lavoro per la candidatura della Città a Capitale Europea della Cultura nel 2033. Il discorso sui musei s’inserisce perfettamente in questa prospettiva, che rientra, a sua volta, a pieno titolo, nella missione e nella storia dell’Associazione Diàlexis.


1.Contro la moderna follia
Nessun momento avrebbe potuto essere più appropriato di questo, in cui assistiamo, per usare un termine attualissimo, a una Guerra Senza Limiti (cfr. Liang Qiao , Xiangsui Wang, e al.),fra, da un lato, il blocco culturale, politico e militare “occidentale”, che, pure fra le apparenti divergenze (fra “cultura Woke”, “Cancel Culture”, Politicamente Corretto, Singularity, turbocapitalismo, “progressismo da ZTL”, sovranismo e “Make America Great Again”), condivide l’idea di una missione superiore attribuita all’Occidente, e, dall’ altro, la molteplicità delle infinite culture del resto del mondo (pre-alfabetiche, animistiche, politeistiche, patriarcali, epistocratiche, religiose, comunitarie, conservatrici, monarchiche o ancestrali), a lungo spregiate e perseguitate in quanto barbariche e arretrate (cfr., per esempio, la conquista delle Americhe, la Tratta Atlantica, lo schiavismo, il Trail of Tears, l’ imperialismo, il neo-colonialismo, i genocidi, l’islamofobia, la russofobia, l’”esportazione della democrazia”), ma le quali infine, grazie ad una sorta di “Lunga Marcia” (indipendenza di Cina, India, Vietnam e altri Paesi afro-asiatici; rilancio delle “tigri asiatiche”; miracolo cinese) hanno oramai raggiunto un livello di parità culturale, politica, economica e militare con il “Primo Mondo”, il che che permette loro di esprimere il loro punto di vista circa i grandi temi dell’ Umanità.
Qualora si assumano questi diversi orientamenti culturali e storici come un qualcosa di fisso e assoluto, l’“escalation” verso la Terza Guerra Mondiale, in corso in Ucraina, nel Levante e nel Mar della Cina, è inevitabile. Se, invece, come a noi pare più sensato, si vanno a cercare le radici comuni delle diverse culture del mondo, quali esse apparivano per esempio all’ inizio dell’ Epoca Assiale (cfr. Jaspers, Eisenstadt e Assmann), uno “Scontro di Civiltà” sembra più lontano. Visto che qui si parla innanzitutto del Museo Egizio, non vi è chi non veda le similitudini fra l’Antico Egitto e le società ad esso coeve, come in particolare quelle mesopotamiche e anatoliche, con lo stesso ruolo attribuito ai sovrani di diritto divino, le loro mitologie addirittura “traducibili”, come nel trattato di Qadesh, l’etica professionale dei guerrieri montati su carri (pensiamo a Mozi o al Bhagavadgita), il principio di “humanitas” (“ren”仁), che traspare dalla “Regula Aurea”, l’indistinguibilità fra etica e diritto, spezzato dal positivismo giuridico delle poleis (cfr. Antigone)…
Anche avvicinandoci nel tempo, i poemi omerici e Gilgamesh, il Mahabharata e il Ramayana sono collocati in una stessa atmosfera etica e letteraria, caratterizzata dall’interazione fra gli uomini e gli dei, dal culto dell’eroe, dal senso del destino, che incombe sugli eroi e sugli stessi dei: un’atmosfera che ha permeato tutte le letterature successive (pensiamo all’Ifigenia di Goethe, ai Sepolcri, a Carlyle, ad Anouilh, alla Cassandra di Christa Wolf, all’ “Eschile, l’éternel perdant” di Kadaré).
Infine, i pensatori che hanno gettato le basi del pensiero mondiale, da Mosè a Jina, da Laotse a Confucio, da Zhuangzi a Mozi, da Eraclito a Parmenide, da Socrate a Platone, da Budda ad Aristotele, da Epicuro a Lucrezio, da San Paolo a Sant’Agostino, hanno affrontano tutti, seppure con diversi metodi e linguaggi, le stesse questioni, a partire dall’ indeterminatezza della realtà (Rgveda, Protagora, Socrate, Confucio).
Soprattutto il Cristianesimo testimonia l’eredità dei popoli primitivi e medio-orientali (cfr. Rees,Cristianesimo e antiche radici) a cominciare dal tema del Giardino Terrestre (il “Gan Eden” con un chiaro riferimento all’area sud-arabica); per passare al Diluvio Universale, così simile a ciò che si è detto e fantasticato su Atlantide, la Lemuria, Doggerland e Kumari Kandam; per poi venire al Figlio di Dio, alla Resurrezione, alla Trinità, agli Angeli, Arcangeli, Troni e Dominazioni, al Salvatore, all’Aldilà, all’ Apocalisse, all’ascetismo e al monachesimo. I Re Magi che adorano il Bambino non compiono lo stesso rito dei Lama che ancor ora selezionano il Piccolo Budda in giro per il Tibet? E il ricordo di Cristo e i suoi apostoli non è ancora vivissimo nei monasteri del Kashmir e nelle grotte di Chennai?
Solo negli ultimi mille anni il pensiero “occidentale”, con Averroè eal-Ghazzali, Hume e Hegel, Marx e Nietzsche, Freud e Jung, Wittgenstein e Heisenberg, De Finetti e Feyerabend, è sembrato allontanarsi dalle basi lato sensu umanistiche dell’Epoca Assiale, per tingersi spesso con il colori del “sospetto”. Sospetto talvolta del tutto giustificato, ma che più spesso rimanda alla “nostalgia” per quelle radici comuni (greche o cristiane, buddiste o zoroastriane).Contemporaneamente emergeva, con la Qabbalà e Newton, St-Simon e Marx, Rostow e Kurzweil, una visione teo-tecnocratica che pretende di cancellare le antiche culture in nome di una pretesa “obiettività” fondata sulla tecnica, vera “sostanza” del mondo e pensiero di Dio : visione che è oggi dominante nella Teoria dello Sviluppo e nella Singularity Tecnologica.


  1. Nostalgia dell’ avvenire
    Come scrive Greco, “Divenire consapevoli della relatività della visione contemporanea può rappresentare un primo passo per avvicinarsi al passato con la stessa cura e la stessa attenzione che un giorno speriamo venga dedicata alle nostre azioni e ai nostri pensieri..” Ma per noi è ancora di più. E’ lo strumento principe per bloccare la deriva della Modernità verso un mondo senza umanità dominato dagli algoritmi, in cui non vi sarebbe futuro per l’eredità dell’ Epoca Assiale.
    La contemplazione del passato non costituisce quindi una motivazione per l’immobilismo. I popoli più antichi già anticipavano aspetti della postmodernità, se non della futurologia, anche se li inserivano in una visione più vasta dell’ Uomo. Gli antichi libri sacri e i muri dei templi sono pieni di descrizioni di macchine volanti e di tute spaziali; i protagonisti degli affreschi egizi e cretesi sono multiculturali; l’idea dell’ibernazione quale premessa per la resurrezione è tipicamente egizia; ma neppure la fluidità di genere era certo sconosciuta, anche se con risvolti che certo non sono più ben accetti alla Cancel Culture…
    L’ethos dei popoli antichi può costituire anche un modello per quelli odierni, anzi, può aiutare a costruire una forza che eviti quella dissoluzione della società che spiana la strada al governo delle macchine intelligenti. La cultura che tutti abbiamo assorbito è l’erede diretta dell’educazione aristocratica, la “paideia” dei Greci, che accomunava, come concetto, i guerrieri spartani e le fanciulle dei “thiasoi”:il “gymnazein kai philosophein”, così come lo Yoga e il Bushido, sono la base della formazione “integrale” del cittadino “optimo jure”, che accoppia cultura fisica e pensiero critico. Non per nulla, “cultura” si diceva, in Greco Antico, “Paideia”, e si dice, in Neoellenico, “Politismòs”. Per questo, è importante la “storia della memoria” (“mnemostoria” di cui parla Dubini), a cui i coniugi Ian e Aleida Assmann hanno dedicato tutta la loro vita scientifica. Abbiamo appena assistito alle Fonderie Teatrali Limone di Moncalieri a una splendida rappresentazione di “Tragùdia”, un’opera in Grecanico calabrese che rivisita in modo innovativo le tragedie classiche del ciclo tebano, dimostrandone la perenne attualità.
    Ciò che vale per le culture antiche vale anche per le società contemporanee non occidentali. Secondo Lévi-Strauss, la filologia classica costituisce la forma primaria dell’antropologia. E’ noto come i Gesuiti, edificando su una base culturale classica e cristiana, siano divenuti i massimi esperti di Cina, traendone insegnamenti anche per l’Occidente, e diffondendoli in Europa con le loro “Lettres Amusantes et Curieuses”, a cui si abbeverarono gl’Illuministi, e grazie alle quali furono introdotti in Europa concetti fondamentali come quelli dello Stato minimo e dei concorsi pubblici per i funzionari. Ancora questa setytimana il Presidente Mattarella, citando indirettamente l’omonima opera in Cinese di Matteo Ricci, basata sul “De Amicitia” di Cicerone, ha citato l’amicizia quale chiave di volta di un mondo poliedrico, di cui evidentemente Cina e Italia dovrebbero essere protagoniste.
    Quanto valeva nei secoli XVII e XVIII dovrebbe valere a maggior ragione anche oggi. Lo studio comparato delle culture dovrebbe costituire un freno ai fanatismi, permettendo anche di capire come certe caratteristiche che noi attribuiamo erroneamente e polemicamente agli altri Continenti siano soprattutto un effetto indotto dell’incontro con l’Occidente, come il “socialismo con caratteristiche cinesi” (derivato in parte dal marxismo europeo), il “nazionalismo” russo (discendente dal romanticismo tedesco), il puritanesimo islamico (imitazione di quello anglosassone), il culto esclusivistico del dio/eroe/signore Rama (frutto della “rivalità mimetica” con la jiahad islamica e con la figura di Maometto), e la “nazione palestinese” dall’incontro-scontro degli Arabi con il “Popolo d’Israele”. Ma, soprattutto, la centralizzazione indotta dalla società della comunicazione di massa, e, in particolare, dalla transizione digitale, che, dell’era delle comunicazioni, costituisce il culmine – un fenomeno che parte dalla Presidenza Imperiale americana, dal Complesso Informatico-militare e dalla Società dell’ 1%, ma si è esteso al resto del mondo, dove però viene stigmatizzato come “autocrazia”-.
    In conclusione, lo studio del passato può e deve essere la fonte per la costruzione del futuro, così come la ricostruzione del Regno di Salomone era l’obiettivo del messianesimo, o gli “aurea saecula” il modello per il “principatus” augusteo, o “le urne dei forti” la scaturigine di una nuova generazione eroica di Italiani.


3.Favorire la poliedricità dei musei
L’ignoranza, da parte degli Europei, delle culture degli altri Continenti e delle periferie dell’Europa è abissale, ma grave è anche la censura selettiva della nostra stessa storia. Il compito di chi volesse veramente colmare questo abisso non sarebbe certo facile, richiedendosi il concorso di cultura, Chiese, Europa, Stati, tecnologie ed Istituzioni.
Cominciamo, per esempio, dalla parallela ignoranza delle civiltà precolombiane e di quella danubiana. Continuiamo con la Persia e in generale le radici dell’identità europea. Arriviamo infine alle cristianità orientali (malabarica, etiope, monofisita, ariana, nestoriana) e ai popoli dell’ Est Europa (Uralo-Altaici, Unni, Avari, Slavi, Bulgari, Caucasici, Ottomani, Karaiti, Askhenzaziti, Sefarditi). Per concludere poi con i primi secoli della storia americana (dalla Leggenda Nera a quella bianca, dalle colonizzazioni spagnola, olandese, francese e russa, alla tratta atlantica, al “Trail of Tears”, al Trattato di Guadalupe Hidalgo ;cfr.Aleksandar Hemon su “La Stampa”), alla classificazione razziale degl’Italiani (Lombroso,Sergi ), all’Eccezionalismo Americano e i progetti di integrazione europea (Dubois, Podiebrad, Sully, St-Pierre, Santa Alleanza, Trockij, Coudenhove Kalergi, Fulbright, Galimberti, von Ribbentrop…).
Tutto ciò potrebbe, e dovrebbe, fare oggetto di un’intensa attività culturale, e, in particolare, museale, incurante delle contrapposte egemonie culturali.
Una perspicua esemplificazione di quest’impellente esigenza è costituita proprio dal Museo dell’ Europa, di cui da tempo molti lamentano la mancanza, ma del quale si è riusciti, dopo molti sforzi, soltanto a realizzare una forma quanto mai incompleta, la Casa della Storia Europea di Bruxelles, sotto l’egida del Parlamento Europeo.
Orbene, questo museo non risponde purtroppo minimamente alle esigenze di conoscenza evocate dal paragrafo precedente, e, in primo luogo, quella di dare spazio al cosiddetto “patrimonio dissonante”di cui parla Dubini:”l’insieme delle vestigia del passato attorno alle quali diversi gruppi presentano narrazioni fortemente discordanti e spesso in conflitto”. Ricordiamo, come parte del “Patrimonio Dissonante”: le varie nozioni di genealogia dei popoli; la patria originaria degli Indo-europei; le influenze afro-asiatiche;il millenarismo; il Barbaricum; l’Ancien Régime; la Leggenda Bianca e la Leggenda Nera; il colonialismo; i grandi imperi; la nascita delle “nazioni”;l’America; il post-umanesimo; i totalitarismi..
Al contrario, si pretende d’imporre una cosiddetta “Memoria Condivisa”,cioè una serie di luoghi comuni cementati dalla propaganda, in cui i Greci sono i “Buoni” e i Persiani i “Cattivi”; gli Unni sono “Barbari”; i Comuni sono “Borghesi”; gli Anglosassoni costituiscono “un’Avanguardia”; l’Europa Orientale e l’Asia sono “arretrate”, e così via…
La Casa della Storia Europea, confondendo Europa con Unione Europea, parte assurdamente solo dalla Rivoluzione Francese, come se non facessero parte della storia europea Goebekli Tepe e la Bibbia, le Piramidi e le Zigurrat, , il mondo greco-romano, l’Euro-Islam, le “Tre Rome”, i Progetti d’integrazione europea (Dubois, Podiebrad, Sully, St-Pierre,la Santa Alleanza, Coudenhove Kalergi, Spinelli, Galimberti, Gorbaciov… ). Quel museo costituisce dunque la plastica rappresentazione dell’incapacità degli Europei di rappresentare la propria identità, per una serie di vizi intrinseci dell’Europa attuale: insufficienza della capacità cognitive e creative della classe dirigente; diktat ideologici; gretti particolarismi…
Con quel tentativo, di per sé meritorio, si è almeno evidenziata ed esemplificata un’ enorme lacuna nel panorama museale europeo, che va comunque colmata con un’azione congiunta dell’intelligentija, della politica, dell’ Unione, delle Istituzioni, degli specialisti, delle scuole, dei musei…Senza un’azione siffatta, è impossibile quel rilancio dell’Europeismo che da molti viene invocato, ma per lo più abbinato a concetti, come quello di “Memoria Condivisa”, che ne inficiano l’efficacia, provocando un senso di inautenticità e così tarpando le ali al necessario entusiasmo.
La decisione del Sindaco di Torino Lorusso di candidare Torino a Capitale Europea 2033 riapre una discussione da noi avviata da ben 14 anni, prendendo spunto dall’allora proposta candidatura della città per il 2019, a cui avevamo dedicato ben 2 libri.Allora come ora, la nostra proposta era quella che la candidatura non dovesse esaurirsi nella promozione puntuale di un grande evento, bensì costituire un momento determinante di trasformazione del tessuto culturale e sociale del nostro Territorio. In concreto, suggerivamo di compiere una intesi ragionata delle più vitali tradizioni della Città: editoria impegnata, alta tecnologia ed Europa.
Tutto ciò si era tradotto in 200 progetti di 50 associazioni riunite nel Comitato della Società Civile per Torino Capitale,e con il sito Torino 2019, che hanno fatto oggetto di un’apposita opera editoriale e di una serie di manifestazioni di accompagnamento presso il Comune. Purtroppo, come noto, il Sindaco aveva deciso allora di non candidare la Città. Tuttavia, l’esperienza acquisita rimane, e può essere utilizzata per la prossima candidatura.
Il Museo dell’ Europa (o almeno una mostra a questo proposito) può costituire un elemento centrale del progetto di candidatura, partendo fin da subito con un percorso di avvicinamento. Se il progetto sarà dedicato all’ Europa nel suo complesso, e non solo all’ Unione Europea, esso potrà essere ben accolto anche nel clima di critica dell’ Unione che si sta diffondendo.
Senza ovviamente addentrarci qui nei contenuti precisi del progetto, siamo per altro in grado di suggerire almeno i grandi filoni conduttori, che potrebbero tradursi in eventuali sezioni (e/o esposizioni). Essa potrebbe collocarsi in palazzi storici aventi una forte connotazione evocativa, accanto al Museo Egizio e quello del Risorgimento, oppure accanto al Museo di Arte Orientale, che testimoniano le tradizioni culturali europee e internazionali di Torino.

4.Un’ipotesi di Museo
Pur con la necessaria provvisorietà e indeterminatezza, ci sentiamo di delineare qui le linee essenziali di un possibile museo dell’ Europa, che potrebbero divenire le sezioni di un museo, e/o oggetto di mostre specifiche durante l’anno di Capitale Europea della Cultura:
-le meraviglie d’Europa (dall’ Artico all’ Asia Centrale, i fiordi e il Mediterraneo, le Alpi e le isole);
-le origini degli Europei(“Out of Africa”, Neanderthal, neolitico, cacciatori- raccoglitori, agricoltori, il cavallo, il Medio Oriente);
-l’Europa nelle scienze umane (geologia, etnografia, linguistica, genetica, teologia, geografia, storia, antropologia, dottrine politiche, scienze strategiche, arte, filosofia, letteratura, architettura,economia, diritto, sociologia, tecnologia);
-la “Memoria Culturale” (da Gilgamesh alla Bibbia; da Omero a Orazio; dal Nuovo Testamento al Corano; dalle Crociate ai Progetti d’integrazione; dall’Umanesimo alla Modernità)

-il predecessori (Mesopotamia, Egitto, Anatolia;il mondo greco-romano; Israele; il Barbaricum; il Cristianesimo;l’Euroislam; Bisanzio; i Progetti di Crociata;le grandi esplorazioni (europee ed afroasiatiche);
-le tracce delle civiltà (da Cnosso a Stonehenge, da Micene a Delfi, dal Partenone a Pompei, da Santa Sofia a Granada, da Venezia a San Pietroburgo, da Versailles alla nuova Berlino);
-i progetti d’ integrazione europea (Saint-Pierre;Saint-Simon; Santa Alleanza; Paneuropa; Ventotene, Galimberti, Fulbright, Schuman);
-la “Dekadenz”(Nietzsche, Dostojevskij, Spengler, Guénon, Huxley) e la “Distruzione dell’ Europa” (Benda, Lukàcs, Hillgruber);
-il mondo di Yalta (Est e Ovest;Guerra Fredda e Coesistenza Pacifica) e la caduta del Muro (il Dissenso; Gorbachev);
-l’Unione Europea (dal Federalismo all’ Unione; vittorie e sconfitte; Brexit);
-la Guerra senza Limiti (alla ricerca di un Nuovo Ordine Mondiale; la Società delle Macchine Intelligenti);
-il “patrimonio dissonante” (progressismo e perennialismo; Oriente e Occidente; Nord e Sud; Nazioni e Stati-Civiltà).

D.O.G.E. : UNA VITTORIA DELL’ IDEOLOGIA CALIFORNIANA

Il progressivo sovrapporsi della vittoria di Musk a quella di Trump costituisce l’immagine plastica di una mutazione epocale in corso in tutto il mondo, definita genericamente “crisi della democrazia”:

-nell’Impero Americano, il più grande guru dell’ informatica, un finanziere che già domina tutti i mercati strategici, preme (apparentemente, con successo) per essere nominato capo di un progettato “Department of Goverment Efficiency” (“D.O.G.E.”), destinato a porre l’intero Stato americano, che domina il mondo intero,sotto la tutela del Gruppo Musk;

-in Cina, la digitalizzazione si spinge fino a controllare ogni azione dei cittadini, la loro salute, i loro spostamenti;

-in Israele, l’intero popolo palestinese è controllato ininterrottamente dai vari sistemi digitali dell’Esercito e dei servizi segreti, e i ministri possono essere “licenziati” senza motivazione e senza alcun impatto sull’appoggio dei partiti al Governo; inoltre, il Paese, divenuto, grazie a quanto sopra, il massimo esperto mondiale di tecnologie di controllo, rivende queste ultime a tutti i Paesi del mondo;

-in Russia, gli organi governativi sono perennemente riuniti in una tele-conferenze con il Presidente, e perfino le loro relazioni individuali al Presidente sono trasmesse in diretta: il trionfo del “Talk Show”;

-nella UE, si sta preparando una sorta di “mobilitazione generale”(“Rapporto Niinistö),civile e militare,  e vige una censura generale pan-europea contro chiunque non sia allineato sul “politicamente corretto”(il “Digital Services Act”);

-in Ucraina, sono stati sciolti 11 partiti politici ed espropriata la maggior parte delle Chiese, colpevoli di essere restate fedeli al Patriarcato di Mosca.

E si potrebbe andare avanti all’ infinito…

In questo intervento, cercheremo di analizzare le ragioni di questo trend, con particolare riguardo al ruolo di Elon Musk nella nuova costellazione di potere conseguente alla vittoria di Trump.

1.Brave New Word (ll mondo nuovo)

Rivivono in Musk certi aspetti del bolscevismo originario, come il cosmismo (la “colonizzazione dello spazio di Tsiolkovskij,  di Vernadskij , di Bogdanov e del movimento ingegneristico kievano “Do Marsa”= “su Marte”).

Dovunque, l’accresciuta conflittualità fra il progetto  post-modernista incarnato dai GAFAM (le Grandi Piattaforme americane) e quello conservatore (rappresentato dai BRICS) -conflittualità ramificata attraverso tutti gli Stati del mondo-, ha generato una situazione di guerra strisciante e di preparazione bellica permanente fra i grandi Paesi, che rende inevitabile la centralizzazione di tutti i poteri intorno al rispettivo leader e al suo “cerchio magico”, per essere sicuri della rapidità della mobilitazione bellica, per mantenere intatta la retorica ufficiale, per evitare ogni “infiltrazione” ostile, per razionalizzare un’economia sinistrata in vista di una guerra prolungata, per contrastare le catastrofi derivanti dalla crisi ecologica…Questa centralizzazione si appoggia sulle nuove tecnologie digitali di controllo capillare della popolazione, che finiranno per risultare le uniche vere vincitrici di questo confronto, come scritto profeticamente da Manuel De Landa nel suo “La guerra nell’ era delle macchine intelligenti”.

In queste condizioni, che senso ha ripetere stancamente le retoriche della libertà individuale, della separazione fra Stato e Chiesa, della divisione dei poteri, della libertà di opinione, della “privacy” che avevano caratterizzato il XX° secolo? Qui si fa solo più a gara a chi abolisce più libertà, considerandosi ogni realtà indipendente come un focolaio di pericolo, in quanto è possibile che venga conquistato da un “nemico”, e usato per “destabilizzarci”.

L’insistere a tentare di spiegare tutto ciò con gli stereotipi del XX° Secolo è non solo inutile, ma anche sospetto, in quanto è molto probabile che si voglia nascondere in mala fede la realtà delle cose, e in particolare il fallimento di una cultura irrealistica (i “parametri utopico-liberali” di cui parla Giovanni Ursina), che per altro ha sostenuto le carriere di intere generazioni d’intellettuali e di politici.

Quando si attaccano,  con l’accusa di “democrazia illiberale”, alcuni Paesi dell’Unione Europea (Ungheria, Slovacchia) o della NATO (Turchia), in realtà si vuole condannare non già la loro pretesa illibertà, bensì la loro eccessiva indipendenza, che permette loro di non schierarsi al 100% con l’ America, divenendo così a loro volta un pericolo per il controllo centralizzato e militarizzato,da parte  da parte della stessa, degli “alleati” occidentali. Tuttavia, questi Stati  non fanno che ripetere in piccolo quello che già succede in grande nelle grandi potenze (a cominciare dagli Stati Uniti), e anticipando quello che accadrà ancora in tanti altri Stati. Essi debbono centralizzarsi per resistere ai potentissimi condizionamenti del Complesso Informatico-Digitale occidentale (di cui Musk è il tipico esempio)..

D’altronde, le contraddizioni della Modernità che stanno esplodendo ora, e, in particolare, quelle della “democrazia” occidentale, erano già iscritte fin dall’ inizio nel suo DNA. Per esempio, pur parlando di democrazia, lo stessoGeorge Washington ne criticava già,  in nome del “Repubblicanesimo”,  gli aspetti fondamentali: i partiti, il voto popolare e lo spirito di parte.

Il punto è che la democrazia è per sua natura illiberale. Mentre il liberalismo è un’ideologia tipica dell’ aristocrazia del ‘700 che lottava contro lo Stato assoluto inneggiando alla “liberalità” dei signori (pensiamo a Rochefoucauld), la democrazia è quella deriva delle antiche Poleis, denunziata fin da Omero (Tersite), per passare a Socrate, Aristotele e lo “Pseudo-Senofonte”, che le aveva portate ad essere dominate da un pathos plebeo, dalla demagogia, dall’“oclocrazia”(l’”apistos demos” di Aristotele), e, infine, dalla tirannide (i Trenta Tiranni). E che altro è il “trumpismo” (o il “populismo”:la “pancia” del popolo), se non lo spirito plebeo elevato a virtù civica, in quanto la più pura espressione del “popolo” tanto esaltato negli ultimi 200 anni?

“Democrazia illiberale” è un termine assolutamente equivoco, sia se usato in senso dispregiativo, sia usato in senso elogiativo, perché, nell’attuale gergo americaneggiante, tanto “democrazia” quanto “liberale” designano il contrario di quanto avevano significato per almeno mezzo secolo in Europa (per esempio, in “Democrazia Cristiana” e “Partito Liberale”). D’altronde, la traduzione del l’omonimo libro di Zakaria parla giustamente di “democrazia senza libertà”, che ben si attaglia a praticamente tutti gli Stati attuali. Sarebbe forse meglio parlare di  “sistema carismatico-rappresentativo”, in quanto esso  tenta di conciliare l’esigenza di un leader, provocata dalla mobilitazione generale mondiale, con le forme giuridiche della democrazia rappresentativa (così come, nel Principatus augusteo, l’esigenza di un principe provvidenziale veniva conciliata con le forme tradizionali del cursus honorum repubblicano)

Del resto, vi è sempre stato un legame fra “mobilitazione generale” e idolatria del “popolo”, che è quello che, come ben studiato da Jünger, aveva portato ai totalitarismi del 20° Secolo. L’unico modo per por fine alla mentalità da mobilitazione generale è far finire la Terza Guerra Mondiale, rendendo nuovamente possibile, all’interno di ciascuno dei blocchi concorrenti, una forma di pluralismo, non più accusabile di “intelligenza con il nemico”. Vediamo se Trump ne sarà veramente capace.

Questa situazione smentisce in modo definitivo la credenza che, nel XXI° secolo, possano avere ancora una qualche utilità le categorie di “Destra” e di “Sinistra”, ma anche di “Democrazia” e “Autocrazia”, essendo restata in campo solo la distinzione fra “governo degli algoritmi” (come quello che si è instaurato in America grazie alla convergenza delle azioni di Eric Schmidt e di Elon Musk) e il (almeno più “umano”) “governo del leader” (come quelli di Cina, Russia, India, Turchia..).

In questo contesto, l’Europa, disabituata a pensare dall’egemonia del “pensiero unico”, non sa più come orientarsi. Perfino coloro che, per un motivo o per l’altro, amerebbero defilarsi dal Governo delle Macchine Intelligenti, dell’America e della NATO, sono in seria difficoltà, visto che c’è una corsa sfrenata da parte di tutti ad accattivarsi la coppia, ormai onnipotente, “Trump-Musk”, mentre le effettive intenzioni di Trump non sono ancora neppure note. Come ha affermato sprezzantemente Putin, “ciò che manca all’ Europa sono i cervelli”.

La vicenda Trump-Musk dimostra almeno quanto siano ancora diverse l’Europa e l’America.

2.Il ruolo di Elon Musk nell’amministrazione Trump

Come anticipato, vogliamo qui concentrarci però su quella che appare come la vera novità del secondo mandato di Trump, il quale forse ha vinto in questo modo schiacciante non già per l’appoggio di nuove correnti di opinione o all’ “endorsement” di autorevoli “opinion leader”, bensì grazie a un impero finanziario e tecnologico -quello di Musk- che già domina l’Occidente, sui mercati dei media, delle biotecnologie, dell’ intelligenza artificiale, dello spazio,  dell’ autoveicolistica,  delle telecomunicazioni, essendo così in grado di pilotare l’intera società americana e di mettere in ombra gli stessi GAFAM “minori”. E, difatti, Musk ha messo a disposizione di Trump un congruo numero di miliardi, di cui una quota precisa dedicata al voto di scambio, oltre che l’accesso senza limiti e senza censura alla piattaforma “X”, quella che era stata un tempo Twitter, e che Musk ha comprato. Gli mancava solo il timbro di “Direttore tecnico degli Stati Uniti”,cosa che oramai sembrerebbe avere. Infine, è lui il migliore intermediario con Zelenskij, perché buona parte dell’ esito della guerra dipende dalla disponibilità, o meno, della rete Starlink.

Si è superato perfino il concetto marxiano di “Comitato d’affari della borghesia”: l’Amministrazione americana è il dominio privato di due imprenditori-soci, dei quali l’uno, il Presidente e il “junior partner”, anche se rappresenta formalmente lo Stato, ma l’altro, da “CEO”, controlla l’intera società, realizzando così il sogno tecnocratico di Saint-Simon. Altro che “conflitto di interessi”!

Il gigante aerospaziale SpaceX e Tesla di Musk sono entrambe tra le aziende che valgono di più al mondo al mondo. SpaceX è la seconda più grande azienda privata al mondo, con una valutazione di 210 miliardi di dollari. La società di veicoli elettrici Tesla è la decima società quotata, con una capitalizzazione di mercato di oltre 900 miliardi di dollari.

Musk ha una quota del 42% in SpaceX e una quota del 13% in Tesla, e ha anche quote di controllo in X, la piattaforma precedentemente nota come Twitter, e nella startup di intelligenza artificiale generativa xAI. Musk è di gran lunga la persona più ricca del mondo, con un patrimonio netto di circa 280 miliardi di dollari, più di 60 miliardi di dollari in più rispetto al secondo uomo più ricco, il fondatore di Amazon Jeff Bezos.

Ma, soprattutto, Musk incarna nel modo più trasgressivo la “hybris” del Postumanesimo, nei suoi aspetti più inquietanti: l’Intelligenza Artificiale Generativa, le microchip nel cervello, i twitter senza alcuna moderazione, la colonizzazione privata dello spazio, la disoccupazione tecnologica, la maternità surrogata.

In effetti, il progetto di Musk, cioè quello di ufficializzare il controllo dei GAFAM sullo Stato americano, e, con ciò, sull’ Occidente,  non è nuovo. Esso era stato teorizzato da Schmidt e Cohen nel loro libro “The New Digital Age”, concepito dai due autori nel 2003, nella Baghdad ridotta in cenere ed occupata dall’ esercito americano, in cui si suggeriva che Google avrebbe dovuto sostituire la Lockheed nel guidare l’America alla conquista del mondo (“Googleization of the World”). Ed è stato criticato da Evgeny Morozov  quale ultimo tentativo, da parte di una civiltà fallimentare, per bloccare l’esito della Storia, che, di per sé, starebbe voltando le spalle all’ Occidente.

Sempre Schmidt aveva incominciato a mettere in pratica quel progetto, con la creazione di NSCAI, la commissione incaricata dal Congresso di elaborare una strategia per contrastare il superamentodegli USA da parte della Cina, da cui nacque l’Inflation Reduction Act, con cui il Senatore Schumer si proponeva di “mettere fuori mercato il mondo intero”.

Ora, è stata colmata una lacuna nel progetto,  perché Musk (anche se aborre la California, preferendole il Texas) sta non soltanto teorizzando, bensì incarnando nella propria persona, la “ideologia californiana”, che fonde cultura nichilista e intelligenza artificiale, politica tecnocratica e monopolio universale.

Facendo ciò, egli ha dato un significato concreto all’ ideologia M.A.G.A., oscillante vagamente fra l’isolazionismo e il nazionalismo.

3.Il “programma di governo” di Musk

Musk, nonostante che provenga dal campo progressista e abbia sostenuto Trump solo da luglio, ne è divenuto ormai il compagno inseparabile, perfino nei colloqui con Zelenskij, anche se è improbabile che assuma un ruolo ufficiale. Egli ha, inoltre, affermato che “non è necessario alcun compenso, alcun titolo, alcun riconoscimento” per i suoi servizi (ampiamente compensati evidentemente dalla possibilità di difendere dall’ alto i propri interessi), guidando un “Dipartimento per l’efficienza governativa” (D.O.G.E.) che Trump ha pubblicizzato come  “Segretariato per la riduzione dei costi”, con l’obiettivo di tagliare da 2.000 miliardi di dollari o più dal bilancio federale (evidentemente subappaltando funzioni pubbliche alle multinazionali del web, e, in primis, a quelle di Musk, che è già l’insostituibile fornitore dell’ Amministrazione). In un’intervista al podcast Joe Rogan Experience ha detto che spera di “sgomberare il ponte” da regolamenti e agenzie federali indebiti e “ridurre le agenzie [federali] per renderle molto più piccole….assicurarsi che …si attengano a ciò che il Congresso ha autorizzato”.

D’altra parte, le aziende di Musk sono al lavoro anche in Italia per darsi assegnare (vedi scandalo S.O.G.E.I.) delle commesse strategiche, nell’outsourcing dei servizi pubblici, con le quali anche il nostro Paese diventerà dipendente da Musk per il funzionamento stesso dello Stato, così come stafacendo in America, e come avevano già fatto le Istituzioni europee con Microsoft.

Quali siano le sue intenzioni lo ha dimostrato ancora il 13 novembre, con un post sulla sua piattaforma dedicato alle sentenze dei giudici italiani (ed europei) circa i “paesi sicuri”. La forma e il contenuto del post costituiscono un esempio ineguagliato delo stile  di Musk, che interviene non sollecitato su una vicenda giudiziaria italiana ed europea, indicando una soluzione, le dimissioni dei giudici, che è agli antipodi, non solo dell’ ordinamento italiano, ma anche sull’ “ordine giuridico basato sulle regole” di cui l’ America si fa vanto. Per quanto sia pericoloso, e/o sgradito, essere sommersi da immigranti che porteranno anche da noi l’insanabile contraddizione americana fra “Whites” e “Non-Whites”, ancor peggio è essere governati contra legem da Washington da un informatico sud-africano, quasi fossimo un “bantustan” qualunque. Questo dimostra plasticamente che cosa dovrebbe impedire l’ “autonomia strategica” italiana ed europea.

Musk ha affermato inoltre  che, dopo queste elezioni, non ha alcuna  intenzione di smettere di pesare sulla politica. Il suo super comitato di azione “continuerà dopo queste elezioni e si preparerà per le elezioni di medio termine e per eventuali elezioni intermedie”, evidentemente tentando anche di interferire nelle politiche interne degli “alleati”, come faceva già Bannon. Fortunatamente, Trump si era presto stancato di quell’ alleato scomodo.

4. Musk e l’Antitrust

L’idea che il più grande monopolista del mondo sia incaricato dal Presidente di ristrutturare lo Stato americano mette  una fine definitiva dell’illusione  che la “destra” sia favorevole al libero mercato. E’ come incaricare il lupo di guidare una mandria di agnelli. Il che è per altro logico, perché la “destra” trumpiana non è liberista, bensì interventista nell’ economia, ma nell’ ottica attuale della mobilitazione bellica, secondo il collaudato modello del “keynesismo militare”, applicato negli Stati Uniti di Roosevelt, nella Germania nazista e oggi nella Russia di Putin. Il ruolo degli imprenditori è quello di “oligarchi”, fedelissimi del “leader” che possiedono le imprese, ma le gestiscono secondo le esigenze della programmazione bellica (pensiamo per esempio alla programmazione di Todt e di Speer e alle Reichswerke Hermann Göring).

Come ovvio, Musk si è scontrato spesso con i regolatori dell’amministrazione Biden. La FTC guidata da Khan ha colpito X, allora nota come Twitter, con una multa di 150 milioni di dollari, e ha ordinato restrizioni sui metodi di raccolta dati per la pubblicità della società di social media per la pubblicità. La SEC guidata da Gensler si è scontrata con Musk per il suo uso di Twitter nel contesto del suo ruolo in Tesla, risalente a un controverso tweet del 2018 in cui Musk ha affermato di aver ottenuto i fondi necessari per rendere privata la Tesla.

Ci sono poi una serie di cause legali in sospeso e indagini governative contro Musk e le sue aziende,  che  naturalmente apprezzerebbe il clima normativo più leggero lanciato da Trump. Tra le questioni legali e normative che Musk deve affrontare ci sono un appello per ripristinare il suo bonus da 50 miliardi di dollari in azioni Tesla, annullato da un giudice del Delaware a gennaio, un’indagine sui sistemi di guida autonoma di Tesla da parte della National Highway Traffic Safety Administration e un avvertimento segnalato dal Dipartimento di Giustizia sui premi da 1 milione di dollari dell’American PAC ad alcuni elettori di stati indecisi.

Tesla, che rappresenta la maggior parte della ricchezza di Musk rispetto a qualsiasi altra sua azienda, sta già ricevere una formidabile spinta dalle proposte economiche di Trump che probabilmente danneggerebbero i suoi concorrenti di veicoli elettrici, un vantaggio che si è tradotto nel rally delle sue azioni mercoledì, fatto che ha già fatto aumentare il valore delle azioni di Tesla fino a un trilione di dollari.

Al diavolo il conflitto di interessi!

Eppure, la resa incondizionata degli Stati  ai guru dell’informatica non sarebbe in teoria affatto inevitabile. Lo dimostra il caso della Cina.

5.Il precedente di Jack Ma

Ricordiamo che uno scenario analogo si era prodotto recentemente in Cina, dove esistono multinazionali digitali che, seppure presenti solo in quel Paese, hanno dimensioni analoghe a quelle americane (i “BAATX”). Questo è uno degli aspetti più appariscente della presunta defezione della Cina verso il capitalismo, sulla quale non concordiamo, perché, tecnicamente, il socialismo non è la statizzazione di tutta l’economia, bensì “il controllo sociale sui mezzi di produzione”, che è ciò che si sta realizzando in Cina attraverso meccanismi giuridici complessi, comprendenti anche il mercato.

Anche  Jack Ma aveva creato un impero privato simile a quello di Musk (oltre ad assumere atteggiamenti spettacolari ricalcati su Musk, come quando si era presentato ai dipendenti vestito come Michael Jackson.).

Nel frattempo, la Cina aveva approvato a tempo di record una serie di leggi sull’ ICT ispirate a quelle europee, ma più concrete e applicabili, in base alle quali tutte le multinazionali cinesi si sono viste esposte a una pioggia di sanzioni, in quanto, come le loro colleghe occidentali, intralciano continuamente la concorrenza, trascurano la privacy, ecc…(il “Crackdown sui BAATX”).

Quando Ma aveva lanciato una campagna di stampa contro il sistema bancario cinese, che gli negava quel sostegno finanziario che invece Musk ha in Occidente, per trasformare il suo impero industriale e tecnologico cinese in un impero finanziario mondiale, è stato arrestato e detenuto per alcuni mesi, finché ha rinunziato ai ruoli operativi nelle sue società, trasferendosi all’ estero e limitandosi a incassare i dividendi dovutigli in quanto socio di minoranza delle società stesse.

7.Trump e i conservatori

Un altro “miracolo” di Trump è stato quello di trasformare i conservatori, da sempre considerati “dei pariah” della politica, specie europea, in protagonisti ambiti delle politiche nazionali e della UE.

Grazie a ciò, l’”accoppiata” Trump-Musk  ha indebolito con una duplice mossa  un probabile ostacolo al dominio mondiale dei GAFAM: la resistenza in nome dell’umano al “Governo degli algoritmi” di Musk,  così simile al “Governo delle Regole” tanto caro al liberalismo di sinistra. Questa resistenza non potrà venire se non da ambienti “lato sensu” conservatori, come per esempio le Chiese. Probabilmente, la coppia Trump-Musk spera che, essendole essi grati per averli fatti uscire dai loro ghetti, vari tipi di “conservatori”  lascino per un momento da parte le loro legittime ragioni ideali, che concettualmente li opporrebbero al “governo delle macchine” – chi per orgoglio nazionale, chi per umanesimo, che per difesa della libertà-…, e “lavorino” come si dice oggi, con la coppia Trump-Musk e con gli altri grandi soggetti geopolitici modo da non contrastare, bensì da agevolare, il progetto della “Singularity Tecnologica”. Ricordiamoci che Musk, come persona, tiene comportamenti ricalcati sui grandi transumanisti, come Ray Kurzweil e l’iraniano Fereidun Esfandiari. Quest’ultimo (il cui nome originario era la traduzione in Farsi, di quello del Salvatore dell’ Avesta, Thraetona) aveva fatto modificare all’ anagrafe il proprio nome e cognome in  FM-2030, anno in cui, secondo i transumanisti, sarebbero state curate certe malattie, come quella al pancreas di cui egli sarebbe morto dopo poco, e, contestualmente, s’ era fatto ibernare. Ebbene, anche Musk, oltre a fare ricosto alla gestazione surrogata,  ha chiamato il proprio figlio “X Æ xii” (quasi fosse un nuovo modello di macchina).

La battaglia politica che, fino ad oggi, si era svolta essenzialmente all’ interno  dei “parametri utopico-liberali” di Ursina (anche la Democrazia Cristiana, e perfino il Fascismo, erano a loro modo  stregati dal  mito del Progresso), oggi lo spazio  concettuale entro cui si combatte per l’egemonia politica mondiale è sostanzialmente “conservatore” (dall’interpretazione delle varie religioni e tradizioni nazionali a quella del mito moderno del Superuomo, fino ai critici moderni  della Modernità: Ricci, Ibn Khaldun, Nietzsche, Dostojevskij, Huxley, Dumont, Teilhard de Chardin, Burgess, Compagnon).

Come scrive sempre Orsina, “l’ordine utopico-liberale  non abbia saputo  mantenere le sue promesse e … il suo fallimento ne abbia fatto emergere  chiaramente i consistenti tratti di disumanità, l’affidarsi a un esistente essere umano e astratto. Disincantato, decontestualizzato, perfettamente morale e perfettamente razionale”. In sostanza, si è compiuta la Dialettica dell’ Illuminismo descritta da Horkheimer e Adorno.

E’ all’ interno di quest’ ampio spazio politico e culturale (l’unico rimasto oggi relativamente vivo al di fuori del postumanesimo) che si può, e si deve, ora, lanciare una battaglia sulla preservazione dell’ Umano, sulla libertà minacciata, sulla pace nel mondo, sul ruolo delle classi sociali, dei popoli e dei Continenti…). Se necessario, contro tanti falsi “conservatori” che operano come apripista per la Singularity Tecnologica e per il “Governo degli Algoritmi”. Tale critica al progetto post-umanista non dev’essere preconcetta, bensì partire dalle sue (per quanto discutibili) radici storiche :il Mistero dell’ Incarnazione, l’“Antiquatezza dell’Uomo”, il mito dell’ Eterno Ritorno...

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CRISI STELLANTIS/ CRISI DELLA MODERNITA’

“Un giorno, a Mirafiori torneranno a crescere i fiori”

(Edoardo Agnelli)

Gli attuali scontri e polemiche intorno all’eredità degli Agnelli e alla crisi di Stellantis, per quanto di per se stessi rilevantissimi e interessanti, costituiscono soprattutto un’ottima occasione per riflettere sui rapporti fra cultura e tecnica. In effetti, la FIAT ha avuto un ruolo così centrale nella configurazione di Torino e dell’Italia, che la sua vera e propria sparizione  non può non lasciare perplessi circa molte delle “Grandi Narrazioni” in cui siamo vissuti immersi: quella del Progresso, quella dell’industrialismo, quelle del Capitalismo e del Socialismo, quella dell’Imprenditore, quella della classe operaia, quella della società opulenta.

Ma prima occorre ripercorrere i momenti salienti della storia di Torino e della FIAT, nonché dell’ attuale crisi dell’ industria automobilistica in Europa, ai quali questo post è dedicato, riservandoci di svolgere in altra sede le nostre considerazioni più generali sui temi di cui sopra.

1.Duemilacinquecento anni di storia di Torino (cfr. il nostro “Intorno alle Alpi Occidentali/Autour des Alpes Occidentales”).

Nonostante che Torino sia oramai identificata, nei luoghi comuni, con l’industria automobilistica, in realtà la nostra “parentesi FIAT” è durata non più di un secolo, mentre le tradizioni millenarie della città sono soprattutto militari (Giulio Cesare, Emanuele Filiberto, Eugenio di Savoia, Vittorio Emanuele II), religiose (Claudio di Torino, i Valdesi, Don Bosco, Papa Bergoglio) e culturali (Alfieri, Nietzsche, Michels, Gramsci, Gobetti, Einaudi,Olivetti, Galimberti, Pavese, Del Noce). Anche senza la FIAT, Torino sarebbe quindi rimasta una grande città europea.

Intorno all’800, il vescovo Claudio di Torino sostiene tesi iconoclastiche.Dal 1280 al 1418, Torino  fa parte dei feudi degli Acaia. Nel 1404: Ludovico di Savoia-Acaia promuove la formazione di un centro di insegnamento superiore, su sollecitazione di alcuni “magistri” fuggiti dalle sedi universitarie di Pavia e Piacenza. Nel 1506, Erasmo da Rotterdam consegue a Torino la laurea in Teologia. 

Nel 1562, Emanuele Filiberto, vittorioso a San Quintino, trasferisce a Torino la capitale e dichiara l’Italiano lingua ufficiale nei feudi orientali del Ducato di Savoia.

Nel 1706, Torino sfugge, con l’apporto del Principe Eugenio, all’ assedio dei Francesi, e viene  a fare parte del Regno di Sardegna (la cui capitale resta però Sassari, mentre la corte risiede a Torino, almeno fino alla conquista francese).

Nel 1800, Torino viene annessa all’ Impero Napoleonico.

Nel 1854,il Regno partecipa alla Guerra di Crimea

Nel 1859: Seconda Guerra d’indipendenza, e,nel 1861, Torino diviene capitale del Regno d’Italia

Nel 1862, Luserna di Rorà diventa sindaco di Torino. Durante il suo mandato,  la città perde il ruolo di capitale, che nel 1864viene assegnato a Firenze. La notizia provoca accese proteste, che sfociano in una manifestazione in Piazza San Carlo, davanti alla sede della Prefettura, che vengono represse nel sangue, con ben 52 morti fra la popolazione civile.Per la città inizia un periodo difficile,paragonabile agli anni che stiamo vivendo ora, per  una perdita, non soltanto di prestigio, ma anche di posti di lavoro: solo nel primo anno, Torino perde 32.000 dei suoi 224.000 abitanti.

1888: Nietzsche a Torino scrive “L’Anticristo”, “Il crepuscolo degli idoli” ed “Ecce Homo” .Sempre a Torino, il 3 gennaio 1889 avviene il suo crollo mentale: mentre si trova nei pressi del suo alloggio in piazza Carignano,  vedendo un cavallo che traina una carrozza fustigato a sangue dal cocchiere, abbraccia l’animale, piangendo e baciandolo.

Il 9 gennaio 1889, l’amico Franz Overbeck, allarmato dai contenuti delle ultime lettere e preoccupato per il suo crollo psichico, lo porta in treno a Basilea.

2.Momenti salienti della storia della FIAT

La Fiat era divenuta, nel corso del XX Secolo, non solo il maggior gruppo economico italiano, ma anche il simbolo delle civiltà industriale. Per questo, la sua vera e propria scomparsa costituisce oggi un presagio del superamento della società industriale e delle sue mitologie.

Viene fondata a Torino l’11 luglio 1899 (sei mesi dopo la pazzia di Nietzsche), in un periodo di vivace espansione industriale della città. Il primo stabilimento viene inaugurato nel 1900 in Corso Dante; vi lavorano 35 operai e vi si producono24 autovetture. Il presidente della società è Ludovico Scarfiotti, mentre Giovanni Agnelli è segretario del Consiglio.
Giovanni Agnelli nel 1902 diviene amministratore delegato. Dal 1903 la Fiat viene quotata in borsa e sorgono nuove società con funzioni specifiche: Società Carrozzeria industriale, Fiat Brevetti, S.A. Garages Riuniti Fiat-Alberti-Storero. Gli stabilimenti Fiat, accanto alle auto per uso civile e per competizione, producono veicoli industriali, motori marini, autocarri, tram, taxi, cuscinetti a sfera.
Il 23 giugno 1908 Giovanni Agnelli  divenuto dal 1906, a seguito di un aumento di capitale, azionista di maggioranza della Fiat, venne denunciato dal questore di Torino per “illecita coalizione, aggiotaggio in borsa e falsi in bilancio”. Nel 1913, Agnelli sarà assolto.

Nel 1911: Guerra italo-turca.

1915: Prima Guerra Mondiale. Inizio della progettazione dello Stabilimento del Lingotto.

Con lo scoppio della guerra, grande sviluppo ha la produzione di camion militari, di aerei, di autoambulanze, di mitragliatrici e di motori per sommergibili. La FIAT crea a Mosca la FIAT-Izhorski, che fornisce carri armati allo Stato russo, prima impero, poi Repubblica sovietica, oltre ad altri diversi eserciti europei.

La fabbrica del Lingotto, la più grande d’Europa, diventerà rapidamente il simbolo dell’industria automobilistica italiana, un modello di architettura futuristica e una delle immagini più note della stessa città di Torino.In quegli anni, la Fiat amplia le proprie attività nel settore siderurgico e ferroviario, in quello elettrico e nel campo delle linee di trasporto pubblico

 Alla Grande Guerra segue un decennio di estrema complessità e di profonde trasformazioni. Ne viene coinvolta anche la Fiat, le cui fabbriche vengono occupate dagli operai nel settembre 1920 (il “Biennio Rosso”). Nel novembre dello stesso anno Giovanni Agnelli diviene presidente del consiglio di amministrazione.
Nel1922: Marcia su Roma

Nel 1923, entra in funzione il nuovo stabilimento del Lingotto.Fiat dà vita alla SAVA, società di credito al consumo, con lo scopo di favorire la vendita rateale delle automobili. Cresce la partecipazione a società italiane e straniere e nasce l’IFI (Istituto Finanziario Industriale) per coordinarne la fitta rete. Nel 1924 incominciano ad operare gli impianti di Mosca per la costruzione di automobili e di camion su licenza Fiat.
Per conto delle Ferrovie dello Stato viene organizzata, per la prima volta al mondo, la costruzione in serie di automotrici elettriche e diesel.
Nel 1928, Vittorio Valletta è nominato direttore generale.

Nel 1934 viene progettata una vettura di piccola cilindrata: la 508 chiamata “Balilla”. Ne saranno prodotte 113.000 unità, con una versione sportiva (508 S) ed una a quattro marce (71.000 unità).

Nel 1936, esce la Fiat 500 “Topolino”, disegnata da Dante Giacosa: da quell’anno al 1955 se ne produrranno 510.000 esemplari. A conferma dell’orientamento verso la produzione di massa, nel 1937 iniziano a Torino i lavori per la costruzione dello stabilimento di Mirafiori. Inaugurato da Mussolini il 15 maggio 1939, ospita 22.000 operai su due turni, i dipendenti Fiat in quegli anni sono circa 55.000.
Nel 1945 muore il senatore Giovanni Agnelli e nel luglio del ’46 Vittorio Valletta assume la presidenza della Fiat.
I finanziamenti del piano Marshall nel 1948 consentono di completare la ricostruzione degli impianti. Il personale passa da 55.674 a 66.365, gli utili, stazionari nel corso della guerra, azzerati dopo il 1943, e in perdita nel 1946, ricominceranno a crescere nel 1948.
La ripresa produttiva postbellica vede l’uscita della Fiat 500 B berlinetta e giardinetta, dei modelli 1100E e 1500E, e di una vettura a carrozzeria portante, la Fiat 1400. Continua la ricerca nel campo dei motori marini e aerei, e nel 1951 è prodotto dalla Sezione Velivoli il primo velivolo militare italiano a reazione : il G 80. Nel 1956, il G 91 di Fiat, progettato dal team dell’ Ingegner Gabrielli vince un concorso NATO per la produzione di un caccia tattico.

Nel 1955 è presentata la Fiat 600, utilitaria di cui saranno costruite oltre 4.000.000 di unità.
Segue due anni dopo, la Nuova 500 che raggiungerà i 3.678.000 esemplari.
Il numero complessivo dei dipendenti passa in questo decennio dai 70 agli 80.000, la produzione passa dalle 70.800 autovetture del 1949 alle 339.300 del 1958.

Tra il 1956 e il 1958, si conclude il raddoppio degli stabilimenti di Mirafiori, che alla fine degli anni 60 arriverà a toccare la cifra di oltre 50 mila lavoratori. Si sviluppa la produzione di trattori agricoli e di macchine movimento terra.
Nascono nuovi stabilimenti in Sudafrica, Turchia e Jugoslavia, Argentina e Messico.
Le attività di impianti e costruzioni edili di Fiat coordinate dalla Impresit conoscono un forte sviluppo internazionale: l’impianto elettrico di Kariba sullo Zambesi, la diga di Dez in Iran e quella di Roiseires sul Nilo blu in Sudan, il salvataggio dei tempi egizi di Abu Simbel, la galleria autostradale del Gran San Bernardo.

Nel decennio compreso tra il 1959 e il 1968 la produzione Fiat passa da 425.000 a 1.751.400 autovetture, e il rapporto tra numero di abitanti e numero di autovetture passa da 96 a 28 abitanti per ogni auto. Anche le esportazioni conoscono una forte crescita: da 207.049 autovetture a 521.534
Aumentano inoltre la produzione di veicoli commerciali, da 18.968 a 68.200, e quella di trattori, da 22.637 a 52.735. Il personale raddoppia: da 85.117 dipendenti, passa a 158.445, con un incremento più accentuato degli operai rispetto agli impiegati.

Nel 1964 nasce la Fiat 850, nuova utilitaria di vasta diffusione cui seguono ben presto altri modelli di cilindrata superiore: la 124 e la 125 che assumeranno nel 1968 il marchio Fiat a rombi, ancora oggi utilizzato.
1966: Costruzione di Togliattigrad, la città-fabbrica in URSS.
Nel 1966, Giovanni Agnelli, nipote del fondatore, diviene presidente della Società.

Viene deciso il potenziamento della presenza Fiat nel Sud, che già si era articolata attorno agli impianti di Reggio Calabria, Bari, Napoli. Si avvia così la realizzazione degli stabilimenti di Termini Imerese, Cassino e Termoli, per la produzione di autovetture, e di Sulmona, Lecce, Brindisi e Vasto.
Al boom economico fa seguito un lungo periodo di assestamenti sociali: il 1969 è l’anno in cui la conflittualità aziendale raggiunge il culmine, con un totale di 15 milioni di ore di sciopero.
L’ondata di conflittualità ha pesanti ripercussioni sui livelli di redditività aziendale.

Nasce nel 1971 la 127, la prima Fiat a trazione anteriore. La vettura incontra molto successo di mercato e alla fine del 1974 sarà prodotta la milionesima 127.
Crisi petrolifera e innovazione tecnologica spingono verso una crescente automazione dei processi produttivi: già nel 1972 entrano in funzione a Mirafiori i primi 16 robot nella linea di produzione del modello 132, e nel 1974 quelli di Cassino. Nel 1978 nasce “Robogate”, il nuovo sistema robotizzato e flessibile di assemblaggio delle scocche, attivo negli stabilimenti di Rivalta e di Cassino, realizzato da Comau che diventerà ben presto leader mondiale

Nel 1978 avviene la fusione per incorporazione della Lancia Spa in Fiat Spa, rimane il marchio Lancia per la commercializzazione. Nel 1979, il settore Auto si costituisce in società autonoma di cui Giovanni Agnelli è presidente e comprende i marchi Fiat, Lancia, Autobianchi, Abarth e Ferrari. Il marchio Ferrari era già stato acquisito nel 1969 al 50%, quota che salirà poi all’87%.

Alla fine degli anni ’70, Fiat si consolida in una struttura a holding. Le molteplici attività produttive, che nel lungo periodo di Valletta erano distribuite in sezioni, costituiscono società autonome che si ripartiscono in Settori. Nel 1980, Cesare Romiti, entrato alla Fiat come direttore finanziario nel 1974, diviene amministratore delegato del Gruppo.
Grandissimo sviluppo conoscono in questo periodo sia la Fiat Ferroviaria che l’Iveco. Fiat Ferroviaria progetta avanzate tecnologie con carrelli a ruote indipendenti e ad assetto variabile che porteranno alla produzione del Pendolino, treno ad alta velocità con cui si aggiudicherà importanti commesse in molte nazioni europee. Iveco diventa il marchio internazionale in cui confluiscono le attività di produzione dei veicoli industriali. Il marchio Iveco comprende Fiat, Om, Lancia, Magiruz, Unic e lo spagnolo Pegaso dal 1991.

 
Nel1980, “Marcia dei 40000” contro il predominio dei sindacati

Nel 1983 viene presentata la Uno. Ne saranno prodotte 6.272.796 unità. L’anno seguente la Fiat Auto Spa acquisisce l’Alfa Romeo Spa e le sue consociate, mentre nel 1993, con il prestigioso marchio Maserati, ai raggiunge l’attuale composizione dei marchi auto.
Continuano a crescere gli accordi internazionali per la produzione su licenza Fiat e le partecipazioni societarie, sviluppando in modo particolare le attività industriali nel campo delle telecomunicazioni e le attività industriali nella componentistica.
In quest’area, attraverso un programma di acquisizioni e scorpori, viene data attuazione ad un nuovo assetto organizzativo che porta Magneti Marelli ad assumere nel 1987, attraverso UFIMA,  il ruolo di holding industriale con funzioni di governo e controllo di oltre 60 imprese in tutto il mondo. Con la diffusione dell’elettronica, la componentistica viene o a giocare un ruolo determinante nello sviluppo del mezzo di trasporto privato.
Nel 1991 inizia la costruzione di nuovi stabilimenti a Pratola Serra e a Melfi. Il Gruppo Fiat affronta la crisi dei primi anni ’90 con l’ampliamento della presenza internazionale che le consente di realizzare più del 60% del fatturato fuori Italia.

Con l’acquisizione, nel 1991, delle attività trattoristiche ed agricole della Ford Motor Co, il settore delle macchine di movimento terra si internazionalizza assumendo il marchio New Holland.
Nel 1993 si accorda con la Hitachi Co Machinery Ltd ed estende le joint venture esistenti, giungendo così ad essere uno dei principali produttori mondiali con circa il 20% della produzione globale.
Iveco stabilisce joint venture e attività produttive in India e in Cina per la produzione dei veicoli leggeri Daily.
Il 28 febbraio 1996, Cesare Romiti subentra come presidente, funzione che svolgerà fino al 1998, quando gli succederà l’avvocato Paolo Fresco. Paolo Cantarella viene nominato amministratore delegato.
L’auto innovativa di questi anni è la Fiat Punto

A partire dal settembre 1997, la Capogruppo lascia corso Marconi per trasferirsi nella storica palazzina Fiat del Lingotto, nel comprensorio che nel frattempo si è trasformato in centro fieristico e congressuale.
Gli stabilimenti in Brasile e in Argentina vengono ampliati, viene lanciata la Palio, una world car studiata per adattarsi a usi diversi e molteplici mercati. Ben presto Fiat diviene il maggior produttore in Brasile, Argentina, Polonia e Turchia.


In quel momento, quando  la FIAT era un gruppo multidivisionale e multiprodotto di primaria importanza a livello mondiale, incomincia però un’opera di smantellamento dello stesso, assai più avanzata di quelli comunque in corso negli stessi anni nell’ industria europea a causa della posizione subordinata dell’ Europa sullo scenario geopolitico.

3.Lo smantellamento del Gruppo FIAT

Fra le due guerre mondiali, il motto della FIAT era stato, in coerenza con la politica imperialistica dell’ epoca: “terra, mare, cielo”.

Nel dopoguerra, anche in seguito a contatti riservati fra la direzione aziendale e il Governo americano, si operò con un profilo più dimesso, preparando perfino il terreno, con dismissioni come SIMCA, RIV e  Sezione Velivoli, ad un’opposta politica di ridimensionamento del gruppo.

Nel 1985, una disputa con Ford sul controllo azionario, al quale questa non vuole rinunciare, offre a Cesare Romiti ottimi argomenti per convincere l’avvocato alla rinuncia ad un previsto accordo.

Una storia destinata a ripetersi nel 2000 quando l’offerta della Daimler Chrysler per l’acquisto di una Fiat Auto già minata da una crisi che sarebbe esplosa in tutta la sua gravità solo pochi mesi più tardi, viene sdegnosamente rifiutata. ll costruttore tedesco è pronto a conferire alla holding torinese il 12% delle azioni.

Nel 2000, Accordo con la General Motors, che si tramuterà in una vittoria del Gruppo nel 2005 grazie ad un’abile gestione del contratto da parte di Sergio Marchionne.

2002.Cessione della Fiat Ferroviaria

2003 Morte dell’ Avvocato Agnelli

2007 Accordo FIAT-Chrysler

L’intesa iniziale prevede la possibilità per Fiat di acquistare una quota del 35% di Chrysler, accompagnata da un’opzione per prendere il controllo della società, ed arrivare cosi a detenere il 55% in un momento successivo.

2009-2014: creazione della FCA. La sede di FIAT Auto è spostata in Olanda e i suoi centri direzionali divengono Londra e Dearborn.

2004: Vendita della FIAT Avio al fondo Carlyle.

2012: Morte di Marchionne

2014: Estinzione di FIAT spa

2015 Dalla fusione fra FCA e, nasce Stellantis, a trazione francese.La sede operativa viene trasferita a Parigi e l’Amminstratore Delegato è Tavares.

2019: Cessione della Magneti Marelli

2022: Operazione Militare Speciale. Cessione da Stellantis allo Stato russo dello stabilimento di Togliattigrad

2024: Chiusura della Maserati e cessione  di Magirus (parte del gruppo IVECO)

4.Gli ultimi sviluppi

Nell’ambito della causa fra Margherita Agnelli e il figlio Alain Elkann, i difensori di Margherita hanno affermato che  il ruolo di Presidente della Stellantis (e il controllo della Exor) potrebbe essere sottratto a John Elkann, per effetto dell’azione penale promossa dallo Stato. Queste parole sono contenute in una lettera dell’avvocato Dario Trevisan, legale di fiducia di Margherita Agnelli.

Al centro delle critiche di Trevisan e della sua assistita, c’è soprattutto Dicembre, società che controlla Exor e quindi Stellantis, Ferrari e Juventus. L’avvocato di John, Clark, sostiene che il controllo della Dicembre sarebbe “blindato” grazie a un atto notarile, firmato allo studio Grande Stevens il 24 marzo 1999, in cui si legge rebbe: “Qualora il signor Giovanni Agnelli mancasse o per qualsiasi ragione fosse impedito, l’amministrazione nella sua identica posizione con gli stessi poteri e prerogative sarà assunta dal signor John Philip Elkann”».

2024 Sequestro da 74,8 milioni per frode fiscale ai fratelli Elkann. Nel  settembre 2024,la Procura di Torino, dopo un sopralluogo nelle case degli Elkann e nell’ufficio del commercialista Ferrero, ha emesso un provvedimento di sequestro nei confronti di John, Lapo e Ginevra Elkann Eredità Agnelli, sequestro da 74,8 milioni per frode fiscale ai fratelli Elkann. La difesa: «Ricostruzioni non condivisibili»

La Procura di Torino emette il provvedimento nei confronti di John, Lapo e Ginevra. Trovato memorandum per eludere il fisco: Irpef evasa per 42,8 mln

La presenza di un unico produttore su tutto il territorio nazionale aveva a rappresentato per mezzo secolo un’eccezione rispetto ad altri Paesi, come Germania e Francia, dove coesistono più gruppi. Tale anomalia è da ricondurre naturalmente al ruolo non solo industriale, ma anche e soprattutto politico che la Fiat aveva avuto in questo Paese. L’indotto che si è sviluppato intorno ai siti ex-Fiat è di conseguenza fortemente integrato con la produzione di questi stabilimenti, arrivando in molti casi a lavorare in monocommittenza per il gruppo italo-francese. Diventa quindi evidente che le dismissioni innescate da Stellantis non si fermano ai muri degli impianti della multinazionale, ma il loro  impatto ha dei risvolti negativi per le tutte aziende che producono componentistica.

Lo stabilimento di Mirafiori è al suo diciassettesimo anno consecutivo di cassa integrazione, mentre a Pomigliano d’Arco la cassa integrazione durata quindici anni si è conclusa solo a inizio 2024, ma senza certezza alcuna per i prossimi modelli allocati. 

Il crollo nella produzione di autovetture rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, -23,8%. A questo calo contribuiscono tutti gli stabilimenti di assemblaggio di auto, fatta eccezione per Pomigliano d’Arco, mentre Mirafiori e Melfi hanno dimezzato la produzione e Cassino registra un -40%.  

Che esista un trend di delocalizzazione verso l’est Europa non è una novità: gli stabilimenti in Polonia e in Serbia sono in diretta competizione con i siti italiani per l’allocazione dei modelli produttivi ormai da tempo. Sia lo stabilimento di Tychy che quello di Gliwice si trovano nella Zona Economica Speciale (ZES) di Katowice, che avrebbe dovuto avere un carattere temporaneo, ma invece continua ad esistere. Gli sgravi fiscali, uniti ad un costo del lavoro molto più esiguo – in Polonia un operaio Stellantis guadagna intorno gli €800 al mese – rendono particolarmente attrattivi questi due siti industriali. Si è molto parlato anche del caso di Kragujevac, lo stabilimento serbo dove è attualmente in produzione la 500L e dove è stata assegnata la nuova ‘Pandina’ elettrica, grazie a €190 milioni di investimenti di cui €48 messi dal governo serbo. Anche qui, oltre al contributo pubblico negli investimenti, va notato che un operaio serbo guadagna circa €600 al mese.  

La vera novità sembrerebbe rappresentata dal nuovo impulso di investimenti verso il Nord-Africa, nell’ottica di un’espansione nel mercato della regione. Nonostante i volumi dei siti in Algeria e in Marocco non siano ancora sostitutivi rispetto alle produzioni in Italia, gli investimenti sono stati ingenti, coerentemente con una politica di sfrenata compressione dei costi: lo stipendio medio di un operaio Stellantis in Marocco si aggira sui €320 al mese, mentre in Algeria €250 al mese. In Marocco, nella fabbrica di Kenitra, dove attualmente si produce la nuova Fiat Topolino e che in futuro vedrà la produzione della Fiat Multipla, Stellantis ha avviato €300 milioni di investimenti per allargare lo stabilimento con l’obiettivo di raddoppiare la capacità produttiva. Nello stabilimento algerino di Orano, aperto a fine 2023, si produce invece la Fiat 500 Hybrid, e sono stati di recente annunciati €200 milioni di investimenti.(cfr. Report Fim Cisl su dati produzione e occupazione 1° trimestre 2024, 5 aprile 2024. https://www.cisl.it/wp-content/uploads/2024/04/Stellantis-FIM-CISL-Report-produzione-I%C2%B0-Trimestre-2024).

5.La crisi della Volkswagen

Purtroppo, la crisi dell’ auto in Europa non è limitata, né alla FIAT, né al Gruppo Stellantis. Anche la VW, uno dei gruppi più forti del mondo, è in mezzo alla tempesta. I risultati economici sono deludenti, a causa del l’insieme della situazione geopolitica dell’ Europa: aumento del costo dell’ energia a causa delle guerre in corso; inflazione mondiale; blocco degli intercambi con i mercati più promettenti (Cina e Russia), su cui la Germania di Angela Merkel aveva scommesso, inadeguata programmazione delle transizioni ecologica e digitale, su cui la UE a traino tedesco aveva fortemente, ma maldestramente, puntato…

E’ in discussione non solo l’industria manifatturiera, bensì l’intero “Modell Deutschland”, di cui la Volkswagen, con la VW-Gesetz,  costituiva la punta di diamante.(video”Stimmung äußerst eisig”, Annette Deutskens, NDR, zu den Tarifverhandlungen bei VW

tagesschau24, 30.10.2024) video”Deutsche Standorte sind teurer”, Markus Gürne, HR, zu den Problemen bei Volkswagen)

6.L’arrivo in Europa  delle auto cinesi.

 Con o senza dazi, queste auto si faranno strada sulle strade europee perché il forte sostegno del governo centrale consente loro di proporre continuamente prodotti “freschi”.

Ma non tutto è perfetto neanche per questi marchi.L’immagine della Cina e dei suoi prodotti è ancora un problema in Europa e soprattutto negli Stati Uniti. Dopo aver prodotto per molti anni copie di bassa qualità di prodotti occidentali, i produttori cinesi stanno ora cercando di accaparrarsi una fetta dei mercati occidentali con prodotti di alta qualità. Tuttavia, molti consumatori sono ancora riluttanti perché associano la Cina alla bassa qualità.

I marchi provenienti dalla Cina sono così tanti che è impossibile fare un bilancio complessivo. Mentre alcuni puntano sul proprio know-how per esportare le loro auto (BYD è uno di questi), altri nascondono la loro vera identità creando nuovi marchi esclusivamente per i mercati occidentali.

Una di queste è DR Automobiles e i suoi sottomarchi EVO, Tiger, ICH-X e Sportequipe. I loro prodotti non sono diversi dai modelli di Chery, BAIC e JAC,tuttavia, per la maggior parte del pubblico si tratta di auto italiane o comunque non cinesi. L’operazione di “rebadge” consente a questi marchi cinesi di evitare problemi di percezione negativa e di guadagnare più facilmente terreno in mercati come l’Italia e la Spagna. Nel 2023, i marchi di DR Automobiles hanno immatricolato più di 34.000 unità, principalmente in Italia e Spagna. Nel 2023,  era il secondo produttore cinese in Europa, dietro solo a MG. Quest’ultimo è un altro esempio di come la Cina si nasconda utilizzando un marchio occidentale. Sebbene sia nato 100 anni come marchio britannico fa, MG, acquisito nel 2007 dalla cinese SAIC, è stato interamente progettato, prodotto e pianificato in Cina.

L’anno scorso, questo marchio ha venduto 840.000 nuovi veicoli a livello globale, di cui 248.000 unità sono state immatricolate in Europa. È di gran lunga il marchio cinese più venduto nella regione e rappresenta circa il 70% di tutte le auto cinesi vendute in Europa.  Paradossalmente, MG è estremamente impopolare in Cina,  perché, in un periodo di forte nazionalismo,  è considerato un marchio straniero.

Recentemente, la Cirelli Motor Company ha iniziato a vendere auto in Italia ribattezzando veicoli Dongfeng, BAIC, Seres e FAW. Nel primo trimestre di quest’anno sono state immatricolate in Italia 25 unità.EMC, che sta per Eurasia Motor Company, offre due SUV di Geely e Chery e un’utilitaria di Yudo. Poi c’è Elaris, che ribattezza prodotti di Hycan, AION e Skywell.Infine, altrte case automobilistiche, come Chery, hanno appena creato i propri marchi per i mercati esteri. Jaecoo e Omoda sono due di questi i. Omoda, ad esempio, fino a marzo ha registrato 330 unità del suo primo SUV in Europa. Lynk & Co è un altro marchio dal nome inglese. Questa strategia funzionerà?

NUMERO DI AUTO VENDUTE IN EUROPA CON I NUOVI MARCHI CINESI 
MG58.524
BYD7.602
DR Automobiles5.922
Lynk & Co1.711
GWM1.121
Xpeng1.036
Zeekr466
Nio401
Maxus338
Omoda330
EMC313
Sportequipe301
DFSK282
Ayways192
Beijing165
Leapmotor152
Hongqi112
Geely93
Jac88
Forthing66

EUROPA HA GIA’ PERSO, INDIPENDENTEMENTE DAL FATTO CHE ABBIA VINTO TRUMP

Lo diceva la rivista online POLITICO October 31, 2024 :”It doesn’t matter if Trump or Harris win. Europe has already lost.”di  Nicholas Vinocur

Secondo quell’Autore, il momento del massimo splendore dei rapporti transatlantici (“Peak America”), era stato raggiunto il June 6, 1994, con la celebrazione dei 50 anni dello Sbarco in Normandia.

1L’età dell’oro dell’ egemonia americana

A quell’ epoca, l’egemonia “culturale” degli USA era incontrovertibile nello sport, nell’entertainment (“EuroDisney — a sort of American colony”); i giornali americani erano fortemente presenti in Europa. Oggi, invecve, gli USA hanno ridimensionato la loro presenza i Europa, salvo che nel settore digitale (per altro intimidito dalla legislazione europea), e le truppe americane nel nostro Continente sono state ridotte da 450.000 a meno di 100.000.

L’inizio di questo disinteresse americano coincise con la presidenza di Barack Obama e con il  suo “Pivot to Asia”.

Secondo Ben Hodges, ex comandante americano in  Europa,  il costo di mantenere tanti soldati ha generato vantaggi proporzionali:  “It was always mystifying to me that people didn’t see what a huge advantage we have with our leadership inside NATO and our relationship with European countries,”

2. Senza gli Stati Uniti, l’Europa sarà persa, oppure sarà salvata?

 La Commissione si sta preparando a un ridimensionamento dell’ impegno americano, ma è divisa quanto alla configurazione dell’ “autonomia strategica europea” .

L’ex Primo ministro finlandese Niniisto ha presentato un rapporto dettagliato sullo stato di preparazione bellica e per la difesa civile L’ Europa non è preparata ad una guerra mondiale, per cui il primo compito sarebbe quello di spiegare ai cittadini europei come sopravvivere nelle prime 72 ore del conflitto. Qualcosa che la Svezia stava facendo 5o anni fa, con la diffusione capillare degli opuscoli “Om kriget komer” (“se viene la guerra”) e “Inte samarbejde”(“non collaborare”). E’ grottesco che vengano riproposte soluzioni  così invecchiate, senza tener conto del mutato scenario tecnologico e geopolitico. La “military preparedness” (EU Preparedness Law) è divenuto un termine corrente nel linguaggio brussellese.stiamo programmando, con folle ritardo e senza un piano concreto, un’economia di guerra.

3.Autonomia strategica e autonomia culturale

 Nicolas Tenzer ha scritto:“Without the United States, Europe is lost

In realtà, l’Europa che “è già perduta” sono gli “Stati Uniti d’ Europa”, cioè il progetto di fare, dell’ Europa, un clone degli Stati Uniti, a questi ultimi subordinato. Al momento del dunque, quando gli USA stanno considerando di usare veramente il loro inaudito arsenale culturale, sociale, tecnologoco, poliziesco, politico, accumulato, per imporre l’accettazione, da parte di tutto il mondo, del Modello Incompiuto della Modernità, non tutti sembrano accettare a scatola chiusa questa decisione, né di qua, né di là dell’ Atlantico.

Come avevano illustrato alcuni Autori, come Simone Weil, Pierre drieu la Rochelle e Pietro Barcellona, l’Europa rappresenta oggi, dal punto di vista culturale, il Katechon di paolina memoria, quella forza che trattiene il mondo dall’Apocalisse (rappresentata dal chiliasmo americano). Essa ha combattuto da secoli contro l’ansia millenaristica della “Dissidence of Dissent” (Huntington), per esempio con le critiche di Sant’Agostino al manicheismo, con le prediche di Lutero contro gli Anabattisti, con la dissertazione di Rousseau per l’accademia di Digione, con “Les Soirées de Saint Petersbourg” di De Maistre, con “La crise de la modernité” di Guénon e la “Rivolta contro il mondo moderno” di Evola, con le opere di Dostojevskij, Soloviov, Leontijev, Trubeckoj , Gumilev, Solzhenitsin.

L’Europa costituisce così l’unica vera alternativa al Progetto della Modernità, ed è per questo che, da quando gli USA hanno l’egemonia mondiale, si fa di tutto per sminuirla: finanziando gli “opposti estremismi”; liquidando le imprese come l’ Eni e l’ Olivetti, che avrebbero potuto contestarne la primazia; ricoprendola di basi militari e di testate nucleari che la espongono a rappresaglie russe; obbligandola a guerre intestine e a sanzionare mezzo mondo…

Non ostante tutto ciò, non è  affatto detto che, nella Terza Guerra Mondiale, l’Europa starà dalla parte degli USA. Ricordiamoci che l’indipendenza degli USA fu imposta all’ Inghilterra dalla Francia vincitrice, con l’aiuto della Spagna. Similmente, non è improbabile che un’autonomia europea risulti da una nuova e diversa ripartizione delle sfere di influenza mondiali.

E’ a questo che l’Europa dev’essere preparata: ad assumere, attraverso la cultura, il controllo di quell’apparato politico, militare e tecnologico che si sta preparando con ben divere intenzioni.